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Esercito romano
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L'esercito romano (militia o exercitus in lingua latina) fu l'insieme Esercito romano
delle forze militari terrestri e di mare che servirono l'antica Roma
nella serie di campagne militari che caratterizzarono la sua
espansione, dall'epoca dei sette re alla Repubblica romana e all'epoca
imperiale, fino al definitivo declino occidentale.[1] L'impero continuò a
prolificare però ad oriente, la lingua ufficiale divenne il greco pur
mantenendo vivo il latino e Costantinopoli diventò la capitale, che
cadde quasi un millennio dopo Roma.

L'esercito era composto, a seconda dell'epoca storica, da varie


componenti: le legioni di cittadini romani, i federati o le truppe Battaglia tra Romani e barbari all'epoca
ausiliarie, la flotta ravennate, di Miseno oltre a quelle fluviali e le delle guerre marcomanniche
guarnigioni di Roma (guardia pretoriana, coorti urbane e corpo dei (sarcofago di Portonaccio, Roma,
vigili). Nel corso di una lunghissima storia, che ne ha fatto Museo nazionale romano-palazzo
«l'istituzione militare più efficace e più longeva che si conosca nella Massimo alle Terme)
storia umana»,[2] l'esercito romano ha conosciuto una continua
Descrizione generale
evoluzione strutturale che, nel tempo, ne ha profondamente
modificato l'organizzazione militare e la stessa costituzione. Attiva 753 a.C. - 1453
Nazione Roma antica
All'interno dei massimi livelli di entrambe le branche, le
trasformazioni strutturali occorsero sia in conseguenza di effettive Servizio Forza armata
riforme militari, sia per l'emergere di naturali evoluzioni strutturali. Tipo forze armate
L'esercito romano subì notevoli incrementi nel corso della sua storia, terrestri (di
almeno fino a quando Roma riuscì ad occupare l'intero bacino del fanteria, cavalleria
Mediterraneo. Da un esercito composto da soli 3.300 armati ai tempi e artiglieria)
del primo re Romolo, raggiunse ai tempi dell'Impero romano la sua oltre a quelle
massima dimensione, superando le 500 000 unità. marittime
Ruolo Difesa del
territorio
Indice Guarnigione/QG Castra
Principali fasi evolutive Praetoria/limes
Epoca monarchica (753 - 509 a.C.) Patrono Marte dio della
Periodo della fondazione di Roma: assetto tribale (753-578 guerra; Cristo
a.C.)
Motto Divide et impera!
I re etruschi e l'assetto su base censuaria (dal 578 a.C.)
Riforma "equestre" di Tarquinio Prisco Colori porpora
Riorganizzazione di Servio Tullio Battaglie/guerre si veda la voce
Battaglie romane
Epoca repubblicana (509 - 27 a.C.)
Primo esercito repubblicano (V secolo a.C.) Anniversari 21 Aprile
Istituzione dello stipendio per i soldati (407 a.C. circa) Decorazioni Dona militaria
Prima guerra sannitica e guerra latina (343-338 a.C.)
Onori di battaglia Trionfo,
Dalla prima alla seconda guerra punica (264-219 a.C.)
Ovatio,
Creazione di una flotta stabile
Spolia opima,
Dalla seconda guerra punica a Mario (218-107 a.C.) Cognomina ex
Riforma di Gaio Mario (107-104 a.C.) virtute

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Epoca imperiale (27 a.C. - 476 d.C.) Reparti dipendenti


Alto Impero romano (31 a.C.-284)
Legioni romane
Grande riforma augustea Marina militare romana
Principali innovazioni e modifiche nel I e II secolo Truppe ausiliarie dell'esercito romano
Durante la dinastia giulio-claudia (14-68) Fanteria romana
Durante la dinastia dei Flavi (69-96) Cavalleria romana
Da Traiano a Commodo (98-192) Comandanti
Sotto i Severi (193-235)
Comandante
Crisi del III secolo Re di Roma
nell'Età Regia
Riforma di Gallieno
Comandante nella
Sotto Aureliano
Repubblica Consoli
Tardo Impero romano (284-476) romana
Riforma di Diocleziano
Comandante Imperatore
Divisione strategica del limes fra i tetrarchi
nell'età imperiale romano
Dimensione dell'esercito e ripensamento del "limes"
Degni di nota Romolo
Perfezionamento di Costantino
Tullo Ostilio
Spartizione di Naissus (nel 365)
Publio Cornelio
Organizzazione ai tempi della Notitia Dignitatum (inizi V
secolo) Scipione
Oriente Africano
Occidente Gaio Mario
Soldato romano nel Tardo Impero Lucio Cornelio
Imbarbarimento e dissoluzione dell'esercito in Occidente Silla
Gneo Pompeo
Organizzazione Magno
Reclutamento
Gaio Giulio
Congedo
Cesare
Note Ottaviano
Bibliografia Augusto
Fonti primarie Manio Curio
Fonti storiografiche moderne Dentato
Marco Furio
Voci correlate
Camillo
Altri progetti
Publio Cornelio
Collegamenti esterni Scipione
Nasica
Lucio Emilio
Principali fasi evolutive Paolo
Lo stesso argomento in dettaglio: Tattiche della fanteria Publio Valerio
romana. Publicola
Il percorso evolutivo della struttura della milizia romana è Gaio Terenzio
schematizzabile in quattro distinte fasi: Varrone
Gaio Lutazio
Fase I: L'esercito ebbe origine dal servizio militare obbligatorio Catulo
annuale che incombeva sulla cittadinanza romana, quale parte dei
Marco Atilio
doveri nei confronti della Res publica. Durante questo periodo,
Regolo
all'esercito romano poteva capitare di intraprendere campagne
episodiche e stagionali contro avversari essenzialmente locali. Aulo Postumio
Fase II: Con l'espansione dei territori cadenti sotto il controllo Albo Regillense
romano, e con l'accrescersi in grandezza delle forze armate, i Tito Quinzio
soldati divennero gradualmente dei professionisti salariati. Quale Capitolino
conseguenza, il servizio militare prestato ai livelli più bassi (e non
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remunerati) divenne progressivamente di più lungo termine. Le Barbato
unità militari romane, in questo periodo, erano estremamente Publio Cornelio
omogenee e fortemente regolate. L'esercito consisteva di unità di
Scipione
fanteria composte da cittadini, conosciute come legioni (lat.:
Emiliano
legiones), a cui si affiancavano truppe ausiliarie, non legionarie,
costituite da alleati privi di cittadinanza romana, che erano Quinto Fabio
chiamate auxilia. Alle seconde si faceva ricorso soprattutto quali Massimo
truppe di appoggio, di fanteria leggera o di cavalleria, o per Verrucoso
ricevere supporto logistico. Tiberio
Fase III: Al culmine della potenza dell'Impero romano, sulle forze Sempronio
ricadeva il compito di presidiare e rendere sicuro il Limes, il Gracco
confine esterno delle vaste province romane che erano passate
sotto il controllo di Roma. In questo periodo, normalmente, non si Tito Manlio
profilavano sull'impero serie minacce strategiche, così che l'enfasi Imperioso
era posta sulla salvaguardia dei territori conquistati. Torquato
In risposta a queste nuove esigenze strategiche, l'esercito subì Publio Licinio
trasformazioni strutturali e divenne più dipendente dalle Crasso
guarnigioni fisse piuttosto che affidarsi ad accampamenti mobili e
a operazioni in campo aperto. Gaio Trebonio
Fase IV: Quando Roma iniziò ad avere difficoltà nel garantire il Tiberio
controllo sul suo enorme territorio, il servizio militare nelle truppe Sempronio
regolari continuò a essere salariato e professionista. Tuttavia, la Longo
tendenza a utilizzare truppe alleate o mercenarie era aumentato a
Quinto Cecilio
tal punto che queste finirono per rappresentare una quota notevole
Metello Pio
del totale delle forze. Contemporaneamente, andò scomparendo
l'uniformità strutturale che poteva riscontrarsi agli albori Gaio Duilio
dell'organizzazione militare di Roma. In questa fase, il tipo di Tiberio Veturio
soldati impiegati variava dalla tipologia degli arcieri a cavallo, Calvino
armati alla leggera, fino alla fanteria pesante, inquadrati in
reggimenti di dimensione e caratteristiche variabili. Questo si Lucio Papirio
accompagnava a una tendenza, manifestatasi nel tardo impero, a Cursore
un crescente predominio del ruolo della cavalleria, in luogo dei Spurio Carvilio
reparti di fanteria, un fenomeno che andava di pari passo con la Massimo
necessità emergente di operazioni a maggior mobilità.
Lucio Emilio
Barbula
Epoca monarchica (753 - 509 a.C.) Marco Valerio
Levino
Lo stesso argomento in dettaglio: Età regia di Roma e Storia
delle campagne dell'esercito romano in età regia. Lucio Cornelio
Cinna
Secondo quanto riferito da Tito Livio e Dionigi di Alicarnasso,
storiografi di Roma che scrissero in un'età molto più tarda, la più Publio Quintilio
antica forma di esercito esisteva a Roma nell'VIII secolo a.C. A Varo
quell'epoca, la stessa Roma non era probabilmente nient'altro che Lucio Emilio
uno stanziamento collinare fortificato, o poco più, con un esercito di Regillo
entità relativamente modesta, il cui campo d'azione, limitato su Marco Valerio
piccola scala, consisteva "prevalentemente nell'esecuzione di Corvo
incursioni e furti di bestiame con battaglie occasionali più simili a Quinto Fabio
scaramucce".[3] Lo storico Theodor Mommsen si riferiva a questo Massimo
esercito con l'attributo di curiato, un epiteto che faceva riferimento Rulliano
alla presunta strutturazione dell'esercito secondo le suddivisioni delle
Lucio Cornelio
curiae, le tre originarie tribù della fondazione di Roma: i Ramnes, i
Scipione
Tities, e Luceres.[4]
Asiatico
Settimio Severo
Periodo della fondazione di Roma: assetto tribale Gaio Flaminio
(753-578 a.C.) Nepote
Quinto Lutazio
Lo stesso argomento in dettaglio: Romolo e Comizi curiati.

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Non si conosce con esattezza la Catulo
struttura dell'esercito in questa Cornelio Fusco
fase: Mommsen riteneva che a Marco Vipsanio
quel tempo l'organizzazione Agrippa
militare di Roma fosse
Decimo Giunio
regolamentata delle "Leggi
Bruto Albino
dell'[apocrifo] Re [V]Italus"[5]
ma, in generale, il contenuto di Marco Claudio
queste leggi è a noi totalmente Marcello
sconosciuto, nonostante Marco Antonio
Aristotele vi faccia riferimento Marco Licinio
come ancora parzialmente in Crasso
vigore, ai suoi tempi, presso Traiano
alcune popolazioni dell'Italia.[6]
Marco Aurelio
Tipico elmo villanoviano risalente al
primo periodo regio di Roma, Secondo la tradizione fu Romolo Massimino il
proveniente dal museo etrusco a creare, sull'esempio della Trace
Guarnacci di Volterra. falange greca,[7] la legione Germanico
romana. Egli iniziò a dividere la Giulio Cesare
popolazione che era adatta alle Aureliano
armi, in contingenti militari. Ogni contingente militare era formato
Costantino I
da 3 000 fanti e 300 cavalieri, scelti tra la popolazione, e che chiamò
Flavio Claudio
legione (latino: legio),[8][9] una tradizione di cui gli studiosi riconoscono
Giuliano
l'evidente carattere di arbitrarietà.[a 1] I 3 000 fanti (pedites) e 300
cavalieri (equites) erano arruolati dalle tre tribù che formavano la Stilicone
primitiva popolazione di Roma: i Tities, i Ramnes ed i Luceres. In Flavio
epoca regia era formata da cittadini compresi tra i 17 ed i 46 anni, in Costanzo
grado di potersi permettere il costo dell'armamento.[10] Flavio Ezio
Belisario
La legione si disponeva su tre file, nella tipica formazione a falange,[11]
con la cavalleria ai lati. Ogni fila di 1 000 armati era comandata da un Voci su unità militari presenti su Wikipedia
tribunus militum, mentre gli squadroni di cavalleria erano alle
dipendenze di un tribunus celerum,[12][13] mentre il Rex assumeva il
comando dell'intero esercito e a cui spettava, inoltre, il compito di scioglierlo al termine della campagna
dell'anno.[14]

Mommsen usa argomenti filologici e riferimenti a Livio e altri autori per suggerire che la gran massa dei fanti
consisteva probabilmente di pilumni (lanciatori di pilum), con un numero più piccolo a servire forse come
arquites (arcieri).[15] La cavalleria era di molto inferiore in numero e consisteva probabilmente unicamente dei
cittadini più ricchi della città.[16] L'esercito conteneva forse anche le prime forme di carri,[17] a cui sembra
alludere il riferimento al termine flexuntes[18] (o flexuntae: "carrettai, costruttori di carri") usato a volte per
riferirsi alla cavalleria romana.[19]

Ora sulla base dei recenti ritrovamenti archeologici si è potuto notare che il primo esercito romano, quello di
epoca romulea, era costituito da fanti che avevano preso il modo di combattere e l'armamento dalla civiltà
villanoviana della vicina Etruria. I guerrieri combattevano prevalentemente a piedi con lance, giavellotti, spade
(con lame normalmente in bronzo, ed in rari casi in ferro, della lunghezza variabile tra i 33 ed i 56 cm[20]), pugnali
(con lame di lunghezza compresa tra i 25 ed i 41 cm[21]) e asce, mentre solo i più ricchi potevano permettersi
un'armatura composta da elmo e corazza, gli altri una piccola protezione rettangolare sul petto, davanti al cuore,
delle dimensioni di circa 15 x 22 cm.[22] Gli scudi avevano dimensioni variabili (comprese tra i 50 ed i 97 cm[23]) e
di forma prevalentemente rotonda (i cosiddetti clipeus, abbandonati secondo Tito Livio attorno alla fine del V
secolo a.C.[11]) atti ad una miglior maneggevolezza.[20] Plutarco racconta, inoltre, che una volta uniti tra loro,
Romani e Sabini, Romolo introdusse gli scudi di tipo sabino, abbandonando il precedente di tipo argivo e
modificando le precedenti armature.[24]

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Si dice però che Romolo, quando la città di Roma si ingrandì e si unirono i Sabini, abbia deciso di raddoppiare le
sue truppe in: 6000 fanti e 600 cavalieri.[25] E da ultimo sembra che Romolo costituì una guardia personale di
trecento cavalieri chiamata Celeres[26][27] (eliminata poi da Numa Pompilio[28]), similmente a quanto fece oltre
settecento anni più tardi Augusto con la creazione della guardia pretoriana a difesa del Princeps. E sempre
Romolo sembra fu il primo ad aver distribuito personalmente ai soldati la terra conquistata in guerra.[29]

Secondo Pietro De Francisci i primi eserciti erano formati dalle gentes, unitamente ai rispettivi clientes. E
ipotizza che non sia del tutto improbabile che queste gentes abbiano potuto condurre specifiche spedizioni in
modo del tutto autonomo come accadde alla gens Fabia nella battaglia del Cremera.[30] Solo in seguito queste
bande armate potrebbero essere state inquadrate nelle tribus e poi nelle curiae.[30]

I re etruschi e l'assetto su base censuaria (dal 578 a.C.)


Lo stesso argomento in dettaglio: Civiltà etrusca e Tarquini.

Dall'inizio del VII secolo a.C., dominava sulla regione la civiltà etrusca
dell'Età del ferro[31] Come molti altri popoli della regione, i Romani si
scontrarono con gli Etruschi. Intorno alla fine del secolo, i Romani avevano
perso la loro lotta per l'indipendenza, e gli Etruschi, conquistata Roma,
stabilirono sulla città una dittatura militare, o un regno. Con l'inizio di questa
fase, anche l'organizzazione dell'esercito subì una trasformazione strutturale.

