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INTRODUZIONE

Cosa è l'Advaita Vedanta ?

L'Advaita Vedanta è probabilmente la più conosciuta fra tutte le scuole Vedānta


della religione Induista. Letteralmente il termine Advaita significa "non duale",
ma viene anche utilizzato per indicare il sistema monistico su cui si fonda il
principio dell'indivisibilità del Se o Ātman dall'Unità (Brahman). I testi
fondamentali da cui derivano i Vedānta sono le Upaniṣad, o commenti ai Veda, e i
Brahma Sutra, anche conosciuti come Vedānta Sutra, nei quali si concentra la
discussione sulla natura intima delle Upanişad.
Adi Shankaracharya: i fondamenti dell'Advaita
Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Adi Shankara.

Il primo grande codificatore dell'Advaita Vedānta fu Adi Shankara (788-820). La


filosofia che propose fu potente e capitalizzò negli anni il monismo dormiente, e
la conoscenza mistica dell'esistenza: proseguendo la linea di pensiero di alcuni
rishi espressa nelle Upaniṣad e in particolare la testimonianza di Gaudapada,
esposta nell'opera principale (la karika di commento alla Mandukya Upaniṣad),
Shankara espose la dottrina dell'Advaita, che afferma la Realtà assoluta come unica
realtà e la realtà fenomenica come continuo divenire. Quindi l'unica realtà
possibile è quella non duale, mentre il mondo, soggetto al continuo divenire, ha
una natura illusoria, in quanto impermanente. Egli definì meglio quanto già
espresso nelle Upaniṣad: la Realtà assoluta o Brahman e la pura Realtà Ātman
dell'essere individuato jivatman o anima individuale, sono la stessa e unica.
Questa realtà è non duale, pertanto realizzabile solo rinunciando ai vincoli del
contingente.

I tre principali stati di consapevolezza (veglia, sogno e sonno profondo), infatti,


sono espressione di un quarto stato trascendentale, conosciuto nelle Upaniṣad come
turīya, coincidente con la Realtà assoluta o Brahman. La molteplice natura dei
fenomeni e la loro ultima essenza è simboleggiata dal suono Aum, il più sacro fra i
mantra induisti. Brahman è al tempo stesso immanente e trascendente, e non solo un
concetto panteistico. Inoltre, oltre ad essere la causa materiale ed efficiente
dell'intero universo, Brahman stesso non è limitato dalla sua auto-proiezione ed
effettivamente trascende tutti gli opposti, tutte le dualità, soprattutto aspetti,
quali la forma e l'essere; da sempre è incomprensibile alla mente umana.

Molte testimonianze di queste esperienze sono stati esaurientemente descritte in


parecchie Upaniṣad. Tra il 1000 e il 1600 d.C., nella Brihadaranyaka, troviamo un
dialogo tra Prajapati e Indra in cui si discute del Sé e dei diversi stati di
consapevolezza; fu tuttavia Adi Shankaracharya che diffuse e sistematizzò il
concetto di non dualismo come pratica religiosa in un lavoro coerente chiamato
Vivekacūḍāmaṇi, o Il gran gioiello della discriminazione.

L'influsso di Adi Shankaracharya si fece non solo sentire nella meditazione


Advaita, ma anche nella pratica e nella conoscenza Induista. I suoi lavori
principali sono le Brahma Bhashyas, che rappresentano dei commentari alle Vedānta
Sutra e alla Bhagavad Gita realizzate nello sforzo continuo di ricerca dello stato
non-duale, ed infine il trattato sull'Advaita, il Vivekacūḍāmaṇi. Inoltre questo
maestro è più conosciuto come l'iniziatore della Bhakti o devozione altruistica,
che nel sistema filosofico Advaita si può realizzare soprattutto mediante i bhajan,
o canti devozionali, i più famosi dei quali sono il Bhaja Govindam, il
Soundaryalahari e Sivanandalhari.
Maestro di meditazione

I trattati sulle Upaniṣad, la Bhagavad Gita e i Vedānta Sutra, sono i testamenti di


una mente acuta e intuitiva che non ammetteva dogmi; Adi Shankara affermava che un
devoto, solo attraverso l'altruismo disinteressato e l'amore, governati dalla
discriminazione (viveka) sia in grado di andare verso la liberazione (moksha) e di
realizzare il Sé interiore, mentre il solo discernimento e l'astratto
filosofeggiare non avrebbero portato a nessun risultato.

L'accusa secondo la quale questa filosofia sia stata influenzata dal Buddhismo era
infondata, dato che Shankara si oppose con veemenza alla negazione dell'essere
Īśvara, affermando che il non-manifesto Brahman manifestava sé stesso come Īśvara,
l'amante, l'essere perfetto, il divino, identificato poi come Vishnu o Shiva o
qualunque cosa dettasse il cuore. Shankara inoltre sosteneva di aver viaggiato
attraverso l'India, da sud a nord fino al Kashmir, pregando per la popolazione
locale, dibattendo di filosofia con monaci e scolari, apparentemente con successo,
anche se non esiste documentazione in proposito.

La filosofia che proponeva Shankara era potente, in grado di risvegliare il monismo


mistico dormiente dell'allievo, attraverso la conoscenza e la consapevolezza intima
dell'esistenza. Inoltre affermava che, sia l'universo fenomenico, sia la nostra
coscienza, sia il corpo, che le nostre esperienze, sono realtà illusoria anche se
questo non significava negarle. In realtà la Verità Ultima era rappresentata da
Brahman, situato al di là del tempo, dello spazio, al di là della causa e
dell'effetto. Brahman è immanente e trascendente, non solo come concetto
panteistico e pur essendo Brahman la causa materiale del cosmo, esso non è limitato
dalla sua proiezione, ma trascende la dualità e gli opposti, soprattutto nella
forma e nell'essere, essendo la sua natura intima incomprensibile dalla mente
umana.

Il compito supremo dell'essere umano è quello di penetrare il velo illusorio della


realtà (Maya) per rivelare la vera natura, che non è perenne cambiamento tra vita e
morte, ma perfezione assoluta e gioia eterna. Se noi conoscessimo i veri motivi che
stanno dietro le nostre azioni e i nostri pensieri, diverremmo consapevoli della
fondamentale unità dell'essere. Ma come può una mente limitata comprendere
l'illimitatezza del Sé? In realtà non può, ma tuttavia è in grado di trascendere la
mente e unirsi all'Assoluto.
Macrocosmo e Microcosmo

La filosofia Advaita considera la natura e tutto il fenomeno dell'universo come una


sovrapposizione che vela il suo immutevole, trascendente e intelligente Substrato.

L'universo è in continuo divenire, è incostante ed impermanente, mentre l'Assoluto


che è il substrato che lo sottende, non diviene, è costante e permanente. Secondo
la sapienza upaniṣadica, l'errore di considerare reale ciò che è solo una
sovrapposizione al Reale è simile allo scambiare la corda per il serpente, è
l'illusione (Maya) determinata dall'ignoranza metafisica (avidya) da cui deriva il
dolore dell'essere umano.

Nella Tradizione Vedānta, questa illusoria percezione del divenire è attribuita


all'identificazione con le forme manifeste che rende inconsapevoli e separati dal
Reale e dalla sua serena immutabile stabilità.

Tale identificazione, producendo l'illusione del mondo relativo, rende l'essere


umano come il prigioniero della caverna del mito platonico, lontano dalla luce e
immerso nelle ombre mutevoli ed ottenebranti di una pseudo realtà, separato dal suo
Principio. Obiettivo dell'Advaita Vedānta è la disidentificazione dal relativo e la
realizzazione dell'Assoluto. Questa Realtà sottesa ad ogni aspetto del mondo delle
forme è, a livello microcosmico, l'Ātman o Sé individuale.

Da un punto di vista macrocosmico, invece, abbiamo una triade:

Virat rappresenta la totalità degli esseri animati oggettivi, compreso il corpo


umano.
Hiranyagarbha, la totalità delle anime manifestate, comprende il mentale
cosmico.
Īśvara è il Dio personale universale e comprende la manifestazione intera,
l'aspetto grossolano come quello causale, l'individuale e l'universale. Da questo
punto di vista il jīva è un momento coscienziale di Īśvara che è il Jiva
universale.

Di là da queste triplicità esiste il sostrato di tutto chiamato Brahman.


Saguna Brahman e Nirguna Brahman

Un altro argomento di discussione nei Veda è se la realtà di Brahman sia "saguna"


(con attributi) o "nirguna" (senza attributi). La fede nel concetto di Saguna
Brahman portava ad una sviluppo delle facoltà devozionali e a una diffusa devozione
per Vishnu e Shiva. Tuttavia dobbiamo ricordare che l'Advaita Vedānta non nega
Saguna Brahman. In realtà, Shankara consigliava l'adorazione di Dio nella sua forma
più pura e autentica, e lo affermava in diversi lavori nei quali disapprovava
l'utilizzo dell'intelletto e della ragione, affermando che solo attraverso
l'apertura del cuore si sarebbe trovato l'amore del Signore.

Advaita Vedānta è comunemente scambiata come una filosofia intellettuale, data la


sua funzionale praticità, nel quale un insegnamento è in grado di "forgiare" il
corpo e la mente in puro stato dell'essere.

Sia Saguna Brahman che Nirguna Brahman sono comunque forme valide; dalla Coscienza
Assoluta deriva sia il principio divino che la creazione. Nirguna Brahman (senza
attributi) è la radice metafisica del Saguna Brahman (con attributi), così come lo
Zero lo è dell'Uno. Quel Supremo Principio è inclusivo di tutti gli attributi degli
esseri, e persino di quelli di Dio.

Dal nucleo della vita indifferenziata originano l'Uno ed il molteplice, il creatore


e l'esistenza differenziata. In altre parole, il Principio Divino, i mondi celesti
ed umani che comprendono l'universo, esistono sulla base di tale Assoluto
onnipervadente che li contiene. Nella gerarchia dell'Esistenza, l'Assoluto precede
l'universalità del Divino. Nello Spirito Supremo, Uno ed indivisibile, sono
impliciti come propri riflessi il Padre e la Madre dell'Universo, l'energia vitale
che alimenta le forme e le forme stesse. Questa è la spiegazione filosofica e
metafisica del mistero dell'esistenza e dà misura della non-dualità della vita e
dell'inscindibilità di tutte le sue dimensioni. In questa cosmogonia sacra, lo
Spirito Assoluto, Dio, l'universo, il Sé dell'essere umano appaiono come un
continuum, come parti di un sistema unitario dove ogni aspetto non può essere
scisso o compreso senza l'altro.

Può darsi che l'Advaita sia stato insegnato meglio a partire dal XIX secolo da Shri
Ramakrishna. Questo maestro ha paragonato l'infinito senza forma Nirguna Brahman ad
un vasto oceano che, attraverso la fresca brezza dell'amore devoto, condensa la
forma nella manifestazione. Ma poi, attraverso il calore della conoscenza del sole,
il ghiaccio si dovrebbe sciogliere e il devoto realizzare sé stesso in una
indifferenziata e perfetta beatitudine.

La scuola Vishistadvaita e Dvaita credono nel Saguna Brahman, ossia in un Dio con
attributi. Entrambe come l'Advaita sono scuole monistiche e panteistiche, ma
differiscono nella definizione dell'ultima forma di Dio.

È bene tenere a mente che quando si parla del Brahman si allude al Nirguna Brahman
altrimenti noto come Parabrahman, Sat-Cit-Ananda, Uno senza secondo, Zero senza
attributi, etc.

Quando invece si parla di Brahma si intende il Saguna Brahman, ovvero Īśvara: l'Uno
qualificato, con attributi.
Alcuni insegnamenti dell'Advaita Vedānta

Vi sono altri testi, molto conosciuti, che hanno influenzato la scuola Vedānta
l'Ashtavakra Gita e l'Avadhuta Gita, scritti inizialmente da Ashtavakra e più tardi
da Dattatreya.

Il venticinquesimo verso dell'Avadhuta Gita dice:

Da tale sentenza "ciò che tu sei", il nostro Sé si afferma. Di ciò che è falso e
composto di cinque elementi – le Sruti, le scritture dicono, "non questo, non
quello, ( Neti, Neti )".

Questo è un potente e coerente riassunto del sentiero dello Jñāna Yoga, di viveka o
discriminazione. Eliminando la prospettiva di maya o dell'illusione, del mondo
finito, discriminando tra ciò che è Brahman e ciò che non lo è, si giunge alla
Verità. Brahman non è il corpo, non è la mente. Attraverso questo processo,
l'aspirante o yogi, "presto" realizza che Brahman è il tutto, infinito Satcitananda
(Assoluta Verità-Consapevolezza-Perfetta Beatitudine), e ottiene la moksha, la
liberazione.
L'impatto dell'Advaita

La filosofia dell'Advaita Vedānta ha avuto una straordinario impatto sulla dottrina


tantrica e ha fornito un valido appoggio alle considerazione del Sé ultimo
sviluppate dagli Yogi, come Brahman, Ātman, l'essere Uno.

L'Advaita ha rinnovato il pensiero Indù stimolando il dibattito sul Vishista


Advaita, o non dualismo qualificato, e del Dvaita, o dualismo. Grazie all'Advaita
la filosofia indù/Vedica ha avuto un forte impulso, il cui seme può essere
riconosciuto nell'espressione: La Verità è Una, tuttavia il saggio la osserva come
una moltitudine.
L'Advaita e la scienza

Diversi seguaci dell'Advaita ritengono che questa filosofia potrebbe rappresentare


un punto di incontro tra la scienza e il mondo spirituale. Per giustificare questa
ipotesi, essi fanno riferimento alle relazioni tra la massa, la frequenza e
l'energia stabilite dalla fisica del XX secolo. Credono che queste relazioni,
formalizzate in equazioni da Planck e Einstein, suggeriscano che tutta la struttura
di questo Universo appaia come un'Unità che esibisca sé stessa come una moltitudine
(energia, massa, onde eccetera) e che questo sia coerente con la visione Advaita in
cui ogni cosa esiste ma è il risultato della manifestazione dell'"Unità", che è
onnipresente, onnisciente e onnipotente. Inoltre correlano le onde materiali di De
Broglie della meccanica ondulatoria al mantra Aum della dottrina indù.
Fondatori e testi chiave

Adi Shankaracharya - scrive Viveka Chudamani, il Vedānta Sutra Bhashya


(commenti su Vedānta Sutra) e Bhagavad Gita Bhashya.
Upaniṣad
Vedānta Sutra
Veda
Bhagavad Gita

I maestri più recenti

Shri Ramakrishna - fu il primo moderno sostenitore dell'Advaita; il suo primo


libro fu: "Il Vangelo di Shri Ramakrishna" (Shri Ramarkrishna Katjamrita), fu
scritto da un devoto testimone 'M'. Documenta i suoi ultimi anni di vita e le
conversazioni con i discepoli e devoti, e serve come chiave di riferimento per gli
insegnamenti filosofici.
Vivekananda - discepolo di Shri Ramakrishna – scrisse libri su quattro tecniche
Yoga Indù: Bhakti Yoga, Jñāna Yoga, Karma Yoga e Raja Yoga. Vedi anche il "Lavoro
completo di Swami Vivekananda".

Shri Shirdi Sai Baba - Un filosofo mistico del Maharashtra, seguito devotamente
sia da Indù, che Musulmani che mescolano l'Induismo Veda con il Sufismo Islamico.

Shri Ramana Maharshi, un saggio silenzioso del sud dell'India che ha


intensamente seguito la realizzazione della filosofia non duale.

H.W.L. Poonja, 1910 - 1997, devoto discepolo di Shri Ramana Maharshi, ebbe
molti contatti con il mondo occidentale

Nisargadatta Maharaj, 1897 - 1981

Karl Renz, pittore e musicista tedesco che ha avuto un'esperienza molto simile
a quella di Ramana Maharshi

Swami Tapovan Maharaj, - Il guru di Swami Chinmayananda che risiede a


Uttarkashi.

Swami Dayananda Saraswati - un Advaita contemporaneo fondatore della Hindu


Dharma Acharya Sabha, divenuta il massimo organismo rappresentativo dell'Induismo
in India.

Swami Chinmayananda

Sathya Sai Baba – il cui insegnamento universale di unità delle religioni


influì sia sulla filosofia Indù, che sulla conoscenza di altri credi religiosi.

Dattatreya

Ashtawakra

Mooji

Advaita. Teoria e pratica.

di
Dr Godavarisha Mishra

Introduzione

La parola "Advaita" si riferisce ad un sistema di pensiero Vedantico che concepisce


una Realtà Ultima non-duale. Sebbene Shankaracarya, vissuto alla fine del 7°
secolo, sia il principale esponente di questo sistema, non è stato il primo a
proporre questo pensiero.

Il Vedanta rappresenta una parte fondamentale dei Veda e come indica il nome,
significa l’ultima parte dei Veda. I Veda sono divisi in quattro parti: Samhita,
Brahmana, Aranyaka, e Upanisad. L’ultima parte chiamata Upanisad è conosciuta anche
come Vedanta. Comunque non tutte le Upanisad sono state scritte nello stesso
periodo dal momento che alcune di esse riguardano la parte Aranyaka come la
Taittiriya, mentre altre la parte dei Brahmana come la Brhadaranyaka.
I Veda consistono di due parti; la prima è conosciuta come Karmakanda e la seconda
come Jnanakanda.

Il Jnanakanda è chiamato tradizionalmente Vedanta, ed è considerato la sorgente del


pensiero Vedanta. Esistono diverse scuole di Vedanta. Perché sono così numerose? La
risposta a questa domanda è che, attraverso esegesi testuali, la realtà è concepita
in modi molteplici da i vari eminenti maestri (acaryas). Tutte le scuole Vedantiche
concordano sul fatto che Brahman è la realtà suprema. Esse accettano anche i Veda
come la sorgente della conoscenza del Brahman ma sono discordi nella loro
concezione della natura dell’ultima realtà delineata nei Veda. Se i Veda contengono
un gran numero di asserzioni sulla non-dualità o non-differenza, essi contengono
anche un considerevole numero di affermazioni che sembrano asserire l’esistenza
della dualità. Il primo tipo di asserzioni è conosciuto come abheda-sruti e il
secondo come bheda-sruti. Tra i Vedantini, quelli che danno maggior importanza
all’abheda-sruti sono gli Advaitin, e Shankara appartiene a questo gruppo. Gli
Advaitin interpretano i passaggi della bheda-sruti in modo da soddisfare il loro
concetto di realtà. Per gli Advaitin, il significato principale dei Veda risiede
solo nei passaggi dell’abheda-sruti. Per la scuola dualistica di Madhva, avviene il
contrario. Quest’ultima afferma che il significato più importante dei Veda risiede
nella descrizione della diversità, (bheda). Nella sua visione i passaggi abheda
sono secondari (gauna) e servono a mostrare la suprema qualità e la natura
indipendente di Dio, Vishnu. Solo Dio è indipendente (svatantra) e tutto il resto,
rappresentato da mondo e anime, è dipendente (paratantra) ed è solo così che assume
significato.

Un altro influente interprete dei testi del Vedanta è Ramanuja. Egli si distingue
sia da Shankara che da Madhva sostenendo che entrambi le scritture bheda e abheda
sono ugualmente significative. La sua interpretazione è conosciuta come bheda-
abheda perché tenta di conciliare tutti i passaggi della Sruti. Per Ramanuja il
Karmakanda è altrettanto importante che il Jnanakanda poiché formano un solo
testo, (aikyashastra), quindi il Jnanakanda non ha alcuna superiorità sul
Karmakanda come asseriscono Shankara ed altri Advaitin. Storicamente l’avvento di
Ramanuja precede quello di Madhva. Le posizioni esegetiche del primo, che
conferiscono un ugual peso ad entrambi le visioni, divennero comprensibilmente
inaccettabili per Madhva, teista radicale.

Ramanuja sostiene che Dio è differente dalle anime e dal mondo, anche se essi
rappresentano il suo corpo (sarirasariribhava). Madhva apprezza il concetto di
differenza proposta da Ramanuja ma lo ritiene un compromesso con la scuola
Advaitia. Per Madhva la differenza deve essere totale, ed è su questo piano che
egli presenta l’idea di una differenza su cinque livelli (pancabheda). Mentre la
tradizione di Madhva non ebbe mai un gran seguito, in quanto seguiva la tradizione
di Nathamuni e Yamuna, gli scritti di Ramanuja divennero il solido fondamento per
tutte le scuole teistiche della tradizione Vaishnava, che si moltiplicarono
successivamente.

Dottrina di base dell’ Advaita Vedanta

Il principio basilare dell’Advaita Vedanta è che non esiste altro che la suprema
realtà non duale che è senza qualità o caratteristiche. Questa concezione di base
della realtà causò la resistenza di Ramanuja: egli non accettava il concetto che si
possa contemplare una realtà libera da distinzioni. Secondo lui non ci può essere
alcun interesse nei confronti di qualcosa che è privo di caratteristiche. Così,
affermare la realtà di qualcosa privo di attributi o qualità, è una contraddizione
in termini.

Un altro importante concetto dell’ Advaita Vedanta è quello di maya, che è identica
all’ avidya.
Maya è responsabile dell’apparenza di Brahman come Dio, come anima individuale e
come mondo.

I seguaci di Ramanuja non ammettono l’esistenza di maya. Per essi il concetto di


maya è uno pseudo concetto del tutto privo di concretezza. Nel suo Mahapurvapaksha,
Ramanuja elenca sei obiezioni al concetto Advaita di maya, e nel periodo
Visishtadvaita post-Ramanuja, queste obiezioni aumentarono. Un terzo punto
importante dell’Advaita è che lo stato di Dio e dell’anima sono illusori, mentre
l’essenziale natura di entrambi è reale. Ramanuja e i Vaishnava non accettano che
essi possano essere illusori.

Un quarto concetto di base è quello che il mondo è sovrapposto a Brahman attraverso


maya e che esso è né reale né non-reale ma indeterminabile (anirvacaniya). Per i
pensatori Vaishnava il mondo è reale. Un quinto aspetto distintivo dell’Advaita
Vedanta è che la diretta conoscenza della vera natura dell’anima individuale in
quanto Brahman, è il solo mezzo per ottenere la liberazione. Al contrario i
pensatori Vaishnava sostengono che con la sola conoscenza non si può ottenere la
liberazione; se la conoscenza è necessaria, non è però sufficiente. La Conoscenza
rimane incompleta in assenza di azione e devozione (karma e bhakti). Shankara
afferma che il karma e la bhakti sono mezzi inferiori per quanto riguarda la
liberazione e che soltanto la Conoscenza è il diretto canale per la liberazione.

Il sesto principio dell’Advaita Vedanta è che la liberazione può essere ottenuta


proprio adesso, proprio qui. Gli Advaitin credono in due forme di liberazione, in
questa vita (Jivanmukti) e dopo la morte (Videhamukti). Al contrario le scuole
Vaishnava accettano soltanto la Videhamukti.

Lo studio di Dio (Isvara), dell’anima (jivas) e del mondo (jagat), è comune a tutte
le scuole vedantiche. Le scuole teistiche considerano queste tre categorie come
realtà separate.

L’Advaita postula che esse sono la manifestazione di Brahman, che è pura coscienza
non-duale. La Maya, sostengono gli Advaitin, nasconde la vera natura di Brahman e
proietta il mondo, l’anima e Dio. Dio e le anime sono entità complesse costituite
da un elemento senziente chiamato consapevolezza e di un elemento non senziente
chiamato maya-avidya. L’essenziale natura di Dio è l’elemento senziente, coscienza,
che è conosciuto come Brahman; quello del jiva è conosciuto come Atman. Il punto
importante è che, sebbene lo stato di essere Dio o anima sia illusorio, la loro
essenziale natura è reale. Al contrario il mondo non ha realtà indipendente ed è
una semplice apparenza di Brahman attraverso maya come una corda che sembra un
serpente a causa dell’ignoranza. Nell’Advaita, Dio è sempre consapevole della
essenziale qualità come Brahman ed è pertanto sempre libero. Il jiva, che
erroneamente identifica sé stesso con la mente, il corpo e gli organi di senso,
ignora la sua natura essenziale e pertanto va incontro a trasmigrazione. Gli
Advaitin affermano che il jiva è una identificazione errata, un prodotto
dell’ignoranza, che può essere rimosso dall’esatta conoscenza che la sua reale
natura è solo il Brahman.

Da questa discussione si può vedere che il termine "Advaita" indica il Brahman che
è privo di dualità e si riferisce anche alla scuola Vedantica che sostiene la non-
dualità della realtà. Vorrei ora parlare di una tradizione Advaita o Advaya che era
presente nel subcontinente Indiano molto prima dell’avvento dell’Acarya Shankara.
L’autore dell’Amarakosa si riferisce al Buddha come Advayavadin, ed uno studio
approfondito delle Mandukyakarika rivela una notevole influenza Buddista nella
formulazione da parte di Gaudapada del Vedanta non duale. Nel suo commentario della
Mandukyakarika, Shankara stesso non è molto critico nei confronti degli
insegnamenti del Buddha. Comunque le sue critiche sono più pungenti nel suo
commentario del Tarkapada in cui afferma che il Buddha portava avanti una tesi con
vedute contraddittorie. Sebbene Shankara non sembri concordare con l’insegnamento
del Buddha, questi deve aver avuto una qualche influenza sul suo pensiero. D’altra
parte, analizzando il pensiero del Buddha, troviamo che anche lui è stato molto
influenzato dalle Upanisad, anche se critica fortemente l’autorità dei Veda.
Secondo la mia opinione, il desiderio del Buddha era quello di eliminare la parte
dei Veda riferita al karmakanda e con esso i privilegi della casta dei Brahmini,
dominante durante quel periodo. A parte questo, il suo insegnamento può facilmente
essere riportato alle Upanisad. Infatti Gaudapada ipotizzò l’esistenza di una
distinta ideologia Buddhista esistente all’interno delle Upanisad, e cercò una
riconciliazione tra le Upanisad ed il Buddhismo.

Dopo Gaudapada fu l’Acarya Shankara che tentò di ricodificare l’Advaita con l’aiuto
della logica e delle scritture. Egli affermò che il Buddhismo si oppone sia alle
scritture che alla ragione ed è pertanto inattendibile come schema soteriologico.
Nel suo commentario del primo verso del quarto capitolo della Mandukyakarika,
Shankara interpreta il termine dvipadam varam come Vishnu sebbene, osservando il
contesto, sarebbe stato più appropriato definirlo come Buddha. Vale la pena di
ricordare che la dottrina di maya era prevalente nel periodo pre-Gaudapada.
Sadyojyotis, uno studioso dello shivaismo del Kashmir, critica questa dottrina
senza menzionare una sola volta Gaudapada o Shankara. Forse questa dottrina è
evidente nelle stesse Upanisad. Questo è sicuramente il punto di vista di Shankara
riguardo a tutti i dogmi menzionati sopra. La tradizione di Shankara è Upanisadica
come egli ci ricorda molte volte nel suo Bhasya: "Asmakam tu aupanisadam darsanam."

Nel suo Mandukyakarika Bhasya, Shankara descrive il termine Advaita come "advaitam
caturtham manyante sa atma sa vijneyah." Nel suo Siddhantabindu, Madhusudana
Sarasvati definisce l’Advaita come "nasti dvaitam yatra." Egli ritiene che per
controbattere i Madhyamika che parlano di una entità non-dualistica chiamata
"shunya," [vuoto] è necessario usare "yatra" per chiarire che il Brahman è libero
da dualità. Come già detto, Madhyamika parla di shunya come realtà non duale
poiché in tale sistema non c’è necessità di alcun substrato. Nell’Advaita Vedanta,
la definizione di non-dualità è sensibilmente diverso giacchè la parola "yatra"
indica il concetto di Brahman. Il semplice uso di parole come "eka" o "aikya" non
bastano ad indicare il non-dualismo Vedantico dal momento che un numero di scuole
Vaishnavava parla della suprema realtà come eka, essendo Vishnu la sola realtà.
Pertanto la parola Advaita sembra essere più appropriata per un puro sistema non-
duale che non accetta alcuna dualità nella sua comprensione dell’Ultima Realtà.

Infatti, entrambe le tradizioni Advaita e Visishtadvaita operano nella dualità e


nella non dualità.

Esse sono duali e non-duali allo stesso tempo, con differenze che sorgono
dall’enfasi posta da parte degli acaryas. Anche Shankara deve combattere col mondo
della dualità almeno per evidenziare l’importanza dell’insegnamento Vedantico. Non
è certo per i jivanmukta che Shankara scrisse i suoi commentari, ma per il bene
delle persone che sono ancora nel mondo della dualità e cercano ancora la
liberazione. E’ solo per loro che l’intera tradizione assume significato. Per certi
aspetti anche la tradizione Visishtadvaita è non dualistica dal momento che
accetta Vishnu come realtà suprema. Il punto cruciale tra la tradizione Advaita e
Visishtadvaita è quello dell’accettazione o meno della dottrina di maya. Il famoso
maestro Vaishnava Caitanya, non vuole entrare nella questione e rifiuta del tutto
di stigmatizzare la Realtà. Per lui la suprema realtà è oltre il pensiero
(acintya). Così osserviamo che queste due scuole del Vedanta includono entrambe
dimensioni duali e non-duali nel loro sistema filosofico. Naturalmente sarebbe
ingenuo pensare che entrambi insegnino la stessa cosa, giacché le loro posizioni
filosofiche finali non possono facilmente coesistere.

Darshana Advaita

‘Drs,’ la radice della parola darshana, significa “vedere”. Nella tradizione


Advaita, implica la diretta realizzazione della realtà o Brahman (prameya), libero
da ogni ostacolo (Darshanam nama pratibandharahitam pratyaksajnanam). Il Darshana è
senza dubbio libero da errore e indipendente da ogni interferenza (samsaya rahitam,
viparyayarahitam anumanaanapeksam jnanam). Il Darshana inoltre che riguarda la
diretta conoscenza del proprio sè è il Brahman. Il concetto di darshana include il
sistema filosofico attraverso il quale tale conoscenza viene trasmessa per es.
metodi pedagogici, interpretazioni, ragionamenti, etc. A causa della sua enfasi
sulla Conoscenza, l’epistemologia è particolarmente importante nella filosofia
dell’Advaita Vedanta. Veramente gli Advaitin, sebbene ciò possa essere detto per la
maggior parte dei pensatori indiani, ritengono che l’accertamento di un prameya, un
oggetto di conoscenza, dipende totalmente dallo strumento di conoscenza utilizzato.

Secondo l’Advaita Vedanta, il più importante prameya da conoscere corrisponde al


più alto oggetto desiderabile dall’uomo (purushartha), che è Brahman. Secondo il
pensiero Indiano la vita, considerata in tutti i suoi aspetti, dovrebbe tendere
verso il raggiungimento del più alto scopo dell’uomo, che è la liberazione. Così il
darshana Advaita è orientato ai valori più alti e fin dai suoi inizi ha stabilito
con successo una relazione tra valori ed azioni. Tra i valori che esso riconosce,
come dharma, artha, kama and moksha, i primi tre hanno un valore estrinseco,
essendo strumentali alla moksha, che è il solo valore intrinseco. Moksha o
liberazione ha un valore assoluto perché si identifica con la pura esistenza (sat),
coscienza (cit), e beatitudine (ananda).

Gli Advaitin sono inflessibili sul fatto che questa è la rivelazione Upanisadica
(Sruti) che ha come solo scopo la conoscenza di Brahman, che culmina nella
liberazione. Se la Sruti è sacra in quanto conduce alla liberazione, la sua
autorità non è inflessibile nel senso che non vincola perennemente gli uomini.
Certamente la Sruti cessa di vincolare colui che ha raggiunto lo stato di Brahman.
Una volta che la verità è svelata, dice l’Upanisad, i Veda divengono non-Veda
(Manadhina meyasiddhih yatra vedah avedah bhavanti). Una volta che si è ottenuta la
consapevolezza, non esiste religione al mondo la cui rivelazione cancelli tale
autorità.

Dal momento che nell’Advaita Vedanta l’intero mondo è sostanzialmente falso


(jagatmithya), la Sruti come insegnamento è a sua volta falso. Ma la Sruti mantiene
comunque la capacità di definire ciò che è falso. Nessuno sostiene che la parola
“acqua” non possa infatti indicare la sostanza “acqua”. La Sruti può svolgere un
compito simile, con l’evidente differenza che l’oggetto cui si riferisce non è
esperibile dai sensi. Quando un oggetto giace all’interno della sfera dei sensi,
una volta che è stato conosciuto, le parole che hanno condotto alla sua conoscenza
hanno perduto la loro utilità. E’ in tal senso che la Sruti dichiara che, con la
comparsa della Conoscenza, i Veda divengono Aveda.

Si ritiene comunemente che Shankara sia il primo esponente dell’Advaita. Ciò è


assolutamente falso dal momento che, come già detto, Gaudapada era stato un
autorevole esponente della tradizione Advaita. Inoltre anche alcune delle Upanisad
più antiche elencano i nomi degli esponenti tradizionali del Vedanta. Si dice che
il signore Narayana sia stato il primo istruttore di Brahma-vidya. Brahma era suo
discepolo. A sua volta Brahma insegnò questa sapienza a suo figlio Vasistha.
Successivamente questa conoscenza fu trasmessa a Sakti, Parasara, Vyasa, e Suka, in
un passaggio di padre in figlio. Non essendo sposato, Suka trasmise la Brahma-vidya
al suo discepolo Gaudapada. Shankara ricevette questa conoscenza tradizionale di
Brahman da Gaudapada. I principali contributi letterali di Shankara sono stati i
suoi commentari delle principali Upanisad, del Brahmasutra, e della Bhagavadgita.
E’ difficile conoscere con certezza tutto quel che riguarda la vita ed il lavoro di
Shankara in quanto non esistono fonti biografiche attendibili su di lui. Le varie
biografie disponibili sono in massima parte poco più che racconti leggendari. E
neanche è possibile accertare le date sulla vita di Shankara dalla letteratura
disponibile presso i suoi mathas.
Eppure, cercando di comprendere la vita di Shankara e il suo pensiero, non dobbiamo
isolarlo dalla sua epoca. La figura storica di Shankara non è separabile dalla
società nella quale visse ed i suoi lavori possono essere compresi soltanto in
riferimento ai movimenti religiosi e culturali dell’India del 7°, 8° secolo. E’ in
tale periodo che il Buddhismo iniziò rapidamente il suo declino ed iniziò ad
affermarsi la religione Smarta-pauranika.

Bhakti e Tantra, logica astratta e polemiche metafisiche, nuove vie di devozione e


codici sociali si svilupparono poco a poco. Ed è contro tale ambiente che Shankara
presentò, in maniera inimitabile, la perenne filosofia Advaita di cui egli era il
massimo esponente. I suoi scritti divennero l’autorevole interpretazione non-duale
del Vedanta. Shankara non ha mai sostenuto che l’ Advaita Vedanta fosse adatto ad
un insegnamento diffuso. Cercò di chiarire gli insegnamenti del Vedanta attraverso
speculazioni sui concetti cruciali quali pravrtti dharma e nivrtti dharma, Nirguna
Brahman e Saguna Brahman, vyavahara and paramartha, etc. Ebbe anche il merito,
secondo la mia opinione, di armonizzare jnana, karma, e bhakti, temi scottanti in
quel tempo. I suoi scritti permettono la coesistenza della fede con la ragione e
con l’esperienza spirituale. Infatti la dottrina dell’identità tra il sè ed il
Brahman necessita di fede nella Sruti, di opere in accordo con la Sruti, e di
esperienza personale. Shankara utilizza una varietà di processi ermeneutici per
interpretare la Sruti e per spazzare via i pregiudizi filosofici dell’aspirante in
maniera da rendere possibile l’esperienza di Brahman. L’analisi del fenomeno di
autoconoscenza è forse il più importante di tutti i processi utilizzati nei suoi
scritti. A tale riguardo egli utilizza due principi di base: a) che il soggetto non
può mai diventare oggetto e b) che il Reale non può mai essere negato.

