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ATLANTE
DEL PENSIERO
ORIENTALE
Per vivere nel mondo di oggi con gli strumenti della saggezza
millenaria
Introduzione
La nascita greca della filosofia è inseparabile dal pensiero orientale. Solo
una grave distorsione ideologica ha impedito agli studiosi euro centrici di
accettare le nostre radici culturali ben oltre la Grecia classica; Pitagora
viaggiò in oriente, in Egitto apprese un sapere e una saggezza antica di
millenni, e concetti come la reincarnazione e il vegetarianesimo filtrarono
dall’oriente, insieme ad altre idee che la filosofia platonica avrebbe poi
sviluppato. Ma i grandi concetti filosofici occidentali sono già presenti in
oriente molti secoli prima, come secoli prima di Galileo e di Newton
astronomi indiani avevano dimostrato il sistema eliocentrico e calcolata
la forza di gravità. I numeri che noi usiamo non sono arabi, ma indiani;
gli arabi portarono lo zero e le altre cifre in Europa, permettendo così una
matematica decimale, alla base della scienza e della tecnologia moderna.
È solo a causa di una visione colonialista che la cultura europea ha
ignorato, e ancora per molti versi ignora, il patrimonio filosofico e
spirituale dell’India e della Cina (il Giappone rielaborò in modo
straordinario ciò che proveniva da queste civiltà). È necessario smettere
con questa visione limitata per poter rompere certi schemi mentali e
culturali, i cui danni sono visibili a tutti. La saggezza orientale, la visione
di una spiritualità scevra di dogmi e pratica, sono più che mai risorse
attuali in un mondo sempre più materialista ed immerso in una
tecnocrazia che non lascia spazio al sogno…
Le origini: I VEDA
Il termine Veda significa ‘sapere’, ma si tratta di un sapere che va ben
oltre la concezione occidentalizzata. Il sapere vedico è un sapere
integrale che unisce il visibile e l’invisibile, la materia e lo spirito, la
teoria e la prassi in modo inseparabile. La cultura che si basava su tali
testi ha prodotto una civiltà avanzata sotto ogni aspetto pratico oltre che
interiore e spirituale; una città come Mohenjo-daro ne è la prova più
evidente. I Veda sono di difficile datazione poiché si tratta di raccolte di
Inni sacri trasmessi oralmente per millenni da Maestro a discepolo. Le
quattro raccolte principali sono: Ŗgveda, Sāmaveda, Yajurveda, e
Atharvaveda. Ognuna di queste raccolte ha delle caratteristiche ben
precise e delle finalità ritualistiche uniche. Secondo gli studiosi il Ŗgveda
è la raccolta di inni più antica, risalente a 5000 o 6000 anni fa; si tratta di
più di mille inni dedicati all’invocazione delle varie divinità del pantheon
vedico, e ogni invocazione contiene preghiere, simboli esoterici e
profonde riflessioni filosofiche e cosmologiche. L’idea di base degli inni
(messi in forma scritta dai sacerdoti brahminici solo nel 300 a.C.) è il
sacrificio rituale: l’intero universo si regge grazie al sacrificio, ogni
prosperità è possibile solo attraverso una offerta sacrificale alla divinità,
poiché è dalla divinità che proviene il mondo ed è la divinità che ne
garantisce la durata e l’armonia. Non a caso il Ŗgveda inizia proprio con
un inno dedicato ad Agni, il dio del fuoco: “Invoco Agni per primo per
avere prosperità…” (Ŗgveda, Marsilio,Venezia 2000, pag. 111) e
prosegue indicando le divinità principali ancora oggi adorate in India; ma
tale pluralità non indica un politeismo superficiale, poiché ogni dio è solo
un aspetto dell’unico Dio, Assoluto ed Infinito: “Puruşa è tutto questo
universo, sia ciò che è stato, sia ciò che deve essere.” (Ŗgveda, pag. 67).
L’intera letteratura vedica è la svelamento di questo Puruşa, di questo
essere infinito, che la sorgente di ogni mondo e di ogni divinità. Quindi è
più corretto definire la spiritualità vedica come un Monoteismo
polimorfo. Inoltre negli inni vedici appare (a differenza dei monoteismi
abramitici) l’aspetto femminile del divino, la Grande Dea, inscindibile
dal Dio: “Come una fanciulla fiera del proprio corpo tu vai, o Dea,
incontro al dio che cerca di ottenerti. […] Tu che sei propizia spandi la
tua luce sempre più lontano. Le altre aurore che verranno non saranno
belle come te!” (Ŗgveda, pag. 127) La presenza del divino femminile nei
Veda avvalora la tesi di Alain Daniélou che riguarda un’unica grande
civiltà “che si estendeva dall’India al Portogallo” (A. Daniélou, Shiva e
Dioniso, Astrolabio, Roma 1980), civiltà matriarcale, secondo gli studi di
Marjia Gimbutas. Comunque i Veda sono considerati di origine divine,
opere non-umane, ma frutto di rivelazione da parte degli antichi veggenti,
i rishi, o donati direttamente dall’Assoluto a Brahma, architetto del
cosmo.
“Le parole dei sacerdoti ispirati sono salite in cielo, verso gli déi.”
(v,76, 1)
Le Upaniśad
Il termine Upaniśad significa ‘stare seduti ai piedi del Maestro’. La
conoscenza vedica è una conoscenza confidenziale, esoterica, e passa da
cuore a cuore; il Maestro di una tradizione esponeva le verità filosofiche
e spirituali sempre oralmente, ai discepoli iniziati; infatti tali testi
assumono spesso la forma del dialogo. Sono i primi testi dove la visione
filosofica vedica viene chiarita e discussa; dai simboli degli Inni si passa
qui ad una analisi filosofica profonda di concetti come karma, dharma e
reincarnazione. Esistono migliaia di queste Upaniśad, poiché la loro
redazione non ha mai cessato di prodursi fino ai nostri giorni, ma quelle
classiche e più rilevanti sono 108. Quelle più antiche (800 a. C.) sono:
Bŗhadāranyaka, Chāndogya, Taittirīya, Aitareya, Kausitakī, Kena,
mentre quelle ‘medie’ sono: Kathaka, Iśā, Mundaka, Śvetāśvatara.
Queste riflessioni straordinarie mostrano quanto profondo fosse il
pensiero vedico, e preciso per quanto riguarda il senso del mondo e
dell’anima. Centrale in tutte le Upaniśad è la ricerca della realtà ultima,
della causa di tutte le cause; esse vedono nell’Assoluto tale realtà,
denominata Brahman: “…gli autori delle Upaniśad non invocano più la
longevità, il benessere e la ricchezza. Di altre cose è ansioso il vate
upanidshadico: egli è consapevole che la vita, in quale che sia forma e
stato è dolore, e che la pace è soltanto nella luce del vero e nel Brahman.”
(G. Tucci, Storia della filosofia indiana, pag. 41). Nelle Upaniśad appare
l’idea del mondo fenomenico come ‘illusione’, Maya, che nasconde il
vero mondo, quello spirituale. tale visione è simile al platonismo; inoltre
nella loro filosofia è fondamentale la questione dell’Ātman e del
Brahman;
Citazioni
“buoni si diventa infatti con le buone azioni, cattivi con le cattive.”
Bŗhadāranyaka Upanisad
“In verità ciò che è l’infinito è la felicità. Non c’è felicità nel finito;
soltanto l’infinito è felicità”
Chandogya Upanisad
Note:
I Purāna
Il termine Purāna significa ‘antico’. Si tratta di testi enciclopedici che
contengono narrazioni, allegorie, trattati, scienza e mistica; il loro scopo
è quello di educare l’umanità e rendere accessibili verità che in altri testi
restano espresse in modo troppo oscuro. I Purāna principali sono diciotto
e sono considerati come il ‘quinto Veda’; ognuno tratta, nonostante la
vastità, alcuni temi specifici: il Brahma Purāna tratta della creazione del
cosmo e narra le storie di Rama e di Krishna; il Vishnu Purāna tratta
della creazione, dei continenti del mondo, del Buddha e di Krishna e
descrive il Kali-yuga; lo Shiva Purāna tratta delle istruzioni di Shiva sul
Dharma; il Vamana Purāna tratta molte storie sacre e dei luoghi di
pellegrinaggio; il Varaha Purāna tratta della terza incarnazione di Vishnu
e dei risultati karmici; il Matsya Purāna tratta del Giainismo e del
Buddismo, oltre le varie incarnazioni di Vishnu; il Kurma Purāna tratta
della conversazione tra Krishna e il dio del Sole, dello yoga e di mole
conoscenze esoteriche; il Garuda Purāna tratta di astronomia, medicina,
grammatica ed espone la struttura e la qualità dei diamanti!...; lo Skanda
Purāna tratta di Shiva e dei benefici medici del digiuno; il Markandeya
Purāna tratta della dea Durga ed espone la saggezza di Markandeya;
l’Agni Purāna tratta delle varie arti e delle scienze; il Bhavishya Purāna
tratta degli eventi futuri, è profetico, infatti anticipa di secoli figure come
quella del Cristo e di Caitanya, descrivendole; il Brahmavaivarta Purāna
tratta in modo dettagliato di Radha e Krishna; il Narada Purāna tratta
degli insegnamenti di Narada; il Padma Purāna tratta di temi metafisici
con vari dialoghi; il Brahmanda Purāna tratta dettagliatamente della
nascita dell’universo e della sua struttura; il Linga Purāna tratta del
dharma; lo Shrimad Bhagavatam Purāna è considerato il Maha-Purāna,
il testo supremo che contiene ciò che negli altri Purāna non si trova: esso
narra gli Avatara principali e si concentra sulla figura di Krishna.