Sebbene molte fonti della storiografia romana, compreso Livio e Polibio si


diffondano estesamente sull'esercito romano in quel periodo dell'Età Regia
che fece seguito alla presa di potere degli Etruschi, si tratta pur sempre di
fonti tarde, mentre manca qualsiasi resoconto dell'epoca. Polibio, per
esempio, scrive qualcosa come 300 anni dopo gli eventi in questione, e Livio
circa 500 anni dopo. Inoltre, qualunque resoconto avessero tenuto i Romani
all'epoca, sarebbe andato distrutto quando la città fosse stata in seguito
saccheggiata. Le fonti relative a questo periodo della storia militare romana
non possono pertanto essere considerate affidabili al pari di quelle disponibili
per epoche successive, come, ad esempio, a partire dalla prima guerra Raffigurazione scultorea di un oplita
punica. (c. V secolo a.C., Museo
archeologico di Sparta), a cui si
Secondo le narrazioni sopravvissute, furono tre i re di Roma durante ispirava la prima classe di fanteria,
nella riforma di Servio Tullio.
l'occupazione etrusca: Tarquinio Prisco, Servio Tullio, e Tarquinio il
Superbo. In questo periodo, l'esercito di Roma conobbe una riforma:
dall'originario assetto tribale, precedentemente descritto, a un assetto centuriale, con suddivisioni fondate su
classi socio-economiche,[32] anziché tribali. Questa riforma è tradizionalmente attribuita a Servio Tullio, il
secondo dei re etruschi di Roma, che, secondo tradizione, aveva già portato a termine il primo censimento per
tutti i cittadini.[33] Livio ci informa che Tullio riformò l'esercito trasponendovi la struttura originariamente
concepita per la vita civile, quale risultato del censimento[32] A qualsiasi livello, il servizio militare, a quell'epoca,
era considerato un dovere civico e un modo per ottenere un avanzamento di status all'interno della società.[34]

Tuttavia non si può affermare che le classi sociali di Roma fossero create dal censimento, piuttosto furono da
esso enucleate. Sarebbe quindi più corretto dire che la struttura dell'esercito veniva leggermente affinata,
piuttosto che radicalmente riformata. Prima di queste riforme, la fanteria era divisa nella classis dei cittadini
ricchi e nella infra classem dei cittadini più poveri. I secondi erano esclusi dalla linea regolare di battaglia, in
considerazione della qualità scadente del loro armamento[35] Nel corso della riforma, questa grossolana divisione
binaria tra cittadini più poveri e cittadini più ricchi fu ulteriormente affinata su più stratificazioni.

Riforma "equestre" di Tarquinio Prisco

Lo stesso argomento in dettaglio: Tarquinio Prisco.

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La riforma di Tarquinio Prisco, quinto re di Roma, riguardò la sola classe dei cavalieri, aumentandone gli
effettivi.[36] Egli decise di raddoppiare il numero delle centurie o comunque aumentarne i loro effettivi[37] (fino ad
allora in numero di tre), e di aggiungerne altre a cui diede un nome differente.[38] Queste ultime furono chiamate
posteriores[39] o sex suffragia,[40] portando così il totale dei cavalieri a 600.[39] Questa riforma per il De Francisci
potrebbe essere stata apportata da Tarquinio Prisco o dal successore Servio Tullio.[13]

Riorganizzazione di Servio Tullio

Lo stesso argomento in dettaglio: Riforma serviana dell'esercito romano e Comizi centuriati.


Secondo la tradizione, fu Servio Tullio a compiere una prima
riforma timocratica dei cittadini romani[41] atti a prestare il
servizio militare (obbligati ad armarsi a proprie spese e perciò
chiamati adsidui[42]), suddividendoli in cinque classi (sei
comprendendo quella dei proletarii[43]) sulla base del
censo,[32][44] a loro volta ordinati in ulteriori quattro categorie: i
seniores (maggiori di 46 anni: anziani) e gli iuniores (tra 17 e
46 anni: giovani), ovvero coloro che rientravano nelle liste degli
abili a combattere; i pueri (di età inferiore ai 17 anni: i fanciulli)
e gli infantes (di età inferiore agli 8 anni: i bambini) non ancora
Dettaglio del vaso Chigi, con scontro tra fanterie
in età per prestare il servizio militare.[45] In questo nuovo
oplitiche del 650-640 a.C. (Museo nazionale etrusco sistema la prima classe, la più facoltosa, poteva permettersi
di Villa Giulia, Roma) l'equipaggiamento completo da legionario, mentre quelle
inferiori avevano armamenti via via più leggeri, e dove le prime
tre costituivano la fanteria pesante e le ultime due quella
leggera:[42]

Dopo aver così organizzato la fanteria, Servio Tullio passò alla cavalleria, dove reclutò altre 12 centurie di equites
dal fiore dell'aristocrazia cittadina, alle 6 già presenti, formate da Tarquinio Prisco e riconducibili ai sex
suffragia:[46] in totale 18 centurie.[47] Secondo il De Francisci, la cavalleria venne organizzata non più in
centuriae, ma in turmae.[48]

In sostanza l'esercito serviano contava 1 800 cavalieri e 17 000 fanti potenzialmente atti alle armi (suddivisi in 5
classi ed in 170 centurie) oltre ad alcune unità speciali per un totale di 193 centurie.[44] Si trattava di 2 compagini
legionarie, una utilizzata per difendere la città e l'altra per compiere campagne militari esterne.[49] Qui di seguito
una tabella riassuntiva:

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Classe N. centurie Stima dei beni di proprietà


censuaria

I classe 40 centurie di iuniores + 40 centurie di seniores più di 100 000 assi

2 centurie di fabri

18 centurie di equites più di 100 000 assi

II classe 10 centurie di iuniores + 10 centurie di seniores da 100 000 a 75 000 assi

III classe 10 centurie di iuniores + 10 centurie di seniores da 75 000 a 50 000 assi

IV classe 10 centurie di iuniores + 10 centurie di seniores da 50 000 a 25 000 assi

15 centurie di iuniores + 15 centurie di seniores da 25 000 a 11 000 assi


V classe
1 centuria di tubicines + 1 centuria di cornicines

VI classe 1 centuria meno di 11 000 assi

TOTALE 193 centurie

Epoca repubblicana (509 - 27 a.C.)


Lo stesso argomento in dettaglio: Repubblica romana, Storia delle campagne dell'esercito romano in
età repubblicana e Assedio (storia romana).
Anche dopo la caduta della monarchia, la componente principale dell'esercito
romano rimase la legione, e solo ai cittadini romani era consentito arruolarsi,
dovendo essi stessi provvedere personalmente al loro equipaggiamento,
come nella tradizione degli opliti greci.

Primo esercito repubblicano (V secolo a.C.)


In coincidenza con il passaggio alla forma di governo repubblicano, l'esercito
fu diviso in due legioni, ognuna al comando di un console, e solo in caso di
estremo pericolo le due legioni venivano unificate e veniva eletto un solo
capo, in carica sei mesi, detto dictator. Il contingente della legione era
composto da soli cittadini romani e schierato su tre file: hastati, principes e
triarii, disposti per ordine di età (in prima fila gli hastati, più giovani, quindi
Panoplia del V secolo a.C. della
principes e triarii). latina Lanuvio, conservata presso il
Museo nazionale romano delle Terme
di Diocleziano a Roma.
Istituzione dello stipendio per i soldati (407 a.C. circa)
Lo stesso argomento in dettaglio: Roma e le guerre con Veio e Furio
Camillo.

Nel corso del 407 a.C., quando l'esercito romano fu diviso in tre parti e mandato a saccheggiare il territorio dei
nemici sotto il comando di tre dei quattro tribuni militari (Lucio Valerio Potito si diresse su Antium, Gneo
Cornelio Cosso marciò su Ecetra e Numerio Fabio Ambusto attaccò e conquistò Anxur lasciando la preda ai
soldati di tutti e tre gli eserciti), fu istituito lo stipendio per i soldati, forse su indicazione dello stesso Furio
Camillo. Ecco cosa racconta Tito Livio:

(LA ) (IT )
«Additum deinde omnium maxime tempestivo «I patrizi poi aggiunsero un dono quanto mai
principium in multitudinem munere, ut ante opportuno per la plebe: il senato, senza che mai
mentionem ullam plebis tribunorumque prima plebe e tribuni vi avessero fatto menzione,
decerneret senatus, ut stipendium miles de decretò che i soldati ricevessero uno stipendio
publico acciperet, cum ante id tempus de suo tratto dalle casse dello Stato. Fino a quel momento
quisque functus ei munere esse. (60) Nihil ciascuno adempiva al servizio militare a proprie
acceptum unquam a plebe tanto gaudio
traditur.»

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spese. (60) A quanto risulta, nessun
provvedimento fu accolto con tanta gioia dalla
plebe.»

(T it o Liv io, Ab Urbe condita libri, IV , 5 9 -6 0 , op. cit. )


Ovvie le conseguenze: ringraziamenti dei plebei, polemiche dei tribuni che vedevano spuntate alcune delle loro
armi, proteste di chi doveva pagare. Il vantaggio immediato fu che venne approvata una legge che dichiarava
guerra a Veio e i nuovi tribuni con potestà militare vi condussero un esercito in massima parte formato da
volontari. E forse sempre in questa circostanza la legione potrebbe aver assunto la formazione manipolare.[7]

Si tramanda che l'organico dell'esercito sia passato da 3 000 a 4 000 unità nel V secolo a.C., e quindi da 4 000 a
6 000 effettivi dopo il 400 a.C.[16] Quest'ultimo organico di 6 000 uomini fu poi diviso in 60 centurie di 100
uomini ciascuna.[50]

La leva del 403 a.C. fu la prima a essere richiesta per una campagna che durasse più di una sola stagione[51] e da
questo momento in poi tale pratica divenne gradualmente più comune, se non proprio abituale.

Prima guerra sannitica e guerra latina (343-338 a.C.)


Lo stesso argomento in dettaglio: Esercito romano della media repubblica, Guerre sannitiche,
Guerra latina e Guerre pirriche.

Secondo Tito Livio, attorno alla metà del IV secolo


a.C., durante la guerra latina, le legioni erano
composte da 5 000 fanti e 300 cavalieri.[53] Era
utilizzata all'interno della legione, la formazione
manipolare (dal latino manipulus). La legione a sua
volta era divisa in tre differenti schiere:

1. la prima era costituita dagli Hastati ("il fiore dei


giovani alle prime armi", come racconta
Livio[54]) in formazione di quindici manipoli (di
60 fanti ciascuno[52]) oltre a 20 fanti armati alla
leggera (dotati di lancia o giavellotti, non invece
di scudo), chiamati leves.[55]
2. la seconda era formata da armati di età più La legione manipolare liviana al tempo della guerra latina (340-338
matura, chiamati Principes, anch'essi in a.C.).[52]
formazione di quindici manipoli, tutti forniti di
scudo e armi speciali.[54] Queste prime due
schiere (formate da 30 manipoli) erano chiamate antepilani.[56]
3. la terza era formata da altri quindici "ordini", formati ciascuno da 3 manipoli (il primo di Triarii, il secondo di
Rorarii ed il terzo, di Accensi) di 60 armati ognuno.[56] Ognuna di queste quindici unità constava di due
vessilliferi e quattro centurioni, per un totale di 186 uomini. I Triari erano soldati veterani di provato valore, i
Rorarii, più giovani e meno esperti, ed infine gli Accensi, ultima schiera di scarso affidamento.[57]

«Quando l'esercito aveva assunto questo schieramento, gli Hastati iniziavano primi fra tutti il
combattimento. Se gli Hastati non erano in grado di battere il nemico, retrocedevano a passo lento e i
Principes li accoglievano negli intervalli tra loro. [...] i Triarii si mettevano sotto i vessilli, con la gamba
sinistra distesa e gli scudi appoggiati sulla spalla e le aste conficcate in terra, con la punta rivolta verso
l'alto, quasi fossero una palizzata... Qualora anche i Principes avessero combattuto con scarso successo, si
ritiravano dalla prima linea fino ai Triarii. Da qui l'espressione latina "Res ad Triarios rediit" ("essere
ridotti ai Triarii"), quando si è in difficoltà.»

(Liv io, Ab Urbe condita libri, VIII, 8, 9-12.)

Dopo aver accolto Hastati e Principes tra le loro file, i Triarii serravano le file ed in un'unica ininterrotta
schiera si gettavano sul nemico.[58]

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Hastati, Principes e Triarii utilizzavano, infine, tutti lunghi scudi ovali, detti scutum (quelli rotondi, detti clipeus
furono abbandonati quando ai soldati fu pagato per la prima volta lo stipendio, verso la fine del V secolo
a.C.[11]).

Nella prima fase della repubblica romana l'esercito continuò a evolvere e, sebbene tra i romani vi fosse la
tendenza ad attribuire tali cambiamenti a grandi riformatori, è più probabile che i cambiamenti fossero il
prodotto si una lenta evoluzione piuttosto che di singole e deliberate politiche di riforma.[59] La formazione
manipolare fu probabilmente copiata dai nemici Sanniti, a sud di Roma, forse quale conseguenza della sconfitta
romana nella Seconda guerra sannitica.[60][61] Non a caso Polibio scrive dei Romani:

«I Romani, quando vennero a conoscenza di [determinate] armi [e tattiche], subito le imitarono, perché
più di qualsiasi altro popolo sono capaci di cambiare abitudini e di puntare al meglio.»

(Polibio, VI, 25.11.)

Dalla prima alla seconda guerra punica (264-219 a.C.)


Lo stesso argomento in dettaglio: Prima guerra punica.

L'organizzazione interna dell'esercito romano descritta da Polibio nel suo VI libro delle Storie, è da datarsi al
principio della seconda guerra punica (218-202 a.C.). Non possiamo escludere, però, che tale riorganizzazione
(rispetto a quella proposta da Tito Livio nel paragrafo precedente), non possa appartenere ad un'epoca
antecedente e databile addirittura alla stessa guerra latina (340-338 a.C.),[62] o alla terza guerra sannitica (298-
290 a.C.) oppure alla guerra condotta contro Pirro e parte della Magna Grecia (280-272 a.C.).