E’ su tali principi assiomatici che egli parla della coscienza empirica e


dell’esistenza come falsa o illusoria, essendo la Pura Coscienza presente in tutti
gli esseri, la sola realtà che è stata, è e sarà.

http://www.ocvhs.com/

Epistemologia Advaita [parte I]

di
Dr Godavarisha Mishra

Introduzione

Un importante e comune assioma della Filosofia Indiana è che uno specifico oggetto
di conoscenza empirica o altra, è determinato da un definito processo di
consapevolezza.

Tutti gli oggetti di conoscenza possono essere inclusi all’interno dell’individuo


(jiva), il mondo (jagat) e Dio (Isvara). Dato che gli oggetti conosciuti
corrispondono ai mezzi attraverso cui andiamo a conoscerli, mezzi che sono sotto il
comando diretto della mente, la conoscenza necessita un esame della mente prima di
quello di un oggetto specifico.

Gli strumenti epistemologici sono designati a determinare la natura e lo stato


degli oggetti tanto quanto le realtà metafisiche. Nella Filosofia Indiana, il
termine tecnico usato in questo contesto è pramana, che significa, mezzi o fonti di
conoscenza. Il termine generico per epistemologia in Sanskrito è pramana-vicara.

Perchè cominceremo con pramana-vicara? Domandandoci come conseguire la via della


conoscenza è necessario prima di investigare cercare di determinare la natura degli
oggetti e dei fenomeni. Ciò viene fatto per far riconoscere i mezzi di conoscenza o
pramana. La richiesta di conoscenza deve essere sostenuta dalla fonte, che è
pramana.

Il Mimamsaka, afferma che l’esistenza del cielo (svarga) è basata sulla fonte della
rivelazione Vedica (Sruti-pramana). L’affermazione della presenza di un fuoco sulla
cima della montagna, dove si vede solo il fumo, è basata sulla fonte di inferenza
(anumana-pramana). Infatti, ogni affermazione di sapere deve essere fondata in un
pramana. La conoscenza ottenuta attraverso un pramana è chiamata prama.Il termine
jnana, (conoscenza) è stato spesso coniato con lo stesso significato di prama. In
poche parole, jnana indica conoscenza e non sempre significa –come nel caso di
prama - retta conoscenza. Se prama si riferisce sempre ad una retta conoscenza,
jnana no.

Quest’ultima può esprimere valida, non valida, o dubbia conoscenza (samsaya jnana,
asamsaya-jnana viparyaya-jnana). Il numero dei pramanas variano da scuola a scuola.
Per la scuola materialista (Carvaka), la percezione (pratyaksa) è il solo principio
di conoscenza accettato. Le scuole Buddiste e Vaishesika accettano due pramanas,
percezione e deduzione. Le tradizioni della Samkhya e dello Yoga accettano questi
ultimi due pramanas solo come testimoni (sabda). La scuola Nyaya accetta questi
ultimi tre e anche l’analogia (upamana). Nella tradizione Purvamimamsa, io maestro
Prabhakara accetta i quattro pramanas sopra citati e aggiunge l’ipotesi
(arthapatti).

Il maestro Bhatta accetta un sesto pramana chiamato non-percezione (anupalabdhi).

La scuola di pensiero Advaita accetta anche questi sei pramanas ma soltanto dal
punto di vista della realtà empirica (vyayahare bhattanayah). Le scuole
Vishistadvaita e Dvaita del Vedanta accettano tre pramanas, i.e., percezione,
inferenza e testimonianza, includendo gli ultimi testi della Sruti e Smrti).

Ognuna delle scuole indicate qui di seguito discutono, a grandi linee, la ragione
per la quale accettano o rinnegano alcuni significati della conoscenza. I mezzi
interpretativi e di ragionamento che le scuole Mimamsa e Nyaya forniscono
rispettivamente sono particolarmente rilevanti per lo studio delle scritture e
quindi importanti per tutte le scuole Vedanta.

Nell’interpretare i testi bisogna considerare la legge della parsimonia, vale a


dire, l’economia nell’uso delle parole. Se violata, può portare a errori
interpretativi (doshas) detti laghva (troppo stretto) o gaurava. [1]

Differenti definizioni di prama:

1. nel Buddismo - prama corrisponde alla teoria pragmatica occidentale della


verità/conoscenza, ativyapti, avyapti asambhava-rahitatvam laksana-laksanam.

2. Nel Nyaya - prama è in corrispondenza parallela con la teoria della verità.

3. Nello Samkhya- prama è relazionata alla coerenza della teoria della verità.

4. In Advaita – nessuna delle precedenti.

Nella visione Buddista - La vera attività di cognizione è quella che porta alla
conoscenza (arthakriyakaritvam). Questa visione è presente nella teoria pragmantica
di William James. Questa visione è imperfetta in quanto la cognizione che porta ad
una attività di successo potrebbe rivelarsi falsa. Per esempio, tutti percepiamo
erroneamente il sole come sorgere e quindi iniziare ad agire. Ogni caso di attività
riuscita non è quindi legata ad una vera cognizione.
Visione Nyaya – più o meno, Nyaya vede la conoscenza in un modo che suggerisce
corrispondenza con la teoria della verità.[2]

La vera cognizione è quella per cui un oggetto dato è percepito come tale nel posto
che realmente occupa (yatra yadasti, tatra tasya anubhavah prama). In Occidente, i
filosofi che credevano alla scuola del realismo avevano anch’essi formulato questa
teoria. Tale formulazione non è priva di difficoltà. Potrebbero esistere reali
corrispondenze tra la conoscenza e gli oggetti? Somiglianza o corrispondenza tra
due oggetti esterni al nostro essere è possibile, anche due idee possono essere
paragonate. Ma come può la conoscenza di un oggetto essere paragonata quando la
conoscenza è solo soggettiva e l’oggetto è solamente oggettivo. Nessun confronto è
possibile tra questi due.

Punto di vista Samkhya – Coerenza della teoria della verità:

La cognizione è vera se è coerente con la cognizione degli altri – dovrebbe esserci


conseguenza tra le cognizioni di un oggetto dato (samvada)- o se è coerente con un
sistema di conoscenza che già si possiede. In quest’ultimo caso, la domanda che ci
si può porre è come possa esserci accordo tra due cose che non sono viste
simultaneamente. Nel caso di una conoscenza coerente con una conoscenza
precedentemente acquisita non c’è garanzia che quest’ultima sia vera. Se a un certo
punto, la conoscenza già acquisita si dovesse rivelare non vera e quindi negata
(badhite sati), quale sarebbe allora il criterio per testare la veridicità della
nuova conoscenza?

A causa di questa imperfezione, l’Advaita postula l’immutabilità (abadhyatvam)—una


cognizione è vera se resta immutata—come unico affidabile criterio per determinare
la vera conoscenza. L’Advaita afferma anche che oltre ad essere abadhyatvam, la
conoscenza deve essere anadhigatatvam, cioè, conoscenza di un nuovo e unico
oggetto. L’esempio più frequente che illustra l’abadhyatvam è il “serpente-corda”.
La percezione del serpente-corda non è reale perché viene sostituita quando viene
coerentemente appreso come una corda. Quando una persona percepisce una corda al
posto di un serpente, pensa "Questo è un serpente”. "Questo" per un attimo assume
la forma di un serpente fino a che la percezione della corda si fa strada. Nel
realizzare che “questo” era e non è altro che una corda, la falsa percezione del
serpente viene definitivamente cancellata. Di fronte a questa erronea percezione
del serpente si scatenano varie reazioni fisiche e psicologiche, come per esempio,
paura, tremore ecc. (bhayakampanadikam). Risultato della corretta cognizione è il
verificarsi di tutte queste reazioni. Queste due cognizioni non possono coesistere,
in quanto l’ultima sostituisce la prima. La successiva cognizione è detta badhaka
jnanam. Vale la pena tenere a mente che sebbene la percezione iniziale si sia
dimostrata essere non vera, il suo vero contenuto (visaya) resta sempre il
serpente. Ciò che viene rimosso e sostituito dalla corretta e finale percezione
della corda, è la falsa idea che fosse un serpente. La cognizione in sé non può
essere rimossa ma lo è il suo essere appresa come qualcosa di altro, di diverso
rispetto a ciò che si era creduto. Così, la rimozione (badhyatva) si applica
solamente ai casi di percezioni erronee. Dal punto di vista della nostra esperienza
ordinaria, comunque, poiché la percezione del mondo resta immutata, si potrebbe
arguire che nel mondo della pluralità sia vero!

Questa è una falsa asserzione; la cognizione del mondo viene rimossa quando, per
esempio, si percepisce lo stato del sognare. Si deve quindi verificare la
veridicità di questa affermazione per se stessi.

L’Advaita sostiene che la conoscenza ultima della realtà sia un’unica cognizione
non è soggetta ad eliminazione. Poiché permanente ed inalterabile, il suo contenuto
deve essere vero.
Questa conoscenza unica e permanente di cui parlano le scritture, è stata concessa
a coloro che, con mente pura, hanno realizzato e si sono stabiliti in tale livello
di conoscenza. Secondo l’Advaita, il raggiungimento di quest’unica conoscenza è lo
scopo della ricerca degli Upanishadica.

Affermazioni della sostituzione:

-Tutti i casi di percezione erronea, nella veglia e nel sogno. L’esperienza


percettiva in entrambi, sogno e veglia, sono considerati reali durante l’intero
corso di questi stati. La sostituzione accade in uno e nello stesso stato. Il
serpente-corda diventa corda. Qui il serpente-corda, un apparente oggetto
(Pratibhasika-vastu) è sostituito o contraddetto da un valido pramana.

-Tutti i casi di oggetti percepiti nella veglia. Tutti gli oggetti percepiti nello
stato di veglia sono suscettibili di essere sostituiti e sono, per questo, falsi.
Ogni cognizione di questi oggetti di veglia si dimostra essere falsa nel momento
della transizione tra sogno e veglia o tra veglia e sogno, poiché entrambe, la
cognizione e ciò che viene percepito, sono eliminati.

Per gli Advaitins, lo stato di veglia non è considerato uno stato privilegiato. Ciò
non significa che non ci sia differenza tra i falsi fenomeni che capitano solo
nello stato di veglia (miraggi, ecc.) e la falsità di entrambi i contenuti degli
oggetti tanto della veglia quanto del sogno.

Gli oggetti che appartengono al livello della veglia sono chiamati oggetti empirici
(vyavaharika vastus). Sembrano durare più a lungo degli oggetti che appartengono
allo stato del sogno (pratibhasika vastus), eppure sono e restano falsi (mithya)
perché non sono eterni.

Ora, gli Advaitins affermano che il Sé è sempre cosciente e pienamente indipendente


dagli stati e dai contenuti. Il Brhadaranyaka Upanishad ci dice senza ambiguità che
la natura conoscitiva del Sé non si ferma mai. Le ragioni per cui la cognizione di
Sé (Atma-vastu) a differenza della conoscenza degli altri oggetti non può essere
sostituita, sono queste che seguono:

1)- La cognizione del Sé è quella della realtà ultima, espressa in termini di


identità di Brahman e Atman.

2)- La cognizione del Sé avviene attraverso il pramana della Sruti che non ha
autore (apauruseya), ed è libera da errori di omissione e commissione. Per gli
Advaitins, quindi, l’autorità delle Scritture non può essere messa in discussione.
L’Advaita accetta l’eterna validità della cognizione di Sé perché originata dalle
scritture. Tutti gli altri pramanas sono validi dentro la sfera del vyavahara.

La Sruti è il pramana per eccellenza perché costituisce il mezzo per poter


conoscere la sola cosa che valga la pena conoscere, Brahman-Atman.

3)- Se una cosa è soggetta a mutare, deve essere contraddetta da un pramana. La


cognizione del Sé non è contraddetta da nessun altro pramana- na nasyati na vedanam
pravalam manam iksate (Pancadasi)- per cui non può essere mai negata. Tutti i
pramanas diversi dalla Sruti hanno valore per quanto riguarda gli oggetti empirici.

I semplici pramanas non godono di nessuna importanza perché Brahman-Atman non è un


oggetto di cognizione, essendo il vero soggetto dell’essere di ognuno. I pramanas
empirici e la Srutipramana non possono mai contraddirsi gli uni con gli altri
perché i loro referenti sono diversi. La cognizione permanente della Realtà-
Brahman-Atman- è assolutamente reale e viene tecnicamente chiamata paramarthika. Le
cognizioni impermanenti del sogno così come degli oggetti percepiti durante la
veglia ed altri fenomeni sono da ritenersi falsi e sono quindi detti vyavaharika.
[...]

Il processo di cognizione

di
Dr Godavarisha Mishra

Il Meccanismo della Percezione:

Il processo di cognizione, vera o illusoria che sia, ha come suo substrato una
coscienza auto-luminosa (svaprakasa).

E’ attraverso questa coscienza che, in realtà, ogni cosa può essere conosciuta.
L’Advaita evidenzia che la conoscenza empirica include l’uso degli organi di senso.
Ora, qual è la natura e la funzione di questi organi di senso (indriyas) che sono
coinvolti nella conoscenza empirica?

In accordo con i Buddisti, il senso della vista è ritenuto l’organo più importante
ed è considerato come il globo esterno (golaka). I seguaci del Mimamsaka pensano
che il senso della vista si riferisca ad un peculiare potere connesso con il
golaka, che è però interno alla sfera (indriya-akti). L’esistenza di tale potere
viene affermato in base al fatto che le persone con un organo della vista intatto,
non possono non essere capaci di percezione. Esiste un altro punto di vista che
ritiene un indriya come una sostanza sottile localizzata nel globo, pur non essendo
un vero potere. L’Advaita sembra accettare questo punto di vista asserendo che gli
indriya sono sottili (non percepibili) e conoscibili soltanto attraverso
l’intuizione.[1]

Può essere posta la questione sul perché un indriya debba essere considerato una
sostanza materiale sottile.L’Advaita riconosce l’esistenza di cinque elementi
materiali: etere, aria, fuoco, acqua e terra, che si dice siano originati dalle
cinque corrispondenti sostanze sottili. Ogni elemento possiede una speciale qualità
(asadharana-dharma). Quella dell’etere è il suono e quella di aria, fuoco, acqua e
terra sono rispettivamente il tocco, il colore, il sapore e il profumo. Essi sono
tutti inanimati (jada) come pure i loro effetti (karya). Originando dagli elementi
(bhutas), gli organi di senso sono ristretti alle loro qualità (asadharana).In
altre parole il senso dell’udito funziona solo nel campo dei suoni, così come il
senso dell’olfatto opera solo nella sfera degli odori. Quindi ad ognuno corrisponde
un particolare campo operativo. Questo è conosciuto come promana vyavastha. Nessuno
quindi può conoscere alcunché con l’aiuto di un solo indriya. Ogni indriya ha la
capacità di raggiungere il suo oggetto e questo processo viene tecnicamente
definito come prapyakari.

Se gli indrya non hanno bisogno di stabilire un contatto con gli oggetti che
riguardano la loro sfera d’azione, diventa logicamente possibile la percezione di
oggetti che non sono presenti. Questo, comunque, è contraddetto dalle esperienze
ordinarie in cui gli organi di senso stabiliscono un contatto con i loro rispettivi
oggetti.

Mente o Antakarana

Esistono tre diversi punti di vista riguardanti la natura della mente nelle
tradizioni filosofiche indiane. La scuola Nyaya Vaishesika vede la mente come una
sostanza materiale (dravya). La scuola Samkhya sostiene che è una vera entità, una
reale evoluzione della natura (prakrti).

Per la scuola Advaita la mente è materiale ma non reale. Non è una realtà
indipendente. La sola realtà che esiste indipendentemente è il Sé o Brahman.
L’intero mondo è un prodotto di maya che non gode di alcuna indipendenza; per la
sua esistenza dipende interamente da Brahman. Maya ed i suoi effetti sono non reali
nel senso con posseggono realtà autonoma. Dal momento che Maya dipende da Brahman
per la sua esistenza, altrettanto per estensione, avviene per la mente. Ogni
oggetto materiale deve possedere una qualche dimensione e può pertanto essere
classificato in base alla sua taglia. Si distinguono tre categorie: l’infinito
onnipervasivo (vibhu), l’infinitesimale o atomico (anu) e l’intermedio (madhyama).

Antahkarana è un nome comprensivo dei concetti di mente (manas), intelletto


(buddhi) e senso dell’io (ahamkara). In certe tradizioni include anche la funzione
della memoria (citta). Dal momento che la mente è modificabile, va incontro a
cambiamenti (vrttis).

La Katha Upanisad evidenzia l’esistenza della mente

La Nyaya Vaishesika afferma che in assenza della mente nessuna conoscenza è


possibile. Se avviene conoscenza è presente la mente.

La mente è conosciuta direttamente attraverso l’esperienza (anubhava) quindi la


sua esistenza non può essere messa in dubbio.

Nel suo famoso Pancadasi, Vidyaranya afferma che il Sé è l’ultimo presupposto per
ogni cognizione. E’ necessario ma non è direttamente coinvolto nel processo di
cognizione, dal momento che illumina ogni cosa senza sforzo. Nessuna specifica
conoscenza può essere ottenuta dal solo Sé. La conoscenza richiede invece una
intricata coordinazione del Sé, degli organi di senso e della mente. Il Sé non può
conoscere niente dal momento che il processo di conoscenza include i seguenti tre
fattori: il conoscente, l’oggetto conosciuto e l’atto di conoscere. Mancando il Sé,
che è pura consapevolezza, la mente e gli organi di senso non possono dare origine
ad alcuna particolare conoscenza, dal momento che la loro natura è esclusivamente
materiale. Il Sé acquisisce la sua capacità di conoscere grazie agli organi di
senso e alla mente che funzionano come coadiutori (upadhis). La singola conoscenza
è possibile per il Sé soltanto con il contributo della mente e dei sensi. E’
soltanto quando la mente è in stretta vicinanza con il Sé, quando la pura coscienza
la pervade completamente tanto da rendere difficile la differenziazione tra le due,
che si verifica il fenomeno della conoscenza.

L’antahkarana è in grado di riflettere la coscienza così com’è, essendo pervaso da


essa. Tale riflessione è definita cit-pratibhasa o pratibimba. In tale complicato
evento che Vidyaranya definisce relazione (sahaja), il Sé è il “bimba”,
l’originale, il prototipo.

La relazione tra la coscienza e i suoi attributi è falsa. Tale relazione è causata


dall’erronea associazione dell’antahkarana con il Sé che è pura coscienza e
viceversa. L’associazione o identificazione tra due entità di natura differente è
falsa ed in effetti, impossibile. Nell’Advaita questa falsa relazione è chiamata
tecnicamente tadatmya-sambhada. Come risultato di questa relazione, si verifica una
involuzione o caduta della coscienza; dopo di che la coscienza che è una,
indivisibile e priva di relazioni, appare essere limitata dall’organo mentale. Il
Sé si individua come risultato di questa falsa relazione con l’antahkarana, e si
manifesta in forma di IO comunemente definito come EGO. Ancora si deve ricordare
che la commistione della coscienza con l’organo mentale non si può verificare
realmente dal momento che le loro rispettive nature sono totalmente diverse.
Sintetizzando questa discussione, la coscienza da sola non può conoscere niente né
può farlo l’organo mentale: soltanto l’ego, prodotto dalla loro falsa unione, ha la
facoltà di conoscere e ci si riferisce ad esso come al conoscente (pramata). La
falsa relazione tra la coscienza e l’organo mentale, avviene naturalmente. Non
possiamo mai sapere il momento in cui la coscienza inizia la sua relazione con
l’antahkarana . Per gli Advaitin essa è senza inizio (anadi). Comunque tale
relazione cessa con la Realizzazione.

Gli organi di senso quali appendici del Sé

Esiste anche una falsa associazione o identificazione con gli organi di senso. Da
questa relazione sorgono i vari concetti quali “i miei occhi, i miei orecchi” e
così via. Conseguentemente i difetti dei sensi sono riferiti alla persona cosicché
la gente afferma: “io sono cieco, io sono sordo”, etc.

Il corpo come appendice del Sé

La gente si identifica con le varie qualità del corpo ed afferma: “sono grasso,
sono bello, sono un maschio” etc. Vidyaranya asserisce che questo tipo di
associazione è determinato da azioni precedenti (karmajam) dal momento che il tipo
di organi di senso ed il corpo che uno utilizza in questa vita, sono determinati
dalle azioni precedentemente compiute.
Oggetti esterni quali appendici del Sé

Esiste inoltre associazione con individui, oggetti e concetti come ad es. il


proprio figlio, la propria moglie, la propria casa , il proprio paese etc. Questi
tipi di associazione comunque, sono meno marcate di quelle riferite all’organo
mentale, al corpo e ai sensi.

Le associazioni o le identificazioni sopra descritte, rendono possibile la vita


empirica. Strettamente parlando, gli Advaitin credono che solo la pura coscienza
esista, sostengono cioè che nel Sé non c’è traccia di dualità. Il Sé è libero da
attributi e da caratteristiche (nirvisea) ma a causa della falsa associazione con
l’antahkarana e con il resto, esso sembra avere delle qualità. L’errata
associazione sopra descritta rappresenta, come afferma Shankara nei suoi
Brahmasutra-bhasya , la sorgente di tutti i dolori, dal momento che essa affligge
gli individui ed influisce su tutti gli aspetti della società. La Liberazione è la
fine di tali associazioni.

Erronea Percezione (Khyativada):

Dal momento che l’identificazione dell’anima con le appendici dell’antahkarana


determina un’erronea identità, diventa importante comprendere chiaramente cosa vuol
dire, in questo contesto, un’errata percezione e come si verifica.

Abbiamo già visto che non ci può essere processo cognitivo privo di contenuti,
giacché ogni conoscenza ha un oggetto, che sia vero o illusorio. L’assenza di
un’entità, per esempio un vaso, può essere conosciuto attraverso l’anupalabdhi. Nel
caso della conoscenza dell’assenza di un vaso in un certo luogo e tempo, tale
assenza è essa stessa l’oggetto di tale conoscenza.

In Sanskrito, la parola “khyati” sta per conoscenza; nell’Advaita Vedanta essa


significa errore di percezione. In tutti i casi di percezione, vera o errata che
sia, gli oggetti percepiti sono direttamente manifestati all’ente che percepisce.
La conoscenza percettiva appartiene agli oggetti direttamente manifestati.
Nell’immagine della corda-serpente, dove l’iniziale cognizione “Questo è un
serpente” viene superata dalla seconda e vera “Questa è una corda”, è sempre lo
stesso oggetto che viene direttamente manifestato ogni volta. E’ la falsa
percezione del serpente che è cancellata dalla seconda percezione, ma il vero
contenuto di entrambi le percezioni è sempre e solo lo stesso. Quanto è reale una
corda-serpente? Esistono due opposte teorie in materia, chiamate satkhyati e
asatkhyati. Secondo la prima teoria il contenuto di una errata percezione, il
serpente, è esistente (sat). Secondo la seconda è totalmente non-esistente (asat).

La scuola buddista Madhyamika sostiene la seconda teoria. Secondo questa scuola,


ogni cosa è non–esistente e dunque la cognizione è sempre nei confronti di qualcosa
che non esiste. Gli Advaitin sono molto critici riguardo a tale posizione;
asseriscono che semplicemente non è possibile percepire qualcosa non-esistente, in
quanto ciò si oppone alla scienza e alla ragione.

La cognizione dell’assenza di una rosa rossa presuppone l’affermazione


dell’esistenza di una rosa rossa, che può allora essere negata, cosicché ogni
negazione presuppone affermazione.

La scuola buddista Vijnanavada è la più ardente esponente di questa teoria che essa
chiama atmakhyati. In accordo con questa teoria, la conoscenza momentanea è la sola
realtà.

Questa scuola sostiene che non esiste realtà esterna al di là di una soggettiva,
continua, serie di cognizioni momentanee. E’ proprio questa cognizione soggettiva
che appare come oggetti esterni. I suoi seguaci ritengono che la cognizione e il
conosciuto sono sempre percepiti insieme. Gli Advaitin sono svelti a mostrare le
manchevolezza di tale punto di vista sulla base dell’esperienza di sogno,
dell’errata percezione etc., in cui la conoscenza e gli oggetti non sono identici.
Nell’Advaita, (l’epistemologia è sempre pragmatica), la cognizione rivela gli
oggetti esterni e non viceversa.

Inoltre gli Advaitin sostengono che se se la cognizione fosse realmente momentanea,


non ci sarebbe alcuna possibilità di distinguere tra varie cognizioni. Uno può
nominare la parola “vaso” solo quando esso esiste in una sfera di conoscenza
esterna, come a dire che il vaso, l’oggetto di conoscenza, esiste là fuori.

Anche nel caso di una errata percezione come quella della corda-serpente, la
cognizione della forma “Questo è un serpente” corrisponde alla falsa percezione di
un qualcosa esistente esternamente a sé stessi. Infine per gli Advaitin, i
Vijnanavadin che sostengono questa teoria sono incapaci di spiegare correttamente
la negazione (badha), giacché sostengono che niente esiste di esterno, essendo ogni
cosa lo stesso soggetto.

Riguardo alla teoria Akhyati, non c’è niente che possa essere definito errata
cognizione. La conoscenza percettiva è divisa in due: valida cognizione e ricordo.
Ogni cognizione è naturalmente valida. La cognizione errata è piuttosto un
complesso di verità e falsità.

Ogni oggetto ha delle caratteristiche che sono sia generali che specifiche. Nel
processo cognitivo “Questo è un serpente”, “questo” è una caratteristica generale.
La caratteristica speciale è quella portata dalla memoria e viene attribuita al
presente oggetto. Così quel che è evidente nella interpretazione della teoria
Asatkhyati è la non-comprensione della differenza tra ciò che è percepito e ciò che
è ricordato. Gli Advaitin criticano questo punto di vista dicendo che se è
accettabile l’incompletezza della percezione, non si può dire altrettanto per la
memoria.

Ci sono altre interpretazioni per la teoria asatkhyati: la cognizione diversa e


quella indescrivibile. Dobbiamo ora focalizzare la nostra attenzione su
quest’ultima, adottata dagli Advaitin. Nell’Advaita, lo stato ontologico della
erronea percezione è definito come né esistente (sat) nè non-esistente (asat) ma
come indeterminabile. Per gli Advaitin, come già detto, esiste solo ciò che non è
osservabile ed è il Se, Brahman/Atman. Qualunque cosa sia diversa dal Se’ non ha
realtà ed è asat. Non c’è oggetto corrispondente a ciò che è non-esistente; è come
un cerchio-quadrato o un fiore-di-cielo. Tale ente non può mai essere oggetto di
una vera conoscenza e può solo essere percepito illusoriamente. Comunque allo
stesso tempo tale oggetto di percezione non può essere totalmente non-esistente,
dal momento che appare. Per correggere questa impasse ontologica gli Advaitin
introducono una terza categoria diversa da sat e asat per definire le apparenze
come la corda-serpente. Tale categoria indeterminabile include tutti gli oggetti
falsi le cui caratteristiche non corrispondono né a sat né a asat.

Tra i fattori che portano ad errata percezione, i seguenti sono i più importanti:

Un difetto nel significato della conoscenza (promana)

Un difetto nell’oggetto di conoscenza (prameia).

Un difetto nel conoscitore (pramata)

Una conoscenza dell’oggetto in senso generale

Ignoranza riguardo alla natura di un oggetto (avidya)

L’impressione di un oggetto nato fuori della sua precedente esperienza

______________________

note:

1.IL concetto può essere espresso in questi termini: ogni azione richiede una
premessa-maggiore (karana). La percezione è una premessa-minore quindi la
percezione richiede uno strumento e indriya è lo strumento coinvolto nella
percezione.

ANTOLOGIA DI AUTORI ODIERNI

La meraviglia della totalità • Ella May

Quello che il sé ha sempre cercato è questo, semplicemente questo, non questo al di


là di qualche velo spirituale o in qualche sapere o comprensione intellettuale. E’
questo, la vita che sta accadendo. La vita sta semplicemente apparendo, anche
l’illusione di un sé che si sente perso e la ricerca per la totalità è la totalità
che appare così. Non c’è mai un altrove, un qualcos’altro o qualcun’altro. Nessuno
stato in cui arrivare, nessun luogo in cui arrivare.

Ogni cosa che il sé può pensare circa chi o cosa davvero sia, è parte
dell’illusione.

Questo è un ritorno alla meraviglia infantile, non sto suggerendo di essere


consapevole qui o di essere conscio di qualcosa, non sto prescrivendo una via o un
metodo, no. Cosa rimane quando non c’è nessun me? Questo. Semplicemente la vita che
accade come è sempre stato e sempre sarà. Sicuramente le apparenze cambiano e non
sembrano sempre essere le stesse ma è sempre la stessa energia che appare come
questo o quello.
Il me vive in una realtà illusoria e si sente separato, ma non è reale.

La meraviglia infantile è ciò che rimane. Non c’è una persona illuminata, ma solo
questa vitalità ed è meraviglioso vederla, nessuno che vede solo vedere. Quanto è
meravigliosa la vita che non ha alcuno scopo o obiettivo ed eppure appare e cambia
forma nella sua immobilità.

Il sé vuole sempre essere da qualche parte, avere qualcos’altro e fare qualche


altra esperienza, non vuole questo.

L’idea che ci sia un qualcuno qui in un corpo che ha il potere sui pensieri è
un’illusione. Il pensiero non crea alcunché, infatti nulla crea ogni cosa ed è il
nulla che realmente accade. La totalità è intera, non ha bisogno di creare niente
di nuovo o cambiare alcunché, aggiungere qualcosa o desiderare di meglio. Quanto
arrogante è il sé a pensare di poter fermare le onde!

Questo è già questo ed è già libero. Il fatto è che nessuno guarisce mai la propria
vita, tu non arrivi mai in uno stato di libertà, il sé non ottiene mai la totalità,
non diventerà mai illuminato o risvegliato o liberato.

Tutto quello che rimane è ciò che è sempre stato. Questo!

E’ uno scherzo cosmico ~ Tony Parsons

Commento: Qualche volta parli del tempo verticale in opposizione al tempo lineare.

Tony: No, non tempo verticale. Verticalità.

Verticalità. E’ quando quel cambiamento, qualunque cosa sia, apparentemente accade?


E’ quella la fine della storia?

E’ vedere che c’è solo questo che è senza tempo, ed è anche il godere della storia
del tempo ma vedere attraverso la storia, vedere che la storia è totalità senza
significato e non più alcun potere o rilevanza. Solo apparentemente accade nel
tempo, è ciò che è.

Ma è visto da?

La storia è vista come nulla che è tutto. Io non cercherei di capirlo.

Quindi è giusto dire, e penso che tu l’abbia detto diverse volte, probabilmente in
questo residenziale, che il vedere ordinario, inclusi i pensieri, sono
semplicemente normali. Lo facciamo tutti senza realizzarlo. E poi questa sorta di
psicologico senso dell’Io, viene come un velo che reclama di possedere attraverso
l’abitudine di un vivere prescrittivo.

Sì, quindi quando il risveglio accade dirà, “Oh, è sempre stato così”

Esatto

Quindi effettivamente c’è solo essere. Nella totalità di questa apparenza c’è solo
ciò che è. C’è solo questo accadere. E’ inevitabile. E’ tutto ed ogni cosa.

In qualche modo lo psicologico senso dell’Io viene e dice “io”, e blocca come il
vedere, è così sottile che copre..

Sì, è il segreto svelato.


Sì esatto.

E’ segreto tutto il tempo che c’è qualcuno che cerca di comprendere. Allora rimane
segreto. Ed è quando non c’è più nessuno che vede che diventa svelato e manifesto.

E’ come l’eternità vero?

E’ l’eternità.

Eppure quando parliamo, le persone dicono “Ieri ero illuminato” ma non c’è mai
stato uno ieri in cui essere illuminati.

No. E non c’è mai stato uno che sia illuminato.

E’ gentile?

Gentile, sì.

Penso che la mente non può comprenderlo, è incomprensibile.

No non può. Questa è stata la cosa che mi ha colpito davvero dopo il risveglio
iniziale, quando non c’era nessuno lì e poi qualcuno torna e lo racconta. Ero
interessato alla cristianità in quel periodo e non avevo capito questa stupida idea
che tu potevi peccare e poi essere perdonato. Ho improvvisamente visto che il vero
significato nel perdono è che non c’è assolutamente nessuno e nulla da perdonare.
Non importa quante volte sembra che tu possa sbagliare o qualunque cosa tu faccia,
o qualunque cosa tu non faccia. Non importa quanto cerchi o non cerchi, c’è solo
questo. E’ amore incondizionato.

Hai sentito un senso di sollievo?

Beh, è semplicemente meraviglia. Il vero significato o qualità dietro le idee che


abbiamo creato l’assoluto nonsenso dei dogmi religiosi e dell’idea del peccato
originale…

Sentire come parte della gentilezza è un tipo profondo di umorismo.

Sì assolutamente. C’è un profondo reale umorismo in tutto ciò che è. Intendo che in
un certo senso è uno scherzo cosmico. E’ lo scherzo cosmico. E’ lo scherzo migliore
in circolazione.

L’unico scherzo in circolazione.

L’unico scherzo in circolazione, sì. In altro modo potresti dire che la vitalità è
tutto ciò che c’è. E la vitalità è sentita attraverso i cinque sensi ed anche
attraverso il sesto e settimo senso delle sensazioni che sorgono e pensieri che
accadono. Tutto ciò che c’è è pura vitalità. Non c’è nient’altro oltre che
vitalità. E’ tutto ciò che è.

E quello che è meraviglioso riguardo questo è che ognuno in questa stanza pura
vitalità. Ciò che sta sedendo in questa stanza è solo semplicemente totalmente
vitalità. Ed è l’essere e la fine di tutto. Non c’è bisogno di dire altro, Grazie

L’essenza della vita ~ Andreas Muller

Qual è il ‘cuore’ o ‘l’essenza’? – Nessuna cosa. Non un qualcosa. Non qualche cosa.
L’inconoscibile ed allo stesso tempo ovvio. Inconoscibili perché è nessuna cosa,
ovvio perché è ogni cosa. Di solito cuore’ o ‘essenza’ sono parole che si
riferiscono alla natura più profonda, più interiore, come se ci fosse un essere
all’interno o una natura nascosta, ma è tutto quello che c’è, il cuore o l’essenza
è tutto ciò che è. Ciò che è, è l’essenza più profonda, è l’intimità suprema, ogni
separazione e ogni distanza è illusoria. Perché tutto quello che c’è, è ciò che è:
il cuore, l’essenza, il nulla che appare come ciò che sta accadendo.

