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Esercito romano
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L'esercito romano (militia o exercitus in lingua latina) fu l'insieme Esercito romano
delle forze militari terrestri e di mare che servirono l'antica Roma
nella serie di campagne militari che caratterizzarono la sua
espansione, dall'epoca dei sette re alla Repubblica romana e all'epoca
imperiale, fino al definitivo declino occidentale.[1] L'impero continuò a
prolificare però ad oriente, la lingua ufficiale divenne il greco pur
mantenendo vivo il latino e Costantinopoli diventò la capitale, che
cadde quasi un millennio dopo Roma.
Mommsen usa argomenti filologici e riferimenti a Livio e altri autori per suggerire che la gran massa dei fanti
consisteva probabilmente di pilumni (lanciatori di pilum), con un numero più piccolo a servire forse come
arquites (arcieri).[15] La cavalleria era di molto inferiore in numero e consisteva probabilmente unicamente dei
cittadini più ricchi della città.[16] L'esercito conteneva forse anche le prime forme di carri,[17] a cui sembra
alludere il riferimento al termine flexuntes[18] (o flexuntae: "carrettai, costruttori di carri") usato a volte per
riferirsi alla cavalleria romana.[19]
Ora sulla base dei recenti ritrovamenti archeologici si è potuto notare che il primo esercito romano, quello di
epoca romulea, era costituito da fanti che avevano preso il modo di combattere e l'armamento dalla civiltà
villanoviana della vicina Etruria. I guerrieri combattevano prevalentemente a piedi con lance, giavellotti, spade
(con lame normalmente in bronzo, ed in rari casi in ferro, della lunghezza variabile tra i 33 ed i 56 cm[20]), pugnali
(con lame di lunghezza compresa tra i 25 ed i 41 cm[21]) e asce, mentre solo i più ricchi potevano permettersi
un'armatura composta da elmo e corazza, gli altri una piccola protezione rettangolare sul petto, davanti al cuore,
delle dimensioni di circa 15 x 22 cm.[22] Gli scudi avevano dimensioni variabili (comprese tra i 50 ed i 97 cm[23]) e
di forma prevalentemente rotonda (i cosiddetti clipeus, abbandonati secondo Tito Livio attorno alla fine del V
secolo a.C.[11]) atti ad una miglior maneggevolezza.[20] Plutarco racconta, inoltre, che una volta uniti tra loro,
Romani e Sabini, Romolo introdusse gli scudi di tipo sabino, abbandonando il precedente di tipo argivo e
modificando le precedenti armature.[24]
Secondo Pietro De Francisci i primi eserciti erano formati dalle gentes, unitamente ai rispettivi clientes. E
ipotizza che non sia del tutto improbabile che queste gentes abbiano potuto condurre specifiche spedizioni in
modo del tutto autonomo come accadde alla gens Fabia nella battaglia del Cremera.[30] Solo in seguito queste
bande armate potrebbero essere state inquadrate nelle tribus e poi nelle curiae.[30]
Dall'inizio del VII secolo a.C., dominava sulla regione la civiltà etrusca
dell'Età del ferro[31] Come molti altri popoli della regione, i Romani si
scontrarono con gli Etruschi. Intorno alla fine del secolo, i Romani avevano
perso la loro lotta per l'indipendenza, e gli Etruschi, conquistata Roma,
stabilirono sulla città una dittatura militare, o un regno. Con l'inizio di questa
fase, anche l'organizzazione dell'esercito subì una trasformazione strutturale.
Tuttavia non si può affermare che le classi sociali di Roma fossero create dal censimento, piuttosto furono da
esso enucleate. Sarebbe quindi più corretto dire che la struttura dell'esercito veniva leggermente affinata,
piuttosto che radicalmente riformata. Prima di queste riforme, la fanteria era divisa nella classis dei cittadini
ricchi e nella infra classem dei cittadini più poveri. I secondi erano esclusi dalla linea regolare di battaglia, in
considerazione della qualità scadente del loro armamento[35] Nel corso della riforma, questa grossolana divisione
binaria tra cittadini più poveri e cittadini più ricchi fu ulteriormente affinata su più stratificazioni.
Dopo aver così organizzato la fanteria, Servio Tullio passò alla cavalleria, dove reclutò altre 12 centurie di equites
dal fiore dell'aristocrazia cittadina, alle 6 già presenti, formate da Tarquinio Prisco e riconducibili ai sex
suffragia:[46] in totale 18 centurie.[47] Secondo il De Francisci, la cavalleria venne organizzata non più in
centuriae, ma in turmae.[48]
In sostanza l'esercito serviano contava 1 800 cavalieri e 17 000 fanti potenzialmente atti alle armi (suddivisi in 5
classi ed in 170 centurie) oltre ad alcune unità speciali per un totale di 193 centurie.[44] Si trattava di 2 compagini
legionarie, una utilizzata per difendere la città e l'altra per compiere campagne militari esterne.[49] Qui di seguito
una tabella riassuntiva:
2 centurie di fabri
Nel corso del 407 a.C., quando l'esercito romano fu diviso in tre parti e mandato a saccheggiare il territorio dei
nemici sotto il comando di tre dei quattro tribuni militari (Lucio Valerio Potito si diresse su Antium, Gneo
Cornelio Cosso marciò su Ecetra e Numerio Fabio Ambusto attaccò e conquistò Anxur lasciando la preda ai
soldati di tutti e tre gli eserciti), fu istituito lo stipendio per i soldati, forse su indicazione dello stesso Furio
Camillo. Ecco cosa racconta Tito Livio:
(LA ) (IT )
«Additum deinde omnium maxime tempestivo «I patrizi poi aggiunsero un dono quanto mai
principium in multitudinem munere, ut ante opportuno per la plebe: il senato, senza che mai
mentionem ullam plebis tribunorumque prima plebe e tribuni vi avessero fatto menzione,
decerneret senatus, ut stipendium miles de decretò che i soldati ricevessero uno stipendio
publico acciperet, cum ante id tempus de suo tratto dalle casse dello Stato. Fino a quel momento
quisque functus ei munere esse. (60) Nihil ciascuno adempiva al servizio militare a proprie
acceptum unquam a plebe tanto gaudio
traditur.»
Si tramanda che l'organico dell'esercito sia passato da 3 000 a 4 000 unità nel V secolo a.C., e quindi da 4 000 a
6 000 effettivi dopo il 400 a.C.[16] Quest'ultimo organico di 6 000 uomini fu poi diviso in 60 centurie di 100
uomini ciascuna.[50]
La leva del 403 a.C. fu la prima a essere richiesta per una campagna che durasse più di una sola stagione[51] e da
questo momento in poi tale pratica divenne gradualmente più comune, se non proprio abituale.
«Quando l'esercito aveva assunto questo schieramento, gli Hastati iniziavano primi fra tutti il
combattimento. Se gli Hastati non erano in grado di battere il nemico, retrocedevano a passo lento e i
Principes li accoglievano negli intervalli tra loro. [...] i Triarii si mettevano sotto i vessilli, con la gamba
sinistra distesa e gli scudi appoggiati sulla spalla e le aste conficcate in terra, con la punta rivolta verso
l'alto, quasi fossero una palizzata... Qualora anche i Principes avessero combattuto con scarso successo, si
ritiravano dalla prima linea fino ai Triarii. Da qui l'espressione latina "Res ad Triarios rediit" ("essere
ridotti ai Triarii"), quando si è in difficoltà.»
Dopo aver accolto Hastati e Principes tra le loro file, i Triarii serravano le file ed in un'unica ininterrotta
schiera si gettavano sul nemico.[58]
Nella prima fase della repubblica romana l'esercito continuò a evolvere e, sebbene tra i romani vi fosse la
tendenza ad attribuire tali cambiamenti a grandi riformatori, è più probabile che i cambiamenti fossero il
prodotto si una lenta evoluzione piuttosto che di singole e deliberate politiche di riforma.[59] La formazione
manipolare fu probabilmente copiata dai nemici Sanniti, a sud di Roma, forse quale conseguenza della sconfitta
romana nella Seconda guerra sannitica.[60][61] Non a caso Polibio scrive dei Romani:
«I Romani, quando vennero a conoscenza di [determinate] armi [e tattiche], subito le imitarono, perché
più di qualsiasi altro popolo sono capaci di cambiare abitudini e di puntare al meglio.»
L'organizzazione interna dell'esercito romano descritta da Polibio nel suo VI libro delle Storie, è da datarsi al
principio della seconda guerra punica (218-202 a.C.). Non possiamo escludere, però, che tale riorganizzazione
(rispetto a quella proposta da Tito Livio nel paragrafo precedente), non possa appartenere ad un'epoca
antecedente e databile addirittura alla stessa guerra latina (340-338 a.C.),[62] o alla terza guerra sannitica (298-
290 a.C.) oppure alla guerra condotta contro Pirro e parte della Magna Grecia (280-272 a.C.).