A differenza delle successive formazioni legionarie,


composte esclusivamente di fanteria pesante, le
legioni della prima e media età repubblicana
consistevano di fanteria sia leggera che pesante. Il
termine esercito manipolare, cioè un esercito
basato su unità chiamate manipoli (lat. manipulus
singolare, manipuli plurale, da manus, ovvero
"mano"), è pertanto utilizzato in contrapposizione
con il successivo "esercito legionario" tardo
repubblicano e alto imperiale, che era incentrato
invece su un sistema di unità chiamate coorti.
L'esercito manipolare si basava in parte sul
sistema di classi sociali e in parte sull'età e
sull'esperienza militare,[64] e rappresentava quindi
un compromesso teorico tra il precedente modello La legione manipolare polibiana al principio della seconda guerra
punica (218 a.C.).[63]
basato interamente sulle classi e gli eserciti degli
anni che ne erano indipendenti. In pratica, poteva
succedere che perfino gli schiavi fossero spinti ad arruolarsi nell'esercito repubblicano in caso di necessità.[65]
Normalmente si arruolava una legione all'anno, ma nel 366 a.C. successe per la prima volta che due legioni
fossero arruolate in uno stesso anno.[16]

L'esercito manipolare deve il suo nome alle modalità tattiche con cui la sua fanteria pesante era dispiegata in
battaglia. I manipoli erano unità di 120 uomini, tutti provenienti da una medesima classe di fanteria. I manipoli
erano piccoli abbastanza da permettere, sul campo di battaglia, movimenti tattici di singole unità di fanteria, nel
contesto del più grande esercito. I manipoli, tipicamente, erano dispiegati in tre ranghi separati (lat.: triplex
acies), basati sui tre tipi di fanteria pesante degli hastati, dei principes e dei triarii.[66]

I tribuni militari eletti annualmente, erano 24 (quattordici dei quali con cinque anni di servizio e dieci con dieci
anni di servizio), sei per ciascuna delle 4 legioni arruolate e disposte lungo i fronti settentrionali, meridionali e a
difesa dell'Urbe.[67][68] L'arruolamento delle 4 legioni avveniva con l'estrazione a sorte delle tribù tra i 24 tribuni
militari, e quella che era stata via via sorteggiata era chiamata dal singolo tribuno.[69]
https://it.w ikipedia.org/w iki/Esercito_romano 9/39
15/04/24, 21:21 Esercito romano - Wikipedia

"I Romani [...] arruolano abitualmente quattro I cittadini romani erano, inoltre, obbligati a prestare servizio
legioni all'anno, ciascuna formata da militare, entro il quarantaseiesimo anno di età, per almeno 10
quattromila fanti e duecento cavalieri; e quando
si profila qualche necessità, essi aumentano il
anni per i cavalieri e 16 anni per i fanti (o anche 20 in caso di
numero dei fanti fino a cinquemila e i cavalieri pericolo straordinario).[67] Sono esclusi dal servizio militare
fino a trecento. Il numero degli alleati, in legionario coloro che avevano un censo inferiore alle 400
ciascuna legione, è in numero pari a quello dei
cittadini, ma nella cavalleria è tre volte
dracme (paragonabili a 4 000 assi secondo il Gabba[70]), anche
superiore" se vengono impiegati nel servizio navale.[71]
Polibio, Storie, I, 268–70
Il cursus honorum prevedeva che nessuno potesse
intraprendere la carriera politica senza aver prestato almeno 10 anni di servizio militare.[72]

Ogni legione era formata da 4 200 fanti (portati fino a 5 000, in caso di massimo pericolo) e da 300 cavalieri.[73]
Le unità alleate di socii (ovvero le Alae, poiché erano poste alle "ali" dello schieramento) erano costituite, invece
di un numero pari di fanti, ma superiori di tre volte nei cavalieri (900 per unità).[74] I fanti erano poi suddivisi in
quattro differenti categorie, sulla base della classe sociale/equipaggiamento ed età:[75]

1. primi ad essere arruolati erano i Velites, in numero di 1.200[76] (tra i più poveri ed i più giovani),[77] e che
facevano parte delle tre schiere principali (qui di seguito, di Hastati, Principes e Triarii), in numero di 20 per
ciascuna centuria.[62] Questo schieramento consisteva in truppe armate molto alla leggera, senza armature,
adatti per questo al compito affidatogli, azioni di schermaglia e di disturbo (cosiddetti cacciatori). Erano muniti
di una spada e di un piccolo scudo rotondo (diametro: 3 piedi≈90 cm), oltre che di diversi giavellotti leggeri,
con una corta asta in legno di 90 cm (3 piedi) dal diametro di un dito, e una sottile punta metallica di circa
25 cm. Le loro file erano ingrossate dall'inserimento di fanteria leggera proveniente dagli alleati e da rorarii
irregolari.
2. seguono gli Hastati, il cui censo ed età erano ovviamente superiori,[77] in numero di 1 200,[76] pari a 10
manipoli.[78] Formavano tipicamente la prima linea nello schieramento in battaglia. Ciascun manipolo astato
era formato da 40 unità, con una profondità di tre uomini.[79] Erano fanti corazzati in cuoio, con corazza ed
elmetto di ottone adornata con tre piume, alte approssimativamente di 30 cm, e muniti di scudo di legno
rinforzato in ferro alto 120 cm in forma di un rettangolo dal profilo ricurvo e convesso. Erano armati di una
spada nota come gladio e da due lance da getto note come pila: un'era il pesante pilum dell'immaginario
popolare mentre l'altra era un affusolato giavellotto.
3. poi vengono i Principes, di età più matura,[77] sempre in numero di 1 200,[76] pari a 10 manipoli.[78]
Costituivano tipicamente il secondo blocco di soldati nello schieramento offensivo. Erano soldati di fanteria
pesante armati e corazzati come gli hastati, eccetto che vestivano una più leggera corazza in maglia piuttosto
che di metallo solido. Ciascuno dei manipoli di tipo principes era formato da un rettangolo largo 12 unità e
profondo 10.[79]
4. ed infine i Triarii, i più anziani,[77] in numero di 600 (pari a 10 manipoli[78]),[76] non aumentabile nel caso in cui la
legione fosse incrementata nel suo numero complessivo (da 4 200 fanti a 5 000), a differenza di tutte le altre
precedenti classi, che potevano passare da 1 200 a 1 500 fanti ciascuna.[80] Erano gli ultimi residui delle
truppe di stile oplitico nell'esercito romano. Erano armati e corazzati come i principes, fatta eccezione per la
picca, che essi portavano al posto dei due pilum. Un manipolo di triarii era diviso in due formazioni, ciascuna
larga 6 unità e profonda 10[79]
5. La cavalleria era, infine, arruolata principalmente dalla più facoltosa classe degli equestri, ma, a volte,
contributi addizionali alla cavalleria erano forniti a volte da socii e Latini della penisola italiana. Esisteva una
classe addizionale di truppe, gli accensi (detti anche adscripticii e, in seguito, supernumerarii) che seguivano
l'esercito senza specifici ruoli militari che erano dispiegati dietro i triarii. Il loro ruolo di accompagnatori
dell'esercito era soprattutto nel colmare eventuali lacune che potevano verificarsi nei manipoli, ma sembra
anche che siano stati occasionalmente impiegati come attendenti degli ufficiali.[66]

Schieramento in battaglia dell'esercito consolare polibiano nel III secolo a.C., con al centro le legioni e sui fianchi le Alae Sociorum (gli
alleati italici) e la cavalleria legionaria e alleata.[81]

Le tre classi di unità tattiche conservavano forse qualche vago parallelo con le divisioni sociali della società
romana, ma almeno ufficialmente le tre linee erano basate sull'età e l'esperienza piuttosto che sulle classi sociali.
Gli uomini giovani e inesperti servivano tra gli hastati, gli uomini più anziani e con qualche esperienza militare

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erano impiegati come principes, mentre le truppe dei veterani, di età avanzata e con esperienza, rifornivano i
triarii.

Creazione di una flotta stabile

Lo stesso argomento in dettaglio: Marina militare romana.


Si era infine creata, con la prima guerra punica, la necessità di creare una piccola flotta, sebbene avesse già
operato, in modo estremamente limitato, dopo la seconda guerra sannitica. È proprio durante questo periodo
che la flotta romana fu riformata, espandendola da piccolo strumento destinato primariamente al
pattugliamento fluviale e costiero, fino a farla divenire una unità pienamente marittima. Dopo un periodo di
frenetica costruzione, la flotta crebbe enormemente di taglia fino a 400 navi, sul modello cartaginese. Una volta
completata, poteva ospitare fino a 100 000 tra marinai e truppe imbarcate per la battaglia. La flotta, da allora in
poi, diminuì in grandezza, in parte perché un Mediterraneo pacificato sotto il dominio romano non richiedeva
una grande sorveglianza navale, in parte perché i Romani, in questo periodo, scelsero di far affidamento su navi
fornite dalle polis greche, la cui popolazione vantava una superiore esperienza marinara.[82]

Dalla seconda guerra punica a Mario (218-107 a.C.)


Lo stesso argomento in dettaglio: Seconda guerra punica.

La grande capacità tattica di Annibale aveva messo in crisi l'esercito romano. Le sue
manovre imprevedibili, repentine, affidate alle ali di cavalleria cartaginese e
numidica, avevano distrutto numerosi eserciti romani accorrenti, anche se superiori
nel numero dei loro componenti, come era avvenuto soprattutto nella battaglia di
Canne. Le esigenze straordinarie poste dal nuovo nemico punico, in aggiunta a una
penuria di mano d'opera militare, misero in evidenza la debolezza tattica della
legione manipolare, almeno nel breve termine[83] Nel 217 a.C., Roma fu costretta a
soprassedere al consolidato principio secondo cui i suoi soldati dovevano essere sia
cittadini che possidenti, così che anche gli schiavi furono forzati al servizio in
marina[65]

Scipione l'Africano, inviato nel 209-208 a.C. in Spagna Tarraconense per affrontare
le armate cartaginesi, reputò necessario cominciare ad apportate delle modifiche
tattiche tali da permettergli una maggiore adattabilità in ogni situazione di
Busto di Scipione l'Africano
battaglia. Per questi motivi egli introdusse per primo la coorte, elemento dal Museo Puškin.
intermedio tra l'intera legione ed il manipolo. Egli andava così riunendo i tre
manipoli di hastati, principes e triarii per dare loro maggiore profondità,
attribuendo a loro lo stesso ordine.[84]

Si veniva così a creare un reparto più solido ed omogeneo, con gli uomini della prima fila che tornavano a dotarsi
di lunghe lance da urto. Ora era importante addestrare le truppe in modo che non vi fossero problemi nel
passare all'occorrenza da una disposizione di tipo manipolare ad una coortale e viceversa.[84]

Al termine della seconda guerra punica vi fu una nuova riduzione del censo minimo richiesto per passare dalla
condizione di proletarii (o capite censi) ad adsidui, ovvero per prestare il servizio militare all'interno delle
cinque classi, come aveva stabilito nel VI secolo a.C., Servio Tullio. Si era, infatti, passati nel corso di tre secoli da
un censo minimo di 11 000 assi[47] ai 4 000 degli anni 214-212 a.C.[70][85] (pari alle 400 dracme argentee di
Polibio alla fine del III secolo a.C.[71]) fino ai 1.500 assi riportati da Cicerone[86] e databili agli anni 133-123
a.C.,[87] a testimonianza di una lenta e graduale proletarizzazione dell'esercito romano, alla continua ricerca di
armati, in funzione delle nuove conquiste nel Mediterraneo. A questo punto, quindi, è chiaro che molti dei
proletari ex nullatenenti erano stati nominalmente ammessi tra gli adsidui.[88]

Durante il II secolo a.C., il territorio romano conobbe un generale declino demografico,[89] in parte dovuto alle
enormi perdite umane subite nel corso di varie guerre. Questo si accompagnò a forti tensioni sociali e al più
grave collasso delle classi medie nelle classi censuarie inferiori o nel proletariato.[89] Quale conseguenza, sia la

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società romana, sia il suo esercito, divennero sempre più proletarizzate. Roma fu costretta ad armare i propri
soldati a spese dello stato, dal momento che molti di quelli che componevano le sue classi inferiori erano di fatto
proletari impoveriti, troppo poveri per permettersi un proprio equipaggiamento.[89]

La distinzione tra i tipi di fanteria pesante degli hastati, dei principes e dei triarii, iniziò a diventare più sfocata,
forse perché era lo stato ad assumersi ora l'onere di fornire un equipaggiamento standard a tutti, tranne che alla
prima classe di truppe, l'unica in grado di permettersi autonomamente un equipaggiamento.[89] Al tempo di
Polibio, i triarii o i loro successori rappresentavano un tipo distinto di fanteria pesante armati con un unico tipo
di corazza, mentre gli hastati e i principes erano divenuti ormai indistinguibili.[89]

In aggiunta, la carente disponibilità di manodopera militare appesantì il fardello sulle spalle degli alleati (socii), a
cui toccava procurare le truppe ausiliarie.[90] Quando, in questo periodo, alcuni alleati non erano in grado di
fornire il tipo di forze richiesto, i Romani non furono contrari ad assoldare mercenari per farli combattere al
fianco delle legioni.[91]

Riforma di Gaio Mario (107-104 a.C.)


Lo stesso argomento in dettaglio: Riforma mariana dell'esercito romano, Guerre contro Giugurta e
Guerre cimbriche.

Verso la fine del II secolo a.C. Roma si


era trovata coinvolta in una guerra in
Numidia dove, per la mancanza di
attrattiva di qualsiasi genere, era quasi
impossibile reperire nuove reclute. Da
questa premessa il console di
quell'anno, Gaio Mario, decise di aprire
le legioni a chiunque, che fosse o meno
possidente,[92] come ci racconta
Sallustio:

Busto in marmo di Gaio «Mario si accorse che gli animi della


Struttura della legione imperiale dopo la riforma
Mario (Museo Chiaramonti) mariana. plebe erano pieni di entusiasmo.
Senza perdere tempo caricò le navi
di armi, stipendium per i soldati e
tutto ciò che era utile, ordinando a Manlio di imbarcarsi. Egli intanto, arruolava soldati, non come era
nell'uso di quel periodo, per classi sociali, ma anzi accettando tutti i volontari, per la massima parte
nullatenenti (capite censi).»

(Gaio Sallustio Crispo, Bellum Iugurthinum, LXXXVI.)


In un processo noto come 'riforma mariana', il console romano Gaio Mario portò avanti un programma di
riforme dell'esercito romano[65] Nel 107-104 a.C., tutti i cittadini potevano accedere all'arruolamento,
indipendentemente dal benessere e dalla classe sociale.[93] Questa mossa formalizzava e concludeva un processo,
sviluppatosi per secoli, di graduale rimozione dei requisiti patrimoniali per l'accesso al servizio militare.[94] La
distinzione tra hastati, principes e triarii, che già era andata assottigliandosi, era ufficialmente rimossa,[66][95] e fu
creata quella che, nell'immaginario popolare, è la fanteria legionaria, che formava una forza omogenea di fanteria
pesante. I suoi componenti erano reclutati da stirpi di cittadini; a questa epoca, la cittadinanza romana o latina
era stata territorialmente estesa ben al di fuori dell'Italia antica e della gallia cisalpina[96] La fanteria leggera di
cittadini, come i velites e gli equites, furono sostituite dalle auxilia, le truppe ausiliarie dell'esercito romano che
potevano consistere anche di mercenari stranieri[97] A causa della concentrazione delle legioni di cittadini in una
forza di fanteria pesante le armate romane dipendevano dall'affiancamento di cavalleria ausiliaria di supporto.
Per necessità tattica, le legioni erano quasi sempre accompagnate da un numero eguale o superiore di truppe
ausiliarie più leggere,[98] che erano reclutate fra i non cittadini dei territori sottomessi all'Impero. Un'eccezione
conosciuta, durante questo periodo, di legioni formate da province senza cittadinanza, fu la legione arruolata
nella provincia di Galazia.[96]

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Il servizio attivo permanente subiva così un importante cambiamento nel 107 a.C. La Repubblica romana fu
costretta ad assumersi l'onere di equipaggiare e rifornire le truppe legionarie, permettendo a tutti, compresi i
nullatenenti, di arruolarsi. L'età minima per i volontari (non più costretti a prestare il servizio di leva) era ora
stabilita a 17 anni, quella massima a 46. Il servizio durava invece fino ad un massimo di 16 anni.[99] Si trattava
della prima forma di un esercito di professionisti dove era abolita la coscrizione per censo, mentre i soldati
veterani, che dall'esercito traevano quotidiano sostentamento (vitto e alloggio, oltre all'equipaggiamento),
ottennero una pensione sotto forma di assegnazioni di terre nelle colonie e, più tardi, anche della cittadinanza
romana. A loro Mario e poi i successivi comandanti concedevano anche di dividere il bottino razziato nel corso
delle campagne militari.[100]

L'organizzazione interna subiva inoltre un cambiamento fondamentale: il manipolo perse ogni funzione tattica in
battaglia e fu sostituito in modo permanente dalle coorti (sull'esempio di ciò che era già stato anticipato da
Scipione l'Africano un secolo prima), organizzate in numero di 10 per legione e numerate da I a X.[100][101] Ogni
coorte era formata da tre manipoli oppure da sei centurie, composte a loro volta da un centurione, un optio, un
signifer, un cornicen (che si alternava con un tubicen nello stesso manipolo, ma dell'altra centuria) e 60
legionari, per un totale di 64 armati a centuria, ovvero 384 a coorte. La legione contava così 3.840 fanti.[99]
Furono poi eliminate le divisioni precedenti tra Hastati, Principes e Triarii, ora tutti equipaggiati con il pilum
(non più l'hasta, che fino ad allora era in dotazione ai Triarii).[100] Era, inoltre, abolita sia la cavalleria legionaria,
sia i velites (ovvero la fanteria leggera), che furono però sostituiti con speciali corpi di truppe ausiliarie o alleate,
a supporto e complemento della nuova unità legionaria.[100]

Durante il consolato del 104 a.C. introdusse, infine, la possibilità per ogni legione di distinguersi dalle altre,
assumendo un simbolo proprio (il toro, il cinghiale, il leone, ecc.),[102] per creare maggior attaccamento all'unità di
appartenenza e spirito di gruppo, in modo da combattere sia per la paga sia per la patria.[103] ]. I soldati
venivano, infine, sottoposti ad un addestramento che mai in precedenza si era visto. Venivano addestrati a
sopportare senza lamentarsi le fatiche delle lunghe marce di avvicinamento, ad allestire accampamenti e alla
costruzione di macchine da guerra, tanto da meritarsi il soprannome di muli di Mario.[104]

Epoca imperiale (27 a.C. - 476 d.C.)