Il messaggio della meraviglia senza tempo indica alla realtà naturale ed


inseparata. Una realtà che contiene ogni cosa, che abbraccia tutto ed è tutto. Una
realtà apparentemente oltre l’esperienza di ‘ io sono ‘.

L’esperienza di essere ‘qualcuno’ o ‘qualcosa’ somiglia ad una realtà artificiale.


Una realtà basata sull’esperienza della realtà e della separazione, del tempo e
dello spazio, di essere autori delle azioni e vittima delle circostanze, di giusto
e sbagliato, di causa ed effetto, di responsabilità personale e ricerca.
L’apparente me non può accedere alla realtà naturale, sebbene anch’esso sia
miracolosamente questa realtà.

Sì, l’esperienza ‘io sono’ è l’unità, è l’essenza, è il cuore, che rimane nascosto
all’interno della sua esperienza. Ecco perché ricerca. E ricerca qualcosa che non
può trovare: la totalità, la libertà, illuminazione, pace, comprensione, saggezza,
se stesso o la sua assenza. Il dilemma è: ricerca ‘qualcosa’. Una cosa, una
sensazione, uno stato. Eppure tutto ciò che esiste, è nessuna cosa, è nulla.
Essenza inseparata. Quello che appare.

La liberazione è la fine improvvisa e senza causa dell’esperienza di ‘ io sono ‘ –


un’esplosione, un ricadere nella realtà naturale, inseparata, sebbene non ci sia
qualcuno che ci ricada. Perché nel cadere indietro, esplode quello che non era mai
esistito. ‘Io’, ‘ io sono’, realtà e separazione, ‘ vivere nella realtà artificiale
‘ non sono reali. Non hanno una loro propria realtà e possono svanire come una
bolla di sapone.

Ciò che rimane è questo: nulla che appare come ogni cosa che sta apparendo. Leggere
queste righe, pensieri, sensazioni, respirare, il sottofondo. E’ questo! Questo è
lo sconosciuto. Questo è essenza. Questo è il cuore. La naturale, inseparata
realtà, senza tempo, senza spazio, senza confini. Senza difetti e senza macchie.
Questo è questo, ciò che appare è il miracolo.

Sono l’onda o l’oceano? ~ Ella May

Il sé sente di essere un’onda che rotola in un oceano, sente di essere separato, e


poi arriva il messaggio che tutto è uno e allora il sé sente che ha un nuovo luogo
dove riposare, “io sono ogni cosa, sono l’oceano” dice.

Ma non pensare neanche di essere l’oceano, questo è semplicemente qualcos’altro che


pensi di essere. Questo messaggio non riguarda una trasformazione, un cambiamento
nel pensare o nell’esperienza o nell’essere tutto o nulla. Quello che siamo davvero
è ciò da cui l’oceano sorge. Questo è immobilità, pace, una pace che supera ogni
comprensione. Non è conosciuto né comprensibile. Questo è ciò che davvero siamo. Ma
non è un’identità. Non c’è un vero sé. Quello che è già questo è questo.

Senza fine, libero e onnipresente è la pace che supera ogni comprensione, sembra
che il cercatore ne sia consapevole a qualche livello ma passa perché non è
qualcosa che può afferrare o trattenere e tanto meno comprendere.
L’apparizione di questo corpo/mente può cambiare in qualcos’altro in ogni istante,
la vita sta sempre cambiando ed apparendo, sta sempre apparendo in questo. Questo
rimarrà, la vita che il me pensa sia me, sé, io prenderà un’altra forma, non è
personale. Tutto è vita, anche quando non ci sarà nessuna Terra e ogni cosa che
pensiamo di conoscere passerà, qualcosa sorgerà in questo nulla, in questa pace
sconosciuta.

Il sé non arriva mai ad una realizzazione o comprensione. Non è un un momento in


cui dici”aha!” o una comprensione che improvvisamente arriva. La totalità è
riconosciuta ed in essa non c’è separazione e la ricerca non può esistere se non
come una illusione che appare in questa spaziosa energia libera.

L’illusione del sé svanirà nel momento della morte del corpo oppure prima. Ma il sé
non muore. Perché come può, qualcosa che non non è mai esistito, andarsene?

La storia di come sono svanita nel silenzio ~ Bernadette Roberts

La mia passata esperienza mi aveva portato a conoscere intimamente vari tipi e


livelli di silenzio. C’è un silenzio interiore; c’è un silenzio che discende
dall’esterno; un silenzio che ferma l’esistenza e un silenzio che inghiotte
l’universo intero. C’è un silenzio del sé e delle sue facoltà: volontà, pensiero,
emozione. C’è un silenzio in cui non c’è nulla, un silenzio in cui c’è qualcosa;
c’è infine il silenzio del non-sé e il silenzio di Dio. Se esistesse un sentiero
su cui poter segnare le tappe della mia esperienza contemplativa questo sarebbe il
sentiero sempre più vasto e profondo del silenzio.

In un’occasione, tuttavia, è sembrato che questa strada fosse giunta al termine: è


stato quando sono penetrata in un silenzio da cui non sarei mai totalmente
riemersa. Ma, prima di iniziare il racconto, devo fare una premessa: in
precedenza, in alcune occasioni, ero sprofondata in un silenzio che pervadeva ogni
facoltà in maniera così assoluta da provocarmi una sottile sensazione di paura. Era
la paura di essere inghiottita, di perdermi, di essere annullata e cancellata,
forse per sempre. In quei momenti, per tenere lontano il terrore, con un movimento
interiore abbandonavo il mio destino a Dio. Era come un pensiero, un atto di
volontà, una sorta di proiezione. E ogni volta che facevo questo, il silenzio si
rompeva e io gradualmente tornavo al mio sé abituale e alla sicurezza. Finché un
giorno le cose andarono diversamente.

Nella strada in cui abitavo, poco oltre casa mia, c’era un monastero sul mare, e i
pomeriggi in cui potevo liberarmi e uscire mi piaceva trascorrere qualche ora da
sola nel silenzio della sua cappella. Quel pomeriggio non era diverso dagli altri.
C’era come ogni volta un silenzio diffuso, tentacolare, e come ogni volta io
attesi che l’affacciarsi della paura lo rompesse. Ma in quest’occasione la paura
non venne. Forse per l’abitudine dell’attesa o perché la paura era sotto
controllo, per qualche secondo provai un senso di suspense, di tensione, quasi in
attesa che la paura mi toccasse. Durante quei secondi di attesa, provai la
sensazione di essere in bilico sull’orlo di un precipizio, o in equilibrio su una
corda sottile, avendo il noto (me stessa) da un lato e l’ignoto (Dio) dall’altro.

Un movimento di paura avrebbe voluto dire piegare verso il sé e il conosciuto.


Sarei passata, questa volta, o sarei ricaduta nel mio sé, come sempre? Dal momento
che non era in mio potere muovermi o scegliere, capii che la decisione non era
mia; dentro di me era tutto calmo, silenzioso e immoto. In questa calma, non
avvertii il momento in cui la paura e la tensione dell’attesa mi abbandonarono.
Immobile, continuai ad aspettare un movimento proveniente dall’esterno e quando
questo non venne restai semplicemente in una grande calma. La suora stava
agitando rumorosamente le chiavi della cappella. Era l’ora di chiudere, e l’ora di
andare a casa, a preparare la cena ai ragazzi. In passato, era sempre stato
difficile dovermi improvvisamente strappare a un silenzio profondo: le mie energie
in quel momento erano al loro minimo e muovermi richiedeva altrettanto sforzo che
sollevare un peso morto. Questa volta invece improvvisamente mi accadde di non
pensare ad alzarmi ma di farlo, semplicemente. Penso che non fu una cosa da nulla
quello che imparai, perché lasciai la cappella come una foglia portata dal vento.
Ero sicura che una volta fuori avrei ritrovato le mie normali energie e il
controllo della mia mente, ma quel giorno la cosa fu problematica: ricadevo
continuamente nel grande silenzio. Andare verso casa fu una costante lotta contro
la completa incoscienza, e quando cercai di approntare la cena fu come voler
smuovere una montagna.

Per tre logoranti giorni, non feci che lottare per rimanere sveglia e tenere a
bada il silenzio che a ogni secondo minacciava di sopraffarmi. L’unico modo in cui
riuscii a sbrigare un minimo di faccende domestiche fu tenendo ostinatamente in
mente quello che stavo facendo: adesso sbuccio le carote, adesso le taglio, adesso
prendo una pentola, adesso metto l’acqua nella pentola, e così via, fino a quando
ero così esausta che dovevo correre a letto. Non facevo in tempo a mettermi giù che
sprofondavo nel vuoto.

A volte mi sembrava di essere stata fuori di coscienza per ore, quando invece
erano passati solo cinque minuti: altre volte avrei giurato che fossero passati
solo cinque minuti quando invece si era trattato di ore. In quel vuoto non c’erano
sogni, né la coscienza di ciò che mi circondava, non c’erano pensieri né
esperienze: non c’era assolutamente nulla.

Il quarto giorno, sentii il silenzio alleggerirsi, così che potei stare sveglia con
minore sforzo e, di conseguenza, trovai il coraggio di andare a fare la spesa. Non
so come accadde, fatto sta che a un tratto mi trovai a essere scossa da una signora
che mi chiedeva se stessi dormendo. Le sorrisi, cercando di orientarmi, poiché sul
momento non avevo la più pallida idea di come fossi finita in quel negozio o di
cosa stessi facendo. Per cui, dovetti ricominciare tutto da capo: adesso spingo il
carrello, adesso devo prendere delle arance, e via dicendo.

La mattina del quinto giorno, non riuscii a trovare le pantofole in nessun posto,
ma, al momento di preparare la colazione per i ragazzi, aprii il frigo e ci trovai
qualcosa di decisamente assurdo.

Al nono giorno, il silenzio era talmente diminuito d’intensità che mi sentii


sicura che, ancora un po’, e tutto sarebbe tornato normale. Ma, via via che
passavano i giorni e mi riscoprivo in grado di funzionare come al solito, notavo
contemporaneamente che c’era qualcosa che mancava, per quanto non riuscissi a
toccarlo con mano. Qualcosa, o meglio una parte di me, non era tornato. Una parte
di me era ancora in silenzio. Era come se un pezzo della mia mente avesse
definitivamente calato la serranda. Me la presi con la memoria, che era l’ultima a
tornare; quando questa infine tornò, mi accorsi che era diventata piatta e spenta,
come la sbiadita pellicola di un vecchio film. Era morta. Non soltanto il passato
lontano, ma anche quello di pochi minuti prima, si erano come svuotati.

Ora, quando qualcosa è morto, si rinuncia presto a volerlo risuscitare; allo


stesso modo, quando la memoria si è spenta, uno impara a vivere come non avesse un
passato, impara a vivere nel momento presente. Che questo ora potesse avvenire
senza sforzo, e non per disperazione, era il risultato positivo di un’esperienza
altrimenti massacrante. E anche quando riconquistai la memoria pratica, la capacità
di vivere nel presente rimase. Con il ritorno della memoria pratica, tuttavia,
ridimensionai la passata nozione di ciò che mancava e decisi che l’aspetto
silenzioso della mia mente era in realtà una sorta di ‘assorbimento’, un
assorbimento nello sconosciuto, che per me naturalmente era Dio. Era come una
continua contemplazione del vasto, silenzioso Inconoscibile, una contemplazione che
nessuna attività poteva interrompere.

Questo fu un altro gradito risultato dell’esperienza iniziale. L’interpretazione


dell’aspetto silenzioso della mia mente come un ‘essere assorti’ sembrò bastare,
come spiegazione, per circa un mese, quando cambiai di nuovo idea e decisi che
l’assorbimento era in realtà consapevolezza, un particolare tipo di ‘vedere’; per
cui quanto era realmente accaduto non era affatto una chiusura, ma piuttosto
un’apertura; non era venuto a mancare nulla, era invece stato aggiunto ‘qualcosa’.
Dopo un certo tempo, tuttavia, anche questa idea sembrò inadeguata; in un modo o
nell’altro non mi soddisfaceva più; era accaduto qualcos’altro, per cui decisi di
andare in biblioteca, per vedere se potevo risolvere il mistero con l’esperienza
di qualcun altro. A questo punto scoprii che, se non fossi riuscita a trovare
quanto cercavo nelle opere di san Giovanni della Croce, probabilmente non lo avrei
trovato in assoluto. E sebbene le opere del Santo mi fossero familiari, non
riuscii a trovarvi nessuna spiegazione della mia specifica esperienza; né mi riuscì
di trovarla in un solo libro della biblioteca.

Ma fu tornando a casa quel giorno, mentre scendevo giù per la collina, avendo di
fronte la vista della vallata e dei monti all’intorno, che a un tratto rivolsi lo
sguardo al mio interno: e ciò che vidi mi fece fermare di colpo. Al posto del
familiare, seppure non localizzato, centro di me stessa, non c’era nulla: c’era il
vuoto. Nello stesso momento in cui vidi questo, fui invasa da un flusso di calma
gioia e seppi, finalmente, cos’era ciò che mancava: era il mio ‘sé’.

Fisicamente, fu come se mi fosse stato tolto un grande fardello di dosso; mi


sentivo così leggera che lo sguardo mi corse ai piedi, sembrava che non
poggiassero a terra. In seguito riflettei sull’esperienza di san Paolo: “Ora non
io, ma Cristo vive in me”, e mi resi conto che, nonostante il vuoto, nessun altro
era entrato a prendere il mio posto; per cui decisi che Cristo era la gioia, il
vuoto stesso; Egli era tutto quanto rimaneva di questa esperienza umana.

Per giorni mi portai dentro questa gioia, così grande, in certi momenti, che mi
stupivo della solidità della diga e mi chiedevo per quanto tempo ancora avrebbe
retto. Considero quest’esperienza il culmine della mia vocazione contemplativa.

Era la conclusione di una domanda che mi aveva assillato per anni: dove finisco
‘io’ e comincia Dio? Anno dopo anno, il confine che ci separava era diventato così
sottile e vago che per la maggior parte del tempo non riuscivo a vederlo, eppure
la mia mente continuava a voler sapere: che cosa è Suo e che cosa mio? Ora il
problema era superato. Non c’era più ‘il mio’, c’era soltanto il Suo.

Avrei potuto vivere in questo stato di gioia per il resto della vita, ma non era
scritto così nel Grande Piano. Sarebbe stata questione di giorni, forse una
settimana, e la mia intera vita spirituale – il lavoro, il travaglio, le
esperienze e i traguardi d’una vita – sarebbe improvvisamente esplosa in un
milione di pezzi mai più recuperabili: senza lasciare nulla, assolutamente nulla.

Questo universo ha origine dalla tua mente ~ Robert Adams

Nulla esiste di per sé. Tutto in questo universo ha origine dalla tua mente. Non è
reale di per sé, è come un sogno. Credi a quello che vedi con i tuoi occhi, a
quello che ascolti con le tue orecchie, a quello che dici con la tua bocca, a
quello che odori con il tuo naso. Credi che tutte queste cose sono reali. Non sono
reali. Sono una bugia.

Credi di esistere come un essere umano e di compiere delle decisioni, di fare delle
scelte. Sei artefice di alcune cose in questo mondo. Questo non è vero. E’ la
coscienza che fa ogni cosa. Tu sei come una marionetta manipolata dalle leggi del
karma. E ogni cosa che fai è il risultato di quel karma.

E’ una menzogna. Perché in verità il karma non esiste e in verità tu non hai mai
fatto niente perché non sei mai nato. Non c’è assolutamente niente che tu possa mai
fare. Sei spirito! Pervadi ogni cosa! Onnipresente! Non un piccolo corpo come
sembra e appare.

Per quanto i tuoi problemi ti possano preoccupare dimenticali. Per quanto la tua
vita ti preoccupi dimenticala. Per quanto il passato ti preoccupi, esso non esiste.
Per quanto il futuro ti possa preoccupare non ci sarà mai un futuro. C’è solo
questo momento e in questo momento tu sei nulla, puro vuoto. Nulla è ogni cosa e
ogni cosa è nulla.

Crediamo di essere qualcosa. Anche quando dici di essere nulla, pensi che sei
qualcosa. E se questo nulla non viene realizzato, non viene realizzata la vera
natura che è già.

Questo messaggio non aggiunge nulla al tuo sapere ma anzi è un processo di


svuotamento, non di accumulo. Non pensare di dover conoscere qualcosa di molto
profondo per diventare liberato. E’ in realtà quando non sai che diventi liberato.
Il sapere ti rende umano, un enciclopedia parlante. E’ solo quando cominci a
svuotare te stesso che trovi te stesso. C’è solo tutto che è nulla.

Niente deve cambiare ~ Tony Parsons

Ciò che sto cercando di dire è che la vita non va da nessuna parte, perché alla
fine tu non devi andare da nessuna parte. Vedi, la grande difficoltà che le persone
hanno con la cosiddetta illuminazione, è che sono state condizionate a pensare che
debbano andare da qualche parte o diventare qualcuno per poterla conseguire.

L’illuminazione non ha assolutamente nulla a che fare con il fatto che tu vada da
qualche parte o che ti accada qualche cosa. Niente deve cambiare.

Come si può restare nell’Uno?

Non si può, perché non ne sei mai fuori. Tutto il problema del cercare di restare
nell’Uno è l’«io» che cerca di restare nell’Uno. Una volta che l’«io» inizia a
cercare di stare nell’Uno, l’Uno apparentemente non c’è più.

C’è solo l’Uno. E nessuno che fa esperienza di questo, nessuno lo possiede. Ma


qualunque cosa sorga nella manifestazione sorge in quell’Uno ed è l’Uno, incluse le
caratteristiche di Tony Parsons.

Ciò di cui stiamo parlando qui è assolutamente radicale rispetto alla vecchia idea
di illuminazione. Nella vecchia idea condizionata di illuminazione a cui noi tutti
volevamo credere, l’illuminazione accade e poi non c’è più assolutamente nessun
personaggio: c’è solo totale beatitudine e completa bontà. È un’assurdità nata
dall’ignoranza della mente. Il risveglio non ha nulla a che vedere con la bontà o
la beatitudine: risvegliarsi è la realizzazione che c’è solo l’Uno e la dualità
sorge in questo, incluso Tony Parsons.

Illuminazione non è una cosa distinta per conto suo che guarda verso il basso tutto
il resto e lo benedice o ne ha compassione. È una storia d’amore con la vitalità.
Riguarda il mollare l’idea che ci sia qualcuno che abbia una vita e comprendere che
tutto quello che esiste è vita. Non ha una vita: tu sei vita e nella vita l’ego, il
desiderio, l’odio, l’amore accadono. E io sono quell’Uno in cui tutto questo
accade.

La mente è piena di stronzate. La mente vuole una risposta, ma alla fine la


risposta che ritorna sconfigge la mente ed essa non riesce più ad aggrapparsi a
nulla. Quindi quello che accade qui è che la mente si arrende. E non vede l’ora di
arrendersi e dire: «Non capisco… Oh! Ah!».

L’ultima cosa che la mente vuol fare è fermarsi e lasciare che ci sia solo il
vedere questo. La mente non vuole sapere del “Basta! Lascia che ci sia solo il
vedere questo”. La mente non può fare questa cosa. Lascia che ci sia solo il vedere
questo, solo lo stare sul terreno, ascoltare il suono di un’auto che passa, o
ridere… Questo è ciò che è.

È possibile liberarsi dalla mente con lo sforzo?

Chi è che lo farebbe? Chi è che può scegliere di liberarsi? Il risveglio è il far
cadere il senso del «me» e l’ultima cosa che «me» desidera fare è andar via.

Quindi cosa causa questa cosa? Come è causato il risveglio?

Non è causato, nulla può causarlo. E una volta che è visto che non c’è nulla che
può causarlo, allora c’è un lasciare andare. Tu non lo puoi fare, ma c’è un «Ah!
Alla fine dopo tutti questi anni di impegni e fatiche per cercare di essere
migliore o immobile o di far cadere l’ego, ho compreso improvvisamente che tutto
questo non ha senso». C’è solo questo, il vedere questo.
La gente lascia andare l’idea di poter intraprendere un viaggio verso una qualche
direzione e qualcosa di nuovo prende il sopravvento. Accade.

Questa Libertà ~ Tony Parsons

Quello che condividiamo insieme è l’esposizione del costrutto artificiale del ‘me’,
la sensazione illusoria che è reale ed ha una scelta reale, e la terribile e
meravigliosa futilità dello sforzo che fa per trovare la pienezza. Faremo luce
insieme sul me che vive in un mondo finito; un mondo soggetto-oggetto. Può esistere
solamente in quel mondo. Esiste lì perché è auto-cosciente. In età molto precoce
l’auto-coscienza prende il sopravvento, “Io sono consapevole di me stesso”. Cresce
e cresce e quello che viene ricercato è limitato dalla personale esperienza della
contratta realtà. Cerca l’infinito in una esperienza artificialmente finita che
sogna essere reale.

Quindi il ricercatore sta costantemente vedendo dal punto di vista dell’essere un


soggetto. Sta costantemente cercando un oggetto chiamato auto-appagamento. Quello
che stiamo condividendo insieme è che questo intero sforzo è completamente e
totalmente futile a causa della natura del ‘me’. Costantemente la risposta qui sarà
di puntare al sogno illusorio dell’essere un ‘me’ e al sorgere di una nuova
possibilità.

Quindi il ricercatore dovrebbe smettere di cercare?

Questo non è un messaggio sul cercare o non cercare. L’energia del ‘me’ può
solamente cercare e provare a tornare a casa. Questo è tutto ciò che può fare.
Quando pensa che ha perso la totalità tutto quello che può fare è provare e trovare
la totalità. Le persone credono che se raggiungono l’apice della purezza, che è
solo una creazione mentale, allora si meriteranno la libertà. Ecco il problema che
ha il ‘me’. Ama l’idea di diventare puro, perché crede di non essere immeritevole.
L’intero insegnamento del divenire è basato sulla credenza che il ‘me’ ha bisogno
di cambiare, quando invece il ‘me’ è solo la totalità che appare essere un ‘me’. E’
senza significato e senza scopo.

Poiché il sé apparente può solamente sorgere attraverso la sua personale


esperienza, sapere o auto-consapevolezza, la sua ricerca per un significato più
profondo sarà limitata a ciò che può conoscere e fare esperienza per se stesso.

All’interno di queste limitazioni ci sono molte dottrine, terapie, ideologie,


insegnamenti spirituali e sistemi di credenza che il ricercatore può arrivare a
conoscere. Può esserci anche il conoscere e l’esperienza di stati di silenzio,
immobilità, beatitudine, consapevolezza e distacco, tutte cose che sembrano andare
e venire come il giorno e la notte.

Tutti questi insegnamenti, raccomandazioni e prescrizioni cercano di fornire al


ricercatore risposte a ciò che è inconoscibile e vie per trovare ciò che non è mai
stato perso.

La trappola della consapevolezza – Andreas Muller

Sebbene alcune persone insegnino la consapevolezza come una via verso la libertà,
non ha assolutamente alcuna connessione con la liberazione. La consapevolezza può
apparire oppure no, ma esperita come realtà, rimane nella storia del me. La
consapevolezza usata come un metodo, può essere sentita molto neutrale e quindi in
un certo modo piacevole. Eppure è il ‘me’ che cerca di mantenere l’illusione del
controllo non essendo ‘ciò che è’, ma solo essendo consapevole di ‘ciò che è’.

La neutralità che viene sentita può sembrare piacevole per qualche tempo, perché
raffredda l’intensità della vita. Inoltre, questa neutralità spesso viene confusa
con l’illuminazione o la liberazione, che da all’apparente ricercatore la
sensazione che sta procedendo bene.

Tutto questo è un gioco all’interno della storia della separazione. La liberazione


è il collasso del ‘me’ e di ‘ciò che sembra essere separato’. Ciò che rimane è la
totalità, che è vitalità totale, che è nessuna cosa.

Gli insegnamenti e le terapie parlano alla persona offrendo la liberazione nel


futuro, dato che l’attuale viene percepito come ‘non esserlo’. Apparentemente
questi insegnamenti mantengono il ricercatore incastrato nella sua storia del tempo
e del percorso verso qualcos’altro. Nutrono l’idea di essere una persona così come
il gioco di speranza e disperazione, mentre l’apparente ‘me’ si focalizza sul suo
futuro obiettivo.

Questo messaggio non offre alcun percorso o metodo, perché non ci sono cose del
genere. Tutto quello che c’è, è ciò che è. Non esiste nient’altro. Ciò che è è già
completo, intero. L’idea che ci sia un qualcuno che può raggiungere ciò che è è
assurdo, perché altrimenti ci sarebbe un altro ciò che è.

Questo messaggio viene dalla percezione della separazione come illusoria. ‘Dopo’
esiste solamente nella storia del me, dove il tempo viene sperimentato come reale.
Ancora: tutto ciò che c’è, è ciò che è. E’ intero e completo. E’ la vitalità, la
totalità che viene cercata. Nulla che appare come questo.

La ricerca è assolutamente inevitabile ~ Tony Parsons


Un’esperienza spirituale profondamente sentita può, ad alcune persone, sembrare un
evento di illuminazione personale. Può sorgere il desidero di aiutare o insegnare
altre persone per avere un’esperienza simile. Questa comunicazione può qualche
volta sembrare “non-duale”, quando l’insegnate descrive la natura dell’Uno, ma
contraddice se stesso raccomandando un processo che può aiutare il ricercatore ad
ottenere quell’Uno attraverso per esempio l’auto-indagine, meditazione o
purificazione.

Può esserci l’incoraggiamento a “vivere nel momento” o “essere qui ora” o


“abbracciare la paura” cosicché la persona possa trovare “la loro vera natura”.

Questo tipo di prescrizioni personali sono spesso accompagnate dalla ripetizioni di


idee ispiranti e positive che possono sollevare l’animo del ricercatore a dargli
una nuova speranza e un nuovo scopo.

Sembra che questo tipo di scambio tra due persone, per sua vera natura, accadendo
nella storia del tempo e quindi la sua influenza è transitoria. Appaga un bisogno…
per un certo tempo.

Una comunicazione impersonale riconosce ed illumina l’apparente dilemma del


ricercatore che sembra essere imprigionato nell’esperienza corporea della
separazione. Descriverà inadeguatamente la natura della vitalità senza limiti e la
sensazione di insoddisfazione e mancanza che possono sorgere nell’apparente
separazione da ciò.

Esporrà, senza alcun tipo di compromesso, l’assoluta inevitabilità e assenza di


speranza della ricerca e il dono di libertà che è nascosto in quell’assenza di
speranza.

Nessuno può reclamare di possedere questo messaggio impersonale, e quindi non ci


sarà alcuna motivazione di cantarne le lodi.

Non ci sarà neanche un’intento personale per appagare, aiutare o cambiare la


“persona”.

Non c’è nessuno qui per la “persona”, eccetto la terribile possibilità che tutto
quello che sognano e sperano per se stessi potrà essere perso.

Ogni volta che l’identità personale, la sua ricerca, le sue speranza e i suoi sogni
sembrano minacciati, può esserci un rifiuto di questo messaggio ed un ritorno a
quello che sembra servire e supportare l’illusione unicamente umana dell’autonomia
personale che conduce all’appagamento personale.

Il messaggio impersonale può allora essere visto come giudicante o nichilistico, e


può anche essere visto come “non amorevole” perché lascia la “persona” con nulla.

Certamente può esserci qualcosa da affrontare riguardo la costanza singolare che


sorge solamente da quella compassione incondizionata che rivela l’illusione della
prigione personale.

Da questa rivelazione, può sorgere una risonanza che è di nessuno.

Come può la “persona” udire l’impersonale?

Come può esserci il conoscere dell’inconoscibile?

Come è possibile per la “persona” confrontarsi con la propria assenza?


Come può il ricercatore ottenere ciò che è già tutto?

Tutto quello che c’è sempre stato è questo ~ Ella May

Il desiderio di essere libero non ha mai fine, viene cercato in ogni angolo, in
ogni esperienza che magari può essere l’accesso finale alla beatitudine e al
risveglio. Questo viene spesso chiamato la ricerca.

La ricerca è un’illusione.

Fa parte del sé e della sua cosiddetta vita. Non esiste. La ricerca è nel tempo,
nella storia del me. Non c’è nessun me e nessun tempo. Non si va da nessuna parte.

C’è solo la totalità della vita, energia che è totale ed intera con nessuna
separazione. Coloro che cercano stanno apparendo come un’illusione nella totalità.
La totalità è completa e non ha bisogno di nulla.

Nessuno trova la pace.

La pace è tutto ciò che c’è, puoi chiamarla anche amore o totalità o spaziosità.
Non un è davvero un qualcosa. E’ solo ciò che è.

E’ ciò che viene riconosciuto da nessuno al momento dell’apparente morte, ma


nessuno muore, non c’è nessuno che sia vivo o morto. L’illuminazione è un mito
tanto quanto il sé separato. C’è un corpo e una mente, e un personaggio, ma queste
cose sono apparenze tanto quanto uno stormo di uccelli che passa, è qui e poi non
c’è.

Il sé appare nella totalità come un’illusione della separazione ed eppure non c’è.
Se ne va con la morte del corpo e della mente oppure prima. Ciò che rimane vivente
in tutte le cose che sembrano apparire è la realtà naturale.

Gli occhi di un bambino piccolo vedono questo, è gli animali, gli alberi e il cilo
blu di beatitudine. E’ semplice ed eppure miracoloso che ogni cosa sembra apparire
e la totalità spesso ride a ciò a cui appare da sé stessa. Ma la totalità non è mai
consapevole o conscia nella consapevolezza separata.

Tutto quello che c’è sempre stato è questo, questo è il paradiso, è casa, per
nessuno.

La semplicità della Non Dualità ~ Richard Sylvester

La mente ama la complessità. La complessità mantiene la mente impegnata e ne


giustifica la ricerca. La complessità tiene la mente sotto controllo, che è proprio
come vuole sentirsi. Se ci sono trentasei livelli di illuminazione (non ci sono),
allora la mente può essere impegnata tutta una vita – o molte vite – ad esplorarli.

Quindi la mente crea grandi edifici sulla non-dualità e le filosofie spirituali,


decorandoli con fischietti e campane. Ci saranno sempre abbastanza volumi che non
riusciremo mai a leggerli tutti. Ci saranno sempre abbastanza satsang e discorsi
che non riusciremo mai ad ascoltarli tutti.

Che gioia per la mente! Che follia!


Nel frattempo i mistici, e non è detto che scelgano di condividerlo, parlano nel
modo più semplice possible. Proprio come hanno sempre fatto. I mistici sanno che il
cuore della non-dualità si può riassumere in quattro semplici parole.

“Non c’è alcun sé.”

Tutto il resto fluisce da questo.

Anche una frazione di secondo di risveglio chiarisce questo. Ma poi la mente


riafferma se stessa e le storie possono ricominciare ancora con tutte le
complicazioni che ne conseguono.

Che peccato!

Finché c’è il senso di essere una persona separata, il mondo della dualità è
considerato assolutamente reale e probabilmente pieno di importanza, significato e
scopo. La mente ha uno stimolo potente a ricercare il significato. Ma quando viene
visto che non c’è mai stata una persona, questo è visto come un sogno e senza uno
scopo.

Ecco l’essenza della non-dualità espressa in otto righe brevi nelle Upanishad:

“Le scritture lo hanno proclamato a gran voce:


In verità non c’è creazione né distruzione.
Nessuno è legato e nessuno sta cercando la liberazione.
Nessuno è sulla via della salvezza.
Non c’è nessuno che sia liberato.
Questa è l’assoluta verità, mio caro discepolo.
Questo, la summa e sostanza di tutte le Upanishad,
Il segreto dei segreti, è il mio messaggio per te.”

Perché si intrattiene il negativo più del positivo? ~ Tony Parsons

Domanda: Perché c’è la tendenza ad intrattenere di più il negativo che il positivo?

Tony Parsons: Nell’individualità c’è un enorme senso di essere immeritevole o di


non sentirsi mai buono abbastanza, o che deve esserci qualcosa di veramente
sbagliato in noi se non possiamo trovare la totalità. Ogni pensiero che nutre
l’idea di essere immeritevoli è più affascinante del pensiero che siamo belli e che
tutti ci amano.

Essere immeritevole è anche un senso più forte nel corpo rispetto a quello di
essere meritevole. Ecco perché le persone sono incredibilmente attratte dagli
insegnamenti che gli dicono che possono diventare meritevoli attraverso la
meditazione, il digiuno o il negare se stessi. Il messaggio di diventare meritevole
è molto potente quindi le persone cercano modi per iniziare a dare o a contribuire
in qualcosa ovvero cercano di sentirsi bene con se stessi.

L’individuo è davvero completamente un orco perché tutto ciò che l’individuo fa è


alla fine per se stesso. Specialmente cose come fare del bene o essere umile –
essere molto molto umile – più umile di tutti gli altri.

Tutta questa attività sta apparentemente accadendo nella storia del me che funziona
in una realtà artificialmente dualistica. Quindi il me cerca nel finito ciò che è
infinito.

La pienezza che viene cercata e desiderata è senza confini e totalmente libera. Non
può essere afferrata e nemmeno avvicinata. Né è necessario fare alcunché o cambiare
qualcosa o rendere migliore ciò che è già tutto.

La fine del me è solo apparente, è un paradosso, perché non è mai stato reale.

Tutto quello che c’è, è libertà senza limiti.

E’ Semplicemente Questo ~ Jim Newman

Il sé separato è in una missione, è alla ricerca dell’impossibile per conoscere la


fine di se stesso, la fine della paura della morte, la fine della separazione. La
realtà non-duale. In questa ricerca fallirà sempre. La situazione del senso del sé
è completamente senza speranza. Come il suo sforzo di controllare la sua vita
cercando di ripetere ciò che è piacevole e di evitare ciò che è doloroso, che è la
semplice descrizione della sua intera vita. Non c’è alcun libero arbitrio – questa
è un’altra illusione.

La buona notizia è che non esiste una cosa come la separazione. Quello che il senso
separato del sé sta cercando è tutto ciò che è. C’è solo questo. Questo. Questo non
è qualcosa di particolare o esclusivo. E’ tutto esattamente così com’è. Ogni cosa è
un’espressione della totalità, ogni cosa è la fine del senso della separazione che
il senso del sé separato sta cercando ma nella sua ricerca può solamente registrare
qualcosa di separato, di relativo.

Quando questa realtà è riconosciuta, viene allora visto che non c’è alcuna
separazione, che il senso della separazione era semplicemente un sogno, che non è
mai accaduto, non c’è e non c’è mai stato un sé separato nell’interezza del tutto.
Ogni cosa è il paradiso perfetto e completo. Ma non cambia nulla, dato che non
c’era mai stata la separazione. La manifestazione non contempla più la ricerca per
la fine della paura della morte e tutti i nevrotici atteggiamenti di tale ricerca,
ma tutto è immobile, tutto. Nell’assenza della ricerca c’è la meraviglia
inconoscibile che questo, ciò che è, possa esistere, semplicemente appare, una
quieta maestosità che è questa esplosione di ogni cosa senza significato e senza
scopo, che è un’anarchia di amore. Assoluta libertà che appare come ogni cosa che
è.