L'esercito manipolare deve il suo nome alle modalità tattiche con cui la sua fanteria pesante era dispiegata in
battaglia. I manipoli erano unità di 120 uomini, tutti provenienti da una medesima classe di fanteria. I manipoli
erano piccoli abbastanza da permettere, sul campo di battaglia, movimenti tattici di singole unità di fanteria, nel
contesto del più grande esercito. I manipoli, tipicamente, erano dispiegati in tre ranghi separati (lat.: triplex
acies), basati sui tre tipi di fanteria pesante degli hastati, dei principes e dei triarii.[66]
I tribuni militari eletti annualmente, erano 24 (quattordici dei quali con cinque anni di servizio e dieci con dieci
anni di servizio), sei per ciascuna delle 4 legioni arruolate e disposte lungo i fronti settentrionali, meridionali e a
difesa dell'Urbe.[67][68] L'arruolamento delle 4 legioni avveniva con l'estrazione a sorte delle tribù tra i 24 tribuni
militari, e quella che era stata via via sorteggiata era chiamata dal singolo tribuno.[69]
https://it.w ikipedia.org/w iki/Esercito_romano 9/39
15/04/24, 21:21 Esercito romano - Wikipedia
"I Romani [...] arruolano abitualmente quattro I cittadini romani erano, inoltre, obbligati a prestare servizio
legioni all'anno, ciascuna formata da militare, entro il quarantaseiesimo anno di età, per almeno 10
quattromila fanti e duecento cavalieri; e quando
si profila qualche necessità, essi aumentano il
anni per i cavalieri e 16 anni per i fanti (o anche 20 in caso di
numero dei fanti fino a cinquemila e i cavalieri pericolo straordinario).[67] Sono esclusi dal servizio militare
fino a trecento. Il numero degli alleati, in legionario coloro che avevano un censo inferiore alle 400
ciascuna legione, è in numero pari a quello dei
cittadini, ma nella cavalleria è tre volte
dracme (paragonabili a 4 000 assi secondo il Gabba[70]), anche
superiore" se vengono impiegati nel servizio navale.[71]
Polibio, Storie, I, 268–70
Il cursus honorum prevedeva che nessuno potesse
intraprendere la carriera politica senza aver prestato almeno 10 anni di servizio militare.[72]
Ogni legione era formata da 4 200 fanti (portati fino a 5 000, in caso di massimo pericolo) e da 300 cavalieri.[73]
Le unità alleate di socii (ovvero le Alae, poiché erano poste alle "ali" dello schieramento) erano costituite, invece
di un numero pari di fanti, ma superiori di tre volte nei cavalieri (900 per unità).[74] I fanti erano poi suddivisi in
quattro differenti categorie, sulla base della classe sociale/equipaggiamento ed età:[75]
1. primi ad essere arruolati erano i Velites, in numero di 1.200[76] (tra i più poveri ed i più giovani),[77] e che
facevano parte delle tre schiere principali (qui di seguito, di Hastati, Principes e Triarii), in numero di 20 per
ciascuna centuria.[62] Questo schieramento consisteva in truppe armate molto alla leggera, senza armature,
adatti per questo al compito affidatogli, azioni di schermaglia e di disturbo (cosiddetti cacciatori). Erano muniti
di una spada e di un piccolo scudo rotondo (diametro: 3 piedi≈90 cm), oltre che di diversi giavellotti leggeri,
con una corta asta in legno di 90 cm (3 piedi) dal diametro di un dito, e una sottile punta metallica di circa
25 cm. Le loro file erano ingrossate dall'inserimento di fanteria leggera proveniente dagli alleati e da rorarii
irregolari.
2. seguono gli Hastati, il cui censo ed età erano ovviamente superiori,[77] in numero di 1 200,[76] pari a 10
manipoli.[78] Formavano tipicamente la prima linea nello schieramento in battaglia. Ciascun manipolo astato
era formato da 40 unità, con una profondità di tre uomini.[79] Erano fanti corazzati in cuoio, con corazza ed
elmetto di ottone adornata con tre piume, alte approssimativamente di 30 cm, e muniti di scudo di legno
rinforzato in ferro alto 120 cm in forma di un rettangolo dal profilo ricurvo e convesso. Erano armati di una
spada nota come gladio e da due lance da getto note come pila: un'era il pesante pilum dell'immaginario
popolare mentre l'altra era un affusolato giavellotto.
3. poi vengono i Principes, di età più matura,[77] sempre in numero di 1 200,[76] pari a 10 manipoli.[78]
Costituivano tipicamente il secondo blocco di soldati nello schieramento offensivo. Erano soldati di fanteria
pesante armati e corazzati come gli hastati, eccetto che vestivano una più leggera corazza in maglia piuttosto
che di metallo solido. Ciascuno dei manipoli di tipo principes era formato da un rettangolo largo 12 unità e
profondo 10.[79]
4. ed infine i Triarii, i più anziani,[77] in numero di 600 (pari a 10 manipoli[78]),[76] non aumentabile nel caso in cui la
legione fosse incrementata nel suo numero complessivo (da 4 200 fanti a 5 000), a differenza di tutte le altre
precedenti classi, che potevano passare da 1 200 a 1 500 fanti ciascuna.[80] Erano gli ultimi residui delle
truppe di stile oplitico nell'esercito romano. Erano armati e corazzati come i principes, fatta eccezione per la
picca, che essi portavano al posto dei due pilum. Un manipolo di triarii era diviso in due formazioni, ciascuna
larga 6 unità e profonda 10[79]
5. La cavalleria era, infine, arruolata principalmente dalla più facoltosa classe degli equestri, ma, a volte,
contributi addizionali alla cavalleria erano forniti a volte da socii e Latini della penisola italiana. Esisteva una
classe addizionale di truppe, gli accensi (detti anche adscripticii e, in seguito, supernumerarii) che seguivano
l'esercito senza specifici ruoli militari che erano dispiegati dietro i triarii. Il loro ruolo di accompagnatori
dell'esercito era soprattutto nel colmare eventuali lacune che potevano verificarsi nei manipoli, ma sembra
anche che siano stati occasionalmente impiegati come attendenti degli ufficiali.[66]
Schieramento in battaglia dell'esercito consolare polibiano nel III secolo a.C., con al centro le legioni e sui fianchi le Alae Sociorum (gli
alleati italici) e la cavalleria legionaria e alleata.[81]
Le tre classi di unità tattiche conservavano forse qualche vago parallelo con le divisioni sociali della società
romana, ma almeno ufficialmente le tre linee erano basate sull'età e l'esperienza piuttosto che sulle classi sociali.
Gli uomini giovani e inesperti servivano tra gli hastati, gli uomini più anziani e con qualche esperienza militare
La grande capacità tattica di Annibale aveva messo in crisi l'esercito romano. Le sue
manovre imprevedibili, repentine, affidate alle ali di cavalleria cartaginese e
numidica, avevano distrutto numerosi eserciti romani accorrenti, anche se superiori
nel numero dei loro componenti, come era avvenuto soprattutto nella battaglia di
Canne. Le esigenze straordinarie poste dal nuovo nemico punico, in aggiunta a una
penuria di mano d'opera militare, misero in evidenza la debolezza tattica della
legione manipolare, almeno nel breve termine[83] Nel 217 a.C., Roma fu costretta a
soprassedere al consolidato principio secondo cui i suoi soldati dovevano essere sia
cittadini che possidenti, così che anche gli schiavi furono forzati al servizio in
marina[65]
Scipione l'Africano, inviato nel 209-208 a.C. in Spagna Tarraconense per affrontare
le armate cartaginesi, reputò necessario cominciare ad apportate delle modifiche
tattiche tali da permettergli una maggiore adattabilità in ogni situazione di
Busto di Scipione l'Africano
battaglia. Per questi motivi egli introdusse per primo la coorte, elemento dal Museo Puškin.