Lo stesso argomento in dettaglio: Impero romano.

Alto Impero romano (31 a.C.-284)


Lo stesso argomento in dettaglio: Alto Impero romano e Storia delle campagne dell'esercito romano
in età alto-imperiale.

Grande riforma augustea

Lo stesso argomento in dettaglio: Riforma augustea dell'esercito romano, Età augustea e Limes
romano.

Ad Augusto, primo imperatore romano, si deve la più importante riforma delle forze armate di terra (con
l'introduzione di milizie specializzate per la difesa e la sicurezza dell'Urbe, come le coorti urbane, i vigiles e la
guardia pretoriana) e di mare (con la formazione di nuove flotte in Italia e nelle provincie) dell'intera storia
romana. Creò un esercito permanente di volontari, disposti a servire inizialmente per sedici anni (i legionari), e
poi per vent'anni (dal 6); gli auxilia provinciali furono invece tratti da volontari non-cittadini, desiderosi di
diventare cittadini romani al termine di una ferma militare della durata di 20-25 anni.

Istituì un cursus honorum anche per coloro che aspiravano a ricoprire i più alti incarichi nella gerarchia
dell'esercito (ordine senatorio ed equestre), con l'introduzione di generali professionisti, non più comandanti
inesperti mandati allo sbaraglio nelle province di confine.

Riordinò l'intero sistema di difese dei confini imperiali, acquartierando in modo permanente legioni e auxilia in
fortezze e forti lungo il limes. Portò ordine nell'amministrazione finanziaria dello Stato romano, attribuendo un
salario e una gratifica di congedo a tutti i soldati dell'esercito imperiale (sia ai legionari che agli ausiliari) con la

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creazione di un aerarium militare.

Delle legioni sopravvissute alla guerra civile, 28 rimasero dopo Azio, e 25 dopo la
disfatta di Teutoburgo, oltre ad un numero crescente di auxilia. In totale vi erano
circa 340 000 uomini, di cui 140 000 servivano nelle legioni. Furono formate anche
le coorti pretoriane e urbane (di Roma, Cartagine, Lione e d'Italia) e dei Vigili di
Roma; la flotta imperiale divisa in squadre a Ravenna, Miseno e Forum Iulii, e
quelle provinciali di Siria e Egitto, e le flottiglie fluviali su Reno, Danubio e Sava.[105]

Principali innovazioni e modifiche nel I e II secolo

Durante la dinastia giulio-claudia (14-68)


Busto di Augusto con
Lo stesso argomento in dettaglio: Dinastia giulio-claudia ed Età giulio- indosso la corona civica;
claudia. Monaco, Gliptoteca

Sotto Tiberio

nominò dal 14 al 37 un solo prefetto del pretorio per volta, designando per
questa posizione di comando il tristemente noto Seiano. Insieme a
quest'ultimo decise di concentrare e alloggiare le 9 coorti pretoriane e le 3
coorti urbane (20-23 ca.) nella stessa città di Roma, (nei Castra Praetoria
sull'Esquilino, al di là delle mura serviane).[106] Le dodici unità furono
alloggiate in un campo di 440 x 380 metri, pari a 16,72 ha, ad ovest del
quale fu approntata un'area per le esercitazioni.[107]
concesse nel 24 la cittadinanza romana alle coorti di vigili di Roma che
avessero svolto almeno sei anni di servizio, in seguito ridotto a soli tre
anni;[108]
dispose che l'acquartieramento delle legioni lungo il limes acquisisse le
caratteristiche di una maggiore permanenza e stabilità, tanto che i
terrapieni, rinforzati con una palizzata in legno, diventassero sempre più
massicci, mentre gli alloggiamenti più confortevoli, mentre in rari casi Busto di Tiberio, considerato
sembra che alcuni accampamenti legionari siano stati costruiti in pietra uno dei migliori generali
(come ad Argentoratae e Vindonissa);[109] romani.
sul finire del suo principato, la classica armatura a “maglia di ferro” (lorica
hamata) del legionario fu sostituita con quella della lorica segmentata, ben
rappresentata sulla colonna traiana;[110]

Sotto Caligola

creò nel 39, due nuove legioni, per una campagna in Germania Magna, sulle orme di suo padre
Germanico e di suo nonno Druso maggiore: XV Primigenia e la XXII Primigenia;[111][112]
al fine di ingraziarsi i pretoriani, aumentò il numero delle loro coorti da 9 a 12.[113]

Sotto Claudio

riorganizzò la carriera degli ufficiali di rango equestre (il cursus honorum), rimasta poi invariata fino alla
metà del III secolo d.C., a partire dalla prefettura in una coorte quingenaria, cui seguiva il tribunato
angusticlavio e la prefettura d'Ala, per poi aspirare da parte della maggior parte dei cavalieri, ad
incarichi più elevati nelle procure e nelle altre prefetture civili e militari;[114]
aumentò le coorti urbane (tra il 41 ed il 47) da 3 a 6,[106] fino a raggiungere il numero di 7 alla fine del suo
stesso principato,[106] posizionandone una a Pozzuoli (la XV[115]) un'altra ad Ostia (la XVII[115]), i due
grandi porti attraverso i quali passavano la maggior parte delle merci destinate a Roma,[108] una a
Lugdunum (la XIII[115]) ed infine un'altra a Cartagine;[115]
istituì la nuova classis Britannica (vedi conquista della Britannia),[116] migliorando anche l'organizzazione
dell'intera marina militare romana. Aumentò infatti il numero di cittadini liberi e provinciali impiegati fra i
marinai, al contrario di quanto fosse accaduto all'epoca di Augusto, dove la maggioranza era costituita
da schiavi e/o liberti. La flotta divenne ora parte degli auxilia regolari, dove i marinai ricevevano la

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cittadinanza al momento del congedo (honesta missio), dopo ventidue anni di servizio, mentre ai loro
figli era consentito di prestare servizio nelle legioni.

Sotto Nerone

creò una nuova legione nel 66-67,[117] composta da italici tutti di statura molto elevata, a cui venne dato il
nome di I Italica, e che lo stesso Nerone ribattezzò “falange di Alessandro Magno”, circostanza che
denotò le grandiose idee che si celavano nella sua mente. L'obiettivo della campagna militare
consisteva nell'occupare le cosiddette “porte del Caspio” (passo di Darial), sottomettendo il popolo degli
Albani e forse degli stessi sarmati Alani più a nord.[118]
creò, infine, una nuova flotta nel Pontus Euxinus (oggi Mar Nero), la Classis Pontica, utilizzando anche
navi appartenute al precedente regno di Tracia, annesso nel 46 da Claudio.[116]

Durante la dinastia dei Flavi (69-96)


Lo stesso argomento in dettaglio: Anno dei quattro imperatori e Dinastia flavia.

Negli anni della guerra civile

Galba portò a termine l'arruolamento delle legioni I Adiutrix (i cui effettivi erano costituiti da uomini che
avevano prestato servizio nelle flotte italiche di Miseno e Ravenna)[111] e VII Gemina.[119]
La speciale "guardia del corpo" voluta da Augusto (in numero compreso tra i 100 ed i 500 armati),
reclutati tra le popolazioni germaniche dei Batavi (Germani corporis custodes), fu sciolta da Galba.[108]
il numero delle coorti pretorie di Roma fu portato a 16 nel 69, da Vitellio, il quale sembra ne accrebbe
anche il numero degli effettivi per singola unità (passando da 500 a 1 000[106]), pur riducendo a 4 le
coorti urbane dalle 7 dei tempi di Claudio.

Sotto Vespasiano
il primo compito del nuovo imperatore fu di ripristinare l'antica disciplina
militare, ma soprattutto quello di evitare che l'eccessivo lealismo/devozione
delle legioni ai propri comandanti potesse generare una nuova guerra
civile. La caduta di Nerone era seguita da una lotta che aveva, non solo
portato distruzione nella penisola italica e dissanguato le casse dello stato,
ma aveva coinvolto numerosi eserciti (da quello renano, a quello danubiano
ed orientale). Fu necessario porre rimedio a ciò attraverso una nuova serie
di riforme, che completasse quanto era già stato fatto durante la dinastia
giulio-claudia:
al termine della guerra civile e della rivolta dei Batavi, sciolse ben quattro
legioni che avevano trascinato nel fango le proprie insegne macchiandosi
di disonore (I Germanica, IV Macedonica, XV Primigenia e XVI
Gallica[120]) e ne riformò tre nuove (II Adiutrix Pia Fidelis,[111] IV Flavia Ritratto dell'imperatore
Felix,[120] e XVI Flavia Firma[120]) dando la possibilità ad alcuni di fare Vespasiano, che fu, prima di
pubblica ammenda; tutto, un abilissimo
avendo trovato le casse dell'aerarium militare pressoché vuote, mise in atto generale.
tutta una serie di azioni per ripristinare la precedente situazione finanziaria
alla guerra civile;
data inoltre la crescente scarsità di reclute (cosa che da tempo rappresentava un problema insanabile)
decise di aumentare l'impiego di truppe ausiliarie provinciali (raddoppiando in molte unità il numero
degli effettivi, passando da 500 a 1 000 armati, ovvero trasformandole da quingenarie a milliarie),
facendo in modo che le generazioni future avessero un numero maggiore di potenziali cittadini romani
da arruolare nelle legioni.[121] Di contro si andava a creare una vera e propria rarefazione dell'elemento
italico a vantaggio di quello provinciale, pur non producendo mutamenti sostanziali nel valore militare
complessivo.[122] La maggioranza assoluta di legionari italici rimane comunque assicurata fino al III
secolo.[123]
al fine di aumentare la capacità difensiva dei confini imperiali per tutta la loro lunghezza (oltre 9 500 km
terrestri), dispose di ricostruire numerose fortezze legionarie in pietra ed in posizioni strategicamente
migliori, in modo da non trascurare la sicurezza delle legioni ivi acquartierate;[124]
non trascurò il fatto che le truppe di confine, quando rimanevano inattive per troppo tempo, in un
ambiente ospitale (soprattutto in Oriente), perdevano la loro capacità di combattere. Queste truppe, non
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avendo infatti una prospettiva immediata di guerra o di bottino, rischiavano di perdere la proverbiale
disciplina e deteriorarsi. Solo un allenamento costante poteva preservare le capacità di combattimento,
anche in tempo di pace, ben sapendo che dai primi accampamenti "rurali" (circondati dalle sole
campagne) si era ormai passati a fortezze che andavano sempre più acquisendo una tipica atmosfera
urbana (canabae);[125]
tornò all'ordinamento augusteo, riducendo le coorti pretoriane a 9, e ancora una volta quingenarie,[126] le
quali furono aumentate poi dal figlio Domiziano fino a 10.[127]
la riforma della prima coorte, che secondo alcuni potrebbe essere avvenuta all'epoca di Augusto, forse si
colloca al tempo dei Flavi e più precisamente attorno al 70.[128][129] Si trattava di una coorte milliare, vale
a dire di dimensioni doppie rispetto alle altre nove coorti (dalla II alla X, formate ciascuna da 6 centurie =
3 manipoli), con 5 manipoli di 160 armati ciascuno (pari a 800 legionari), a cui era affidata l'aquila della
legione.[128] Primo esempio di costruzioni che ospitassero una coorte di queste dimensioni lo troviamo
nella fortezza legionaria di Inchtuthill in Scozia.[130]

Sotto Domiziano

veniva creata una nuova legione in vista delle campagne in Germania, nella regione degli agri
decumates: la I Minervia.[111]
vietò che si facessero accampare due legioni assieme e che un soldato depositasse presso le insegne
della legione più di 1000 sesterzi, perché la consistenza del deposito delle legioni aveva rassicurato
Lucio Antonio Saturnino nell'ordire la sua rivolta contro di lui.[131]
aggiunse alla paga dei soldati tre aurei a testa annuali.[131]

Da Traiano a Commodo (98-192)

Lo stesso argomento in dettaglio: Età traianea e adrianea ed Età antonina.

Sotto Traiano

fu introdotto l'uso del contus per le unità di cavalleria ausiliaria, anche


costituendo un reparto di cavalieri su dromedari e arruolando nella
cavalleria romana reparti di Daci;
fu forse abolita la cavalleria legionaria;[132]
La speciale "guardia del corpo" voluta da Augusto e poi sciolta da Galba,
reclutata tra le popolazioni germaniche dei Batavi (corporis custodes), fu
ricostituita da Traiano, questa volta organizzata in turmae, comandate da
decurioni, il cui primo ufficiale era un tribunus militum.[108]
È forse a questo imperatore o alla precedente dinastia dei Flavi che si
deve l'istituzione degli Equites singulares Augusti, in numero di 1 000
cavalieri (o forse 500). Erano comandati da decuriones, a loro volta Busto di Traiano, l'Optimus
sottoposti ad un tribunus militum in qualità di comandante in capo, che Princeps, conquistatore di
rispondeva poi al prefetto del pretorio. Furono infine alloggiati, prima in un Dacia e Parthia.
campo sul Celio, poi nei pressi del Laterano.[133]
formò due nuove legioni, la prima in vista della conquista della Dacia (la
XXX Ulpia Victrix, il cui numerale indicava che in quel momento vi erano esattamente 30 unità
legionarie),[111][134] la seconda prima delle campagne partiche (la II Traiana Fortis).[111]

Sotto Adriano

Quest'ultimo istituì i primi numeri (reparti di ausiliari che conservavano i propri usi e caratteristiche
militari, spesso forniti dagli "Stati Clienti");[135]
fece fortificare il limes in Britannia con la costruzione del vallo di Adriano, un muro in pietra dotato di
fossato antistante e tutta una serie di forti e fortini ausiliari;
Istituì una nuova flotta, questa volta in Siria, la Classis Syriaca.[116]

Sotto Antonino Pio


venne disposta la costruzione di un nuovo vallo in Britannia, più a nord del precedente vallo di Adriano. Era
lungo 59 km e posto tra gli estuari dei fiumi Bodotria-Forth e del Clota-Clyde. Attuò poi la definitiva
sistemazione del limes germanico-retico, ora munendolo di un muro, torri di controllo e forti per le unità
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ausiliarie, regolando poi alcuni conflitti con Germani e Daci liberi. Il suo regno rappresentò più che altro un
rafforzamento di tutti i confini imperiali, tralasciando però ciò che il futuro avrebbe riservato poi, dopo la sua
morte (nel 161), con le guerre sia in Oriente (161-166), sia in Occidente.
È certo che la sua inerzia nel rifiutare soluzioni militari offensive, ad Oriente contro i Parti e ad Occidente
contro Germani e Sarmati, a sud contro i Mauri, causarono al suo successore, Marco Aurelio, un
ventennio di grandissima crisi. Secondo due recenti studi (Spaul 2000 e Holder 2003), durante il
principato di Antonino Pio, il numero delle truppe ausiliarie totali dell'Impero romano ammontavano a
circa 200 000 unità. Ci sono infatti alcune discrepanze nelle loro analisi:

Stima del numero delle truppe ausiliarie (metà II secolo)

Totale
Autore N. Alae N. Cohortes N. totale unità Totale fanti Totale effettivi
cavalieri

J. Spaul
80 247 327 56 160 124 640 180 800
(2000)[136]

P. A. Holder
88 279 367 74 624 143 200 217 624
(2003)[137]

Le forze in campo escludono gli ufficiali (centurioni e decurioni), che rappresentano una forza di circa 3 500 uomini in totale.

