L'accusa secondo la quale questa filosofia sia stata influenzata dal Buddhismo era
infondata, dato che Shankara si oppose con veemenza alla negazione dell'essere
Īśvara, affermando che il non-manifesto Brahman manifestava sé stesso come Īśvara,
l'amante, l'essere perfetto, il divino, identificato poi come Vishnu o Shiva o
qualunque cosa dettasse il cuore. Shankara inoltre sosteneva di aver viaggiato
attraverso l'India, da sud a nord fino al Kashmir, pregando per la popolazione
locale, dibattendo di filosofia con monaci e scolari, apparentemente con successo,
anche se non esiste documentazione in proposito.
Sia Saguna Brahman che Nirguna Brahman sono comunque forme valide; dalla Coscienza
Assoluta deriva sia il principio divino che la creazione. Nirguna Brahman (senza
attributi) è la radice metafisica del Saguna Brahman (con attributi), così come lo
Zero lo è dell'Uno. Quel Supremo Principio è inclusivo di tutti gli attributi degli
esseri, e persino di quelli di Dio.
Può darsi che l'Advaita sia stato insegnato meglio a partire dal XIX secolo da Shri
Ramakrishna. Questo maestro ha paragonato l'infinito senza forma Nirguna Brahman ad
un vasto oceano che, attraverso la fresca brezza dell'amore devoto, condensa la
forma nella manifestazione. Ma poi, attraverso il calore della conoscenza del sole,
il ghiaccio si dovrebbe sciogliere e il devoto realizzare sé stesso in una
indifferenziata e perfetta beatitudine.
La scuola Vishistadvaita e Dvaita credono nel Saguna Brahman, ossia in un Dio con
attributi. Entrambe come l'Advaita sono scuole monistiche e panteistiche, ma
differiscono nella definizione dell'ultima forma di Dio.
È bene tenere a mente che quando si parla del Brahman si allude al Nirguna Brahman
altrimenti noto come Parabrahman, Sat-Cit-Ananda, Uno senza secondo, Zero senza
attributi, etc.
Quando invece si parla di Brahma si intende il Saguna Brahman, ovvero Īśvara: l'Uno
qualificato, con attributi.
Alcuni insegnamenti dell'Advaita Vedānta
Vi sono altri testi, molto conosciuti, che hanno influenzato la scuola Vedānta
l'Ashtavakra Gita e l'Avadhuta Gita, scritti inizialmente da Ashtavakra e più tardi
da Dattatreya.
Da tale sentenza "ciò che tu sei", il nostro Sé si afferma. Di ciò che è falso e
composto di cinque elementi – le Sruti, le scritture dicono, "non questo, non
quello, ( Neti, Neti )".
Questo è un potente e coerente riassunto del sentiero dello Jñāna Yoga, di viveka o
discriminazione. Eliminando la prospettiva di maya o dell'illusione, del mondo
finito, discriminando tra ciò che è Brahman e ciò che non lo è, si giunge alla
Verità. Brahman non è il corpo, non è la mente. Attraverso questo processo,
l'aspirante o yogi, "presto" realizza che Brahman è il tutto, infinito Satcitananda
(Assoluta Verità-Consapevolezza-Perfetta Beatitudine), e ottiene la moksha, la
liberazione.
L'impatto dell'Advaita
Shri Shirdi Sai Baba - Un filosofo mistico del Maharashtra, seguito devotamente
sia da Indù, che Musulmani che mescolano l'Induismo Veda con il Sufismo Islamico.
H.W.L. Poonja, 1910 - 1997, devoto discepolo di Shri Ramana Maharshi, ebbe
molti contatti con il mondo occidentale
Karl Renz, pittore e musicista tedesco che ha avuto un'esperienza molto simile
a quella di Ramana Maharshi
Swami Chinmayananda
Dattatreya
Ashtawakra
Mooji
di
Dr Godavarisha Mishra
Introduzione
Il Vedanta rappresenta una parte fondamentale dei Veda e come indica il nome,
significa l’ultima parte dei Veda. I Veda sono divisi in quattro parti: Samhita,
Brahmana, Aranyaka, e Upanisad. L’ultima parte chiamata Upanisad è conosciuta anche
come Vedanta. Comunque non tutte le Upanisad sono state scritte nello stesso
periodo dal momento che alcune di esse riguardano la parte Aranyaka come la
Taittiriya, mentre altre la parte dei Brahmana come la Brhadaranyaka.
I Veda consistono di due parti; la prima è conosciuta come Karmakanda e la seconda
come Jnanakanda.
Un altro influente interprete dei testi del Vedanta è Ramanuja. Egli si distingue
sia da Shankara che da Madhva sostenendo che entrambi le scritture bheda e abheda
sono ugualmente significative. La sua interpretazione è conosciuta come bheda-
abheda perché tenta di conciliare tutti i passaggi della Sruti. Per Ramanuja il
Karmakanda è altrettanto importante che il Jnanakanda poiché formano un solo
testo, (aikyashastra), quindi il Jnanakanda non ha alcuna superiorità sul
Karmakanda come asseriscono Shankara ed altri Advaitin. Storicamente l’avvento di
Ramanuja precede quello di Madhva. Le posizioni esegetiche del primo, che
conferiscono un ugual peso ad entrambi le visioni, divennero comprensibilmente
inaccettabili per Madhva, teista radicale.
Ramanuja sostiene che Dio è differente dalle anime e dal mondo, anche se essi
rappresentano il suo corpo (sarirasariribhava). Madhva apprezza il concetto di
differenza proposta da Ramanuja ma lo ritiene un compromesso con la scuola
Advaitia. Per Madhva la differenza deve essere totale, ed è su questo piano che
egli presenta l’idea di una differenza su cinque livelli (pancabheda). Mentre la
tradizione di Madhva non ebbe mai un gran seguito, in quanto seguiva la tradizione
di Nathamuni e Yamuna, gli scritti di Ramanuja divennero il solido fondamento per
tutte le scuole teistiche della tradizione Vaishnava, che si moltiplicarono
successivamente.
Il principio basilare dell’Advaita Vedanta è che non esiste altro che la suprema
realtà non duale che è senza qualità o caratteristiche. Questa concezione di base
della realtà causò la resistenza di Ramanuja: egli non accettava il concetto che si
possa contemplare una realtà libera da distinzioni. Secondo lui non ci può essere
alcun interesse nei confronti di qualcosa che è privo di caratteristiche. Così,
affermare la realtà di qualcosa privo di attributi o qualità, è una contraddizione
in termini.
Un altro importante concetto dell’ Advaita Vedanta è quello di maya, che è identica
all’ avidya.
Maya è responsabile dell’apparenza di Brahman come Dio, come anima individuale e
come mondo.
Lo studio di Dio (Isvara), dell’anima (jivas) e del mondo (jagat), è comune a tutte
le scuole vedantiche. Le scuole teistiche considerano queste tre categorie come
realtà separate.
L’Advaita postula che esse sono la manifestazione di Brahman, che è pura coscienza
non-duale. La Maya, sostengono gli Advaitin, nasconde la vera natura di Brahman e
proietta il mondo, l’anima e Dio. Dio e le anime sono entità complesse costituite
da un elemento senziente chiamato consapevolezza e di un elemento non senziente
chiamato maya-avidya. L’essenziale natura di Dio è l’elemento senziente, coscienza,
che è conosciuto come Brahman; quello del jiva è conosciuto come Atman. Il punto
importante è che, sebbene lo stato di essere Dio o anima sia illusorio, la loro
essenziale natura è reale. Al contrario il mondo non ha realtà indipendente ed è
una semplice apparenza di Brahman attraverso maya come una corda che sembra un
serpente a causa dell’ignoranza. Nell’Advaita, Dio è sempre consapevole della
essenziale qualità come Brahman ed è pertanto sempre libero. Il jiva, che
erroneamente identifica sé stesso con la mente, il corpo e gli organi di senso,
ignora la sua natura essenziale e pertanto va incontro a trasmigrazione. Gli
Advaitin affermano che il jiva è una identificazione errata, un prodotto
dell’ignoranza, che può essere rimosso dall’esatta conoscenza che la sua reale
natura è solo il Brahman.
Da questa discussione si può vedere che il termine "Advaita" indica il Brahman che
è privo di dualità e si riferisce anche alla scuola Vedantica che sostiene la non-
dualità della realtà. Vorrei ora parlare di una tradizione Advaita o Advaya che era
presente nel subcontinente Indiano molto prima dell’avvento dell’Acarya Shankara.
L’autore dell’Amarakosa si riferisce al Buddha come Advayavadin, ed uno studio
approfondito delle Mandukyakarika rivela una notevole influenza Buddista nella
formulazione da parte di Gaudapada del Vedanta non duale. Nel suo commentario della
Mandukyakarika, Shankara stesso non è molto critico nei confronti degli
insegnamenti del Buddha. Comunque le sue critiche sono più pungenti nel suo
commentario del Tarkapada in cui afferma che il Buddha portava avanti una tesi con
vedute contraddittorie. Sebbene Shankara non sembri concordare con l’insegnamento
del Buddha, questi deve aver avuto una qualche influenza sul suo pensiero. D’altra
parte, analizzando il pensiero del Buddha, troviamo che anche lui è stato molto
influenzato dalle Upanisad, anche se critica fortemente l’autorità dei Veda.
Secondo la mia opinione, il desiderio del Buddha era quello di eliminare la parte
dei Veda riferita al karmakanda e con esso i privilegi della casta dei Brahmini,
dominante durante quel periodo. A parte questo, il suo insegnamento può facilmente
essere riportato alle Upanisad. Infatti Gaudapada ipotizzò l’esistenza di una
distinta ideologia Buddhista esistente all’interno delle Upanisad, e cercò una
riconciliazione tra le Upanisad ed il Buddhismo.
Dopo Gaudapada fu l’Acarya Shankara che tentò di ricodificare l’Advaita con l’aiuto
della logica e delle scritture. Egli affermò che il Buddhismo si oppone sia alle
scritture che alla ragione ed è pertanto inattendibile come schema soteriologico.
Nel suo commentario del primo verso del quarto capitolo della Mandukyakarika,
Shankara interpreta il termine dvipadam varam come Vishnu sebbene, osservando il
contesto, sarebbe stato più appropriato definirlo come Buddha. Vale la pena di
ricordare che la dottrina di maya era prevalente nel periodo pre-Gaudapada.
Sadyojyotis, uno studioso dello shivaismo del Kashmir, critica questa dottrina
senza menzionare una sola volta Gaudapada o Shankara. Forse questa dottrina è
evidente nelle stesse Upanisad. Questo è sicuramente il punto di vista di Shankara
riguardo a tutti i dogmi menzionati sopra. La tradizione di Shankara è Upanisadica
come egli ci ricorda molte volte nel suo Bhasya: "Asmakam tu aupanisadam darsanam."
Nel suo Mandukyakarika Bhasya, Shankara descrive il termine Advaita come "advaitam
caturtham manyante sa atma sa vijneyah." Nel suo Siddhantabindu, Madhusudana
Sarasvati definisce l’Advaita come "nasti dvaitam yatra." Egli ritiene che per
controbattere i Madhyamika che parlano di una entità non-dualistica chiamata
"shunya," [vuoto] è necessario usare "yatra" per chiarire che il Brahman è libero
da dualità. Come già detto, Madhyamika parla di shunya come realtà non duale
poiché in tale sistema non c’è necessità di alcun substrato. Nell’Advaita Vedanta,
la definizione di non-dualità è sensibilmente diverso giacchè la parola "yatra"
indica il concetto di Brahman. Il semplice uso di parole come "eka" o "aikya" non
bastano ad indicare il non-dualismo Vedantico dal momento che un numero di scuole
Vaishnavava parla della suprema realtà come eka, essendo Vishnu la sola realtà.
Pertanto la parola Advaita sembra essere più appropriata per un puro sistema non-
duale che non accetta alcuna dualità nella sua comprensione dell’Ultima Realtà.
Esse sono duali e non-duali allo stesso tempo, con differenze che sorgono
dall’enfasi posta da parte degli acaryas. Anche Shankara deve combattere col mondo
della dualità almeno per evidenziare l’importanza dell’insegnamento Vedantico. Non
è certo per i jivanmukta che Shankara scrisse i suoi commentari, ma per il bene
delle persone che sono ancora nel mondo della dualità e cercano ancora la
liberazione. E’ solo per loro che l’intera tradizione assume significato. Per certi
aspetti anche la tradizione Visishtadvaita è non dualistica dal momento che
accetta Vishnu come realtà suprema. Il punto cruciale tra la tradizione Advaita e
Visishtadvaita è quello dell’accettazione o meno della dottrina di maya. Il famoso
maestro Vaishnava Caitanya, non vuole entrare nella questione e rifiuta del tutto
di stigmatizzare la Realtà. Per lui la suprema realtà è oltre il pensiero
(acintya). Così osserviamo che queste due scuole del Vedanta includono entrambe
dimensioni duali e non-duali nel loro sistema filosofico. Naturalmente sarebbe
ingenuo pensare che entrambi insegnino la stessa cosa, giacché le loro posizioni
filosofiche finali non possono facilmente coesistere.
Darshana Advaita
Gli Advaitin sono inflessibili sul fatto che questa è la rivelazione Upanisadica
(Sruti) che ha come solo scopo la conoscenza di Brahman, che culmina nella
liberazione. Se la Sruti è sacra in quanto conduce alla liberazione, la sua
autorità non è inflessibile nel senso che non vincola perennemente gli uomini.
Certamente la Sruti cessa di vincolare colui che ha raggiunto lo stato di Brahman.
Una volta che la verità è svelata, dice l’Upanisad, i Veda divengono non-Veda
(Manadhina meyasiddhih yatra vedah avedah bhavanti). Una volta che si è ottenuta la
consapevolezza, non esiste religione al mondo la cui rivelazione cancelli tale
autorità.
http://www.ocvhs.com/
di
Dr Godavarisha Mishra
Introduzione
Un importante e comune assioma della Filosofia Indiana è che uno specifico oggetto
di conoscenza empirica o altra, è determinato da un definito processo di
consapevolezza.
Il Mimamsaka, afferma che l’esistenza del cielo (svarga) è basata sulla fonte della
rivelazione Vedica (Sruti-pramana). L’affermazione della presenza di un fuoco sulla
cima della montagna, dove si vede solo il fumo, è basata sulla fonte di inferenza
(anumana-pramana). Infatti, ogni affermazione di sapere deve essere fondata in un
pramana. La conoscenza ottenuta attraverso un pramana è chiamata prama.Il termine
jnana, (conoscenza) è stato spesso coniato con lo stesso significato di prama. In
poche parole, jnana indica conoscenza e non sempre significa –come nel caso di
prama - retta conoscenza. Se prama si riferisce sempre ad una retta conoscenza,
jnana no.
Quest’ultima può esprimere valida, non valida, o dubbia conoscenza (samsaya jnana,
asamsaya-jnana viparyaya-jnana). Il numero dei pramanas variano da scuola a scuola.
Per la scuola materialista (Carvaka), la percezione (pratyaksa) è il solo principio
di conoscenza accettato. Le scuole Buddiste e Vaishesika accettano due pramanas,
percezione e deduzione. Le tradizioni della Samkhya e dello Yoga accettano questi
ultimi due pramanas solo come testimoni (sabda). La scuola Nyaya accetta questi
ultimi tre e anche l’analogia (upamana). Nella tradizione Purvamimamsa, io maestro
Prabhakara accetta i quattro pramanas sopra citati e aggiunge l’ipotesi
(arthapatti).
La scuola di pensiero Advaita accetta anche questi sei pramanas ma soltanto dal
punto di vista della realtà empirica (vyayahare bhattanayah). Le scuole
Vishistadvaita e Dvaita del Vedanta accettano tre pramanas, i.e., percezione,
inferenza e testimonianza, includendo gli ultimi testi della Sruti e Smrti).
Ognuna delle scuole indicate qui di seguito discutono, a grandi linee, la ragione
per la quale accettano o rinnegano alcuni significati della conoscenza. I mezzi
interpretativi e di ragionamento che le scuole Mimamsa e Nyaya forniscono
rispettivamente sono particolarmente rilevanti per lo studio delle scritture e
quindi importanti per tutte le scuole Vedanta.
3. Nello Samkhya- prama è relazionata alla coerenza della teoria della verità.
Nella visione Buddista - La vera attività di cognizione è quella che porta alla
conoscenza (arthakriyakaritvam). Questa visione è presente nella teoria pragmantica
di William James. Questa visione è imperfetta in quanto la cognizione che porta ad
una attività di successo potrebbe rivelarsi falsa. Per esempio, tutti percepiamo
erroneamente il sole come sorgere e quindi iniziare ad agire. Ogni caso di attività
riuscita non è quindi legata ad una vera cognizione.
Visione Nyaya – più o meno, Nyaya vede la conoscenza in un modo che suggerisce
corrispondenza con la teoria della verità.[2]
La vera cognizione è quella per cui un oggetto dato è percepito come tale nel posto
che realmente occupa (yatra yadasti, tatra tasya anubhavah prama). In Occidente, i
filosofi che credevano alla scuola del realismo avevano anch’essi formulato questa
teoria. Tale formulazione non è priva di difficoltà. Potrebbero esistere reali
corrispondenze tra la conoscenza e gli oggetti? Somiglianza o corrispondenza tra
due oggetti esterni al nostro essere è possibile, anche due idee possono essere
paragonate. Ma come può la conoscenza di un oggetto essere paragonata quando la
conoscenza è solo soggettiva e l’oggetto è solamente oggettivo. Nessun confronto è
possibile tra questi due.
Questa è una falsa asserzione; la cognizione del mondo viene rimossa quando, per
esempio, si percepisce lo stato del sognare. Si deve quindi verificare la
veridicità di questa affermazione per se stessi.
L’Advaita sostiene che la conoscenza ultima della realtà sia un’unica cognizione
non è soggetta ad eliminazione. Poiché permanente ed inalterabile, il suo contenuto
deve essere vero.
Questa conoscenza unica e permanente di cui parlano le scritture, è stata concessa
a coloro che, con mente pura, hanno realizzato e si sono stabiliti in tale livello
di conoscenza. Secondo l’Advaita, il raggiungimento di quest’unica conoscenza è lo
scopo della ricerca degli Upanishadica.
-Tutti i casi di oggetti percepiti nella veglia. Tutti gli oggetti percepiti nello
stato di veglia sono suscettibili di essere sostituiti e sono, per questo, falsi.
Ogni cognizione di questi oggetti di veglia si dimostra essere falsa nel momento
della transizione tra sogno e veglia o tra veglia e sogno, poiché entrambe, la
cognizione e ciò che viene percepito, sono eliminati.
Per gli Advaitins, lo stato di veglia non è considerato uno stato privilegiato. Ciò
non significa che non ci sia differenza tra i falsi fenomeni che capitano solo
nello stato di veglia (miraggi, ecc.) e la falsità di entrambi i contenuti degli
oggetti tanto della veglia quanto del sogno.
Gli oggetti che appartengono al livello della veglia sono chiamati oggetti empirici
(vyavaharika vastus). Sembrano durare più a lungo degli oggetti che appartengono
allo stato del sogno (pratibhasika vastus), eppure sono e restano falsi (mithya)
perché non sono eterni.
2)- La cognizione del Sé avviene attraverso il pramana della Sruti che non ha
autore (apauruseya), ed è libera da errori di omissione e commissione. Per gli
Advaitins, quindi, l’autorità delle Scritture non può essere messa in discussione.
L’Advaita accetta l’eterna validità della cognizione di Sé perché originata dalle
scritture. Tutti gli altri pramanas sono validi dentro la sfera del vyavahara.
Il processo di cognizione
di
Dr Godavarisha Mishra
Il processo di cognizione, vera o illusoria che sia, ha come suo substrato una
coscienza auto-luminosa (svaprakasa).
E’ attraverso questa coscienza che, in realtà, ogni cosa può essere conosciuta.
L’Advaita evidenzia che la conoscenza empirica include l’uso degli organi di senso.
Ora, qual è la natura e la funzione di questi organi di senso (indriyas) che sono
coinvolti nella conoscenza empirica?
In accordo con i Buddisti, il senso della vista è ritenuto l’organo più importante
ed è considerato come il globo esterno (golaka). I seguaci del Mimamsaka pensano
che il senso della vista si riferisca ad un peculiare potere connesso con il
golaka, che è però interno alla sfera (indriya-akti). L’esistenza di tale potere
viene affermato in base al fatto che le persone con un organo della vista intatto,
non possono non essere capaci di percezione. Esiste un altro punto di vista che
ritiene un indriya come una sostanza sottile localizzata nel globo, pur non essendo
un vero potere. L’Advaita sembra accettare questo punto di vista asserendo che gli
indriya sono sottili (non percepibili) e conoscibili soltanto attraverso
l’intuizione.[1]
Può essere posta la questione sul perché un indriya debba essere considerato una
sostanza materiale sottile.L’Advaita riconosce l’esistenza di cinque elementi
materiali: etere, aria, fuoco, acqua e terra, che si dice siano originati dalle
cinque corrispondenti sostanze sottili. Ogni elemento possiede una speciale qualità
(asadharana-dharma). Quella dell’etere è il suono e quella di aria, fuoco, acqua e
terra sono rispettivamente il tocco, il colore, il sapore e il profumo. Essi sono
tutti inanimati (jada) come pure i loro effetti (karya). Originando dagli elementi
(bhutas), gli organi di senso sono ristretti alle loro qualità (asadharana).In
altre parole il senso dell’udito funziona solo nel campo dei suoni, così come il
senso dell’olfatto opera solo nella sfera degli odori. Quindi ad ognuno corrisponde
un particolare campo operativo. Questo è conosciuto come promana vyavastha. Nessuno
quindi può conoscere alcunché con l’aiuto di un solo indriya. Ogni indriya ha la
capacità di raggiungere il suo oggetto e questo processo viene tecnicamente
definito come prapyakari.
Se gli indrya non hanno bisogno di stabilire un contatto con gli oggetti che
riguardano la loro sfera d’azione, diventa logicamente possibile la percezione di
oggetti che non sono presenti. Questo, comunque, è contraddetto dalle esperienze
ordinarie in cui gli organi di senso stabiliscono un contatto con i loro rispettivi
oggetti.
Mente o Antakarana
Esistono tre diversi punti di vista riguardanti la natura della mente nelle
tradizioni filosofiche indiane. La scuola Nyaya Vaishesika vede la mente come una
sostanza materiale (dravya). La scuola Samkhya sostiene che è una vera entità, una
reale evoluzione della natura (prakrti).
Per la scuola Advaita la mente è materiale ma non reale. Non è una realtà
indipendente. La sola realtà che esiste indipendentemente è il Sé o Brahman.
L’intero mondo è un prodotto di maya che non gode di alcuna indipendenza; per la
sua esistenza dipende interamente da Brahman. Maya ed i suoi effetti sono non reali
nel senso con posseggono realtà autonoma. Dal momento che Maya dipende da Brahman
per la sua esistenza, altrettanto per estensione, avviene per la mente. Ogni
oggetto materiale deve possedere una qualche dimensione e può pertanto essere
classificato in base alla sua taglia. Si distinguono tre categorie: l’infinito
onnipervasivo (vibhu), l’infinitesimale o atomico (anu) e l’intermedio (madhyama).
Nel suo famoso Pancadasi, Vidyaranya afferma che il Sé è l’ultimo presupposto per
ogni cognizione. E’ necessario ma non è direttamente coinvolto nel processo di
cognizione, dal momento che illumina ogni cosa senza sforzo. Nessuna specifica
conoscenza può essere ottenuta dal solo Sé. La conoscenza richiede invece una
intricata coordinazione del Sé, degli organi di senso e della mente. Il Sé non può
conoscere niente dal momento che il processo di conoscenza include i seguenti tre
fattori: il conoscente, l’oggetto conosciuto e l’atto di conoscere. Mancando il Sé,
che è pura consapevolezza, la mente e gli organi di senso non possono dare origine
ad alcuna particolare conoscenza, dal momento che la loro natura è esclusivamente
materiale. Il Sé acquisisce la sua capacità di conoscere grazie agli organi di
senso e alla mente che funzionano come coadiutori (upadhis). La singola conoscenza
è possibile per il Sé soltanto con il contributo della mente e dei sensi. E’
soltanto quando la mente è in stretta vicinanza con il Sé, quando la pura coscienza
la pervade completamente tanto da rendere difficile la differenziazione tra le due,
che si verifica il fenomeno della conoscenza.