Avatara
Parole chiave: DHARMA e AVATARA
Il termine ‘Dharma’ è in realtà troppo complesso per essere reso con un
termine simile; alcuni traducono con ‘Legge’, ‘Ordine divino’,
‘Giustizia’. Si tratta di tutti questi aspetti insieme; conoscere il proprio
dharma significa conoscere il proprio dovere verso la società e verso il
divino; il caos e il dolore derivano dall’ignoranza verso il dharma. I
pilastri del Dharma sociale sono quattro: Ahimsa (non-violenza), Satyam
(servire la verità), Tapas (austerità) e Sauca (purezza). Se uno di questi
pilastri viene a mancare nella vita di un uomo o della società tutto va in
rovina. In particolare Ahimsa (non-violenza) viene considerata come il
pilastro fondante del dharma e degli altri aspetti. Uno volta realizzato e
rispettato il dharma la società si sviluppa: Artha (prosperità), Kama
(godimento), Moksha (liberazione dal ciclo di nascita e morte) e Prema
(amore divino).
Yoga
Yoga
Il termine Yoga significa ‘unione’, ‘legame’, ‘giogo’; non si tratta solo di
una visione filosofica ma di una pratica mistica il cui scopo è di far
raggiungere l’unione dell’anima individuale con l’Anima Suprema, Dio.
In realtà il concetto di ‘Yoga’ è alla base di ogni visione vedica. Il testo
classico di riferimento (oltre alla Bhagavad-gītā) è lo Yogasūtra
compilato da Patañjali tra il V e il VI secolo d. C., pur contenendo
principi e concetti antichi di millenni. Patañjali ha sistematizzato con
aforismi cristallini la grande tradizione dell’ashtanga yoga (o yoga in
otto fasi), un tipo di cammino spirituale che pochissimi riescono a
percorrere, soprattutto in tempi moderni; per comprenderlo basta
elencarne le otto fasi, o livelli:
Vedanta
Il Vedanta è la visione vedica che culmina in una perfetta sintesi
speculativa; infatti significa ‘il fine dei Veda’ e nel testo classico che
caratterizza questa scuola, il Brahmasūtra (o Vedantasūtra), i temi delle
Upaniśad vengono analizzati fino in fondo. Lo scopo supremo di questa
filosofia è la perfetta comprensione e realizzazione del Brahman, la realtà
spirituale e assoluta. Nel corso dei secoli si sono sviluppate diverse
scuole che hanno interpretato il testo in modalità diverse:
Ogni scuola ha prodotto molte opere e Maestri spirituali che ancora oggi
vivono e trasmettono nel mondo la saggezza vedica. Al di là delle
differenze di lettura del Vedanta ogni tradizione autentica condivide con
le altre gli stessi principi etici e spirituali; non vi è rivalità o scontro tra le
diverse scuole, poiché ciò che conta è il lavoro interiore che ognuno deve
fare su sé stesso. A differenza delle violenze avvenute in Occidente per le
diverse letture teologiche (e per finalità politiche) nell’India vedica non
vi sono mai stati scontri e violenze per motivi dottrinali, anzi il confronto
filosofico è sempre stato visto, per millenni, come stimolante e degno di
accrescere la nostra consapevolezza spirituale.
Shankya
Il termine Shankya significa ‘enumerazione’ e riguarda lo studio della
realtà analizzando e individuando tutti gli elementi che la compongono. Il
testo classico di tale scuola filosofica è la Sāmkhyakārikā di
Ǐsvarakrishna (tra il I e il V secolo d. C.), anche se la sua radice risale a
Kapila deva (considerato un Avatar). Secondo tale visione sono due le
macro-realtà cosmiche: il Purusha e la Prakriti. Il Purusha è il soggetto
spirituale che osserva la Prakriti, cioè la materia nelle sua varie
manifestazioni. L’aspetto interessante è che gli elementi grossolani
derivano dagli elementi più sottili e la causa ultima è non materiale; è
quindi una negazione del materialismo. Le anime, i singoli Purusha,
assistono come spettatori davanti ad un film, alle modificazioni del corpo
e della materia. È l’identificazione col corpo che crea nell’anima
l’illusione di appartenere al mondo materiale. I Purusha sono pura
coscienza, semplici testimoni; è l’Io psicologico a sperimentare piaceri e
dolori, come riflesso della coscienza legata al corpo attraverso l’illusione
chiamata ahamkara; è, in sostanza, come un soggetto che sta sognando:
fin quando il sogno permane l’illusorio legame dell’anima con la materia
prosegue. Scopo della conoscenza Shankya è permettere il risveglio del
soggetto, del vero Io, intrappolato nel sogno di un’altra identità fittizia. È
quindi solo la materia a modificarsi, secondo la legge dei tre Guna, le tre
modalità di interazione che danno forma a tutto ciò che di materiale
esiste. Il legame tra il Shankya e lo Yoga è molto forte, poiché in
entrambe le scuole lo scopo finale è raggiungere la liberazione dell’anima
dalla materia.
Vaiṣeśika
La visione filosofica del Vaiṣeśika è una visione legata ad una ricerca
naturalistica; la verità è accessibile analizzando il mondo fenomenico, un
mondo composto da atomi (anu). Fu Kanada, millenni prima di
Democrito, a teorizzare la struttura atomica della materia nel
Vaiśesikasūtra. L’intero mondo visibile è un effetto delle varie forme e
interazioni di questi atomi, ma tale effetto non è dovuto al caso (come nel
materialismo greco) ma è regolato da una intelligenza divina secondo un
preciso ordine etico. Tale ordine etico è il famoso karma, dove ogni
anima riceve in vita in base a ciò che ha svolto in passato.
Nyaya
La visione filosofica del Nyaya è in sostanza un sistema di logica (infatti
il termine significa appunto ‘metodo per svolgere ricerca’) che deve
portare il ricercatore ad una conclusione certa. Il testo classico è il
Nyāyasūtra di Gautama. In sintesi ogni conoscenza, per essere tale,
necessita di un soggetto (pramātŗ) che conosce, dell’oggetto da
conoscere (prameya) e dei mezzi che permettono la conoscenza
(pramāna). La fonte primaria della conoscenza è l’intuizione sensibile,
ma tale intuizione ha le sue complessità, dovute alla mente che intuisce e
ai fenomeni intuiti. Inoltre nel Nyaya sono esposte varie strutture logiche
come il sillogismo, l’induzione, le proposizioni universali. Per il pensiero
indiano le idee universali non nascono da un mondo trascendente
platonico o da una astrazione aristotelica, ma da una concreta
osservazione della realtà dei fenomeni. La fenomenologia di Husserl è
più vicina ad un tale sistema logico-filosofico. La conoscenza può essere
garantita solo cogliendo la relazione di causa-effetto dei fenomeni, ed è
così che il Nyaya analizza i vari tipi di cause presenti in natura. Il fine
della conoscenza è sempre la liberazione dal ciclo di nascita e morte:
“anima, corpo, organi dei sensi, oggetti dei sensi, intelletto, esperienza,
mente, azione, difetti, rinascita, dolore, bene supremo, costituiscono la
realtà che deve essere conosciuta (prameya).” (Nyāyasūtra, I, 1, 9). Per
secoli si sono sviluppate varie scuole all’interno di questa visione vedica,
ma la centralità è sempre rimasta la necessità di garantire un metodo
sicuro e corretto di gestire la conoscenza, conoscenza che deve poi
portare alla liberazione del soggetto dalla sofferenza.