intermedio tra l'intera legione ed il manipolo. Egli andava così riunendo i tre
manipoli di hastati, principes e triarii per dare loro maggiore profondità,
attribuendo a loro lo stesso ordine.[84]
Si veniva così a creare un reparto più solido ed omogeneo, con gli uomini della prima fila che tornavano a dotarsi
di lunghe lance da urto. Ora era importante addestrare le truppe in modo che non vi fossero problemi nel
passare all'occorrenza da una disposizione di tipo manipolare ad una coortale e viceversa.[84]
Al termine della seconda guerra punica vi fu una nuova riduzione del censo minimo richiesto per passare dalla
condizione di proletarii (o capite censi) ad adsidui, ovvero per prestare il servizio militare all'interno delle
cinque classi, come aveva stabilito nel VI secolo a.C., Servio Tullio. Si era, infatti, passati nel corso di tre secoli da
un censo minimo di 11 000 assi[47] ai 4 000 degli anni 214-212 a.C.[70][85] (pari alle 400 dracme argentee di
Polibio alla fine del III secolo a.C.[71]) fino ai 1.500 assi riportati da Cicerone[86] e databili agli anni 133-123
a.C.,[87] a testimonianza di una lenta e graduale proletarizzazione dell'esercito romano, alla continua ricerca di
armati, in funzione delle nuove conquiste nel Mediterraneo. A questo punto, quindi, è chiaro che molti dei
proletari ex nullatenenti erano stati nominalmente ammessi tra gli adsidui.[88]
Durante il II secolo a.C., il territorio romano conobbe un generale declino demografico,[89] in parte dovuto alle
enormi perdite umane subite nel corso di varie guerre. Questo si accompagnò a forti tensioni sociali e al più
grave collasso delle classi medie nelle classi censuarie inferiori o nel proletariato.[89] Quale conseguenza, sia la
La distinzione tra i tipi di fanteria pesante degli hastati, dei principes e dei triarii, iniziò a diventare più sfocata,
forse perché era lo stato ad assumersi ora l'onere di fornire un equipaggiamento standard a tutti, tranne che alla
prima classe di truppe, l'unica in grado di permettersi autonomamente un equipaggiamento.[89] Al tempo di
Polibio, i triarii o i loro successori rappresentavano un tipo distinto di fanteria pesante armati con un unico tipo
di corazza, mentre gli hastati e i principes erano divenuti ormai indistinguibili.[89]
In aggiunta, la carente disponibilità di manodopera militare appesantì il fardello sulle spalle degli alleati (socii), a
cui toccava procurare le truppe ausiliarie.[90] Quando, in questo periodo, alcuni alleati non erano in grado di
fornire il tipo di forze richiesto, i Romani non furono contrari ad assoldare mercenari per farli combattere al
fianco delle legioni.[91]
L'organizzazione interna subiva inoltre un cambiamento fondamentale: il manipolo perse ogni funzione tattica in
battaglia e fu sostituito in modo permanente dalle coorti (sull'esempio di ciò che era già stato anticipato da
Scipione l'Africano un secolo prima), organizzate in numero di 10 per legione e numerate da I a X.[100][101] Ogni
coorte era formata da tre manipoli oppure da sei centurie, composte a loro volta da un centurione, un optio, un
signifer, un cornicen (che si alternava con un tubicen nello stesso manipolo, ma dell'altra centuria) e 60
legionari, per un totale di 64 armati a centuria, ovvero 384 a coorte. La legione contava così 3.840 fanti.[99]
Furono poi eliminate le divisioni precedenti tra Hastati, Principes e Triarii, ora tutti equipaggiati con il pilum
(non più l'hasta, che fino ad allora era in dotazione ai Triarii).[100] Era, inoltre, abolita sia la cavalleria legionaria,
sia i velites (ovvero la fanteria leggera), che furono però sostituiti con speciali corpi di truppe ausiliarie o alleate,
a supporto e complemento della nuova unità legionaria.[100]
Durante il consolato del 104 a.C. introdusse, infine, la possibilità per ogni legione di distinguersi dalle altre,
assumendo un simbolo proprio (il toro, il cinghiale, il leone, ecc.),[102] per creare maggior attaccamento all'unità di
appartenenza e spirito di gruppo, in modo da combattere sia per la paga sia per la patria.[103] ]. I soldati
venivano, infine, sottoposti ad un addestramento che mai in precedenza si era visto. Venivano addestrati a
sopportare senza lamentarsi le fatiche delle lunghe marce di avvicinamento, ad allestire accampamenti e alla
costruzione di macchine da guerra, tanto da meritarsi il soprannome di muli di Mario.[104]
Lo stesso argomento in dettaglio: Riforma augustea dell'esercito romano, Età augustea e Limes
romano.
Ad Augusto, primo imperatore romano, si deve la più importante riforma delle forze armate di terra (con
l'introduzione di milizie specializzate per la difesa e la sicurezza dell'Urbe, come le coorti urbane, i vigiles e la
guardia pretoriana) e di mare (con la formazione di nuove flotte in Italia e nelle provincie) dell'intera storia
romana. Creò un esercito permanente di volontari, disposti a servire inizialmente per sedici anni (i legionari), e
poi per vent'anni (dal 6); gli auxilia provinciali furono invece tratti da volontari non-cittadini, desiderosi di
diventare cittadini romani al termine di una ferma militare della durata di 20-25 anni.
Istituì un cursus honorum anche per coloro che aspiravano a ricoprire i più alti incarichi nella gerarchia
dell'esercito (ordine senatorio ed equestre), con l'introduzione di generali professionisti, non più comandanti
inesperti mandati allo sbaraglio nelle province di confine.
Riordinò l'intero sistema di difese dei confini imperiali, acquartierando in modo permanente legioni e auxilia in
fortezze e forti lungo il limes. Portò ordine nell'amministrazione finanziaria dello Stato romano, attribuendo un
salario e una gratifica di congedo a tutti i soldati dell'esercito imperiale (sia ai legionari che agli ausiliari) con la
Delle legioni sopravvissute alla guerra civile, 28 rimasero dopo Azio, e 25 dopo la
disfatta di Teutoburgo, oltre ad un numero crescente di auxilia. In totale vi erano
circa 340 000 uomini, di cui 140 000 servivano nelle legioni. Furono formate anche
le coorti pretoriane e urbane (di Roma, Cartagine, Lione e d'Italia) e dei Vigili di
Roma; la flotta imperiale divisa in squadre a Ravenna, Miseno e Forum Iulii, e
quelle provinciali di Siria e Egitto, e le flottiglie fluviali su Reno, Danubio e Sava.[105]
Sotto Tiberio
nominò dal 14 al 37 un solo prefetto del pretorio per volta, designando per
questa posizione di comando il tristemente noto Seiano. Insieme a
quest'ultimo decise di concentrare e alloggiare le 9 coorti pretoriane e le 3
coorti urbane (20-23 ca.) nella stessa città di Roma, (nei Castra Praetoria
sull'Esquilino, al di là delle mura serviane).[106] Le dodici unità furono
alloggiate in un campo di 440 x 380 metri, pari a 16,72 ha, ad ovest del
quale fu approntata un'area per le esercitazioni.[107]
concesse nel 24 la cittadinanza romana alle coorti di vigili di Roma che
avessero svolto almeno sei anni di servizio, in seguito ridotto a soli tre
anni;[108]
dispose che l'acquartieramento delle legioni lungo il limes acquisisse le
caratteristiche di una maggiore permanenza e stabilità, tanto che i
terrapieni, rinforzati con una palizzata in legno, diventassero sempre più
massicci, mentre gli alloggiamenti più confortevoli, mentre in rari casi Busto di Tiberio, considerato
sembra che alcuni accampamenti legionari siano stati costruiti in pietra uno dei migliori generali
(come ad Argentoratae e Vindonissa);[109] romani.
sul finire del suo principato, la classica armatura a “maglia di ferro” (lorica
hamata) del legionario fu sostituita con quella della lorica segmentata, ben
rappresentata sulla colonna traiana;[110]
Sotto Caligola
creò nel 39, due nuove legioni, per una campagna in Germania Magna, sulle orme di suo padre
Germanico e di suo nonno Druso maggiore: XV Primigenia e la XXII Primigenia;[111][112]
al fine di ingraziarsi i pretoriani, aumentò il numero delle loro coorti da 9 a 12.[113]
Sotto Claudio
riorganizzò la carriera degli ufficiali di rango equestre (il cursus honorum), rimasta poi invariata fino alla
metà del III secolo d.C., a partire dalla prefettura in una coorte quingenaria, cui seguiva il tribunato
angusticlavio e la prefettura d'Ala, per poi aspirare da parte della maggior parte dei cavalieri, ad
incarichi più elevati nelle procure e nelle altre prefetture civili e militari;[114]
aumentò le coorti urbane (tra il 41 ed il 47) da 3 a 6,[106] fino a raggiungere il numero di 7 alla fine del suo
stesso principato,[106] posizionandone una a Pozzuoli (la XV[115]) un'altra ad Ostia (la XVII[115]), i due
grandi porti attraverso i quali passavano la maggior parte delle merci destinate a Roma,[108] una a
Lugdunum (la XIII[115]) ed infine un'altra a Cartagine;[115]
istituì la nuova classis Britannica (vedi conquista della Britannia),[116] migliorando anche l'organizzazione
dell'intera marina militare romana. Aumentò infatti il numero di cittadini liberi e provinciali impiegati fra i
marinai, al contrario di quanto fosse accaduto all'epoca di Augusto, dove la maggioranza era costituita
da schiavi e/o liberti. La flotta divenne ora parte degli auxilia regolari, dove i marinai ricevevano la
Sotto Nerone
creò una nuova legione nel 66-67,[117] composta da italici tutti di statura molto elevata, a cui venne dato il
nome di I Italica, e che lo stesso Nerone ribattezzò “falange di Alessandro Magno”, circostanza che
denotò le grandiose idee che si celavano nella sua mente. L'obiettivo della campagna militare
consisteva nell'occupare le cosiddette “porte del Caspio” (passo di Darial), sottomettendo il popolo degli
Albani e forse degli stessi sarmati Alani più a nord.[118]
creò, infine, una nuova flotta nel Pontus Euxinus (oggi Mar Nero), la Classis Pontica, utilizzando anche
navi appartenute al precedente regno di Tracia, annesso nel 46 da Claudio.[116]
Galba portò a termine l'arruolamento delle legioni I Adiutrix (i cui effettivi erano costituiti da uomini che
avevano prestato servizio nelle flotte italiche di Miseno e Ravenna)[111] e VII Gemina.[119]
La speciale "guardia del corpo" voluta da Augusto (in numero compreso tra i 100 ed i 500 armati),
reclutati tra le popolazioni germaniche dei Batavi (Germani corporis custodes), fu sciolta da Galba.[108]
il numero delle coorti pretorie di Roma fu portato a 16 nel 69, da Vitellio, il quale sembra ne accrebbe
anche il numero degli effettivi per singola unità (passando da 500 a 1 000[106]), pur riducendo a 4 le
coorti urbane dalle 7 dei tempi di Claudio.