Esiste anche una falsa associazione o identificazione con gli organi di senso. Da
questa relazione sorgono i vari concetti quali “i miei occhi, i miei orecchi” e
così via. Conseguentemente i difetti dei sensi sono riferiti alla persona cosicché
la gente afferma: “io sono cieco, io sono sordo”, etc.
La gente si identifica con le varie qualità del corpo ed afferma: “sono grasso,
sono bello, sono un maschio” etc. Vidyaranya asserisce che questo tipo di
associazione è determinato da azioni precedenti (karmajam) dal momento che il tipo
di organi di senso ed il corpo che uno utilizza in questa vita, sono determinati
dalle azioni precedentemente compiute.
Oggetti esterni quali appendici del Sé
Abbiamo già visto che non ci può essere processo cognitivo privo di contenuti,
giacché ogni conoscenza ha un oggetto, che sia vero o illusorio. L’assenza di
un’entità, per esempio un vaso, può essere conosciuto attraverso l’anupalabdhi. Nel
caso della conoscenza dell’assenza di un vaso in un certo luogo e tempo, tale
assenza è essa stessa l’oggetto di tale conoscenza.
La scuola buddista Vijnanavada è la più ardente esponente di questa teoria che essa
chiama atmakhyati. In accordo con questa teoria, la conoscenza momentanea è la sola
realtà.
Questa scuola sostiene che non esiste realtà esterna al di là di una soggettiva,
continua, serie di cognizioni momentanee. E’ proprio questa cognizione soggettiva
che appare come oggetti esterni. I suoi seguaci ritengono che la cognizione e il
conosciuto sono sempre percepiti insieme. Gli Advaitin sono svelti a mostrare le
manchevolezza di tale punto di vista sulla base dell’esperienza di sogno,
dell’errata percezione etc., in cui la conoscenza e gli oggetti non sono identici.
Nell’Advaita, (l’epistemologia è sempre pragmatica), la cognizione rivela gli
oggetti esterni e non viceversa.
Anche nel caso di una errata percezione come quella della corda-serpente, la
cognizione della forma “Questo è un serpente” corrisponde alla falsa percezione di
un qualcosa esistente esternamente a sé stessi. Infine per gli Advaitin, i
Vijnanavadin che sostengono questa teoria sono incapaci di spiegare correttamente
la negazione (badha), giacché sostengono che niente esiste di esterno, essendo ogni
cosa lo stesso soggetto.
Riguardo alla teoria Akhyati, non c’è niente che possa essere definito errata
cognizione. La conoscenza percettiva è divisa in due: valida cognizione e ricordo.
Ogni cognizione è naturalmente valida. La cognizione errata è piuttosto un
complesso di verità e falsità.
Ogni oggetto ha delle caratteristiche che sono sia generali che specifiche. Nel
processo cognitivo “Questo è un serpente”, “questo” è una caratteristica generale.
La caratteristica speciale è quella portata dalla memoria e viene attribuita al
presente oggetto. Così quel che è evidente nella interpretazione della teoria
Asatkhyati è la non-comprensione della differenza tra ciò che è percepito e ciò che
è ricordato. Gli Advaitin criticano questo punto di vista dicendo che se è
accettabile l’incompletezza della percezione, non si può dire altrettanto per la
memoria.
Tra i fattori che portano ad errata percezione, i seguenti sono i più importanti:
______________________
note:
1.IL concetto può essere espresso in questi termini: ogni azione richiede una
premessa-maggiore (karana). La percezione è una premessa-minore quindi la
percezione richiede uno strumento e indriya è lo strumento coinvolto nella
percezione.
Ogni cosa che il sé può pensare circa chi o cosa davvero sia, è parte
dell’illusione.
La meraviglia infantile è ciò che rimane. Non c’è una persona illuminata, ma solo
questa vitalità ed è meraviglioso vederla, nessuno che vede solo vedere. Quanto è
meravigliosa la vita che non ha alcuno scopo o obiettivo ed eppure appare e cambia
forma nella sua immobilità.
L’idea che ci sia un qualcuno qui in un corpo che ha il potere sui pensieri è
un’illusione. Il pensiero non crea alcunché, infatti nulla crea ogni cosa ed è il
nulla che realmente accade. La totalità è intera, non ha bisogno di creare niente
di nuovo o cambiare alcunché, aggiungere qualcosa o desiderare di meglio. Quanto
arrogante è il sé a pensare di poter fermare le onde!
Questo è già questo ed è già libero. Il fatto è che nessuno guarisce mai la propria
vita, tu non arrivi mai in uno stato di libertà, il sé non ottiene mai la totalità,
non diventerà mai illuminato o risvegliato o liberato.
Commento: Qualche volta parli del tempo verticale in opposizione al tempo lineare.
E’ vedere che c’è solo questo che è senza tempo, ed è anche il godere della storia
del tempo ma vedere attraverso la storia, vedere che la storia è totalità senza
significato e non più alcun potere o rilevanza. Solo apparentemente accade nel
tempo, è ciò che è.
Ma è visto da?
Quindi è giusto dire, e penso che tu l’abbia detto diverse volte, probabilmente in
questo residenziale, che il vedere ordinario, inclusi i pensieri, sono
semplicemente normali. Lo facciamo tutti senza realizzarlo. E poi questa sorta di
psicologico senso dell’Io, viene come un velo che reclama di possedere attraverso
l’abitudine di un vivere prescrittivo.
Sì, quindi quando il risveglio accade dirà, “Oh, è sempre stato così”
Esatto
Quindi effettivamente c’è solo essere. Nella totalità di questa apparenza c’è solo
ciò che è. C’è solo questo accadere. E’ inevitabile. E’ tutto ed ogni cosa.
In qualche modo lo psicologico senso dell’Io viene e dice “io”, e blocca come il
vedere, è così sottile che copre..
E’ segreto tutto il tempo che c’è qualcuno che cerca di comprendere. Allora rimane
segreto. Ed è quando non c’è più nessuno che vede che diventa svelato e manifesto.
E’ l’eternità.
Eppure quando parliamo, le persone dicono “Ieri ero illuminato” ma non c’è mai
stato uno ieri in cui essere illuminati.
E’ gentile?
Gentile, sì.
No non può. Questa è stata la cosa che mi ha colpito davvero dopo il risveglio
iniziale, quando non c’era nessuno lì e poi qualcuno torna e lo racconta. Ero
interessato alla cristianità in quel periodo e non avevo capito questa stupida idea
che tu potevi peccare e poi essere perdonato. Ho improvvisamente visto che il vero
significato nel perdono è che non c’è assolutamente nessuno e nulla da perdonare.
Non importa quante volte sembra che tu possa sbagliare o qualunque cosa tu faccia,
o qualunque cosa tu non faccia. Non importa quanto cerchi o non cerchi, c’è solo
questo. E’ amore incondizionato.
Sì assolutamente. C’è un profondo reale umorismo in tutto ciò che è. Intendo che in
un certo senso è uno scherzo cosmico. E’ lo scherzo cosmico. E’ lo scherzo migliore
in circolazione.
L’unico scherzo in circolazione, sì. In altro modo potresti dire che la vitalità è
tutto ciò che c’è. E la vitalità è sentita attraverso i cinque sensi ed anche
attraverso il sesto e settimo senso delle sensazioni che sorgono e pensieri che
accadono. Tutto ciò che c’è è pura vitalità. Non c’è nient’altro oltre che
vitalità. E’ tutto ciò che è.
E quello che è meraviglioso riguardo questo è che ognuno in questa stanza pura
vitalità. Ciò che sta sedendo in questa stanza è solo semplicemente totalmente
vitalità. Ed è l’essere e la fine di tutto. Non c’è bisogno di dire altro, Grazie
Qual è il ‘cuore’ o ‘l’essenza’? – Nessuna cosa. Non un qualcosa. Non qualche cosa.
L’inconoscibile ed allo stesso tempo ovvio. Inconoscibili perché è nessuna cosa,
ovvio perché è ogni cosa. Di solito cuore’ o ‘essenza’ sono parole che si
riferiscono alla natura più profonda, più interiore, come se ci fosse un essere
all’interno o una natura nascosta, ma è tutto quello che c’è, il cuore o l’essenza
è tutto ciò che è. Ciò che è, è l’essenza più profonda, è l’intimità suprema, ogni
separazione e ogni distanza è illusoria. Perché tutto quello che c’è, è ciò che è:
il cuore, l’essenza, il nulla che appare come ciò che sta accadendo.
Sì, l’esperienza ‘io sono’ è l’unità, è l’essenza, è il cuore, che rimane nascosto
all’interno della sua esperienza. Ecco perché ricerca. E ricerca qualcosa che non
può trovare: la totalità, la libertà, illuminazione, pace, comprensione, saggezza,
se stesso o la sua assenza. Il dilemma è: ricerca ‘qualcosa’. Una cosa, una
sensazione, uno stato. Eppure tutto ciò che esiste, è nessuna cosa, è nulla.
Essenza inseparata. Quello che appare.
Ciò che rimane è questo: nulla che appare come ogni cosa che sta apparendo. Leggere
queste righe, pensieri, sensazioni, respirare, il sottofondo. E’ questo! Questo è
lo sconosciuto. Questo è essenza. Questo è il cuore. La naturale, inseparata
realtà, senza tempo, senza spazio, senza confini. Senza difetti e senza macchie.
Questo è questo, ciò che appare è il miracolo.
Senza fine, libero e onnipresente è la pace che supera ogni comprensione, sembra
che il cercatore ne sia consapevole a qualche livello ma passa perché non è
qualcosa che può afferrare o trattenere e tanto meno comprendere.
L’apparizione di questo corpo/mente può cambiare in qualcos’altro in ogni istante,
la vita sta sempre cambiando ed apparendo, sta sempre apparendo in questo. Questo
rimarrà, la vita che il me pensa sia me, sé, io prenderà un’altra forma, non è
personale. Tutto è vita, anche quando non ci sarà nessuna Terra e ogni cosa che
pensiamo di conoscere passerà, qualcosa sorgerà in questo nulla, in questa pace
sconosciuta.
L’illusione del sé svanirà nel momento della morte del corpo oppure prima. Ma il sé
non muore. Perché come può, qualcosa che non non è mai esistito, andarsene?
Nella strada in cui abitavo, poco oltre casa mia, c’era un monastero sul mare, e i
pomeriggi in cui potevo liberarmi e uscire mi piaceva trascorrere qualche ora da
sola nel silenzio della sua cappella. Quel pomeriggio non era diverso dagli altri.
C’era come ogni volta un silenzio diffuso, tentacolare, e come ogni volta io
attesi che l’affacciarsi della paura lo rompesse. Ma in quest’occasione la paura
non venne. Forse per l’abitudine dell’attesa o perché la paura era sotto
controllo, per qualche secondo provai un senso di suspense, di tensione, quasi in
attesa che la paura mi toccasse. Durante quei secondi di attesa, provai la
sensazione di essere in bilico sull’orlo di un precipizio, o in equilibrio su una
corda sottile, avendo il noto (me stessa) da un lato e l’ignoto (Dio) dall’altro.
Per tre logoranti giorni, non feci che lottare per rimanere sveglia e tenere a
bada il silenzio che a ogni secondo minacciava di sopraffarmi. L’unico modo in cui
riuscii a sbrigare un minimo di faccende domestiche fu tenendo ostinatamente in
mente quello che stavo facendo: adesso sbuccio le carote, adesso le taglio, adesso
prendo una pentola, adesso metto l’acqua nella pentola, e così via, fino a quando
ero così esausta che dovevo correre a letto. Non facevo in tempo a mettermi giù che
sprofondavo nel vuoto.
A volte mi sembrava di essere stata fuori di coscienza per ore, quando invece
erano passati solo cinque minuti: altre volte avrei giurato che fossero passati
solo cinque minuti quando invece si era trattato di ore. In quel vuoto non c’erano
sogni, né la coscienza di ciò che mi circondava, non c’erano pensieri né
esperienze: non c’era assolutamente nulla.
Il quarto giorno, sentii il silenzio alleggerirsi, così che potei stare sveglia con
minore sforzo e, di conseguenza, trovai il coraggio di andare a fare la spesa. Non
so come accadde, fatto sta che a un tratto mi trovai a essere scossa da una signora
che mi chiedeva se stessi dormendo. Le sorrisi, cercando di orientarmi, poiché sul
momento non avevo la più pallida idea di come fossi finita in quel negozio o di
cosa stessi facendo. Per cui, dovetti ricominciare tutto da capo: adesso spingo il
carrello, adesso devo prendere delle arance, e via dicendo.
La mattina del quinto giorno, non riuscii a trovare le pantofole in nessun posto,
ma, al momento di preparare la colazione per i ragazzi, aprii il frigo e ci trovai
qualcosa di decisamente assurdo.
Ma fu tornando a casa quel giorno, mentre scendevo giù per la collina, avendo di
fronte la vista della vallata e dei monti all’intorno, che a un tratto rivolsi lo
sguardo al mio interno: e ciò che vidi mi fece fermare di colpo. Al posto del
familiare, seppure non localizzato, centro di me stessa, non c’era nulla: c’era il
vuoto. Nello stesso momento in cui vidi questo, fui invasa da un flusso di calma
gioia e seppi, finalmente, cos’era ciò che mancava: era il mio ‘sé’.
Per giorni mi portai dentro questa gioia, così grande, in certi momenti, che mi
stupivo della solidità della diga e mi chiedevo per quanto tempo ancora avrebbe
retto. Considero quest’esperienza il culmine della mia vocazione contemplativa.
Era la conclusione di una domanda che mi aveva assillato per anni: dove finisco
‘io’ e comincia Dio? Anno dopo anno, il confine che ci separava era diventato così
sottile e vago che per la maggior parte del tempo non riuscivo a vederlo, eppure
la mia mente continuava a voler sapere: che cosa è Suo e che cosa mio? Ora il
problema era superato. Non c’era più ‘il mio’, c’era soltanto il Suo.
Avrei potuto vivere in questo stato di gioia per il resto della vita, ma non era
scritto così nel Grande Piano. Sarebbe stata questione di giorni, forse una
settimana, e la mia intera vita spirituale – il lavoro, il travaglio, le
esperienze e i traguardi d’una vita – sarebbe improvvisamente esplosa in un
milione di pezzi mai più recuperabili: senza lasciare nulla, assolutamente nulla.
Nulla esiste di per sé. Tutto in questo universo ha origine dalla tua mente. Non è
reale di per sé, è come un sogno. Credi a quello che vedi con i tuoi occhi, a
quello che ascolti con le tue orecchie, a quello che dici con la tua bocca, a
quello che odori con il tuo naso. Credi che tutte queste cose sono reali. Non sono
reali. Sono una bugia.
Credi di esistere come un essere umano e di compiere delle decisioni, di fare delle
scelte. Sei artefice di alcune cose in questo mondo. Questo non è vero. E’ la
coscienza che fa ogni cosa. Tu sei come una marionetta manipolata dalle leggi del
karma. E ogni cosa che fai è il risultato di quel karma.
E’ una menzogna. Perché in verità il karma non esiste e in verità tu non hai mai
fatto niente perché non sei mai nato. Non c’è assolutamente niente che tu possa mai
fare. Sei spirito! Pervadi ogni cosa! Onnipresente! Non un piccolo corpo come
sembra e appare.
Per quanto i tuoi problemi ti possano preoccupare dimenticali. Per quanto la tua
vita ti preoccupi dimenticala. Per quanto il passato ti preoccupi, esso non esiste.
Per quanto il futuro ti possa preoccupare non ci sarà mai un futuro. C’è solo
questo momento e in questo momento tu sei nulla, puro vuoto. Nulla è ogni cosa e
ogni cosa è nulla.
Crediamo di essere qualcosa. Anche quando dici di essere nulla, pensi che sei
qualcosa. E se questo nulla non viene realizzato, non viene realizzata la vera
natura che è già.
Ciò che sto cercando di dire è che la vita non va da nessuna parte, perché alla
fine tu non devi andare da nessuna parte. Vedi, la grande difficoltà che le persone
hanno con la cosiddetta illuminazione, è che sono state condizionate a pensare che
debbano andare da qualche parte o diventare qualcuno per poterla conseguire.
L’illuminazione non ha assolutamente nulla a che fare con il fatto che tu vada da
qualche parte o che ti accada qualche cosa. Niente deve cambiare.
Non si può, perché non ne sei mai fuori. Tutto il problema del cercare di restare
nell’Uno è l’«io» che cerca di restare nell’Uno. Una volta che l’«io» inizia a
cercare di stare nell’Uno, l’Uno apparentemente non c’è più.
Ciò di cui stiamo parlando qui è assolutamente radicale rispetto alla vecchia idea
di illuminazione. Nella vecchia idea condizionata di illuminazione a cui noi tutti
volevamo credere, l’illuminazione accade e poi non c’è più assolutamente nessun
personaggio: c’è solo totale beatitudine e completa bontà. È un’assurdità nata
dall’ignoranza della mente. Il risveglio non ha nulla a che vedere con la bontà o
la beatitudine: risvegliarsi è la realizzazione che c’è solo l’Uno e la dualità
sorge in questo, incluso Tony Parsons.
Illuminazione non è una cosa distinta per conto suo che guarda verso il basso tutto
il resto e lo benedice o ne ha compassione. È una storia d’amore con la vitalità.
Riguarda il mollare l’idea che ci sia qualcuno che abbia una vita e comprendere che
tutto quello che esiste è vita. Non ha una vita: tu sei vita e nella vita l’ego, il
desiderio, l’odio, l’amore accadono. E io sono quell’Uno in cui tutto questo
accade.
L’ultima cosa che la mente vuol fare è fermarsi e lasciare che ci sia solo il
vedere questo. La mente non vuole sapere del “Basta! Lascia che ci sia solo il
vedere questo”. La mente non può fare questa cosa. Lascia che ci sia solo il vedere
questo, solo lo stare sul terreno, ascoltare il suono di un’auto che passa, o
ridere… Questo è ciò che è.
Chi è che lo farebbe? Chi è che può scegliere di liberarsi? Il risveglio è il far
cadere il senso del «me» e l’ultima cosa che «me» desidera fare è andar via.
Non è causato, nulla può causarlo. E una volta che è visto che non c’è nulla che
può causarlo, allora c’è un lasciare andare. Tu non lo puoi fare, ma c’è un «Ah!
Alla fine dopo tutti questi anni di impegni e fatiche per cercare di essere
migliore o immobile o di far cadere l’ego, ho compreso improvvisamente che tutto
questo non ha senso». C’è solo questo, il vedere questo.
La gente lascia andare l’idea di poter intraprendere un viaggio verso una qualche
direzione e qualcosa di nuovo prende il sopravvento. Accade.
Quello che condividiamo insieme è l’esposizione del costrutto artificiale del ‘me’,
la sensazione illusoria che è reale ed ha una scelta reale, e la terribile e
meravigliosa futilità dello sforzo che fa per trovare la pienezza. Faremo luce
insieme sul me che vive in un mondo finito; un mondo soggetto-oggetto. Può esistere
solamente in quel mondo. Esiste lì perché è auto-cosciente. In età molto precoce
l’auto-coscienza prende il sopravvento, “Io sono consapevole di me stesso”. Cresce
e cresce e quello che viene ricercato è limitato dalla personale esperienza della
contratta realtà. Cerca l’infinito in una esperienza artificialmente finita che
sogna essere reale.
Questo non è un messaggio sul cercare o non cercare. L’energia del ‘me’ può
solamente cercare e provare a tornare a casa. Questo è tutto ciò che può fare.
Quando pensa che ha perso la totalità tutto quello che può fare è provare e trovare
la totalità. Le persone credono che se raggiungono l’apice della purezza, che è
solo una creazione mentale, allora si meriteranno la libertà. Ecco il problema che
ha il ‘me’. Ama l’idea di diventare puro, perché crede di non essere immeritevole.
L’intero insegnamento del divenire è basato sulla credenza che il ‘me’ ha bisogno
di cambiare, quando invece il ‘me’ è solo la totalità che appare essere un ‘me’. E’
senza significato e senza scopo.
Sebbene alcune persone insegnino la consapevolezza come una via verso la libertà,
non ha assolutamente alcuna connessione con la liberazione. La consapevolezza può
apparire oppure no, ma esperita come realtà, rimane nella storia del me. La
consapevolezza usata come un metodo, può essere sentita molto neutrale e quindi in
un certo modo piacevole. Eppure è il ‘me’ che cerca di mantenere l’illusione del
controllo non essendo ‘ciò che è’, ma solo essendo consapevole di ‘ciò che è’.
La neutralità che viene sentita può sembrare piacevole per qualche tempo, perché
raffredda l’intensità della vita. Inoltre, questa neutralità spesso viene confusa
con l’illuminazione o la liberazione, che da all’apparente ricercatore la
sensazione che sta procedendo bene.
Questo messaggio non offre alcun percorso o metodo, perché non ci sono cose del
genere. Tutto quello che c’è, è ciò che è. Non esiste nient’altro. Ciò che è è già
completo, intero. L’idea che ci sia un qualcuno che può raggiungere ciò che è è
assurdo, perché altrimenti ci sarebbe un altro ciò che è.
Questo messaggio viene dalla percezione della separazione come illusoria. ‘Dopo’
esiste solamente nella storia del me, dove il tempo viene sperimentato come reale.
Ancora: tutto ciò che c’è, è ciò che è. E’ intero e completo. E’ la vitalità, la
totalità che viene cercata. Nulla che appare come questo.
Sembra che questo tipo di scambio tra due persone, per sua vera natura, accadendo
nella storia del tempo e quindi la sua influenza è transitoria. Appaga un bisogno…
per un certo tempo.
Non c’è nessuno qui per la “persona”, eccetto la terribile possibilità che tutto
quello che sognano e sperano per se stessi potrà essere perso.
Ogni volta che l’identità personale, la sua ricerca, le sue speranza e i suoi sogni
sembrano minacciati, può esserci un rifiuto di questo messaggio ed un ritorno a
quello che sembra servire e supportare l’illusione unicamente umana dell’autonomia
personale che conduce all’appagamento personale.
Il desiderio di essere libero non ha mai fine, viene cercato in ogni angolo, in
ogni esperienza che magari può essere l’accesso finale alla beatitudine e al
risveglio. Questo viene spesso chiamato la ricerca.
La ricerca è un’illusione.
Fa parte del sé e della sua cosiddetta vita. Non esiste. La ricerca è nel tempo,
nella storia del me. Non c’è nessun me e nessun tempo. Non si va da nessuna parte.
C’è solo la totalità della vita, energia che è totale ed intera con nessuna
separazione. Coloro che cercano stanno apparendo come un’illusione nella totalità.
La totalità è completa e non ha bisogno di nulla.
La pace è tutto ciò che c’è, puoi chiamarla anche amore o totalità o spaziosità.
Non un è davvero un qualcosa. E’ solo ciò che è.
Il sé appare nella totalità come un’illusione della separazione ed eppure non c’è.
Se ne va con la morte del corpo e della mente oppure prima. Ciò che rimane vivente
in tutte le cose che sembrano apparire è la realtà naturale.
Gli occhi di un bambino piccolo vedono questo, è gli animali, gli alberi e il cilo
blu di beatitudine. E’ semplice ed eppure miracoloso che ogni cosa sembra apparire
e la totalità spesso ride a ciò a cui appare da sé stessa. Ma la totalità non è mai
consapevole o conscia nella consapevolezza separata.
Tutto quello che c’è sempre stato è questo, questo è il paradiso, è casa, per
nessuno.
Che peccato!