Citazioni
“Il sollievo assoluto dal dolore è la liberazione da nascita e morte.
[…] Il ricordo è una qualità dell’anima.” (Nyāyasūtra)
Jaimini, del Mimamsa
Mimamsa
La scuola detta Mimamsa è una vera e propria scienza dei riti. L’aspetto
rituale è in essa decisivo e preponderante. Lo scopo dei Veda è, secondo
il Sūtra di Jaimini, permettere alla società di raggiungere i propri scopi,
anche la liberazione, attraverso la scienza dei rituali. E il rituale è svolto
attraverso l’uso corretto dei Mantra. Per il Mimamsa ogni suono-parola è
un archetipo eterno e colui che svolge il rito deve riuscire a manifestare
tale suono; in base a tale azione sonora, secondo la legge karmica di
causa-effetto, devono necessariamente esserci i frutti. Dunque per questa
scuola il potere della parola è cosmico e ne deriva una vera e propria
filosofia del linguaggio. È bene sottolineare che recitare dei mantra non è
sufficiente per ottenere ciò che si desidera (come credono alcuni ingenui
della new age), infatti per Jaimini occorrono anche: vidhi (i doveri etici
da compiere), pratisedha (le proibizioni) e arthavada (la spiegazione
corretta del testo sacro). Senza tali elementi il mantra non è efficace.
Ricordiamo che lo scopo di Jaimini è la conoscenza del Dharma, poiché
solo conoscendo la legge cosmica, l’ordine divino delle cose, è possibile
muoversi in modo corretto nella dimensione materiale: “Il Dharma si può
conoscere attraverso i precetti presenti nei Veda” (Pūrvamīmāmsā sūtra,
1, 5). Credere di poter raggiungere qualsiasi scopo ignorando l’armonia e
la legge cosmica è una forma di ignoranza che, secondo Jaimini, conduce
il singolo e la società verso il caos…
Il pensiero Buddhista
Il Buddha
Vissuto circa cinque secoli prima di Cristo, il principe indiano Siddharta
Gautama (566 a. C.- 486 a. C.) è divenuto un punto di riferimento per
milioni di persone in tutto il mondo; alcuni lo venerano come una
manifestazione dell’Assoluto, per altre scuole è un’anima che ha
raggiunto il pieno Risveglio (Buddha significa appunto Risvegliato). La
sua vita, come scrisse Borges, riguarda “non di ciò che il Buddha fu, ma
di ciò che pervenne ad essere in breve tempo”[3], cioè la raggiunta
illuminazione interiore che lo portò ad essere una guida; al di là dei vari
elementi leggendari che hanno avvolto la sua figura storica egli fu un
principe che abbandonò ogni cosa per farsi monaco e cercare la soluzione
al dolore dell’esistenza. La sua dottrina è riassunta nelle famose Quattro
Nobili Verità:
1. Retta visione.
2. Retto pensiero.
3. Retta parola.
4. Retta azione.
5. Retto stile di vita.
6. Retto sforzo.
7. Retta consapevolezza
8. Retta meditazione.
Citazioni
“I consapevoli nell’attenzione non muoiono, ma coloro che vivono
inconsapevoli sono come già morti.” (Dhammapada, 2. 21)
“Con l’odio non si placa mai l’odio nel mondo. Solo con l’assenza
di odio si placa altro odio: questa è la Legge eterna.”
(Dhammapada, 1. 5)
Nagarjuna
Nagarjuna è uno dei massimi filosofi del Buddismo Mahayana. Egli,
approfondendo la dottrina dell’impermanenza dei fenomeni, arriva a
considerare come unica realtà il Vuoto, poiché ogni altro fenomeno non è
sostanziale, essendo un risultato temporaneo di relazioni e combinazioni.
Nulla è sostanziale secondo Nagarjuna perché nulla è isolato dal continuo
flusso di relazioni e combinazioni del divenire; egli afferma: “Tutti gli
esseri sono privi di natura propria, come si ricava dalla vista del loro
continuo mutare.”(Madhyamaka kārikā, XIII, 3). Questa visione ha lo
scopo di portare al distacco, poiché non ha senso desiderare ciò che non è
sostanziale; inoltre la visione di Nagarjuna non rientra neppure in una
sorta di nichilismo; non c’è per lui da decidere tra l’essere e il nulla,
poiché il vuoto infinito trascende queste categorie: “Chi pensa che una
cosa esiste, si ha, come conseguenza, la dottrina dell’eternità; chi pensa
che una cosa non esiste, si ha, come conseguenza, la dottrina
dell’annientamento. L’intenditore, perciò, si studi di evitare l’idea
dell’esistenza e della non-esistenza.” ( Madhyamaka kārikā, XV, 10).
L’unica idea accettabile è quella del Vuoto (Sunya), ma non è un’idea che
la mente può davvero razionalizzare, poiché trascende, come il Nirvana
stesso, ogni nostra categoria di pensiero. Infatti il filosofo puntualizza:
“La vacuità è una designazione metaforica.” (Madhyamaka kārikā,
XXIV, 18) Si tratta di andare oltre il piano mentale, piano basato sugli
opposti; solo allora ci potrà essere liberazione, risveglio dalle illusioni
della mente. Nagarjuna sapeva che tale vacuità è raggiungibile solo
attraverso la compassione verso tutti gli esseri; è prassi più che teoria;
secondo la leggenda che avvolge la sua vita lo stesso Nagarjuna donò 99
volte la propria testa, nelle vite passate, per il bene del mondo.
Lo Zen
Dal Buddhismo cinese Ch’an, deriva la famosa scuola del buddhismo
giapponese Zen; tale scuola ha un grande fascino, in parte legato al suo
leggendario fondatore, il monaco Bodhidharma, il quale predicava il
raggiungimento del ‘risveglio istantaneo’, tralasciando dogmi e testi da
studiare. Lo Zen si fonda più che sui testi su una conoscenza interiore
trasmessa da cuore a cuore, da Maestro a discepolo. Il Maestro fa in
modo che una esperienza (a volte uno shock) risvegli la mente del
discepolo, manifestando in lui la perfetta e pura natura della coscienza,
oltre ogni illusione dualistica. La natura del Buddha è, secondo lo Zen,
già presente in ogni essere, ma l’illusione della mente vela questa natura,
causando sofferenza e rinascite. Anche la famosa tecnica di meditazione
Zazen (concentrarsi col respiro e osservare la propria mente con distacco)
serve come preparazione all’istante del Risveglio. Come scrive Shunryu
Suzuki: “La pratica Zen consiste nell’espandere la nostra piccola mente.
La concentrazione è quindi soltanto un mezzo utile per aiutarvi a
realizzare la ‘grande mente’, ovvero la mente che è ogni cosa.”[6]
Esistono innumerevoli ‘storie Zen’ che illustrano il rapporto Maestro e
discepolo in modo esemplare e affascinante.
Storia Zen
“Un monaco chiese a Joshu: ‘Cos’è il mio sé?’