Sotto Vespasiano
il primo compito del nuovo imperatore fu di ripristinare l'antica disciplina
militare, ma soprattutto quello di evitare che l'eccessivo lealismo/devozione
delle legioni ai propri comandanti potesse generare una nuova guerra
civile. La caduta di Nerone era seguita da una lotta che aveva, non solo
portato distruzione nella penisola italica e dissanguato le casse dello stato,
ma aveva coinvolto numerosi eserciti (da quello renano, a quello danubiano
ed orientale). Fu necessario porre rimedio a ciò attraverso una nuova serie
di riforme, che completasse quanto era già stato fatto durante la dinastia
giulio-claudia:
al termine della guerra civile e della rivolta dei Batavi, sciolse ben quattro
legioni che avevano trascinato nel fango le proprie insegne macchiandosi
di disonore (I Germanica, IV Macedonica, XV Primigenia e XVI
Gallica[120]) e ne riformò tre nuove (II Adiutrix Pia Fidelis,[111] IV Flavia Ritratto dell'imperatore
Felix,[120] e XVI Flavia Firma[120]) dando la possibilità ad alcuni di fare Vespasiano, che fu, prima di
pubblica ammenda; tutto, un abilissimo
avendo trovato le casse dell'aerarium militare pressoché vuote, mise in atto generale.
tutta una serie di azioni per ripristinare la precedente situazione finanziaria
alla guerra civile;
data inoltre la crescente scarsità di reclute (cosa che da tempo rappresentava un problema insanabile)
decise di aumentare l'impiego di truppe ausiliarie provinciali (raddoppiando in molte unità il numero
degli effettivi, passando da 500 a 1 000 armati, ovvero trasformandole da quingenarie a milliarie),
facendo in modo che le generazioni future avessero un numero maggiore di potenziali cittadini romani
da arruolare nelle legioni.[121] Di contro si andava a creare una vera e propria rarefazione dell'elemento
italico a vantaggio di quello provinciale, pur non producendo mutamenti sostanziali nel valore militare
complessivo.[122] La maggioranza assoluta di legionari italici rimane comunque assicurata fino al III
secolo.[123]
al fine di aumentare la capacità difensiva dei confini imperiali per tutta la loro lunghezza (oltre 9 500 km
terrestri), dispose di ricostruire numerose fortezze legionarie in pietra ed in posizioni strategicamente
migliori, in modo da non trascurare la sicurezza delle legioni ivi acquartierate;[124]
non trascurò il fatto che le truppe di confine, quando rimanevano inattive per troppo tempo, in un
ambiente ospitale (soprattutto in Oriente), perdevano la loro capacità di combattere. Queste truppe, non
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avendo infatti una prospettiva immediata di guerra o di bottino, rischiavano di perdere la proverbiale
disciplina e deteriorarsi. Solo un allenamento costante poteva preservare le capacità di combattimento,
anche in tempo di pace, ben sapendo che dai primi accampamenti "rurali" (circondati dalle sole
campagne) si era ormai passati a fortezze che andavano sempre più acquisendo una tipica atmosfera
urbana (canabae);[125]
tornò all'ordinamento augusteo, riducendo le coorti pretoriane a 9, e ancora una volta quingenarie,[126] le
quali furono aumentate poi dal figlio Domiziano fino a 10.[127]
la riforma della prima coorte, che secondo alcuni potrebbe essere avvenuta all'epoca di Augusto, forse si
colloca al tempo dei Flavi e più precisamente attorno al 70.[128][129] Si trattava di una coorte milliare, vale
a dire di dimensioni doppie rispetto alle altre nove coorti (dalla II alla X, formate ciascuna da 6 centurie =
3 manipoli), con 5 manipoli di 160 armati ciascuno (pari a 800 legionari), a cui era affidata l'aquila della
legione.[128] Primo esempio di costruzioni che ospitassero una coorte di queste dimensioni lo troviamo
nella fortezza legionaria di Inchtuthill in Scozia.[130]
Sotto Domiziano
veniva creata una nuova legione in vista delle campagne in Germania, nella regione degli agri
decumates: la I Minervia.[111]
vietò che si facessero accampare due legioni assieme e che un soldato depositasse presso le insegne
della legione più di 1000 sesterzi, perché la consistenza del deposito delle legioni aveva rassicurato
Lucio Antonio Saturnino nell'ordire la sua rivolta contro di lui.[131]
aggiunse alla paga dei soldati tre aurei a testa annuali.[131]
Sotto Traiano
Sotto Adriano
Quest'ultimo istituì i primi numeri (reparti di ausiliari che conservavano i propri usi e caratteristiche
militari, spesso forniti dagli "Stati Clienti");[135]
fece fortificare il limes in Britannia con la costruzione del vallo di Adriano, un muro in pietra dotato di
fossato antistante e tutta una serie di forti e fortini ausiliari;
Istituì una nuova flotta, questa volta in Siria, la Classis Syriaca.[116]
Totale
Autore N. Alae N. Cohortes N. totale unità Totale fanti Totale effettivi
cavalieri
J. Spaul
80 247 327 56 160 124 640 180 800
(2000)[136]
P. A. Holder
88 279 367 74 624 143 200 217 624
(2003)[137]
Le forze in campo escludono gli ufficiali (centurioni e decurioni), che rappresentano una forza di circa 3 500 uomini in totale.
Tra il 163 ed il 166 Lucio Vero fu costretto dal fratello, Marco Aurelio a
condurre una nuova campagna in Oriente contro i Parti, che l'anno
precedente avevano attaccato i territori romani di Cappadocia e Siria e
avevano distrutto un'intera legione (la IX Hispana[120]). Il nuovo imperatore
lasciò che fossero i suoi stessi generali ad occuparsene, tra cui lo stesso
Gaio Avidio Cassio (che riuscì ad usurpare il trono imperiale, anche se solo
per pochi mesi, dieci anni più tardi nel 175). Le armate romane, come
cinquant'anni prima quelle di Traiano, riuscirono anche questa volta ad
occupare i territori fino alla capitale dei Parti, Ctesifonte. La peste
scoppiata durante l'ultimo anno di campagna, nel 166, costrinse i Romani a
ritirarsi da parte dei territori appena conquistati, portando questa terribile
malattia all'interno dei suoi stessi confini, e flagellandone la sua Ricostruzione
popolazione per oltre un ventennio. Sembra, infatti, che queste campagne dell'abbigliamento e della
abbiano portato all'occupazione permanente dei territori ad est dell'Eufrate panoplia di un soldato
[139]
e la creazione delle province di Mesopotamia e Armenia da parte dei romano nelle province
Romani, difesa anche in fasi successive durante l'intero III secolo (da settentrionali, seconda metà
Settimio Severo a Diocleziano-Galerio). del II secolo
Appena terminata questa fase offensiva in Oriente, l'impero romano dovette
affrontare una crisi ben più grave in Occidente. L'imperatore Marco Aurelio
e suo figlio Commodo, furono costretti a combattere contro le popolazioni germaniche e sarmatiche a
nord del Danubio dal 166/167 al 188. È probabile che Marco Aurelio avesse in progetto fin dagli inizi del
suo regno l'occupazione permanente dei territori a nord del medio danubio. Non a caso formò attorno al
165-166 due nuove legioni: si trattava della II e III Italica.[140] E se alla fine sia le popolazioni germaniche,
sia quelle sarmatiche furono battute, dopo la morte dell'imperatore filosofo, il figlio Commodo disattese
alle aspettative paterne e rinunciò a dare loro il colpo di grazia, evitando di fare di questi territori due
nuove province a nord del medio corso del Danubio: la Marcomannia e la Sarmatia.