Finché c’è il senso di essere una persona separata, il mondo della dualità è
considerato assolutamente reale e probabilmente pieno di importanza, significato e
scopo. La mente ha uno stimolo potente a ricercare il significato. Ma quando viene
visto che non c’è mai stata una persona, questo è visto come un sogno e senza uno
scopo.
Ecco l’essenza della non-dualità espressa in otto righe brevi nelle Upanishad:
Essere immeritevole è anche un senso più forte nel corpo rispetto a quello di
essere meritevole. Ecco perché le persone sono incredibilmente attratte dagli
insegnamenti che gli dicono che possono diventare meritevoli attraverso la
meditazione, il digiuno o il negare se stessi. Il messaggio di diventare meritevole
è molto potente quindi le persone cercano modi per iniziare a dare o a contribuire
in qualcosa ovvero cercano di sentirsi bene con se stessi.
Tutta questa attività sta apparentemente accadendo nella storia del me che funziona
in una realtà artificialmente dualistica. Quindi il me cerca nel finito ciò che è
infinito.
La pienezza che viene cercata e desiderata è senza confini e totalmente libera. Non
può essere afferrata e nemmeno avvicinata. Né è necessario fare alcunché o cambiare
qualcosa o rendere migliore ciò che è già tutto.
La fine del me è solo apparente, è un paradosso, perché non è mai stato reale.
La buona notizia è che non esiste una cosa come la separazione. Quello che il senso
separato del sé sta cercando è tutto ciò che è. C’è solo questo. Questo. Questo non
è qualcosa di particolare o esclusivo. E’ tutto esattamente così com’è. Ogni cosa è
un’espressione della totalità, ogni cosa è la fine del senso della separazione che
il senso del sé separato sta cercando ma nella sua ricerca può solamente registrare
qualcosa di separato, di relativo.
Quando questa realtà è riconosciuta, viene allora visto che non c’è alcuna
separazione, che il senso della separazione era semplicemente un sogno, che non è
mai accaduto, non c’è e non c’è mai stato un sé separato nell’interezza del tutto.
Ogni cosa è il paradiso perfetto e completo. Ma non cambia nulla, dato che non
c’era mai stata la separazione. La manifestazione non contempla più la ricerca per
la fine della paura della morte e tutti i nevrotici atteggiamenti di tale ricerca,
ma tutto è immobile, tutto. Nell’assenza della ricerca c’è la meraviglia
inconoscibile che questo, ciò che è, possa esistere, semplicemente appare, una
quieta maestosità che è questa esplosione di ogni cosa senza significato e senza
scopo, che è un’anarchia di amore. Assoluta libertà che appare come ogni cosa che
è.
Poiché il messaggio è che non c’è niente da trovare, è già questo, il senso
separato del sé non gioca alcun ruolo in questo riconoscimento. C’è o non c’è una
disponibilità impersonale.
Questo è ogni cosa, completamente impersonale e non ha niente a che vedere con ciò
che il senso separato sente o pensa.
Jim Newman2
L’essenza della comunicazione del segreto svelato è rimasta una costante nel corso
della storia. Il titolo “Non Duale” o “Advaita” cerca di descrivere il principio
della totalità, unicità o ciò che è già Uno. Durante l’ultima decade sembra che c’è
stato un crescente interesse per questa comunicazione non-duale riguardo
l’illuminazione. In questi giorni il termine non-duale viene usato per tante
attività di ricerca. Puoi andare a conferenze di non-dualità o indugiare in un
corso di 12 mesi di illuminazione non-duale. La terapia non-duale è disponibile, e
c’è anche un club online in cui “nessuno” può iscriversi!
Magari questa domanda può sorgere quando tutto il resto è crollato, dopo un lutto,
la fine di una relazione, a seguito di una malattia o depressione.
Il sé sente che sta soffrendo, anela all’elisir che lo guarirà, al luogo dove potrà
riposare, alla fine della sua ricerca in cui ci sarà la realizzazione di qualcosa o
il raggiungimento della vera pace duratura.
Proprio come un campo di fiori bellissimi che sbocciano e che eppure ogni anno ce
ne sono di nuovi. Il sé va e viene, sembra che stia vivendo e che morirà prima del
corpo o dopo. Eppure non muore davvero perché la separazione non è mai esistita
dapprincipio.
Quindi la risposta su chi siamo davvero non potrà mai essere data. Perché tutto ciò
che il sé può pensare, nella sua illusione della separazione, non è ciò che siamo,
ogni stato, ottenimento o idea non lo è.
Domanda: Certi risvegliati dicono che il risveglio arriva nonostante e mai a causa
di una qualunque disciplina spirituale.
Karl Renz: Significa che il tu sei non può essere influenzato da alcuna azione o
non-azione. Tu sei, malgrado ogni avvenimento e mai a causa di qualunque cosa sia.
Tutto ciò che avviene in questo mondo di sensazioni non può cambiare ciò che gli è
“anteriore”. Vedi totalmente che tu sei, malgrado qualsiasi cosa, che tu sei senza
causa, che tu non sei qualcosa che ha una causa e un effetto. Si chiama risveglio,
ma io parlerei semplicemente di un’altra “tazza di caffè”. Non è né un’esplosione
di fuochi d’artificio, di luci né di scosse di un terremoto spettacolare. Non è
niente di speciale.
K.R.: Il risveglio non arriva mai nella vita di qualcuno. Per ciò che tu sei, non
c’è né prima né dopo. Non puoi far entrare ciò che tu sei in una storia. Non è mai
in qualche cosa. Come non c’è né prima né dopo il risveglio. Questo non è mai
arrivato a nessuno, nemmeno a questo qui (si indica col dito). In ogni caso, non è
mai successo niente. Anche il risveglio non accade.
K.R. Anche prima, non c’era nessuno con delle attese, ma se si vuole stabilire una
qualunque differenza, prima, c’era l’intenzione di “fare” e l’intenzione è un altro
nome per colui che fa ora, c’è semplicemente fare o non fare, e tutto ciò che c’è,
è meditazione.
K.R.:E’ sempre stato un movimento impersonale. Colui che fa non ha mai fatto
niente. E’ solo un’idea. Ogni azione è compiuta dalla totalità dell’esistenza
stessa. Qui-ora non c’è che la Coscienza. Ogni parola è detta da quella Coscienza e
chi ascolta non è differente da chi parla. Non c’è che la Coscienza.
K.R.: E’ ancora un concetto. Hai solo cambiato concetto. Dapprima dici:” Io sono
colui che fa”, poi hai una percezione della realtà: “Io non sono colui che fa”. Ma
chi dice questo? Queste due dichiarazioni hanno bisogno di una persona per
esprimerle. Le due esperienze, personale, poi impersonale, hanno bisogno di colui
che le vive. Ma quello è già sperimentato da Quello che gli è anteriore e che non
ha nessuna idea di personale o impersonale. Colui che definisce si definisce nel
personale e l’impersonale, o nel vuoto e la pienezza, ma Quello è l’assenza
assoluta di ogni definizione, perché non esiste nemmeno qualcuno per definire. Non
sapendo assolutamente ciò che tu sei o che non sei, sei Quello.
D: Ma c’è la sofferenza.
K.R.: No, no, offrirei colui che soffre. Ramana diceva di offrire la devozione, di
rinunciare alla rinuncia. Offrendo la devozione, offri il devoto, colui che fa
l’offerta. Infatti ti rendi conto che è una impossibilità assoluta, perché ciò che
non hai, tu non lo puoi offrire. Tu non possiedi assolutamente niente. Dico spesso
che mia nonna è stata il mio più grande maestro. Quando cercavo i miei giocattoli,
mi diceva sempre: “Chiudi gli occhi, cosa vedi adesso?” “Niente” “Questo, proprio
questo ti appartiene”.
Non si può aggiungere niente. E’ come essere nel sonno profondo, perfetto,
assoluto, senza conoscere niente né non conoscere, anche senza conoscere cos’è la
perfezione. E’ la bellezza stessa, assoluta, senza alcuna idea né di bellezza né di
bruttezza. E’ la libertà stessa, nell’assenza totale di ogni idea di libertà o non
libertà.
D: Ma quando soffro?
K.R.: Soffri unicamente perché hai l’illusione che la sofferenza potrebbe avere una
fine. Tu soffri per un’attesa, pensi che imparare dal passato ti porterà qualcosa
nel futuro. Infatti vuoi evitare te stesso, perché il dolore fa parte della
realizzazione e ogni esperienza è un’esperienza di te stesso. Non puoi evitare te
stesso, perché sei Quello. Tu SEI Quello!
K.R.: Ramana direbbe che la forma che vedi davanti a te non può mai realizzare il
Sé. Ciò che è il Sé è sempre realizzato e non ha mai bisogno della realizzazione di
un qualunque contenitore. La forma che tu chiami Ramana è semplicemente
un’espressione di Quello, non può mai realizzare là dove viene. Ma ciò che è
Ramana, il Sé, è sempre realizzato e non è mai, mai stato non realizzato. Questa
realizzazione non è mai nuova, non è mai prima né dopo, e non ci sono vie verso
Quello.
Ciò che è anteriore anche alla luce deve essere presente in ogni circostanza,
essendo ciò che sono le circostanze. Ciò che è la soddisfazione stessa non può
essere soddisfatto né dalla forma, né dal vuoto, nemmeno dalla luce. Pertanto,
tutti e tre promettono ciò che puoi chiamare libertà, ma una promessa di libertà
non può soddisfarti, perché tu sei la soddisfazione stessa e nessuna luce, nessun
vuoto, nessuna forma possono aggiungere alcunché alla tua natura.
Sono seduto qui per dirti che, se ciò che è, l’esistenza assoluta, avesse bisogno
di una situazione speciale di luce o di vuoto o di qualche specie, non sarebbe
un’esistenza assoluta, perché dipenderebbe da qualche cosa. Qualificare l’esistenza
come assoluta significa semplicemente che l’esistenza è quella che è. Ciò che tu
sei non ha assolutamente bisogno di nessun cambiamento. E ciò che ha bisogno fa
parte di questa terra di ombre effimere, di impressioni sensoriali e instabili.
Perfino la prima luce non è il sole stesso, essa ha bisogno di lui per rispendere;
ma, tu non sei né la luce né ciò che ne deriva, tu sei Quello che è il sole.
Quello è presente qui-ora. Niente deve andare né venire per Quello. Nessuna
circostanza particolare può portarti più qualità; nessuna identificazione o
disidentificazione, nessuna disciplina o non disciplina, nessuna credenza, nessuna
fede.
Tu sei la qualità dell’esistenza stessa, lo stesso vivente, tutto quello che puoi
immaginare. La prima immaginazione è la luce ed essa non può che essere presente
se tu la immagini. Ma chi l’immagina non può mai immaginare se stesso. Così, tutto
ciò che deriva da quella prima immaginazione, sono i riflessi infiniti di quella
luce. E tu non puoi diventare più o meno di ciò che sei per la loro presenza o la
loro assenza. E ti dico, quella totale assenza di scappatoia, è la pace. Se puoi
vedere totalmente che ogni circostanza che si presenta non può essere che una
conoscenza o una realizzazione relativa, essa non ti soddisferà mai.
Tu ti preoccupi di ciò che arriva solo perché aspetti un sollievo, una soluzione,
ma non succederà mai per questo problema che non è mai esistito. Per trovare una
soluzione, bisogna dapprima trovare un problema.
K.R.: Niente continua, niente arriva, niente se ne va. La coscienza non fa che
prendere un’altra forma, poi un’altra, poi un’altra ancora nella totalità
dell’esistenza, ma anche questo non si muove. Infatti tu guardi la scena seguente
del film che è già stato girato. La manifestazione dell’esistenza non appare né
dispare mai. Tu non puoi cambiare il minimo dettaglio.
D: Ma, per un qualsiasi cammino spirituale, devo almeno credere che c’è un libero
arbitrio.
K.R.: Il libero arbitrio è un’esperienza che non puoi decidere di fare. C’è
un’esperienza sia di libero arbitrio che di non-libero arbitrio e queste due
esperienze fanno parte della realizzazione di ciò che tu sei. Ma nei due casi, non
c’è nessuno per avere un libero arbitrio o no.
Un giorno, fai l’esperienza del libero arbitrio e, il giorno dopo, del contrario.
Ma guarda, colui che fa l’esperienza, è quello che sei? In realtà è già un
personaggio di sogno.Dire che non c’è libero arbitrio è ancora un’idea e questo non
aiuterà. Ma il più bello è che tu non hai bisogno di alcun aiuto da nessuno. Ogni
conoscenza o chiarezza cui puoi aspirare è in ogni caso effimera, ma la conoscenza
che tu sei non può essere né data né ripresa, essa è assolutamente indipendente da
ogni idea di libero arbitrio o no. Le due cose sono dei concetti che non possono
cambiare ciò che sei. Volontà di Dio o no, trova anzitutto Dio e poi se ne potrà
parlare.
K.R.: D’aiuto? No, non posso aiutarti. Tu non hai bisogno d’alcun aiuto e quello
che ha bisogno d’aiuto non mi interessa. Io ti aiuto forse a scoprire che non hai
bisogno di nessun aiuto.
K.R.: No, ciò che dico è una mancanza totale di pertinenza. E’ il divertimento del
Sé senza alcun necessità, un divertimento automatico, una realizzazione spontanea.
Qui, non c’è nessun aiuto.
K.R.: Non importa quale. Non ci sono metodi speciali, certi dicono che “nessun
metodo” sarebbe il metodo migliore, ma neanche questo può aiutarti.
K.R.: Tu sei ancora e sempre la pace. Non puoi lasciare ciò che sei, non ha
importanza se cadi nella separazione o no. Lasciare ciò che sei e ritornare a ciò
che sei non è che un sogno. I sogni non possono né farti né disfarti. Non hai mai
lasciato la casa, tu sei quello che è la casa. Che tu sogni di essere un
affittuario o no, tu sei sempre quello che è la casa. Per te, per ciò che sei, non
c’è necessità che cambi qualcosa. Non c’è andare e venire.
K.R.: Posso solo dire che, per ciò che sono, non c’è né prima né dopo. Questo era
non importa quando ciò che era, ciò che sono. E per Quello non c’è né prima né
dopo.
K.R.: Non ha impatto. E’ questo l’impatto. Che niente abbia impatto è un impatto
assoluto per ciò che sei. Tu non puoi “impacchettare” niente, lasciando tutto, non
puoi far sparire niente. Niente è dovuto partire. Niente è mai stato là, dunque
niente deve andar via.
karl renz
Domanda: Quindi stai dicendo che io non posso fare nulla e non ho alcuna
responsabilità?
Tony Parsons: Continuo a ripeterlo: no, non sto dicendo che non puoi fare nulla
perché implicherebbe che c’è qualcuno che non può fare nulla. Ma la realtà è: non
c’è nessuno. Questo è qualcosa di completamente differente. Molte persone
cosiddette Advaita odiano questo messaggio. Dicono che promuovo la pigrizia, che è
una cosa terribile, spiacevole da dire. Non comprendono quello che viene
fondamentalmente, essenzialmente detto e cioè che non c’è alcuna scelta, nessun
libero arbitrio. Non c’è nessuno. Credono completamente e totalmente nella realtà
della scelta individuale. Per questi ascoltare che non c’è nessuno… è impossibile
ascoltarlo. Quindi continueranno a discutere nella dualità. D’altro canto: conosco
molte persone che sono venute una volta e l’hanno visto totalmente. Altri vengono
agli incontri alcune volte, e poi l’intera idea dell’individualità semplicemente
scompare. Cade a pezzi. Il risveglio sta accadendo dovunque in questo periodo. E
quello che le persone dicono è che quando accade, realizzano che è assolutamente
naturale e ordinario. Non una gran cosa, in un certo senso. In altro modo invece, è
assolutamente meraviglioso.
Commento: Non c’è ancora una dualità sottile presente dato che da una parte c’è la
rabbia associata all’ego e dall’altra c’è qualcosa che la testimonia.
Tony: Beh, così è come sembra, ma nella liberazione non c’è un testimone. E’
finito. Nel risveglio può esserci un testimone, e anche prima della liberazione può
esserci un testimone, ma nella liberazione non c’è neanche qualcosa che è
consapevole della manifestazione. C’è solo l’essere, tutto ciò che è.
Commento: Quando sei un bambino piccolo, non c’è anche lì nessuno a cui le cose
accadono.
Tony: No, c’è solo l’essere.
Domanda: Pensi che sia un naturale ed inevitabile sviluppo che un bambino cresca in
questa illusione di essere un individuo?
Tony: Sì assolutamente. L’Unità vuole giocare il gioco di essere un individuo, di
cercare qualcosa chiamato “non essere un individuo”. L’Unità vuole giocare. L’Unità
è certamente affascinata dal non essere uno.
Tony Parsons
I pensieri non sono per natura dualistici. Sarebbe come dire che i fiori o gli
alberi o una farfalla sono per natura dualistici. Tutto è l’Unità che appare come
ciò che sta accadendo. Non ci sono due. Quindi anche i pensieri sono l’Unità che
pensa.
Quello che succede con l’apparenza del pensiero/sensazione ‘me’ è che ci sembra di
essere un ‘io’ che è stato creato come separato dal resto della vita!! Non c’è! C’è
solo la vita stessa! Si potrebbe dire che anche questo apparente ‘io’ che si sente
separato è una creazione momentanea e spontanea della Vita stessa!
Questo apparente ‘io’ che è separato dai pensieri, separato dai sentimenti,
separato da tutto ciò che sta accadendo, sembra essere il creatore di una
separazione energetica e della dualità. Ma non c’è dualità! Tutto è la Vita!
Puoi dire che questo apparentemente ‘io’ separato cerca di relazionarsi con gli
apparentemente pensieri separati. Sembra che ci sia una sottile divisione
nell’esperienza, vi è un io che controlla, che vede, che cerca di manipolare gli
apparenti pensieri. Ma anche questo è solo il gioco della vita! L’Uno gioca a fare
due, per poi ri-rendersi conto che era sempre uno tutto il tempo!
Un altro aspetto di questo, è che il senso del ‘me’ è sempre un senso accumulato
composto di Tempo. Il “me” è un senso accumulato di sé, fatto di ricordi,
abitudini, conoscenze, conflitti, sofferenze e paure, che è il residuo registrato
del passato. Eppure, allo stesso tempo, l’Unità è l’unico me! Ecco perché questa è
una storia d’amore non lineare! Non ha passato!
Nel vitalità selvaggia del presente, che è la Vita stessa, non c’è alcun senso
accumulato di sé, e così la rilevazione della vita è radicalmente, fondamentalmente
diversa. Senza un senso accumulato di sé, vi è la possibilità che la Vita sia
energeticamente rilevata come essere intero e completo, perfetto così com’è. Questa
è la morte per il “me”, per l’ ‘”io” che sembrava essere separato dalla vita
stessa, e con questa morte, non nasce una rivoluzione dato che questa è la
rivoluzione che sta sempre solo accadendo.
Non c’è nulla che puoi fare, non puoi andare contro questo risveglio e non puoi
accelerarlo. Sorgono domande perché a qualche livello intuitivo la mente sa che sta
sta accadendo qualcosa di cui essa stessa non è in controllo. La mente non può mai
produrre il silenzio, la mente è un prodotto del silenzio e quindi non puoi
produrre ciò che è precedente ad essa. Ma occasionalmente può divenire consapevole
della sua presenza e sebbene questa sia la cosa che la mente vuole di più è anche
la cosa che teme di più.
Nessuno realizza e nessuno non realizza, sono entrambe azioni impersonali, che
sorgono come sensazione o pensiero, sono testimoniate dalla Consapevolezza Vuota,
da nessuno.
Quando questo è visto con chiarezza è ovvio che tutto il vedere è visto,
testimoniato, dallo stesso Essere e che questo Essere stesso è ciò che si manifesta
in modo temporaneo come le cose, anche se in se stesso resta quel nulla in cui la
manifestazione accade, tutto è Uno.
La mente non può afferrare il nulla; non le piace il nulla. La mente, essendo una
cosa essa stessa, è dualistica. Divide sempre nelle coppie di opposti, nelle cose.
Non può conoscere o afferrare o capire il nulla. Il fatto è che potreste aver
cercato nella direzione sbagliata. Siete tutte persone intelligenti, ma potreste
aver cercato per anni. Avete lavorato così tante cose nella mente, ma non è
possibile trovare questo perché credete che sia una qualche sensazione o concetto o
idea di cui è stato letto, o di cui la gente ha parlato. Cerchiamo qualcosa di
simile e manchiamo la «non-cosalità» di essa.
Dovete prendere queste cose in esame . Hanno bisogno di essere guardate e comprese.
Sono questo corpo, per esempio? Di che cosa è fatto questo corpo? Noi indaghiamo,
diamo un’occhiata e vediamo che non è altro che gli elementi. Si tratta per l’80%
di acqua. Poi ci sono l’aria, lo spazio, la materia, il fuoco. È solo gli elementi.
Gli elementi possono essere suddivisi in particelle subatomiche, in nulla. Guardate
a esso ancora una volta e vedere anche che non si può essere separati dagli
elementi. Questo corpo è gli elementi. E non è separato dagli elementi. Vedete
quanto si può andare lontano senza aria! Vedere dove potete arrivare senza acqua,
spazio, calore corporeo (il fuoco) o materia.
Non mi piace usare la parola “Dio” o “il Supremo” puramente e semplicemente per la
ragione che ognuno di noi probabilmente ha un concetto diverso di cosa siamo giunti
a credere che Dio sia o non sia. Anche se siamo agnostici o atei, avremo un
concetto al riguardo. Uso il termine «intelligenza-energia», ma io non sto parlando
del vostro intelletto, perché ci sono molti gradi diversi di intelletto.
Guardate il corpo e scomponetelo. Non c’è un centro qui in questo corpo che io
possa dire “questo è ciò che sono”. È iniziato con l’unione dello sperma e
dell’ovulo. Se il corpo ha avuto un qualche centro sarebbe stato quella cellula
originale. Ma quella è andata da tempo. In questo momento, ci sono molte cellule
che muoiono in questo corpo e che vengono sostituite.
Un’altra questione è “sono questa mente?” Sono questo pensiero primario “io sono”?
Quel senso di presenza si esprime attraverso la mente come quel pensiero “Io sono”.
Guarda al pensiero. Esiste davvero una cosa come la mente, oltre al pensare? Non
riesco ad afferrare tutto ciò che posso chiamare mente.
Che cos’è il pensare? Il pensare a livello sottile è una molto, molto sottile
vibrazione. Al livello di parola pronunciata è un suono. Il suono è una vibrazione,
e una vibrazione è un movimento di energia. Quindi è lo stesso. Non hai ancora
separato quell’intelligenza-energia. Se guardate di nuovo la vostra mente, si vedrà
che vibra sempre negli opposti interconnessi. Se non è passato, che è la memoria, è
anticipazione e immaginazione, che è futuro. E all’interno di tale intervallo, sta
costantemente vibrando come coppie di opposti correlati. È buono o cattivo,
piacevole o doloroso, felice o triste, amare o odiare, o qualsiasi altra cosa.
Date un’occhiata alla vostra mente. Sta costantemente vibrando in quei modelli.
Vedete se sta facendo qualcosa di diverso da ciò. Quindi, vedete, il pensiero è uno
strumento meraviglioso quando è utilizzato, la sua attività è molto meccanica. Un
bambino, quando è nato, non ha lasciato quello stato naturale. Lui sta ancora
funzionando in quello stato naturale. Se ha fame piangerà. Se è felice gorgoglierà.
Lui defeca e urina senza alcun senso di preoccupazione. Succede soltanto, proprio
come il suo cibo viene digerito.
Sta facendo attività, muovendo le mani, muovendo le braccia, ogni sorta di attività
è in corso. In quella fase non sta attribuendo queste cose a un me (“io sto facendo
questo” o “io sto facendo quello”). Lui non sa. Il ragionamento non è iniziato.
Mentre il corpo cresce, anche questa linea di ragionamento comincia a funzionare. I
suoi genitori gli dicono “il tuo nome è Johnny, sei un bravo ragazzo, sei un
cattivo ragazzo. Tu sei questo, tu sei quello”.