Nella condivisione questo è spesso riconosciuto ed entra in risonanza. Qualche


volta c’è la registrazione che questo sia innegabile sebbene non ci sia un
riconoscimento, ma semplicemente una comprensione che sembra risuonare come verità
da qualche parte e la camicia di forza si allenta, qualcosa svanisce completamente.

Poiché il messaggio è che non c’è niente da trovare, è già questo, il senso
separato del sé non gioca alcun ruolo in questo riconoscimento. C’è o non c’è una
disponibilità impersonale.

Questo è ogni cosa, completamente impersonale e non ha niente a che vedere con ciò
che il senso separato sente o pensa.

Jim Newman2

La falsa Non Dualità ~ Tony Parsons

Il termine “non-duale” viene costantemente abusato e recentemente è diventato il


titolo per una miriade di insegnamenti e pratiche. Quindi chiedo alle persone che
cosa intendono per processo non-duale, dato che sembra una pratica personale che
conduce ad un’esperienza personale più soddisfacente. Come può essere questo altro
che dualismo? Se c’è qualcuno che può scegliere di andare da qualche altra parte?
Il messaggio del segreto svelato espone ciò che viene visto come un insegnamento
non duale.

L’essenza della comunicazione del segreto svelato è rimasta una costante nel corso
della storia. Il titolo “Non Duale” o “Advaita” cerca di descrivere il principio
della totalità, unicità o ciò che è già Uno. Durante l’ultima decade sembra che c’è
stato un crescente interesse per questa comunicazione non-duale riguardo
l’illuminazione. In questi giorni il termine non-duale viene usato per tante
attività di ricerca. Puoi andare a conferenze di non-dualità o indugiare in un
corso di 12 mesi di illuminazione non-duale. La terapia non-duale è disponibile, e
c’è anche un club online in cui “nessuno” può iscriversi!

Per chiunque interessato ad investigare questo argomento, può esserci molta


confusione. Tuttavia, la percezione del segreto svelato, è che ci sono due tipi di
distinti di comunicazione sulla natura dell’illuminazione. Uno è personale e
l’altro è impersonale. Il primo offre alla “persona” che ricerca, aiuto e
suggerimenti per trovare qualcosa chiamato illuminazione. Il secondo offre alla
“persona” nulla. Il primo appare in molte forme e ha un vasto seguito perché sembra
rispondere al bisogno della “persona”. Il secondo è non familiare e ci si confronta
energeticamente.

Il messaggio personale è basato sulla credenza che c’è qualcosa chiamato


‘ricercatore separato’ che può ottenere qualcos’altro chiamato illuminazione.

Il messaggio impersonale vede l’apparente senso di essere qualcosa di separato ed


insoddisfacente come uno stato illusorio che guida l’apparente ricercatore alla
ricerca di un’altra illusione chiamata ‘illuminazione personale’.

Ogni comunicazione che supporta e incoraggia le credenze e le idee del ricercatore


che può ritrovare qualcosa che ha perso, rinforza e perpetua solamente una
illusione dualistica.

Non è giusto o sbagliato… è ciò che apparentemente accade. La percezione


impersonale è che tutti i concetti, idee, credenze o pensieri riguardo la
separazione o l’illuminazione possono sempre e solo essere un riflesso dei loro
opposti, e quindi solo solo indicatori che si avvicinano o si allontanano a ciò che
non può essere espresso o conosciuto.

L’apparente separazione è vista essenzialmente come una contrazione energetica nel


corpo che apparentemente e improvvisamente può rilasciarsi e svanire in quella
vitalità senza confini che è inconoscibile e impersonale.

Le circostanze sono totalmente irrilevanti. Nessun ammontare di chiarezza o


concetti confusi possono mai toccare o influenzare quel senso trattenuto
energeticamente di essere una parte.

Può essere conosciuto ciò che siamo? ~ Ella May

La costante ricerca conduce sempre il sé alla domanda “chi sono io davvero”?

Magari questa domanda può sorgere quando tutto il resto è crollato, dopo un lutto,
la fine di una relazione, a seguito di una malattia o depressione.

Il sé sente che sta soffrendo, anela all’elisir che lo guarirà, al luogo dove potrà
riposare, alla fine della sua ricerca in cui ci sarà la realizzazione di qualcosa o
il raggiungimento della vera pace duratura.

Ma la ricerca non finisce mai, il ricercatore ci passerà sempre davanti senza


vedere questo, questo è totalità, questo è ciò che il sé ricerca, qui.

Ma il sé non lo vedrà. Non si risveglierà mai. Il sé è un’illusione che sorge come


separazione nella totalità, non è qualcosa al di fuori della totalità. E’ nella
totalità.

Il sé non è reale, è un’apparenza, tanto quanto uno stormo di uccelli che


attraversano il cielo.

Proprio come un campo di fiori bellissimi che sbocciano e che eppure ogni anno ce
ne sono di nuovi. Il sé va e viene, sembra che stia vivendo e che morirà prima del
corpo o dopo. Eppure non muore davvero perché la separazione non è mai esistita
dapprincipio.

Quindi la risposta su chi siamo davvero non potrà mai essere data. Perché tutto ciò
che il sé può pensare, nella sua illusione della separazione, non è ciò che siamo,
ogni stato, ottenimento o idea non lo è.

La totalità non ha definizione, né nome, né confini o limiti, non può essere


compresa. Questa è la libertà della vita e tu non la sei, c’è solo libertà.

Come fare l’esperienza di essere nessuno? ~ Karl Renz

Domanda: Certi risvegliati dicono che il risveglio arriva nonostante e mai a causa
di una qualunque disciplina spirituale.

Karl Renz: Significa che il tu sei non può essere influenzato da alcuna azione o
non-azione. Tu sei, malgrado ogni avvenimento e mai a causa di qualunque cosa sia.
Tutto ciò che avviene in questo mondo di sensazioni non può cambiare ciò che gli è
“anteriore”. Vedi totalmente che tu sei, malgrado qualsiasi cosa, che tu sei senza
causa, che tu non sei qualcosa che ha una causa e un effetto. Si chiama risveglio,
ma io parlerei semplicemente di un’altra “tazza di caffè”. Non è né un’esplosione
di fuochi d’artificio, di luci né di scosse di un terremoto spettacolare. Non è
niente di speciale.

D: Come arriva il risveglio nella vita di qualcuno?

K.R.: Il risveglio non arriva mai nella vita di qualcuno. Per ciò che tu sei, non
c’è né prima né dopo. Non puoi far entrare ciò che tu sei in una storia. Non è mai
in qualche cosa. Come non c’è né prima né dopo il risveglio. Questo non è mai
arrivato a nessuno, nemmeno a questo qui (si indica col dito). In ogni caso, non è
mai successo niente. Anche il risveglio non accade.

D: Ma, prima, aspettavi qualcosa?

K.R. Anche prima, non c’era nessuno con delle attese, ma se si vuole stabilire una
qualunque differenza, prima, c’era l’intenzione di “fare” e l’intenzione è un altro
nome per colui che fa ora, c’è semplicemente fare o non fare, e tutto ciò che c’è,
è meditazione.

Ma non c’è né prima né dopo, è sempre la meditazione. Quando la meditazione è


intenzionale, c’è una persona che fa qualcosa, un meditante. Ora, c’è la
meditazione senza l’intenzione di ottenere una qualsiasi cosa. In questa azione di
meditazione, non c’è attesa. C’è sempre un’azione, ma niente ne può derivare.
Vedendo totalmente che niente può essere dato né tolto, c’è quello che si chiama la
pace immensa, che è sempre stata presente. La coscienza, che andava verso il
movimento dell’attesa, è ora lì dove deve essere, da nessuna parte.

D: E’ allora un movimento impersonale. E il soggetto che agisce non ha niente a che


vedere lì dentro.

K.R.:E’ sempre stato un movimento impersonale. Colui che fa non ha mai fatto
niente. E’ solo un’idea. Ogni azione è compiuta dalla totalità dell’esistenza
stessa. Qui-ora non c’è che la Coscienza. Ogni parola è detta da quella Coscienza e
chi ascolta non è differente da chi parla. Non c’è che la Coscienza.

D: Come un individuo, che, come me, fa l’esperienza di esistere, può in seguito


dire “non sono colui che fa”?

K.R.: E’ ancora un concetto. Hai solo cambiato concetto. Dapprima dici:” Io sono
colui che fa”, poi hai una percezione della realtà: “Io non sono colui che fa”. Ma
chi dice questo? Queste due dichiarazioni hanno bisogno di una persona per
esprimerle. Le due esperienze, personale, poi impersonale, hanno bisogno di colui
che le vive. Ma quello è già sperimentato da Quello che gli è anteriore e che non
ha nessuna idea di personale o impersonale. Colui che definisce si definisce nel
personale e l’impersonale, o nel vuoto e la pienezza, ma Quello è l’assenza
assoluta di ogni definizione, perché non esiste nemmeno qualcuno per definire. Non
sapendo assolutamente ciò che tu sei o che non sei, sei Quello.

D: Ma c’è la sofferenza.

K.R.: No, c’è il dolore, ma non è la sofferenza. La sofferenza dipende da una


psiche, da una storia di sofferenza. S’inscrive nel tempo. Il dolore è come
un’esperienza in questo adesso infinito. Se, più tardi, pensi a quel dolore, tu
crei la persona poi la distruggi, ma lei non è mai stata reale. Se ti risvegli, non
lo prendi personalmente, perché ci sono molte persone che cadono nel trabocchetto
di credersi risvegliate. Eccone una dichiarazione!

D: Molti maestri propongono di offrire la sofferenza.

K.R.: No, no, offrirei colui che soffre. Ramana diceva di offrire la devozione, di
rinunciare alla rinuncia. Offrendo la devozione, offri il devoto, colui che fa
l’offerta. Infatti ti rendi conto che è una impossibilità assoluta, perché ciò che
non hai, tu non lo puoi offrire. Tu non possiedi assolutamente niente. Dico spesso
che mia nonna è stata il mio più grande maestro. Quando cercavo i miei giocattoli,
mi diceva sempre: “Chiudi gli occhi, cosa vedi adesso?” “Niente” “Questo, proprio
questo ti appartiene”.

Non si può aggiungere niente. E’ come essere nel sonno profondo, perfetto,
assoluto, senza conoscere niente né non conoscere, anche senza conoscere cos’è la
perfezione. E’ la bellezza stessa, assoluta, senza alcuna idea né di bellezza né di
bruttezza. E’ la libertà stessa, nell’assenza totale di ogni idea di libertà o non
libertà.

D: Ma quando soffro?

K.R.: Soffri unicamente perché hai l’illusione che la sofferenza potrebbe avere una
fine. Tu soffri per un’attesa, pensi che imparare dal passato ti porterà qualcosa
nel futuro. Infatti vuoi evitare te stesso, perché il dolore fa parte della
realizzazione e ogni esperienza è un’esperienza di te stesso. Non puoi evitare te
stesso, perché sei Quello. Tu SEI Quello!

D: La realizzazione del corpo-organismo Renz è la stessa di quella di Ramana, di


Budda, di Nisargadatta, dei grandi maestri tibetani?

K.R.: Ramana direbbe che la forma che vedi davanti a te non può mai realizzare il
Sé. Ciò che è il Sé è sempre realizzato e non ha mai bisogno della realizzazione di
un qualunque contenitore. La forma che tu chiami Ramana è semplicemente
un’espressione di Quello, non può mai realizzare là dove viene. Ma ciò che è
Ramana, il Sé, è sempre realizzato e non è mai, mai stato non realizzato. Questa
realizzazione non è mai nuova, non è mai prima né dopo, e non ci sono vie verso
Quello.

Ciò che è anteriore anche alla luce deve essere presente in ogni circostanza,
essendo ciò che sono le circostanze. Ciò che è la soddisfazione stessa non può
essere soddisfatto né dalla forma, né dal vuoto, nemmeno dalla luce. Pertanto,
tutti e tre promettono ciò che puoi chiamare libertà, ma una promessa di libertà
non può soddisfarti, perché tu sei la soddisfazione stessa e nessuna luce, nessun
vuoto, nessuna forma possono aggiungere alcunché alla tua natura.

Sono seduto qui per dirti che, se ciò che è, l’esistenza assoluta, avesse bisogno
di una situazione speciale di luce o di vuoto o di qualche specie, non sarebbe
un’esistenza assoluta, perché dipenderebbe da qualche cosa. Qualificare l’esistenza
come assoluta significa semplicemente che l’esistenza è quella che è. Ciò che tu
sei non ha assolutamente bisogno di nessun cambiamento. E ciò che ha bisogno fa
parte di questa terra di ombre effimere, di impressioni sensoriali e instabili.

Perfino la prima luce non è il sole stesso, essa ha bisogno di lui per rispendere;
ma, tu non sei né la luce né ciò che ne deriva, tu sei Quello che è il sole.

Quello è presente qui-ora. Niente deve andare né venire per Quello. Nessuna
circostanza particolare può portarti più qualità; nessuna identificazione o
disidentificazione, nessuna disciplina o non disciplina, nessuna credenza, nessuna
fede.

Tu sei la qualità dell’esistenza stessa, lo stesso vivente, tutto quello che puoi
immaginare. La prima immaginazione è la luce ed essa non può che essere presente
se tu la immagini. Ma chi l’immagina non può mai immaginare se stesso. Così, tutto
ciò che deriva da quella prima immaginazione, sono i riflessi infiniti di quella
luce. E tu non puoi diventare più o meno di ciò che sei per la loro presenza o la
loro assenza. E ti dico, quella totale assenza di scappatoia, è la pace. Se puoi
vedere totalmente che ogni circostanza che si presenta non può essere che una
conoscenza o una realizzazione relativa, essa non ti soddisferà mai.

Tu ti preoccupi di ciò che arriva solo perché aspetti un sollievo, una soluzione,
ma non succederà mai per questo problema che non è mai esistito. Per trovare una
soluzione, bisogna dapprima trovare un problema.

D: Allora, continuo a vivere come vivo?

K.R.: Niente continua, niente arriva, niente se ne va. La coscienza non fa che
prendere un’altra forma, poi un’altra, poi un’altra ancora nella totalità
dell’esistenza, ma anche questo non si muove. Infatti tu guardi la scena seguente
del film che è già stato girato. La manifestazione dell’esistenza non appare né
dispare mai. Tu non puoi cambiare il minimo dettaglio.

D: Ma, per un qualsiasi cammino spirituale, devo almeno credere che c’è un libero
arbitrio.
K.R.: Il libero arbitrio è un’esperienza che non puoi decidere di fare. C’è
un’esperienza sia di libero arbitrio che di non-libero arbitrio e queste due
esperienze fanno parte della realizzazione di ciò che tu sei. Ma nei due casi, non
c’è nessuno per avere un libero arbitrio o no.

Un giorno, fai l’esperienza del libero arbitrio e, il giorno dopo, del contrario.
Ma guarda, colui che fa l’esperienza, è quello che sei? In realtà è già un
personaggio di sogno.Dire che non c’è libero arbitrio è ancora un’idea e questo non
aiuterà. Ma il più bello è che tu non hai bisogno di alcun aiuto da nessuno. Ogni
conoscenza o chiarezza cui puoi aspirare è in ogni caso effimera, ma la conoscenza
che tu sei non può essere né data né ripresa, essa è assolutamente indipendente da
ogni idea di libero arbitrio o no. Le due cose sono dei concetti che non possono
cambiare ciò che sei. Volontà di Dio o no, trova anzitutto Dio e poi se ne potrà
parlare.

D: Ho cercato tutta la vita e non l’ho mai trovato. Ho bisogno d’aiuto.

K.R.: D’aiuto? No, non posso aiutarti. Tu non hai bisogno d’alcun aiuto e quello
che ha bisogno d’aiuto non mi interessa. Io ti aiuto forse a scoprire che non hai
bisogno di nessun aiuto.

D: Quando rispondi alle mie domande, hai l’intenzione di essere compreso?

K.R.: No, ciò che dico è una mancanza totale di pertinenza. E’ il divertimento del
Sé senza alcun necessità, un divertimento automatico, una realizzazione spontanea.
Qui, non c’è nessun aiuto.

D: Le tradizioni religiose come le si conoscono danno l’impressione di cosificare


il reale.

K.R.: Nel buddismo si chiama “preservare il dharma”, il dharma degli insegnamenti o


del mondo, mantenere il samsara in vita. E’ il dovere del funzionamento di questa
religione, un funzionamento di sopravvivenza, perché la manifestazione in quanto
tale deve continuare. Tuttavia, non è né bene né male. Conservare gli insegnamenti
o ciò che può essere insegnato in vita non è che un puro sistema di sopravvivenza,
però puoi vedere che nessun insegnamento o nessun metodo può farti raggiungere ciò
che sei, ed è per scoprire questo che esistono metodi ed insegnamenti.

D: Quale sarebbe il buon metodo?

K.R.: Non importa quale. Non ci sono metodi speciali, certi dicono che “nessun
metodo” sarebbe il metodo migliore, ma neanche questo può aiutarti.

D: Se penso che sono la pace, vuol dire che non lo sono.

K.R.: Tu sei ancora e sempre la pace. Non puoi lasciare ciò che sei, non ha
importanza se cadi nella separazione o no. Lasciare ciò che sei e ritornare a ciò
che sei non è che un sogno. I sogni non possono né farti né disfarti. Non hai mai
lasciato la casa, tu sei quello che è la casa. Che tu sogni di essere un
affittuario o no, tu sei sempre quello che è la casa. Per te, per ciò che sei, non
c’è necessità che cambi qualcosa. Non c’è andare e venire.

D: Tu ti ricordi del tuo stato prima dell’esperienza?

K.R.: Posso solo dire che, per ciò che sono, non c’è né prima né dopo. Questo era
non importa quando ciò che era, ciò che sono. E per Quello non c’è né prima né
dopo.

D: Allora questa esperienza non ha in se stessa né data né ora?

K.R.: Non ha impatto. E’ questo l’impatto. Che niente abbia impatto è un impatto
assoluto per ciò che sei. Tu non puoi “impacchettare” niente, lasciando tutto, non
puoi far sparire niente. Niente è dovuto partire. Niente è mai stato là, dunque
niente deve andar via.

karl renz

La differenza tra il risveglio e la liberazione ~ Tony Parsons

Domanda: Quindi stai dicendo che io non posso fare nulla e non ho alcuna
responsabilità?
Tony Parsons: Continuo a ripeterlo: no, non sto dicendo che non puoi fare nulla
perché implicherebbe che c’è qualcuno che non può fare nulla. Ma la realtà è: non
c’è nessuno. Questo è qualcosa di completamente differente. Molte persone
cosiddette Advaita odiano questo messaggio. Dicono che promuovo la pigrizia, che è
una cosa terribile, spiacevole da dire. Non comprendono quello che viene
fondamentalmente, essenzialmente detto e cioè che non c’è alcuna scelta, nessun
libero arbitrio. Non c’è nessuno. Credono completamente e totalmente nella realtà
della scelta individuale. Per questi ascoltare che non c’è nessuno… è impossibile
ascoltarlo. Quindi continueranno a discutere nella dualità. D’altro canto: conosco
molte persone che sono venute una volta e l’hanno visto totalmente. Altri vengono
agli incontri alcune volte, e poi l’intera idea dell’individualità semplicemente
scompare. Cade a pezzi. Il risveglio sta accadendo dovunque in questo periodo. E
quello che le persone dicono è che quando accade, realizzano che è assolutamente
naturale e ordinario. Non una gran cosa, in un certo senso. In altro modo invece, è
assolutamente meraviglioso.

Commento: Fai una distinzione tra risveglio e liberazione.


Tony: Diventiamo separati e prendiamo il pensiero “Sono una persona separata” in
età molto precoce. E da quel momento di separazione, la ricerca inizia. Cerchiamo
ciò che pensiamo di aver perso. E quindi cresciamo in un mondo dove ci viene
insegnato di sforzarsi e far funzionare le nostre vite, e poi è possibile che
iniziamo a cercare qualcos’altro che non sia avere successo nel mondo, e
l’illuminazione è una delle cose verso cui ci dirigiamo.

Commento: L’illuminazione è un altro modo per avere successo.


Tony: Giusto. E quindi andiamo da un insegnante che ci insegna che c’è ancora un
individuo con una scelta. La maggior parte degli insegnamenti sono così. E’ molto
raro trovare un insegnamento come questo, che è così radicale. Per il me, il
ricercatore, c’è solo la ricerca, e poi viene un momento in cui non c’è alcun
ricercatore, non c’è tempo, c’è solo Unità. E questo non viene visto dal
ricercatore, ma viene semplicemente visto da nessuno. Questo, per me, è il
risveglio. E per sempre dopo di esso c’è una percezione totalmente differente, ma
ad un livello sottile c’è ancora una persona, c’è ancora una ricerca che va avanti,
un volere conoscere cosa è accaduto. La persona ritorna e vuole possedere quanto
appena successo. Non lo comprende. E quindi c’è un periodo di integrazione di ciò
che è accaduto, e la persona vuole possederlo. Le persone possono rimanere in
questo per il resto della loro vita. O la liberazione può accadere, che è la
realizzazione che il ricercatore che vuole possedere questo è anch’esso l’Unità. E
quando ciò viene realizzato, viene improvvisamente visto da nessuno che c’è solo
l’Unità, e poi è tutto finito. Nella liberazione non c’è più il senso che ci sia un
individuo separato. La liberazione è la fine completa del senso di separazione. Ma
c’è ancora un organismo corpo-mente che ha delle memorie condizionate, che ha
reazioni e preferenze. E’ la Vita. E va avanti.

Commento: Le emozioni continuano a manifestarsi.


Tony: Oh assolutamente. Tutto può accadere. Nulla viene negato. La differenza tra
il liberato, o piuttosto la liberazione, e l’individualità è che quando un emozione
come la rabbia sorge, semplicemente sorge per nessuno, ma tutto il tempo che c’è un
individuo pensa che la rabbia è sua, che sta accadendo a lui, che la possiede.
Nell’individualità c’è sempre il possesso di tutto. Nella liberazione non c’è
nessuno che possiede la rabbia, sta accadendo a nessuno.

Commento: Non c’è ancora una dualità sottile presente dato che da una parte c’è la
rabbia associata all’ego e dall’altra c’è qualcosa che la testimonia.
Tony: Beh, così è come sembra, ma nella liberazione non c’è un testimone. E’
finito. Nel risveglio può esserci un testimone, e anche prima della liberazione può
esserci un testimone, ma nella liberazione non c’è neanche qualcosa che è
consapevole della manifestazione. C’è solo l’essere, tutto ciò che è.

Commento: E questo non è comprensibile…


Tony: No, è un mistero totale. E certamente va contro molti insegnamenti, che
insegnano che nell’illuminazione non c’è la rabbia, non c’è il pensare. Questa è
ignoranza. Questa è un’idea di come la percezione dovrebbe sembrare. Nella
liberazione nulla è negato.

Commento: Tutto è perfetto.


Tony: Tutto è perfetto, ma non sta più accadendo a qualcuno.

Commento: Quando sei un bambino piccolo, non c’è anche lì nessuno a cui le cose
accadono.
Tony: No, c’è solo l’essere.

Domanda: Pensi che sia un naturale ed inevitabile sviluppo che un bambino cresca in
questa illusione di essere un individuo?
Tony: Sì assolutamente. L’Unità vuole giocare il gioco di essere un individuo, di
cercare qualcosa chiamato “non essere un individuo”. L’Unità vuole giocare. L’Unità
è certamente affascinata dal non essere uno.

Tony Parsons

Questa è la rivoluzione ~ Brendan Smith

I pensieri non sono per natura dualistici. Sarebbe come dire che i fiori o gli
alberi o una farfalla sono per natura dualistici. Tutto è l’Unità che appare come
ciò che sta accadendo. Non ci sono due. Quindi anche i pensieri sono l’Unità che
pensa.

Quello che succede con l’apparenza del pensiero/sensazione ‘me’ è che ci sembra di
essere un ‘io’ che è stato creato come separato dal resto della vita!! Non c’è! C’è
solo la vita stessa! Si potrebbe dire che anche questo apparente ‘io’ che si sente
separato è una creazione momentanea e spontanea della Vita stessa!

Questo apparente ‘io’ che è separato dai pensieri, separato dai sentimenti,
separato da tutto ciò che sta accadendo, sembra essere il creatore di una
separazione energetica e della dualità. Ma non c’è dualità! Tutto è la Vita!

Puoi dire che questo apparentemente ‘io’ separato cerca di relazionarsi con gli
apparentemente pensieri separati. Sembra che ci sia una sottile divisione
nell’esperienza, vi è un io che controlla, che vede, che cerca di manipolare gli
apparenti pensieri. Ma anche questo è solo il gioco della vita! L’Uno gioca a fare
due, per poi ri-rendersi conto che era sempre uno tutto il tempo!

Nondualità è la parola usata per descrivere la fine di questa divisione di


esperienza, un crollo di una dualità che non era, che è solo apparentemente,
spontaneamente, e momentaneamente creata dal “pensatore” e “pensiero”. Anche in
questo caso, non ce ne sono due. Vi è solo ciò che sta accadendo in questa Storia
d’Amore non lineare!!

Oh respirare !! Vedere!! Ascoltare!! Meraviglia!!

Un altro aspetto di questo, è che il senso del ‘me’ è sempre un senso accumulato
composto di Tempo. Il “me” è un senso accumulato di sé, fatto di ricordi,
abitudini, conoscenze, conflitti, sofferenze e paure, che è il residuo registrato
del passato. Eppure, allo stesso tempo, l’Unità è l’unico me! Ecco perché questa è
una storia d’amore non lineare! Non ha passato!

Nel vitalità selvaggia del presente, che è la Vita stessa, non c’è alcun senso
accumulato di sé, e così la rilevazione della vita è radicalmente, fondamentalmente
diversa. Senza un senso accumulato di sé, vi è la possibilità che la Vita sia
energeticamente rilevata come essere intero e completo, perfetto così com’è. Questa
è la morte per il “me”, per l’ ‘”io” che sembrava essere separato dalla vita
stessa, e con questa morte, non nasce una rivoluzione dato che questa è la
rivoluzione che sta sempre solo accadendo.

La meraviglia, la vera meraviglia dell’essere è che l’Unità sta apparendo nella


forma, il Senza Forma che appare come Questo!

L’Amore non insiste mai ~ Avasa

Non c’è nulla che puoi fare, non puoi andare contro questo risveglio e non puoi
accelerarlo. Sorgono domande perché a qualche livello intuitivo la mente sa che sta
sta accadendo qualcosa di cui essa stessa non è in controllo. La mente non può mai
produrre il silenzio, la mente è un prodotto del silenzio e quindi non puoi
produrre ciò che è precedente ad essa. Ma occasionalmente può divenire consapevole
della sua presenza e sebbene questa sia la cosa che la mente vuole di più è anche
la cosa che teme di più.

E’ lo stesso schema, lo stesso gioco dell’innamoramento. Vedi ciò di cui ti vuoi


innamorare e allo stesso tempo la maggior parte di te cerca di resistere. Visto che
è l’Amore ciò che crea tutto l’universo, esso troverà sempre il suo modo per
riuscire, sii chiaro su questo. L’Amore non insiste mai nei suoi modi, ma sa che
troverà sempre la sua strada , non ha bisogno di insistere.

Nessuno realizza e nessuno non realizza, sono entrambe azioni impersonali, che
sorgono come sensazione o pensiero, sono testimoniate dalla Consapevolezza Vuota,
da nessuno.
Quando questo è visto con chiarezza è ovvio che tutto il vedere è visto,
testimoniato, dallo stesso Essere e che questo Essere stesso è ciò che si manifesta
in modo temporaneo come le cose, anche se in se stesso resta quel nulla in cui la
manifestazione accade, tutto è Uno.

Questo allora è “Io”, Io sono il nulla da cui tutto si manifesta E la


manifestazione stessa. Questo è vero di tutti noi, perché non c’è un NOI, c’è solo
Io.

La mente e il corpo hanno un centro? ~ Sailor Bob Adamson

La mente non può afferrare il nulla; non le piace il nulla. La mente, essendo una
cosa essa stessa, è dualistica. Divide sempre nelle coppie di opposti, nelle cose.
Non può conoscere o afferrare o capire il nulla. Il fatto è che potreste aver
cercato nella direzione sbagliata. Siete tutte persone intelligenti, ma potreste
aver cercato per anni. Avete lavorato così tante cose nella mente, ma non è
possibile trovare questo perché credete che sia una qualche sensazione o concetto o
idea di cui è stato letto, o di cui la gente ha parlato. Cerchiamo qualcosa di
simile e manchiamo la «non-cosalità» di essa.

Dovete prendere queste cose in esame . Hanno bisogno di essere guardate e comprese.
Sono questo corpo, per esempio? Di che cosa è fatto questo corpo? Noi indaghiamo,
diamo un’occhiata e vediamo che non è altro che gli elementi. Si tratta per l’80%
di acqua. Poi ci sono l’aria, lo spazio, la materia, il fuoco. È solo gli elementi.
Gli elementi possono essere suddivisi in particelle subatomiche, in nulla. Guardate
a esso ancora una volta e vedere anche che non si può essere separati dagli
elementi. Questo corpo è gli elementi. E non è separato dagli elementi. Vedete
quanto si può andare lontano senza aria! Vedere dove potete arrivare senza acqua,
spazio, calore corporeo (il fuoco) o materia.

Non mi piace usare la parola “Dio” o “il Supremo” puramente e semplicemente per la
ragione che ognuno di noi probabilmente ha un concetto diverso di cosa siamo giunti
a credere che Dio sia o non sia. Anche se siamo agnostici o atei, avremo un
concetto al riguardo. Uso il termine «intelligenza-energia», ma io non sto parlando
del vostro intelletto, perché ci sono molti gradi diversi di intelletto.

Quello di cui sto parlando è quella stessa intelligenza che fa funzionare


l’universo. Il fatto stesso che i pianeti possano orbitare intorno alla terra e
formare dei gas nella particolare configurazione e forma e tenere quella forma
implica un’intelligenza. L’andare e venire delle stagioni implica un’intelligenza.
Le maree che entrano ed escono implicano un’intelligenza. Guardate da vicino. Sta
battendo il tuo cuore in questo momento, sta crescendo i capelli e le unghie,
digerendo il cibo, sostituendo le cellule nel vostro corpo.

Il meccanismo e il funzionamento di questo corpo implicano che c’è una meravigliosa


intelligenza che si esprime attraverso di esso, come esso. E questo è in realtà
quello che siete – quell’intelligenza-energia. Essa vi ha formato, vi ha cresciuto
e continua a crescervi. Sta sostituendo le cellule nel vostro corpo e facendo altre
cose del tutto naturalmente, lo stesso che è nell’universo. Ma quello stato
naturale è apparentemente stato offuscato dal ragionamento o dal funzionamento
della mente.

Guardate il corpo e scomponetelo. Non c’è un centro qui in questo corpo che io
possa dire “questo è ciò che sono”. È iniziato con l’unione dello sperma e
dell’ovulo. Se il corpo ha avuto un qualche centro sarebbe stato quella cellula
originale. Ma quella è andata da tempo. In questo momento, ci sono molte cellule
che muoiono in questo corpo e che vengono sostituite.

Un’altra questione è “sono questa mente?” Sono questo pensiero primario “io sono”?
Quel senso di presenza si esprime attraverso la mente come quel pensiero “Io sono”.
Guarda al pensiero. Esiste davvero una cosa come la mente, oltre al pensare? Non
riesco ad afferrare tutto ciò che posso chiamare mente.

Che cos’è il pensare? Il pensare a livello sottile è una molto, molto sottile
vibrazione. Al livello di parola pronunciata è un suono. Il suono è una vibrazione,
e una vibrazione è un movimento di energia. Quindi è lo stesso. Non hai ancora
separato quell’intelligenza-energia. Se guardate di nuovo la vostra mente, si vedrà
che vibra sempre negli opposti interconnessi. Se non è passato, che è la memoria, è
anticipazione e immaginazione, che è futuro. E all’interno di tale intervallo, sta
costantemente vibrando come coppie di opposti correlati. È buono o cattivo,
piacevole o doloroso, felice o triste, amare o odiare, o qualsiasi altra cosa.

Date un’occhiata alla vostra mente. Sta costantemente vibrando in quei modelli.
Vedete se sta facendo qualcosa di diverso da ciò. Quindi, vedete, il pensiero è uno
strumento meraviglioso quando è utilizzato, la sua attività è molto meccanica. Un
bambino, quando è nato, non ha lasciato quello stato naturale. Lui sta ancora
funzionando in quello stato naturale. Se ha fame piangerà. Se è felice gorgoglierà.
Lui defeca e urina senza alcun senso di preoccupazione. Succede soltanto, proprio
come il suo cibo viene digerito.

Sta facendo attività, muovendo le mani, muovendo le braccia, ogni sorta di attività
è in corso. In quella fase non sta attribuendo queste cose a un me (“io sto facendo
questo” o “io sto facendo quello”). Lui non sa. Il ragionamento non è iniziato.
Mentre il corpo cresce, anche questa linea di ragionamento comincia a funzionare. I
suoi genitori gli dicono “il tuo nome è Johnny, sei un bravo ragazzo, sei un
cattivo ragazzo. Tu sei questo, tu sei quello”.

Sente questo, e questo comincia a incidere su di lui. Egli impara che cosa
significa questa parola o che cosa questo pensiero è. Egli lo traduce in etichette
che gli vengono insegnate. Quindi, prima o poi si rende conto che è di me che
stanno parlando (“Questo sono io. Io sono Johnny”), mentre prima era solo “il
piccolo Johnny”.

Quando l’idea di un “io” o un “me” scende su di lui, naturalmente, la mente,


funzionando nell’opposizione, chiede, «qual è il contrario di io o me? Non è altro
da me, o non-io?» Ora sta vedendo cose che prima non discriminava affatto. Era solo
il vedere; era solo l’udire. Ora quel senso di “me” o “io” scende su di lui. Egli
sta vedendo queste cose come “non me” o “non io” (o altro da me), e si sente
separato da esse.

Accesso diretto a Dio ~ Rupert Spira

Quando la nostra attenzione viene portata alla conoscenza del nostro proprio Essere
– che ciascuno di noi sa essere l’esperienza di “Io Sono” – cominciamo ad andare
verso il nostro proprio Essere. Quando sentiamo parlare del nostro Essere,
cominciamo già ad andare lì. A qualche punto della nostra strada, arriviamo lì. In
realtà, non è che veramente arriviamo lì, o andiamo lì, questa è solo una metafora.
In altre parole, quando sentiamo parlare del nostro Sè, è come se il conoscere il
proprio Essere risplendesse e noi venissimo portati lì; qualcosa nelle parole, in
una frase, ci porta lì. Allora, quando andiamo lì, per così dire, noi tocchiamo la
nostra vera natura, noi ci conosciamo veramente per come siamo.
In quel momento senza tempo, perché l’attività della mente è assente, compare un
rilassamento del corpo e della mente, magari non completo, ma alcune delle
contrazioni, che sono il sé separato, si rilassano e accade uno sbrigliamento della
tensione derivante dalla separazione. Quello sbrigliamento, quel rilassamento del
corpo può essere espresso in vari modi: lacrime, risate, pelle d’oca, tremiti,
sensazioni di malessere o sensazioni di piacere, come un’onda dolce che si diffonde
nel corpo, o anche come se qualcosa in noi si spezzasse. Può sembrare di essere
stati scossi da un terremoto e in questo caso è spiacevole. La forza della nostra
conoscenza di “Io Sono”, che tutti noi conosciamo, non è la conoscenza di qualcosa,
non è qualcosa che la mente conosce, bensì è una sorta di “buco” nella mente, è un
accesso diretto a Dio.