Notevole fu l'utilizzo di vexillationes legionarie soprattutto durante le guerre marcomanniche, al fine di
comporre un esercito di invasione e poi di occupazione della neo-provincia di Marcomannia, come
Sotto Commodo
Nonostante tutti i difetti che gli sono stati attribuiti, Commodo seppe condurre una politica militare
efficace, senza dubbio in parte grazie alle personalità di cui si circondò:[142] furono apprestate postazioni
di osservazione (burgi) e insediate guarnigioni (praesidia) dal Danubio fino all'Aures; l'intera frontiera,
infatti, soprattutto renana e danubiana fu rafforzata con nuove postazioni o costruzioni fortificate; ciò
avvenne anche in Britannia, in Mauretania e Numidia. Le strade militari di questi settori furono riparate
con grande cura.
favorì i legionari in vari modi, aumentando loro la paga e riconoscendo loro il diritto di sposarsi durante il
servizio,[146] oltre ad abitare con la propria famiglia fuori del campo (canabae). Tale riforma comportò
una "regionalizzazione" delle legioni, che in questo modo si legarono non solo al loro comandante, ma
anche a un territorio ben preciso.
Secondo Erodiano le truppe che stazionarono in Roma (o nelle sue vicinanze, come i castra Albana)
furono quadruplicate,[147] o almeno triplicate se consideriamo che: gli effettivi delle coorti pretorie furono
raddoppiati da Settimio Severo, fino a 1 000 armati ciascuna (milliarie), per un totale di 10 000 armati,
ora sostituiti con soldati scelti delle legioni pannoniche, per punire coloro che si erano in precedenza
schierati contro di lui durante la guerra civile;[148] quelli delle coorti urbane, furono probabilmente portati
fino a 1 500 (per un totale di 6 000 armati);[106] a questi si sommavano poi i 3 500 armati dei Vigiles, i
1 000 equites singulares e i 5 500/6 000 della legio II Parthica, per un totale complessivo di 30 000
armati, contro i 10 500 dell'epoca augustea.
Questo imperatore pose il comando degli Equites singulares Augusti non più alle dipendenze di un
tribunus militum ma di due.[133]
Sotto Caracalla
Fu concesso un ulteriore aumento del soldo del 50% circa ai legionari, per un ammontare totale di 675
denari annui.[149]
Con la Constitutio antoniniana questo imperatore concesse la cittadinanza a tutti gli abitanti dell'impero
ad eccezione dei dediticii. L'obiettivo era quello di aumentare il gettito dei tributi nelle casse dell'erario,
al fine di tentare di far fronte ai crescenti costi degli stipendi dei militari, necessari per il mantenimento
delle frontiere.
Lo stesso argomento in dettaglio: Anarchia militare, Imperatori illirici e Invasioni barbariche del III
secolo.
Questo imperatore licenziò i mercenari, preferendo pagare 500 000 denari ai Sasanidi,[160] piuttosto che
continuare la campagna contro gli stessi, e generando tra i federati un diffuso malcontento per la
sospensione del pagamento abituale del tributo.[161] Cominciò così una crescente ostilità da parte dei
Goti nei confronti dell'impero per oltre un ventennio.[162]
Riforma di Gallieno
Resosi conto dell'impossibilità di proteggere contemporaneamente tutte le province dell'impero con una statica
linea di uomini posizionati a ridosso della frontiera, Gallieno sviluppò una pratica che era iniziata verso la fine del
II secolo sotto Settimio Severo (con il posizionamento di una legione, la legio II Parthica, a pochi chilometri da
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Roma), ovvero posizionando una riserva strategica di soldati ben addestrati pronti ad intervenire, dove serviva
nel minor tempo possibile (contingenti di cavalleria a Mediolanum, Sirmio,[163] Poetovio[164] e Lychnidos[165]).[166]
In accordo con queste considerazioni, Gallieno attorno agli anni 264-268, o forse
poco prima,[167] costituì questa riserva strategica centrale (che sarà alla base della
futura riforma dell'esercito di Diocleziano), formata prevalentemente da unità di
cavalleria pesante dotate di armatura (i cosiddetti promoti, tra cui spiccavano gli
equites Dalmatae, gli equites Mauri[168] et Osroeni), poiché queste percorrevano
distanze maggiori in minor tempo della fanteria legionaria o ausiliaria. Ed ogni volta
che i barbari sfondavano il limes romano e s'inoltravano nelle province interne, la
"riserva strategica" poteva così intervenire con forza dirompente.[169] La base
principale scelta da Gallieno per la nuova armata fu posta a Milano, punto
strategico equidistante da Roma e dalle vicine frontiere settentrionali della Rezia e
del Norico. Si trattava di un'iniziativa resasi necessaria anche a causa della perdita
degli Agri decumates tra il Reno ed il Danubio, che aveva portato i vicini Germani a
trovarsi più vicini alla penisola italica, centro del potere imperiale.[170]
L'imperatore Gallieno che
I generali che comandavano questa forza, quindi, avevano nelle loro mani un potere regnò per quindici anni,
incredibile e non è un caso che futuri augusti come Claudio II il Gotico o Aureliano prima con il padre Valeriano
ricoprissero questo incarico prima di diventare imperatori. La predisposizione per poi da solo, mise in atto la
prima vera riforma
la cavalleria riguardava non solo le forze ausiliarie ed i numeri, ma anche le legioni
dell'esercito romano dai
stesse, dove il numero di cavalieri passò da 120 a 726 per legione.
tempi di Augusto.
Questo punto della riforma, però, eliminò definitivamente ogni legame tra le legioni e l'Italia, poiché i nuovi
comandanti, che erano spesso militari di carriera partiti dai gradi più bassi e arrivati a quelli più alti, erano
interessati solo al proprio tornaconto o al massimo agli interessi della provincia d'origine, ma non a Roma.
Sotto Aureliano
Sotto questo imperatore, Roma non solo fu dotata di una nuova cerchia di mura imponenti, ma le coorti urbane
furono alloggiate per la prima volta separatamente dalle coorti pretorie, nei castra urbana.[106]
Riforma di Diocleziano
Lo stesso argomento in dettaglio: Tetrarchia di Diocleziano,
Riforma dioclezianea dell'esercito romano e Difesa in
profondità (esercito romano).
La nuova forma di governo messa in atto non era del tutto nuova per l'Impero romano: basti pensare alla prima
diarchia di Marco Aurelio e Lucio Vero della fine del II secolo.[176] È da aggiungere che la divisione interna del
mondo romano in quattro diversi settori strategici (a sua volta suddiviso in 12 diocesi, con l'aggiunta di
numerose nuove province) portò, tuttavia, inevitabilmente ad un aumento del numero degli effettivi,[177] con il
conseguente irrigidimento del servizio di leva obbligatorio[176] e l'introduzione del servizio di leva ereditario. Il
numero delle legioni non solo fu aumentato, ma fu meglio distribuito: si cominciarono a utilizzare sempre più
spesso loro vexillationes, riducendo il numero degli effettivi della "legione madre" a vantaggio di sue "parti"
inviate in altri settori strategici, dai quali mai più avrebbero fatto ritorno al "campo base".[176]
«Infatti, per la previdenza di Diocleziano tutto l'impero era stato diviso [...] in città, fortezze e torri.
Poiché l'esercito era posizionato ovunque, i barbari non potevano penetrarvi. In ogni sua parte le
truppe erano pronte a opporsi agli invasori ed a respingerli.»
Diocleziano, in sostanza, non solo intraprese una politica a favore dell'aumento degli effettivi, ma anche volta a
migliorare e moltiplicare le costruzioni militari del periodo, sebbene queste ultime siano risultate, sulla base dei
ritrovamenti archeologici, meno numerose di quanto non abbiano raccontato gli antichi[180] ed i moderni.[176]
L'aspetto complessivo che l'esercito assunse conseguentemente all'operato di Diocleziano, lodato dallo storico
Zosimo, è quello di un apparato quantitativamente concentrato lungo le frontiere,[181] che nello stesso tempo
però manteneva un ristretto nucleo mobile centrale qualitativamente eccelso (un'evoluzione ulteriore di quanto
aveva fatto Settimio Severo, con il posizionamento della legio II Parthica nei castra Albana, poco distante da
Roma), il comitatus. Diocleziano, infatti, perfezionò ciò che di buono era stato "riformato" sotto Gallieno e gli
imperatori Illirici (da Aureliano a Marco Aurelio Probo, fino a Marco Aurelio Caro), i quali avevano adattato
l'esercito alle esigenze della grande crisi del III secolo. Egli, difatti, trasformò la "riserva strategica mobile"
introdotta da Gallieno in un vero e proprio "esercito mobile" detto comitatus[182] ("compagnia"), nettamente
distinto dall'"esercito di confine" o limitaneo. Probabilmente il comitatus dioclezianeo era costituito da due
vexillationes (Promoti e Comites) e da tre legiones (Herculiani, Ioviani e Lanciarii), mentre la "riserva
strategica mobile" di Gallieno era costituita unicamente da vexillationes.[183]
Perfezionamento di Costantino
Una nuova serie di riforme furono poi portate a termine una volta divenuto unico
Augusto, subito dopo la sconfitta definitiva di Licinio nel 324.[185] Il percorso che egli
compì, fu però graduale nel corso degli ultimi tredici anni di regno (dal 324 al 337,
anno della sua morte). La guida dell'esercito fu sottratta ai prefetti del pretorio, ed
ora affidata a: il magister peditum (per la fanteria) ed il magister equitum (per la
cavalleria).[186] I due titoli potevano tuttavia essere riuniti in una sola persona, tanto
che in questo caso la denominazione della carica si trasformava magister peditum
et equitum o magister utriusque militiae[187] (carica istituita verso la fine del regno, Testa colossale
con due funzionari praesentalis[188]). dell'imperatore romano
Costantino I, innovatore delle
I gradi più bassi della nuova gerarchia militare prevedevano, oltre ai soliti forze armate romane.
centurioni e tribuni, anche i cosiddetti duces,[186] i quali avevano il comando
territoriale di specifici tratti di frontiera provinciale, a cui erano affidate truppe di
limitanei.