Sente questo, e questo comincia a incidere su di lui. Egli impara che cosa
significa questa parola o che cosa questo pensiero è. Egli lo traduce in etichette
che gli vengono insegnate. Quindi, prima o poi si rende conto che è di me che
stanno parlando (“Questo sono io. Io sono Johnny”), mentre prima era solo “il
piccolo Johnny”.
Quando la nostra attenzione viene portata alla conoscenza del nostro proprio Essere
– che ciascuno di noi sa essere l’esperienza di “Io Sono” – cominciamo ad andare
verso il nostro proprio Essere. Quando sentiamo parlare del nostro Essere,
cominciamo già ad andare lì. A qualche punto della nostra strada, arriviamo lì. In
realtà, non è che veramente arriviamo lì, o andiamo lì, questa è solo una metafora.
In altre parole, quando sentiamo parlare del nostro Sè, è come se il conoscere il
proprio Essere risplendesse e noi venissimo portati lì; qualcosa nelle parole, in
una frase, ci porta lì. Allora, quando andiamo lì, per così dire, noi tocchiamo la
nostra vera natura, noi ci conosciamo veramente per come siamo.
In quel momento senza tempo, perché l’attività della mente è assente, compare un
rilassamento del corpo e della mente, magari non completo, ma alcune delle
contrazioni, che sono il sé separato, si rilassano e accade uno sbrigliamento della
tensione derivante dalla separazione. Quello sbrigliamento, quel rilassamento del
corpo può essere espresso in vari modi: lacrime, risate, pelle d’oca, tremiti,
sensazioni di malessere o sensazioni di piacere, come un’onda dolce che si diffonde
nel corpo, o anche come se qualcosa in noi si spezzasse. Può sembrare di essere
stati scossi da un terremoto e in questo caso è spiacevole. La forza della nostra
conoscenza di “Io Sono”, che tutti noi conosciamo, non è la conoscenza di qualcosa,
non è qualcosa che la mente conosce, bensì è una sorta di “buco” nella mente, è un
accesso diretto a Dio.
Questa è la cosa di cui siamo stati schiavi (quella falsa credenza in un centro
indipendente, sostanziale o ego). Si tratta di un fantasma, qualcosa che non
esiste. Tutto ciò che serve è un’indagine su ciò che viene sottolineato. Guardate
da soli mettendolo in discussione e date un’occhiata. Guardate attentamente e
vedete se qualcosa può essere trovato lì che abbia una qualsiasi sostanza o natura
indipendente. E non ci vogliono 20, 10 o 5 anni – non ci vuole tempo affatto. Il
vedere è proprio adesso, è immediato. È sempre stato immediato e sempre lo sarà.
Puramente e semplicemente perché è senza tempo.
Vedete che la ricerca stessa è una trappola, perché la ricerca implica che ci sia
un’entità che ha bisogno di diventare qualcosa. E diventare implica un tempo futuro
– non è essere. Diventare non può mai essere essere e ciò di cui stiamo parlando è
essere. Noi chiamiamo noi stessi “esseri umani” e chiamiamo Dio “Essere Supremo”.
Mettete via queste due etichette (umane e Supremo) e cercate di separare il senso
di essere. Potrei chiamare questo essere qui Bob, e potrei chiamare quell’essere lì
Joan. Chiamiamo sedia la sedia su cui siamo seduti. Ma togliete tutte quelle
etichette e cosa rimane?
Se guardate a ciò, la prima domanda che arriverà è “Beh, come faccio a vivere la
mia vita?” Tu vivi la tua vita allo stesso modo in cui hai sempre vissuto. Se vedi
che non c’è “me” qui con qualsiasi sostanza o natura indipendente ora, quando mai
avrebbe potuto essercene uno? Nel vedere che non ha sostanza o natura indipendente
ora, quella cosa in cui abbiamo creduto per tanto tempo, potrebbe mai aver avuto
qualsiasi sostanza o natura indipendente?
Così si può tornare allo spermatozoo e all’ovulo. Si può andare indietro fino a
prima dell’essenza del cibo di tuo padre e dell’essenza del cibo di tua madre. Si
può tornare alla cosa di cui quell’essenza di cibo si alimentava. Si può vedere che
non ha inizio. Quello sperma e quell’ovulo si sono riuniti, la cellula si è
sdoppiata e risdoppiata e ha cresciuto questo piccolo embrione e piccolo feto e
bambino. Non c’era nessuna entità che stava facendo nulla di tutto ciò. Non c’era
nessuna entità, quando è nato e ha esalato il suo primo respiro. Non c’era nessuna
entità del genere prima che venisse fuori il ragionamento. E quando il ragionamento
viene, può ancora non esserci alcuna entità. Se la si guarda e si vede che è una
finzione ora, deve essere stata una finzione allora.
E noi cerchiamo da anni di superarli, di fare qualcosa per essi, per sbarazzarcene
in un modo o nell’altro. Ma se solo si realizza che la causa è una finzione – e non
ci può essere un effetto senza causa, allora l’energia della fede non può più
andare in esso come fosse reale o avesse qualsiasi sostanza o qualsiasi natura
indipendente. Se tutta questa manifestazione è energia e l’energia non sta seguendo
alcun modello, cosa deve accadere al modello? Non deve il modello andarsene da
solo?
L’esperienza qui è che questo è così. Ero in quelle paure, ansie e stress
egocentrici, emozionali e psicologici. Ma oggi, e da un bel po ‘di tempo, parecchi
anni, non sono lì. Ciò non vuol dire che sono uno zombie sconsiderato e senza
emozioni. Vuol dire che tutte le attività, il funzionamento continua ancora – il
vedere, l’udito, la degustazione, la toccare, l’odorare, il pensiero, il
sentimento, i pensieri positivi e negativi funzionanti in tutte le loro opposti.
Questa è una metafora che indica quella che sembra essere “la storia” della
coscienza di sé, da cui è nata apparentemente la conoscenza ed esperienza del
libero arbitrio, della scelta, del tempo e dello spazio, dell’obiettivo e dalla
direzione nella vita.
Come “la storia” si dispiega, così il sé impara a conoscere “il mondo là fuori” e
tenta di negoziare la miglior soluzione possibile per sé… apparentemente compie
ogni azione per cercare il piacere ed evitare il dolore. Più grande è la conoscenza
più efficace l’azione, i risultati e il senso apparente del controllo personale.. o
almeno così sembra.
Tutti questi sforzi hanno vari risultati, e quindi l’individuo arriva a conoscere
stati transitori di gratificazione e disappunto. Tuttavia, può essere notato che
sembra esserci un senso di insoddisfazione di fondo che guida il sé a cercare un
significato più profondo.
Poiché il sé apparente può solo esistere attraverso il suo sapere, la sua ricerca
per un significato più profondo sarà limitata a ciò che può conoscere e fare
esperienza. All’interno di queste limitazioni c’è una moltitudine di dottrine,
terapie, ideologie, insegnamenti spirituali e sistemi di credenza che il
ricercatore può arrivare a conoscere. Ci può anche essere il conoscere e
l’esperienza di stati di silenzio, immobilità, beatitudine, consapevolezza e
distacco, che sembrano tutti andare e venire come il giorno e la notte.
Quindi il sé è il ricercatore separato che persegue tutto ciò che pensa di poter
conoscere e sapere, eccetto l’assenza di sé stesso. Quell’assenza è il vuoto che è
inconoscibile, ma paradossalmente è anche a vera pienezza, la totalità (paradiso)
che si brama.
Beh, in realtà non è qualcosa di cui davvero si può parlare. Ma riguarda l’idea che
non c’è alcuna separazione, nessun sé separato, che il sé è un’illusione e c’è solo
totalità.
La Non Dualità fondamentalmente dice “non due” quindi c’è solo uno. Il senso del
sé è sorto a causa dei nostri cervelli sofisticati e probabilmente per l’istinto di
sopravvivenza.
Questo causa sofferenza perché c’è sempre un senso di contrazione e una sensazione
di non essere in grado di acchiappare la vita o di farla funzionare.
Sebbene alcune persone sembrano avere successo, rimane ancora la sensazione che
manchi qualcosa. Basta che guardi alle celebrità che sembrano avere tutto per
vedere che la ricerca è molto forte anche lì attraverso pratiche spirituali,
droghe, beni materiali, relazioni, ecc.
Alcune persone tuttavia hanno quello che viene chiamato glimpse o vedere, con
nessun senso del sé presente, che è quando la totalità riconosce se stessa. Di
solito il senso del sé ritorna e il ricercatore inizia la sua ricerca ancora più
intensamente per tornare all’interezza che sentiva di aver sperimentato. Ma non
c’era alcun sé presente nel riconoscimento della totalità. Quindi come può qualcuno
ottenerlo?
Qualche volta, e non sempre, c’è poi un pieno riconoscimento che c’è solo la
totalità e nessun ricercatore e questo può essere chiamato liberazione.
Tutto questo sembra come una storia e quasi come una serie di fasi, ma in realtà fa
parte dell’illusione. Non c’è alcuna formula per l’illuminazione, il risveglio o la
liberazione. Non c’è niente che uno può fare per svegliarsi e più chiaramente non
c’è niente che deve esser fatto.
Ella May
Lisa: La Sorgente di tutto non sarà mai conosciuta; tutto quello che c’è è la
Sorgente. Tutto quello che c’è è Dio che fa esperienza di se stesso attraverso
l’apparente separazione degli oggetti.
Qual è la Sorgente di tutto? Ogni cosa e nessuna cosa. Non una cosa, e ogni cosa.
Non puoi mai stare fuori dal tutto e guardare per vedere cos’è. C’è solo la
Sorgente, e non è una cosa particolare.
La contrazione energetica fa parte di questa espressione. Non è separata da questa
espressione. La separazione non esiste realmente, appare solamente così. E’ molto
strano e impossibile parlarne.
La separazione si sente molto reale perché è ciò che è progettata che faccia. E’
progettata per dare l’apparenza di un “qualcuno” che è separato dalla vita. Non
esiste realmente, questa persona separata. Ciò che è, è questo, i suoni, odori, le
viste, le sensazioni, ecc. In ciò, la prima astrazione, che in un certo senso non è
neanche un’astrazione, è “io” sto facendo esperienza di questo, piuttosto che
semplicemente il puro esperire, senza un “io”. L’astrazione sorge nell’esperienza.
Non è sbagliato e non ha bisogno di essere negato. E’ solo una descrizione di ciò
che sembra stia accadendo. Non è chi sei. Per fare esperienza c’è bisogno di un
oggetto che sia esperito. Tutto quello che c’è, è l’esperire, ed è così intimo che
non c’è separazione tra l’esperire e gli oggetti; sono uno e la stessa cosa.
Tutte queste domande alla fine si riducono al non sapere. Proprio qui, proprio ora
c’è solo un grande non-sapere. C’è un sapere dell’esperienza, ma niente che sia
conosciuto nel pensiero. C’è solo esperire. Tutto nel pensiero è ipotetico; questo
implicherebbe che c’è sapere, ma anche non-sapere.
Non sappiamo mai la risposta a chi siamo, o perché questo sta accadendo, o come
sbarazzarci dalla contrazione energetica. Tutto ciò è fumo, è ipotetico.
La descrizione di ciò che sta accadendo è solo una descrizione di ciò che sorge
nell’Essere Vita dell’apparente personaggio. L’apparente personaggio è solo una
forma di espressione. Ci sono miliardi di forme di espressione in questo, e tutte
sono ciò che è.
Lisa Cairns
Ma non esiste un centro di sé. Il centro di sé, o ego è la causa di tutti i nostri
problemi ed è una finzione. Il bambino aggiunge allo «io» pensato tutti gli eventi,
le esperienze e il condizionamento, che sono concetti mentali, e forma un’immagine
di sé sulla base di tali concetti. Lui pensa “io sono il piccolo Johnny, e sono
stato un bravo ragazzo o un cattivo ragazzo, o qualcuno ha detto qualcosa a me e
provo vergogna o colpa o paura o qualsiasi altra cosa”. Tutti questi concetti
sembrano essersi concretizzati.
Essi sembrano diventare reali e diventano un punto (il “me” o ego) di riferimento,
a cui tutto è relativo. Qualcosa colpisce quel punto di riferimento, quell’immagine
che ha di se stesso, e non si adatta a quell’immagine, non gli piace. Se
qualcos’altro colpisce l’immagine e vi si adatta, gli piace e ne vuole di più.
Resiste alla cosa che non gli è piaciuta vuole allontanarsene, e così è in
conflitto. Tutti i nostri problemi derivano da questa credenza nel centro di sé.
Tutto ciò che è relativo a quell’immagine fittizia siamo giunti a credere che sia
reale.
L’energia della fede è andata in essa e l’ha resa apparentemente reale e forte
attraverso quella credenza abituale. Ma non è vera e non ha alcun potere, quindi
non ha forza. Consideratelo e vedete che non c’è posto in questo corpo di cui possa
dire «questo sono io». Vedete che questa immagine che ho avuto di me non ha
sostanza. Non è niente di solido, anche se è apparentemente concretizzata. Non puoi
mai trattenerla. Cercate di trattenere un pensiero! E soprattutto, e questo è molto
importante, non ha natura indipendente.
Quel pensiero o immagine non potrebbe nemmeno essere lì se non fosse per quella
intelligenza-energia o la presenza della consapevolezza. Noi la chiamiamo
intelligenza-energia, consapevolezza, coscienza o spirito. Questa è l’etichetta che
abbiamo messo su di essa. Ma l’etichetta non è essa. Abbiamo molti nomi o etichette
diverse per essa, ma nessuna di loro è davvero adatta. Non si può avere un solo
pensiero, senza quell’intelligenza funzionante. Quindi il pensiero non è
indipendente e non ha alcun potere di per sé.
Hai creduto l’illusione che sei separato. Hai sofferto, hai vissuto il mito che
possiamo ottenere qualcosa, andare da qualche parte, ottenere l’interezza.
Morirai prima che il corpo/mente muoia o dopo, morirai, nessuno sa quando o come,
se sarà tranquillo o doloroso. Come e dove accadrà. Il sé potrebbe morire in ogni
momento, nessuno sta veramente vivendo. Il sé non è mai stato reale, non è mai
nato. Nessuno è davvero vivo, c’è solo la vita con nessuno che la vive.
Non c’è un regno dei cieli a cui ascendere. Nessuna vita dopo la morte, nessuna
reincarnazione, nessuna energia personale che sopravvive. E’ questo, qui, totalità.
La spaziosità e libertà che il sé desidera non la otterrà mai. Poiché tutto quello
che c’è è spaziosa interezza.
La realtà naturale è totalità, completa e intera. Non c’è una forza esterna o un
oggetto, nella liberazione tutte le cose sono viste come interezza. Appare magari
in forme differenti ma è la stessa energia che è questo sempre.
Come può esserci qualcos’altro oltre l’interezza? Cosa c’è da ottenere, chi è che
vuole ottenere?
Nel mezzo dei miei vent’anni, in seguito a una profonda depressione, sono diventato
un ricercatore spirituale molto serio. Il mondo era diventato troppo e volevo
scappare nella Vacuità dietro al mondo e vivere lì. Volevo liberarmi di Jeff e di
tutti i suoi problemi e dimorare nell’Assoluto col mio amico il Buddha. Ho visto
con chiarezza i problemi dell’esistenza: l’impermanenza di ogni cosa,
l’inevitabilità della morte, la natura illusoria del sé, la natura vuota di tutti i
fenomeni. La mia risposta è stata di staccarmi dal mondo.
Ma sono andato troppo in là e sono caduto nel Vuoto. Mi sono staccato così tanto
che il mondo non mi interessava più. Mi sono intrappolato nel nulla. Gli alberi non
erano più alberi, le montagne non più montagne, i fiumi non più fiumi. La vita è
diventata fredda e senza gioia. Non c’era nessun me. Nessun te. Nessun sé. Nessun
altro. Nessun mondo. Nessun passato. Nessun cammino. Nessun futuro. Nessun amore.
Nessuna vita. Nessun significato.
Credevo di essere un uomo reale, non uno di quegli sciocchi ignoranti che erano
ancora persi nel mondo ‘relativo’, di quelle persone non spirituali che ignoravano
la loro ‘vera natura’. Allora pensavo che la non dualità fosse questo. Pensavo che
la non-dualità fosse staccarsi dalla vita e dimorare nel vuoto.
Quello che allora non potevo vedere era che il distacco assoluto dalla vita era
completamente dualistico. Ci vuole una persona per essere distaccati, e unmondo
per esserne distaccati. Naturalmente dopo una vita di sofferenza, inizialmente è
stato un sollievo trovare il vuoto e scappare dall’inferno che era diventata la mia
vita. Ma il vuoto era diventato un’altra trappola.
Quello che al tempo non vedevo era che il vuoto è totale pienezza. Dimoravo nel
vuoto ma c’era ancora un ‘me’ che faceva il dimorare. Il vuoto non era ancora
collassato nella pienezza. Non ero ancora morto. Non mi ero ancora innamorato di
ogni cosa. Ed è lì che tutto si indirizzava.
A lungo c’era stata un’assenza di vita. A lungo mi ero seduto a guardare il mondo
senza di me. Il mondo era diventato il mio nemico, perché essenzialmente non era
reale. le interazioni umane quotidiane avevano perso significato perché non c’era
nessun altro. Era stata una tale negazione del relativo, una tale negazione del
mondo. C’era ancora un ‘me’ che negava la vita.
Il vuoto è collassato nella forma. La forma è collassata nel vuoto. E allora non
c’era più né forma né vuoto. C’era solo questo, senza più alcun modo di sapere che
cosa questo sia. La persona si è dissolta nella meraviglia.
Gli alberi erano di nuovo alberi, le montagne erano di nuovo montagne, i fiumi
erano di nuovo fiumi. Ogni cosa è ritornata al suo posto. Alla sedia era permesso
di essere di nuovo una sedia, mentre nello stesso tempo, naturalmente, era
l’espressione divina, era l’Unità che giocava al gioco di essere una sedia. Una
tazza di caffè poteva ancora essere una tazza di caffè, un pensiero un pensiero,
una sensazione poteva ancora essere una sensazione. La tristezza poteva esser
tristezza, l’amore poteva essere amore. Ogni cosa era se stessa e nulla era mio. Le
parole non riescono a catturarlo, ma finalmente si poteva vivere una vita
ordinaria, e la vita ordinaria era l’unico miracolo.
C’è stato un ritorno al mondo anche se era solo un mondo apparente, anche seera
tutto un sogno, anche se non c’era nessun me e nessun altro. Improvvisamente dopo
anni di essere distaccato e di voler essere distaccato c’è stato un rilassamento in
quello che è. L’intera cosa è collassata in una vita molto ordinaria.
Ma il ricercatore era morto. La ricerca era morta. Jeff è morto e ‘Jeff’ è rinato.
C’è stata la crocefissione e la resurrezione tutto in uno, anche se in definitiva
nessuno è stato crocefisso e nessuno è risorto, e questo è il messaggio finale
della croce.
Quello che è è stato visto come il miracolo. Ed è sempre abbastanza. L’idea stessa
di spiritualità se n’è andata. Quel concetto non era più necessario.Concetti di
‘risvegli’ e ‘illuminazione’ e ‘nulla’ se ne sono andati. Concetti di pratiche e
scopi e conseguimenti futuri se ne sono andati. Perché? Perché l’erba era
abbastanza, l’albero era abbastanza, il terreno sotto ai miei piedi era abbastanza.
Mi sono innamorato del terreno solido o il terreno solido si è innamorato di se
stesso e la ricerca di una vita è terminata.
Il mondo è illusorio.
Brahman è il mondo.
Quando dico “Questo è tutto” o “la liberazione non è un qualcosa che puoi ottenere”
non intendo dare un insegnamento. E’ un tentativo di condividere un vedere. Non
sono un insegnante. Poiché sono nulla non sono né insegnante né studente. Sono
quello che dici tu e sono anche ogni cosa. Tu sei quello che sono e io sono quello
che sei. E tutto finisce qui in un’intimità al di là delle parole.
La mente vuole sempre trovare un posto dove riposare tipo non c’è nessun sé, non
c’è nessuna scelta. Ma la non-dualità non offre nessuna casa al senza tetto. E’ una
caduta libera nel non-sapere.
Nel vedere chiaramente che non c’è nulla da fare, perché questo è già completo, la
stagnazione se ne va. Ci può essere un saltare fuori dal letto, col cuore
completamente aperto a un altro giorno di non-sapere. “Nulla da fare” è solo un
altro concetto, “qualcosa da fare” un altro concetto.
Nagarjuna ha detto:
E Bodidharma:
Chiunque sa che la mente è una finzione e priva di qualunque realtà, sa che la sua
mente né esiste né non esiste. I mortali continuano a creare la mente sostenendo
che esiste. E gli Immortali continuano a negare la mente sostenendo che non esiste.
Guarda: parte della danza è che su questo sorprendente pianeta ci sono da fare un
milione di cose, almeno così sembra! Questo mondo, lo sanno tutti i bambini, è un
terreno di avventura. Né esiste, né non esiste, ma in ogni caso è un terreno di
gioco.
Sì non c’è nulla da ottenere perché è già tutto qui. Viene visto che l’intimità e
l’amore non-condizionale che sono stati sempre cercati sono proprio qui.
E allora l’intero paradosso della non-dualità viene risolto e viene visto che in
realtà non c’era mai stato un paradosso.. E’ la danza divina, è l’intrattenimento
cosmico, è Lila, è il nulla che è ogni cosa. E nel vedere questo con chiarezza
tutte le domande si dissolvono e quello che rimane non hai modo di conoscerlo.
Sì, tutto finisce nel mistero, nell’amore assoluto. Come posso comunicarti questa
intimità e questa libertà, questa pace e vuoto e pienezza di essere semplicemente
seduto su una sedia, proprio adesso? O di respirare, o dei suoni che accadono.
E così il paradosso viene risolto qui nella semplicità assoluta e nella meraviglia
di quello che è. Nell’accadere del respiro, nei rumori della stanza, nel tepore
della mia tazza di tè, nel crocchiare dei biscotti, nelle briciole che cadono sui
pantaloni. La ricerca di una vita finisce qui e c’è solo gratitudine per la tazza
di tè, per i biscotti, per questo, così com’è. Nessuno beve il tè, nessuno mangia i
biscotti e nessun scrive queste parole, eppure, che miracolo è tutto questo, e come
sono stato pazzo e innocente nella mia pazzia cercando qualcosa di più di questo,
quando ogni cosa di cui avevo bisogno era proprio qui.
Questo «Io sono» è solo una traduzione da parte della mente di quel senso di
presenza, la consapevolezza della presenza o la presenza di tale consapevolezza.
Questa è l’unica realtà di cui siamo assolutamente certi. Nessuno in nessun caso
può dire “io non sono”. Questa conoscenza è costantemente e sempre con noi, ed è
per questo che diciamo che siete già quello che state cercando.
Noi basiamo ciò di cui parliamo qui su ciò che ci dicono le antiche tradizioni.
Nell’Advaita, per esempio, lo chiamano non-duale; uno-senza-un-secondo. La parte
uno-senza-un-secondo significa che perfino uno potrebbe implicare che c’è qualcosa
di diverso da uno. Nelle Scritture Dzogchen lo chiamano non-concettuale, sempre
fresco, auto-risplendente, presenza consapevolezza, solo questo e nient’altro. E se
si guarda a quello che dicono, è la descrizione di tu, io e tutto il resto.
L’idea stessa che ci sia qualcosa da cercare e qualcosa da cercare implica tempo, e
il tempo è la mente. Ecco perché non troverete mai la risposta nella mente. Per la
mente, presenza-consapevolezza non è una cosa. Essa non ha alcuna configurazione,
non ha alcuna forma, non ha alcun tempo, non ha alcun spazio, non ha avuto alcun
inizio o fine. Quindi è nulla. La chiamano «vacuità».