Ora, è questa un’esperienza straordinaria? È qualcosa a cui io ho un’accesso


speciale e tu non hai accesso? È qualcosa che richiede un tuo interesse alla non-
dualità affinché tu possa accedervi? E’ ciò che ciascuno di noi essenzialmente è.

Il vedere è senza tempo ~ Sailor Bob Adamson

Questa è la cosa di cui siamo stati schiavi (quella falsa credenza in un centro
indipendente, sostanziale o ego). Si tratta di un fantasma, qualcosa che non
esiste. Tutto ciò che serve è un’indagine su ciò che viene sottolineato. Guardate
da soli mettendolo in discussione e date un’occhiata. Guardate attentamente e
vedete se qualcosa può essere trovato lì che abbia una qualsiasi sostanza o natura
indipendente. E non ci vogliono 20, 10 o 5 anni – non ci vuole tempo affatto. Il
vedere è proprio adesso, è immediato. È sempre stato immediato e sempre lo sarà.
Puramente e semplicemente perché è senza tempo.

Vedete che la ricerca stessa è una trappola, perché la ricerca implica che ci sia
un’entità che ha bisogno di diventare qualcosa. E diventare implica un tempo futuro
– non è essere. Diventare non può mai essere essere e ciò di cui stiamo parlando è
essere. Noi chiamiamo noi stessi “esseri umani” e chiamiamo Dio “Essere Supremo”.
Mettete via queste due etichette (umane e Supremo) e cercate di separare il senso
di essere. Potrei chiamare questo essere qui Bob, e potrei chiamare quell’essere lì
Joan. Chiamiamo sedia la sedia su cui siamo seduti. Ma togliete tutte quelle
etichette e cosa rimane?

Il substrato o la base, il senso di essere, il modello e la forma di cui stanno


prendendo la configurazione o in cui appaiono. Ma il modello e la forma sono solo
apparenza. La loro essenza è ancora quell’energia (puro essere) che vibra in quei
modelli. Quindi non c’è davvero nessun posto dove andare e non c’è nessuno ad
andare lì. E non c’è nulla da ottenere e nessuno per farlo.

Se guardate a ciò, la prima domanda che arriverà è “Beh, come faccio a vivere la
mia vita?” Tu vivi la tua vita allo stesso modo in cui hai sempre vissuto. Se vedi
che non c’è “me” qui con qualsiasi sostanza o natura indipendente ora, quando mai
avrebbe potuto essercene uno? Nel vedere che non ha sostanza o natura indipendente
ora, quella cosa in cui abbiamo creduto per tanto tempo, potrebbe mai aver avuto
qualsiasi sostanza o natura indipendente?

Così si può tornare allo spermatozoo e all’ovulo. Si può andare indietro fino a
prima dell’essenza del cibo di tuo padre e dell’essenza del cibo di tua madre. Si
può tornare alla cosa di cui quell’essenza di cibo si alimentava. Si può vedere che
non ha inizio. Quello sperma e quell’ovulo si sono riuniti, la cellula si è
sdoppiata e risdoppiata e ha cresciuto questo piccolo embrione e piccolo feto e
bambino. Non c’era nessuna entità che stava facendo nulla di tutto ciò. Non c’era
nessuna entità, quando è nato e ha esalato il suo primo respiro. Non c’era nessuna
entità del genere prima che venisse fuori il ragionamento. E quando il ragionamento
viene, può ancora non esserci alcuna entità. Se la si guarda e si vede che è una
finzione ora, deve essere stata una finzione allora.

Vedete, la vita è stata vissuta. È quella presenza-consapevolezza che si esprime


attraverso questi modelli energetici. Sono loro quella presenza-consapevolezza, in
sostanza, in tutta la sua diversità. In ognuna delle nostre vite, non c’è stato
nessuno che abbia mai vissuto una vita. La vita sta vivendo ed esprimendo se stessa
come se stessa. Ciò potrebbe sembrare portarci via nell’espressione in quella
credenza erronea. Ma altrettanto facilmente di come ci ha tenuto in essa, ancora
una volta può portarci fuori di essa vedendo che era una falsa credenza. Stiamo
scambiando l’ombra per la sostanza o l’essenza, comunque la si voglia chiamare. E
questo è fondamentalmente tutto ciò di cui si tratta.

A causa di questa convinzione erronea (di un “me”) c’è la cosiddetta sofferenza


umana. È solo un “io” che può avere paura. È solo un’ io ‘che può essere ansioso. È
solo questo’ me ‘che può essere arrabbiato o pieno di autocommiserazione o di ansia
o stressato. La credenza costante in ciò lo ostruisce e lo ingigantisce fino a
quando non diventa apparentemente schiacciante. Ma non è necessario per quella
sofferenza essere lì. Vedette che il “me” è la causa di tutti i miei problemi. Gli
effetti sono lo stress, l’ansia, la paura, l’autocommiserazione, il rimorso, il
senso di colpa, la vergogna.

E noi cerchiamo da anni di superarli, di fare qualcosa per essi, per sbarazzarcene
in un modo o nell’altro. Ma se solo si realizza che la causa è una finzione – e non
ci può essere un effetto senza causa, allora l’energia della fede non può più
andare in esso come fosse reale o avesse qualsiasi sostanza o qualsiasi natura
indipendente. Se tutta questa manifestazione è energia e l’energia non sta seguendo
alcun modello, cosa deve accadere al modello? Non deve il modello andarsene da
solo?

L’esperienza qui è che questo è così. Ero in quelle paure, ansie e stress
egocentrici, emozionali e psicologici. Ma oggi, e da un bel po ‘di tempo, parecchi
anni, non sono lì. Ciò non vuol dire che sono uno zombie sconsiderato e senza
emozioni. Vuol dire che tutte le attività, il funzionamento continua ancora – il
vedere, l’udito, la degustazione, la toccare, l’odorare, il pensiero, il
sentimento, i pensieri positivi e negativi funzionanti in tutte le loro opposti.

Le emozioni e le cose ci sono, ma non sono fissazioni. Non si trattengono.


Emergono, fanno la loro parte e scompaiono, proprio come la nube non è attaccata al
cielo. La nuvola entra nel cielo, fa la sua parte e scompare. La nube non è
attaccata al cielo, il sole non può mai cadere dal cielo. E sempre e sempre auto-
splendente. E ti rendi conto che il sole stesso fa la nuvola, e il sole stesso la
soffia via. Così si vede che questi pensieri che emergono non sono altro che
l’attività di quell’intelligenza-energia. Essi non sono attaccati da nessuna parte.
Conoscendo la verità su di essi, essi andranno avanti. La vita continua a
funzionare senza l’attività egocentrica.

L’energia senza confini di ciò che è ~ Tony Parsons

La storia di Adamo ed Eva è un’allegoria che descrive la perdita del “paradiso”


attraverso il sorgere della coscienza di sé. Quindi, sembra, che c’è la totalità
(paradiso) e all’interno di questa vastità senza confini, energia senza causa,
qualcosa appare che fa esperienza di sé come essere separato dalla totalità
(paradiso).

Questa è una metafora che indica quella che sembra essere “la storia” della
coscienza di sé, da cui è nata apparentemente la conoscenza ed esperienza del
libero arbitrio, della scelta, del tempo e dello spazio, dell’obiettivo e dalla
direzione nella vita.

Come “la storia” si dispiega, così il sé impara a conoscere “il mondo là fuori” e
tenta di negoziare la miglior soluzione possibile per sé… apparentemente compie
ogni azione per cercare il piacere ed evitare il dolore. Più grande è la conoscenza
più efficace l’azione, i risultati e il senso apparente del controllo personale.. o
almeno così sembra.

Tutti questi sforzi hanno vari risultati, e quindi l’individuo arriva a conoscere
stati transitori di gratificazione e disappunto. Tuttavia, può essere notato che
sembra esserci un senso di insoddisfazione di fondo che guida il sé a cercare un
significato più profondo.

Poiché il sé apparente può solo esistere attraverso il suo sapere, la sua ricerca
per un significato più profondo sarà limitata a ciò che può conoscere e fare
esperienza. All’interno di queste limitazioni c’è una moltitudine di dottrine,
terapie, ideologie, insegnamenti spirituali e sistemi di credenza che il
ricercatore può arrivare a conoscere. Ci può anche essere il conoscere e
l’esperienza di stati di silenzio, immobilità, beatitudine, consapevolezza e
distacco, che sembrano tutti andare e venire come il giorno e la notte.

Tutti questi insegnamenti, raccomandazioni e prescrizioni stanno cercando di


fornire al ricercatore risposte a ciò che è inconoscibile, e modi di trovare ciò
che non è mai stato perso.

Quindi il sé è il ricercatore separato che persegue tutto ciò che pensa di poter
conoscere e sapere, eccetto l’assenza di sé stesso. Quell’assenza è il vuoto che è
inconoscibile, ma paradossalmente è anche a vera pienezza, la totalità (paradiso)
che si brama.

L’apparente ricercatore se incontrasse una percezione che rivela la grande


profondità della reale natura della separazione e che espone senza compromessi la
sublime futilità della ricerca, potrebbe esserci il collasso del costrutto del sé
separato.

Il messaggio totalmente impersonale porta con sé un’energia senza confini nella


quale si scioglie l’apparente contratta energia del sé. Può sorgere una risonanza
che è oltre la consapevolezza… qualcosa di ineffabile può essere sentito… può
emergere una fragranza e un’apertura alla meraviglia dell’inconoscibile.

Improvvisamente sembra esserci un cambiamento ed una realizzazione impersonale che


questa è già totalità. La semplicità senza confini, nuda, innocente, totalmente
libera e meravigliosa dell’essere è già tutto ciò che è… è straordinaria nella sua
ordinarietà ed eppure non può essere descritta.

Cos’è la Non Dualità? ~ Ella May

Mi chiedono spesso di cosa parlo, quindi cos’è esattamente la Non Dualità?

Beh, in realtà non è qualcosa di cui davvero si può parlare. Ma riguarda l’idea che
non c’è alcuna separazione, nessun sé separato, che il sé è un’illusione e c’è solo
totalità.

La Non Dualità fondamentalmente dice “non due” quindi c’è solo uno. Il senso del
sé è sorto a causa dei nostri cervelli sofisticati e probabilmente per l’istinto di
sopravvivenza.

Ma il sé davvero sente di essere separato e reale. Ha anche il suo proprio mondo


che chiama la mia vita, vede se stesso come un essere in un corpo, con i suoi
propri pensieri e che la vita è la fuori e il mondo è esteriore.

Questo causa sofferenza perché c’è sempre un senso di contrazione e una sensazione
di non essere in grado di acchiappare la vita o di farla funzionare.

Sebbene alcune persone sembrano avere successo, rimane ancora la sensazione che
manchi qualcosa. Basta che guardi alle celebrità che sembrano avere tutto per
vedere che la ricerca è molto forte anche lì attraverso pratiche spirituali,
droghe, beni materiali, relazioni, ecc.

Il sé cerca sempre questa interezza ma non la ottiene mai. Perché il sé è


un’illusione ed esiste solo nella separazione, e come ricercatore cerca di trovare
la totalità.

Ma il sé è nella totalità, anche come illusione.

Alcune persone tuttavia hanno quello che viene chiamato glimpse o vedere, con
nessun senso del sé presente, che è quando la totalità riconosce se stessa. Di
solito il senso del sé ritorna e il ricercatore inizia la sua ricerca ancora più
intensamente per tornare all’interezza che sentiva di aver sperimentato. Ma non
c’era alcun sé presente nel riconoscimento della totalità. Quindi come può qualcuno
ottenerlo?

Qualche volta, e non sempre, c’è poi un pieno riconoscimento che c’è solo la
totalità e nessun ricercatore e questo può essere chiamato liberazione.

Ma in realtà nessuno diventa liberato perché il sé è un’illusione. Quello che


rimane è pura spaziosità e totalità, proprio questo, la vita sta già accadendo, ma
a nessuno.

Tutto questo sembra come una storia e quasi come una serie di fasi, ma in realtà fa
parte dell’illusione. Non c’è alcuna formula per l’illuminazione, il risveglio o la
liberazione. Non c’è niente che uno può fare per svegliarsi e più chiaramente non
c’è niente che deve esser fatto.

C’è solo questa meravigliosa totalità.

Ella May

La Sorgente ~ Lisa Cairns

Domanda: Qual è la sorgente di questa espressione energetica della “personalità”? E


perché è così potente se è illusoria? E perché ha una specifica locazione qui e non
lì?

Lisa: La Sorgente di tutto non sarà mai conosciuta; tutto quello che c’è è la
Sorgente. Tutto quello che c’è è Dio che fa esperienza di se stesso attraverso
l’apparente separazione degli oggetti.

Qual è la Sorgente di tutto? Ogni cosa e nessuna cosa. Non una cosa, e ogni cosa.
Non puoi mai stare fuori dal tutto e guardare per vedere cos’è. C’è solo la
Sorgente, e non è una cosa particolare.
La contrazione energetica fa parte di questa espressione. Non è separata da questa
espressione. La separazione non esiste realmente, appare solamente così. E’ molto
strano e impossibile parlarne.

La separazione si sente molto reale perché è ciò che è progettata che faccia. E’
progettata per dare l’apparenza di un “qualcuno” che è separato dalla vita. Non
esiste realmente, questa persona separata. Ciò che è, è questo, i suoni, odori, le
viste, le sensazioni, ecc. In ciò, la prima astrazione, che in un certo senso non è
neanche un’astrazione, è “io” sto facendo esperienza di questo, piuttosto che
semplicemente il puro esperire, senza un “io”. L’astrazione sorge nell’esperienza.

Non è sbagliato e non ha bisogno di essere negato. E’ solo una descrizione di ciò
che sembra stia accadendo. Non è chi sei. Per fare esperienza c’è bisogno di un
oggetto che sia esperito. Tutto quello che c’è, è l’esperire, ed è così intimo che
non c’è separazione tra l’esperire e gli oggetti; sono uno e la stessa cosa.

Tutte queste domande alla fine si riducono al non sapere. Proprio qui, proprio ora
c’è solo un grande non-sapere. C’è un sapere dell’esperienza, ma niente che sia
conosciuto nel pensiero. C’è solo esperire. Tutto nel pensiero è ipotetico; questo
implicherebbe che c’è sapere, ma anche non-sapere.

Non sappiamo mai la risposta a chi siamo, o perché questo sta accadendo, o come
sbarazzarci dalla contrazione energetica. Tutto ciò è fumo, è ipotetico.

La sola cosa che è sempre conosciuta è l’esperire, che è puro, semplice e


immediato.

La descrizione di ciò che sta accadendo è solo una descrizione di ciò che sorge
nell’Essere Vita dell’apparente personaggio. L’apparente personaggio è solo una
forma di espressione. Ci sono miliardi di forme di espressione in questo, e tutte
sono ciò che è.

Nessuna di esse è mai personale.

Lisa Cairns

L’ego non è reale ~ Sailor Bob Adamson

Con il senso di separazione arrivano insicurezza e vulnerabilità. Questo è quando


la nostra ricerca ha inizio, perché l’insicurezza e la vulnerabilità non sono la
felicità. Non sono completezza. Non sono totalità. La ricerca inizia per cercare di
renderci interi o completi o più sicuri e meno vulnerabili. E naturalmente, poiché
i nostri genitori non hanno guardato o capito, la nostra società e le nazioni non
hanno guardato o capito, la ricerca comincia “là fuori”. Nessuno dice mai a lui
“guarda indietro” o “resta con quell’essenza che sei, quello stato naturale che eri
e sei, prima che quelle nuvole di pensiero cominciassero a formarsi”.

Vedete che tutti i nostri problemi nascono da quell’insicurezza e quella


vulnerabilità. Il bambino, prima di vedere la sua separazione o rendersi conto di
essere separato o credere di essere separato, non sentiva quell’insicurezza e
quella vulnerabilità. Ora le sente e vuole un ambiente caldo, familiare amorevole
intorno a lui. Si sente più sicuro e meno vulnerabile se ha avuto una famiglia
accogliente e amorevole. E ai vecchi tempi le famiglie avrebbero formato tribù. Più
grande e forte è la mia tribù, più sicuro, meno vulnerabile io sono. Oggi le
nazioni vanno in guerra con le nazioni puramente e semplicemente a causa di tale
insicurezza, timorosi che la nazione della porta accanto mi prenderà, mi porterà
via la mia ricchezza o qualsiasi altra cosa. O “Io li prendo prima perché sono
insicuro e vulnerabile e mi rendo più forte prendendoli prima”. Questo è tutto
basato su quell’egocentrismo.

Ma non esiste un centro di sé. Il centro di sé, o ego è la causa di tutti i nostri
problemi ed è una finzione. Il bambino aggiunge allo «io» pensato tutti gli eventi,
le esperienze e il condizionamento, che sono concetti mentali, e forma un’immagine
di sé sulla base di tali concetti. Lui pensa “io sono il piccolo Johnny, e sono
stato un bravo ragazzo o un cattivo ragazzo, o qualcuno ha detto qualcosa a me e
provo vergogna o colpa o paura o qualsiasi altra cosa”. Tutti questi concetti
sembrano essersi concretizzati.

Essi sembrano diventare reali e diventano un punto (il “me” o ego) di riferimento,
a cui tutto è relativo. Qualcosa colpisce quel punto di riferimento, quell’immagine
che ha di se stesso, e non si adatta a quell’immagine, non gli piace. Se
qualcos’altro colpisce l’immagine e vi si adatta, gli piace e ne vuole di più.
Resiste alla cosa che non gli è piaciuta vuole allontanarsene, e così è in
conflitto. Tutti i nostri problemi derivano da questa credenza nel centro di sé.
Tutto ciò che è relativo a quell’immagine fittizia siamo giunti a credere che sia
reale.

L’energia della fede è andata in essa e l’ha resa apparentemente reale e forte
attraverso quella credenza abituale. Ma non è vera e non ha alcun potere, quindi
non ha forza. Consideratelo e vedete che non c’è posto in questo corpo di cui possa
dire «questo sono io». Vedete che questa immagine che ho avuto di me non ha
sostanza. Non è niente di solido, anche se è apparentemente concretizzata. Non puoi
mai trattenerla. Cercate di trattenere un pensiero! E soprattutto, e questo è molto
importante, non ha natura indipendente.

Quel pensiero o immagine non potrebbe nemmeno essere lì se non fosse per quella
intelligenza-energia o la presenza della consapevolezza. Noi la chiamiamo
intelligenza-energia, consapevolezza, coscienza o spirito. Questa è l’etichetta che
abbiamo messo su di essa. Ma l’etichetta non è essa. Abbiamo molti nomi o etichette
diverse per essa, ma nessuna di loro è davvero adatta. Non si può avere un solo
pensiero, senza quell’intelligenza funzionante. Quindi il pensiero non è
indipendente e non ha alcun potere di per sé.

Morirai. La dura verità ~ Ella May

Il fatto è che hai mentito per tutta la vita a te stesso.

Hai creduto l’illusione che sei separato. Hai sofferto, hai vissuto il mito che
possiamo ottenere qualcosa, andare da qualche parte, ottenere l’interezza.

Il sé soffre sempre a causa di questa menzogna. Si rinchiude e dice a se stesso di


avere potere, ma non c’è potere nel sé. Il sé pensa di creare, di attrarre le
energie, cerca la magia della vita che sente essere oltre ciò che può raggiungere.
Ma in questa menzogna non c’è davvero una verità, l’unica verità che c’è, è che il
sé non è reale, quindi morirai.

Morirai prima che il corpo/mente muoia o dopo, morirai, nessuno sa quando o come,
se sarà tranquillo o doloroso. Come e dove accadrà. Il sé potrebbe morire in ogni
momento, nessuno sta veramente vivendo. Il sé non è mai stato reale, non è mai
nato. Nessuno è davvero vivo, c’è solo la vita con nessuno che la vive.

Non c’è un regno dei cieli a cui ascendere. Nessuna vita dopo la morte, nessuna
reincarnazione, nessuna energia personale che sopravvive. E’ questo, qui, totalità.
La spaziosità e libertà che il sé desidera non la otterrà mai. Poiché tutto quello
che c’è è spaziosa interezza.

Questa è la dura verità.

La vita è vibrante, piena, intera, vicina, miracolosa e piena d’amore, ma per


nessuno.

L’illusione della realtà soggetto-oggetto ~ Ella May

Il sé vive nella separazione e quindi vede la vita in una realtà soggetto-oggetto.

Io sono qui in un corpo e là fuori c’è il mondo, questo è me e questa è la mia


vita, lei è lì e io sono qui, oggi è oggi e domani sta arrivando. Le persone si
lamentano delle loro vite, del sistema, del governo, dei loro dolori fisici, del
loro lavoro, dei loro bambini e genitori. La vita è vista nella separazione la
realtà naturale è totalità senza confini, senza limiti.

Il sé cerca di ottenere le cose che percepisce fuori di sé e quando non può


ottenerle soffre. Questa ricerca è nata e afferma che un giorno troverà la totalità
e il soddisfacimento che cerca. Ma non accadrà mai e quindi la sofferenza continua,
dato che il sé esiste solo nella ricerca. Ci è stato insegnato che se “noi”
lavoriamo abbastanza duramente e abbiamo l’atteggiamento giusto e pensieri positivi
allora attrarremo cose buone nella vita di cui abbiamo bisogno per soddisfare
l’appagamento totale. L’illusione che creiamo è nata da questa idea soggetto-
oggetto. Ma il sé non si accontenta mai. Il ricco e in salute sente ancora di dover
cercare di più. Le celebrità cercano attraverso la spiritualità. Le persone
prendono droghe e alcol per perdersi, e si sentono spaventati nelle relazioni in
cui sentono di perdersi!

La realtà naturale è totalità, completa e intera. Non c’è una forza esterna o un
oggetto, nella liberazione tutte le cose sono viste come interezza. Appare magari
in forme differenti ma è la stessa energia che è questo sempre.

Come può esserci qualcos’altro oltre l’interezza? Cosa c’è da ottenere, chi è che
vuole ottenere?

Un’assenza straordinaria ~ Jeff Foster

Nel mezzo dei miei vent’anni, in seguito a una profonda depressione, sono diventato
un ricercatore spirituale molto serio. Il mondo era diventato troppo e volevo
scappare nella Vacuità dietro al mondo e vivere lì. Volevo liberarmi di Jeff e di
tutti i suoi problemi e dimorare nell’Assoluto col mio amico il Buddha. Ho visto
con chiarezza i problemi dell’esistenza: l’impermanenza di ogni cosa,
l’inevitabilità della morte, la natura illusoria del sé, la natura vuota di tutti i
fenomeni. La mia risposta è stata di staccarmi dal mondo.

Ma sono andato troppo in là e sono caduto nel Vuoto. Mi sono staccato così tanto
che il mondo non mi interessava più. Mi sono intrappolato nel nulla. Gli alberi non
erano più alberi, le montagne non più montagne, i fiumi non più fiumi. La vita è
diventata fredda e senza gioia. Non c’era nessun me. Nessun te. Nessun sé. Nessun
altro. Nessun mondo. Nessun passato. Nessun cammino. Nessun futuro. Nessun amore.
Nessuna vita. Nessun significato.

Il sole sorgeva e tramontava, la pioggia cadeva e smetteva di cadere, volti e voci


apparivano e scomparivano nello stesso momento e io non ne facevo nessuna
esperienza. Solo il vuoto era reale, solo il nulla. Per me il mondo aveva cessato
di esistere. E pensavo di essere illuminato!

Credevo di essere un uomo reale, non uno di quegli sciocchi ignoranti che erano
ancora persi nel mondo ‘relativo’, di quelle persone non spirituali che ignoravano
la loro ‘vera natura’. Allora pensavo che la non dualità fosse questo. Pensavo che
la non-dualità fosse staccarsi dalla vita e dimorare nel vuoto.

Quello che allora non potevo vedere era che il distacco assoluto dalla vita era
completamente dualistico. Ci vuole una persona per essere distaccati, e unmondo
per esserne distaccati. Naturalmente dopo una vita di sofferenza, inizialmente è
stato un sollievo trovare il vuoto e scappare dall’inferno che era diventata la mia
vita. Ma il vuoto era diventato un’altra trappola.

Quello che al tempo non vedevo era che il vuoto è totale pienezza. Dimoravo nel
vuoto ma c’era ancora un ‘me’ che faceva il dimorare. Il vuoto non era ancora
collassato nella pienezza. Non ero ancora morto. Non mi ero ancora innamorato di
ogni cosa. Ed è lì che tutto si indirizzava.

Finalmente il distacco è collassato. Tutto lo fa prima o poi. Finalmente c’è stata


la morte della persona, la persona che poteva o meno essere distaccata, e un
rivelazione, per ness-uno, che questo è proprio ‘quello’.L’assenza di gioia se n’è
andata, e c’è stato un immergersi nel mistero assoluto di tutto questo…del tutto al
di là di ogni parola, al di là del linguaggio.

A lungo c’era stata un’assenza di vita. A lungo mi ero seduto a guardare il mondo
senza di me. Il mondo era diventato il mio nemico, perché essenzialmente non era
reale. le interazioni umane quotidiane avevano perso significato perché non c’era
nessun altro. Era stata una tale negazione del relativo, una tale negazione del
mondo. C’era ancora un ‘me’ che negava la vita.

E allora tutto è collassato…. Jeff, è collassato sull’erba del prato, totalmente


esausto, ha guardato su alla luce che trapelava tra gli alberi e la Vita ha detto:

“VIVI, DANNAZIONE, VIVI!”

Il vuoto è collassato nella forma. La forma è collassata nel vuoto. E allora non
c’era più né forma né vuoto. C’era solo questo, senza più alcun modo di sapere che
cosa questo sia. La persona si è dissolta nella meraviglia.

Gli alberi erano di nuovo alberi, le montagne erano di nuovo montagne, i fiumi
erano di nuovo fiumi. Ogni cosa è ritornata al suo posto. Alla sedia era permesso
di essere di nuovo una sedia, mentre nello stesso tempo, naturalmente, era
l’espressione divina, era l’Unità che giocava al gioco di essere una sedia. Una
tazza di caffè poteva ancora essere una tazza di caffè, un pensiero un pensiero,
una sensazione poteva ancora essere una sensazione. La tristezza poteva esser
tristezza, l’amore poteva essere amore. Ogni cosa era se stessa e nulla era mio. Le
parole non riescono a catturarlo, ma finalmente si poteva vivere una vita
ordinaria, e la vita ordinaria era l’unico miracolo.

C’è stato un ritorno al mondo anche se era solo un mondo apparente, anche seera
tutto un sogno, anche se non c’era nessun me e nessun altro. Improvvisamente dopo
anni di essere distaccato e di voler essere distaccato c’è stato un rilassamento in
quello che è. L’intera cosa è collassata in una vita molto ordinaria.

Ma il ricercatore era morto. La ricerca era morta. Jeff è morto e ‘Jeff’ è rinato.
C’è stata la crocefissione e la resurrezione tutto in uno, anche se in definitiva
nessuno è stato crocefisso e nessuno è risorto, e questo è il messaggio finale
della croce.
Quello che è è stato visto come il miracolo. Ed è sempre abbastanza. L’idea stessa
di spiritualità se n’è andata. Quel concetto non era più necessario.Concetti di
‘risvegli’ e ‘illuminazione’ e ‘nulla’ se ne sono andati. Concetti di pratiche e
scopi e conseguimenti futuri se ne sono andati. Perché? Perché l’erba era
abbastanza, l’albero era abbastanza, il terreno sotto ai miei piedi era abbastanza.
Mi sono innamorato del terreno solido o il terreno solido si è innamorato di se
stesso e la ricerca di una vita è terminata.

Come dice Ramana Maharshi:

Il mondo è illusorio.

Solo Brahman è reale.

Brahman è il mondo.

Quando dico “Questo è tutto” o “la liberazione non è un qualcosa che puoi ottenere”
non intendo dare un insegnamento. E’ un tentativo di condividere un vedere. Non
sono un insegnante. Poiché sono nulla non sono né insegnante né studente. Sono
quello che dici tu e sono anche ogni cosa. Tu sei quello che sono e io sono quello
che sei. E tutto finisce qui in un’intimità al di là delle parole.

“Non c’è niente da conseguire” non è un insegnamento, è un confessione.

E’ questo il miracolo. L’uccellino cinguetta, il gatto miagola, e questo organismo


corpo-mente qualunque cosa sia, qualche volta parla di non dualità. E poi va a casa
e si beve una tazza di te. Quando si parla di non-dualità si parla sempre di
qualcosa di cui non si può parlare. Quando ci attacchiamo a idee del sé o idee del
non-sé, o idee di pratiche, o idee di non pratica, cadiamo nella dualità. E’
assolutamente chiaro che la non dualità non può venire contenuta in nessun
concetto, nessuna filosofia, nessun sistema, nemmeno il più raffinato.

La mente vuole sempre trovare un posto dove riposare tipo non c’è nessun sé, non
c’è nessuna scelta. Ma la non-dualità non offre nessuna casa al senza tetto. E’ una
caduta libera nel non-sapere.

Nel vedere chiaramente che non c’è nulla da fare, perché questo è già completo, la
stagnazione se ne va. Ci può essere un saltare fuori dal letto, col cuore
completamente aperto a un altro giorno di non-sapere. “Nulla da fare” è solo un
altro concetto, “qualcosa da fare” un altro concetto.

Nagarjuna ha detto:

Dire che “è” è attaccarsi alla permanenza.

Dire che “non è” è attaccarsi al nichilismo.

Quindi la persona saggia

Non dice “è” o “non è”.

E Bodidharma:

Chiunque sa che la mente è una finzione e priva di qualunque realtà, sa che la sua
mente né esiste né non esiste. I mortali continuano a creare la mente sostenendo
che esiste. E gli Immortali continuano a negare la mente sostenendo che non esiste.

Guarda: parte della danza è che su questo sorprendente pianeta ci sono da fare un
milione di cose, almeno così sembra! Questo mondo, lo sanno tutti i bambini, è un
terreno di avventura. Né esiste, né non esiste, ma in ogni caso è un terreno di
gioco.

E così l’intera cosa finisce nell’assoluto paradosso di tutto questo. Nulla da


fare, un sacco da fare. Nulla, qualcosa. Sé, non-sé. C’è qualcuno, non c’è nessuno.
Gli opposti collassano l’uno nell’altro, e quello che viene visto è che la non-
dualità non può mai venire compresa. Questo è un’immersione nel mistero, totalmente
al di là delle parole. Ed è questo che indicano tutte le parole di tutti i libri.

Sì non c’è nulla da ottenere perché è già tutto qui. Viene visto che l’intimità e
l’amore non-condizionale che sono stati sempre cercati sono proprio qui.

E allora l’intero paradosso della non-dualità viene risolto e viene visto che in
realtà non c’era mai stato un paradosso.. E’ la danza divina, è l’intrattenimento
cosmico, è Lila, è il nulla che è ogni cosa. E nel vedere questo con chiarezza
tutte le domande si dissolvono e quello che rimane non hai modo di conoscerlo.

Sì, tutto finisce nel mistero, nell’amore assoluto. Come posso comunicarti questa
intimità e questa libertà, questa pace e vuoto e pienezza di essere semplicemente
seduto su una sedia, proprio adesso? O di respirare, o dei suoni che accadono.

E così il paradosso viene risolto qui nella semplicità assoluta e nella meraviglia
di quello che è. Nell’accadere del respiro, nei rumori della stanza, nel tepore
della mia tazza di tè, nel crocchiare dei biscotti, nelle briciole che cadono sui
pantaloni. La ricerca di una vita finisce qui e c’è solo gratitudine per la tazza
di tè, per i biscotti, per questo, così com’è. Nessuno beve il tè, nessuno mangia i
biscotti e nessun scrive queste parole, eppure, che miracolo è tutto questo, e come
sono stato pazzo e innocente nella mia pazzia cercando qualcosa di più di questo,
quando ogni cosa di cui avevo bisogno era proprio qui.

Proprio qui nel posto dove non sono.

Non si può scappare dalla presenza ~ Sailor Bob Adamson

Se state cercando la verità, la realtà, Dio o comunque lo si voglia chiamare,


suggerisco di iniziare dall’unica realtà di cui si è assolutamente certi – ovvero,
il fatto del vostro stesso essere. Non c’è nessuno seduto qui che può dire “io non
sono”. Ognuno di noi sa che “è”, ma quel pensiero “io sono” non è la realtà. È
quanto di più vicino a essa si può raggiungere con la mente.

Questo «Io sono» è solo una traduzione da parte della mente di quel senso di
presenza, la consapevolezza della presenza o la presenza di tale consapevolezza.
Questa è l’unica realtà di cui siamo assolutamente certi. Nessuno in nessun caso
può dire “io non sono”. Questa conoscenza è costantemente e sempre con noi, ed è
per questo che diciamo che siete già quello che state cercando.

Noi basiamo ciò di cui parliamo qui su ciò che ci dicono le antiche tradizioni.
Nell’Advaita, per esempio, lo chiamano non-duale; uno-senza-un-secondo. La parte
uno-senza-un-secondo significa che perfino uno potrebbe implicare che c’è qualcosa
di diverso da uno. Nelle Scritture Dzogchen lo chiamano non-concettuale, sempre
fresco, auto-risplendente, presenza consapevolezza, solo questo e nient’altro. E se
si guarda a quello che dicono, è la descrizione di tu, io e tutto il resto.

Tutte le tradizioni vi diranno che è onnipresente, onnisciente, onnipotente. Cioè,


tutto presenza, tutto conoscenza, e tutto potere. È stato sempre sottolineato nel
corso dei secoli, e non c’è niente di nuovo. È ovvio ed evidente, e la semplicità
stessa. Non ci può essere niente di più semplice dell’uno, eppure ci manca. Ci
manca, puramente e semplicemente, perché cerchiamo una risposta nella mente.

Se mettete in discussione la mente, vedrete che la mente è tempo, e il tempo non


può mai essere onnipresenza. Anche il concetto di “presenza” non è ciò che l’essere
o l’attualità è, perché la presenza (come concetto) è il tempo: passato, presente e
futuro.

L’idea stessa che ci sia qualcosa da cercare e qualcosa da cercare implica tempo, e
il tempo è la mente. Ecco perché non troverete mai la risposta nella mente. Per la
mente, presenza-consapevolezza non è una cosa. Essa non ha alcuna configurazione,
non ha alcuna forma, non ha alcun tempo, non ha alcun spazio, non ha avuto alcun
inizio o fine. Quindi è nulla. La chiamano «vacuità».

Quella presenza della consapevolezza è non-concettuale. Non è necessario tenere un


concetto su di essa. È sempre fresca perché non ha inizio né fine. Risplende da sé
come il sole. Brilla di se stessa. Non ha bisogno di una luce per dire “sto
brillando”. E questo è quello che è, solo questo, da cui non si può sfuggire; non
si può scappare dalla presenza-consapevolezza.