Il Jainismo
Il movimento jaina rifiuta l’autorità Brahminica e si pone così come moto
rivoluzionario e in tal senso viene considerato come ‘nastika’. Mentre il
buddhismo sviluppò un certo dialogo con la tradizione brahminica il
Jainismo evitò questa mediazione e sviluppò una visione rigorosa e più
aristocratica. Il Jainismo è ateo, pur ammettendo l’esistenza delle anime,
del karma e della liberazione dal samsara. Il suo fondatore fu il principe
Mahavira (- 477 a. C.), contemporaneo del Buddha; il suo insegnamento
si diffuse con velocità e ampiezza in India e portò alla fioritura di
numerosi testi, in particolare dedicati alla logica. Filosoficamente è
simile al Sāṃkhya, e lo scopo (anche qui) è la liberazione dell’anima dal
dolore materiale. Per raggiungere tale scopo nel Jainismo è decisivo
estinguere completamente il Karma, ovvero tutte le conseguenze delle
nostre azioni. Gli ostacoli da superare per estinguere il Karma sono otto:
Il Tantra
Il termine ‘tantra’ significa ‘tessuto’, ‘telaio’, ‘tecnica’; si tratta di una
antichissima tradizione i cui insegnamenti segreti hanno attraversato, in
modo trasversale, le varie culture indiane; abbiamo quindi un tantrismo
vedico, buddhista, gainista; in occidente il tantra è tra le scuole più
fraintese e mistificate e tutto viene ridotto ad una specie di ‘mistica del
sesso’. Le cose sono molto più complesse. Secondo molti studiosi tale
tradizione è tra le più antiche e rimanda alle civiltà matriarcali presenti in
tutto il mondo, civiltà dove la Dea era la divinità principale e dove la vita
stessa era sacra in ogni suo aspetto. Le tracce più antiche si ritrovano nel
culto di Shiva e Durga e della loro unione mistica come origine del
mondo. In tal senso l’energia sessuale è vista come energia sacra e
richiede una profonda consapevolezza iniziatica; pochi sono gli adepti
che possono praticare l’unione fisica per raggiungere l’unione divina e
ciò richiede dei rituali tantrici molto difficili. Dal punto di vista filosofico
il tantrismo si inserisce in tutte quelle realtà dove lo sciamanesimo e il
rapporto con le energie della natura sono molto forti, dove il divino va
cercato soprattutto nella realtà fenomenica, nel qui e ora; e per realizzarlo
l’iniziato tantrico si avvale di strumenti che vengono dati a pochi: Mantra
speciali, Mandala, Rituali segreti. In sostanza il superamento dei legami
materiali nel tantrismo non avviene attraverso una graduale ascesi e con
il distacco, ma avviene immergendosi consapevolmente nel mondo stesso,
cogliendo nel desiderio la presenza divina. Alcune scuole tantriche sono
spesso degenerate a causa della pericolosità di tale ‘immersione’; ma
altre scuole rappresentano invece gli aspetti più alti ed esoterici
dell’amore mistico e divino, come nei testi che descrivono l’unione di
Shiva e Shakti, o di Krishna e Radha. Giuseppe Tucci scrive acutamente:
“…la libido, che assume in India un senso cosmico, un impulso ovunque
e sempre presente ed attivo, che sotto il binomio Shiva-Shakti, linga-yoni
delle scuole shivaite, Krishna-Radha delle scuole vishnuite, atto e
conoscenza, padre-madre delle sette buddhiste, ispira e alimenta alcune
delle più ardite costruzioni religiose del mondo.”[7] La sessualità
materiale è dunque nel tantra più profondo un riflesso distorto
dell’amplesso del divino con se stesso, l’unione del Suo duplice aspetto
maschile e femminile, archetipi che danno origine a tutte le coppie
presenti in natura.
Parola chiave: Lingam
“Nei templi shivaiti si vedono innumerevoli linga; ad alcuni di essi si
attribuiscono origini non umane: sono i celebri «dodici linga luminosi»
divenuti luoghi di pellegrinaggio…[…] …nell’India meridionale adorano
il linga, perché il linga è Shiva.”[8] (G. Tucci) Il linga è il fallo cosmico,
il principio creativo universale. Non a caso grandi studiosi hanno visto
nei riti orgiastici dionisiaci una forte parentela con le scuole tantriche del
linga, tanto da considerare la figura di Dioniso una manifestazione greca
del Dio Shiva. Molte divinità antiche, greche, egizie e scandinave, sono
di derivazione più antica, e hanno origine dal pantheon vedico.
Note:
Citazioni
“Ciò che non è conforme al Tao finisce presto”
“Il santo non accumula, più ha fatto per gli altri e più possiede; più
ha dato agli altri più abbonda.”
Chuang-tzu
Questo testo composto dal saggio Chuang-tzu (399 a.C.-295 a.C.) non è
un trattato filosofico, né una semplice raccolta di frasi, è bensì un testo
immenso, vasto, colmo di storie, dialoghi, immaginazione, incontri
anacronistici; in esso l’autore, forse il massimo pensatore taoista, critica
con forza i confuciani e illustra la grandezza della visione di Lao-tzu.
Molti aspetti del Chuang-tzu riprendono l’importanza della spontaneità e
la presenza costante eppure sfuggente del tao; un certo esoterismo si è
sviluppato da certi aspetti del libro, ma occorre leggerlo abbandonando
un’ottica troppo intellettuale e rigida, lasciandosi portare dalle stesse
parole del saggio nel suo mondo magico e utopistico. In sostanza nel
Chuang-tzu il mondo appare come un grandioso teatro taoista, dove il
tempo e lo spazio vengono trasformati in semplici elementi scenografici
utili al manifestarsi di una saggezza eterna. Come nota acutamente
Vecchiotti: “Chuang-tzu segna nel taoismo un ulteriore momento di crisi.
[…] in Chuang-tzu il tao è diventato un principio di fuga…Per questa via
Chuang arriva all’estasi mistica.”[19]
Citazioni
“L’uomo sommo usa il cuore come uno specchio: non favorisce e
non avversa, riflette e non trattiene.”
“Se sei corretto sei calmo; se sei calmo sei illuminato; se sei
illuminato sei vuoto, se sei vuoto nulla fai e nulla vi è che non sia
fatto.”
Citazioni
“Confucio disse: Se al mattino hai appreso la Via, la sera puoi
anche morire.”
Note:
[11] Per chi volesse approfondire alcuni aspetti esoterici della cultura dei
Veda rimando al mio testo: Lo Yoga devozionale indiano, Xenia
edizioni, Milano 2011.
[15] Tao. I grandi testi antichi, UTET, Torino 2003, pag. 144.
[17] Confucio, Dialoghi, Einaudi, Torino 2003, pag. 15, 123, 185 e 189.
L’India medievale
Citazioni
“Non sono la mente, l’intelletto, il senso dell’io […] . Non mi
appartengono la paura, la morte, la distinzione di casta. Così non
ho padre né madre né nascita; non ho parenti, amici né maestro né
discepolo. Sono Coscienza ed essenza di Beatitudine.” (Śivo ‘Ham
Śivo ‘Ham).
Il Rinascimento scientifico:
Astronomi e matematici
Il colonialismo ha distrutto non solo interi popoli ma anche la verità
storica… In India già secoli prima di Copernico erano già esistiti
astronomi che avevano dimostrato, con precisione fisica e matematica, la
visione eliocentrica; studiosi come Brahmagupta (598-668 d. C.) e
Bhaskara acarya (1114-1185 d.C.) sono gli eredi della millenaria
conoscenza esoterica dei Veda e le loro scoperte matematiche ed
astronomiche sono il frutto di questo millenario sapere ancora oggi
nascosto all’umanità o mal compreso…
Ramanuja (1017-1137)
Ramanuja acarya
Ramanuja (1017-1137) è considerato il fondatore del sistema filosofico
del Visistadvaita-vada, o del monismo differenziato, e della linea
spirituale Sri Sampradāya. La sua vita è stata molto operosa e lunga,
infatti secondo la tradizione egli superò i cento anni di età. Nacque
nell’India meridionale presso Bhutapuri verso la fine dell’XI secolo.
Inizialmente si formò studiando sotto l’influsso delle scuole di
Śankaracarya, ma poi, sotto l’influsso del maestro vishnuita
Yamunacarya modificò la propria visione. La sua opera più importante è
lo Sribhasya, commento al Vedantasūtra, nel quale propone una lettura
diversa dell’Assoluto rispetto alle scuole precedenti. Visse in modo
ascetico dedicandosi alla scrittura e alla predicazione, fondando numerosi
templi. Iniziò così una vasta letteratura di opere ispirate alla visione di
Ramanuja. Secondo tale visione, profondamente teistica, Dio manifesta il
mondo traendolo dalle sue stesse energie, manifestando anche infinite
anime. Ciò significa che il mondo fenomenico non è una totale illusione,
ma ha un suo grado di realtà; e le anime hanno la stessa sostanziale
caratteristica di Dio, mantenendo però una loro natura individuale. Dio è
sostanza spirituale infinita e l’anima è sostanza spirituale infinitesimale.
Citazioni
“Dissolvi il tuo Ego. Ama il devoto di Dio. Servi la causa
dell’umanità, composta dai figli di Dio. Nessuno è infallibile. Non
umiliare mai nessuno. Ciò che è di suprema importanza è la purezza
della mente e delle azioni.” Ramanuja acarya
Testo
Nimbarka acarya
Nimbarka (XI-XII secolo, data incerta) è il fondatore della visione
dvaitādvaita-vāda e della linea spirituale della Hamsa Sampradāya.
Nella sua filosofia l’Assoluto, il Brahman, è personale ed è
contemporaneamente distinto ed unificato rispetto alle sue energie
(shakti). Sono le energie dell’Assoluto, secondo Nimbarka, che possono
aiutarci a capire il Brahman stesso. Per Caitanya, invece, nonostante la
visione delle varie energie che l’Assoluto manifesta, l’Assoluto resta
comunque oltre le nostre categorie mentali, ed è quindi inconcepibile.