Fintanto che ti prenderai per una persona, un corpo-mente separato dal flusso della
vita, che ha una volontà propria e persegue le proprie mete, starai vivendo solo in
superficie, e qualunque cosa tu faccia sarà di breve durata e di poco valore. Mera
paglia per alimentare le fiamme della vanità.
Non è forse importante per te sapere se sei solo un corpo o qualcos’altro? O niente
del tutto? Non vedi che tutti i tuoi problemi derivano dal tuo corpo, il cibo, il
rifugio, la famiglia, il nome, la fama, la sicurezza, la sopravvivenza? Tutto
questo perde significato il momento che tu realizzi che non sei solo un corpo.
Sei rimasto inchiodato al racconto dei tuoi genitori: tutto sul concepimento, la
gravidanza e il parto, il bambino, I’adolescente, il giovanotto, e via dicendo. Per
disancorarti dall’idea di essere il corpo, devi ricorrere all’idea opposta: non sei
il corpo. E proprio perché è un’idea come I’altra, trattala come qualcosa da
gettare dopo l’uso.
Le parole sono sia barriere che ponti . È l’unica realtà che il corpo abbia.
Che il corpo-mente faccia il suo lavoro, ma comprendi che ciò che sta facendo il
lavoro non sei tu; tu sei il senso della presenza.
Ovviamente il tuo corpo resta nel mondo e del mondo, ma non ti inganna più.
Quando la “persona” non c’è più il Sé è realizzato. Quando non c’è “persona” la
questione di andare o venire non si pone più. Il corpo è un’apparizione nel Sé.
Quando il corpo sparisce, il Sé rimane com’era e com’è sempre.
Domanda: A volte lascio fluire i pensieri come una folla umana. L’uno guarda,
l’altro no. Questa è meditazione. Con questo giungo ad uno stato meravigliosamente
rilassato. Potrebbe essere questa una preparazione al Risveglio?
Karl: Ci può essere solo una preparazione che riguarda te stesso. Non appena appari
sulla scena del mondo, già provi nostalgia per te stesso. Finché la tua realtà è
l’idea di vita, ti struggi dal desiderio di quello che aldilà di essa. Di qualcosa
che non sia condizionato dallo spazio-tempo, di una vita che è libertà Questa
nostalgia compare appena apri gli occhi. La nostalgia della beatitudine ha
guidato ogni tuo passo. E ogni passo è una preparazione all’ultimo passo che porta
al nulla, all’Abisso, in questo Mistero.
D.:Ma ci sono forse passi che portano in modo più diretto a quello?
K.: Esistono vie o passi speciali? No. Ogni passo è un passo speciale verso te
stesso. Ogni respiro, fino all’ultimo, finché l’Io cessa di respirare, ma si lascia
respirare. Ci sono passi ma non hanno un carattere speciale. Confida semplicemente
in quello che fai, poiché questa nostalgia ti condurrà in
un modo o in un altro. Il Sé sa come trovarsi, meglio di qualunque altro maestro o
di qualunque altra cosa. E non c’è scappatoia. Non puoi sfuggire a te stesso!
K.: Non credere che un’azione abbia più valore di un’altra. E’ solo la parte
qualitativa del Sé che porta a se stessi.
D.:Ma il fatto che legga certi libri o che venga qui avviene a causa del desiderio
di ritrovarmi o di ritrovare il Sé.
K.: Il Sé nella sua aberrazione, nel suo piccolo “io”, cerca quello che è nella sua
totalità. Ma non può far nulla, poiché non si è mai perso! Puoi solo trovare quello
che hai perso. E puoi solo ricordarti di qualcosa che hai dimenticato. Ma tu non
hai perso nulla e per questo non troverai mai niente. E non hai dimenticato nulla e
per questo non puoi ricordarti di nulla. Ogni tentativo di poter giungere al sapere
assoluto tramite il sapere relativo rimane un pio desiderio. Tutto quello che fai è
meraviglioso, ma non porta a nulla. Eppure ogni passo compiuto dal Sé porta
inevitabilmente al Sé! Ad un certo momento uscirà dal suo torpore e vedrà che non
si era mai smarrito. Ecco tutto. Non si tratta di scoprire qualcosa, ma piuttosto
di costatare che colui che cerca non troverà mai qualcosa, perché è egli stesso
l’oggetto della ricerca.
“Nella presenza hai infinite idee a proposito di chi sei, e nell’assenza non c’è
alcuna idea di chi sei. Ma non sei né la presenza delle idee di immaginazione né
l’assenza di immaginazione. Ciò che sei viene chiamato ‘neti neti’ [espressione
sanscrita che significa ‘né questo né quello’].”
“Chiamo tutto mente , qualsiasi cosa possa essere chiamata nominata è mente. Tutto,
tutto quanto. E’ tutto mente, Parte della mente ? Tutto è mente. Perfino non-mente
è mente. Dunque non ti preoccupare. Ma lui vuole trovare un qualcosa che non sia
mente. Ed è realmente disturbato preoccupato dalla mente. Preoccuparsi a proposito
della mente per forse trovare nella mente qualcosa che non è mente. (risate) Il
minatore e la mente. Che poi è la mente disturbata dalla mente. Creare problemi che
non ci sarebbe senza la mente.”
Domanda: “Tony, nella mia esperienza noto che c’è qualcosa che è consapevole di
tutte le cose; sono consapevole dei pensieri che passano nella mia testa,
differenti tipi di cause, differenti effetti, differenti sensazioni, e ancora,
quando guardo per vedere “chi è questo io”, non c’è nulla. Eppure c’è qualcosa che
è consapevole di ciò che accade.”
C’è solo una costante – essere. Non va mai via. Non viene e non va via. E noi
corriamo attorno cercandolo. “Dov’è??” Non puoi fare l’essere. C’è qualcuno che sta
facendo il respirare? C’è qualcuno che sta facendo il sedere su una sedia? Non puoi
ottenere essere. Essere è tutto quello che c’è e parla attraverso i sensi.
I sensi ti stanno urlando “Guarda, sono già qui!”. Cinque sensi, le sensazioni e il
pensare sono tutti essere che semplicemente è, e i ricercatori stanno cercando ciò
che è, che sta assolutamente urlando al ricercatore e tuttavia, non può essere
conosciuto.”
Domanda: Papaj, tu dici che l’illuminazione è una cosa molto facile da scoprire,
eppure ti ho sentito dire molte volte che si può contare sulle dita di una mano il
numero di persone che si sono risvegliate completamente al Sé. Se è così facile
perché pochi ci riescono?
Poonja: E’ molto facile perché non dovete fare niente per averla. Tutto ciò che
dovete fare è rimanere tranquilli. Conseguire l’illuminazione è quindi una cosa
molto facile. Le persone dicono che è difficile perché le loro menti sono sempre
impegnate in qualcos’altro. La libertà non è difficile.
Domanda: Papaj, in Occidente molte persone hanno passato molto tempo a cercare un
maestro realizzato. Come possono trovarne uno? Quale consiglio daresti loro per
trovarlo?
Poonja: Non possono trovarlo. Non possono trovarlo. Un vero maestro non può essere
visto con gli occhi. Se cercano di trovarlo con i sensi, non daranno un giudizio
corretto perché il maestro è al di là dei sensi e di qualsiasi giudizio. Quando
volete essere liberi, la libertà è già lì.
Poonja: Non puoi purificarti con un’attività fisica o mentale. La purezza c’è
quando non ci sono pensieri. La verità non è molto atletica. Non può acchiapparti
se corri in giro. Può solo afferrarti e abbracciarti se non ti muovi.
Poonja: “Piano” e’ la mente che ti prende in giro. Che cosa occorre capire per
essere esattamente qui? Per essere qui, dove sei già, non ti serve nessuna
comprensione giusta o sbagliata.
La maggior parte di noi fa una supposizione di base a proposito della vita: che
siamo una persona separata. Sperimentiamo noi stessi come il soggetto della nostra
vita che si muove in un mondo di oggetti. Questo mondo di oggetti comprende quegli
oggetti a volte difficili, conosciuti come ‘altre persone’.
Ma, nel vedere della non-dualità, è realizzato che in realtà non c’è alcuna
separazione, non c’è soggetto e oggetto, vi è solo unità senza interruzione. Così
il vedere la non-dualità significa vedere che l’ipotesi più basica della nostra
vita, che siamo separati, è solo un’apparenza.
Il terzo modo in cui la psiche può essere trasformata nella liberazione, si può
riassumere nelle parole “È visto che Questo È Ciò che È (e non è niente altro).”
Nella separazione, la psiche spesso aggiunge una storia a proposito del significato
e dello scopo di Questo, perché non facciamo esperienza delle vita come
sufficientemente appagante. Vogliamo Questo con una ciliegia sopra. Così ci
inventiamo storie infinite su ciò che Questo può essere. Per esempio, la fine di
una storia d’amore può essere vissuta come un test o un castigo di Dio. Una
vittoria alla lotteria può essere considerata come i frutti di un buon karma, o
come flusso dalla grazia del guru. Anche trovare una piuma di piccione sul nostro
uscio può essere considerato come un segno del nostro spirito guida sciamanico.
Ognuno di noi vive come la star del nostro stesso film, in una storia che sembra
avanzare significativamente verso un qualche tipo di risoluzione con un obiettivo.
Significato e scopo sono visti come il giustificare la nostra esistenza.
Ma proprio come un fiore non ha bisogno di alcun significato per essere un fiore
perfetto, e un gatto non ha bisogno di alcun significato per essere un gatto
perfetto, noi non abbiamo bisogno di alcun significato per essere un perfetto Jim o
Mary o Bill o Annie. Siamo già unità (oneness, N.d.T.) che esprime se stessa come
chiunque noi siamo. Come potrebbe questo essere migliorato? Quando ciò è visto,
ogni cosa è semplicemente quello che è, e non è niente altro.
Nella liberazione, le storie di significato e scopo che la mente ama sono viste per
ciò che realmente sono – storie che potremmo raccontare per intrattenere un bambino
annoiato in un pomeriggio piovoso. Il nostro bisogno di salvare il pianeta, o di
far contento Dio, o di compiere seva per il nostro guru, al fine di purificare il
nostro karma, scompare (“seva” è una sorta di karma yoga ovvero unione con Dio
attraverso l’azione, N.d.T.). E così scompare anche la nostra attrazione verso il
purificare i nostri chakra, equilibrare la nostra aura e fare terapia per le nostre
passate (e forse future) vite. Ed è anche visto che se qualsiasi di queste storie
continua, è comunque OK, anche questo è liberazione che fa quello che fa.
Sempre incondizionatamente c’è amore. Quando questo è visto, anche il momento più
ordinario può diventare vividamente vivo.
Nella realizzazione del Sé, non c’è “Tu” e non c’è “Io”. Non c’è chi pone la
domanda né colui a cui viene posta. Non ci sono domande da porre. Cosa vuoi
chiedere quando sei oltre, oltre questa manifestazione? Quando hai realizzato la
verità, quando sei “oltre”, cosa puoi chiedere e a chi?
Dopo aver realizzato il Sé comprenderai che è soltanto il Sé, e non l’io che compie
tutte le attività. E’ questo stesso Sé ad animare le attività di tutti.
Il tempo è mente. La paura è tempo. Ogni volta che c’è paura c’è il tempo. Ciò di
cui stiamo parlando non è tempo, né mente, né paura. Lì non troverai né il tempo,
né la mente, né la paura. La paura è solo nella dualità. Dove ci sono due, là c’è
paura. Ma se sei solo te stesso non ci può essere paura, sei unicità. Non puoi
trovare nient’altro. Il tempo non ti tocca, la mente non ti tocca, non c’è più
desiderio, la tua mente è vuota. Questo vuoto che ti rende felice.
Risposta: Certo, voi non potete cambiare il film, perché ogni tentativo di
cambiarlo fa anch’esso parte del film.
L’identificazione col vostro corpo e la vostra personalità vi intrappola rendendovi
i dipendenti. Le vostre percezioni sensoriali sono costruite dalla memoria e
implicano un cocnoscitore. Per scoprire chi siamo veramente dobbiamo esaminare in
modo accurato la sua natura e questo richiede tutta la nostra attenzione, il nostro
amore: scoprirete allora ciò che siete veramente, questo è il solo sadhana.
QUELLO CHE VOI SIETE fondamentalmente E’ SEMPRE QUI, sempre completo, non ha
bisogno di purificarsi, non cambia mai. Per il Sé L’ OSCURITA NON ESISTE. Non
potete scoprire o diventare la verità, perché LO SIETE.
Non c’è niente da fare per avvicinarsi ad essa, niente da imparare. Osservate solo
che state costantemente cercando di fuggire da ciò che siete. Smettete di perdere
energia e tempo facendo proiezioni, vivete questo arresto non in modo svogliato o
passivo; vivete l’attenzione smettendo di aspettare e anticipare; anche questo è il
vostro sadhana. Nella realtà non c’è posto per il miglioramento, dato che è di per
se stessa perfezione; come potreste avvicinarvi ad essa, non esistono
mezzi per farlo.
Quando il ‘sé’ personale scompare, non c’è niente e nessuno all’interno che possa
essere collocato come ‘me’. Il corpo è solo un contorno, vuoto di tutto ciò di cui
prima si era sentito così pieno e completo.
Nessun giudizio sul bene o male, o giusto o sbagliato, si pone mai, poiché tutto è
semplicemente quello che è.
La vita come al solito continua a dispiegarsi, tutto viene fatto, proprio come
aveva fatto prima che si fosse verificata la realizzazione della vastità. Poiché in
ogni caso, non vi è mai stato un personale ‘agente’, la realizzazione di questa
verità non fa nulla per cambiare il modo in cui il funzionamento si verifica.
Per vivere nella vastità dello stato naturale, occorre fare un bagno nell’oceano
dell’impersonale gioia e piacere. Questa gioia o piacere, che non appartiene a
nessuno, è differente da qualunque gioia o piacere che sembrano riferirsi o
appartenere a qualcuno.
In realtà, ancora non c’è alcun ‘Io’ individuale in grado di capire come scoprire
l’infinito. E ancora più importante, dove starebbe l’infinito? Voglio dire, noi non
stiamo parlando di qualcosa che può essere nascosto sotto il tappeto. Se si
potessero vedere le cose solo ed esattamente per quelle che sono, si vedrebbe che
‘colui’ che sta vedendo è la vastità stessa.
~ Suzanne Segal
Fino a quando “l’io” crede nel “io”, ci sono due. E quando un “io” crede in un
”non-io”, ci sono ancora due. La speranza, l’idea che possa rimanere un “io” che
sia senza “io” è assurda.
Questo non inizia con il corpo, ma molto prima. Già con la prima esperienza
esistenziale dell’Essere, della consapevolezza, ha inizio questo essere separato.
Poiché già qui, c’è un qualcuno che è cosciente di se stesso. Già ci sono due. È la
prima idea di Dio, un Dio Padre –consapevolezza, che diventa l’idea radice. Tutto
il resto non sono altro che riflessi, conseguenze di questo primo incidente.
Dunque attenti agli inizi! O piuttosto torniamo all’inizio, e così alla prima o
ultima cosa che può essere sperimentata, che è la radice di qualsiasi altra
esperienza. Dunque ritorniamo al soggetto che appare in quanto “io” della
consapevolezza. A quel punto la domanda si pone: la prima consapevolezza soggettiva
ha una qualche realtà? E finalmente la domanda neanche più si pone. Più nessun
ritorno all’inizio, più nessun ritorno alla fonte. Rimane la fonte che sgorghi o
no.
Togli tutto e rimani in quanto ciò che sempre rimane. Ma di ciò che rimane tu non
potrai mai fare l’esperienza. E’ la non sperimentabilità di ciò che sei. Tutto
quello che puoi conoscere, puoi anche perderlo. Ma non ciò che ne fa l’esperienza.
Il neonato non ha alcun problema con lo strillare. Non ha neanche problemi con
l’avere freddo, o fame, o l’essere spaventato. Ci vogliono anni per convincerlo che
c’è un problema con questo o con quello. Deve prima di tutto imparare che qualcosa
deve essere evitato e qualcosa altro desiderato. Quando impara questo, allora ha un
problema. Ciononostante ciò che egli è mai cambia. Ciò non ha mai – tu non hai mai
– un problema con il fatto di avere un problema. Questo è lo scherzo nella sua
interezza.
Fino a l’età di tre anni, non c’è ancora la nozione di “mio corpo”, “mio
giocattolo”. E’ solo una cosa che ti hanno raccontato. E’ un informazione di
seconda mano alla quale un bel giorno hai iniziato a credere.
Domanda: Hai semplicemente buttato via tutte le tue credenze fuori dalla finestra?
Karl: Si puf ! Una bolla di sapone è scoppiata !
L’unica cosa che può accadere qui, in termini di comprensione, è il cadere delle
idee che hai sull’illuminazione, su ciò che pensi di essere. Le idee possono
andarsene e tu puoi rimanere senza idee, con nulla. E quando tu sei lasciato con
nulla, ciò che emerge è Questo. Ciò che emerge è l’invito. Tutti i messaggi
sensoriali che ricevi… toccare, odorare, vedere, sono l’amato che ti invita a
vedere che c’è solo uno. E’ totalmente semplice e completamente immediato. Stai
sedendo in ciò che sei. Infatti, tu sei ciò che è.
Non ha niente a che vedere con chi pensi di essere. Sei solo un personaggio in una
recita. La recita non cambierà… nulla diventerà migliore o peggiore, ma ciò che
emerge è il vedere. Il chiaro vedere è semplicemente vedere senza che ci sia
nessuno lì.
Ogni volta che vediamo dal punto di vista dell’essere separato, non vediamo cosa
c’è davvero lì; vediamo attraverso un velo. Da qualche parte stiamo ancora cercando
di ottenere qualcosa da ciò che vediamo… guardiamo e vediamo per ottenere qualcosa
indietro. Nel chiaro vedere non c’è nessuno lì che voglia qualcosa, e quindi ciò
che è visto è la realtà. La realtà che c’è solo uno.
Non puoi gettare via ‘te’. Non c’è nessuno lì… non c’è mai stato nessuno lì che
poteva gettare o scegliere alcunché, quindi non c’è niente che possa essere fatto.
Ma c’è qualcosa, proprio dietro di te, che guarda a te che siede qui che mi guardi.
Ciò che è visto è il personaggio che non ha mai avuto bisogno di diventare
migliore, che è totalmente e assolutamente perfetto nella recita. Non ha bisogno di
cambiare affinché la chiarezza accada; non può cambiare. Non c’è la questione di te
che devi cambiare per far accadere la liberazione. La liberazione non ha niente a
che vedere con te.
Tutti quelli nel mondo in cui il risveglio non è accaduto si sentono alienati. Che
ci sia una guerra in corso, o che tu viva in una bellissima casa… ogni volta che
c’è il senso di separazione, c’è qualcosa che manca. Dopo il risveglio quella
apparente storia di vita continua ancora ma l’identificazione con essa è totalmente
svanita. Tuttavia, la difficoltà con la mente è che tende a personalizzare il
risveglio. Uno non ha niente a che vedere con alcunché e abbraccia totalmente tutto
ciò che appare, incluso l’ego, la credenza il sapere. La liberazione non nega
nulla. La conoscenza e l’ego sono Uno che fa la conoscenza, Uno che fa l’ego. Tutto
ciò è la danza che accade. E’ tutto uno che gioca a fare il due.
Domanda: Ho già fatto l’esperienza, del fatto che l’io non esisteva più. Non c’era
più nessuno, nessun “io-sono”. Non c’era nessuno che potesse riferire a se stesso
in quanto io. Tutto se ne era andato.
Karl Renz: Stupendo! Ma nonostante ciò, si trattava pur sempre ancora di una
circostanza. La puoi descrivere. Non è ciò di cui parlo. Parlo di ciò che non
conosce alcuna circostanza.
Preferiresti quella circostanza di non-essere al esistenza, giusto ? La cosa ti è
piaciuta , era veramente piacevole oppure no ? Ciò nonostante, nell’assenza di un
“io” , c’era ancora qualcuno che ha registrato la cosa. Non importa quanto vago e
distante. Quello lì è ancora uno di troppo. Perfino quel non definito è ancora
qualcosa di definito.
Quando parlo di ciò che è la tua natura, la natura del essere, intendo ciò che in
tutte le circostanze è ciò che esso è. E’ ciò che è la consapevolezza. Quando c’è
l’io-sono è l’io-sono. Quando c’è il mondo è il mondo. Quando me ne sto seduto qui
e dico “Sono Quello” sono sempre quello che c’è. Non c’è nessuno che fa esperienza
di se stesso come qualcosa di speciale per via del assenza di un io.
Ciò che può essere descritto, esplorato, vissuto, sperimentato non può esserLo,
Ciò che è La tua natura non può essere trovato. Qualsiasi cosa tu possa trovare, tu
la perderai di nuovo. Ma la cosa bella a proposito della tua natura è che
perdendola, non l’hai mai persa e allo stesso modo non la ritrovi, ritrovandola.
L’idea di “averla persa” è sogno. E il trovarla , per quanto bello e fantastico
possa sembrare , è anche esso solo sogno. E’ semplicemente un matrimonio nel sogno.
E in tutto questo sognare, tu rimani la sostanza della quale sono fatti i sogni. E
buona fortuna nel trovare ciò.
C’è solo questo ~ Tony Parsons
L’autoindagine è necessaria?
L’ultima cosa che la mente vuol fare è fermarsi e lasciare che ci sia solo il
vedere questo. La mente non vuole sapere del “Basta! Lascia che ci sia solo il
vedere questo”. La mente non può fare questa cosa. Che ci sia solo il vedere
questo, solo lo stare sul terreno, ascoltare il suono di un’auto che passa, o
ridere… Questo è ciò che è.
Chi è che lo farebbe? Chi è che può scegliere di liberarsi? Il risveglio è il far
cadere il senso del «me» e l’ultima cosa che «me» desidera fare è andar via.
Non è causato, nulla può causarlo. E una volta che è visto che non c’è nulla che
può causarlo, allora c’è un lasciare andare. Tu non lo puoi fare, ma c’è un «Ah!
Alla fine dopo tutti questi anni di impegni e fatiche per cercare di essere
migliore o immobile o di far cadere l’ego, improvvisamente tutto questo non ha
senso».
Ciò che c’è, è ciò che è, è ovvio, ma è nascosto al cercatore attraverso il suo
sforzo di trovare un qualcosa nel tutto. Il ricercatore vuole trovare una risposta,
vuole trovare un tesoro nel tutto ed è il tutto che è il tesoro, è il tutto che è
ogni cosa.
L’intimità con il tutto ~ Jeff Foster
Può accadere ovunque, in qualunque momento: mentre passeggiamo nel parco o mentre
ascoltiamo il nostro brano di musica preferito o forse mentre guardiamo negli occhi
qualcuno che amiamo. Il futuro e il passato svaniscono, ogni idea di un traguardo
futuro,di una futura felicità, di una futura «illuminazione», semplicemente si
dissolve nel vasto e ampio spazio che accoglie ogni cosa. In questa dissolvenza,
c’è una semplicità, un senso di intimità, una libertà senza nome. È totalmente al
di là di qualunque parola, eppure è così ovvia come respirare.
È intravedere chi sei veramente, al di là di ogni racconto su chi sei. Ognuno di
noi lo ha sperimentato.
Come ricercatore spirituale, ho voluto più di ogni altra cosa liberarmi di Jeff,
l’individuo, il cercatore. Ho visto così chiaramente che Jeff era l’unica cosa che
si frapponeva tra me e la libertà. Jeff e tutti i suoi problemi, Jeff e la sua vita
difficile – ho pensato che avevo bisogno di sbarazzarmi di tutto questo, per essere
libero. Naturalmente, non si trattava di sbarazzarsi di Jeff. Ma di innamorarsi di
Jeff e attraverso di lui, innamorarsi di ogni cosa. Questa è la vera libertà: una
libertà che non nega nulla. L’unità non è sbarazzarsi del singolo, come invece
viene ripetuto così spesso dagli insegnanti spirituali. Come potrebbe l’Unità
rifiutare una parte di se stessa? Unità è tutto e quindi include ogni cosa.