Non sei solo un corpo ~ Nisargadatta Maharaj

Fintanto che ti prenderai per una persona, un corpo-mente separato dal flusso della
vita, che ha una volontà propria e persegue le proprie mete, starai vivendo solo in
superficie, e qualunque cosa tu faccia sarà di breve durata e di poco valore. Mera
paglia per alimentare le fiamme della vanità.

Non è forse importante per te sapere se sei solo un corpo o qualcos’altro? O niente
del tutto? Non vedi che tutti i tuoi problemi derivano dal tuo corpo, il cibo, il
rifugio, la famiglia, il nome, la fama, la sicurezza, la sopravvivenza? Tutto
questo perde significato il momento che tu realizzi che non sei solo un corpo.

Sei rimasto inchiodato al racconto dei tuoi genitori: tutto sul concepimento, la
gravidanza e il parto, il bambino, I’adolescente, il giovanotto, e via dicendo. Per
disancorarti dall’idea di essere il corpo, devi ricorrere all’idea opposta: non sei
il corpo. E proprio perché è un’idea come I’altra, trattala come qualcosa da
gettare dopo l’uso.

Le parole sono sia barriere che ponti . È l’unica realtà che il corpo abbia.

Vi identificate con il corpo e vi limitate, e tuttavia ricordate: non trascurate


questo corpo, è la casa di Dio, prendetevene cura. Dio può essere realizzato
soltanto in questo corpo. E’ solo per una comprensione analitica che Dio, il vostro
corpo, il vostro Sé, sono stati divisi, ma è tutto un solo Sé, tutto è intimamente
collegato.

Che il corpo-mente faccia il suo lavoro, ma comprendi che ciò che sta facendo il
lavoro non sei tu; tu sei il senso della presenza.

Ovviamente il tuo corpo resta nel mondo e del mondo, ma non ti inganna più.

Quando la “persona” non c’è più il Sé è realizzato. Quando non c’è “persona” la
questione di andare o venire non si pone più. Il corpo è un’apparizione nel Sé.
Quando il corpo sparisce, il Sé rimane com’era e com’è sempre.

D.: Perché negate il mondo?


M.: Non nego il mondo. Lo vedo apparire nella coscienza, che è la totalità del
conosciuto nell’immensità dell’ignoto. Ciò che incomincia e finisce è pura
apparenza. Del mondo si può dire che appare, non che è. L’apparenza può durare
molto a lungo su una certa scala di tempo, ed essere molto breve su un’altra, ma
alla fine il risultato non varia. Tutto ciò che è legato al tempo è momentaneo e
irreale.

Preparazione al risveglio ~ Karl Renz

Domanda: A volte lascio fluire i pensieri come una folla umana. L’uno guarda,
l’altro no. Questa è meditazione. Con questo giungo ad uno stato meravigliosamente
rilassato. Potrebbe essere questa una preparazione al Risveglio?

Karl: Ci può essere solo una preparazione che riguarda te stesso. Non appena appari
sulla scena del mondo, già provi nostalgia per te stesso. Finché la tua realtà è
l’idea di vita, ti struggi dal desiderio di quello che aldilà di essa. Di qualcosa
che non sia condizionato dallo spazio-tempo, di una vita che è libertà Questa
nostalgia compare appena apri gli occhi. La nostalgia della beatitudine ha
guidato ogni tuo passo. E ogni passo è una preparazione all’ultimo passo che porta
al nulla, all’Abisso, in questo Mistero.

D.:Ma ci sono forse passi che portano in modo più diretto a quello?

K.: Esistono vie o passi speciali? No. Ogni passo è un passo speciale verso te
stesso. Ogni respiro, fino all’ultimo, finché l’Io cessa di respirare, ma si lascia
respirare. Ci sono passi ma non hanno un carattere speciale. Confida semplicemente
in quello che fai, poiché questa nostalgia ti condurrà in
un modo o in un altro. Il Sé sa come trovarsi, meglio di qualunque altro maestro o
di qualunque altra cosa. E non c’è scappatoia. Non puoi sfuggire a te stesso!

D.: Ma la lettura di certi libri o il fatto di venire qui possono aiutarmi?

K.: Non credere che un’azione abbia più valore di un’altra. E’ solo la parte
qualitativa del Sé che porta a se stessi.

D.:Ma il fatto che legga certi libri o che venga qui avviene a causa del desiderio
di ritrovarmi o di ritrovare il Sé.

K.: Il Sé nella sua aberrazione, nel suo piccolo “io”, cerca quello che è nella sua
totalità. Ma non può far nulla, poiché non si è mai perso! Puoi solo trovare quello
che hai perso. E puoi solo ricordarti di qualcosa che hai dimenticato. Ma tu non
hai perso nulla e per questo non troverai mai niente. E non hai dimenticato nulla e
per questo non puoi ricordarti di nulla. Ogni tentativo di poter giungere al sapere
assoluto tramite il sapere relativo rimane un pio desiderio. Tutto quello che fai è
meraviglioso, ma non porta a nulla. Eppure ogni passo compiuto dal Sé porta
inevitabilmente al Sé! Ad un certo momento uscirà dal suo torpore e vedrà che non
si era mai smarrito. Ecco tutto. Non si tratta di scoprire qualcosa, ma piuttosto
di costatare che colui che cerca non troverà mai qualcosa, perché è egli stesso
l’oggetto della ricerca.

Ciò che sei è ‘neti neti’ ~ Karl Renz

“Nella presenza hai infinite idee a proposito di chi sei, e nell’assenza non c’è
alcuna idea di chi sei. Ma non sei né la presenza delle idee di immaginazione né
l’assenza di immaginazione. Ciò che sei viene chiamato ‘neti neti’ [espressione
sanscrita che significa ‘né questo né quello’].”

“Gesù disse: ho incendiato il mondo e veglierò su di esso finché brucia.

Parlare di Quello ascoltare a proposito di Quello. Ramana lo chiamava il più


supremo dei tapas ( esercizi spirituali) semplicemente ascoltando parlare di ciò
sei nelle fauci della tigre. E quello ti porterà via tutto. Tutte quelle bellissime
comprensioni verranno consumate dalla grazia, che non mostra alcuna pietà. La
grazia non conosce la grazia, e non ha bisogno di alcuna grazia. Distruggerà tutte
le tue perle preziose, tutte le tue ginnastiche intellettuali, pff finzione. Gioca
con te come con un topo, ma non ha fame, se ti ammazza è solo per caso. Oh scusa.”

“Chiamo tutto mente , qualsiasi cosa possa essere chiamata nominata è mente. Tutto,
tutto quanto. E’ tutto mente, Parte della mente ? Tutto è mente. Perfino non-mente
è mente. Dunque non ti preoccupare. Ma lui vuole trovare un qualcosa che non sia
mente. Ed è realmente disturbato preoccupato dalla mente. Preoccuparsi a proposito
della mente per forse trovare nella mente qualcosa che non è mente. (risate) Il
minatore e la mente. Che poi è la mente disturbata dalla mente. Creare problemi che
non ci sarebbe senza la mente.”

La liberazione è oltre la consapevolezza ~ Tony Parsons

Domanda: “Tony, nella mia esperienza noto che c’è qualcosa che è consapevole di
tutte le cose; sono consapevole dei pensieri che passano nella mia testa,
differenti tipi di cause, differenti effetti, differenti sensazioni, e ancora,
quando guardo per vedere “chi è questo io”, non c’è nulla. Eppure c’è qualcosa che
è consapevole di ciò che accade.”

Tony Parsons: “La consapevolezza ad un certo punto collassa. E’ ancora sottilmente


duale. C’è consapevolezza di te che siedi su una sedia, quindi ci sono due cose. Il
sedere su una sedia e la consapevolezza di ciò. La liberazione è totalmente oltre
l’osservatore e la consapevolezza..oltre tutto ciò. La consapevolezza è ancora
un’esperienza. E la difficoltà con cose come l’autoindagine è che le persone
entrano in questa consapevolezza ma non possono rimanerci, ovviamente, perché è
ancora una storia nello spazio-tempo. E’ ancora in un sogno. E’ ancora transitorio.
Viene e va, non può starci. Ci proverai a starci dentro ma non puoi.

C’è solo una costante – essere. Non va mai via. Non viene e non va via. E noi
corriamo attorno cercandolo. “Dov’è??” Non puoi fare l’essere. C’è qualcuno che sta
facendo il respirare? C’è qualcuno che sta facendo il sedere su una sedia? Non puoi
ottenere essere. Essere è tutto quello che c’è e parla attraverso i sensi.

I sensi ti stanno urlando “Guarda, sono già qui!”. Cinque sensi, le sensazioni e il
pensare sono tutti essere che semplicemente è, e i ricercatori stanno cercando ciò
che è, che sta assolutamente urlando al ricercatore e tuttavia, non può essere
conosciuto.”

Non ti serve nessuna comprensione ~ Poonja

Domanda: Papaj, tu dici che l’illuminazione è una cosa molto facile da scoprire,
eppure ti ho sentito dire molte volte che si può contare sulle dita di una mano il
numero di persone che si sono risvegliate completamente al Sé. Se è così facile
perché pochi ci riescono?

Poonja: E’ molto facile perché non dovete fare niente per averla. Tutto ciò che
dovete fare è rimanere tranquilli. Conseguire l’illuminazione è quindi una cosa
molto facile. Le persone dicono che è difficile perché le loro menti sono sempre
impegnate in qualcos’altro. La libertà non è difficile.

Domanda: Papaj, in Occidente molte persone hanno passato molto tempo a cercare un
maestro realizzato. Come possono trovarne uno? Quale consiglio daresti loro per
trovarlo?

Poonja: Non possono trovarlo. Non possono trovarlo. Un vero maestro non può essere
visto con gli occhi. Se cercano di trovarlo con i sensi, non daranno un giudizio
corretto perché il maestro è al di là dei sensi e di qualsiasi giudizio. Quando
volete essere liberi, la libertà è già lì.

Oggigiorno è molto difficile trovare un maestro. Ci sono soprattutto predicatori.


Un vero maestro non ha un insegnamento, semplicemente ti informa che tu non sei
diverso da lui, dal Sé. Tu sei già quello! Che cosa resta da insegnare? Il maestro
ti dice che lo sei già. Un maestro dev’essere capace di farti capire che lo sei
già, e che quindi non devi più cercare. Tu sei già quello! Tu sei già libero! La
verità ultima è che non c’è maestro, non c’è insegnamento, non c’è studente.

Domanda: I nostri maestri ci hanno detto che è necessario un periodo di


purificazione perché l’Illuminazione possa aver luogo…

Poonja: Non puoi purificarti con un’attività fisica o mentale. La purezza c’è
quando non ci sono pensieri. La verità non è molto atletica. Non può acchiapparti
se corri in giro. Può solo afferrarti e abbracciarti se non ti muovi.

Domanda: Avviene rapidamente (il risveglio) o piano piano?

Poonja: “Piano” e’ la mente che ti prende in giro. Che cosa occorre capire per
essere esattamente qui? Per essere qui, dove sei già, non ti serve nessuna
comprensione giusta o sbagliata.

Cos’è la non-dualità ~ Richard Sylvester

La maggior parte di noi fa una supposizione di base a proposito della vita: che
siamo una persona separata. Sperimentiamo noi stessi come il soggetto della nostra
vita che si muove in un mondo di oggetti. Questo mondo di oggetti comprende quegli
oggetti a volte difficili, conosciuti come ‘altre persone’.

Ma, nel vedere della non-dualità, è realizzato che in realtà non c’è alcuna
separazione, non c’è soggetto e oggetto, vi è solo unità senza interruzione. Così
il vedere la non-dualità significa vedere che l’ipotesi più basica della nostra
vita, che siamo separati, è solo un’apparenza.

Il riconoscere di questo è a volte indicato come ‘risveglio’ e ‘liberazione’. Non


ci sono regole circa la liberazione, ma vedere attraverso l’apparenza della
separazione tende a ri-modellare radicalmente la nostra psiche.

La liberazione può essere vista improvvisamente o può essere vista gradualmente. Ma


nel primo caso, le variazioni nella psiche tendono ad essere più visibili, proprio
perché si sono verificate improvvisamente. Non vi è alcun vantaggio in questo, ma
ciò rende più facile il parlarne o lo scriverne.

Non ci sono alcune implicazioni necessarie nella liberazione, e così ogni


possibilità può succedere. Se non potesse, non sarebbe liberazione ma sarebbe
reclusione. Tuttavia, questo ri-modellamento della psiche spesso determina una
visione radicalmente trasformata della realtà.

Possiamo riassumere questa visione trasformata in tre affermazioni. In primo luogo


è visto che Questo è Tutto (in inglese “This is It”, N.d.T.). È riconosciuto che
Questo, qualsiasi cosa stia sorgendo nella Presenza, è tutto quello che c’è. Questo
è Niente che diventa Tutto. Tempo e spazio sono visti attraverso. Passato e futuro,
qua e là sono visti attraverso. Pensieri nevrotici e sensazioni sul passato e sul
futuro, come senso di colpa, rimpianto, nostalgia e ansia, diminuiscono o
scompaiono.

Nel ridursi o nell’andarsene dell’energia nevrotica che si attacca alla persona


separata, è anche visto che Questo È Abbastanza. La personalità nevrotica di solito
vede Questo come non abbastanza, perché c’è spesso molto poco coinvolgimento con
tutto ciò che sta realmente accadendo quando è vissuto attraverso il velo della
separazione. Nella separazione, la nostra attenzione è così tanto focalizzata sul
passato, sul futuro, sulle nostre preoccupazioni nevrotiche e sulle nostre
proiezioni, che, naturalmente, tutto ciò che in realtà sta sorgendo nella Presenza
sembra essere troppo sottile e inconsistente per essere soddisfacente. Il più delle
volte ci stiamo coinvolgendo non con la vita, ma con le nostre immaginazioni
spettrali. Il risultato è spesso noia o depressione, e un inquieto ricercare
affinché qualcosa di più eccitante accada.

Ma una volta che il nostro senso di separazione è andato, la completa vitalità di


ogni momento è vista, e così Questo diventa sufficiente. Il desiderio che qualcosa
di più eccitante accada diminuisce o si spegne e una gioia più grande è portata
nella semplicità di ciò che sta sorgendo – l’odore del caffè, il suono del vento
tra gli alberi, la trama della pelliccia di un gatto. Siccome non abbiamo più un
bisogno di eccitazione e dramma per allontanare la noia, è spesso condotta una vita
più semplice e più tranquilla.

Il terzo modo in cui la psiche può essere trasformata nella liberazione, si può
riassumere nelle parole “È visto che Questo È Ciò che È (e non è niente altro).”
Nella separazione, la psiche spesso aggiunge una storia a proposito del significato
e dello scopo di Questo, perché non facciamo esperienza delle vita come
sufficientemente appagante. Vogliamo Questo con una ciliegia sopra. Così ci
inventiamo storie infinite su ciò che Questo può essere. Per esempio, la fine di
una storia d’amore può essere vissuta come un test o un castigo di Dio. Una
vittoria alla lotteria può essere considerata come i frutti di un buon karma, o
come flusso dalla grazia del guru. Anche trovare una piuma di piccione sul nostro
uscio può essere considerato come un segno del nostro spirito guida sciamanico.
Ognuno di noi vive come la star del nostro stesso film, in una storia che sembra
avanzare significativamente verso un qualche tipo di risoluzione con un obiettivo.
Significato e scopo sono visti come il giustificare la nostra esistenza.

Ma proprio come un fiore non ha bisogno di alcun significato per essere un fiore
perfetto, e un gatto non ha bisogno di alcun significato per essere un gatto
perfetto, noi non abbiamo bisogno di alcun significato per essere un perfetto Jim o
Mary o Bill o Annie. Siamo già unità (oneness, N.d.T.) che esprime se stessa come
chiunque noi siamo. Come potrebbe questo essere migliorato? Quando ciò è visto,
ogni cosa è semplicemente quello che è, e non è niente altro.

Nella liberazione, le storie di significato e scopo che la mente ama sono viste per
ciò che realmente sono – storie che potremmo raccontare per intrattenere un bambino
annoiato in un pomeriggio piovoso. Il nostro bisogno di salvare il pianeta, o di
far contento Dio, o di compiere seva per il nostro guru, al fine di purificare il
nostro karma, scompare (“seva” è una sorta di karma yoga ovvero unione con Dio
attraverso l’azione, N.d.T.). E così scompare anche la nostra attrazione verso il
purificare i nostri chakra, equilibrare la nostra aura e fare terapia per le nostre
passate (e forse future) vite. Ed è anche visto che se qualsiasi di queste storie
continua, è comunque OK, anche questo è liberazione che fa quello che fa.

E per quanto riguarda l’amore? Ora veniamo al mistero più profondo. Il


riconoscimento che più radicalmente ri-configura la psiche nella liberazione è che
Tutto È Amore Incondizionato. È realizzato che l’amore incondizionato non può
essere compreso dalla mente personale ed è, come tutto il resto che ha a che fare
con la liberazione, impersonale. In altre parole, l’amore incondizionato è
semplicemente ciò che è.

L’amore incondizionato non esclude niente. Se lo facesse, non sarebbe


incondizionato. Esso non richiede che tu sia in un qualsiasi modo particolare
affinché l’amore incondizionato sia riconosciuto. La mente può essere sconcertata
da questo. La mente vive in “condizionalità”, dividendo l’esperienza in quello che
le piace e in quello che non le piace. Ma non c’è bisogno che la mente torturi se
stessa con il suo inevitabile fallimento di amare incondizionatamente, perché nella
liberazione è visto che l’amore incondizionato semplicemente è, indipendentemente
da ciò che tu ed io potremmo pensare e sentire.

Sempre incondizionatamente c’è amore. Quando questo è visto, anche il momento più
ordinario può diventare vividamente vivo.

Vedere l’unità (oneness, N.d.T.) ci trasforma in mistici. Un mistico è qualcuno che


conosce solo due cose. Loro sanno che c’è l’amore incondizionato, e sanno di non
sapere quasi niente altro.

Tu sei tutto ~ Poonja

Nella realizzazione del Sé, non c’è “Tu” e non c’è “Io”. Non c’è chi pone la
domanda né colui a cui viene posta. Non ci sono domande da porre. Cosa vuoi
chiedere quando sei oltre, oltre questa manifestazione? Quando hai realizzato la
verità, quando sei “oltre”, cosa puoi chiedere e a chi?

Dopo aver realizzato il Sé comprenderai che è soltanto il Sé, e non l’io che compie
tutte le attività. E’ questo stesso Sé ad animare le attività di tutti.

Il tempo è mente. La paura è tempo. Ogni volta che c’è paura c’è il tempo. Ciò di
cui stiamo parlando non è tempo, né mente, né paura. Lì non troverai né il tempo,
né la mente, né la paura. La paura è solo nella dualità. Dove ci sono due, là c’è
paura. Ma se sei solo te stesso non ci può essere paura, sei unicità. Non puoi
trovare nient’altro. Il tempo non ti tocca, la mente non ti tocca, non c’è più
desiderio, la tua mente è vuota. Questo vuoto che ti rende felice.

Anche se la paura è in questo momento, riguarda sempre il futuro… è futuro, basato


sul passato… Vivere nel momento presente non ha nulla a che fare con un presente
collegato al passato ed al futuro. Purtroppo non disponiamo di altre parole.
Quindi, non aggrapparti neppure alla parola presente. Anche il concetto di presente
va trasceso…

Anche il desiderio di libertà va abbandonato. E’ l’ultimo desiderio. Poi approderai


ad altro, riconoscerai che tu sei tutto.

Sforzarsi di cambiare confonde ~ Jean Klein

Domanda: Non dovremmo occuparci di cambiare il mondo, ma piuttosto di cambiare la


nostra attitudine. E’ questo che intende quando dice che noi non siamo il film
dell’esistenza, ma siamo la luce che lo illumina?

Risposta: Certo, voi non potete cambiare il film, perché ogni tentativo di
cambiarlo fa anch’esso parte del film.
L’identificazione col vostro corpo e la vostra personalità vi intrappola rendendovi
i dipendenti. Le vostre percezioni sensoriali sono costruite dalla memoria e
implicano un cocnoscitore. Per scoprire chi siamo veramente dobbiamo esaminare in
modo accurato la sua natura e questo richiede tutta la nostra attenzione, il nostro
amore: scoprirete allora ciò che siete veramente, questo è il solo sadhana.

Integrare la consapevolezza del Sé è LIBERTA’. Il Sé si prende carico di ogni cosa.


Le immagini sorgono e si dissolvono nello specchio della coscienza e la memoria
crea l’illusione della continuità. Essa non è altro che un modo di pensare, ed è
puramente transitoria. Su queste basi instabili costruiamo un intero mondo di
personaggi, e questa illusione ostacola la chiara visione.

Sforzarsi di migliorare o di progredire confonde ancora di più. Le apparenze


esterne possono condurci a credere di aver raggiunto una condizione di stabilità,
che stiano avvenendo dei combaiamenti e che stiamo progredendo, avvicinandoci alla
soglia della grazia. In realtà però, nulla è cambiato; abbiamo
cambiato solamente la disposizione dei mobili. Tutte queste attività avvengono
nella vostra mente, sono un’invenzione dell’immaginazione, ma tutto è molto
semplice: perché farlo così complicato.

QUELLO CHE VOI SIETE fondamentalmente E’ SEMPRE QUI, sempre completo, non ha
bisogno di purificarsi, non cambia mai. Per il Sé L’ OSCURITA NON ESISTE. Non
potete scoprire o diventare la verità, perché LO SIETE.

Non c’è niente da fare per avvicinarsi ad essa, niente da imparare. Osservate solo
che state costantemente cercando di fuggire da ciò che siete. Smettete di perdere
energia e tempo facendo proiezioni, vivete questo arresto non in modo svogliato o
passivo; vivete l’attenzione smettendo di aspettare e anticipare; anche questo è il
vostro sadhana. Nella realtà non c’è posto per il miglioramento, dato che è di per
se stessa perfezione; come potreste avvicinarvi ad essa, non esistono
mezzi per farlo.

Io sono l’Infinito ~ Suzanne Segal

Quando il ‘sé’ personale scompare, non c’è niente e nessuno all’interno che possa
essere collocato come ‘me’. Il corpo è solo un contorno, vuoto di tutto ciò di cui
prima si era sentito così pieno e completo.

Questa vita, ora è vissuta in una costante, onnipresente consapevolezza


dell’infinita vastità che io sono.

La presenza di eventuali pensieri, sensazioni, o azioni non è mai interpretata in


modo diverso dal puro fatto che essi sono presenti.

Nessun giudizio sul bene o male, o giusto o sbagliato, si pone mai, poiché tutto è
semplicemente quello che è.

La vita come al solito continua a dispiegarsi, tutto viene fatto, proprio come
aveva fatto prima che si fosse verificata la realizzazione della vastità. Poiché in
ogni caso, non vi è mai stato un personale ‘agente’, la realizzazione di questa
verità non fa nulla per cambiare il modo in cui il funzionamento si verifica.

Per vivere nella vastità dello stato naturale, occorre fare un bagno nell’oceano
dell’impersonale gioia e piacere. Questa gioia o piacere, che non appartiene a
nessuno, è differente da qualunque gioia o piacere che sembrano riferirsi o
appartenere a qualcuno.

La vacuità è così piena, così totale, e così infinitamente beata in se stessa.


In nessun modo sto suggerendo che le pratiche non dovrebbero essere fatte, ma solo
che non vi è alcun praticante che sia l’agente che sta dietro di esse. Questo è
vero di ogni attività. Solo perché non vi è alcun praticante (e non c’è mai stato)
non significa che non può esserci la pratica. Se è ovvio che una particolare
pratica spirituale abbia a verificarsi, allora si verificherà.

In realtà, ancora non c’è alcun ‘Io’ individuale in grado di capire come scoprire
l’infinito. E ancora più importante, dove starebbe l’infinito? Voglio dire, noi non
stiamo parlando di qualcosa che può essere nascosto sotto il tappeto. Se si
potessero vedere le cose solo ed esattamente per quelle che sono, si vedrebbe che
‘colui’ che sta vedendo è la vastità stessa.

~ Suzanne Segal

La consapevolezza è la radice della separazione ~ Karl Renz

Fino a quando “l’io” crede nel “io”, ci sono due. E quando un “io” crede in un
”non-io”, ci sono ancora due. La speranza, l’idea che possa rimanere un “io” che
sia senza “io” è assurda.

Sta di fatto che la coscienza si realizza nel esplorazione di se o nella crisi


esistenziale che consiste nel volere conoscersi. Questa è la sua motivazione.
Dunque la fonte di tutte le paure di quel “piccolo io” è questa prima
consapevolezza dell’esistenza.

Questo non inizia con il corpo, ma molto prima. Già con la prima esperienza
esistenziale dell’Essere, della consapevolezza, ha inizio questo essere separato.
Poiché già qui, c’è un qualcuno che è cosciente di se stesso. Già ci sono due. È la
prima idea di Dio, un Dio Padre –consapevolezza, che diventa l’idea radice. Tutto
il resto non sono altro che riflessi, conseguenze di questo primo incidente.

Dunque attenti agli inizi! O piuttosto torniamo all’inizio, e così alla prima o
ultima cosa che può essere sperimentata, che è la radice di qualsiasi altra
esperienza. Dunque ritorniamo al soggetto che appare in quanto “io” della
consapevolezza. A quel punto la domanda si pone: la prima consapevolezza soggettiva
ha una qualche realtà? E finalmente la domanda neanche più si pone. Più nessun
ritorno all’inizio, più nessun ritorno alla fonte. Rimane la fonte che sgorghi o
no.

Togli tutto e rimani in quanto ciò che sempre rimane. Ma di ciò che rimane tu non
potrai mai fare l’esperienza. E’ la non sperimentabilità di ciò che sei. Tutto
quello che puoi conoscere, puoi anche perderlo. Ma non ciò che ne fa l’esperienza.

Quando dico tu, intendo Tu. Parlo sempre da un io assoluto ad un tu assoluto.


Di più non esiste, e allora? E con ciò ? Non c’è né uno né due. C’è solo l’Essere.
E l’Essere non conosce né uno ne due. Dunque non è neanche l’essere Uno. L’essere è
perfino quando c’è il due. Allora è l’esser due, essere tre o essere quattro o
essere cinque o essere ubriaco o essere sobrietà, o essere bellezza, o essere
bruttezza. L’essere è l’essere, poco importa quale sia il suo attributo. Rimane ed
è ciò che è. Non ha alcun bisogno di essere uno, seno sarebbe di già un essere
condizionato.
Maggioranza, molteplicità, semplicità, complicazione: l’Essere rimane l’Essere.

Totale assenza di sforzo ~ Karl Renz

Domanda: Conosci la paura?


Karl: Il corpo conosce la paura.

Domanda: Quale corpo?


Karl: Qui, questo meccanismo corpo-mente. Se questo qua dovesse buttarsi da una
torre di dieci metri, non lo farebbe poiché avrebbe paura. Cosa c’è di male in
questo? La paura non è nulla di sbagliato. Chi ha paura della paura e chi ne ha
bisogno? La paura è un esperienza all’interno dell’Essere.

Il neonato non ha alcun problema con lo strillare. Non ha neanche problemi con
l’avere freddo, o fame, o l’essere spaventato. Ci vogliono anni per convincerlo che
c’è un problema con questo o con quello. Deve prima di tutto imparare che qualcosa
deve essere evitato e qualcosa altro desiderato. Quando impara questo, allora ha un
problema. Ciononostante ciò che egli è mai cambia. Ciò non ha mai – tu non hai mai
– un problema con il fatto di avere un problema. Questo è lo scherzo nella sua
interezza.

Fino a l’età di tre anni, non c’è ancora la nozione di “mio corpo”, “mio
giocattolo”. E’ solo una cosa che ti hanno raccontato. E’ un informazione di
seconda mano alla quale un bel giorno hai iniziato a credere.

Domanda: Hai semplicemente buttato via tutte le tue credenze fuori dalla finestra?
Karl: Si puf ! Una bolla di sapone è scoppiata !

Domanda: E’ stata una bella sensazione?


Karl: No, ne bella ne brutta. Tu semplicemente sei. Non ti è mai successo nulla.
Ciò di cui parlo è il più sottile dei “Aha!” che si accorge che non è mai accaduto
nulla. Tutto qua.
Essere è una totale assenza di sforzi. Per essere, nulla deve venire. Per essere,
non devo neanche conoscere qualcosa. Non devo neanche essere consapevole di me
stesso per esser ciò che sono. E’ realmente naturale. La naturalezza stessa. E’
anteriore all’idea stessa di natura.
E’ la pace che non può essere turbata da nulla.

Non c’è nessuno ~ Tony Parsons

Le persone vengono qui con l’idea che se ascoltano le parole, se riescono a


comprendere la natura di ciò che sono, possono realizzarla, ma non funziona perché
la natura di ciò che siamo è totalmente oltre la comprensione. Infatti, è la
comprensione che cade via prima che il chiaro vedere accade. Il chiaro vedere non
ha niente a che vedere con la comprensione.

L’unica cosa che può accadere qui, in termini di comprensione, è il cadere delle
idee che hai sull’illuminazione, su ciò che pensi di essere. Le idee possono
andarsene e tu puoi rimanere senza idee, con nulla. E quando tu sei lasciato con
nulla, ciò che emerge è Questo. Ciò che emerge è l’invito. Tutti i messaggi
sensoriali che ricevi… toccare, odorare, vedere, sono l’amato che ti invita a
vedere che c’è solo uno. E’ totalmente semplice e completamente immediato. Stai
sedendo in ciò che sei. Infatti, tu sei ciò che è.

Non ha niente a che vedere con chi pensi di essere. Sei solo un personaggio in una
recita. La recita non cambierà… nulla diventerà migliore o peggiore, ma ciò che
emerge è il vedere. Il chiaro vedere è semplicemente vedere senza che ci sia
nessuno lì.

Ogni volta che vediamo dal punto di vista dell’essere separato, non vediamo cosa
c’è davvero lì; vediamo attraverso un velo. Da qualche parte stiamo ancora cercando
di ottenere qualcosa da ciò che vediamo… guardiamo e vediamo per ottenere qualcosa
indietro. Nel chiaro vedere non c’è nessuno lì che voglia qualcosa, e quindi ciò
che è visto è la realtà. La realtà che c’è solo uno.

Non puoi gettare via ‘te’. Non c’è nessuno lì… non c’è mai stato nessuno lì che
poteva gettare o scegliere alcunché, quindi non c’è niente che possa essere fatto.
Ma c’è qualcosa, proprio dietro di te, che guarda a te che siede qui che mi guardi.
Ciò che è visto è il personaggio che non ha mai avuto bisogno di diventare
migliore, che è totalmente e assolutamente perfetto nella recita. Non ha bisogno di
cambiare affinché la chiarezza accada; non può cambiare. Non c’è la questione di te
che devi cambiare per far accadere la liberazione. La liberazione non ha niente a
che vedere con te.

Tutti quelli nel mondo in cui il risveglio non è accaduto si sentono alienati. Che
ci sia una guerra in corso, o che tu viva in una bellissima casa… ogni volta che
c’è il senso di separazione, c’è qualcosa che manca. Dopo il risveglio quella
apparente storia di vita continua ancora ma l’identificazione con essa è totalmente
svanita. Tuttavia, la difficoltà con la mente è che tende a personalizzare il
risveglio. Uno non ha niente a che vedere con alcunché e abbraccia totalmente tutto
ciò che appare, incluso l’ego, la credenza il sapere. La liberazione non nega
nulla. La conoscenza e l’ego sono Uno che fa la conoscenza, Uno che fa l’ego. Tutto
ciò è la danza che accade. E’ tutto uno che gioca a fare il due.

Esperienza di illuminazione ~ Karl Renz

Domanda: Ho già fatto l’esperienza, del fatto che l’io non esisteva più. Non c’era
più nessuno, nessun “io-sono”. Non c’era nessuno che potesse riferire a se stesso
in quanto io. Tutto se ne era andato.

Karl Renz: Stupendo! Ma nonostante ciò, si trattava pur sempre ancora di una
circostanza. La puoi descrivere. Non è ciò di cui parlo. Parlo di ciò che non
conosce alcuna circostanza.
Preferiresti quella circostanza di non-essere al esistenza, giusto ? La cosa ti è
piaciuta , era veramente piacevole oppure no ? Ciò nonostante, nell’assenza di un
“io” , c’era ancora qualcuno che ha registrato la cosa. Non importa quanto vago e
distante. Quello lì è ancora uno di troppo. Perfino quel non definito è ancora
qualcosa di definito.
Quando parlo di ciò che è la tua natura, la natura del essere, intendo ciò che in
tutte le circostanze è ciò che esso è. E’ ciò che è la consapevolezza. Quando c’è
l’io-sono è l’io-sono. Quando c’è il mondo è il mondo. Quando me ne sto seduto qui
e dico “Sono Quello” sono sempre quello che c’è. Non c’è nessuno che fa esperienza
di se stesso come qualcosa di speciale per via del assenza di un io.
Ciò che può essere descritto, esplorato, vissuto, sperimentato non può esserLo,

Ciò che è La tua natura non può essere trovato. Qualsiasi cosa tu possa trovare, tu
la perderai di nuovo. Ma la cosa bella a proposito della tua natura è che
perdendola, non l’hai mai persa e allo stesso modo non la ritrovi, ritrovandola.
L’idea di “averla persa” è sogno. E il trovarla , per quanto bello e fantastico
possa sembrare , è anche esso solo sogno. E’ semplicemente un matrimonio nel sogno.
E in tutto questo sognare, tu rimani la sostanza della quale sono fatti i sogni. E
buona fortuna nel trovare ciò.
C’è solo questo ~ Tony Parsons

L’autoindagine è necessaria?

Tutti gli insegnamenti e tutte le terapie, la cristianità e l’autoindagine sono


tutte basate sull’idea che tu devi cambiare. Quindi immediatamente è visto che c’è
qualcosa di sbagliato in te: “tu sei in uno stato duale o sei sbilanciato o altro,
quindi devi cambiare”. Ed è un processo totalmente futile.

Perché la vera difficoltà, il vero dilemma per il ricercatore è la separazione e il


ricercatore non può fare nulla riguardo l’essere separato: più cerca di non essere
separato più grande questa separazione diventa, specialmente con l’autoindagine.

L’autoindagine è una sorta di centratura nel sé (ego) che conduce la persona a


lavorare con i pensieri e tutto il resto e porta il senso di sapere qualcosa, e si
diventa pieni del proprio sapere, si vive in quello che chiamano presenza
consapevole, ma è una sorta di introspezione, è una glorificazione del sé (ego).

L’altro aspetto dell’autoindagine è che rende le persone distaccate e il distacco


sembra come illuminazione ma non lo è, è un modo per dissociaciare il sé dalla
vita.

L’ultima cosa che la mente vuol fare è fermarsi e lasciare che ci sia solo il
vedere questo. La mente non vuole sapere del “Basta! Lascia che ci sia solo il
vedere questo”. La mente non può fare questa cosa. Che ci sia solo il vedere
questo, solo lo stare sul terreno, ascoltare il suono di un’auto che passa, o
ridere… Questo è ciò che è.

È possibile liberarsi dalla mente con lo sforzo?

Chi è che lo farebbe? Chi è che può scegliere di liberarsi? Il risveglio è il far
cadere il senso del «me» e l’ultima cosa che «me» desidera fare è andar via.