Costantino, poi, aumentò ancora di più gli effettivi dell'esercito, che arrivarono a contare fino a 600 000 uomini
(con Diocleziano erano circa 400 000 i legionari),[189] e, come abbiamo visto sopra, suddivise l'"esercito mobile"
in "centrale" (unità palatinae) e "periferico" (unità comitatenses).[190][191]
Egli, oltre ad apportare la suddetta divisione dell'"esercito mobile", rovesciò l'assetto complessivo dell'apparato
bellico romano definito dal suo predecessore Diocleziano: fu espansa a dismisura la componente mobile ed
indebolita quella di frontiera.[181] In particolare, secondo lo storico Zosimo, questo nuovo assetto fu la causa del
progressivo stanziamento delle popolazioni barbariche nei territori imperiali, nonché il degrado dei centri urbani
in cui venivano acquartierate truppe eccessivamente numerose. Zosimo si lamentava, infatti, che lo stesso
imperatore avesse rimosso dalle frontiere la maggior parte dei soldati, per insediarli nelle città (si tratta della
creazione dei cosiddetti comitatenses):[192]
«...città che non avevano bisogno di protezione, privò del soccorso quelle minacciate dai barbari
[lungo le frontiere] e procurò alle città tranquille il danno generato dalla soldataglia, per questi motivi
molte città risultano deserte. Lasciò anche che i soldati rammollissero, frequentando i teatri, ed
abbandonandosi alla vita dissoluta.»
In genere le unità palatinae costituivano l'esercito dedicato ad un'intera Prefettura del pretorio, mentre le unità
comitatenses costituivano l'esercito dedicato ad una singola Diocesi nell'ambito della Prefettura. Analogamente
conferì all'"esercito di confine" una connotazione più peculiare: le unità che lo costituivano furono definite
limitanee (stanziate lungo i limes) e riparienses (operanti lungo i fiumi Reno e Danubio) (in epoca teodosiana
alcune di esse furono rinominate pseudocomitatenses quando trasferite nell'"esercito mobile").
Oriente
Ecco come risulta suddivisa la scala gerarchica della parte Orientale, dove all'Imperatore rispondevano due
prefetti del pretorio, oltre a un Praefectus urbis Constantinopolitanae, un Magister officiorum ed un Comes
domesticorum:
1. Praefectus praetorio Orientis, da cui dipendevano 3 Vicari per le Diocesi Asiana, Pontica e Thracia, mentre
quelle dell'Aegypttus e d'Oriente erano controllate direttamente dal Prefetto del Pretorio.[198] Le 4 diocesi
erano a loro volta divise in province, governate da 1 Proconsules, 12 Consulares, 1 Correctores e 32
Praesides.[198] Le province dell'Egitto erano 5,[199] dell'Asia 10,[200] Pontiche 10[201] e 6 della Tracia,[202] mentre
15 province orientali erano governate direttamente dal Prefetto del pretorio d'Oriente[203]
2. Praefectus praetorio Illyrici, da cui dipendevano 1 Vicari per la Diocesi di Macedonia, mentre quella della
Dacia era controllata direttamente dal Prefetto del Pretorio.[198] Le 2 diocesi erano a loro volta divise in
province, governate da 1 Proconsules, 3 Consulares, 1 Correctores e 8 Praesides.[198] Le province della
Dacia erano 5[204] e quelle della Macedonia 6.[205]
A questa struttura seguiva parallelamente una conseguente divisione territoriale delle forze militari, come
segue:
Un'anomalia in Oriente è l'esistenza di due corpi di truppe di limitanei, in Egitto e in Isauria, comandati da un
comes rei militaris, invece che da un dux, dipendente direttamente dall'Imperatore, secondo la Notitia.[213]
Tuttavia, i decreti imperiali del ca. 440 mostrano che entrambi questi ufficiali dipendevano dal magister militum
per Orientem.[214] Una possibile spiegazione per questa discrepanza è che tra il 395 e il 440 vi furono dei
cambiamenti nell'organizzazione dell'esercito. Alla più tarda tra le due date, se non prima, il MM per Orientem
era evidentemente divenuto il comandante supremo dell'esercito di tutta la prefettura d'Oriente (che
comprendeva anche l'Anatolia e l'Egitto) e non solo della diocesi di Oriente.
I 13 duces di frontiera orientali sono elencati nella Notitia per diocesi in cui risiedevano: Illyricum orientale (2
duces), Tracia (2), Pontica (1), Oriente (6) e Egitto (2).[213] Jones ed Elton sostengono che, dal 360 in poi, i duces
erano dipendenti dal comandante del loro diocesano comitatus: il magister militum per Illyricum, Thracias,
Orientem e il comes per Aegyptum, rispettivamente (sulla base di evidenze in Ammiano per il periodo 353-78 e
da 3 superstiti decreti imperiali datati 412, 438 e 440).[215][216] Il dux Armeniae è mostrato sotto la diocesi
Pontica, il cui comandante militare non è elencato nella Notitia, ma era probabilmente il magister praesentalis
II al tempo della Notitia.[217] Più tardi, il dux Armeniae venne a trovarsi probabilmente sotto l'egida del
magister militum per Orientem. La struttura orientale come presentata nella Notitia rimase in gran parte
intatta fino al tempo di Giustiniano I (525-65).[214]
Occidente
In Occidente la divisione era leggermente differente. All'Imperatore rispondevano sempre due prefetti del
pretorio, oltre a un Praefectus urbis Romae, un Magister officiorum e un Comes domesticorum, come segue:
1. Praefectus praetorio Italiae, da cui dipendevano 3 Vicari per le Diocesi della città di Roma, d'Italia e
d'Africa.[219]
2. Praefectus praetorio Galliarum, da cui dipendevano 3 Vicari per le Diocesi delle Septem Provinciae, delle
Spagne e delle Britannie.[219]
Fanteria
Le seconde erano eredi delle unità ausiliarie di differenti origini etniche (a titolo di esempio si pensi agli Heruli e
ai Batavi) che dopo la constitutio antoniniana di Caracalla (212) erano state integrate nel tessuto imperiale.[228]
In particolare le auxiliae palatinae erano costituite da 500 - 1000 fanti, generalmente con armamento leggero,
più versatili delle legiones ed impiegabili anche in azioni di guerriglia e rastrellamento. Le auxiliae palatinae
furono il prodotto di un riuscito processo di integrazione dell'elemento barbarico nelle Istituzioni Romane, a
differenza di quanto avvenne con i foederati.
Cavalleria
L'esercito romano nel V secolo si trovava nella necessità di rispondere rapidamente Elmo tardo imperiale di
alla crescente pressione barbarica in Occidente, ma senza poter sopperire alle esigenze tipo Ridge (V secolo)
di reclutamento attingendo unicamente dai territori imperiali, a causa della diffusa
resistenza alle coscrizioni.[229][230] Per questa ragione si ricorse sempre di più a
contingenti barbarici, utilizzati dapprima come mercenari a fianco delle unità regolari
tardo imperiali (legiones, vexillationes ed auxiliae), ed in seguito, in forme sempre più
massicce, come foederati che conservavano i loro modi nazionali di vivere e fare la
guerra. Il risultato fu un esercito romano nel nome, ma sempre più estraneo alla
società che era chiamato a proteggere. Da alcune fonti letterarie del tempo si può
evincere che il termine "ausiliario" divenne a poco a poco sinonimo di "soldato", così
come lo fu nei secoli precedenti il termine "legionario", il che sta ad indicare una fase di
progressiva smobilitazione delle antiche unità legionarie in favore di quelle ausiliarie.
In una seconda ed ultima fase, l'esercito romano avrebbe perso definitivamente la sua
identità, come già sarebbe avvenuto all'epoca del magister militum Flavio Ezio,
quando probabilmente anche la maggior parte delle auxiliae palatinae, esempio di
Spangenhelm (V secolo)
riuscita integrazione dell'elemento barbarico nella macchina bellica romana, furono
rimpiazzate da federati.[231] Non è un caso che a questo periodo si pensa risalga l'ultimo
aggiornamento della Notitia Dignitatum in seguito all'istituzione dell'unità denominata Placidi Valentinianici
felices (dedicata all'imperatore Valentiniano III e annoverata tra i numeri intra Italiam).[232] Questa
effettivamente potrebbe essere considerata "l'ultima legione" dell'Impero romano.