L’individuo, il cercatore, anche quello è incluso nella profonda accettazione che
tu sei.
Ciò che desideriamo più di ogni altra è in realtà del tutto semplice, immediato e
disponibile. E, strano a dirsi, ciò che desideriamo non ci ha mai abbandonati.
Ciò che accade è che quando siamo bambini piccoli, esiste solo l’essere senza la
conoscenza dell’essere; c’è solo l’essere. Poi arriva qualcuno che ci dice: «Tu sei
Bill» o «Tu sei Mary», «Tu sei una persona». E in un modo o nell’altro, la mente –
il pensiero dell’«io», l’identità, l’idea «Io sono una persona» – assume il
controllo dell’energia dell’essere e lo identifica come Bill o Mary o quant’altro.
S’impadronisce dell’essere e gli dà un nome. Nascono le parole, nascono le
etichette, e l’intero concetto di «me» diviene il principale investimento della
vita.
L’intero obiettivo è: «Io sono una persona e devo far funzionare la mia vita»,
E così vieni nutrito e cresciuto a forza di liste di cose da fare. Prima cosa
essere un bravo bambino, poi un bravo studente… E poi c’è la lista dei requisiti
per essere un bravo lavoratore, di solito seguita da quella per diventare un bravo
marito, o moglie o partner.
L’idea del «te» è continuamente rafforzata. La finzione del «me» continua a essere
convalidata persino nella ricerca dell’illuminazione, perché ciò che un cosiddetto
maestro vi dirà è: «Io ho conseguito l’illuminazione e ora sono una persona
illuminata e anche tu potrai diventare una persona illuminata».
Se vuoi, puoi chiudere gli occhi e percepire l’energia che pensi sia quel «te», È
come una sensazione di vitalità…
Ma quell’energia, quella sensazione di chi pensi di essere – quella sensazione di
vitalità ed energia – è l’essere; è solo l’essere. Non è mai venuta e non se n’è
mai andata, non ti ha mai lasciato; è sempre stata presente. Pensavi che fosse te,
ma è solo il puro essere. Non è chi sei, ma ciò che sei. Ciò che sei è
semplicemente essere, presenza, vita. Tu sei vita, la vita che accade.
La mente vorrà chiacchierare di questa cosa. Accadrà che le sue domande non avranno
risposte e capirà che non andrà da nessuna parte, perché è così che le cose stanno.
La mente vuole dire: «Sì, ma…».
Ma ad un certo punto la mente vorrà arrendersi. E alla fine, tutto ciò che sarà
visto è che c’è solo questo, la vita.
Se chiudi gli occhi, tutto ciò che trovi sono delle sensazioni. Il corpo che sta
seduto sulla sedia; una brezza leggera che entra dalla finestra; il rumore dei
fogli di carta stropicciati; le auto che passano… Non c’è alcuna storia. La storia
che pensiamo sia la nostra storia è solo una finzione, perché c’è sempre stato
solamente questo.
Tutto ciò che sta accadendo è semplicemente l’invito a vedere che tutto ciò che
esiste è questo. In ogni momento la vita ti dice: «Guarda, c’è solo la vita. Non
c’è alcuna storia, c’è solo la vita».
Questo senso di essere sia la tua casa! Impregnati di questa certezza e poi torna
ad occuparti delle tue attività necessarie per vivere, ma lasciati prendere
completamente da questa rivelazione, da questo fatto.
Questo fatto “Io-sono” sarà il tuo maestro. Finché ci sarà luce, finché in te ci
sarà questa scintilla, saprai di esserci, saprai che tu “sei”.
Ma se tuttavia continui a desiderare di ottenere per questo qualche vantaggio, ecco
cosa ti dico: al di là di questa realizzazione “Io-sono” non esiste alcun Dio, non
esiste nulla. Tutto è qui, in questa presenza cosciente.
Va avanti nella tua vita con questa ferma convinzione : “Io-sono, non sono altro
che questo”.
Non criticare, non combattere le altre religioni, non disturbare la fede degli
altri. Se hanno una convinzione da cui traggono conforto, lasciali stare. Non
parlare di queste cose, a meno che non ti vengano poste delle domande.
Finché vive in base all’idea del bene e male, giusto o ingiusto, continuerai a
seguire una religione e a obbedire ad un cerimoniale. Quando te ne sarai reso
conto, sorpasserai tutti questi concetti e soltanto allora ti stabilizzerai
nell’essere.
Proprio prima di lasciare il suo corpo, il mio guru mi disse: “Abbi fede in me; tu
stesso sei l’Assoluto, lo stato più alto. Non mettere in dubbio queste parole; abbi
fede in questa rivelazione, che esprime unicamente verità. Agisci di conseguenza.”
Visitatore: “Allora lei che cosa ha fatto, in pratica?”
Non molto. Ho continuato a vivere la mia vita di tutti i giorni, compiendo il mio
lavoro, ma in ogni momento libero, quando la mente era sgombra, avevo l’abitudine
di ricordarmi in continuazione le parole del mio Maestro. Nel mio caso questo
bastato. Tutto è germogliato spontaneamente attraverso la mia comprensione,
ottenendo così la conoscenza della verità.
Fai questo esperimento domattina quando ti svegli, appena apri gli occhi, non
badare a te come corpo. In altre parole sii solo nell’“attenzione” come t’insegna
il buddismo. Osservati mentre esci dal letto, osservati mentre vai in bagno,
osservati mentre ti lavi i denti. Ciò che provo a dirti è che il tuo corpo farà
ogni cosa senza il tuo aiuto. È solo quando t’identifichi al corpo o come corpo che
i problemi hanno inizio. Ma se non t’identifichi col corpo sarai felice. La tua
Vera Natura è felicità, realmente: non per qualcosa che ti fa piacere ed è andata
per il verso desiderato. Sei felice senza ragione. Non si tratta di continuare a
ridere istericamente, ma di una gioia intima. Eppure il corpo continuerà a darsi da
fare. Un po’ come un ventilatore elettrico, quando togli la presa, le pale
continuano a girare. Se pratichi questo esperimento e non fai attenzione al corpo,
togli la spina e osserverai il corpo che si occupa delle faccende. Esso lo farà
finché può e per il tempo che gli è concesso, finché cade per sempre e te ne
liberi. Oppure le pale smettono di girare prima che il corpo crolli e sarai
totalmente immerso nel Sé. Allora sarà tutt’un’altra storia. Diventa difficile da
spiegare, perché non sei più il corpo, eppure il corpo appare alla gente che lo
osserva. Sembra reale, ma sarai nell’assoluta certezza che non c’è nessuno a casa.
Non c’è mente né agente.
La gente ti dirà: ”Ma ti vedo parlare, pensare, agire, vedo il tuo corpo!” Allora
darai loro l’esempio del ventilatore: togli la spina ma le pale continuano a
girare. Il corpo deve continuare a funzionare. Sei entrato nel quarto stato di
coscienza aldilà della veglia, del sogno e del sonno: la coscienza si è allargata.
Non aver paura di perdere qualcosa se entri in quello stato. Alcuni dicono: “Ma ho
famiglia!” e pensano: “Perderò interesse verso la famiglia, il lavoro, i figli.”
No, non è così. Il tuo corpo sarà lo stesso di prima, riguardo alle apparenze.
Farai un miglior lavoro, anzi! Sarai più amorevole e gentile. Avrai più compassione
per il corpo anche, ma realizzerai: ”Sono il Sé ” o “ l’Io-sono è il Sé.” Io sono
Quello che sono. Sarà chiarissimo e semplificherà la tua vita. Non troverai da
criticare, né da reagire, sarai solo te stesso e felice come mai. Ma di nuovo, non
devi rinunciare a nulla. Non c’è nulla da perdere. Alcuni dicono che sarai
disgustato dal mondo e diventerai un eremita. Non è vero. Per essere disgustato dal
mondo devi essere “qualcuno” che ne è disgustato. E se non c’è nessuno, non si può
essere disgustato da qualcosa. Chiunque venga da te e ti dica: “ Sono illuminato e
odio il mondo, non ho nulla a che fare con la gente, vivrò da solo ora!” – sorridi
e realizzi che stanno peggio di prima perché rimane un IO personale: “IO devo star
da solo, IO devo abbandonare il mondo e vivere su una montagna”! Un essere
realizzato può stare ovunque. Non importa dove vive. Può essere al mercato ed
essere felice come in un ashram, non fa alcuna differenza. Può essere in Iraq sotto
le bombe, non ha importanza per lui. Vi sono bombardamenti, va bene, non ci sono,
va bene. Non ci sono preferenze. Tutto va bene e si compie come deve.
Chi ha bisogno di queste cose mondane? Chi è addolorato quando scompaiono? E chi è
felice se le ottiene? OSSERVA i tuoi attaccamenti: sii consapevole di chi sei
veramente, di ciò che ti turba di più, ti infastidisce, ti fa arrabbiare e perdere
il controllo. OSSERVATI. Realizza che ciò che capita all’Io non lo sei! Tu non sei
l’IO!! Sii Consapevolezza, Pura Beatitudine, Realtà Assoluta: è la tua Vera Natura,
Quello che sei. Non sei l’IO: e la strada per trovare la tua Natura Reale è di
inseguire l’IO Personale fino alla sua Sorgente. La Sorgente da cui proviene l’IO e
dove sparisce. Questa pratica è pura meditazione e sarai libero.
C’era una festa di compleanno in casa mia con una ventina di persone. Ero seduto e
guardavo: c’era rumore, musica, danze, ma mi sentivo in pace sempre. Non importa né
quello che si sente o quello che si vede fare. Non dico:” Non sopporto questo
rumore, devo andarmene e starmene da solo.” Sono in pace ovunque e quelli che
pensano che devono andarsene via da qualche posto o da certa gente perché li fanno
impazzire, queste sono invece benedizioni camuffate! Ti fanno vedere che non sei in
pace con te stesso. Pensi davvero che se vai in un monastero o in un ashram o in
una grotta sarai in pace? Se non puoi nemmeno stare in pace durante una festa? Lo
vedi? Ovunque tu vada ti porti con te. E se non sei in pace dove ti capita di
essere, se vai in una grotta diventi matto. La tua mente ti farà “uscire di mente”
e questo va bene! Il mondo è il tuo laboratorio, la tua pratica.
Non cercar di fuggire dal mondo, non cercar di cambiare le cose, ma osservati,
osserva le cose che ti infastidiscono, come parli sempre o come reagisci a ciò che
ti dicono. Come reagisci ad uno spettacolo alla tv o a qualcuno che ti fa
arrabbiare. (queste sono le ‘prove’ se ‘credi’ di essere qualcuno o no)Conosco un
tale che per sfuggire ai propri pensieri, accende la TV appena sveglio e la spegne
a mezzanotte: non riesce a stare senza qualcuno che parli accanto a lui, se no la
mente lo agita. Se spegne la TV – che lo controlla – si arrovella per quel che
potrebbe fare dopo: vado al bowling a o al cinema? Da soli costoro si sentono
invasi dai pensieri. Esàminati a fondo per vedere chi sei veramente. Realizzerai
che non sei l’agente e sarai in pace. Non hai scelto tu di nascere da certi
genitori ricchi o poveri, atei o spirituali, o agnostici, in un certo paese e in
un’epoca precisa. Se sei fortunato inizierai a chiederti all’età della ragione:
“Come sono finito qui? Che cosa ci faccio? A che scopo?” investigando sinceramente,
la verità ti sarà rivelata e capirai che tutto è già prestabilito.
Anche se appaio come corpo o appare che faccia qualcosa, in realtà non faccio nulla
e non sono il corpo. Allora se non sei il corpo e non fai nulla chi fa il lavoro? E
la risposta è: nessuno! Nessuno è mai nato, nessuno ha mai vissuto e nessuno
sparirà. E tu sei quel nessuno.
“Chiunque scopra il vero significato di queste frasi non morirà mai: che il
cercatore non smetta mai finché ha trovato. E quando troverà sarà assai turbato. E
quando sarà turbato sarà stupito e regnerà sul Tutto”.
Gesù di Nazareth (Vangelo di Tommaso)
Questo è quanto commenta Huang Po che “non si deve fare distinzione tra l’Assoluto
e il mondo senziente.” Nessuna distinzione! C’è solo l’Uno. Mai è esistito il due.
Ogni percezione di distinzione e separazione, ogni percezione di dualità e ogni
percezione di una realtà fisica, è un’illusione creata dalla mente. Quando un
insegnante indica il mondo fisico e afferma: “Tutto è maya” significa che ciò che
stai osservando è un’illusione; tutto ciò che è, è Tutto ciò che E’, puro Essere,
Coscienza, Beatitudine che sgorga; è la tua percezione di essa come mondo fisico
che è maya, un’illusione.
Naturalmente non vi è un cancello che si apre a Tutto ciò che E’ e nessun sentiero
vi porta. Vi può essere solo un mutamento nella percezione che permetta di vedere
maya, l’irrealtà come qualcosa di irreale. Pure per questo personaggio di sogno, la
Comprensione avvenne nel contesto della spiritualità indigena (americana) e quindi
ciò che nel sogno è noto come “sciamanesimo” in questo caso si è avverato come la
via senza via verso la porta senza porta, la quale si aprì di colpo, per rivelare
ciò che non era stato mai nascosto, mai dall’altra parte.
Come ogni altra forma di religione o pratica spirituale sul pianeta, lo
sciamanesimo è in gran parte insensato, qualcosa che fanno i personaggi del sogno
per trovare un senso a tutto quanto e confortarsi l’un l’altro finché il sogno
dura. Tutti i tentativi e tutti i trabocchetti della pratica sciamanica esplosero,
furono dissolte alla luce della Presenza di Tutto ciò che E’.
Pure vi sono nello sciamanesimo pochi che sanno e hanno visto che tutto è un sogno,
che nulla è importante e che tutto ciò che è, è Consapevolezza e che essi non
esistono. Essi fanno finta con gli altri o forse, col passar del tempo, fanno
sempre meno fino a non fare più nulla e sono poi considerati folli. Che importa?
Perché mentre è risaputo senza alcun dubbio che come persona, individuo, entità,
david è anche spirito, io non ci sono, non esisto, come nessun altro esiste:
tuttavia è ugualmente ovvio che come Tutto ciò che E’, Io Sono. La visione che ebbi
nella foresta fu ed è una convalida in se stessa nel senso che è assoluto e non ha
bisogno di conferme. Tutto è visto in quella luce; relativizza tutto e non è
relativizzata da nulla. Tuttavia, nel sogno, il personaggio di sogno continua a
funzionare come tale. E questo personaggio di sogno, quello strumento fatto di
corpo-mente, entrerà in collisione con l’evento della Comprensione.
Nel mio caso il contesto sciamanico non procurava un sistema adeguato di idee ed
esperienze nelle quali inquadrare le esperienze avvenute. Sapevo che “a casa non
c’era nessuno”, che non c’era mai stato un “david” e che quello che avevo potuto
pensare di “me” era una finzione. Sapevo che la Splendida Presenza era Tutto, e che
sgorgava infinita. Questo era bello e perfetto, ma allo stesso tempo produceva ciò
che un tempo chiamavo una grave “sconnessione”, un senso di discontinuità non solo
riguardo alla mia storia e alle credenze o intenti personali, ma una sconnessione
totale da quello che potevano essere le esperienze di ogni essere umano su questo
pianeta per quanto ne sapessi. Nel nostro contesto culturale e sociale, la
possibilità dell’insorgere di una rottura dissociativa, psicotica e che la cosa-
david era diventato pazzo, era un avvenimento assai plausibile. Quello che seguì fu
di nuovo la Grazia miracolosa e non meritata. Dato il risultato non convenzionale
in cui la Comprensione si era manifestata in questo caso, non ci fu la scoperta di
una relazione con un guru in modo tradizionale. Eppure si può parlare di qualcosa
di simile quando ciò si svela: una semplicità dell’essere e rimanere in questo
Splendore, lasciare che la Grazia prenda possesso mentre ci si apre ad una pace che
sorpassa la comprensione.
Quasi tutte le persone a cui questa cosa senza nome parve capitare in modo genuino,
avevano avuto un lungo periodo di gestazione. Robert Adams, Tony Parsons, Douglas
Harding e altri; anche Ramana Maharshi: dieci, dodici, venti anni prima che
sorgesse. Nella tradizione Zen, uno studente che vive un risveglio rimane studente
per almeno dieci anni per stabilizzarsi. Hui Neng, il sesto Patriarca si nascose
per quindici anni nelle montagne dopo l’avvenimento.
Qui ha un senso. Jed Mckenna lo chiama “dieci anni dannatamente strani”e sono
d’accordo con lui. Il corpo/mente ha bisogno di tempo per adattarsi. Tutto quello
che la gente considera importante e che ha un senso è visto come assolutamente
assurdo e senza senso. E ciò che la gente non vede nemmeno è bello, completo e
senza bisogno di parole. Vi è una tendenza più forte di prima al silenzio e alla
solitudine anche se ovviamente non esiste una cosa simile. Hui Neng dice che la
Comprensione è immediata, ma ciò che egli chiama la “liberazione” è graduale. Come
posso immaginare il corpo/mente entra in collisione con l’evento della Comprensione
e questo necessita un adattamento. Come potrebbe essere altrimenti? In qualche caso
la transizione può essere facile: se per esempio vivi in una cultura in cui sei
saturato dagli elementi di base dell’Insegnamento per tutta la tua vita, il periodo
di adattamento nel corpo/mente può essere molto mite. Chiaramente nel mio caso fu
diverso, praticamente l’opposto. Dopo una vita di esperienze insopportabilmente
confuse e dolorose, di lotte contro quello che la vita mi portava, molti schemi e
abitudini furono deposti nei condizionamenti. Non c’era la preparazione di un
Insegnamento a cui fare riferimento. E non c’era né comunità né altre risorse
subito dopo l’evento.
Tutto questo ha a che fare con il modo in cui il corpo/mente si adatta ai vari modi
in cui avviene la Comprensione. E’ sempre stato chiaro che alla fine la
Comprensione in sé è completa, semplice e totale. Quelli che sostengono che vi è un
risveglio graduale o in varie tappe o un processo di approfondimento in esso, mi
pare che tralascino il punto più essenziale dell’accaduto. Non è qualcosa che
avviene nello spazio-tempo quindi non può richiedere spazio-tempo. Non è
un’esperienza, non è un processo. E’invece una perforazione dello spazio-tempo da
parte dell’intuizione-perno che rivela come sia lo spazio-tempo che tutte le cose
ed entità, incluso colui in cui avviene la visione, non esistono affatto. E questo,
come può non essere altro che istantaneo, immediato? Non può essere parziale: vi è
una sola alternativa. E tutto questo è per di più soltanto apparente.
Si nota che non vi è nulla qui: le parole, le idee, i pensieri sono tutti senza
senso: ”Una favola raccontata da un idiota, pieno di suoni e di furia, che non
significa nulla.” (Shakespeare) Quello che E’, è grande bellezza, grande amore,
grande silenzio e questo è veramente tutto. Ancora una volta, non si può tradurre e
non sembra comunicabile ed esprimibile.
Una delle cose che ostacola la comprensione del fatto che le cose stiano accadendo
e basta è questa sensazione di essere una persona. La difficoltà nel permettere
alle cose di accadere è la persona che pensi di essere.
Siamo così abituati alla persona che ci portiamo in giro: pensiamo sia reale.
Quindi quando ci imbattiamo nella possibilità che questo personaggio sia solo
un’altra cosa che sta accadendo può essere difficile da accettare. Molti mi dicono:
“Beh sono ancora qui, c’è ancora un (me)”. C’è un personaggio: c’è per così dire
una personalità. Le parole creano difficoltà: per alcune persone la parola
“personalità” sembra ancora legata all’ego. Ma c’è una personalità: Tony Parsons ha
certe caratteristiche e agisce in un certo modo. Questo va bene, è solo un’altra
cosa che sta apparentemente accadendo; non è in discussione che Tony Parsons stia
accadendo. Ma lo fa anche l’auto che è appena passata e anche il sole. Quindi le
cose stanno accadendo, ma non c’è nessuno a cui stiano accadendo.
Semplicemente inizia a provare a lasciare che ogni cosa sia lì per conto suo, come
un qualcosa che sta accadendo, senza nessuna sensazione di giudizio, senza cercare
nessun tipo di significato, permettendo ad ogni cosa che accade di esserci:
sensazioni, pensieri…Persino il rifiutare o la resistenza a ciò che sta accadendo
è, di nuovo, qualcosa che sta accadendo. Sono certo che molte persone qui hanno un
senso di presenza. Per molti, più sono in questa specie di apertura, più c’è senso
di presenza, ed è molto dolce. La gente mi dice: “Ma poi va via, perché mi
contraggo”. In realtà non va via: ciò che accade e che il senso di contrazione
sorge. La presenza è tutto ciò che c’è e il senso di contrazione, il senso del “me”
sorge nella presenza.
Tutto quello che c’è è Questo, incluso il chiudere la finestra. Questo è ciò che
accade: udire suoni sta accadendo, udire questa voce,sensazioni nel corpo stanno
accadendo, respirare sta accadendo, tutto quello che sta accadendo è semplicemente
Uno, Uno che esprime se stesso. Non c’è nessun’altro.
E in questo accadere sorge l’idea che ci sia un’entità separata a cui questo stia
accadendo. Io sono una persona separata. Questo è il mio corpo. Sto sedendo su una
sedia. Sto respirando. Sto udendo questa voce. E in questo vedere, sentire,
percepire di essere un’entità separata sorge il senso di separazione, il senso di
essere un soggetto e tutto il resto è un oggetto. Quindi io sono una persona e
tutto il resto accade intorno a me. E’ la fuori e sta accadendo a me. Cresciamo in
questo senso, viviamo e cresciamo e siamo educati da altre persone che vivono nello
stesso sogno, nel sogno di essere separati. E questo senso di separazione si
rinforza in noi attraverso tutto ciò che affrontiamo.
Per alcuni di noi c’è un senso di mancanza, la sensazione che questo non sia tutto,
che manchi qualcosa. C’è una sorta di segreto, che non può essere decifrato. Un
qualche secreto, il senso che manchi qualcosa. Quindi ci approcciamo alle
religioni, alle terapie. Avremmo potuto udire dell’illuminazione quindi andiamo a
cercare un cosiddetto insegnante illuminato. E poichè fondamentalmente ci sentiamo
separati, stiamo cercando, c’è tutto il senso di cercare qualcosa e quindi andiamo
da un insegnante, poiché abbiamo quell’energia di cercare, andiamo da un insegnate
che proviene dalla stessa percezione, la percezione di essere separato, un
individuo separato. E quell’insegnante ci istruisce come individui separati che
hanno una scelta. Quell’insegnante può aver avuto un’esperienza, può aver avuto
un’esperienza di risveglio, e in qualche modo è convinto di essere illuminato.
Poiché hanno fatto a b o c, come la meditazione, l’autoindagine o qualcos’altro,
allora comunicano l’idea dello sforzo progressivo all’individuo. Quindi essi
parlano all’individuo e gli dicono: tu sei un individuo separato e per diventare
illuminato devi fare questo percorso, meditare o quello che sia. E tutto quello che
ti stanno offrendo e tutto il modo in cui siamo, è tutto basato sull’idea che ci
sia un’entità separata e che ci sia qualcosa che può essere raggiunto.
L’altra cosa riguardo questo accadere della separazione è che c’è sempre qualcosa
là fuori da ottenere, c’è sempre qualcosa che accadrà. Viviamo nell’anticipazione.
Tutta la nostra energia è verso l’ottenere di più. Nel sogno vogliamo divenrare più
felici, più ricchi, avere più amanti. Stiamo sempre anticipando, stiamo sempre
aspettando che accada la prossima cosa, c’è il senso che quello porterà ciò che
vogliamo, soddisferà le nostre vite.
Liberazione è la realizzazione che non c’è nessuno, che non c’è un individuo
separato. Liberazione è la perdita di qualcosa, non è il raggiungimento di
qualcosa, non è qualcosa che può essere guadagnato. Quando le persone vengono qui,
molte persone vengono a questi incontri pensando che verrano e otterrano qualcosa.