Nimbarka scrisse: un commento alla Bhagavad-gītā; il Vedanta Parijat
Saurabh, commento al Vedanta sutra; Prata Smarana Stotram, inni
devozionali.
Madhva acarya
Madhva (1238-1317) approfondisce ulteriormente la visione di
Ramanuja, infatti i suoi commenti ai testi classici della tradizione vedica
furono molto osteggiati dai seguaci di Śankaracarya. La visione di
Madhva è di tipo dualistico: Dio, anime, e materia sono ancor più
differenziati tra loro. Non solo Dio ha una sostanziale differenza rispetto
alle anime, ma tra le anime stesse esistono delle differenze; e la stessa
materia ha al suo interno delle differenze sostanziali. Per raggiungere la
liberazione il filosofo suggerisce la perfetta conoscenza delle differenze
dei tre principi; tale conoscenza si articola in cinque punti: la differenza
tra Dio e le anime; la differenza tra Dio e il mondo materiale; la
differenza tra un’anima e un’altra anima; la differenza dell’anima dal
mondo materiale; la differenza tra le varie realtà materiali. Arrendersi al
divino personale è per il filosofo l’unica possibilità delle anime di
salvarsi dalla materia e dal dolore che ne deriva. La sua visione è detta
Dvaita-vada, e fondò la linea spirituale Brahma Sampradāya.
Citazioni
“Le persone dovrebbero essere forti sia nella mente che nel corpo.”
Vallabha cacarya
Vallabha (1479-1531) è stato un grande esponente della corrente vishuita. Teologo e filosofo
fondò la lettura vedantica detta suddhādvaita-vāda e la linea spirituale della Rudra Sampradāya.
La sua visione è molto simile a quella di Caitanya; infatti ammette il Brahman come causa
efficiente e materiale dell’universo, inoltre considerava il Brahman stesso come sostanza ultima
che ha in se attributi apparentemente contraddittori; non usò mai l’espressione, poi usata da
Caitanya, dell’bhedābheda, egli denominò l’Assoluto come Viruddha Dharmaśraya (substrato di
qualità opposte). Per Vallabha la bhakti va intesa soprattutto come ‘senso del servizio’, dove
ognuno serve Dio in uno stato di totale abbandono. Inoltre egli indica la bhakti come pura grazia
divina, non dipendente da fattori materiali. Scrisse testi molto importanti:
Citazioni
“(Oh Krishna) le tue labbra sono dolci, il tuo volto è dolce, i tuoi
occhi sono dolci, il tuo sorriso è dolce, il tuo cuore è dolce, la tua
andatura è dolce; ogni cosa è completamente dolce nel Signore
della dolcezza.” (Madhurāşţakam)
Caitanya Mahaprabhu
Caitanya Mahaprabhu (1486-1534) rappresenta la sintesi tra le scuole
moniste dell’Advaita Vedanta e le scuole dualiste del Dvaita Vedanta. Pur
non essendo stato un filosofo in senso stretto, la sua mistica e i suoi
insegnamenti orali hanno stimolato una letteratura in grado di riunire le
varie scuole legate al Vedanta. Egli è considerato il fondatore della
tradizione spirituale denominata Gaudīya vaishnava sampradaya. I suoi
discepoli principali furono i sei Gosvāmī di Vrindavana, i quali
sistematizzarono il pensiero di Caitanya in numerose opere; tra loro
spicca il filosofo Jīva Gosvāmī. La vita di Caitanya fu piuttosto breve, ma
ricca di eventi spirituali. Egli nacque a Mayapur, una città medievale
sulle rive del Gange; fin da giovanissimo studiò le scritture vediche, il
sanscrito e la logica. Ma la sua erudizione venne scossa dall’incontro con
Īśvara Puri, un monaco dell’ordine vaishnava, il quale lo iniziò alla
bhakti per Krishna. Da allora, dopo aver preso l’ordine monacale del
sannyasi, girò per tutta l’India insegnando e cantando mantra dedicati
all’amore per Radha e Krishna. Secondo la tradizione vaishnava più
esoterica Caitanya è la manifestazione di Krishna e Radha; la sintesi da
lui proposta è nota come acintya bhedābeda tattva, cioè l’inconcepibile
coincidenza e differenza tra Dio e le sue energie (shakti); in sostanza
l’assoluto è Uno e contemporaneamente manifesta infinite energie per il
proprio godimento; tali energie sono simultaneamente distinte e
coincidenti con l’Assoluto stesso. Infinite anime e infiniti universi
materiali derivano da tali energie.
Citazioni
“O Signore onnipotente, non desidero ricchezze, non desidero belle
donne e non voglio discepoli. Desidero solo impegnarmi nel Tuo
incondizionato servizio d’amore, vita dopo vita. O Krishna, figlio di
Nanda Maharaja, sono il Tuo servitore eterno, ma per una ragione
o per l’altra sono caduto nell’oceano di nascite e morti. Ti prego,
salvami da questo oceano e ponimi come un atomo di polvere ai
Tuoi piedi di loto.” (Śiksāstaka)
I Gosvāmī di Vrindavana
I sei Gosvāmī di Vrindavana si impegnarono nell’approfondimento della
filosofia di Caitanya. Produssero un’intera letteratura filosofica e
teologica in grado di rispondere alle precedenti scuole del Vedanta,
proponendo la Bhakti verso Krishna come il culmine dello yoga e dei
Veda. I loro nomi sono: Rupa Gosvāmī, Sanatāna Gosvāmī, Raghunata
Dasa Gosvāmī, Raghunata Bhatta Gosvāmī, Jiva Gosvāmī e Gopala
Bhatta Gosvāmī. Vissero gran parte della loro esistenza a Vrindavana,
luogo dove Krishna visse la propria infanzia circa cinquemila anni fa;
erano dei grandi mistici e nello stesso tempo dei grandi studiosi della
letteratura vedica. Il filosofo che maggiormente ebbe uno spirito
sistematico fu Jiva Gosvāmī, i cui scritti sono ancora oggi un punto di
riferimento per i gaudya vaishnava.
Citazioni
“Qual è allora la vera natura della realtà ultima? La realtà ultima è
stata descritta dai veggenti con le parole advaya jñāna. Con jñāna
(conoscenza) si indica la coscienza pura, libera da ogni influenza
materiale. Questa conoscenza è stata descritta come advaya poiché
è autoreferente, non c’è nulla che gli sia simile o differente. Non
dipende da niente altro se non da se stessa. Ha le sue shakti
(energie) che a loro volta dipendono soltanto da essa. Al di là di
tutto la realtà ultima rimane in se stessa l’oggetto supremo e la
sorgente di tutta la beatitudine eterna.” (Śrī Tattva-Sandarbha)
Bhaktivinoda Thakura
Bhaktivinoda thakura
Bhaktivinoda Thakura (1838-1914) è stato un filosofo e bhakta moderno;
egli ha avuto il merito di recuperare la tradizione vaishnava e valorizzarla
in un’India modernizzata da un forte colonialismo. Scrisse circa cento
libri e svolse l’incarico di giudice in Bengala, come funzionario
dell’impero britannico. Egli è considerato uno dei fondatori del
Rinascimento devozionale in Bengala, infatti riprese le analisi filosofiche
e teologiche dei Goswami e le sintetizzò in opere fondamentali; valorizzò
e riscoprì luoghi di culto e fu il primo a tentare di divulgare, in modo
critico e culturale, agli occidentali il patrimonio della letteratura puranica.
Il suo capolavoro filosofico è il Jaiva-dharma, sintesi dell’intera mistica
e filosofia vaishnava. Nel Tattva-Viveka confrontò la filosofia europea
con quella orientale, per mostrare la supremazia ultima della bhakti
rispetto ad ogni altro sistema speculativo.
Citazioni
“Nessuno ha mai visto la coscienza generata dagli elementi della
materia inerte.”
(Tattva-Viveka)
“Se Dio avesse creato il mondo materiale per godere dei sensi,
allora non avrebbe immesso nei sensi così tanti difetti. Lui è
onnipotente, tutto ciò che desidera diventa subito realtà. Se Egli
avesse designato le anime condizionate per il piacere materiale, le
avrebbe dotate di corpi materiali senza difetti.”