Quindi cosa causa questa cosa? Come è causato il risveglio?

Non è causato, nulla può causarlo. E una volta che è visto che non c’è nulla che
può causarlo, allora c’è un lasciare andare. Tu non lo puoi fare, ma c’è un «Ah!
Alla fine dopo tutti questi anni di impegni e fatiche per cercare di essere
migliore o immobile o di far cadere l’ego, improvvisamente tutto questo non ha
senso».

C’è solo questo, il vedere questo.

Non c’è in verità nessuna persona separata, è solo energetico,


è solo una contrazione energetica che sembra sorgere nel corpo
e creare questo ricercatore che cerca la risposta e il ricercatore cerca la
risposta NELLA risposta. Sta cercando qualcosa che è nascosto quando in verità
quello con cui vogliono essere uniti, è assolutamente ovviamente lì già, ciò che è.

Ciò che c’è, è ciò che è, è ovvio, ma è nascosto al cercatore attraverso il suo
sforzo di trovare un qualcosa nel tutto. Il ricercatore vuole trovare una risposta,
vuole trovare un tesoro nel tutto ed è il tutto che è il tesoro, è il tutto che è
ogni cosa.
L’intimità con il tutto ~ Jeff Foster

La fine della ricerca spirituale è una profonda e assoluta accettazione di tutto


ciò che è. E questa accettazione, questo vedere attraverso, non è qualcosa che fai
tu, in quanto individuo. Questa accettazione non è un fare, non è una conquista,
non è il risultato di niente.
Questa accettazione è la natura stessa delle cose, così come realmente sono.

Proprio ora, tutto nasce naturalmente, liberamente, spontaneamente.


Proprio ora, l’universo accetta tutto, incondizionatamente, così come è.
Proprio ora, come il Buddha ha visto così chiaramente, non esiste un sé separato.

Questo è il mistero che stiamo esplorando.


Tutti noi ne abbiamo avuto, almeno una volta, il sentore: il dissolversi di ogni
cosa.

Può accadere ovunque, in qualunque momento: mentre passeggiamo nel parco o mentre
ascoltiamo il nostro brano di musica preferito o forse mentre guardiamo negli occhi
qualcuno che amiamo. Il futuro e il passato svaniscono, ogni idea di un traguardo
futuro,di una futura felicità, di una futura «illuminazione», semplicemente si
dissolve nel vasto e ampio spazio che accoglie ogni cosa. In questa dissolvenza,
c’è una semplicità, un senso di intimità, una libertà senza nome. È totalmente al
di là di qualunque parola, eppure è così ovvia come respirare.
È intravedere chi sei veramente, al di là di ogni racconto su chi sei. Ognuno di
noi lo ha sperimentato.

È proprio lo sforzarsi, molto o per niente, di raggiungere l’illuminazione ciò che


offusca l’illuminazione, che è sempre già presente. È la nostra ricerca di
‘qualcosa in più’ che sembra complicare ciò che è assolutamente evidente: il
momento presente e tutto ciò che si manifesta in esso, è tutto quello che è.
Quello che avevo cercato in tutti questi anni, non era qualcosa che si poteva
trovare.
Infatti, non è per niente un «qualcosa», non è una cosa in mezzo ad altre cose, ma
la condizione che in primo luogo dà la possibilità alle «cose» di essere.
Questa è la vera intimità: l’intimità con il tutto. Vedi, la vera libertà non
consiste nello sbarazzarsi di qualcosa. Riguarda l’innamorarsi di tutto. Questo
innamoramento è anche ildissolversi del ricercatore, lo svanire di tutto ciò che si
separa dalla vita così com’è.

Come ricercatore spirituale, ho voluto più di ogni altra cosa liberarmi di Jeff,
l’individuo, il cercatore. Ho visto così chiaramente che Jeff era l’unica cosa che
si frapponeva tra me e la libertà. Jeff e tutti i suoi problemi, Jeff e la sua vita
difficile – ho pensato che avevo bisogno di sbarazzarmi di tutto questo, per essere
libero. Naturalmente, non si trattava di sbarazzarsi di Jeff. Ma di innamorarsi di
Jeff e attraverso di lui, innamorarsi di ogni cosa. Questa è la vera libertà: una
libertà che non nega nulla. L’unità non è sbarazzarsi del singolo, come invece
viene ripetuto così spesso dagli insegnanti spirituali. Come potrebbe l’Unità
rifiutare una parte di se stessa? Unità è tutto e quindi include ogni cosa.
L’individuo, il cercatore, anche quello è incluso nella profonda accettazione che
tu sei.

Persino il cercatore è semplicemente l’Uno vestito da cercatore, in cerca di se


stesso.

Guarda, c’è solo la vita ~ Tony Parsons

Ciò che desideriamo più di ogni altra è in realtà del tutto semplice, immediato e
disponibile. E, strano a dirsi, ciò che desideriamo non ci ha mai abbandonati.

Ciò che accade è che quando siamo bambini piccoli, esiste solo l’essere senza la
conoscenza dell’essere; c’è solo l’essere. Poi arriva qualcuno che ci dice: «Tu sei
Bill» o «Tu sei Mary», «Tu sei una persona». E in un modo o nell’altro, la mente –
il pensiero dell’«io», l’identità, l’idea «Io sono una persona» – assume il
controllo dell’energia dell’essere e lo identifica come Bill o Mary o quant’altro.
S’impadronisce dell’essere e gli dà un nome. Nascono le parole, nascono le
etichette, e l’intero concetto di «me» diviene il principale investimento della
vita.

L’intero obiettivo è: «Io sono una persona e devo far funzionare la mia vita»,
E così vieni nutrito e cresciuto a forza di liste di cose da fare. Prima cosa
essere un bravo bambino, poi un bravo studente… E poi c’è la lista dei requisiti
per essere un bravo lavoratore, di solito seguita da quella per diventare un bravo
marito, o moglie o partner.

L’idea del «te» è continuamente rafforzata. La finzione del «me» continua a essere
convalidata persino nella ricerca dell’illuminazione, perché ciò che un cosiddetto
maestro vi dirà è: «Io ho conseguito l’illuminazione e ora sono una persona
illuminata e anche tu potrai diventare una persona illuminata».

Se vuoi, puoi chiudere gli occhi e percepire l’energia che pensi sia quel «te», È
come una sensazione di vitalità…
Ma quell’energia, quella sensazione di chi pensi di essere – quella sensazione di
vitalità ed energia – è l’essere; è solo l’essere. Non è mai venuta e non se n’è
mai andata, non ti ha mai lasciato; è sempre stata presente. Pensavi che fosse te,
ma è solo il puro essere. Non è chi sei, ma ciò che sei. Ciò che sei è
semplicemente essere, presenza, vita. Tu sei vita, la vita che accade.

La mente vorrà chiacchierare di questa cosa. Accadrà che le sue domande non avranno
risposte e capirà che non andrà da nessuna parte, perché è così che le cose stanno.
La mente vuole dire: «Sì, ma…».
Ma ad un certo punto la mente vorrà arrendersi. E alla fine, tutto ciò che sarà
visto è che c’è solo questo, la vita.

Se chiudi gli occhi, tutto ciò che trovi sono delle sensazioni. Il corpo che sta
seduto sulla sedia; una brezza leggera che entra dalla finestra; il rumore dei
fogli di carta stropicciati; le auto che passano… Non c’è alcuna storia. La storia
che pensiamo sia la nostra storia è solo una finzione, perché c’è sempre stato
solamente questo.

Tutto ciò che sta accadendo è semplicemente l’invito a vedere che tutto ciò che
esiste è questo. In ogni momento la vita ti dice: «Guarda, c’è solo la vita. Non
c’è alcuna storia, c’è solo la vita».

Alla sorgente dell’Essere ~ Sri Nisargadatta Maharaji

Questo senso di essere sia la tua casa! Impregnati di questa certezza e poi torna
ad occuparti delle tue attività necessarie per vivere, ma lasciati prendere
completamente da questa rivelazione, da questo fatto.
Questo fatto “Io-sono” sarà il tuo maestro. Finché ci sarà luce, finché in te ci
sarà questa scintilla, saprai di esserci, saprai che tu “sei”.
Ma se tuttavia continui a desiderare di ottenere per questo qualche vantaggio, ecco
cosa ti dico: al di là di questa realizzazione “Io-sono” non esiste alcun Dio, non
esiste nulla. Tutto è qui, in questa presenza cosciente.
Va avanti nella tua vita con questa ferma convinzione : “Io-sono, non sono altro
che questo”.
Non criticare, non combattere le altre religioni, non disturbare la fede degli
altri. Se hanno una convinzione da cui traggono conforto, lasciali stare. Non
parlare di queste cose, a meno che non ti vengano poste delle domande.
Finché vive in base all’idea del bene e male, giusto o ingiusto, continuerai a
seguire una religione e a obbedire ad un cerimoniale. Quando te ne sarai reso
conto, sorpasserai tutti questi concetti e soltanto allora ti stabilizzerai
nell’essere.

Proprio prima di lasciare il suo corpo, il mio guru mi disse: “Abbi fede in me; tu
stesso sei l’Assoluto, lo stato più alto. Non mettere in dubbio queste parole; abbi
fede in questa rivelazione, che esprime unicamente verità. Agisci di conseguenza.”
Visitatore: “Allora lei che cosa ha fatto, in pratica?”

Non molto. Ho continuato a vivere la mia vita di tutti i giorni, compiendo il mio
lavoro, ma in ogni momento libero, quando la mente era sgombra, avevo l’abitudine
di ricordarmi in continuazione le parole del mio Maestro. Nel mio caso questo
bastato. Tutto è germogliato spontaneamente attraverso la mia comprensione,
ottenendo così la conoscenza della verità.

Nessuno è mai nato ~ Robert Adams

Fai questo esperimento domattina quando ti svegli, appena apri gli occhi, non
badare a te come corpo. In altre parole sii solo nell’“attenzione” come t’insegna
il buddismo. Osservati mentre esci dal letto, osservati mentre vai in bagno,
osservati mentre ti lavi i denti. Ciò che provo a dirti è che il tuo corpo farà
ogni cosa senza il tuo aiuto. È solo quando t’identifichi al corpo o come corpo che
i problemi hanno inizio. Ma se non t’identifichi col corpo sarai felice. La tua
Vera Natura è felicità, realmente: non per qualcosa che ti fa piacere ed è andata
per il verso desiderato. Sei felice senza ragione. Non si tratta di continuare a
ridere istericamente, ma di una gioia intima. Eppure il corpo continuerà a darsi da
fare. Un po’ come un ventilatore elettrico, quando togli la presa, le pale
continuano a girare. Se pratichi questo esperimento e non fai attenzione al corpo,
togli la spina e osserverai il corpo che si occupa delle faccende. Esso lo farà
finché può e per il tempo che gli è concesso, finché cade per sempre e te ne
liberi. Oppure le pale smettono di girare prima che il corpo crolli e sarai
totalmente immerso nel Sé. Allora sarà tutt’un’altra storia. Diventa difficile da
spiegare, perché non sei più il corpo, eppure il corpo appare alla gente che lo
osserva. Sembra reale, ma sarai nell’assoluta certezza che non c’è nessuno a casa.
Non c’è mente né agente.

La gente ti dirà: ”Ma ti vedo parlare, pensare, agire, vedo il tuo corpo!” Allora
darai loro l’esempio del ventilatore: togli la spina ma le pale continuano a
girare. Il corpo deve continuare a funzionare. Sei entrato nel quarto stato di
coscienza aldilà della veglia, del sogno e del sonno: la coscienza si è allargata.
Non aver paura di perdere qualcosa se entri in quello stato. Alcuni dicono: “Ma ho
famiglia!” e pensano: “Perderò interesse verso la famiglia, il lavoro, i figli.”
No, non è così. Il tuo corpo sarà lo stesso di prima, riguardo alle apparenze.
Farai un miglior lavoro, anzi! Sarai più amorevole e gentile. Avrai più compassione
per il corpo anche, ma realizzerai: ”Sono il Sé ” o “ l’Io-sono è il Sé.” Io sono
Quello che sono. Sarà chiarissimo e semplificherà la tua vita. Non troverai da
criticare, né da reagire, sarai solo te stesso e felice come mai. Ma di nuovo, non
devi rinunciare a nulla. Non c’è nulla da perdere. Alcuni dicono che sarai
disgustato dal mondo e diventerai un eremita. Non è vero. Per essere disgustato dal
mondo devi essere “qualcuno” che ne è disgustato. E se non c’è nessuno, non si può
essere disgustato da qualcosa. Chiunque venga da te e ti dica: “ Sono illuminato e
odio il mondo, non ho nulla a che fare con la gente, vivrò da solo ora!” – sorridi
e realizzi che stanno peggio di prima perché rimane un IO personale: “IO devo star
da solo, IO devo abbandonare il mondo e vivere su una montagna”! Un essere
realizzato può stare ovunque. Non importa dove vive. Può essere al mercato ed
essere felice come in un ashram, non fa alcuna differenza. Può essere in Iraq sotto
le bombe, non ha importanza per lui. Vi sono bombardamenti, va bene, non ci sono,
va bene. Non ci sono preferenze. Tutto va bene e si compie come deve.

La domanda allora è: ”Perché devo sopportare tutte queste difficoltà per


realizzarmi? La domanda è fatta da un ignorante. Ricorda che la tua Vera Natura è
Luce e Beatitudine, non devi sforzarti per la Realizzazione. Devi solo liberarti di
ciò che ti dice che non lo sei. Qualcuno te lo ha detto (o è stata una lettura o
una sadhana) che essere libero significa la fine del sogno di maya. Hai visto cos’è
maya, è un’illusione e vuoi farla cessare. Allora metti in primo piano la pratica
nella tua vita: qualunque cosa metti al primo posto nella vita è quello che
otterrai. Pensa a ciò che è importante per te ed è la vita che hai scelto. Ma se
vuoi la libertà e il risveglio, dovrai negare tutto ciò che ha a che fare con l’IO
personale, ma MENTALMENTE. Tutto inizia dalla mente. Cominci a chiederti o cercare
l’IO, dove va ogni notte quando dormi. Dove va l’IO? Da dove viene? Nell’istante in
cui ti svegli non c’è un IO, ma quando sei ben sveglio, tutti i problemi, le
preoccupazioni e le faccende mondane sorgono in te. L’IO si sveglia: IO sento
questo, IO sento quello. Dov’era l’Io PRIMA di tutto questo? e PRIMA di essere
sveglio? Al momento in cui ti addormenti è la stessa cosa: non appena ti sei
addormentato l’IO ti abbandona. Dov’è andato? Sei in un buon sonno profondo senza
IO. Riflettendo su questo IO significa una profonda meditazione.

Chi ha bisogno di queste cose mondane? Chi è addolorato quando scompaiono? E chi è
felice se le ottiene? OSSERVA i tuoi attaccamenti: sii consapevole di chi sei
veramente, di ciò che ti turba di più, ti infastidisce, ti fa arrabbiare e perdere
il controllo. OSSERVATI. Realizza che ciò che capita all’Io non lo sei! Tu non sei
l’IO!! Sii Consapevolezza, Pura Beatitudine, Realtà Assoluta: è la tua Vera Natura,
Quello che sei. Non sei l’IO: e la strada per trovare la tua Natura Reale è di
inseguire l’IO Personale fino alla sua Sorgente. La Sorgente da cui proviene l’IO e
dove sparisce. Questa pratica è pura meditazione e sarai libero.

C’era una festa di compleanno in casa mia con una ventina di persone. Ero seduto e
guardavo: c’era rumore, musica, danze, ma mi sentivo in pace sempre. Non importa né
quello che si sente o quello che si vede fare. Non dico:” Non sopporto questo
rumore, devo andarmene e starmene da solo.” Sono in pace ovunque e quelli che
pensano che devono andarsene via da qualche posto o da certa gente perché li fanno
impazzire, queste sono invece benedizioni camuffate! Ti fanno vedere che non sei in
pace con te stesso. Pensi davvero che se vai in un monastero o in un ashram o in
una grotta sarai in pace? Se non puoi nemmeno stare in pace durante una festa? Lo
vedi? Ovunque tu vada ti porti con te. E se non sei in pace dove ti capita di
essere, se vai in una grotta diventi matto. La tua mente ti farà “uscire di mente”
e questo va bene! Il mondo è il tuo laboratorio, la tua pratica.

Non cercar di fuggire dal mondo, non cercar di cambiare le cose, ma osservati,
osserva le cose che ti infastidiscono, come parli sempre o come reagisci a ciò che
ti dicono. Come reagisci ad uno spettacolo alla tv o a qualcuno che ti fa
arrabbiare. (queste sono le ‘prove’ se ‘credi’ di essere qualcuno o no)Conosco un
tale che per sfuggire ai propri pensieri, accende la TV appena sveglio e la spegne
a mezzanotte: non riesce a stare senza qualcuno che parli accanto a lui, se no la
mente lo agita. Se spegne la TV – che lo controlla – si arrovella per quel che
potrebbe fare dopo: vado al bowling a o al cinema? Da soli costoro si sentono
invasi dai pensieri. Esàminati a fondo per vedere chi sei veramente. Realizzerai
che non sei l’agente e sarai in pace. Non hai scelto tu di nascere da certi
genitori ricchi o poveri, atei o spirituali, o agnostici, in un certo paese e in
un’epoca precisa. Se sei fortunato inizierai a chiederti all’età della ragione:
“Come sono finito qui? Che cosa ci faccio? A che scopo?” investigando sinceramente,
la verità ti sarà rivelata e capirai che tutto è già prestabilito.

Anche se appaio come corpo o appare che faccia qualcosa, in realtà non faccio nulla
e non sono il corpo. Allora se non sei il corpo e non fai nulla chi fa il lavoro? E
la risposta è: nessuno! Nessuno è mai nato, nessuno ha mai vissuto e nessuno
sparirà. E tu sei quel nessuno.

L’unica costante che c’è ~ Intervista a Tony Parsons


Riccardo Lautizi: Ciao Tony
Tony Parsons: Ciao
RL: Sono contento di essere qui per incontrarti di nuovo e fare questa intervista
per il sito italiano di non-dualità (www.non-dualita.it). Spesso dici che questo
non riguarda le parole, ma c’è una risonanza…
TP:Riguarda l’energia, è qualcosa di energetico
RL:Quindi questa comunicazione è prevalentemente una trasmissione di energia o
cosa?
TP:Non c’è un modo per esprimere l’energia. Quando parliamo insieme, stiamo
indicando ad un’illusione, indichiamo l’esposizione di un’illusione e la
possibilità che non ci sia nessuno, che non ci sia separazione e che non ci sia un
individuo separato che può trovare quello che cerca. In un certo senso la
comunicazione verbale riguarda questo: l’esposizione dell’illusione dell’identità.
Ma l’energia non può davvero essere comunicata nel senso di essere analizzata o
compresa.
Fondamentalmente stiamo condividendo un mistero nella comunicazione del “Segreto
Svelato”, che non può essere compreso o espresso.
RL:Quindi questa energia è sempre presente, non è passata da te al pubblico.
TP:No, non ha niente a che vedere con nessuno qui, perchè “Il Segreto Svelato” è
già basato sul fatto che non c’è alcun individuo. Quindi non c’è un’energia che può
essere trasferita ad un altro individuo. Tutto questo è un’illusione.
Quello che “Il Segreto Svelato” afferma è che tutto quello che c’è è energia.
Energia senza confini. Non c’è nulla che influenza questa energia, non c’è alcun
Dio o Coscienza che la dirige, non ha bisogno di essere diretta, è completamente
senza confini e libera. Non ha nessun tipo di intenzione. Ma all’interno
dell’energia, l’energia può apparire come ricerca, intenzione e tutte queste cose.
L’energia, per quel che riguarda “Il Segreto Svelato”, è tutto quello che c’è. E’
ogni cosa.
RL:Perché questo messaggio è chiamato “Il Segreto Svelato”?
TP:Non lo so, è venuto su dal nulla. Un libro è stato scritto e alla domanda su
come potesse essere chiamato, abbiamo pensato varie cose. Ma in un certo senso “Il
Segreto Svelato” è un bel titolo perché ciò di cui parliamo è nascosto, non può
essere affatto conosciuto, ed eppure tutto è questo. Quindi è svelato perché è
tutto ed è nascosto, è segreto, perché non può essere conosciuto. Non può essere
espresso, non può essere conosciuto e non può essere compreso. Non può essere
afferrato o posseduto da nessuno.
RL:Quindi è nascosto ma allo stesso tempo non lo è.
TP:E’ ogni cosa. L’energia è niente che è tutto, e questo è il mistero. L’energia è
l’assoluto relativo, che sono entrambe la stessa cosa. Non un assoluto da qualche
parte e il relativo qui. Sono entrambi uno. Le parole assoluto e relativo sono
parole che la mente usa come se fossero due cose separate, ma non c’è alcuna
divisione.
RL:Perché sembra nascosto?
TP:E’ nascosto da ciò che lo cerca. Tutto il tempo, nell’individuo, come
l’individuo prende forma, il senso di separazione sembra accadere. E direttamente
la separazione sembra accadere, è solo un aspetto dell’energia, energia che appare
separata, non c’è niente di giusto o sbagliato in questo. Ma la sensazione di
essere un individuo, nella realtà separata soggetto-oggetto, crea una ricerca per
la pienezza, essenza, libertà, quello che sia. E questa ricerca per la libertà non
può mai realizzarsi, perché la libertà che viene cercata è già tutto.
Il problema per il ricercatore è che cerca un oggetto chiamato soddisfazione e non
c’è niente del genere. Non c’è nessun oggetto chiamato soddisfazione. Tutto è già
soddisfazione. Quindi in quel senso, quando c’è qualcosa che cerca la libertà, la
libertà sembra nascondersi da ciò che la cerca, essendo già ogni cosa. Non è un
qualcosa. E’ tutto.
Quindi per quel che riguarda “Il Segreto Svelato”, ogni idea che questo possa
essere insegnato, che in qualche modo tu possa essere istruito per trovare tutto, è
ridicolo. Questo non è un insegnamento.
RL:Quindi non c’è alcun modo per mettere fine alla separazione?
TP:Ovviamente no. La separazione è solo un’illusione. Quindi quando improvvisamente
non c’è più, c’è il riconoscimento che non è mai stata reale. E’ uno scherzo.
Questo è il grande scherzo. Ma non è molto divertente per il me. Dio è un comico
con un pubblico che non ride mai.
RL:Che cosa indica la parola non-dualità?
TP:Non-dualità è davvero solo un titolo. Non esiste una cosa come la non-dualità.
Ma come la parola advaita, è un titolo che indica che vi è non-due, niente di
separato. Quindi in questo senso viene usata solo come un titolo. Ma l’unico
problema è che è stata molto plagiata dalle persone. In occidente al momento quasi
tutto è non-duale. Puoi andare e trovare terapie non-duali, insegnamenti non-duali
dell’illuminazione. In America puoi anche comprare un hamburger non-duale. E’
ridicolo. E la non-dualità che le persone comunicano o insegnano non è non-dualità.
E’ ancora una forma sottile di qualcosa che la persona può avere. E’ dualistico.
RL:Ieri all’incontro dicevi come molti maestri non-duali affermano “Io sono la
Presenza”, “Io sono la Consapevolezza”, ma non è questo
TP:Non c’è un Io che possa essere. Davvero tutti gli insegnamenti indicano o
offrono qualcosa al sé, al sé superiore o quello che sia. In un certo senso si sta
ancora offrendo qualcosa che il sé può avere. “Il Segreto Svelato” semplicemente
vede tutto questo come un sogno illusorio.
RL:Questa non-dualità è lo stato naturale, la realtà naturale. sembra il paradiso
che è stato perduto.
TP:Sì, il paradiso che è costantemente qui e che le persone cercano. Ma non è un
paradiso non-duale. E’ solamente paradiso, è solamente libertà. Tutto è uno, non
c’è niente di separato, niente che sia due e non ne ha bisogno perché tutto è
questo.
RL:Che cosa hanno a che vedere le emozioni, sensazioni e pensieri con questo?
TP:Assolutamente nulla. Emozioni, pensieri e sensazioni sono semplicemente la
Totalità che appare in quel modo. Tutto quello che accade è solamente
un’apparizione dal nulla che sembra essere qualcosa. Non c’è niente che sia
rilevante, di valore, importante o significativo.
RL:Nella storia del me le emozioni, i pensieri e le sensazioni hanno una grande
importanza.
TP:Enorme
RL:Le emozioni devono essere dirette, guarite, le emozioni cattive devono essere
convertite
TP:E’ tutto un gioco. E’ un sogno. Ed è un sogno basato sull’idea che ci sia
qualcuno che possa scegliere di onorare le emozioni o lasciarle andare e tutto il
resto. E’ solo un sogno che intrattiene la mente per un pò.
RL:Qual è il significato della vita?
TP:La vita, divinamente e meravigliosamente, non ha alcun significato. E’ solo il
me che vuole trovare il significato così che possa trovare una direzione verso
qualche luogo che sta cercando. Non c’è alcun significato o scopo a tutto questo.
Non ha bisogno di significato o scopo. E’ già soddisfatto. Quindi non ha bisogno di
andare da qualche altra parte o cambiare allo scopo di trovare la soddisfazione.
Tutto è già soddisfatto. L’unica cosa che sorge in questo è un sé illusorio che
sente che non è soddisfatto.
RL:Sì perchè il me vive sempre in “cosa c’è dopo”, quindi ha bisogno di uno scopo
per andare avanti.
TP:Assolutamente, deve avere uno scopo, deve avere un obiettivo. Il me vive in
speranze e sogni, speranze e sogni che un giorno saranno realizzati. Se davvero
ascolti quello che viene detto nel messaggio del “Segreto Svelato”, tutte le
speranze e sogni vengono destrutturati, perchè fanno semplicemente parte del sogno
illusorio.
RL:Questo è causato dall’educazione, dalla società?
TP:Viene fuori dalla separazione. Tutto quello che accade al me viene dal senso di
essere separato. Quindi le società sono formate, morali sono creati, etiche sono
create dal me, dal sé per cercare di rendere la propria storia più confortevole. E’
solo un tentativo temporaneo. Il me costantemente cerca di far funzionare la
propria storia e costantemente fallisce. Funziona qualche volta, qualche volta il
me si sente bene. Ma quella sensazione del me che si sente bene può solo durare per
poco perché tutto accade in una storia, la storia.
RL:Quindi non c’è niente che sia in controllo della vita?
TP:No, non c’è niente che debba essere in controllo della vita, non c’è niente in
controllo. Nel sogno del me, il me sogna di essere in controllo, che sta conducendo
la sua vita. Ma la realtà è che non c’è nulla che ha bisogno di controllare
alcunché, non c’è alcun controllo. Tutto quello che c’è è caduta libera,
l’imprevedibile.
RL:Quindi anche questa intervista, queste parole, tutto nella nostra vita
semplicemente accade senza
TP:Solo apparentemente accade. Tutto quello che accade nella vita delle persone sta
solo sembrando accadere. Questo è il grande mistero. Tutto quello che sembra
accadere, in questo, è semplicemente niente, nulla, che appare essere qualcosa che
accade. E’ un’apparenza. Non c’è niente che sia reale. Il dilemma del me è che
pensa che è reale e quindi pensa di vivere in una creazione reale. Ma quando il me
crolla è assolutamente ovvio, a nessuno, che tutto è sia reale che irreale.
Ho appena scritto un libro che uscirà nel giro di qualche mese ed è chiamato “Così
com’è e non è”.
RL:Questo “non è”
TP:Tutto è e non è, perché tutto quello che appare è ma anche non è, perché è nulla
che appare come ogni cosa. Questo è un mistero. Non può essere conosciuto.
RL:Quindi è corretto dire che la vita ad un certo punto è iniziata e ad un certo
punto finirà?
TP:No, questo è il sogno. Il sogno è che la tua vita ha avuto inizio, e vivrai la
tua vita e poi finirà. Questo è il sogno. Non c’è nessuno che sia nato o che stia
vivendo come individuo e che morirà. Nessuno morirà perché non c’è nessuno.
RL:Quindi cos’è la morte? Tutti hanno paura della morte. Cos’è la morte?
TP:Il me ha paura della morte, perché il me è assolutamente spaventato di essere
assente. Quindi cerca di non essere assente attraverso l’essere importante o
speciale o il seguire una parte che lo fa sentire bene. Così pensa che sta
continuando ad esistere. Quello di cui più è spaventato è l’assenza, la sua
assenza.
RL:Cosa accade quando il corpo
TP:Quando il corpo muore, nella maniera in cui normalmente vediamo ciò, se c’è un
senso di separazione, un me nel corpo al punto della morte crolla la sua apparente
funzione, perché è comunque un’illusione. Quest’illusione crolla con la morte del
corpo, e quello che rimane è tutto ma non c’è nessuno in questo.
Nella liberazione, quando il me muore nel corpo vivente, è la stessa cosa: quello
che rimane è tutto. Quello che rimane è cio che è e non è. E non può essere
conosciuto.
RL:Quindi nel vedere questo
TP:Nessuno vede tutto e nulla. C’è solamente tutto e nulla. Se qualcuno potesse
vederlo, sarebbe separato da ciò che vede, sarebbe consapevole di esso. Questo è il
dualismo.
La consapevolezza è il modo in cui la separazione è rinforzata e mantenuta. La
consapevolezza mantiene il me al suo posto. Nutre il me.
RL:Quindi quando c’è solo quello che è e non è
TP:Non c’è niente che sa questo.
RL:Non arriva l’idea che ci sia qualcosa dopo la morte, reincarnazione, queste
cose?
TP:Quello che c’è dopo la morte è ciò che c’era prima di essa: tutto. Nulla e
tutto. Questo è tutto quello c’è.
Il problema del me è che vive nell’illusione che ciò che c’è è un qualcosa di altro
che gli sembra reale. Non c’è alcun modo che il me possa vedere o comprendere
l’idea che ogni cosa è reale e irreale. Questo è il suo dilemma.
RL:Questo rende molte persone frustrate perché non è possibile afferrarlo.
TP:Il me vive nella frustrazione e tensione la maggiorparte del tempo. Il me vive
in una sorta di silenziosa disperazione.
RL:C’è un processo in cui questo me crolla sempre di più?
TP:No, non c’è alcun processo. Può sembrare che ci sia una diminuzione dell’energia
del me, ma è solo un’apparenza, non è reale. E non ha nessun significato di alcun
tipo, assolutamente.
RL:Ogni cosa nella vita, soldi, donne, relazioni sembra insoddisfacente
TP:Si per un pò è soddisfacente ma è sempre mutevole perché sembra accadere nel
tempo, quindi va e viene, e la prossima cosa sorge e passa anch’essa, e la prossima
cosa sorge e poi passa.
L’unica costante che c’è è ciò che è e non è.
Che non può essere conosciuto.
RL:Anche la sofferenza di questo pianeta che stiamo distruggendo
TP:E’ ciò che è e non è. Non c’è nulla che può essere fatto a riguardo, non c’è
nessuno che faccia qualcosa e non c’è alcun bisogno di fare alcunché. C’è solo ciò
che è e non è. Questo non ha niente a che vedere con l’idea di creare un mondo
migliore o salvare il pianeta. Non c’è un mondo da salvare. Il mondo è
un’apparizione del nulla.
RL:Molti maestri affermano che il mondo è un’illusione
TP:Non è un’illusione. L’unica illusione che c’è è quello di cui fa esperienza il
me. L’unica illusione che c’è in tutto questo è l’illusione della separazione. Io
sono un’identità qui e sono separato da tutto. Questa è l’unica illusione. Tutto il
resto è semplicemente ciò che è. Ovviamente il me crea l’illusione che il mondo sia
reale.
Alcuni maestri indicano che il mondo non è reale. E’ reale e irreale, questo è
quello che dico.
RL:E tutta quella roba del tipo cambiare il mondo con l’intenzione, pensare
positivo
TP:Il pensare positivo è una cosa meravigliosa tra molte, autoindagine,
meditazioni, canti, fa tutto parte del sogno del ricercatore.
Non conduce da nessuna parte.
Non c’è nessuna parte dove andare.
RL:Che cos’è l’amore?
TP:Non può essere conosciuto o descritto. L’esperienza del me con ciò che chiama
amore, è un amore bisognoso, ha bisogno di amare ed essere amato.
RL:L’amore che si intende ha a che vedere con le relazioni
TP:Sì o qualunque altra cosa, principalmente le persone.
L’amore incondizionato, che è l’unico amore che c’è, è indescrivibile e comprende
ogni cosa. Questo è quanto più vicino ad esso possa arrivare a dire.
Quando il me crolla, quando l’illusione del me non c’è più, l’amore incondizionato
che è lì è così evidente che è incommensurabile.
RL:Non ha niente a che vedere con una sensazione?
TP:No, assolutamente. E’ in ogni cosa, è in questo pavimento, è nei muri, è
dappertutto. Quando non c’è nessuno, è assolutamente evidente che quel tavolo è
amore incondizionato che fa il tavolo.
Quindi non c’è più alcun luogo dove non puoi trovare amore, tutto è amore.
Per nessuno.
RL:Ma se c’è ancora questo senso di contrazione, tutto è un casino alla fine
TP:Ogni cosa è separata e in un certo senso illusoria. Il me trasforma quel tavolo
in qualcosa di reale, quando il me guarda al tavolo.
Il tavolo è ovviamente particelle che si muovono che fanno il tavolo, è il nulla
che prende la forma del tavolo, quindi questo non cambia. Ma nella percezione del
me, il tavolo sembra essere reale. L’esperienza del me è che il tavolo è come se
fosse di cemento, è proprio una cosa reale. E questo è il dilemma: perché non vede
il tavolo, non vede il cielo, non vede gli alberi, non vede un’altra persona se non
come altri oggetti separati. Questa è la sua agonia. Attraverso la sua
consapevolezza trasforma tutto in oggetti reali.
RL:Si tutto sembra distante
TP:Distante e un qualcosa di altro. Questo è il motivo per cui il me ricerca
costantemente. Il me è ricercare, il me è il ricercatore.
RL:Quindi cosa succede a questi incontri?
TP:Non c’è niente che accade, perché niente accade.
Non ti preoccupare se finisci le domande, perché succede.
Non c’è niente di più da dire.
RL:Sì perché questo messaggio lascia il me senza parole
TP:Sì lo fa. Lascia il me senza parole. Quando facciamo gli incontri, io faccio un
discorso all’inizio e in un certo modo esprime quello che abbiamo detto qui e di
solito c’è un lungo silenzio perché in un certo senso io potrei andare a casa,
potremmo tutti andar via, davvero è tutto finito, non c’è niente da dire. Ma in un
modo o nell’altro la mente crea tutti i tipi di domande.
Il me rigetta questo messaggio immediatamente. Non c’è il dubbio se il me accetterà
o ascolterà mai questo messaggio. Non può farlo. Quindi immediatamente cerca di
demolire questo messaggio.
RL:Spesso a questi incontri c’è la sensazione che ciò che dici non possa essere
capito
TP:No.
RL:Non è qualcosa che riguarda il pensiero razionale o l’intelletto
TP:E’ molto carino e abbastanza divertente qui a Monaco. Nell’ultimo incontro una
donna laggiù ha fatto una domanda, non importa quale, e c’è stata una risposta qui
e lei poi ha detto “Non ha senso!” e io ho detto “Assolutamente”.
Questo non ha senso.
E’ un paradosso.
E’ un mistero.
Non può essere compreso.
RL:E non ha niente a che vedere con quello che uno fa nella vita, lavoro, famiglia
TP:No quello è un sogno.
RL:Quindi ovunque e sempre c’è solo questo.
TP:Non c’è un sempre, c’è solo ciò che è e non è.
Ed è senza tempo.
E’ l’infinito.
E’ l’assoluto relativo.
Non è l’assoluto, è l’assoluto relativo.
E’ la forma senza forma.
RL:Ok Grazie Tony
TP:Grazie grazie
Intervista di Riccardo Lautizi a Tony Parsons – Monaco, 12 Aprile 2015

Liberazione ~ David Carse

“Chiunque scopra il vero significato di queste frasi non morirà mai: che il
cercatore non smetta mai finché ha trovato. E quando troverà sarà assai turbato. E
quando sarà turbato sarà stupito e regnerà sul Tutto”.
Gesù di Nazareth (Vangelo di Tommaso)

E’ spaventosamente difficile descrivere o spiegare questa non-cosa, che dopo tutto


merita il nome di ineffabile. In fondo si può dire che c’è la visione o non c’è, il
velo è caduto o non lo è. Il fatto di essere solo un mistico, uno yoghi o uno
sciamano non significa quindi molto: altri ruoli di sogno per altri attori di
sogno. Finché c’è qui qualcuno che capisce, non c’è comprensione. Finché c’è
qualcuno qui che deve svegliarsi, non c’è risveglio. Il messaggio dei sutra e degli
sciamani è lo stesso: chi veramente comprende, è colui che muore prima di morire,
che non lascia tracce, che non segue un sentiero, perché sa che in quanto persona,
in quanto a entità egli non esiste. Ma chi può farlo, quale sé può cessare di
esistere? Nessuno, come direbbe Wei Wu Wei, perché non c’è nessuno: può solo
succedere. Allora non c’è nessuno che sa, ma solo il sapere e tutto questo mondo è
come in un sogno o in una visione; solo Splendore al di là della luce, Amore al di
là dell’amore, chiarezza e bellezza che irradia attraverso queste forme trasparenti
e qui, assolutamente nessuno.