La differenza di 40 unità e circa 40 000 effettivi è dovuta principalmente a:


1. Spaul interpreta alcune unità aventi lo stesso nome e numero, seppure attestate in province differenti
nello stesso periodo, come la medesima unità, in un atteggiamento estremamente cauto ed ipotizzando
si spostino con una certa frequenza; al contrario Holder le considera unità totalmente differenti e quindi
sommabili nel computo complessivo.
2. Spaul accetta come coorti equitate solo quelle esplicitamente citate, in un numero complessivo inferiore
rispetto a Holder.[138]

Sotto Marco Aurelio

Tra il 163 ed il 166 Lucio Vero fu costretto dal fratello, Marco Aurelio a
condurre una nuova campagna in Oriente contro i Parti, che l'anno
precedente avevano attaccato i territori romani di Cappadocia e Siria e
avevano distrutto un'intera legione (la IX Hispana[120]). Il nuovo imperatore
lasciò che fossero i suoi stessi generali ad occuparsene, tra cui lo stesso
Gaio Avidio Cassio (che riuscì ad usurpare il trono imperiale, anche se solo
per pochi mesi, dieci anni più tardi nel 175). Le armate romane, come
cinquant'anni prima quelle di Traiano, riuscirono anche questa volta ad
occupare i territori fino alla capitale dei Parti, Ctesifonte. La peste
scoppiata durante l'ultimo anno di campagna, nel 166, costrinse i Romani a
ritirarsi da parte dei territori appena conquistati, portando questa terribile
malattia all'interno dei suoi stessi confini, e flagellandone la sua Ricostruzione
popolazione per oltre un ventennio. Sembra, infatti, che queste campagne dell'abbigliamento e della
abbiano portato all'occupazione permanente dei territori ad est dell'Eufrate panoplia di un soldato
[139]
e la creazione delle province di Mesopotamia e Armenia da parte dei romano nelle province
Romani, difesa anche in fasi successive durante l'intero III secolo (da settentrionali, seconda metà
Settimio Severo a Diocleziano-Galerio). del II secolo
Appena terminata questa fase offensiva in Oriente, l'impero romano dovette
affrontare una crisi ben più grave in Occidente. L'imperatore Marco Aurelio
e suo figlio Commodo, furono costretti a combattere contro le popolazioni germaniche e sarmatiche a
nord del Danubio dal 166/167 al 188. È probabile che Marco Aurelio avesse in progetto fin dagli inizi del
suo regno l'occupazione permanente dei territori a nord del medio danubio. Non a caso formò attorno al
165-166 due nuove legioni: si trattava della II e III Italica.[140] E se alla fine sia le popolazioni germaniche,
sia quelle sarmatiche furono battute, dopo la morte dell'imperatore filosofo, il figlio Commodo disattese
alle aspettative paterne e rinunciò a dare loro il colpo di grazia, evitando di fare di questi territori due
nuove province a nord del medio corso del Danubio: la Marcomannia e la Sarmatia.
Notevole fu l'utilizzo di vexillationes legionarie soprattutto durante le guerre marcomanniche, al fine di
comporre un esercito di invasione e poi di occupazione della neo-provincia di Marcomannia, come

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testimoniano numerose iscrizioni, tra cui quella rinvenuta a Leugaricio, delle legioni I Adiutrix e II
Adiutrix.[141]
Sappiamo che alla morte di Marco Aurelio c'erano 30 legioni, così come è evidenziato qui sotto nella
tabella riassuntiva sulla loro dislocazione (nel 180):

Sotto Commodo
Nonostante tutti i difetti che gli sono stati attribuiti, Commodo seppe condurre una politica militare
efficace, senza dubbio in parte grazie alle personalità di cui si circondò:[142] furono apprestate postazioni
di osservazione (burgi) e insediate guarnigioni (praesidia) dal Danubio fino all'Aures; l'intera frontiera,
infatti, soprattutto renana e danubiana fu rafforzata con nuove postazioni o costruzioni fortificate; ciò
avvenne anche in Britannia, in Mauretania e Numidia. Le strade militari di questi settori furono riparate
con grande cura.

Sotto i Severi (193-235)

Lo stesso argomento in dettaglio: Dinastia severiana.

Sotto Settimio Severo


venne aumentato il numero delle legioni romane a 33, con la costituzione di
ben tre unità, in vista delle campagne partiche: la legio I, II e III Parthica.
L'esercito ora poteva contare su 400 000 armati complessivamente. Un
numero comunque esiguo se si pensa che dovevano presidiare circa 9 000
chilometri di confine, controllare e difendere i 70 milioni di abitanti
dell'Impero.[143]
favorì la nomina di comandanti dell'ordine equestre nelle legioni di sua
fondazione (I, II e III Phartica), ponendo a capo delle stesse non un legatus
legionis, bensì un praefectus legionis, cominciando quel lento processo
che culminerà con Gallieno nell'abolizione delle cariche senatoria
nell'esercito romano (a questo aspetto va aggiunta la naturale ostilità di Busto di Settimio Severo
Severo verso il senato). Non a caso troviamo un altro praefectus legionis in fondatore della dinastia
Britannia al tempo delle campagne dello stesso Severo.[144] severiana.
Venne costituita per la prima volta una "riserva strategica" in prossimità di
Roma di quasi 30 000 armati:[145]

nei Castra Albana, fu alloggiata un'intera legione, la II Parthica;[145]


il numero degli effettivi della guardia pretoriana venne aumentato da 5 000 a 10 000;[145]
fu triplicato il numero di armati delle coorti urbane, passando da 2 000 a 6 000;[145]
a cui si devono sommare i 3 500 Vigiles e ai 1 000 equites singulares.[145]

favorì i legionari in vari modi, aumentando loro la paga e riconoscendo loro il diritto di sposarsi durante il
servizio,[146] oltre ad abitare con la propria famiglia fuori del campo (canabae). Tale riforma comportò
una "regionalizzazione" delle legioni, che in questo modo si legarono non solo al loro comandante, ma
anche a un territorio ben preciso.
Secondo Erodiano le truppe che stazionarono in Roma (o nelle sue vicinanze, come i castra Albana)
furono quadruplicate,[147] o almeno triplicate se consideriamo che: gli effettivi delle coorti pretorie furono
raddoppiati da Settimio Severo, fino a 1 000 armati ciascuna (milliarie), per un totale di 10 000 armati,
ora sostituiti con soldati scelti delle legioni pannoniche, per punire coloro che si erano in precedenza
schierati contro di lui durante la guerra civile;[148] quelli delle coorti urbane, furono probabilmente portati
fino a 1 500 (per un totale di 6 000 armati);[106] a questi si sommavano poi i 3 500 armati dei Vigiles, i
1 000 equites singulares e i 5 500/6 000 della legio II Parthica, per un totale complessivo di 30 000
armati, contro i 10 500 dell'epoca augustea.
Questo imperatore pose il comando degli Equites singulares Augusti non più alle dipendenze di un
tribunus militum ma di due.[133]

Sotto Caracalla

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Fu concesso un ulteriore aumento del soldo del 50% circa ai legionari, per un ammontare totale di 675
denari annui.[149]
Con la Constitutio antoniniana questo imperatore concesse la cittadinanza a tutti gli abitanti dell'impero
ad eccezione dei dediticii. L'obiettivo era quello di aumentare il gettito dei tributi nelle casse dell'erario,
al fine di tentare di far fronte ai crescenti costi degli stipendi dei militari, necessari per il mantenimento
delle frontiere.

Sotto Alessandro Severo


A questo regno risalirebbero alcune importanti modifiche tattiche dell'esercito, come il ritorno allo
schieramento falangitico di più legioni contemporaneamente, fino a costituire una massa d'urto di 6
legioni complessive (per un totale di 30 000 armati), fianco a fianco, senza alcun intervallo tra loro.[150][151]
Aumentò il ricorso sempre più frequente ad unità ausiliarie di arcieri e di cavalieri, questi ultimi
soprattutto corazzati (i cosiddetti catafrattari, clibanarii), reclutati in Oriente ed in Mauretania.[152]
Un crescente utilizzo presso tutte le fortezze del limes di nuovi modelli di catapulte (ballistae, onagri e
scorpiones), al fine di tenere impegnato il nemico fino all'accorrere delle "riserve strategiche" (concetto
iniziato con Settimio Severo ed in seguito riproposto e sviluppato da Gallieno, Diocleziano e Costantino
I).[153]

Crisi del III secolo

Lo stesso argomento in dettaglio: Anarchia militare, Imperatori illirici e Invasioni barbariche del III
secolo.

Sotto Massimino il Trace

iniziò la barbarizzazione dell'esercito romano,[154] essendo lo stesso


Imperatore nato senza la cittadinanza romana.[155]
aumentò l'importanza della cavalleria di origine germanica e di quella
catafratta di origine sarmata, arruolata dopo aver battuto queste
popolazioni durante le guerre del 235-238.[156] Massimino iniziò, del resto,
la sua carriera militare sotto Settimio Severo,[157] arruolandosi in una
reparto di cavalleria ausiliaria.[158] L'importanza della cavalleria andava così
delineandosi a partire da questo imperatore, ancor prima della vera e
propria riforma operata da Gallieno. L'aumento degli effettivi della
cavalleria, non solo andava ad accentuare la caratteristica di maggior
mobilità dell'esercito romano, costituendone una nuova "riserva strategica" L'imperatore Massimino il
interna (insieme alla legio II Parthica, formata in precedenza da Settimio Trace iniziò il turbolento
Severo), ma anche quella di tradursi in un esercito meno di "confine o periodo dell'anarchia
sbarramento" che ne aveva caratterizzato il periodo precedente fin dai militare, che terminò solo
tempi di Adriano.[159] con Diocleziano
cinquant'anni dopo.
Sotto Gordiano III
questo imperatore, che aveva deciso di condurre una campagna militare contro il re dei Sasanidi,
Sapore I (nel 243), per riprendersi i territori perduti pochi anni prima, portò tra le file del suo esercito,
anche un discreto numero di gentiles (volontari mercenari o foederati che provenivano da fuori dei
confini imperiali), del popolo dei Goti e dei Germani del fronte renano.

Sotto Filippo l'Arabo

Questo imperatore licenziò i mercenari, preferendo pagare 500 000 denari ai Sasanidi,[160] piuttosto che
continuare la campagna contro gli stessi, e generando tra i federati un diffuso malcontento per la
sospensione del pagamento abituale del tributo.[161] Cominciò così una crescente ostilità da parte dei
Goti nei confronti dell'impero per oltre un ventennio.[162]

Riforma di Gallieno
Resosi conto dell'impossibilità di proteggere contemporaneamente tutte le province dell'impero con una statica
linea di uomini posizionati a ridosso della frontiera, Gallieno sviluppò una pratica che era iniziata verso la fine del
II secolo sotto Settimio Severo (con il posizionamento di una legione, la legio II Parthica, a pochi chilometri da
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Roma), ovvero posizionando una riserva strategica di soldati ben addestrati pronti ad intervenire, dove serviva
nel minor tempo possibile (contingenti di cavalleria a Mediolanum, Sirmio,[163] Poetovio[164] e Lychnidos[165]).[166]

In accordo con queste considerazioni, Gallieno attorno agli anni 264-268, o forse
poco prima,[167] costituì questa riserva strategica centrale (che sarà alla base della
futura riforma dell'esercito di Diocleziano), formata prevalentemente da unità di
cavalleria pesante dotate di armatura (i cosiddetti promoti, tra cui spiccavano gli
equites Dalmatae, gli equites Mauri[168] et Osroeni), poiché queste percorrevano
distanze maggiori in minor tempo della fanteria legionaria o ausiliaria. Ed ogni volta
che i barbari sfondavano il limes romano e s'inoltravano nelle province interne, la
"riserva strategica" poteva così intervenire con forza dirompente.[169] La base
principale scelta da Gallieno per la nuova armata fu posta a Milano, punto
strategico equidistante da Roma e dalle vicine frontiere settentrionali della Rezia e
del Norico. Si trattava di un'iniziativa resasi necessaria anche a causa della perdita
degli Agri decumates tra il Reno ed il Danubio, che aveva portato i vicini Germani a
trovarsi più vicini alla penisola italica, centro del potere imperiale.[170]
L'imperatore Gallieno che
I generali che comandavano questa forza, quindi, avevano nelle loro mani un potere regnò per quindici anni,
incredibile e non è un caso che futuri augusti come Claudio II il Gotico o Aureliano prima con il padre Valeriano
ricoprissero questo incarico prima di diventare imperatori. La predisposizione per poi da solo, mise in atto la
prima vera riforma
la cavalleria riguardava non solo le forze ausiliarie ed i numeri, ma anche le legioni
dell'esercito romano dai
stesse, dove il numero di cavalieri passò da 120 a 726 per legione.
tempi di Augusto.

Con la riforma di Gallieno, inoltre, si completava il passaggio di responsabilità


militari dall'ordine senatorio a quello equestre. Se in passato, infatti, i comandanti delle legioni (legatus legionis)
provenivano in buona parte dal Senato, e solo pochi erano cavalieri, come quelli che comandavano le legioni
egiziane, mesopotamiche (come la I e III Parthica) o del castrum italico presso i colli Albani (Legio II Parthica),
grazie a Gallieno provenivano tutti dalla sola classe equestre (praefectus legionis). Gallieno non fece altro che
formalizzare una pratica, iniziata sotto Augusto e andata consolidandosi a partire da Settimio Severo, che
toglieva progressivamente l'esperienza militare ai senatori.[171] Ciò potrebbe essere spiegato anche con il fatto
che gli stessi senatori erano ormai più interessati a vivere nel lusso delle loro ville in Italia, piuttosto che nelle
ristrettezze che la vita militare nelle province richiedeva.

Questo punto della riforma, però, eliminò definitivamente ogni legame tra le legioni e l'Italia, poiché i nuovi
comandanti, che erano spesso militari di carriera partiti dai gradi più bassi e arrivati a quelli più alti, erano
interessati solo al proprio tornaconto o al massimo agli interessi della provincia d'origine, ma non a Roma.

Sotto Aureliano
Sotto questo imperatore, Roma non solo fu dotata di una nuova cerchia di mura imponenti, ma le coorti urbane
furono alloggiate per la prima volta separatamente dalle coorti pretorie, nei castra urbana.[106]

Tardo Impero romano (284-476)


Lo stesso argomento in dettaglio: Tardo Impero romano e Storia delle campagne dell'esercito
romano in età tardo-imperiale.
Il nuovo assetto organizzativo, tattico e strategico, che Diocleziano e Costantino I misero in atto, fu il frutto di
una inevitabile evoluzione che nella crisi del III secolo aveva trovato la causa ed in Gallieno il primo artefice per
la ricostruzione, due secoli dopo la grande riforma di epoca augustea. Tale nuovo assetto, frutto di un lento e
graduale ripensamento dell'intero apparato militare romano, fu poi conservato per tutto il IV ed il V secolo e
presso l'Impero romano d'Oriente sopravvisse almeno fino al VI secolo. Vi è da aggiungere che la vera e propria
riforma dell'esercito, nelle sue gerarchie di comando e nella sua struttura interna (dalla formazione di nuove
unità, a quella di nuove tipologie di funzionari), fu inaugurata non tanto da Diocleziano, ma da Costantino I e
proseguita dai suoi successori.[172]

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La strategia dei due imperatori può essere considerata, col senno di poi,
efficacissima nel breve termine (le incursioni barbariche, infatti, vennero
respinte senza problemi per buona parte del IV secolo), ma deleteria quanto
ai suoi effetti finali, dato che i costi enormi per il mantenimento dell'esercito
finirono per pesare sempre di più su una struttura economica e produttiva
già in grave crisi. La pressione fiscale, infatti, aumentò a dismisura e spesso
le legioni romane non esitavano a procurarsi il necessario per mantenersi
requisendo beni e depredando gli stessi cittadini che in teoria erano
chiamate a proteggere.[173]

Riforma di Diocleziano
Lo stesso argomento in dettaglio: Tetrarchia di Diocleziano,
Riforma dioclezianea dell'esercito romano e Difesa in
profondità (esercito romano).