(Tattva-Viveka)
“Le vere risposte fornite dalle anime realizzate in India sono date
anche dalle anime realizzate che vivono in altri paesi. Le anime
liberate vivono tutte nel mondo spirituale detto Vaikuntha e danno le
stesse risposte.”
(Tattva-Viveka)
“Le anime condizionate cadono nel mondo materiale per una, e una
sola, ragione. Questa ragione è bhagavad-bahirmukha, cioè per
aver distolto il loro sguardo da Bhagavān. […] Mostrando la sua
misericordia a queste anime Bhagavān manifesta il mondo
materiale, in questo modo esse possono divertirsi secondo i propri
desideri. Bhagavān manifesta il mondo materiale in modo tale che,
dopo pochi “giorni” di questo tentativo di divertimento, le anime
condizionate possano diventare più intelligenti e scegliere di
distaccarsi da quei piaceri materiali. In questo modo Bhagavān
insegna il sentiero delle attività devozionali in associazione coi santi
devoti. Seguendo tale sentiero, le anime sfuggono al mondo
materiale.”
(Tattva-Viveka)
Vivekānanda
Swami Vivekananda (1863-1902) fu uno dei primi filosofi e maestri a
viaggiare in occidente per diffondere la cultura dei Veda e lo yoga.
Vecchiotti così riassume il suo approccio filosofico: “Vivekānanda pone
la concezione che egli segue – che si manifesta sempre più come un forte
sincretismo – al punto d’unione dell’idealismo e del materialismo. Ma,
d’altra parte, le varie forme del vedantismo rimangono sullo sfondo,
anche se qui non parla esplicitamente di Nimbarka, Vallabha…[…] I
riferimenti espliciti riprendono sempre Śāmkara, Rāmanuja, Madhva.”21
Si tratta del tentativo di una grande sintesi per mostrare al mondo
occidentale la completezza del pensiero vedantico, e tentare un dialogo
con la filosofia europea. Anche dal punto religioso Vivekānanda mostrò
sempre una visione universalistica che vede in Gesù, Buddha e Krishna
manifestazioni divine che diffondono lo stesso messaggio. Vivekānanda
fu discepolo del famoso mistico Ramakrishna, il quale influenzò molto le
sue visioni filosofiche e ispirò molte delle sue conferenze. Egli poneva
l’accento su tre forme di yoga in particolare: Karma-yoga, Bhakti-yoga e
Raja-yoga; in sostanza: lo yoga dell’azione, della devozione e della
meditazione. In ogni caso è sempre il divino ad essere al centro di ogni
yoga. Romain Rolland scrisse su Vivekānanda: “I veri yoga vedantici,
come li espone nei suoi trattati Vivekānanda, sono una disciplina dello
spirito così come l’hanno cercata i nostri filosofi occidentali, al fine di
incamminarsi, per la via diretta, verso la verità.”
Citazioni
“Ogni anima è destinata ad essere perfetta; ogni essere, alla fine,
raggiungerà la perfezione.”
(Bhakti-yoga)
“Voi sentirete i fanatici dire con facilità: ‘Io non odio il peccatore,
odio il peccato.’ Ma io sono pronto ad andare in capo al mondo pur
di vedere la faccia di colui che sa fare veramente la distinzione fra
peccato e peccatore.”
(Karma-yoga)
Sri Aurobindo
Citazioni
“La risata di Dio è talvolta molto rozza e indecente per orecchie
pudiche; non gli basta essere Molière, deve anche essere Aristofane
e Rabelais.”
(Pensieri e aforismi)
(Krishna e Kali)
Citazioni
“Questo corpo non è per noi che serve, non è per noi che ci è stato
dato: ma per fare il Lavoro.”
(Agenda, 1960)
“Le vittorie più grandi sono quelle che fanno meno rumore.”
(Agenda, 1960)
“Oggi le persone sono incoscienti, più sono incoscienti, più sono nel
Tamas; più la loro sensibilità è ridotta, più hanno bisogno di
sensazioni forti per sentire qualcosa.”
Krishnamurti
Jiddu Krishnamurti (1895-1986) nacque nell’India meridionale, dove da
ragazzo venne notato da alcuni membri della società teosofica inglese e
considerato un essere eletto, in grado di guidare la società ad un livello
superiore. Cresciuto tra teosofi e riti di occultismo Krishnamurti rinnegò
in seguito questa congregazione, portandolo ad una insofferenza verso
ogni tipo di organizzazione spirituale. nel 1922 ebbe un’esperienza
mistica che lo trasformò radicalmente. Da allora girò il mondo come
filosofo apolide, tenendo conferenze su vari temi, tutti incentrati su una
radicale libertà da ogni ideologia e condizionamento mentale. Notevoli i
suoi dialoghi col fisico David Bohm, dove filosofia orientale e fisica si
incontrano mirabilmente.
Citazioni
“Quando non c’è il tempo, non c’è neanche la morte. Resta
solamente l’amore.”
(Diario)
“La libertà è responsabilità totale, non solo per i tuoi figli, ma per
tutti i figli della terra.”
(Diario)
David Bohm: Può descrivere meglio cosa intende quando dice che ‘non
c’è domani’?
[…]
David Bohm: Sì, ma cerchiamo di essere chiari. Prima lei aveva detto che
sarebbe avvenuto mediante l’insight (illuminazione). Adesso dice forse
che la meditazione tende a produrre l’insight?
Krishnamurti: Sì, proprio così. Meditare senza alcun senso del divenire.”
(Dove il tempo finisce)
Gandhi
Mohandas Karamchand Gandhi (1869-1948) nacque in India, ma da
giovane ricevette una educazione anglosassone; diventò avvocato della
corona inglese e nel 1893 andò in Sudafrica, dove matureranno nel tempo
le sue visioni etiche e politiche. Inizierà in pochi anni la grande battaglia
della non-violenza per liberare l’India dal dominio dell’Inghilterra. Come
scrisse Vecchiotti: “…qui per la prima volta l’ahimsā (non-violenza)
diventa una tecnica per la rivoluzione.” (Che cosa ha veramente detto
Gandhi). Gandhi attualizza gli insegnamenti vedici, ed in particolare la
sua guida è la Bhagavad-gītā che egli stesso considera come ‘una
seconda madre’. Per Gandhi la filosofia del Vedanta deve essere in grado
di risolvere nella concretezza sociale e politica i mali dell’India oppressa
dal colonialismo; per questo il suo attivismo politico è sempre stato
guidato ed ispirato sui concetti di Dharma, non-violenza e Satyam
(verità). Non a caso Gandhi praticò il vegetarianesimo fin da ragazzo,
trovando delle affinità tra il pensiero vedantico e i libri di Tolstoy,
Thoreau e altri autori europei da lui amati. Per Gandhi le religioni
dovevano abbandonare il proprio settarismo e seguire un unico aspetto di
Dio: la Verità. Gandhi verrà ucciso da un fanatico con un colpo di pistola;
nell’istante della morte pronunciò uno dei Sacri nomi di Dio: Rama.
Citazioni
“…è mia ferma convinzione che non si possa costruire niente di
durevole sulla violenza.”
(Il mio credo, il mio pensiero)
Citazioni
“La mente ci dà continuamente degli ordini. […] …lo scopo dello
yoga è il controllo della mente.”
(La perfezione dello yoga)
“Dio si è fatto molteplice per il Suo piacere e noi siamo gli oggetti
di questo piacere. […] Tuttavia, sebbene Krishna sia Colui che gode
e noi siamo l’oggetto del Suo piacere, questo piacere è condiviso
ugualmente da Krishna e da noi. Il nostro godimento diventa
perfetto solo quando partecipiamo al piacere di Dio.”
(La perfezione dello yoga)
23 marzo 1974
“Prabhupada: Innanzitutto definiamo il servizio. Che cos’è? Il servizio
implica la presenza di un servitore e di un padrone. È lo scambio tra il
servitore e il padrone. Ma noi abbiamo creato moltissimi falsi padroni:
moglie, capofamiglia, capo di stato…Non è così? E li serviamo. ‘Oh, è
mio dovere, devo servirli’. Ma se chiedi a qualcuno di questi padroni se è
soddisfatto, dirà: ‘Cosa hai fatto per me?’