Se quello che viene comunicato è davvero ascoltato, allora ci sarà una perdita, ci
sarà il senso che non ci sia niente da ottenere. Qualcosa può essere perso e poi
allora c’è la sensazione che tutta l’idea dello sforzo individuale cada via. Quindi
fondamentalmente siamo qui oggi per parlare della possibilità che non ci sia
nessuno seduto in questa stanza. Non c’è nessuno. Non c’è nessun individuo
separato.
Tutto quello che c’è è ciò che accade. Tutto quello che c’è è Vuoto. E in questo
vuoto le cose apparentemente accadono, ma accadono a nessuno. Questa è tutta la
base della liberazione. Improvvisamente c’è questo mondo là fuori, con tutto ciò
che va avanti in esso, e tu sei qui e c’è questo mondo. E questo mondo sta
accadendo a te. Quello di cui stiamo parlando qui è la possibilità che questa cosa
qui fuori semplicemente cada nel Tutto e non ci sia niente qui fuori a cui le cose
accadano.
Quello che anche sorge nella realizzazione che non c’è nessuno, è la realizzazione
che non c’è scelta, che non c’è niente che possa essere fatto. Non esiste il libero
arbitrio eccetto che nel sogno, nel sogno di essere separato sentiamo che possiamo
fare, scegliere, decidere meglio o peggio. Nella liberazione è realizzato che non
c’è nessuno, non c’è scelta. Tutto ciò che c’è è Questo. Tutto quello che c’è è ciò
che accade. Quindi possiamo usare parole insieme, possiamo parlare di questo
insieme e condividere. Possiamo riscoprire questo insieme. Questo messaggio raro e
radicale può essere riscoperto. Condivideremo concetti insieme, su questo. Ma anche
quello che può accadere e accade in questo genere di circostanza è che quando le
persone si riuniscono per essere aperte a Questo, allora ci può essere un
cambiamento energetico. Un cambiamento energetico fuori dalla contrazione. Questa
contrazione di essere un individuo separato che cerca qualcosa, si apre
all’immensità. Questa immensità, questa energia che può essere sentita è nessuno,
non è Tony Parsons, non ha niente a che vedere con Tony Parsons e con nessuno qui.
Non è posseduta, è senza limiti. Quindi può esserci un’espansione nell’immensità,
fuori dalla contrazione, questa è la liberazione.
La parte principale del messaggio è l’esposizione del mito che ci sia una cosa
chiamata ricercatore che può trovare un’altra cosa chiamata illuminazione. Per quel
che riguarda “Il Segreto Svelato”, molto presto nella vita dell’apparente essere
umano, accade qualcosa di energetico che è una contrazione nel corpo e quello che
sorge da quel senso di contrazione è il senso di un me, un senso di identità che
sorge.
Quindi improvvisamente, in tenera età, c’è il senso che ci sia qualcuno qui, “io
sono qui”. E questo cresce, e poiché quella forma umana vive con molte altre forme
umane, c’è sempre più il senso di essere una persona reale che vive con altre
persone reali. Quindi io sono reale, io esisto realmente come una persona, come
un’identità, ho veramente libero arbitro e vivo in una storia reale chiamata la
storia del me. Quello che sorge è la sensazione che ci sia un me qui, è la storia
del me. E ciò che sorge anche con quel senso del me, è il senso di separazione.
Per “Il Segreto Svelato” è uno stato di sogno, è uno stato fittizio, in cui può
essere solo sperimentato il senso che tutto sia separato. Quindi il me o il sé vive
nell’esperienza di essere separato da tutto. Ed è per questo che è profondamente
insoddisfacente. C’è qualcosa di insoddisfacente nel senso di essere in un mondo
separato, separato da tutto ciò che accade. Ad una certa distanza dalla vita, è un
senso di essere distanti dalla vita.
Molte persone non riconoscono questo, ma alcune persone, persone sensibili, sentono
il senso che manchi qualcosa, quindi cercano ciò che manca. non si sentono
soddisfatte. Soldi e tutto il resto non colmano quel senso di essere separato.
Quindi cercano ad un livello più profondo la risposta a questo. Approcciano le
religioni o terapie, o qualcosa chiamato illuminazione.
Fondamentalmente quello che viene detto qui è che poiché l’individuo è in quel
mondo artificiale soggetto-oggetto, non può mai trovare ciò che vuole. Perché ciò
che vuole, ciò che davvero desidera, non è un oggetto. Ciò che davvero desidera non
può essere posseduto. Ciò che davvero desidera non può essere afferrato. Non c’è
niente che il me possa fare per raggiungere ciò che davvero desidera. Ed è quello
che condividiamo qui. Andrò più in dettaglio domani, ma questo è fondamentalmente
la base del messaggio.
Ciò che espone e ciò che può accadere è che da qualche parte il me che pensa che
può trovare qualcosa per il suo completamento può essere guidato da questo
messaggio in una sorta di vuoto, una sorta di impotenza. E forse tutto quello che
può rimanere è il senso di qualcosa oltre il senso della ricerca del sé. Qualcosa
che non può essere afferrato o ottenuto. E anche quello che sorge è il senso che
quello che si cercava è tutto ciò che è, constantemente in ogni caso. E’ già qui,
non è mai stato perso. Il me non ha bisogno di diventare meritevole per trovare ciò
che cerca.
Quello che anche può emergere in questa sorta di comunicazione è che il costrutto
artificiale del me, l’intera fabbricazione, tutto il senso di essere separato, può
improvvisamente semplicemente crollare. Quindi questo riguarda qualcosa che può
essere perso, piuttosto che guadagnare qualcosa. Quello che viene perso è il senso
che qualcosa possa essere guadagnato. Quello che viene perso è l’idea che io possa
guadagnare qualcosa, che possa avere qualcosa per me stesso. Tutta la ricerca è
sempre una ricerca per qualcosa che io posso avere. E’ una sorta di materialismo
spirituale che raccoglie il desiderio di possedere uno stato in cui vivere.
Quindi chiedi, possiamo parlare di questo e usare parole per illuminare situazioni,
ed è possibile che qualcos’altro sorga. Ma anche quello che deve essere detto è che
essenzialmente la separazione è una contrazione energetica mantenuta nel corpo. Non
ha niente a che vedere col pensiero, col pensiero “io sono separato”. Non ha niente
a che vedere con la credenza che io sia separato. Non ha niente a che vedere con
l’idea che io sia separato. Tutte queste cose sono semplicemente conferme di
qualcosa che è una sensazione cellulare mantenuta nel corpo. Va e viene ma è una
sensazione cellulare nel corpo. Quindi nessun ammontare di comprensione, sapere o
ogni sorta di processo, può mai allontare quel senso che è energetico. Nulla può
mandare via questo.
Perché alla fine, la cosa strana di questo mistero, è che quando quella contrazione
improvvisamente crolla, quell’intera artificiale sensazione di essere un me
improvvisamente crolla, quello che viene riconosciuto da nessuno, è che non c’è mai
stato un me, che tutto il senso di essere un me era totalmente illusorio. Una
fabbricazione irreale.
Maharaj: Come può esserci qualcosa di stabile in una mente che è la prima a non
esserlo?
M. Come fa una mente instabile a rendersi stabile? Ovvio che non può. La natura
della mente è quella di vagabondare da una parte e dall’altra. L’unica cosa che
puoi fare è spostare l’attenzione della coscienza al di là della mente.
V. E come faccio?
M. Rifiuta tutti i pensieri tranne uno: il pensiero “io sono”. All’inizio la mente
si ribellerà ma poi, se avrai pazienza e perseveranza, cederà e si manterrà calma.
Quando sarai calmo tutto comincierà ad accadere spontaneamente e in modo naturale,
senza alcuna interferenza da parte tua.
M. Sì che puoi. Ti basta vivere la vita come viene, rimanendo però attento e
vigile, lasciando che tutto accada come deve accadere, facendo cose naturali in
modo naturale, soffrendo e godendo i momenti di gioia così come la vita dispensa.
Anche questa è una via.
V. Be’, allora posso anche sposarmi, avere dei figli, mettermi in affari… essere
felice.
M. Certo! Potresti essere felice, ma anche il contrario: prendila come viene, senza
il minimo sforzo.
M. Non è possibile trovare la vera felicità in cose che cambiano e passano. Piacere
e dolore si alternano inesorabilmente. La felicità proviene dal Sé e puoi trovarla
solo nel Sé. Scopri il tuo vero Sé (svarūpa) e tutto il resto verrà di conseguenza.
M. Non è irrequieto il tuo vero essere, è il suo riflesso nella mente che appare
irrequieto perché la mente è irrequieta. E come il riflesso della luna sull’acqua
increspata dal vento. Il vento del desiderio agita la mente e il ‘me’, che è solo
un riflesso del Sé nella mente, appare incostante. Ma le idee di movimento e
irrequietezza, di piacere e dolore, sono tutte nella mente. Il Sé è al di là della
mente: consapevole, ma non coinvolto.
V. Come ci arrivo?
M. Tu sei il Sé, qui e ora. Lascia perdere la mente, sii consapevole e non
coinvolto, e realizzerai che rimanere attento ma distaccato, mentre osservi gli
avvenimenti che vanno e vengono, è un aspetto della tua vera natura.
V. A essere felice.
V. No.
M. Perché non fai il contrario? Tieni a ciò che hai e non curarti di ciò che non
hai.
M. Quale dolore?
V. Il desiderio del piacere e la paura del dolore sono entrambi stati che provocano
tormento. Non esiste uno stato di piacere inalterabile?
M. Ogni piacere, fisico o mentale, ha bisogno di un mezzo. Sia i mezzi fisici che
quelli mentali sono materiali, si logorano e si esauriscono. Il piacere che
arrecano è necessariamente limitato quanto a intensità e durata. Il dolore sta alla
base di tutti i tuoi piaceri, e tuoi desideri perché soffri. D’altra parte, la
ricerca stessa del piacere è fonte di dolore. E un circolo vizioso.
V. Riesco a vedere il meccanismo della mia confusione, ma non vedo vie d’uscita.
M. Sii attento. Mettiti in questione, osserva, indaga, impara tutto ciò che puoi
sulla confusione, studiane i meccanismi e guarda che effetti ha su di te e sugli
altri. Quando hai ben chiaro cos’è la confusione, te ne sei liberato.
V. Quando mi guardo dentro, scopro che il mio desiderio più forte è quello di
erigere un monumento, costruire qualcosa che mi sopravviva. Anche quando penso a
una casa, una moglie e un figlio, è perché rappresentano una testimonianza solida e
duratura di me stesso.
M. Puoi dire per certo che non c’eri prima di essere nato? E, quando sarai morto,
potrai dire: “Adesso non ci sono più”? Non puoi dire, in base alla tua esperienza,
che non sei. Puoi soltanto dire: “Io sono”. Anche gli altri non possono dirti che
“tu non sei”.
M. Ciò che non cambia nel tempo. Non puoi rendere eterna una cosa transitoria.
Soltanto l’immutabile è eterno.
V. Ma la sto chiedendo!
V. In che modo?
M. Distaccati da tutto ciò che rende irrequieta la mente. Rinuncia a tutto quanto
disturba la pace mentale. Se vuoi la pace, meritala.
Nisargadatta Maharaj
M. Il sattva è sempre puro e forte. E come il sole. Può sembrare oscurato dalle
nuvole e dal pulviscolo, ma solo dal punto di vista di chi l’osserva. Occupati
delle cause dell’oscuramento, non del sole.
Teresa: Quindi Tony, tu parli sempre di aver perso la sensazione di essere una
persona separata, che cosa significa questo esattamente?
Tony: Non c’è nessuno che perde di essere una persona separata. E’ che l’illusione
di essere una persona separata non c’è più. Ma non c’è qualcosa che sa questo. Non
c’è consapevolezza di questo. E’ la fine di ciò che conosce o è consapevole di
qualcos’altro presente nella realtà. E’ la fine di qualunque cosa che
riconoscerebbe l’idea di non essere più un “me”. Alcuni confondono questo messaggio
con l’idea di dover imparare come non essere un “me”. Ma non è niente di tutto
questo. E’ il venir meno di un’energia illusoria. E non può essere descritto.
Teresa: C’è qualcosa che si può fare per perdere questa sensazione?
Tony: No, non c’è niente che puoi fare perché non c’è nessuno lì. Liberazione è la
realizzazione che non c’è nessuno e niente da cui liberarsi. Quindi non c’è mai
stato qualcuno lì che avrebbe mai potuto fare qualcosa sull’essere liberato.
Tony: E non lo otterrai mai. Il ricercatore, o il “me” o il “sé” non otterrà mai
questo. Perché il ricercatore vive in una sua realtà illusoria, come una realtà
sognata, e non può assolutamente comprendere questo messaggio. Fra poco andremo
all’incontro, e ci saranno circa 60 persone. E ogni volta che c’è un “me” nel
corpo, o un “sé”, non sentirà questo messaggio. Qualcos’altro accade nell’incontro,
ha che vedere con la risonanza che è oltre il “sé”. Il “me” non ottiene mai questo.
Non c’è niente là per “me”.
Teresa: Quando partecipo agli incontri ho questa sensazione che io non lo ottengo.
Tony: Potrebbe essere, tranne che le persone vanno via comprendendo che non c’è
niente da ottenere ma poiché sono ancora dentro l’energia illusoria di essere
separati, essi cercheranno ancora. Finché questo muore, questa è la morte la fine
di un’energia illusoria. E fino a quando quest’energia non muore, ci sarà sempre il
cercare. Quindi anche se qualcuno potesse capire che non troverà mai ciò che sta
cercando, continuerà a cercare. Non può fermarsi. La natura del “me”, del “sé” è
solamente cercare. Il “me” ha perso casa, quindi “me” può solo cercare casa. Quindi
questa è un’energia che continuerà sempre a cercareSi, è una energia contratta che
sembra aver perso qualcosa, sembra di essere persa nel suo stesso sogno, in cui
ogni cosa che sorge è separata e insoddisfacente. Quindi c’è un costante cercare
nel “me”, nel “sé”, per tornare a casa. Ma il “me”, il “sé”, non può tornare a
casa. Finché il “me”, il “sé”, non muore, continuerà ancora a cercare.
Teresa: Quindi se hai perso questa sensazione di essere una persona separata,
questa energia contratta è arrivata alla fine, in che modo ti senti diverso?
Tony: Non c’è nessuno rimasto. Liberazione è la fine di ciò che fa esperienza della
vita o che pensa che la vita stia accadendo. E’ la fine di tutto ciò che potrebbe
conoscere qualunque cosa anche in termini di sapere che non c’è un sé. E’ la fine
di una illusione. E quello che rimane è indescrivibile. Non può essere descritto
ciò che rimane. Ma non c’è nessuno in esso. Non c’è nessuno che ha questo, E’ solo
ciò che è. Quindi le parole più accurate per questo, è che ciò che rimane è ciò che
è e non è. E’ un mistero. E’ il mistero che ognuno ha cercato e parlato da migliaia
di anni. Ma è il mistero che non può essere conosciuto.
Tony Parsons
Domanda: Può esserci una crescita nell’amore? Non sembra forse che l’amore diventi
sempre più grande? Non può l’abbandono diventare sempre più profondo?
Domanda: A volte dici che la devozione a Dio non può portare una persona alla
libertà, perché Dio è una proiezione della mente umana. Una proiezione della mente
non può portarci oltre la mente. E’ altrettanto per la devozione al guru? Può la
devozione al guru condurci alla libertà?
Poonja: La prossima vita! Cos’è il samsara? Il continuo ciclo delle rinascite che
porta al momento in cui viene compresa questa verità. Tutti devono tornare a casa.
Se non oggi, domani… Alla fine ci si accorge che non ci sono mai state
reincarnazioni. Si scopre che: “Io non mi sono mai trasferito da un corpo
all’altro. Era solamente un concetto. Il tempo era un concetto. L’ignoranza non era
altro che un concetto”. Alla fine, è questo che viene capito.
Il guru non può fartelo “capire”. Nessuno può fartelo “capire”. Ciò che devi fare,
è “non capire”. Allora ti accadrà qualcosa.
Questo è quello accade. Tutto quello che c’è è quello che accade. Sedere sulla
sedia, udire dei suoni, respirare, c’è solo quello che accade. Sentirsi
interessato, sentirsi non interessato. Pensieri sorgono, ma c’è solo quello che
accade. E’ energia in questa forma. E’ energia. Tutto quello che è, è energia.
Energia è tutto.
E l’energia può assumere questa forma. L’energia può apparire come questi corpi che
siedono sulle sedie. L’energia può essere qualunque cosa. E’ ciò che accade. Tutto
quello che c’è è energia che accade. Ed è selvaggia. Questa energia è selvaggia,
caotica, pazza, folle. Non c’è nulla che dirige questa energia. E’ completamente e
totalmente libera di essere qualunque cosa. Non c’è nulla che la muove o la cambia.
Nulla può cambiarla. E’ completamente la sua energia, è totalmente libera di essere
ciò che è. Ed è anche un mago. L’energia è un mago. Può essere tutto. Può apparire
come ogni cosa. Può muoversi più veloce della luce. E allo stesso tempo essere
completamente vuoto. E’ la forma del senza-forma. Viene fuori dal Nulla. E’ Nulla
che si manifesta come apparente energia. E’ Nulla che appare come una
manifestazione, come il mondo, come l’universo, come corpi, come auto, come cielo,
alberi, marmellata anche.
L’altra cosa che sorge nel sogno è la convizione assoluta che l’individuo ha libero
arbitrio e scelta, e che può influenzare la sua storia, sta vivendo la storia che
può cambiare e farci delle scelte. E l’altro senso che sorge, è che se fa un’azione
allora avrà un risultato. Davvero crede in sé stesso, nella storia, nel proprio
libero arbitrio, e nella causa-effetto. Queste cose gli sembrano reali.
E il viaggio, sono in un viaggio. E l’altra cosa che sembra reale, poiché sono in
un viaggio, il viaggio sta andando da qualche parte, quindi questa esistenza, la
mia esistenza, ha significato e uno scopo. Perché andrà da qualche parte. L’altra
cosa che sorge tuttavia, in quel sogno, in quel sogno ipnotico di essere un
individuo separato. E il senso di essere separato è molto potente.
Ma la maggiorparte delle persone che vive nel sogno del me, e per molti è così,
sente che può rendere la propria vita soddisfacente, sotto si sente insoddisfatta
ma vanno là fuori e cercano di fare soldi o successo o avere molti amanti o
qualunque cosa, cercano in un modo o nell’altro di soddisfare un senso nascosto di
mancanza. Le persone sensibili sentono che questa mancanza ha a che vedere con
qualcosa di più profondo. Quindi cercano una risposta nella religione o nella
terapia o hanno sentito parlare dell’illuminazione e questo suona come una
risposta. Quindi vanno dagli insegnanti di illuminazione. Perché ovviamente l’altra
cosa è che crescono credendo di essere individui e che attraverso le proprie scelte
posso rendere la loro vita migliore o peggiore. Quindi rimangono in questo senso di
dover fare uno sforzo per ottenere il soddisfacimento. Perciò vanno da un
insegnante che gli offre un soddisfacimento personale. Un soddisfacimento
cristiano, un soddisfacimento terapeutico quando diventi una persona più bilanciata
o un soddisfacimento di illuminazione, quando ottieni l’illuminazione seguendo una
lista di istruzioni o altro. E questo è molto potente, è un messaggio molto
potente. Il messaggio religioso è incredibilmente potente, in tutto il mondo,
perché parla al me che si sente perso. Parla al me e dice: Ti senti perso ma io ti
mostrerò la risposta. Ti mostreremo come non essere perso. E’ il messaggio
psicologicamente più popolare che ci sia.
Quello che condividiamo insieme stasera è la terribile possibilità che tutto questo
sforzo è completamente e totalmente futile, a causa della stessa natura del me.
Possiamo condividere questo verbalmente, possiamo condividere dei concetti insieme,
e chiedi tutto riguardo come senti te stesso, questa manifestazione. E la risposta
a queste domande sarà costantemente di puntare al sogno illusorio dell’essere un
me, all’illusione che il il me può percorrere una via per realizzarsi.
Domanda: Sono qui seduto davanti a voi. Quanto c’è d’immaginario in ciò?
Risposta: Tutto. Anche lo spazio e il tempo sono immaginari.
Se ci stiamo veramente abbandonando alla nostra vera natura, le forme più lampanti
di controllo non sono in funzione. Se stanno ancora operando, allora non ci stiamo
adagiando sulla nostra vera natura. Se poi tentiamo ancora di controllare noi
stessi e gli altri, torniamo indietro nel mondo dei sogni.
Lasciar andare ogni pretesa sul momento. Ogni volta che hai qualche pretesa su
questo momento – che ti dia qualcosa o che tolga di mezzo qualcos’altro – vi è
sofferenza. Il problema è che quando c’è una pretesa, ti sfugge completamente ciò
che vi è adesso.
La mente ha paura di lasciar andare le proprie pretese, perché pensa che se molla
la presa non otterrà ciò che vuole. Smettila di cercare d’essere una persona
migliore, e sarai una persona migliore. Smettila di cercare di perdonare, e il
perdono accadrà. Fermati e fa silenzio.
È come se cominciassi ad andare a caccia del gioiello che già possiedi in tasca.
Ciò che tu sei è l’unica cosa che non puoi ottenere. Ed è proprio questa la sua
bellezza. Puoi soltanto smettere di mentire. L’ego è semplicemente un moto della
mente, che cerca sempre di ottenere qualcosa – l’amore, oppure Dio, denaro, o un
nuovo giocattolo. La mente pensa sempre che qualcosa sia sul punto di renderla
felice.
Non vi è nessuno da proteggere ~ Adyashanti
Mente aperta, cuore aperto. Renditi conto del fatto che non vi è nessuno da
proteggere. Non c’è alcun bisogno di barriere emotive, né del senso di separazione
e isolamento che deriva da queste barriere. L’unico motivo che ti ha spinto a
credere di aver bisogno di protezione è frutto di un innocente malinteso. È
accaduto perché insieme al concetto di un te separato, da bambino, hai anche
ricevuto una scatola degli attrezzi per costruire le mura a protezione di questo
concetto. In seguito, hai imparato ad ampliare il contenuto della scatola,
all’occorrenza. Quando ti è sembrato utile aggiungere una bella dose di rabbia,
l’hai messa dentro; forse hai anche aggiunto risentimento, vergogna, riprovazione o
vittimismo. Poco importa che l’immagine alla quale ti aggrappi sia quella della
persona brava o inadeguata, la scatola degli attrezzi dell’identità serve a
proteggerla.
È del tutto innocente. Accade a tua insaputa. Continua ad accadere finché non ti
rendi conto che il tuo aggrapparti a un «io», a un’immagine di te stesso nella
mente e nel corpo, è inseparabile dalla tua convinzione di aver bisogno di
protezione. L’uno non può essere senza l’altra.
Più capisci di essere l’apertura, più il tuo corpo fisico diventa un’estensione
dell’apertura stessa. Il movimento della tua mano, o del tuo piede, diventa
un’espressione dell’apertura; hai la sensazione che il contatto con gli oggetti sia
un prolungamento dell’apertura.
L’illuminazione diventa disponibile solo quando si accetta che non può essere
raggiunta.
Dottrine, processi e cammini progressivi che cercano l’illuminazione peggiorano
solo il problema che tentano di risolvere, dato che rinforzano l’idea che si possa
trovare qualcosa che si presuma sia perduto. È proprio questo sforzo, questo
investimento sulla propria identità che continuamente ricrea l’illusione della
separazione dall’Uno. Questo è il velo che noi crediamo esista. È il sogno
dell’individualità.
Il solo probabile effetto dell’estremo sforzo di divenire ciò che già io sono, è
che alla fine cadrò a terra esausto e mi lascerò andare. In quel lasciare andare
potrebbe sorgere un’altra possibilità.