Vegezio, autore di un manuale di strategia militare redatto tra la fine del IV secolo e la prima metà del V secolo,
si lamentò per l'imbarbarimento progressivo dell'esercito romano, il quale, cominciando a combattere alla
maniera barbarica, perse il suo tradizionale vantaggio nella superiore disciplina e strategia militare; lo stesso
Vegezio si lamentò per il fatto che l'imperatore Graziano avesse permesso ai suoi fanti, probabilmente di origini
barbariche, di non indossare più elmo e armature, esponendoli maggiormente alle armi nemiche e portando
come nefasta conseguenza a diverse sconfitte contro gli arcieri goti.[233] Vegezio lamentò poi che non si
costruissero più accampamenti e riferisce le conseguenze nefaste di questa scelta.[234] Sempre Vegezio
lamentava poi che i proprietari terrieri, non intendendo perdere manodopera, escogitavano diversi espedienti
pur di non fornire soldati all'esercito, ricorrendo anche alla corruzione degli ufficiali reclutatori: ciò fece sì che,
invece di reclutare gente idonea al combattimento, venissero reclutati pescatori, pasticcieri, tessitori e altre
professioni ritenute non idonee da Vegezio.[235] La soluzione di Vegezio era tornare all'antico modo di combattere,
alla "maniera romana", abbandonando il modo di combattere "alla barbara" introdotto dal sempre più crescente
arruolamento di Barbari; in Occidente, tuttavia, per diverse ragioni, non si riuscì a invertire questa tendenza,
portando alla sua rovina.[236]
Ma se l'Impero fosse riuscito a controllare l'immigrazione dei Barbari e a romanizzarli, sarebbe riuscito a
sopravvivere. Prima della battaglia di Adrianopoli, ai barbari che migravano nell'Impero con il permesso
dell'Impero (receptio) oppure come prigionieri di guerra non era permesso di conservare la loro unità di popolo:
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alcuni venivano arruolati nell'esercito, mentre il resto veniva sparpagliato per un'area vastissima come contadini
non liberi; in questo modo l'Impero rendeva inoffensivi i nuovi arrivati, e li romanizzava.[237] In seguito alla
sconfitta di Adrianopoli, l'Impero dovette però venire a patti con i vittoriosi Goti, concedendo loro di stanziarsi
nei Balcani come Foederati semiautonomi: essi mantennero il loro stile di vita e la loro organizzazione tribale
stanziandosi in territorio romano come esercito alleato dei Romani. Oltre ai Visigoti, che alla fine ottennero, dopo
molte altre battaglie contro l'Impero, la concessione dall'Imperatore Onorio di fondare un regno federato in
Aquitania (418), altri popoli come Vandali, Alani, Svevi e Burgundi (che entrarono all'interno dei confini
dell'Impero nel 406) ottennero, grazie alle sconfitte militari che inflissero a Roma, il permesso imperiale di
stanziarsi all'interno dell'Impero.
Le devastazioni dovute alle invasioni e le perdite territoriali determinarono una costante diminuzione del gettito
fiscale con conseguente progressivo indebolimento dell'esercito romano: un esercito professionale come quello
romano, infatti, per essere mantenuto efficiente, aveva bisogno di essere pagato ed equipaggiato, e le
ristrettezze economiche dovute al crollo del gettito fiscale portarono ovviamente a un declino progressivo anche
dell'esercito.[238] Da un'attenta analisi della Notitia Dignitatum, possiamo ricavare che quasi la metà dell'esercito
campale romano-occidentale andò distrutto nel corso delle invasioni del 405-420, e che le perdite furono solo in
parte colmate con l'arruolamento di nuovi soldati, mentre molte delle ricostituite unità erano semplicemente
unità di limitanei promossi a comitatenses, con conseguente declino dell'esercito sia in quantità che in
qualità.[239] La perdita dell'Africa dovette essere un altro duro colpo per le finanze dello stato e indebolì
ulteriormente l'esercito: in un editto del 444 il regime imperiale ammise che le ristrettezze economiche dovute
alla perdita dell'Africa non permettevano allo stato di rinforzare l'esercito in modo adeguato per fronteggiare le
minacce esterne, per cui si dovette giocoforza ridurre i privilegi fiscali ai proprietari terrieri e aumentare le
tasse, portando a perdita di consenso.[240] Le perdite subite portarono all'ammissione nell'esercito in grosse
quantità di ausiliari e foederati germanici (ad esempio Unni): ciò poteva portare benefici a breve termine, ma
era deleterio a lungo termine, in quanto portava a diminuire ulteriormente gli investimenti sul rafforzamento
dell'esercito regolare.[241] Intorno al 460 l'esercito romano doveva essere l'ombra di sé stesso a causa della
continua erosione del gettito fiscale, favorendo le spinte centrifughe dei Foederati germanici che ridussero in
pratica l'Impero all'Italia o poco più.
Nonostante tutto, secondo alcuni studiosi, l'esercito romano fu efficiente fino ad almeno a Maggioriano (461).[238]
Sotto Ezio e Maggioriano, l'Impero era ancora in grado di affrontare e vincere in battaglia Visigoti, Burgundi,
Bagaudi, Franchi, e di mantenere sotto il suo controllo la Gallia, a riprova di una sua relativa efficienza.[242] Solo
con l'uccisione di Maggioriano cominciò il vero declino: la rivolta del magister militum per Gallias, Egidio, legato
a Maggioriano e perciò adirato per il suo assassinio, privò l'Impero d'Occidente dell'esercito delle Gallie, passato
dalla parte del ribelle; l'Impero si trovò così costretto a fare concessioni territoriali a Burgundi e Visigoti per
convincerli a combattere per conto dell'Impero il ribelle in modo da vincerlo e riportare sotto il suo controllo
l'esercito gallico; ciò si provò inefficace, e le province galliche settentrionali sotto il controllo di Egidio si
separarono dall'Impero, costituendo il Dominio di Soissons.[238] Privato dell'esercito delle Gallie ed essendosi
ridotti i possedimenti imperiali nelle Gallie a Provenza e Alvernia, l'Impero non era in grado di difenderle con il
solo esercito d'Italia e nel 475/476 le due regioni furono conquistate dai Visigoti di re Eurico.
Nel 476 l'esercito sollevato da Odoacre contro il magister militum Flavio Oreste e l'ultimo imperatore in Italia,
Romolo Augusto, era costituito unicamente da federati germanici, perlopiù Sciri ed Eruli.[243] Tuttavia l'assetto
generale dell'esercito romano tardo-imperiale, e alcune sue unità, sopravvissero almeno fino alla fine del VI
secolo in seno alla Pars Orientis, come testimoniato dalla presenza dei Regii, una auxilia palatina attiva sin dalla
pubblicazione della Notitia Dignitatum, a difesa delle Mura aureliane minacciate dagli Ostrogoti durante la
guerra di riconquista di Giustiniano.[244]
Organizzazione
Reclutamento
Dopo un iniziale periodo nel quale vi furono ovviamente precise disposizioni in quanto tutti gli abili alle armi
dovevano contribuire alla comune difesa, si instaurò la leva militare (dilectus) quando l'accrescimento del
numero dei cittadini atti alle armi permise e impose di scegliere fra essi quelli idonei alla pesantezza del servizio.
Il quadro di leva dell'epoca più antica era costituito dalle classi, distinte in centurie: più tardi venne sostituito
dalle tribù. Man mano che il dominio di Roma si estese nella penisola italiana e nel mar Mediterraneo, i sistemi di
reclutamento si modificarono adattandosi alle condizioni ambientali. Erano ammesse varie cause di dispensa:
età, numero di campagne fatte (in genere, secondo Polibio, 10 a cavallo o 16 a piedi).
Nel corso del I secolo a.C. i sistemi di leva si modificarono profondamente: gli eserciti romani si formarono
ordinariamente con volontari, e si ricorse alla leva coatta solo quando i volontari non si offrivano in numero
sufficiente. Sotto Augusto, con l'avvento dell'Impero, la leva è un diritto del principe, ed avviene in Italia e nelle
province per cura dei suoi legati e di appositi ufficiali, in relazione ai bisogni dei vari eserciti. Con Publio Elio
Traiano Adriano, il reclutamento divenne esclusivamente regionale.
età
robustezza
statura
I riconosciuti idonei prestavano giuramento e passavano quindi nei reparti d'istruzione. A partire dal IV secolo,
pur rimanendo formalmente l'obbligo generale al servizio, alcune categorie di cittadini sono avviate alle armi,
mentre altre ne sono esentate.