George Harrison
Vandana Shiva
Vandana Shiva (1952- ) è una filosofa, attivista e ambientalista. Nata
nell’India del nord prende il dottorato in filosofia con una tesi sulle
implicazioni filosofiche della meccanica quantistica. In seguito
abbandona questa ricerca per concentrarsi sull’urgenza alimentare e
agricola nel suo paese e nel mondo. Come attivista si è battuta contro la
multinazionale Monsanto che sfruttava i contadini indiani. In particolare
il suo pensiero ecologico è legato alla conservazione dei semi, da
proteggere dalle manipolazioni genetiche svolte per danneggiare e
speculare sulla natura. È vegetariana ed attacca con forza gli allevamenti
intensivi. Centrale nel suo pensiero l’idea di shakty, l’energia divina
femminile che manifesta e rigenera la vita. È un’amante della tradizione
vedica e della sua valorizzazione.
Citazioni
“Il seme non è solo fonte della vita. È il fondamento stesso del
nostro essere.”
Indra: Deva della pioggia; capo degli esseri celesti e armato di folgore;
da esso deriva la figura greca di Zeus.
Līlā: Le attività eterne svolte dal Signore nel mondo spirituale. Alcune di
queste si manifestano ciclicamente anche negli universi materiali.
Tilaka: Segni che il devoto mette sul proprio corpo per renderlo il tempio
del divino.
I Veda
Dal Rig-Veda
“Libro I. Inno 170.
Indra disse:
Costui non è mai nel tempo, né nel presente né nel futuro.
Chi conosce questo Essere Supremo e Meraviglioso?
Egli possiede azioni e giochi, ma se viene avvicinato
in modo impuro con la mente svanisce.”
“Hare Rama Hare Rama Rama Rama Hare Hare Hare Krishna Hare
Krishna Krishna Krishna Hare Hare.
Sri Isopanishad
Invocazione: OM, l’Assoluto, è completo e perfetto e tutto ciò che Egli
emana è completo e perfetto; è dalla completezza che deriva la
completezza ed Egli, essendo la completezza perfetta, rimane tale anche
dopo aver dato ogni altra completezza.
1. Il Signore pervade e controlla tutto ciò che esiste, sia l’animato sia
l’inanimato; da Lui accetta la parte che ti è stata assegnata,
distaccandoti da ogni desiderio di ricchezza altrui.
2. Agendo con tale distacco l’uomo può vivere fino ad un centinaio di
anni. Ciò vale anche per te: fai in modo che la legge del Karma non ti
leghi alle tue azioni. Non vi è alternativa.
3. I mondi destinati agli Asura sono avvolti nelle tenebre e
nell’ignoranza ed è lì che vanno tutti coloro che uccidono la propria
anima.
4. Pur restando fisso nel suo mondo il Signore è più rapido della mente;
nessuno, neppure i Deva, possono raggiungerlo; pur restando
immobile Egli supera ogni altro movimento; egli si espande nella
Madre di ogni cosa.
5. Il Signore si muove e non si muove. Egli è lontano e vicino. Egli è
all’interno e all’esterno di tutto ciò che esiste.
6. In verità colui che riconosce tutti gli esseri come manifestazione del
Signore e il Signore all’interno di tutti gli esseri non prova più
avversione verso alcuno.
7. In tale stato di consapevolezza, colui che vede la propria anima
identica (nella sostanza spirituale) ad ogni altra anima, quale
turbamento o illusione può provare?
8. Il Signore è onnipresente, senza forma materiale, puro, onnisciente,
immune da errori, veggente e filosofo perfetto, nessuna vena è
presente nel suo corpo spirituale; egli soddisfa tutti i desideri da
tempo infinito.
9. In tenebre fitte cadranno coloro che coltivano il sentiero
dell’ignoranza; ma in tenebre ancora più profonde cadranno coloro
che coltivano la conoscenza fine a sé stessa.
10. Ben altro ci è stato detto, dai saggi, sulla differenza tra i frutti che
derivano dalla conoscenza e dall’ignoranza.
11. Colui che comprende insieme la via della conoscenza e
dell’ignoranza, trascende la morte attraverso l’ignoranza e gode
dell’immortalità attraverso la conoscenza.
12. Nelle regioni più tenebrose precipitano coloro che adorano gli esseri
non indipendenti (i Deva), ma in tenebre ancora più fitte cadono
coloro che si dedicano solo alla pura indipendenza (all’aspetto
dell’Assoluto come Brahman).
13. È stato affermato che una cosa è il risultato che deriva adorando
l’Assoluto, e un’altra cosa è il risultato che deriva dall’adorazione di
ciò che non è indipendente; ciò è stato spiegato perfettamente dai
grandi saggi.
14. Colui che conosce il Signore Supremo (e tutti i suoi aspetti Personali)
come nascita e dissoluzione di ogni cosa, attraverso la dissoluzione
supera la morte e attraverso la nascita spirituale gode nel suo regno
eterno.
15. Da uno schermo dorato e abbagliante è nascosto il volto della Verità
Suprema (il volto del Signore). Togli, ti supplico, questo velo,
affinché il vero seguace del Dharma (il devoto) possa vederlo!
16. O Signore, o veggente primordiale, tu che a tutto dai ordine, che sei la
luce del Sole, che dai beneficio ai progenitori, rimuovi e raccogli i
tuoi raggi, raccogli il tuo splendore! Così che io possa contemplare la
tua forma più sacra! Tu sei la Persona che si trova là, nel Sole, e
anch’io sono simile a te!
17. Il soffio vitale è indistruttibile ma questo corpo verrà ridotto in
cenere; possa il suo soffio vitale ricongiungersi al soffio eterno. OM!
Ti prego Signore, ricorda ogni mio sacrificio, poiché sei tu il loro
destinatario, ricorda tutto ciò che ho fatto per te! Ricorda tutto ciò che
ho fatto per te!
18. 18. Signore, come Agni tu conosci tutte le azioni rituali, guidaci sulla
giusta strada e purificaci da ogni vizio. A te rivolgiamo il nostro
omaggio e la nostra resa totale.
Purāna
Uddhava-gītā (estratto)
(Srimad-Bhagavatam, Canto 11, cap. 29. – Lo yoga dell’amore assoluto)
Verso 1: Sri Uddhava disse: Questo metodo yoga, caro Signore, è molto
difficile da compiere per chi non riesce a controllare la mente; per questo
ti prego di dirmi come è possibile realizzare la perfezione spirituale in
modo più accessibile.
Verso 2: O Signore dagli occhi di loto, questi yogi mistici sono spesso
delusi e frustrati da queste pratiche poiché non riescono a raggiungere il
perfetto samadhi; non riuscendo a placare la mente falliscono e si sentono
affaticati.
Verso 3: O Signore, gli uomini puri come i cigni prendono rifugio ai tuoi
piedi di loto, che sono la sorgente di ogni estasi spirituale; mentre coloro
che con orgoglio si fissano nei risultati dello yoga e del karma non si
rifugiano in te e vengono poi sconfitti dalla potenza di Maya.
Verso 5: Chi può dunque rifiutare te che sei l’anima Suprema di tutti, il
controllore universale che concede le benedizioni più grandi? Chi
rifiuterebbe la tua grazia per dedicarsi a piaceri effimeri che servono solo
a farti dimenticare? Nulla manca a coloro che hanno deciso di impegnarsi
al servizio della polvere dei tuoi piedi di loto. Cos’altro desiderare?
Verso 9: Offri le tue attività e i tuoi doveri a Me, senza diventare mai
impulsivo offrimi la tua mente e la tua intelligenza e fissa la tua mente su
di Me, ricordandomi sempre.
Verso 10: Cerca rifugio nei luoghi sacri dove vivono i miei devoti e
prendi esempio dalle loro sante attività che si manifestano tra gli esseri
celesti, tra i demoni e tra gli uomini.
Verso 13: O luminoso Uddhava, chi riconosce la Mia presenza in tutti gli
esseri che incontra e tratta tutti con rispetto, costui è saggio grazie a
questa conoscenza divina.
Verso 14: Costui vede tutti con sguardo imparziale, non fa differenza tra
il brahmana e il mlecchai, tra il ladro e il cultore dei Veda, tra il sole e le
sue scintille, tra il buono e il crudele.
Verso 15: Chi medita costantemente sulla Mia presenza in tutti i viventi si
libera velocemente da ogni tendenza nefasta come la rivalità, l’invidia, la
vanità e ogni idea egoistica si dissolve…
Verso 16: Incurante del disprezzo altrui egli dovrebbe abbandonare la vita
basata sul corpo e offrire omaggi a tutti i viventi, si tratti di asini, cani,
mucche o mleccha, gettandosi a terra dritto come un bastone.
Verso 18: Con questa conoscenza spirituale della presenza divina in ogni
essere e in ogni luogo potrai accedere presto alla Verità Suprema e
liberarti da ogni dubbio, e così lascerai ogni attività egoistica, legata ai
frutti dell’azione.