La vera grande riforma militare di Diocleziano fu soprattutto di tipo


politico.[174] Il nuovo imperatore dispose, prima di tutto, una divisione del Soldato romano stanziato nelle
sommo potere imperiale, dapprima attraverso una diarchia (due Augusti, a province settentrionali, fine del III
secolo
partire dal 285/286) e poi tramite una tetrarchia (nel 293, tramite
l'aggiunta di due Cesari),[175] compiendo così una prima vera "rivoluzione"
sull'intera struttura organizzativa dell'esercito romano dai tempi di Augusto.
Questa forma di governo a quattro, se da un lato non fu così felice nella
trasmissione dei poteri (vedi successiva guerra civile), ebbe tuttavia il grande
merito di fronteggiare con tempestività i pericoli esterni al mondo romano.[176] La
presenza di due Augusti e due Cesari facilitava, infatti, la rapidità dell'intervento
armato e riduceva i pericoli che la prolungata assenza di un unico sovrano poteva
arrecare alla stabilità dell'Impero.

Divisione strategica del limes fra i tetrarchi


Diocleziano creò una vera e propria gerarchia militare sin dalle più alte cariche
statali, quelle dei "quattro" Imperatori, dove il più alto in grado era l'Augusto Iovio Busto di Diocleziano (Museo
Archeologico di
(protetto da Giove), assistito da un secondo Augusto Herculio (protetto da un
Costantinopoli).
semidio, Ercole), a cui si aggiungevano i due rispettivi Cesari,[175] ovvero i
"successori designati".[174] In sostanza si trattava di un sistema politico-militare che
permetteva di dividere meglio i compiti di difesa del confine: ogni tetrarca, infatti, curava un singolo settore
strategico e la sua sede amministrativa era il più possibile vicino alle frontiere che doveva controllare (Treviri e
Milano in Occidente; Sirmio e Nicomedia in Oriente[174]), in questo modo era possibile stroncare rapidamente i
tentativi di incursione dei barbari, evitando che diventassero catastrofiche invasioni come quelle che si erano
verificate nel III secolo.

Dimensione dell'esercito e ripensamento del "limes"

Lo stesso argomento in dettaglio: Dimensione dell'esercito romano e Limes romano.

La nuova forma di governo messa in atto non era del tutto nuova per l'Impero romano: basti pensare alla prima
diarchia di Marco Aurelio e Lucio Vero della fine del II secolo.[176] È da aggiungere che la divisione interna del
mondo romano in quattro diversi settori strategici (a sua volta suddiviso in 12 diocesi, con l'aggiunta di
numerose nuove province) portò, tuttavia, inevitabilmente ad un aumento del numero degli effettivi,[177] con il
conseguente irrigidimento del servizio di leva obbligatorio[176] e l'introduzione del servizio di leva ereditario. Il
numero delle legioni non solo fu aumentato, ma fu meglio distribuito: si cominciarono a utilizzare sempre più
spesso loro vexillationes, riducendo il numero degli effettivi della "legione madre" a vantaggio di sue "parti"
inviate in altri settori strategici, dai quali mai più avrebbero fatto ritorno al "campo base".[176]

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Anche il sistema difensivo dei confini venne reso
più elastico e "profondo": alla rigida difesa del
vallum venne aggiunta una rete sempre più fitta di
castella interni, collegati tra di loro da un più
complesso sistema viario (un esempio su tutti: la
strata Diocletiana in Oriente). In sostanza si passò
da un sistema difensivo di tipo "lineare"[178] ad uno
"più profondo" (sebbene non nelle proporzioni
generate dalla crisi del III secolo, quando Gallieno
e gli imperatori illirici erano stati costretti dai
continui "sfondamenti" del limes a far ricorso a
"riserve" strategiche molto "interne" rispetto alle
frontiere imperiali), che vide un notevole
ampliamento dello "spessore" del limes, il quale fu
Le 4 parti e le 12 diocesi nella nuova divisione tetrarchica dell'Impero
esteso da una fascia interna del territorio
romano voluta da Diocleziano attorno al 300.
imperiale ad una esterna, in Barbaricum,
attraverso la costruzione di numerose "teste di
ponte" fortificate (anche oltre i grandi fiumi Reno, Danubio ed Eufrate), avamposti con relative vie di
comunicazione e strutture logistiche.[179]

«Infatti, per la previdenza di Diocleziano tutto l'impero era stato diviso [...] in città, fortezze e torri.
Poiché l'esercito era posizionato ovunque, i barbari non potevano penetrarvi. In ogni sua parte le
truppe erano pronte a opporsi agli invasori ed a respingerli.»

(Zosimo, Storia nuova, II, 34.1.)


Una conseguenza di questa trasformazione delle frontiere fu anche l'aumento della protezione delle nuove e
vecchie strutture militari, che vennero adeguate alle nuove esigenze difensive (tale necessità non era così
urgente nei primi due secoli dell'Impero romano, dedicati soprattutto alla conquista di nuovi territori). Le nuove
fortezze cominciarono così ad essere costruite, o ricostruite, in modo più compatto nelle loro dimensioni
(riducendone il perimetro complessivo), più solide nello spessore delle loro mura (in alcuni casi si passò da uno
spessore di 1,6 metri a 3,4 metri, come nel caso della fortezza di Sucidava) e con un maggior utilizzo di torri
esterne, per migliorarne la difesa.[179]

Diocleziano, in sostanza, non solo intraprese una politica a favore dell'aumento degli effettivi, ma anche volta a
migliorare e moltiplicare le costruzioni militari del periodo, sebbene queste ultime siano risultate, sulla base dei
ritrovamenti archeologici, meno numerose di quanto non abbiano raccontato gli antichi[180] ed i moderni.[176]

L'aspetto complessivo che l'esercito assunse conseguentemente all'operato di Diocleziano, lodato dallo storico
Zosimo, è quello di un apparato quantitativamente concentrato lungo le frontiere,[181] che nello stesso tempo
però manteneva un ristretto nucleo mobile centrale qualitativamente eccelso (un'evoluzione ulteriore di quanto
aveva fatto Settimio Severo, con il posizionamento della legio II Parthica nei castra Albana, poco distante da
Roma), il comitatus. Diocleziano, infatti, perfezionò ciò che di buono era stato "riformato" sotto Gallieno e gli
imperatori Illirici (da Aureliano a Marco Aurelio Probo, fino a Marco Aurelio Caro), i quali avevano adattato
l'esercito alle esigenze della grande crisi del III secolo. Egli, difatti, trasformò la "riserva strategica mobile"
introdotta da Gallieno in un vero e proprio "esercito mobile" detto comitatus[182] ("compagnia"), nettamente
distinto dall'"esercito di confine" o limitaneo. Probabilmente il comitatus dioclezianeo era costituito da due
vexillationes (Promoti e Comites) e da tre legiones (Herculiani, Ioviani e Lanciarii), mentre la "riserva
strategica mobile" di Gallieno era costituita unicamente da vexillationes.[183]

Perfezionamento di Costantino

Lo stesso argomento in dettaglio: Riforma costantiniana dell'esercito romano.

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Le prime vere modifiche apportate da Costantino I nella nuova organizzazione
dell'esercito romano, furono effettuate subito dopo la vittoriosa battaglia di Ponte
Milvio contro il rivale Massenzio nel 312. Egli infatti sciolse definitivamente la
guardia pretoriana ed il reparto di cavalleria degli equites singulares e fece
smantellare l'accampamento del Viminale.[184] Il posto dei pretoriani fu sostituito
dalla nuova formazione delle schole palatine, le quali ebbero lunga vita poi a
Bisanzio ormai legate alla persona dell'imperatore e destinate a seguirlo nei suoi
spostamenti, e non più alla Capitale.[185]

Una nuova serie di riforme furono poi portate a termine una volta divenuto unico
Augusto, subito dopo la sconfitta definitiva di Licinio nel 324.[185] Il percorso che egli
compì, fu però graduale nel corso degli ultimi tredici anni di regno (dal 324 al 337,
anno della sua morte). La guida dell'esercito fu sottratta ai prefetti del pretorio, ed
ora affidata a: il magister peditum (per la fanteria) ed il magister equitum (per la
cavalleria).[186] I due titoli potevano tuttavia essere riuniti in una sola persona, tanto
che in questo caso la denominazione della carica si trasformava magister peditum
et equitum o magister utriusque militiae[187] (carica istituita verso la fine del regno, Testa colossale
con due funzionari praesentalis[188]). dell'imperatore romano
Costantino I, innovatore delle
I gradi più bassi della nuova gerarchia militare prevedevano, oltre ai soliti forze armate romane.
centurioni e tribuni, anche i cosiddetti duces,[186] i quali avevano il comando
territoriale di specifici tratti di frontiera provinciale, a cui erano affidate truppe di
limitanei.

Costantino, poi, aumentò ancora di più gli effettivi dell'esercito, che arrivarono a contare fino a 600 000 uomini
(con Diocleziano erano circa 400 000 i legionari),[189] e, come abbiamo visto sopra, suddivise l'"esercito mobile"
in "centrale" (unità palatinae) e "periferico" (unità comitatenses).[190][191]

Egli, oltre ad apportare la suddetta divisione dell'"esercito mobile", rovesciò l'assetto complessivo dell'apparato
bellico romano definito dal suo predecessore Diocleziano: fu espansa a dismisura la componente mobile ed
indebolita quella di frontiera.[181] In particolare, secondo lo storico Zosimo, questo nuovo assetto fu la causa del
progressivo stanziamento delle popolazioni barbariche nei territori imperiali, nonché il degrado dei centri urbani
in cui venivano acquartierate truppe eccessivamente numerose. Zosimo si lamentava, infatti, che lo stesso
imperatore avesse rimosso dalle frontiere la maggior parte dei soldati, per insediarli nelle città (si tratta della
creazione dei cosiddetti comitatenses):[192]

«...città che non avevano bisogno di protezione, privò del soccorso quelle minacciate dai barbari
[lungo le frontiere] e procurò alle città tranquille il danno generato dalla soldataglia, per questi motivi
molte città risultano deserte. Lasciò anche che i soldati rammollissero, frequentando i teatri, ed
abbandonandosi alla vita dissoluta.»

(Zosimo, Storia nuova, II, 34.2.)


Nell'evoluzione successiva il generale in campo svolse sempre più le funzioni di una sorta di ministro della
guerra, mentre vennero create le cariche del magister equitum praesentalis e del magister peditum
praesentalis ai quali veniva affidato il comando effettivo sul campo.

In genere le unità palatinae costituivano l'esercito dedicato ad un'intera Prefettura del pretorio, mentre le unità
comitatenses costituivano l'esercito dedicato ad una singola Diocesi nell'ambito della Prefettura. Analogamente
conferì all'"esercito di confine" una connotazione più peculiare: le unità che lo costituivano furono definite
limitanee (stanziate lungo i limes) e riparienses (operanti lungo i fiumi Reno e Danubio) (in epoca teodosiana
alcune di esse furono rinominate pseudocomitatenses quando trasferite nell'"esercito mobile").

Spartizione di Naissus (nel 365)


Lo stesso argomento in dettaglio: Valentiniano I e Valente (imperatore).

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L'ultima profonda modifica apportata all'esercito, a seguito della quale esso assumeva definitivamente la forma
riportata nella Notitia Dignitatum, fu quella realizzata nel 365 da Valentiniano I (Augustus senior presso
Milano) e suo fratello Valente (Augustus iunior presso Costantinopoli). Essi si spartivano presso la località di
Naessus le unità militari dell'Impero, le quali venivano fisicamente smembrate in due metà dette
rispettivamente "senior" (assegnate a Valentiniano I) e "iunior" (assegnate a Valente).[193]

Organizzazione ai tempi della Notitia Dignitatum (inizi V secolo)


Lo stesso argomento in dettaglio: Diocesi (impero romano) e Notitia Dignitatum.
La nuova organizzazione politico/militare descritta
dalla Notitia dignitatum fu certamente il frutto di
una lunga evoluzione durata circa un secolo, dalle
12 Diocesi di Diocleziano, passando attraverso il
sistema costantiniano, per concludersi con la
definitiva divisione dell'Impero romano in
Occidentale ed Orientale voluta da Teodosio I ed
in 13 diocesi.

L'esercito del tardo IV secolo comprendeva tre


tipologie di armate:

1. eserciti alla presenza dell'Imperatore (comitatus


praesentales). Essi avevano ordinariamente
sede presso le capitali imperiali (Milano in L'impero romano all'epoca della morte di Teodosio I nel 395, con la
Occidente, Costantinopoli in Oriente), ma in divisione amministrativa dell'impero in prefetture e diocesi.
genere accompagnavano l'Imperatore nelle
campagne militari.
2. Eserciti campali regionali (comitatus). Essi si trovavano in regioni strategiche, o nei pressi delle frontiere.
3. Eserciti di frontiera (exercitus limitanei).[194]
I tipi 1 e 2 sono entrambi frequentemente definiti "eserciti campali mobili" in quanto, a differenza delle unità di
limitanei, non avevano sedi fisse. Il ruolo strategico del tipo 1 era comunque abbastanza differente dal tipo 2: gli
eserciti presentali furono costituiti con lo scopo primario di fornire una grossa assistenza all'Imperatore contro
eventuali usurpatori, che spesso venivano sconfitti a causa delle enormi dimensioni degli eserciti presentali,
anche se spesso accompagnavano l'Imperatore in importanti campagne militari come una guerra estera o il
respingere un'invasione barbarica;[195] al contrario, il comitatus regionale aveva come compito principale il
supporto bellico dei limitanei in operazioni nella regione dove questi ultimi avevano sede.[196]

Oriente
Ecco come risulta suddivisa la scala gerarchica della parte Orientale, dove all'Imperatore rispondevano due
prefetti del pretorio, oltre a un Praefectus urbis Constantinopolitanae, un Magister officiorum ed un Comes
domesticorum:

1. Praefectus praetorio Orientis, da cui dipendevano 3 Vicari per le Diocesi Asiana, Pontica e Thracia, mentre
quelle dell'Aegypttus e d'Oriente erano controllate direttamente dal Prefetto del Pretorio.[198] Le 4 diocesi
erano a loro volta divise in province, governate da 1 Proconsules, 12 Consulares, 1 Correctores e 32
Praesides.[198] Le province dell'Egitto erano 5,[199] dell'Asia 10,[200] Pontiche 10[201] e 6 della Tracia,[202] mentre
15 province orientali erano governate direttamente dal Prefetto del pretorio d'Oriente[203]
2. Praefectus praetorio Illyrici, da cui dipendevano 1 Vicari per la Diocesi di Macedonia, mentre quella della
Dacia era controllata direttamente dal Prefetto del Pretorio.[198] Le 2 diocesi erano a loro volta divise in
province, governate da 1 Proconsules, 3 Consulares, 1 Correctores e 8 Praesides.[198] Le province della
Dacia erano 5[204] e quelle della Macedonia 6.[205]
A questa struttura seguiva parallelamente una conseguente divisione territoriale delle forze militari, come
segue:

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1. Magister militum praesentalis I, che controllava


2 Duci per l'Egitto[198] (Dux Thebaidos[206] e
Dux Libyarum) e 1 Comes limitis Aegypti;[198]
2. Magister militum praesentalis II, da cui
dipendeva 1 Duce per il Ponto[198] (Dux
Armeniae) ed un altro Comes per Isauriam;[198]
3. Magister militum per Orientem, da cui
dipendevano 6 Duci per l'Oriente (Dux
Foenicis,[207] Dux Syriae,[208] Dux
Palaestinae,[209] Dux Osrhoenae,[210] Dux
Mesopotamiae,[211] Dux Arabiae[212]);[198]
4. Magister militum per Thracias, da cui
dipendevano 2 Duci per la Tracia[198] (Dux
Struttura dell'alto comando militare nell'esercito romano-orientale
Moesiae secundae e Dux Scythiae);
intorno al 395. Comandi e dimensioni dell'esercito basati sulle
5. Magister militum per Illyricum, da cui informazioni fornite dalla Notitia Dignitatum Orientis.[197] I magistri
dipendevano 2 Duci per l'Illirico[198] (Dux militum orientali, al comando dei comitatus, erano direttamente
Daciae ripensis e Dux Moesiae primae). dipendenti all'Imperatore. I Duces sono mostrati come dipendenti al
La sezione orientale della Notitia è datata al ca. loro diocesano magister militum, come suggerito da Jones ed Elton.
Le ubicazioni date indicano usuali quartieri invernate in questo
395, anno della definitiva divisione dell'Impero in
periodo.
due parti. A quell'epoca, secondo la Notitia, vi
erano in Oriente 2 eserciti presentali imperiali
(comitatus praesentales), ognuno comandato da un magister militum praesentalis, il rango militare più alto,
dipendente direttamente dall'Imperatore. essi comprendevano unità principalmente di rango palatino. Oltre ad
essi, vi erano 3 comitatus regionali, in Illyricum orientale, e nelle diocesi di Tracia e di Oriente, comprendenti
per lo più truppe di rango comitatenses. Ognuno era comandato da un magister militum, anch'esso dipendente
direttamente dall'Imperatore.[213]

Un'anomalia in Oriente è l'esistenza di due corpi di truppe di limitanei, in Egitto e in Isauria, comandati da un
comes rei militaris, invece che da un dux, dipendente direttamente dall'Imperatore, secondo la Notitia.[213]
Tuttavia, i decreti imperiali del ca. 440 mostrano che entrambi questi ufficiali dipendevano dal magister militum
per Orientem.[214] Una possibile spiegazione per questa discrepanza è che tra il 395 e il 440 vi furono dei
cambiamenti nell'organizzazione dell'esercito. Alla più tarda tra le due date, se non prima, il MM per Orientem
era evidentemente divenuto il comandante supremo dell'esercito di tutta la prefettura d'Oriente (che
comprendeva anche l'Anatolia e l'Egitto) e non solo della diocesi di Oriente.