I quadri sono formati prevalentemente con volontari anche barbari, e la leva forzata assume due forme:
1. la leva diretta interessa, in base al principio della ereditarietà delle professioni, innanzitutto i figli dei veterani,
e poi anche coloro che non erano impiegati nell'agricoltura o negli uffici pubblici
2. la leva indiretta prevedeva
1. nei periodi più antichi, che il chiamato potesse inviare al suo posto un sostituto
2. successivamente, la possibilità di dispensa dal servizio mediante il pagamento di una somma di denaro,
fissata dall'Imperatore.
All'epoca di Giustiniano, il sistema della leva obbligatoria non è più praticato: l'esercito era formato da volontari e
da mercenari stranieri.
Congedo
Il congedo veniva concesso dopo un servizio di 25 anni nell'esercito, a comprova del quale ai soldati veniva
rilasciato un documento, Diplomata, a comprova dell'avvenuto assolvimento del servizio. Nella necropoli
militare di Satala nell'odierna Turchia, è stato ritrovata una Diplomata in bronzo, appartenuta a un soldato della
guarnigione. [245]
Note
1. ^ L'Encyclopedia Britannica, undicesima edizione (1911), definisce questi numeri "evidentemente artificiosi e
inventati."
fine del V secolo, e Impero ed esercito bizantino,
1. ^ Si conserva qui la tradizionale divisione tra Impero che cadde solo alla metà del XV secolo, anche se
ed esercito romano, che sarebbero terminati alla
171. ^ Mazzarino, 1976; CIL VIII, 20996 (http://db.edcs.e 201. ^ Secondo la Notitia Dignitatum (Orien., II) le 10
u/epigr/epi_einzel_it.php?p_belegstelle=CIL+08%2 province pontiche erano: Galatia, Bithynia, Honorias,
C+20996&r_sortierung=Belegstelle). Cappadocia prima, Cappadocia secunda, Pontus
172. ^ Le Bohec, 2008, p. 220. Polemoniacus, Helenopontus, Armenia prima,
Armenia secunda, Galatia salutaris.
173. ^ Ruffolo, p. 138.
202. ^ Secondo la Notitia Dignitatum (Orien., II) le 6
174. Cascarino e Sansilvestri, 2009, p. 33.
province tracie erano: Europa, Thracia,
175. Le Bohec, 2008, p. 33. Haemimontus, Rhodopa, Moesia secunda e
176. Le Bohec, 2008, p. 41. Scythia.
177. ^ Giovanni Lido stima le dimensioni dell'esercito di 203. ^ Secondo la Notitia Dignitatum (Orien., II) le 15
Diocleziano in 389.704 armati di terra, 435.266 province sotto il diretto controllo del Prefetto del
comprendendo anche i reparti della marina militare pretorio d'Oriente erano: Palaestina, Foenice, Syria,
romana (De Mensibus, I, 27), quest'ultima Cilicia, Cyprus, Arabia [et dux et comes rei militaris],
"ricostruita" durante la tetrarchia, dopo la crisi del III Isauria, Palaestina salutaris, Palaestina secunda,
secolo (M. Reddé, Mare nostrum, Parigi 1986, pp. Foenice Libani, Eufratensis, Syria salutaris,
623-641). Osrhoena, Mesopotamia e Cilicia secunda.
178. ^ Luttwak, pp. 75-170. 204. ^ Secondo la Notitia Dignitatum (Orien., III) le 5
179. Cascarino e Sansilvestri, 2009, pp. 46-48. province daciche erano: Dacia mediterranea, Dacia
ripensis, Moesia prima, Dardania, Praeualitana et
180. ^ Zosimo, Storia nuova, II, 34; Panegyrici latini, V,
pars Macedoniae salutaris.
18; Ammiano Marcellino, Storie, XXIII, 5.1-2.
205. ^ Secondo la Notitia Dignitatum (Orien., III) le 6
181. Zosimo, Libro II, 34, in Storia Nuova, 2013. province macedoniche erano: Achaia, Macedonia,
182. ^ Acta Maximiliani: «in sacro comitatu dominorum Creta, Thessalia, Epirus vetus, Epirus nova et pars
nostrorum Diocletiani et Maximiani, Constantii et Macedoniae salutaris.
Maximiani (= Galerio) milites christiani sunt et 206. ^ Not. Dign., Orien., XXXI.
militant». 207. ^ Not. Dign., Orien., XXXII.
183. ^ Simon MacDowall, pag. 4, in Late Roman 208. ^ Not.Dign., Orien., XXXIII.
Cavalryman.
209. ^ Not. Dign., Orien., XXXIV.
184. ^ Zosimo, Storia nuova, II, 17, 2.
210. ^ Not.Dign., Orien., XXXV.
185. Le Bohec, 2008, p. 53.
211. ^ Not. Dign., Orien., XXXVI.
186. Zosimo, Storia nuova, II, 33, 3.
212. ^ Not.Dign., Orien., XXXVII.
187. ^ Giovanni Lido, De magistratibus, II, 10; Zosimo,
213. Notitia Oriens Title I.
Storia nuova, II, 33.3.
214. Jones, p. 609.
188. ^ Le Bohec, 2008, p. 110.
215. ^ Ammiano, XVIII.7.3.
189. ^ Secondo Giorgio Ruffolo la cifra di un milione di
uomini sotto Costantino è esagerata (Ruffolo, p. 216. ^ Jones, p. 609 (nota 4).
137). 217. ^ Goldsworthy, 2000, p. 199 (mappa).
190. ^ Simon MacDowall, pag. 5, in Late Roman 218. Jones, p. 610.
Cavalryman. 219. Not. Dign., Occ., I.
191. ^ Cascarino e Sansilvestri, 2009, p. 52. 220. Goldsworthy, 2007, p. 204.
192. ^ Zosimo, Storia nuova, II, 34.2. 221. Not.Dign., Occ., VII.
193. ^ Ammiano Marcellino, 25.5.1, in Res Gestae. 222. ^ Not.Dign., Occ., XLII.
194. ^ Lee 1997, pp. 215–6. 223. ^ González, p. 530.
195. ^ Goldsworthy, 2000, p. 171. 224. ^ Heather 2006, p. 303.
196. ^ Elton 1996, pp. 214–5. 225. ^ Heather 2006, p. 305.
197. ^ Notitia Oriens Title I: List of duces. 226. ^ Jones, pp. 609–10.
198. Not.Dign., Orien., I. 227. ^ Notitia Occidens Title V.
199. ^ Secondo la Notitia Dignitatum (Orien., II) le 5 228. ^ Silvano Mattesini, Le Legioni Romane,
province egiziane erano: Libya superior, Libya L'armamento in mille anni di storia, pag. 147.
inferior, Thebais, Aegyptus, Arcadia. 229. ^ Spesso, per non privarsi della manodopera
200. ^ Secondo la Notitia Dignitatum (Orien., II) le 10 necessaria alla coltivazione delle loro terre, i
province asiatiche erano: Pamfylia, Hellespontus, latifondisti riscattavano dal servizio militare i loro
Lydia, Pisidia, Lycaonia, Frygia Pacatiana, Frygia contadini, versando al fisco una quota in denaro, che
salutaris, Lycia, Caria e Insulae. era usata dallo Stato per reclutare i barbari (il
231. ^ Giordane, De origine actibusque Getarum, 240. ^ Heather 2006, pp. 362-363.
XXXVI, 192: «...hi enim adfuerunt auxiliares: Franci, 241. ^ Drinkwater e Elton, p. 171.
Sarmatae, Armoriciani, Liticiani, Burgundiones, 242. ^ Drinkwater e Elton, p. 170.
Saxones, Ripari, Olibriones, quondam milites 243. ^ Giordane, Getica, 242: «...Odoacer Torcilingorum
Romani, tunc vero iam in numero auxiliarium rex habens secum Sciros, Herulos diversarumque
exquisiti, aliaeque nonnulli Celticae vel Germanie gentium auxiliarios Italiam occupavit..».
nationes..».
244. ^ Procopio di Cesarea, De Bello Gothico, I, 23.
232. ^ Guido Clemente, Guida alla storia romana, pp.
173 e seg.; p. 199 nt.81; Zecchini, Aezio: l'ultima 245. ^ The first time in Anatolia, a legionnaires’
difesa dell'Occidente romano, Roma, 1983, p. 151 cemetery belonging to the Roman Empire
nt. 42. unearthed [Riportato alla luce per la prima volta in
233. ^ Ravegnani 2012, pp. 29-30. Anatolia un cimitero di legionari appartenenti
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Voci correlate
Dimensione dell'esercito romano
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Collegamenti esterni
Esercito romano in inglese, su romanarmy.com. URL consultato il 31 agosto 2008 (archiviato dall'url originale il 15
settembre 2008).
Esercito romano in inglese 2, su members.tripod.com.
Bibliografia su esercito romano, su csun.edu.
Esercito romano in Britannia, su roman-britain.org. URL consultato il 31 agosto 2008 (archiviato dall'url originale il 21
agosto 2013).
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