Verso 19: Questa forma di adorazione della Mia persona, rivolta con
azioni concrete verso tutti gli esseri, è per Me il metodo più elevato per
raggiungere la realizzazione spirituale.
Verso 20: Caro Uddhava, questo metodo dello yoga devozionale alla Mia
persona è stato da Me stabilito come del tutto libero da ogni influenza
materiale; praticandolo un devoto sincero non subirà mai nessun danno.
Verso 21: O Uddhava, tu sei il più santo tra i santi, e sai che nei momenti
pericolosi ognuno piange e si dispera inutilmente; ma rivolgersi a Me,
anche per essere liberati dalla paura e dal pericolo, è l’atto religioso più
elevato.
Verso 26: A colui che diffonde, tra i miei devoti, questo supremo
insegnamento in modo libero, a lui io dono e concedo Me stesso.
Verso 27: In tutti coloro che ripetono ad alta voce questa conoscenza
assoluta, giorno dopo giorno la coscienza verrà purificata, poiché
diffondono come una torcia questa conoscenza che illumina e purifica.
Verso 28: Tutti coloro che ascoltano regolarmente questa conoscenza con
fede e attenzione, impegnandosi nel Mio servizio, non saranno mai legati
dalle azioni che svolgono nel mondo materiale.
Verso 30: Non dovresti rivelare questa conoscenza intima a chi è falso,
ateo o criminale e neppure a coloro che non hanno fede in essa, ai non
devoti e a coloro che sono orgogliosi.
Verso 33: Tutti cercano di fare progressi nel dharma, negli affari, nel
godere con i sensi e nel raggiungere la liberazione dal ciclo di nascite e
morti con la logica, i riti e lo yoga mistico; molti cercano gloria e potere
politico; ma tu che sei Mio devoto otterrai tutte queste opulenze
ottenendo Me in persona.
Verso 34: Colui che abbandona ogni desiderio verso i frutti dell’azione e
desidera soltanto servirmi con amore, costui ottiene la liberazione dal
ciclo di nascita e morte e viene elevato nel mio regno, dove potrà
condividere le Mie stesse glorie.
Verso 35: Śukadeva Gosvāmī disse: Dopo aver ascoltato la via completa
dello yoga, indicata da Sri Krishna in persona, Uddhava unì le sue mani
in adorazione del Signore e con il cuore colmo d’amore rimase silente
mentre dai suoi occhi sgorgavano lacrime. Per l’emozione non riusciva
più a parlare.
Verso 39: Tutte le corde che mi legavano con affetto alle varie famiglie
degli Yadu erano nate dalla tua energia illusoria, la potente Maya-shakti;
ma ora ogni legame illusorio è stato reciso dalla spada della tua
conoscenza spirituale.
Verso 40: Offro a te i miei omaggi e ogni adorazione, a Te che sei il più
grande degli yogi; ora che ho preso rifugio in te soltanto, dimmi, ti prego,
come posso sviluppare sempre più questo attaccamento ai tuoi piedi di
loto senza lasciarmi più sviare.
Verso 41: Sri Bhagavan, Dio in persona, disse: Caro Uddhava, accogli la
mia indicazione, recati a Badarikā, esso è un luogo santo; là potrai
purificarti immergendoti in quelle acque che provengono dai miei piedi
di loto.
Verso 44: Fissa ogni tuo pensiero e ogni tua azione su di Me, e sforzati di
realizzare sempre più la conoscenza delle mie divine qualità; in questo
modo riuscirai a trascendere le destinazioni delle tre influenze materiali e
verrai da Me.
Verso 45: Śukadeva Gosvāmī disse: Dopo aver ricevuto queste istruzioni
da Krishna, la cui intelligenza distrugge ogni sofferenza, Uddhava girò
attorno al Signore in segno di rispetto e pur essendo libero da ogni dualità
bagnò con le sue lacrime i piedi di loto del suo caro e amato amico.
Verso 46: Uddhava non riusciva, tanto era il suo affetto per il Signore, ad
abbandonarlo; ma alla fine, dopo essersi chinato più volte, prese i sandali
di Krishna come dono e partì.
1. Io esisto.
2. Io continuerò a esistere.
3. Io sono pura felicità.
4. Questa felicità è l’emanazione di una dimensione che è la sorgente di
ogni felicità.
5. È naturale per me cercare rifugio presso tale sorgente.
6. Io sono eternamente devoto a questa sorgente.
7. Questa sorgente è estremamente bella.
8. Io non ho il potere di abbandonare tale sorgente.
9. La mia condizione attuale è deplorevole.
10. Abbandonando questa condizione, io potrò prendere rifugio in tale
sorgente.
11. Questo mondo materiale non è la mia eterna dimora.
12. L’elevazione in questo mondo non corrisponde all’elevazione eterna.
Valentino Bellucci
ISBN: 9788898750986
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Table of Contents
1. Introduzione
2. Le origini: I VEDA
1. Citazioni dal Rgveda
2. Nota sul sanscrito
3. L’esoterismo e il simbolismo degli Inni Vedici
4. L’OM, il suono primordiale
5. Parole chiave: Mantra
6. Le Upaniśad
7. Citazioni
3. La Bhagavad-gītā
1. KRISHNA: storia o mito?
4. I Purāna
1. Parole chiave: DHARMA e AVATARA
2. Storicità dei poemi vedici
3. I sei darshan (visioni della verità)
4. Yoga
5. Vedanta
6. Shankya
7. Parola chiave: Guna
8. Vaiṣeśika
9. Nyaya
10. Citazioni
11. Mimamsa
5. Il pensiero Buddhista
1. Il Buddha
2. Citazioni
3. Le scuole filosofiche buddiste
4. Nagarjuna
5. Lo Zen
6. Storia Zen
7. Parola chiave: il Vuoto
8. Bodhidharma
9. Il Jainismo
10. Il Tantra
11. Parola chiave: Lingam
6. Il pensiero cinese: Taoismo e Confucianesimo
1. Parole chiave: Yin e Yang
2. Lao-tzu
3. Citazioni
4. Chuang-tzu
5. Citazioni
6. Confucio
7. Citazioni
7. L’India medievale
1. Sankaracarya (788 - 820)
2. Citazioni
3. Parola chiave: Maya
4. La purificazione dell’anima dall’illusione
5. Il Rinascimento scientifico: Astronomi e matematici
6. Parola chiave: lo Zero
7. Ramanuja acarya
8. Citazioni
9. Testo
10. La via del Bhakti Yoga
11. Nimbarka acarya
12. Madhva acarya
13. Citazioni
14. La molteplicità reale degli esseri e l’unità di Dio
15. Vallabha cacarya
16. Citazioni
17. Caitanya Mahaprabhu
18. Citazioni
19. La natura dell’amore assoluto Dialogo tra Caitanya e Rāmānanda Rāya
20. I Gosvāmī di Vrindavana
21. Srila Jīva Gosvāmī
22. Citazioni
23. La via per realizzare la verità
8. L’India moderna e contemporanea
1. Bhaktivinoda thakura
2. Citazioni
3. Il segreto per sperimentare l’estasi spirituale
4. Vivekānanda
5. Citazioni
6. La natura della Bhakti
7. Sri Aurobindo e Mère
8. Citazioni
9. Sulla filosofia delle Upanişad
10. Mère (1878-1973)
11. Citazioni
12. (Conversazioni, 1954) Sull’umiltà
13. Krishnamurti
14. Citazioni
15. Andare oltre il tempo
1. Dialogo tra Krishnamurti e David Bohm
2. Gandhi
3. Citazioni
4. La resistenza passiva e la disobbedienza civile
5. Bhaktivedanta Swami Prabhupada
6. Citazioni
7. Servire per amore o servire per egoismo? Dialogo tra Bhaktivedanta Swami
Prabhupada e Dr. Chaturbhai P. Patel,
8. 23 marzo 1974
9. George Harrison e la sua esperienza con lo yoga- bhakti
10. Vandana Shiva
11. Citazioni
9. Glossario
10. Antologia dei testi
11. I Veda
1. Dal Rig-Veda
12. Le Upanishad
1. Kali-Santarana Upanişad (estratto)
13. Sri Isopanishad
14. Purāna
1. Uddhava-gītā (estratto)
15. Dai testi di Bhaktivinoda takura
1. Logica materiale e logica spirituale
16. Titoli di Fontana Editore*
17. Crediti