I 13 duces di frontiera orientali sono elencati nella Notitia per diocesi in cui risiedevano: Illyricum orientale (2
duces), Tracia (2), Pontica (1), Oriente (6) e Egitto (2).[213] Jones ed Elton sostengono che, dal 360 in poi, i duces
erano dipendenti dal comandante del loro diocesano comitatus: il magister militum per Illyricum, Thracias,
Orientem e il comes per Aegyptum, rispettivamente (sulla base di evidenze in Ammiano per il periodo 353-78 e
da 3 superstiti decreti imperiali datati 412, 438 e 440).[215][216] Il dux Armeniae è mostrato sotto la diocesi
Pontica, il cui comandante militare non è elencato nella Notitia, ma era probabilmente il magister praesentalis
II al tempo della Notitia.[217] Più tardi, il dux Armeniae venne a trovarsi probabilmente sotto l'egida del
magister militum per Orientem. La struttura orientale come presentata nella Notitia rimase in gran parte
intatta fino al tempo di Giustiniano I (525-65).[214]

Occidente
In Occidente la divisione era leggermente differente. All'Imperatore rispondevano sempre due prefetti del
pretorio, oltre a un Praefectus urbis Romae, un Magister officiorum e un Comes domesticorum, come segue:

1. Praefectus praetorio Italiae, da cui dipendevano 3 Vicari per le Diocesi della città di Roma, d'Italia e
d'Africa.[219]
2. Praefectus praetorio Galliarum, da cui dipendevano 3 Vicari per le Diocesi delle Septem Provinciae, delle
Spagne e delle Britannie.[219]

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A questa struttura seguiva parallelamente una
conseguente divisione territoriale delle forze
militari, ma considerando anche che le forze
andavano suddivise tra fanteria (Magister
peditum praesentalis) e cavalleria (Magister
equitum praesentalis), come segue:

1. un Numerus intra Italiam,[220] a capo di: un


Comes Italiae e un Dux Raetiae primae et
secundae;[219][221]
2. un Numerus intra Gallias,[220] a capo dei
seguenti funzionari militari: Magister equitum
per Gallias, Comes tractus Argentoratensis,
Struttura dell'alto comando dell'esercito romano-occidentale nel ca.
Dux Belgicae secundae, Dux Germaniae
410–425. Comandi e dimensioni dell'esercito basati sulle
primae, Dux Mogontiacensis, Dux
informazioni fornite dalla Notitia Dignitatum. Riportanti relazioni tra
Sequanicae, Dux tractus Armoricani et duces e comites come in Oriente, con duces dipendenti al
Neruicani;[219][221] comandante maggiore nella loro diocesi (dove la Notitia li riporta
3. un Numerus intra Illyricum,[220] alle cui direttamente sotto il magister utriusque militiae).[218] Le ubicazioni
dipendenze troviamo: il Comes Illyrici, il Dux date indicano usuali quartieri invernali in questo periodo.
Pannoniae secundae, il Dux Valeriae ripensis
e il Dux Pannoniae primae et Norici
ripensis;[219][221]
4. un Numerus intra Hispanias,[220] sottoposto al Magister militum praesentalis,[219][221] da cui dipendeva un
Comes Hispaniae;[219][221][222][223]
5. un Numerus intra Tingitaniam,[220] da cui dipendeva il Comes Tingitaniae;[219][221]
6. un Numerus intra Africam,[220] da cui dipendeva il Comes Africae, il Dux limitis Mauretaniae Caesariensis ed
il Dux limites Tripolitani;[219][221]
7. un Numerus intra Britannias,[220] da cui dipendeva il Comes Britanniarum, il Comes litoris Saxonici per
Britannias ed il Dux Britanniarum.[219][221]
La sezione occidentale venne completata considerevolmente più tardi della sua parte occidentale, intorno al 425,
dopo che l'Occidente fu devastato e in parte occupato dalle tribù barbare;[224] inoltre subì diversi aggiornamenti,
nel corso del periodo ca. 400-25: a causa di ciò e della situazione di emergenza in cui si trovava l'Occidente
romano, che portò a costanti cambiamenti nelle disposizioni delle armate e dei comandi a seconda delle necessità
del momento, il documento in molti casi non riflette né la situazione nel 395 né quella nel 420-425, ma un misto
delle due: per esempio le disposizioni per la Britannia sono da datare a prima del 410, in quanto è in quella data
che le truppe romane si ritirarono definitivamente dall'isola;[218] mentre il grande comitatus in Spagna, che non
era una diocesi di frontiera, riflette sicuramente la situazione post-410, quando la penisola iberica fu invasa da
Visigoti, Suebi, Alani e Vandali. Inoltre, la sezione occidentale rappresenta un esercito in crisi e prossimo alla sua
dissoluzione: Heather ha calcolato che, dei 181 reggimenti di comitatenses elencati per il 425, solo 84 esistevano
prima del 395, implicando la distruzione o la dissoluzione di circa 76 reggimenti di comitatenses nel corso del
periodo 395-425 (ipotizzando che nel 395 i reggimenti fossero 160, come per l'Oriente; 160-84=76); le perdite
furono rimpiazzate portando addirittura ad aumentare le unità di comitatenses a 181 (invece di 160), ma in
realtà ben 61 dei 97 reggimenti di comitatenses neocostituiti erano semplicemente unità di limitanei promosse a
comitatenses (ovvero pseudocomitatenses), implicando la diminuzione delle unità di comitatenses veri e propri
da 160 a 120.[225] Poiché i pseudocomitatenses erano meno efficienti dei comitatenses, e non si hanno prove del
fatto che le truppe di frontiera promosse furono sostituite, ciò implicava un degrado dell'esercito sia in qualità
che in quantità. A partire dal 460, l'esercito occidentale era in larga parte dissolto.

La struttura occidentale differiva sostanzialmente dall'orientale: mentre in Oriente, l'Imperatore aveva il


controllo diretto dei capi dei suoi comitatus regionali, in Occidente questi erano dipendenti a un generalissimo
militare, il cui titolo, secondo la Notitia, era quello di magister peditum praesentalis, ma è noto da altre fonti
come magister utriusque militiae. Tale ufficiale, il comandante supremo di tutti gli eserciti occidentali, aveva
come suoi subordinati i comites, cioè i comandanti dei comitatus di Britannia, Illyricum (Occidentale), Africa,
Tingitania e Hispania, oltre al magister equitum per Gallias, comandante del comitatus di Gallia. Questa
situazione anomala, differente da quella orientale, è spiegabile con il fatto che, a partire da Stilicone, reggente di

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Onorio, l'autorità degli Imperatori fu messa in ombra dall'ingerenza di diversi generalissimi, che si succedettero
nel corso dei decenni (oltre a Stilicone, da ricordare Costanzo III, Aezio e Ricimero), assumendo il controllo
dell'Impero d'Occidente, fino alla dissoluzione dello stesso nel 476.[226] Secondo la Notitia, ben 10 dei 12 duces
occidentali erano direttamente dipendenti al MVM e non al loro comes regionale;[218][227] tuttavia, questo non è
in linea con la situazione in Oriente e probabilmente non riflette nemmeno la situazione né nel 395 né nel 425:
un'organizzazione del genere sarebbe stata poco pratica, perché avrebbe impedito ogni efficace operazione
congiunta tra comitatus e limitanei. Il periodo caotico 406-25 probabilmente provocò ripetuti cambiamenti ad
hoc nelle relazioni tra comandanti e subordinati a seconda delle necessità del momento, confondendo il redattore
finale della Notitia che, presumibilmente, decise di mostrare tutti questi ufficiali come dipendenti direttamente
al MVM. Tuttavia, una traccia della vera organizzazione sopravvive: la Notitia mostra i duces della Caesariensis
e Tripolitania come dipendenti al comes Africae.[218] L'unico dux che probabilmente dipendeva direttamente al
MVM era il dux Raetiae I et II, le cui province appartenevano alla diocesi di Italia.

Soldato romano nel Tardo Impero

Fanteria

Il soldato romano tardo-imperiale indossava un elmo del


modello Ridge (con una calotta costituita da due metà saldate
insieme da una cresta metallica) oppure Spangenhelm (con una
calotta conica costituita da sei piastre), la lorica hamata sopra
una tunica a maniche lunghe (finemente ornata quella degli
Fanteria tardo imperiale durante la battaglia di
Verona (312), Arco di Costantino (Roma)
ufficiali). Qualora non fosse fornito di armamento pesante
indossava un berretto pannonico (più comune in occidente) o
un berretto frigio (più comune in oriente). Solitamente
brandiva uno scudo ovale o rotondo dipinto con lo stemma della sua unità, lo spiculum (simile al pilum), il
verutum (giavellotto) o la lancea. Appesa al cingulum (simile ad una cintura) portava la spatha. Le unità di
fanteria dell'esercito romano tardo imperiale erano le legiones (palatinae, comitatenses o pseudocomitatenses)
e le auxiliae palatinae. Le prime erano eredi delle antiche legioni spesso ne portavano ancora il nome (a titolo di
esempio si pensi ai Primani, alla Secunda Britannica o agli Octavani), erano costituite da 1000 - 2000 fanti,
generalmente con armamento pesante, erano adeguate per scontri in campo aperto.

Le seconde erano eredi delle unità ausiliarie di differenti origini etniche (a titolo di esempio si pensi agli Heruli e
ai Batavi) che dopo la constitutio antoniniana di Caracalla (212) erano state integrate nel tessuto imperiale.[228]
In particolare le auxiliae palatinae erano costituite da 500 - 1000 fanti, generalmente con armamento leggero,
più versatili delle legiones ed impiegabili anche in azioni di guerriglia e rastrellamento. Le auxiliae palatinae
furono il prodotto di un riuscito processo di integrazione dell'elemento barbarico nelle Istituzioni Romane, a
differenza di quanto avvenne con i foederati.

Nelle unità di fanteria tardo-imperiali vi erano numerose specializzazioni:


exculcatores (lanciatori di giavellotto), sagittarii (arcieri), balistari
(balestrieri o manovratori di piccole catapulte) e funditores (frombolieri). Gli
stessi pedes, certamente meno disciplinati degli antichi legionari che
avevano reso grande Roma, erano molto più versatili: trasportavano
nell'incavo dello scudo cinque dardi (plumbatae). E tuttavia erano ancora in
grado di mettere in pratica alcune manovre, oltre alla falange (solitamente di
otto linee), quali il fulcum (simile alla testudo) e il cuneus. I principali gradi
gerarchici delle unità tardo-imperiali erano: tribunus (comandante),
Due rievocatori dell'esercito romano
vicarius (vice-comandante), draconarius (colui che trasportava il draco e/o del Tardo impero mostrano
lo stendardo), bucinator (trombettiere), campidoctor (simile ad un l'abbigliamento quotidiano (a sinistra)
sergente e forse al centurione), semissalis (veterano) e pedes (soldato e da battaglia (a destra) di un soldato
semplice di fanteria). Il motto della fanteria tardo-imperiale, come ci viene romano del V secolo
descritto nello Strategikon di Maurizio (VI secolo) era: «Silentium.

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Mandata captate. Non vos turbatis. Ordinem servate. Bando sequite. Nemo demittat bandum et inimicos
seque». Tra le unità di fanteria migliori, a partire dall'epoca di Diocleziano, vi furono le legiones palatinae degli
Ioviani e degli Herculiani.

Cavalleria

Le unità di cavalleria dell'esercito romano tardo imperiale erano le vexillationes


(palatinae, comitatenses o pseudocomitatenses). A queste vanno aggiunte le unità
scelte dell'esercito, le quali erano unicamente di cavalleria, ovvero le scholae palatinae
("reparti di palazzo"): Armaturae, Gentiles e Scutari. In generale nel periodo tardo
imperiale la cavalleria era divenuta l'elemento di eccellenza dell'esercito soppiantando
la fanteria.

Imbarbarimento e dissoluzione dell'esercito in Occidente


Lo stesso argomento in dettaglio: Impero romano d'Occidente e Caduta
dell'Impero romano d'Occidente.

L'esercito romano nel V secolo si trovava nella necessità di rispondere rapidamente Elmo tardo imperiale di
alla crescente pressione barbarica in Occidente, ma senza poter sopperire alle esigenze tipo Ridge (V secolo)
di reclutamento attingendo unicamente dai territori imperiali, a causa della diffusa
resistenza alle coscrizioni.[229][230] Per questa ragione si ricorse sempre di più a
contingenti barbarici, utilizzati dapprima come mercenari a fianco delle unità regolari
tardo imperiali (legiones, vexillationes ed auxiliae), ed in seguito, in forme sempre più
massicce, come foederati che conservavano i loro modi nazionali di vivere e fare la
guerra. Il risultato fu un esercito romano nel nome, ma sempre più estraneo alla
società che era chiamato a proteggere. Da alcune fonti letterarie del tempo si può
evincere che il termine "ausiliario" divenne a poco a poco sinonimo di "soldato", così
come lo fu nei secoli precedenti il termine "legionario", il che sta ad indicare una fase di
progressiva smobilitazione delle antiche unità legionarie in favore di quelle ausiliarie.
In una seconda ed ultima fase, l'esercito romano avrebbe perso definitivamente la sua
identità, come già sarebbe avvenuto all'epoca del magister militum Flavio Ezio,
quando probabilmente anche la maggior parte delle auxiliae palatinae, esempio di
Spangenhelm (V secolo)
riuscita integrazione dell'elemento barbarico nella macchina bellica romana, furono
rimpiazzate da federati.[231] Non è un caso che a questo periodo si pensa risalga l'ultimo
aggiornamento della Notitia Dignitatum in seguito all'istituzione dell'unità denominata Placidi Valentinianici
felices (dedicata all'imperatore Valentiniano III e annoverata tra i numeri intra Italiam).[232] Questa
effettivamente potrebbe essere considerata "l'ultima legione" dell'Impero romano.