Tutto e ogni cosa sono l’Uno, e tutto ciò che facciamo è metterci di mezzo
attraverso il nostro cercare di arrivare a questo Uno.
Coloro che reclamano l’illuminazione presumono di possedere uno stato che
immaginano di aver raggiunto. Resteranno ingabbiati nei propri concetti
individualistici basati sul loro particolare sistema di credenze.
Il tesoro che cerchiamo deve essere scoperto non dove stiamo andando, ma nella
semplice natura di ogni passo che intraprendiamo. Nella nostra corsa per ottenere
una situazione migliore nel tempo, calpestiamo il fiore dell’essere che si presenta
di momento in momento.
Sembra che il nostro attaccamento allo scopo nasca dal bisogno di provare qualcosa
a noi stessi. Ma la vita è semplicemente vita, e non sta cercando di provare
assolutamente nulla.
La vita ha in sé il suo stesso scopo e non ha bisogno di una ragione per esistere.
Stavo camminando, ho notato che ogni passo era completamente unico in sensazione e
pressione, che c’era solo per un momento e poi arrivava il prossimo passo, senza
mai essere ripetuto due volte nello stesso modo.
Mentre tutto questo accadeva c’era una transizione da me che guardava il camminare
a semplicemente la presenza del camminare. Una totale immobilità e presenza
sembravano essere scese su ogni cosa. Io non esistevo più. Ero svanito e non c’era
più qualcuno che faceva esperienza.
Posso solo dire che «l’Uno con tutto e ogni cosa» era ciò che era accaduto e che un
amore traboccante aveva riempito ogni cosa.
Temendo la debolezza lotto per il controllo, temendo l’intimità combatto per essere
distaccato, temendo la sottomissione cerco di essere dominante e se temo di essere
ordinario tento di essere speciale.
Nella presenza non c’è divenire, non c’è attaccamento ad un obiettivo. Vedo che non
devo raggiungere più alcuno standard o comportarmi in un certo modo per diventare
degno.
Mentre impegno la mia energia nel sentirmi in colpa e nel tentare di alleviare
quella sensazione illusoria, non faccio che negare la possibilità di una
liberazione.
Io sono…
… esattamente così come sono, proprio qui e proprio ora, l’espressione divina. Tu
sei l’espressione divina esattamente come sei, proprio qui, proprio ora.
L’espressione divina è, esattamente così com’è, proprio qui, proprio ora. Nulla,
assolutamente nulla, ha bisogno di essere aggiunto o tolto. Nulla è più valido o
sacro di qualcos’altro. Nessuna condizione deve essere soddisfatta. L’infinito non
è da un’altra parte in attesa che noi ne diventiamo degni.
Non devo passare attraverso alcun tipo di cambiamento o processo.
Devo dire che la semplicità è una delle qualità che più mi ha sorpreso riguardo a
questa rivelazione, grazie alla sua natura capace di abbracciare ogni cosa.
Nel 1985 circa mi sono unito a una confraternita che mi mandava regolarmente ogni
mese lezioni di misticismo e di ‘legge universale’.
Un paio d’anni e diverse tecniche spirituali dopo, mi ero annoiato e mi capitò per
le mani un libro di un guru occidentale. Il libro mi diceva che ero già sveglio e
non avevo bisogno di alcuna liberazione.
La verità di quello che diceva era ovvia. In ogni caso andò avanti (negli anni
successivi e in diversi libri) a proclamarsi il maestro del mondo offrendo una
relazione guru-discepolo a tutti coloro fossero interessati.
Beh, in ogni caso non stavo realizzando nulla, sebbene nei successivi cinque anni
lessi altri suoi libri e ogni libro spirituale sul quale riuscissi a mettere le
mani. Ma niente era tagliato per me come il libro di quel guru occidentale. Da
qualche parte dentro di me sapevo che era vero; io ero già sveglio e libero ma ero
ancora confuso perché mi sentivo essere solo un normalissimo individuo con i soliti
problemi che la gente normale ha.
In ogni caso, mi sono stufato dei lavori di questo tizio e di qualunque altro e ho
incontrato il mondo dell’Advaita. Lessi tutto di e su Ramana Maharshi, Jean Klein e
Nisargadatta Maharaj e tutto di Ramesh Balseker.
Molta della confusione che avevo sentito prima se ne andò. Capii che tutto quello
che esiste è Coscienza, ma come mai mi sentivo ancora un io separato? Qual era il
nesso mancante? Se ero già sveglio e libero come mai la mia vita sembrava un
ammasso di sterco?
Nel 1997 lessi il primo libro di Tony Parson dal titolo “The Open Secret”. Lo
contattai e mi invitò a partecipare ad un incontro in una casa privata di Londra.
Andai e mi sedetti in una stanza affollata. Qui mi divenne subito chiaro quanto
misticismo avevo costruito intorno all’intero dramma dell’illuminazione.
Tony sembrava proprio un uomo ordinario. Parlava con humour e pazienza. Ascoltai
come rispose alle domande della gente e rimasi impressionato dalla sua semplicità e
chiarezza. Mi recai a diversi altri incontri negli anni seguenti e telefonavo a
Tony non appena potevo.
Volevo diventasse il mio ‘insegnante’ ma lui spiegava che non aveva nulla da
insegnare, nulla da imparare. Sottolineava che esiste solo Coscienza e che lo sono
già. Anche se prima lo avessi già accettato, adesso iniziò veramente a entrarmi in
profondità. Tony evidenziava che non è necessario che accada alcun ‘evento’
associato con il riconoscimento della tua natura in quanto Coscienza.
Beh, a dire il vero, a settembre del 1998 un evento accadde. Stavo facendo
giardinaggio e piovigginava. Guardai verso l’alto e c’era un sottile senso di non
esserci. Presi la mia bicicletta e girai in strada ma sembrava proprio di essere in
un film di cui facevo parte senza alcuno sforzo da parte mia.
Chiamai Tony spiegandogli con eccitazione cosa stesse accadendo e, essendomi dato
il ‘permesso’ di essere sveglio, mi autorizzai a parlare dalla chiarezza della
comprensione che si era già manifestata durante il mio processo di ricerca prima
che l’evento succedesse. Non mi stavo riferendo più a Tony dal livello di
ricercatore e lui riconobbe che stavo parlando dalla mia natura in quanto
Coscienza.
Mi svegliai il giorno dopo. Era ancora lì? Sì! Poi, dopo qualche giorno, notai che
l’esperienza stava sfumando leggermente, ma un paio di giorni dopo era ancora lì in
tutta la sua forza. Dopo un paio di settimane in cui l’esperienza andava e veniva e
io tentavo di trattenerla, andai in uno degli incontri di Tony e l’esperienza
sembrò autoricaricarsi stando lì. Ma poi, pochi giorni dopo, l’esperienza scomparì
del tutto. Non dissi nulla a Tony e non andai ai suoi incontri per un po’. Mi
sentivo confuso, ancora una volta.
Poi mi capitò di leggere un libro intitolato “Collision with the Infinite”di una
donna chiamata Suzanne Segal che, negli anni, aveva avuto un’esperienza
continuativa e costante. Dopo diversi anni era stato confermato da certi
‘insegnanti’ che si trattava proprio di ‘illuminazione’. In seguito si ammalò e
morì e, nella postfazione del libro di Suzanne che era stata scritto da un
terapista suo amico, lessi che vicina alla fine era diventata confusa e frustrata
perché l’esperienza l’aveva lasciata.
La confusione se n’era andata. Sapevo chi ero senza alcun dubbio ed era ovvio che
lo ero stato per tutta la mia vita. Non avevo più bisogno di alcuna esperienza
trascendentale per provarmelo.
La somma di tutta la mia ricerca ‘spirituale’ era stata aggiunta a quello che io
sono già e ho anche capito perché le persone sono confuse sull’argomento. Perché
confondono ‘spiritualità’ con chiarezza. Questo riconoscimento della mia vera
natura non era associabile ad alcun evento o esperienza trascendentale. Era chiaro
che un’esperienza trascendentale di ogni tipo porta facilmente a confusione se
capita prima che tu riconosca con chiarezza la tua natura come Coscienza.
E’ ovvio che l’evento trascendentale sperimentato non avesse nulla a che fare con
la chiarezza del riconoscimento. L’accadere dell’evento ha portato la mia
confusione in superficie e mi ha permesso di vedere chiaramente come stessi
sottilmente aspettando un evento per avere il permesso di essere quello che già
sono.
Ora riconosco che nessun evento trascendentale ha alcun significato alla luce della
semplice, ordinaria, quotidiana chiarezza di chi tu sei veramente.
Tu sei Coscienza. Tu sei ciò in cui tutto appare. Il mondo, il corpo, i pensieri –
tutto appare in te. Anche volendo, non puoi riuscire a scoprirti separato da nulla.
Tu sei la fonte e la manifestazione di tutto ciò che è. Non hai bisogno di andare
da alcuna parte o di fare alcuna cosa per rendere palese tutto ciò. E’ la cosa più
ovvia. Solo che stai sempre guardando oltre, stai dando tutto per scontato.
Tutto ciò che c’è è totalità, interezza.. energia sconfinata che appare come ogni
cosa… il cielo, gli alberi, le emozioni, i pensieri e qualsiasi cosa. E’ il mistero
del nulla che allo stesso tempo è il tutto.
Non c’è nulla al di fuori della sconfinata immensità ma nonostante questo, visto
che è libera, può apparire come fosse separata da se stessa…può apparire come fosse
la storia del me. Non c’è nulla di giusto o sbagliato in questa apparizione che è
la totalità nella sua apparente manifestazione.
Per la maggior parte delle persone questo senso d’insoddisfazione non è così
evidente, e dato che credono di essere individui con libertà di scelta e di volontà
sembrano motivati a provare a creare una storia di successo…buone relazioni, buona
salute, benessere, potere personale e qualsiasi altra storia.
Invece per altri esiste una mggiore sensibilità rispetto al fatto ci sia qualcosa
che sembra essere andato perso. Questa sensazione produce un desiderio per un più
profondo senso di appagamento. Da qui può nascere una ricerca nella religione,
nella terapia o nel significato dell’illuminazione. E dato che il me si è convinto
di avere i mezzi per influenzare la sua storia, inizia anche a presupporre di
potere trovare un maggiore appagamento attraverso le proprie scelte, la propria
determinazione, le proprie azioni.
Il me potrebbe, ad esempio, recarsi da un prete o un terapista o un insegnante
d’illuminazione per trovare quello di cui pensa di avere bisogno.
Spesso, dato che il me sente di avere perso qualcosa, ci può essere un senso di
inadeguatezza e quindi viene ricercato un insegnamento che soddisfi la necessità di
fare qualcosa che porti a una trasformazione personale e faccia sentire degni di
essere soddisfatti. Tutta quest’attività accade in apparenza all’interno della
storia del me la quale funziona in una realtà artificialmente dualistica. In questo
modo il me cerca nel mondo del ‘finito’ quello che è infinito. E’ un qualcosa che
cerca un altro qualcosa, e quello cui veramente anela rimane irraggiungibile
essendo già ogni cosa. E’ come cercare di catturare l’aria con una rete da
farfalle. Non è difficile, è meravigliosamente impossibile. L’essenziale futilità
di questa ricerca inevitabilmente nutre un senso del me che si sente ancora più
inadeguato e separato.
Alla base di tutti gli insegnamenti su come diventare illuminati sta l’idea che un
cambio di convinzione o d’esperienza possa portare a una conoscenza personale
dell’essere uno, dell’autorealizzazione o della scoperta della propria vera natura.
Tutto l’investimento in un percorso che prosegue nutre la storia di un me che può
ottenere qualcosa. Anche la suggestione di un arrendersi o di un’accettazione
personale può all’inizio essere molto attraente e portare a uno stato di
soddisfazione…per un po’. Ci sono tanti cosiddetti insegnanti non-duali che nutrono
la storia del me che diventa liberato.
In ogni caso, l’unità a cui aneliamo è senza confini e gratuita. Non può essere
afferrata e nemmeno avvicinata. Non esiste nulla che dovrebbe essere fatto o
cambiato o fatto meglio di qualcosa che è già tutto.
L’esperienza del me può sembrare molto convincente perché ‘il mondo’ in cui vive
sembra dominato da molti di questi me in molte storie. Ma il costrutto del me è
incostante e senza fondamenta. Tutta le storia del me è solo una danza senza alcun
significato o scopo.
Quando però esiste un’apertura verso la possibilità di un qualcosa che esiste oltre
la ricerca, allora sembra che l’energia contratta possa dissolversi nella libertà
sconfinata che già è. E comunque questa è un’altra storia che cerca di indicare e
descrivere un totale paradosso…l’apparente fine di qualcosa che non è mai stato
reale…la storia del me.
Solo la Sorgente appare. Tutto ciò che si manifesta è sempre e unicamente una
espressione della Sorgente: l’universo visibile, il mondo, la storia della vita, il
corpo-mente, le sensazioni, il senso di separazione, la ricerca dell’illuminazione.
E’ l’Uno che si manifesta come due, la nessuna-cosa che appare come ogni cosa. Il
teatro della ricerca è assolutamente senza significato né scopo; è un sogno da
svegli, non c’è un’intelligenza più fondamentale che tesse il destino, né scelta
che si presenti a un qualunque livello. Niente nasce e niente muore. Non
sopraggiunge niente. Ma questo, così com’è, invita il ricercatore apparente a
scoprire la sua origine. Quando l’invito non è accolto da nessuno, allora si è
visto che solo la sorgente è, stato di quiete senza causa, immutabile, impersonale
a partire dal quale sorge in celebrazione un amore incondizionato. E’ il prodigioso
mistero.
Domanda: Sono stato molto colpito quando avete detto che ogni cosa può
semplicemente essere quello che è perché nessuno è lì a prendere decisioni o
scegliere una cosa diversa. Quando questo è visto chiaramente, una incredibile
quantità d’elementi mentale diventa, in modo evidente, senza oggetto. Infatti
nell’idea stessa di scegliere si nasconde quella del bene e del male, di me che fa
meglio o peggio, di qualcun altro che non agisce correttamente, e la mente si perde
in queste idee. E, mi sembra, una visione chiara che questo porta una
semplificazione nel corpo-mente verso un pensiero giusto, perché ogni pensiero o
resistenza a ciò che è appare chiaramente ridicolo. Potete confermare nella vostra
esperienza questa semplificazione della mente?
D: Si, allora vedo proprio una grande semplificazione. Tuttavia dite che l’impulso
della mente a funzionare prosegue anche dopo il risveglio o l’illuminazione, anche
se sapete che questa sostanza mentale non siete voi. Può sorgere la collera ma
vedete chiaramente che non c’è nessuno per essere in collera, allora si dissipa
come fumo; perché, per un risvegliato, non c’è né attaccamento né identificazione.
Così, dopo la vostra esperienza, testimoniereste che rimane un movimento di
resistenza residua a ciò che è?… Lo comprendete meglio, ma l’impulso è lì, lo
vedete, va, viene e continua ad apparire. Quell’impulso attraverso cui vedete, si
dissipa nel corso del tempo manifestandosi sempre meno?
T.P.: Si, e’ quel che succede, durante quello che a noi sembra essere del tempo:
Tutto diventa più armonioso e rallenta. Tutta quell’ansia, quell’angoscia, quelle
enormi energie s’appianano. “Solleverò le montagne e alzerò le vallate”, diceva
Cristo. Il risveglio, sono tutti quegli estremi che si riducono e si riducono.
Quello non può vivere nella luce. Può sorgere la collera ma non può mantenersi in
quella luce, non c’è più nessuno ad abboccare all’amo, a mostrare un qualunque
interesse. Non può dunque vivere sotto quella luce particolare.
T.P.: Si, è ciò che sembra. Ma l’insieme della vita emana dall’amore
incondizionato, che è totalmente neutro, completamente neutro.
La manifestazione parrebbe portare energie positive e negative in conflitto
permanente.
Ma in effetti si equilibrano sempre esattamente. La totalità delle cose si
equilibra. Tutto ciò che fa l’esistenza sembra solo essere in cambiamento e in
progressione, ma, in realtà, tutto è totalmente neutro e in quiete. E’ un mistero.
T.P. : Questo non si deve produrre. In qualche modo la mente cerca ancora un
processo temporale. Tony Parsons stesso spiega che il ricercatore deve lasciar
andare e che la nube deve svanire perché il sole sia presente. La mente interpreta
immediatamente questo in termini di processo che deve arrivare. ( Prima che arrivi,
il risveglio non può esserci. Pertanto la mente elabora sempre una lista di cose;
anche due o tre tappe devono compiersi prima che quello arrivi.) In effetti non
deve arrivare proprio niente. Ma in un modo o nell’altro la mente inganna la
coscienza dicendo: “Bene, ciò deve arrivare; di conseguenza dobbiamo mettere una
sorta di paura su tutto quello per evitare quell’uscita”.
Per la mente ci sono molti modi di trovare una soluzione o un problema che riguarda
il risveglio, perché non può capire il risveglio. Ciò che vede chiaramente, è che
il risveglio la caccerà dal suo trono. Perciò, non resistete all’idea che si devono
superare delle tappe. E se si presenta la paura, Questo è l’invito. L’invito si
manifesta attraverso i sensi, e non parlo di un racconto sul risveglio, ma della
sensazione corporea della paura, che è ciò che è.
T.P.: Si. Il guru mentale, come io lo chiamo. La mente che vi convincerà che vi
condurrà là farà di tutto; è così brillante che vi convincerà che vi condurrà là,
ma vi sta conducendo sempre. Quello non arriva mai, ma si avvererà sempre domani.
D.: Vivo con un uomo che mi sembra essere nel deserto, e in quel deserto la sua
sensibilità si esacerba. Il mondo diventa per lui sempre più fonte di sofferenza.
E’ arrivato al punto della vostra transizione tra essere una persona e essere?
T.P.: Ah, si. Non era in quel modo per Tony Parsons. Per molti quello non deve
essere un deserto.
Non dovete passare per la notte oscura dell’anima perché questo si produca. La
gioia può passare ad una gioia maggiore.
Fu così per Tony Parsons. Ed è così per altri e ci sono persone che conosciamo a
Londra che non sono più persone – per certi tra loro era una gioia in una più
grande gioia, e per altri il deserto.
Ce ne sono alcuni per i quali la comunicazione con persone apparenti a Londra, che
sono nel deserto e il mondo, diventa più insopportabile perché la sensibilità si
affina. La sensibilità cresce e tutto sembra diventare sempre più spiacevole o più
che minaccioso per un momento, si. Evidentemente un altro effetto sorge tra la
lotta sempre più violenta delle apparenze di stati nevrotici in questa apparenza
corpo-mente. La mente non vuole che quello arrivi e attaccherà certuni con tutto
ciò che possiede; ma altri no.
T.P.: D’accordo. Prima che questa grande avventura sia cominciata benché non sia in
effetti mai cominciata e non finirà mai, ma per la mente questa è una storia da
dormirci sopra. Dunque, prima di ogni inizio, ci siamo riuniti. Noi, puri esseri,
ci siamo riuniti in comitato e abbiamo deciso di giocare al gioco della
manifestazione. Beninteso, vi abbiamo incluso in totalità l’idea illusoria della
separazione. Così abbiamo deciso di dividerci in piccoli pezzi, poi di pretendere
che saremmo esseri separati non avendo più contatto con la sorgente. Però, fu anche
deciso che a partire da un certo punto in quella avventura, desiderassimo tornare a
casa. Abbiamo perciò pensato: “bene, come torneremo a casa, qual è il modo migliore
di darci un passaporto per tornare a casa?” E abbiamo convenuto che tutto ciò che
si manifestava sarebbe stato un invito al ritorno a casa.
Sto facendo un lungo giro per esprimere il fatto che ciò che guardate in questo
momento è la sorgente di tutto ciò che è. E non è solo questo, è quello, è il muro,
il pianoforte, tutto viene dalla sorgente dell’essere, dall’assoluto. Tutto viene
dall’amore incondizionato, tutto è “ Un essere due”.
Tutto ciò che è manifestato proviene dalla sorgente della luce o dall’amore e di
conseguenza, nella sua natura originale, è la nostra casa. E’ la sorgente, è ciò
che siete. E dunque ciò che vedete siete voi stessi che vi manifestate come un
fiore o un muro. E nella separazione, se diventate intimi con quello, qualunque
cosa sia, siate ora il vostro posteriore sulla poltrona, il gusto del tè, l’auto
che passa. L’intimità con quello è la dissoluzione del sé separato, illusorio. Può
morire in quell’intimità, è come fare l’amore. Possiamo fare l’amore e sparire, si,
può succedere. Ed è la stessa intimità con ogni cosa, col muro, il suolo, un
rumore, e le sensazioni nel corpo. Tutte sono come l’invito dell’innamorato:
ritorna a casa. Tutto è semplicemente l’innamorato e la sua ragione d’essere è
quella d’invitare il separato in apparenza a ritornare a casa…
Così, viviamo in un invito totale! Poco importa la sua natura. Può essere una
sofferenza emozionale, un pensiero non necessariamente spirituale, uscito dalla
mente.
Tutto è sacro, tutto è invito, non c’è niente che non sia invito, che non sia
l’innamorato.
Perciò non potete sfuggire alla vostra liberazione, sfuggire all’unità, perché è
ciò che voi siete. Evidentemente, il ricercatore è invitato, ma quando il
ricercatore non c’è più, l’invito non è più necessario.
Allora tutto è celebrazione.
E, dato che siete qui, e avete intrapreso questo tipo di ricerca e state ascoltando
questo tipo di letture, posso assumere che siete tutti sulla strada per il
risveglio. Oppure stai stuzzicando te stesso con una qualche sorta di flirt verso
il risveglio al quale non sei veramente dedito. Ma assumo che forse tu, anche non
essendo dedito, sei sincero, che sei pronto a svegliarti. Quindi, quando sei sulla
via del risveglio e stai scroprendo chi sei realmente, ciò che fai è ciò che
l’intero universo sta facendo nel posto che tu chiami “QUI E ORA”.
Tu sei qualcosa che l’intero universo sta facendo come l’onda è qualcosa che
l’intero oceano sta facendo. Il vero Te non è un pupazzo comandato dalla vita; il
vero, più profondo Te, è l’intero universo.
Per cui, quando muori, non farai i conti con una non-esistenza eterna, perchè non è
un’esperienza.
Tante persone hanno paura che quando muoiono, resteranno per sempre intrappolate in
una stanza oscura e subiscono questo.
Ma una delle cose più interessanti in questo mondo; e questo è una specie di yoga,
una via della realizzazione…prova e immagina come sarebbe andare a dormire e non
svegliarsi più.
Pensa questo. I bambini pensano questo.
E’ una delle più grandi meraviglie della vita.
Come sarebbe andare a dormire e non svegliarsi più?
E se pensi abbastanza a questo qualcosa accadrà.
Scoprirai, fra le altre cose, che una nuova domanda nascerà in te:
Come è stato svegliarsi senza essere mai andati a dormire?
E’ ciò che è successo quando sei nato.
Vedi, non puoi avere un esperienza del nulla; la natura detesta il vacuo.
Per cui, una volta morto, l’unica cosa che può succedere è la stessa esperienza, o
qualcosa di simile, di quando sei nato. In altre parole, noi tutti sappiamo molto
bene che alcune persone muoiono e altre nascono; e loro sono tutti te, solamente
che tu puoi sperimentare un’unica esperienza per volta.
Tutti sono Io, voi tutti sapete che siete voi, e dovunque esistano esseri
attraverso tutte le galassie, questo non farebbe alcuna differenza, tu sei anche
loro.
E quando loro diventano coscienti, anche tu lo diventi, lo sai molto bene; solo non
devi ricordare il passato proprio come non pensi a come funziona la tua ghiandola
tiroidea, o qualsiasi altra cosa nel tuo organismo; non hai bisogno di sapere come
splende il sole.
Semplicemente lo fa, proprio come respiri.
Non sei realmente stupito di quanto tu sia meravigliosamente complesso e di come tu
stia facendo tutto questo senza aver mai ricevuto nessuna educazione su come farlo?