Vegezio, autore di un manuale di strategia militare redatto tra la fine del IV secolo e la prima metà del V secolo,
si lamentò per l'imbarbarimento progressivo dell'esercito romano, il quale, cominciando a combattere alla
maniera barbarica, perse il suo tradizionale vantaggio nella superiore disciplina e strategia militare; lo stesso
Vegezio si lamentò per il fatto che l'imperatore Graziano avesse permesso ai suoi fanti, probabilmente di origini
barbariche, di non indossare più elmo e armature, esponendoli maggiormente alle armi nemiche e portando
come nefasta conseguenza a diverse sconfitte contro gli arcieri goti.[233] Vegezio lamentò poi che non si
costruissero più accampamenti e riferisce le conseguenze nefaste di questa scelta.[234] Sempre Vegezio
lamentava poi che i proprietari terrieri, non intendendo perdere manodopera, escogitavano diversi espedienti
pur di non fornire soldati all'esercito, ricorrendo anche alla corruzione degli ufficiali reclutatori: ciò fece sì che,
invece di reclutare gente idonea al combattimento, venissero reclutati pescatori, pasticcieri, tessitori e altre
professioni ritenute non idonee da Vegezio.[235] La soluzione di Vegezio era tornare all'antico modo di combattere,
alla "maniera romana", abbandonando il modo di combattere "alla barbara" introdotto dal sempre più crescente
arruolamento di Barbari; in Occidente, tuttavia, per diverse ragioni, non si riuscì a invertire questa tendenza,
portando alla sua rovina.[236]

Ma se l'Impero fosse riuscito a controllare l'immigrazione dei Barbari e a romanizzarli, sarebbe riuscito a
sopravvivere. Prima della battaglia di Adrianopoli, ai barbari che migravano nell'Impero con il permesso
dell'Impero (receptio) oppure come prigionieri di guerra non era permesso di conservare la loro unità di popolo:
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alcuni venivano arruolati nell'esercito, mentre il resto veniva sparpagliato per un'area vastissima come contadini
non liberi; in questo modo l'Impero rendeva inoffensivi i nuovi arrivati, e li romanizzava.[237] In seguito alla
sconfitta di Adrianopoli, l'Impero dovette però venire a patti con i vittoriosi Goti, concedendo loro di stanziarsi
nei Balcani come Foederati semiautonomi: essi mantennero il loro stile di vita e la loro organizzazione tribale
stanziandosi in territorio romano come esercito alleato dei Romani. Oltre ai Visigoti, che alla fine ottennero, dopo
molte altre battaglie contro l'Impero, la concessione dall'Imperatore Onorio di fondare un regno federato in
Aquitania (418), altri popoli come Vandali, Alani, Svevi e Burgundi (che entrarono all'interno dei confini
dell'Impero nel 406) ottennero, grazie alle sconfitte militari che inflissero a Roma, il permesso imperiale di
stanziarsi all'interno dell'Impero.

Le devastazioni dovute alle invasioni e le perdite territoriali determinarono una costante diminuzione del gettito
fiscale con conseguente progressivo indebolimento dell'esercito romano: un esercito professionale come quello
romano, infatti, per essere mantenuto efficiente, aveva bisogno di essere pagato ed equipaggiato, e le
ristrettezze economiche dovute al crollo del gettito fiscale portarono ovviamente a un declino progressivo anche
dell'esercito.[238] Da un'attenta analisi della Notitia Dignitatum, possiamo ricavare che quasi la metà dell'esercito
campale romano-occidentale andò distrutto nel corso delle invasioni del 405-420, e che le perdite furono solo in
parte colmate con l'arruolamento di nuovi soldati, mentre molte delle ricostituite unità erano semplicemente
unità di limitanei promossi a comitatenses, con conseguente declino dell'esercito sia in quantità che in
qualità.[239] La perdita dell'Africa dovette essere un altro duro colpo per le finanze dello stato e indebolì
ulteriormente l'esercito: in un editto del 444 il regime imperiale ammise che le ristrettezze economiche dovute
alla perdita dell'Africa non permettevano allo stato di rinforzare l'esercito in modo adeguato per fronteggiare le
minacce esterne, per cui si dovette giocoforza ridurre i privilegi fiscali ai proprietari terrieri e aumentare le
tasse, portando a perdita di consenso.[240] Le perdite subite portarono all'ammissione nell'esercito in grosse
quantità di ausiliari e foederati germanici (ad esempio Unni): ciò poteva portare benefici a breve termine, ma
era deleterio a lungo termine, in quanto portava a diminuire ulteriormente gli investimenti sul rafforzamento
dell'esercito regolare.[241] Intorno al 460 l'esercito romano doveva essere l'ombra di sé stesso a causa della
continua erosione del gettito fiscale, favorendo le spinte centrifughe dei Foederati germanici che ridussero in
pratica l'Impero all'Italia o poco più.

Nonostante tutto, secondo alcuni studiosi, l'esercito romano fu efficiente fino ad almeno a Maggioriano (461).[238]
Sotto Ezio e Maggioriano, l'Impero era ancora in grado di affrontare e vincere in battaglia Visigoti, Burgundi,
Bagaudi, Franchi, e di mantenere sotto il suo controllo la Gallia, a riprova di una sua relativa efficienza.[242] Solo
con l'uccisione di Maggioriano cominciò il vero declino: la rivolta del magister militum per Gallias, Egidio, legato
a Maggioriano e perciò adirato per il suo assassinio, privò l'Impero d'Occidente dell'esercito delle Gallie, passato
dalla parte del ribelle; l'Impero si trovò così costretto a fare concessioni territoriali a Burgundi e Visigoti per
convincerli a combattere per conto dell'Impero il ribelle in modo da vincerlo e riportare sotto il suo controllo
l'esercito gallico; ciò si provò inefficace, e le province galliche settentrionali sotto il controllo di Egidio si
separarono dall'Impero, costituendo il Dominio di Soissons.[238] Privato dell'esercito delle Gallie ed essendosi
ridotti i possedimenti imperiali nelle Gallie a Provenza e Alvernia, l'Impero non era in grado di difenderle con il
solo esercito d'Italia e nel 475/476 le due regioni furono conquistate dai Visigoti di re Eurico.

Nel 476 l'esercito sollevato da Odoacre contro il magister militum Flavio Oreste e l'ultimo imperatore in Italia,
Romolo Augusto, era costituito unicamente da federati germanici, perlopiù Sciri ed Eruli.[243] Tuttavia l'assetto
generale dell'esercito romano tardo-imperiale, e alcune sue unità, sopravvissero almeno fino alla fine del VI
secolo in seno alla Pars Orientis, come testimoniato dalla presenza dei Regii, una auxilia palatina attiva sin dalla
pubblicazione della Notitia Dignitatum, a difesa delle Mura aureliane minacciate dagli Ostrogoti durante la
guerra di riconquista di Giustiniano.[244]

Organizzazione

Reclutamento
Dopo un iniziale periodo nel quale vi furono ovviamente precise disposizioni in quanto tutti gli abili alle armi
dovevano contribuire alla comune difesa, si instaurò la leva militare (dilectus) quando l'accrescimento del
numero dei cittadini atti alle armi permise e impose di scegliere fra essi quelli idonei alla pesantezza del servizio.

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Inizialmente, il soldato doveva equipaggiarsi con i mezzi propri; con l'ordinamento serviano i cittadini furono
perciò distinti in cinque classi di censo. L'esercito di campagna veniva reclutato tra gli juniores che erano
costituiti dai maschi dai 18 ai 46 anni; esistevano poi i seniores (dai 47 ai 60 anni) che potevano essere chiamati
per i servizi territoriali.

Il quadro di leva dell'epoca più antica era costituito dalle classi, distinte in centurie: più tardi venne sostituito
dalle tribù. Man mano che il dominio di Roma si estese nella penisola italiana e nel mar Mediterraneo, i sistemi di
reclutamento si modificarono adattandosi alle condizioni ambientali. Erano ammesse varie cause di dispensa:
età, numero di campagne fatte (in genere, secondo Polibio, 10 a cavallo o 16 a piedi).

Nel corso del I secolo a.C. i sistemi di leva si modificarono profondamente: gli eserciti romani si formarono
ordinariamente con volontari, e si ricorse alla leva coatta solo quando i volontari non si offrivano in numero
sufficiente. Sotto Augusto, con l'avvento dell'Impero, la leva è un diritto del principe, ed avviene in Italia e nelle
province per cura dei suoi legati e di appositi ufficiali, in relazione ai bisogni dei vari eserciti. Con Publio Elio
Traiano Adriano, il reclutamento divenne esclusivamente regionale.

I coscritti dovevano soddisfare certe condizioni giuridiche e morali:

essere liberi e non schiavi o liberti


appartenere a determinate comunità dell'Impero
onorabilità
e fisiche:

età
robustezza
statura
I riconosciuti idonei prestavano giuramento e passavano quindi nei reparti d'istruzione. A partire dal IV secolo,
pur rimanendo formalmente l'obbligo generale al servizio, alcune categorie di cittadini sono avviate alle armi,
mentre altre ne sono esentate.

I quadri sono formati prevalentemente con volontari anche barbari, e la leva forzata assume due forme:

1. la leva diretta interessa, in base al principio della ereditarietà delle professioni, innanzitutto i figli dei veterani,
e poi anche coloro che non erano impiegati nell'agricoltura o negli uffici pubblici
2. la leva indiretta prevedeva
1. nei periodi più antichi, che il chiamato potesse inviare al suo posto un sostituto
2. successivamente, la possibilità di dispensa dal servizio mediante il pagamento di una somma di denaro,
fissata dall'Imperatore.
All'epoca di Giustiniano, il sistema della leva obbligatoria non è più praticato: l'esercito era formato da volontari e
da mercenari stranieri.

Congedo
Il congedo veniva concesso dopo un servizio di 25 anni nell'esercito, a comprova del quale ai soldati veniva
rilasciato un documento, Diplomata, a comprova dell'avvenuto assolvimento del servizio. Nella necropoli
militare di Satala nell'odierna Turchia, è stato ritrovata una Diplomata in bronzo, appartenuta a un soldato della
guarnigione. [245]

Note
1. ^ L'Encyclopedia Britannica, undicesima edizione (1911), definisce questi numeri "evidentemente artificiosi e
inventati."
fine del V secolo, e Impero ed esercito bizantino,
1. ^ Si conserva qui la tradizionale divisione tra Impero che cadde solo alla metà del XV secolo, anche se
ed esercito romano, che sarebbero terminati alla

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tecnicamente non vi è cesura tra l'esercito 28. ^ Plutarco, Numa, 7, 8.Zonara, Epitome
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2. ^ Encyclopedia Britannica, Eleventh Edition (1911), 29. ^ Plutarco, Vita di Romolo, 27, 3.
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18. ^ Il termine è usato, occasionalmente, come un 40.
antico nome dei cavalieri romani: in Plinio il Vecchio 47. Livio, Ab urbe condita libri I, 43.
(Naturalis historia, XXXIII, 35), ad esempio: 48. ^ Pietro De Francisci, Sintesi storica del diritto
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appellati, deinde flexuntes, postea trossuli [...] testo
on line da LacusCurtius (http://penelope.uchicago.ed 51. ^ Livio, Ab Urbe condita libri, V, 2.
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5)). Il termine ricorre anche in uno dei frammenti di 53. ^ Livio, Ab Urbe condita libri, VIII, 8, 14.
Granio Liciniano, Storia romana, XXVI, 3,
tramandataci da un palinsesto. 54. Livio, Ab Urbe condita libri, VIII, 8, 6.
19. ^ Theodor Mommsen, The History of Rome, 55. ^ Livio, Ab Urbe condita libri, VIII, 8, 5.
Volume 1, p. 65. 56. Livio, Ab Urbe condita libri, VIII, 8, 7.
20. Connolly, 2006, p. 91. 57. ^ Livio, Ab Urbe condita libri, VIII, 8, 8.
21. ^ Connolly, 2006, p. 92. 58. ^ Livio, Ab Urbe condita libri, VIII, 8, 13-14.
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66. Santosuosso, Storming the Heavens, p. 18. 99. Brian Dobson, in Greece and Rome at war a cura di
67. Polibio, Storie, VI, 19, 1-2. P. Connolly, p. 213.
68. ^ Nei circa due secoli che separano la Seconda 100. Brian Dobson, in Greece and Rome at war a cura di
guerra punica dall'avvento del Principato di Augusto P. Connolly, p. 214.
si è calcolato che in media era impegnata ogni anno 101. ^ Tale affermazione costituisce una congettura
nell'esercito il 13 per cento della popolazione fondata sul fatto che l'ultimo a citare l'utilizzo del
maschile sopra i 17 anni, con punte del 30 per cento manipolo sia stato Sallustio nel Bellum Iugurthinum;
(Ruffolo, p. 48. secondo alcuni il primo impiego della coorte
69. ^ Polibio, Storie, VI, 20, 2-7. dovrebbe risalire allo scontro con i Cimbri e i
Teutoni.
70. Emilio Gabba, Esercito e società nella tarda
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Diocleziano in 389.704 armati di terra, 435.266 province sotto il diretto controllo del Prefetto del
comprendendo anche i reparti della marina militare pretorio d'Oriente erano: Palaestina, Foenice, Syria,
romana (De Mensibus, I, 27), quest'ultima Cilicia, Cyprus, Arabia [et dux et comes rei militaris],
"ricostruita" durante la tetrarchia, dopo la crisi del III Isauria, Palaestina salutaris, Palaestina secunda,
secolo (M. Reddé, Mare nostrum, Parigi 1986, pp. Foenice Libani, Eufratensis, Syria salutaris,
623-641). Osrhoena, Mesopotamia e Cilicia secunda.
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ripensis, Moesia prima, Dardania, Praeualitana et
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pars Macedoniae salutaris.
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nostrorum Diocletiani et Maximiani, Constantii et Macedoniae salutaris.
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inferior, Thebais, Aegyptus, Arcadia. 229. ^ Spesso, per non privarsi della manodopera
200. ^ Secondo la Notitia Dignitatum (Orien., II) le 10 necessaria alla coltivazione delle loro terre, i
province asiatiche erano: Pamfylia, Hellespontus, latifondisti riscattavano dal servizio militare i loro
Lydia, Pisidia, Lycaonia, Frygia Pacatiana, Frygia contadini, versando al fisco una quota in denaro, che
salutaris, Lycia, Caria e Insulae. era usata dallo Stato per reclutare i barbari (il

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2008, pp. 137-139). 237. ^ Heather 2006, pp. 201-202.
230. ^ Gibbon (Capitolo XVII) narra che molti giovani si
238. Drinkwater e Elton, p. 166.
tagliarono le dita della mano destra pur di non
essere arruolati. 239. ^ Heather 2006, pp. 303-305.

231. ^ Giordane, De origine actibusque Getarum, 240. ^ Heather 2006, pp. 362-363.
XXXVI, 192: «...hi enim adfuerunt auxiliares: Franci, 241. ^ Drinkwater e Elton, p. 171.
Sarmatae, Armoriciani, Liticiani, Burgundiones, 242. ^ Drinkwater e Elton, p. 170.
Saxones, Ripari, Olibriones, quondam milites 243. ^ Giordane, Getica, 242: «...Odoacer Torcilingorum
Romani, tunc vero iam in numero auxiliarium rex habens secum Sciros, Herulos diversarumque
exquisiti, aliaeque nonnulli Celticae vel Germanie gentium auxiliarios Italiam occupavit..».
nationes..».
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15/04/24, 21:21 Esercito romano - Wikipedia

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Collegamenti esterni
Esercito romano in inglese, su romanarmy.com. URL consultato il 31 agosto 2008 (archiviato dall'url originale il 15
settembre 2008).
Esercito romano in inglese 2, su members.tripod.com.
Bibliografia su esercito romano, su csun.edu.
Esercito romano in Britannia, su roman-britain.org. URL consultato il 31 agosto 2008 (archiviato dall'url originale il 21
agosto 2013).

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