Dopo la giungla, vi è una qualità intensamente strana e bella nell’esperienza della


vita. In un certo senso posso solo descrivere tutto, ogni esperienza, come se
possedesse una certa vacuità. Questo significa che tutto quello che un tempo aveva
importanza vitale ora è visto come irreale, vuoto, non importante, un’illusione.
Una volta visto che ciò che è oltre la brillantezza di Sat Chit Ananda (Essere
Coscienza Beatitudine) è tutto quello che c’è, il sogno continua come una sorta di
ombra. Pure, allo stesso momento in cui tutto quanto appare nel sogno è
sperimentato come vuoto, tuttavia è visto come ancora più profondamente bello e
perfetto di quanto uno avesse immaginato, precisamente perché si rivela solo come
Sat Chit Ananda, tutto quello che è. Tutto quello che non ha importanza, che è
vuota illusione, è allo stesso tempo ciò che è oltre lo splendore, la perfetta
bellezza. Vi è in qualche modo un equilibrio; questi aspetti apparentemente opposti
non si cancellano l’un l’altro, ma sono complementari. Questo non ha “senso” ma
così stanno le cose.

Vi è una tradizione Advaita che afferma che maya, la manifestazione dell’universo


fisico, ricopre o è sovrapposta a Sat Chit Ananda. Non sono uno studioso di questi
argomenti e posso solo tentare di descrivere ciò che è visto qui, la comprensione
qui è che non c’è questione di qualcosa sovrapposto ad un’altra. Maya, la
manifestazione è appunto Sat Chit Ananda, non è altro che quello, non esiste di per
sé come qualcosa di separato che ricopre qualcos’altro. Questo è il punto! Non vi è
maya. La sola ragione per cui appare come realtà e la si prende di solito per
autentica è grazie ad una falsa percezione che vede l’apparenza e non quello che
c’è.

Questo è quanto commenta Huang Po che “non si deve fare distinzione tra l’Assoluto
e il mondo senziente.” Nessuna distinzione! C’è solo l’Uno. Mai è esistito il due.
Ogni percezione di distinzione e separazione, ogni percezione di dualità e ogni
percezione di una realtà fisica, è un’illusione creata dalla mente. Quando un
insegnante indica il mondo fisico e afferma: “Tutto è maya” significa che ciò che
stai osservando è un’illusione; tutto ciò che è, è Tutto ciò che E’, puro Essere,
Coscienza, Beatitudine che sgorga; è la tua percezione di essa come mondo fisico
che è maya, un’illusione.

Naturalmente non vi è un cancello che si apre a Tutto ciò che E’ e nessun sentiero
vi porta. Vi può essere solo un mutamento nella percezione che permetta di vedere
maya, l’irrealtà come qualcosa di irreale. Pure per questo personaggio di sogno, la
Comprensione avvenne nel contesto della spiritualità indigena (americana) e quindi
ciò che nel sogno è noto come “sciamanesimo” in questo caso si è avverato come la
via senza via verso la porta senza porta, la quale si aprì di colpo, per rivelare
ciò che non era stato mai nascosto, mai dall’altra parte.
Come ogni altra forma di religione o pratica spirituale sul pianeta, lo
sciamanesimo è in gran parte insensato, qualcosa che fanno i personaggi del sogno
per trovare un senso a tutto quanto e confortarsi l’un l’altro finché il sogno
dura. Tutti i tentativi e tutti i trabocchetti della pratica sciamanica esplosero,
furono dissolte alla luce della Presenza di Tutto ciò che E’.
Pure vi sono nello sciamanesimo pochi che sanno e hanno visto che tutto è un sogno,
che nulla è importante e che tutto ciò che è, è Consapevolezza e che essi non
esistono. Essi fanno finta con gli altri o forse, col passar del tempo, fanno
sempre meno fino a non fare più nulla e sono poi considerati folli. Che importa?

Perché mentre è risaputo senza alcun dubbio che come persona, individuo, entità,
david è anche spirito, io non ci sono, non esisto, come nessun altro esiste:
tuttavia è ugualmente ovvio che come Tutto ciò che E’, Io Sono. La visione che ebbi
nella foresta fu ed è una convalida in se stessa nel senso che è assoluto e non ha
bisogno di conferme. Tutto è visto in quella luce; relativizza tutto e non è
relativizzata da nulla. Tuttavia, nel sogno, il personaggio di sogno continua a
funzionare come tale. E questo personaggio di sogno, quello strumento fatto di
corpo-mente, entrerà in collisione con l’evento della Comprensione.

Sembra che la Comprensione avvenga dopo qualche tempo di ricerca e di una


comprensione intellettuale degli insegnamenti della saggezza perenne ed in tal caso
vi sarebbe una sorta di riconoscimento quando essa avviene. In questo caso invece
vi era stata poca o nessuna preparazione, nel senso di avere visto con chiarezza i
concetti di base. In un certo senso fu un atto di grazia e benedizione magnifica.
Io stesso ho visto che la comprensione intellettuale dei concetti implicati poteva
diventare un tremendo blocco per molti ricercatori spirituali ed in questo sono
stato risparmiato, poiché la Comprensione avvenne naturalmente, spontaneamente e
innocentemente. In un altro senso questo rese l’impatto più forte e il corpo mente
non preparato fu gettato in un certo caos. Per questo il racconto di Suzanne Segal
(seguace del Maharishi Mahesh yoghi la quale un giorno, alla fermata di un autobus
si sentì precipitare internamente nel vuoto assoluto e così rimase – n.d.tr.) è
così cocente e vi è un grande apprezzamento di quanto essa ha vissuto. In un certo
senso lei aveva avuto una preparazione maggiore della mia, avendo esercitato la
Meditazione Trascendentale con Maharishi Yoghi. Eppure questi non le aveva dato i
parametri necessari per integrare il Risveglio quando questo si presentò. E, cosa
ancor più significativa non ebbe il sostegno indispensabile quando esso avvenne e
passò dodici anni con psicoterapeuti nel loro immane sforzo di rendere patologico
il vuoto del sé personale e di liberarsene.

Nel mio caso il contesto sciamanico non procurava un sistema adeguato di idee ed
esperienze nelle quali inquadrare le esperienze avvenute. Sapevo che “a casa non
c’era nessuno”, che non c’era mai stato un “david” e che quello che avevo potuto
pensare di “me” era una finzione. Sapevo che la Splendida Presenza era Tutto, e che
sgorgava infinita. Questo era bello e perfetto, ma allo stesso tempo produceva ciò
che un tempo chiamavo una grave “sconnessione”, un senso di discontinuità non solo
riguardo alla mia storia e alle credenze o intenti personali, ma una sconnessione
totale da quello che potevano essere le esperienze di ogni essere umano su questo
pianeta per quanto ne sapessi. Nel nostro contesto culturale e sociale, la
possibilità dell’insorgere di una rottura dissociativa, psicotica e che la cosa-
david era diventato pazzo, era un avvenimento assai plausibile. Quello che seguì fu
di nuovo la Grazia miracolosa e non meritata. Dato il risultato non convenzionale
in cui la Comprensione si era manifestata in questo caso, non ci fu la scoperta di
una relazione con un guru in modo tradizionale. Eppure si può parlare di qualcosa
di simile quando ciò si svela: una semplicità dell’essere e rimanere in questo
Splendore, lasciare che la Grazia prenda possesso mentre ci si apre ad una pace che
sorpassa la comprensione.
Quasi tutte le persone a cui questa cosa senza nome parve capitare in modo genuino,
avevano avuto un lungo periodo di gestazione. Robert Adams, Tony Parsons, Douglas
Harding e altri; anche Ramana Maharshi: dieci, dodici, venti anni prima che
sorgesse. Nella tradizione Zen, uno studente che vive un risveglio rimane studente
per almeno dieci anni per stabilizzarsi. Hui Neng, il sesto Patriarca si nascose
per quindici anni nelle montagne dopo l’avvenimento.

Qui ha un senso. Jed Mckenna lo chiama “dieci anni dannatamente strani”e sono
d’accordo con lui. Il corpo/mente ha bisogno di tempo per adattarsi. Tutto quello
che la gente considera importante e che ha un senso è visto come assolutamente
assurdo e senza senso. E ciò che la gente non vede nemmeno è bello, completo e
senza bisogno di parole. Vi è una tendenza più forte di prima al silenzio e alla
solitudine anche se ovviamente non esiste una cosa simile. Hui Neng dice che la
Comprensione è immediata, ma ciò che egli chiama la “liberazione” è graduale. Come
posso immaginare il corpo/mente entra in collisione con l’evento della Comprensione
e questo necessita un adattamento. Come potrebbe essere altrimenti? In qualche caso
la transizione può essere facile: se per esempio vivi in una cultura in cui sei
saturato dagli elementi di base dell’Insegnamento per tutta la tua vita, il periodo
di adattamento nel corpo/mente può essere molto mite. Chiaramente nel mio caso fu
diverso, praticamente l’opposto. Dopo una vita di esperienze insopportabilmente
confuse e dolorose, di lotte contro quello che la vita mi portava, molti schemi e
abitudini furono deposti nei condizionamenti. Non c’era la preparazione di un
Insegnamento a cui fare riferimento. E non c’era né comunità né altre risorse
subito dopo l’evento.

C’è una tradizione nel Buddismo in cui si parla di pratyeka-bodhi, “realizzazione


solitaria”. Si riferisce alla realizzazione che avviene senza l’abituale
trasmissione da maestro a discepolo e lo sfondo abituale di preparazione e di
aiuto. In questo caso la via alla liberazione può essere ancor più “dannatamente
strana”. Forse Ramesh Balsekar pensava a questo quando mi disse: – Il Risveglio può
essere di due tipi diversi. L’esperienza che hai avuto è del tipo ”non c’è nessuno
qui dentro”, non c’è effettivamente un david. Qui siamo nella completa
disidentificazione. E poiché questo è avvenuto nel tuo caso, hai avuto un problema
a vivere la tua vita… perciò è un caso unico. – Quando capitai sul commento
all’inizio del Vangelo di Tommaso, fu la prima volta che trovai un insegnante che
affermasse che dopo la scoperta del risveglio, si può essere alquanto turbati. A
seconda dei condizionamenti del corpo/mente in questione, non è sempre così, ma per
me lo fu. Questo periodo di turbamento è in sé la “liberazione”, l’adattamento
degli schemi e dei condizionamenti del corpo/mente alla luce della nuova situazione
che si delinea con la Comprensione. E alla base vi è lo stupore costante della
consapevolezza del Tutto che mai non muore.

Tutto questo ha a che fare con il modo in cui il corpo/mente si adatta ai vari modi
in cui avviene la Comprensione. E’ sempre stato chiaro che alla fine la
Comprensione in sé è completa, semplice e totale. Quelli che sostengono che vi è un
risveglio graduale o in varie tappe o un processo di approfondimento in esso, mi
pare che tralascino il punto più essenziale dell’accaduto. Non è qualcosa che
avviene nello spazio-tempo quindi non può richiedere spazio-tempo. Non è
un’esperienza, non è un processo. E’invece una perforazione dello spazio-tempo da
parte dell’intuizione-perno che rivela come sia lo spazio-tempo che tutte le cose
ed entità, incluso colui in cui avviene la visione, non esistono affatto. E questo,
come può non essere altro che istantaneo, immediato? Non può essere parziale: vi è
una sola alternativa. E tutto questo è per di più soltanto apparente.

Si nota che non vi è nulla qui: le parole, le idee, i pensieri sono tutti senza
senso: ”Una favola raccontata da un idiota, pieno di suoni e di furia, che non
significa nulla.” (Shakespeare) Quello che E’, è grande bellezza, grande amore,
grande silenzio e questo è veramente tutto. Ancora una volta, non si può tradurre e
non sembra comunicabile ed esprimibile.

Tratto da Perfect Brilliant Stillness di David Carse

Il senso del “me” sorge nella presenza ~ Tony Parsons

Una delle cose che ostacola la comprensione del fatto che le cose stiano accadendo
e basta è questa sensazione di essere una persona. La difficoltà nel permettere
alle cose di accadere è la persona che pensi di essere.
Siamo così abituati alla persona che ci portiamo in giro: pensiamo sia reale.
Quindi quando ci imbattiamo nella possibilità che questo personaggio sia solo
un’altra cosa che sta accadendo può essere difficile da accettare. Molti mi dicono:
“Beh sono ancora qui, c’è ancora un (me)”. C’è un personaggio: c’è per così dire
una personalità. Le parole creano difficoltà: per alcune persone la parola
“personalità” sembra ancora legata all’ego. Ma c’è una personalità: Tony Parsons ha
certe caratteristiche e agisce in un certo modo. Questo va bene, è solo un’altra
cosa che sta apparentemente accadendo; non è in discussione che Tony Parsons stia
accadendo. Ma lo fa anche l’auto che è appena passata e anche il sole. Quindi le
cose stanno accadendo, ma non c’è nessuno a cui stiano accadendo.

È così semplice. Naturalmente è tutto solo apparizione. Quindi concediti un po’ di


confusione; è solo qualcos’altro che sta emergendo. Continua a sentire che
qualunque cosa che sorge, va tutto assolutamente bene. Non c’è nulla di sbagliato
nel pensare. Non c’è nulla di male con il pensare legato al tempo, con il
pianificare, con il preoccuparsi, con il sentire paura: con il sentire qualunque
cosa.

Semplicemente inizia a provare a lasciare che ogni cosa sia lì per conto suo, come
un qualcosa che sta accadendo, senza nessuna sensazione di giudizio, senza cercare
nessun tipo di significato, permettendo ad ogni cosa che accade di esserci:
sensazioni, pensieri…Persino il rifiutare o la resistenza a ciò che sta accadendo
è, di nuovo, qualcosa che sta accadendo. Sono certo che molte persone qui hanno un
senso di presenza. Per molti, più sono in questa specie di apertura, più c’è senso
di presenza, ed è molto dolce. La gente mi dice: “Ma poi va via, perché mi
contraggo”. In realtà non va via: ciò che accade e che il senso di contrazione
sorge. La presenza è tutto ciò che c’è e il senso di contrazione, il senso del “me”
sorge nella presenza.

L’avventura di vivere in caduta libera ~ Tony Parsons

Tutto quello che c’è è Questo, incluso il chiudere la finestra. Questo è ciò che
accade: udire suoni sta accadendo, udire questa voce,sensazioni nel corpo stanno
accadendo, respirare sta accadendo, tutto quello che sta accadendo è semplicemente
Uno, Uno che esprime se stesso. Non c’è nessun’altro.

E in questo accadere sorge l’idea che ci sia un’entità separata a cui questo stia
accadendo. Io sono una persona separata. Questo è il mio corpo. Sto sedendo su una
sedia. Sto respirando. Sto udendo questa voce. E in questo vedere, sentire,
percepire di essere un’entità separata sorge il senso di separazione, il senso di
essere un soggetto e tutto il resto è un oggetto. Quindi io sono una persona e
tutto il resto accade intorno a me. E’ la fuori e sta accadendo a me. Cresciamo in
questo senso, viviamo e cresciamo e siamo educati da altre persone che vivono nello
stesso sogno, nel sogno di essere separati. E questo senso di separazione si
rinforza in noi attraverso tutto ciò che affrontiamo.

Se guardi al mondo in cui vivi, è tutto basato sul successo o fallimento


personale.Siamo educati dai nostri genitori, insegnanti, preti, capi, moglie,
marito. Tutto rinforza il senso di essere separato. E c’è una contrazione nel senso
di separazione, è una contrazione energetica di essere una persona separata. Ci
potreggiamo dal mondo là fuori che appare minaccioso. Per molti di noi, questo è il
modo in cui l’io vive e ha vissuto in quel senso di essere separato e ha cercato di
avere successo in qualche modo. Molto semplicistico, ma è così che funziona.

Per alcuni di noi c’è un senso di mancanza, la sensazione che questo non sia tutto,
che manchi qualcosa. C’è una sorta di segreto, che non può essere decifrato. Un
qualche secreto, il senso che manchi qualcosa. Quindi ci approcciamo alle
religioni, alle terapie. Avremmo potuto udire dell’illuminazione quindi andiamo a
cercare un cosiddetto insegnante illuminato. E poichè fondamentalmente ci sentiamo
separati, stiamo cercando, c’è tutto il senso di cercare qualcosa e quindi andiamo
da un insegnante, poiché abbiamo quell’energia di cercare, andiamo da un insegnate
che proviene dalla stessa percezione, la percezione di essere separato, un
individuo separato. E quell’insegnante ci istruisce come individui separati che
hanno una scelta. Quell’insegnante può aver avuto un’esperienza, può aver avuto
un’esperienza di risveglio, e in qualche modo è convinto di essere illuminato.
Poiché hanno fatto a b o c, come la meditazione, l’autoindagine o qualcos’altro,
allora comunicano l’idea dello sforzo progressivo all’individuo. Quindi essi
parlano all’individuo e gli dicono: tu sei un individuo separato e per diventare
illuminato devi fare questo percorso, meditare o quello che sia. E tutto quello che
ti stanno offrendo e tutto il modo in cui siamo, è tutto basato sull’idea che ci
sia un’entità separata e che ci sia qualcosa che può essere raggiunto.

L’altra cosa riguardo questo accadere della separazione è che c’è sempre qualcosa
là fuori da ottenere, c’è sempre qualcosa che accadrà. Viviamo nell’anticipazione.
Tutta la nostra energia è verso l’ottenere di più. Nel sogno vogliamo divenrare più
felici, più ricchi, avere più amanti. Stiamo sempre anticipando, stiamo sempre
aspettando che accada la prossima cosa, c’è il senso che quello porterà ciò che
vogliamo, soddisferà le nostre vite.

Fondamentalmente tutto ciò va avanti mantenendo l’idea di separazione. Tutto


l’insegnamento sullo sforzo individuale rinforza l’idea che ci sia un individuo
separato che deve raggiungere qualcosa. E’ tutto fondamentalmente un’ignoranza.

Liberazione è la realizzazione che non c’è nessuno, che non c’è un individuo
separato. Liberazione è la perdita di qualcosa, non è il raggiungimento di
qualcosa, non è qualcosa che può essere guadagnato. Quando le persone vengono qui,
molte persone vengono a questi incontri pensando che verrano e otterrano qualcosa.
Se quello che viene comunicato è davvero ascoltato, allora ci sarà una perdita, ci
sarà il senso che non ci sia niente da ottenere. Qualcosa può essere perso e poi
allora c’è la sensazione che tutta l’idea dello sforzo individuale cada via. Quindi
fondamentalmente siamo qui oggi per parlare della possibilità che non ci sia
nessuno seduto in questa stanza. Non c’è nessuno. Non c’è nessun individuo
separato.

Tutto quello che c’è è ciò che accade. Tutto quello che c’è è Vuoto. E in questo
vuoto le cose apparentemente accadono, ma accadono a nessuno. Questa è tutta la
base della liberazione. Improvvisamente c’è questo mondo là fuori, con tutto ciò
che va avanti in esso, e tu sei qui e c’è questo mondo. E questo mondo sta
accadendo a te. Quello di cui stiamo parlando qui è la possibilità che questa cosa
qui fuori semplicemente cada nel Tutto e non ci sia niente qui fuori a cui le cose
accadano.

Quello che anche sorge nella realizzazione che non c’è nessuno, è la realizzazione
che non c’è scelta, che non c’è niente che possa essere fatto. Non esiste il libero
arbitrio eccetto che nel sogno, nel sogno di essere separato sentiamo che possiamo
fare, scegliere, decidere meglio o peggio. Nella liberazione è realizzato che non
c’è nessuno, non c’è scelta. Tutto ciò che c’è è Questo. Tutto quello che c’è è ciò
che accade. Quindi possiamo usare parole insieme, possiamo parlare di questo
insieme e condividere. Possiamo riscoprire questo insieme. Questo messaggio raro e
radicale può essere riscoperto. Condivideremo concetti insieme, su questo. Ma anche
quello che può accadere e accade in questo genere di circostanza è che quando le
persone si riuniscono per essere aperte a Questo, allora ci può essere un
cambiamento energetico. Un cambiamento energetico fuori dalla contrazione. Questa
contrazione di essere un individuo separato che cerca qualcosa, si apre
all’immensità. Questa immensità, questa energia che può essere sentita è nessuno,
non è Tony Parsons, non ha niente a che vedere con Tony Parsons e con nessuno qui.
Non è posseduta, è senza limiti. Quindi può esserci un’espansione nell’immensità,
fuori dalla contrazione, questa è la liberazione.

Quindi possiamo parlare insieme e condividere questa possibilità e può sorgere


chiarezza, può sorgere comprensione, ma ancora non è liberazione. Puoi avere
qualcuno che è chiaro su tutto ciò, assolutamente chiaro e avrai ancora qualcuno,
un individuo separato, che è chiaro su qualcosa. Quella non è liberazione.
Liberazione è un cambiamento energetico, fuori dalla contrazione nell’immensità,
nel non-sapere. Quello di cui parliamo e condividiamo qui è l’avventura del non-
sapere. E’ l’avventura di vivere in caduta libera. E’ l’avventura di vivere in ciò
che semplicemente accade, quello che apparentemente accade, sedere su una sedia,
respirare, udire una voce. Questo è tutto quello che c’è. Non importa ciò che fai,
c’è sempre e solo Questo.

La separazione è una contrazione energetica ~ Tony Parsons

La parte principale del messaggio è l’esposizione del mito che ci sia una cosa
chiamata ricercatore che può trovare un’altra cosa chiamata illuminazione. Per quel
che riguarda “Il Segreto Svelato”, molto presto nella vita dell’apparente essere
umano, accade qualcosa di energetico che è una contrazione nel corpo e quello che
sorge da quel senso di contrazione è il senso di un me, un senso di identità che
sorge.

Quindi improvvisamente, in tenera età, c’è il senso che ci sia qualcuno qui, “io
sono qui”. E questo cresce, e poiché quella forma umana vive con molte altre forme
umane, c’è sempre più il senso di essere una persona reale che vive con altre
persone reali. Quindi io sono reale, io esisto realmente come una persona, come
un’identità, ho veramente libero arbitro e vivo in una storia reale chiamata la
storia del me. Quello che sorge è la sensazione che ci sia un me qui, è la storia
del me. E ciò che sorge anche con quel senso del me, è il senso di separazione.

Il me è un costrutto artificiale che si sente separato da tutto, ed esiste


solamente in una realtà soggetto-oggetto. Ecco come esiste, tramite l’essere
consapevole di se stesso. Il senso di contrazione prende la forma di un’identità e
quello che sorge in tale identità è ciò che viene chiamato auto-coscienza, il
sapere che c’è un se.

Per “Il Segreto Svelato” è uno stato di sogno, è uno stato fittizio, in cui può
essere solo sperimentato il senso che tutto sia separato. Quindi il me o il sé vive
nell’esperienza di essere separato da tutto. Ed è per questo che è profondamente
insoddisfacente. C’è qualcosa di insoddisfacente nel senso di essere in un mondo
separato, separato da tutto ciò che accade. Ad una certa distanza dalla vita, è un
senso di essere distanti dalla vita.

Molte persone non riconoscono questo, ma alcune persone, persone sensibili, sentono
il senso che manchi qualcosa, quindi cercano ciò che manca. non si sentono
soddisfatte. Soldi e tutto il resto non colmano quel senso di essere separato.
Quindi cercano ad un livello più profondo la risposta a questo. Approcciano le
religioni o terapie, o qualcosa chiamato illuminazione.

Fondamentalmente quello che viene detto qui è che poiché l’individuo è in quel
mondo artificiale soggetto-oggetto, non può mai trovare ciò che vuole. Perché ciò
che vuole, ciò che davvero desidera, non è un oggetto. Ciò che davvero desidera non
può essere posseduto. Ciò che davvero desidera non può essere afferrato. Non c’è
niente che il me possa fare per raggiungere ciò che davvero desidera. Ed è quello
che condividiamo qui. Andrò più in dettaglio domani, ma questo è fondamentalmente
la base del messaggio.
Ciò che espone e ciò che può accadere è che da qualche parte il me che pensa che
può trovare qualcosa per il suo completamento può essere guidato da questo
messaggio in una sorta di vuoto, una sorta di impotenza. E forse tutto quello che
può rimanere è il senso di qualcosa oltre il senso della ricerca del sé. Qualcosa
che non può essere afferrato o ottenuto. E anche quello che sorge è il senso che
quello che si cercava è tutto ciò che è, constantemente in ogni caso. E’ già qui,
non è mai stato perso. Il me non ha bisogno di diventare meritevole per trovare ciò
che cerca.

Quello che anche può emergere in questa sorta di comunicazione è che il costrutto
artificiale del me, l’intera fabbricazione, tutto il senso di essere separato, può
improvvisamente semplicemente crollare. Quindi questo riguarda qualcosa che può
essere perso, piuttosto che guadagnare qualcosa. Quello che viene perso è il senso
che qualcosa possa essere guadagnato. Quello che viene perso è l’idea che io possa
guadagnare qualcosa, che possa avere qualcosa per me stesso. Tutta la ricerca è
sempre una ricerca per qualcosa che io posso avere. E’ una sorta di materialismo
spirituale che raccoglie il desiderio di possedere uno stato in cui vivere.

Quindi chiedi, possiamo parlare di questo e usare parole per illuminare situazioni,
ed è possibile che qualcos’altro sorga. Ma anche quello che deve essere detto è che
essenzialmente la separazione è una contrazione energetica mantenuta nel corpo. Non
ha niente a che vedere col pensiero, col pensiero “io sono separato”. Non ha niente
a che vedere con la credenza che io sia separato. Non ha niente a che vedere con
l’idea che io sia separato. Tutte queste cose sono semplicemente conferme di
qualcosa che è una sensazione cellulare mantenuta nel corpo. Va e viene ma è una
sensazione cellulare nel corpo. Quindi nessun ammontare di comprensione, sapere o
ogni sorta di processo, può mai allontare quel senso che è energetico. Nulla può
mandare via questo.

Perché alla fine, la cosa strana di questo mistero, è che quando quella contrazione
improvvisamente crolla, quell’intera artificiale sensazione di essere un me
improvvisamente crolla, quello che viene riconosciuto da nessuno, è che non c’è mai
stato un me, che tutto il senso di essere un me era totalmente illusorio. Una
fabbricazione irreale.

Tu sei il Sé, qui e ora ~ Sri Nisargadatta Maharaji

Visitatore: Da bambino ho provato abbastanza spesso stati di completa felicità che


sfioravano l’estasi, poi sono passati. Ma, da quando sono venuto in India, sono
riaffiorati, specialmente dopo averti incontrato. Eppure, per quanto siano
meravigliosi, non sono duraturi. Vanno e vengono, e non so mai quando torneranno.

Maharaj: Come può esserci qualcosa di stabile in una mente che è la prima a non
esserlo?

V. Come posso renderla stabile?

M. Come fa una mente instabile a rendersi stabile? Ovvio che non può. La natura
della mente è quella di vagabondare da una parte e dall’altra. L’unica cosa che
puoi fare è spostare l’attenzione della coscienza al di là della mente.

V. E come faccio?

M. Rifiuta tutti i pensieri tranne uno: il pensiero “io sono”. All’inizio la mente
si ribellerà ma poi, se avrai pazienza e perseveranza, cederà e si manterrà calma.
Quando sarai calmo tutto comincierà ad accadere spontaneamente e in modo naturale,
senza alcuna interferenza da parte tua.

V. Posso evitare questa lunga battaglia con la mia mente?

M. Sì che puoi. Ti basta vivere la vita come viene, rimanendo però attento e
vigile, lasciando che tutto accada come deve accadere, facendo cose naturali in
modo naturale, soffrendo e godendo i momenti di gioia così come la vita dispensa.
Anche questa è una via.

V. Be’, allora posso anche sposarmi, avere dei figli, mettermi in affari… essere
felice.

M. Certo! Potresti essere felice, ma anche il contrario: prendila come viene, senza
il minimo sforzo.

V. Però io voglio essere felice.

M. Non è possibile trovare la vera felicità in cose che cambiano e passano. Piacere
e dolore si alternano inesorabilmente. La felicità proviene dal Sé e puoi trovarla
solo nel Sé. Scopri il tuo vero Sé (svarūpa) e tutto il resto verrà di conseguenza.

V. Se il mio vero essere è pace e amore, perché è così irrequieto?

M. Non è irrequieto il tuo vero essere, è il suo riflesso nella mente che appare
irrequieto perché la mente è irrequieta. E come il riflesso della luna sull’acqua
increspata dal vento. Il vento del desiderio agita la mente e il ‘me’, che è solo
un riflesso del Sé nella mente, appare incostante. Ma le idee di movimento e
irrequietezza, di piacere e dolore, sono tutte nella mente. Il Sé è al di là della
mente: consapevole, ma non coinvolto.

V. Come ci arrivo?

M. Tu sei il Sé, qui e ora. Lascia perdere la mente, sii consapevole e non
coinvolto, e realizzerai che rimanere attento ma distaccato, mentre osservi gli
avvenimenti che vanno e vengono, è un aspetto della tua vera natura.

V. Quali sono gli altri aspetti?

M. Sono innumerevoli. Realizzane uno e li realizzerai tutti.

V. Dimmi qualcosa che mi sia di aiuto.

M. Sai meglio di ogni altro cosa ti manca!

V. Mi sento irrequieto. Come posso trovar pace?

M. A che ti serve la pace?

V. A essere felice.

M. Non sei felice adesso?

V. No.

M. Cosa ti rende infelice?

V. Ho ciò che non voglio e voglio ciò che non ho.

M. Perché non fai il contrario? Tieni a ciò che hai e non curarti di ciò che non
hai.

V. Io voglio il piacere e non il dolore

M. Come fai a sapere ciò che è piacevole e ciò che non lo è?

V. Dalle mie esperienze passate, chiaramente.

M. Guidato dalla memoria, hai tentato di inseguire il piacere e di evitare il


dolore. Ci sei riuscito?

V. No, affatto. Il piacere non dura e il dolore ritorna.

M. Quale dolore?

V. Il desiderio del piacere e la paura del dolore sono entrambi stati che provocano
tormento. Non esiste uno stato di piacere inalterabile?

M. Ogni piacere, fisico o mentale, ha bisogno di un mezzo. Sia i mezzi fisici che
quelli mentali sono materiali, si logorano e si esauriscono. Il piacere che
arrecano è necessariamente limitato quanto a intensità e durata. Il dolore sta alla
base di tutti i tuoi piaceri, e tuoi desideri perché soffri. D’altra parte, la
ricerca stessa del piacere è fonte di dolore. E un circolo vizioso.

V. Riesco a vedere il meccanismo della mia confusione, ma non vedo vie d’uscita.

M. Il fatto stesso di esaminare il meccanismo ti mostra la via d’uscita. Dopotutto,


la confusione è solo nella tua mente, che finora non si è mai ribellata alla
confusione e non l’ha mai tenuta in pugno. Si è ribellata soltanto al dolore.

V. Quindi non posso far altro che rimanere confuso?

M. Sii attento. Mettiti in questione, osserva, indaga, impara tutto ciò che puoi
sulla confusione, studiane i meccanismi e guarda che effetti ha su di te e sugli
altri. Quando hai ben chiaro cos’è la confusione, te ne sei liberato.

V. Quando mi guardo dentro, scopro che il mio desiderio più forte è quello di
erigere un monumento, costruire qualcosa che mi sopravviva. Anche quando penso a
una casa, una moglie e un figlio, è perché rappresentano una testimonianza solida e
duratura di me stesso.

M. Bene, costruisciti un monumento. Come proponi di farlo?

V. Ha poca importanza ciò che costruisco, sempre che sia permanente.

M. Ma lo vedi da te che niente è permanente. Tutto si logora, crolla e si dissolve.


Anche le stesse fondamenta sulle quali costruisci si sgretoleranno. Puoi costruire
qualcosa che sopravviva a tutto?

V. Dal punto di vista intellettuale, verbale, sono consapevole che tutto è


transitorio. Eppure, in un modo o in un altro, il mio cuore vuole la permanenza.
Voglio creare qualcosa che duri.

M. Allora devi costruirlo con un materiale durevole. Ma tu, cos’hai di durevole? Né


il corpo né la mente. Devi cercare altrove.

V. Desidero fortemente la permanenza, ma non la trovo da nessuna parte.

M. Ma tu, tu stesso, non sei permanente?


V. Io sono nato e morirò.

M. Puoi dire per certo che non c’eri prima di essere nato? E, quando sarai morto,
potrai dire: “Adesso non ci sono più”? Non puoi dire, in base alla tua esperienza,
che non sei. Puoi soltanto dire: “Io sono”. Anche gli altri non possono dirti che
“tu non sei”.

V. Non c’è nessun ‘io sono’ durante il sonno.

M. Prima di fare affermazioni tanto radicali, esamina attentamente il tuo stato di


veglia. Scoprirai ben presto che è pieno di vuoti, quando la mente è assente. Nota
quanto poco ricordi anche quando sei complemente sveglio. Non puoi dire che non eri
cosciente mentre dormivi. E solo che non telo ricordi. Un vuoto di memoria non è
necessariamente un vuoto di coscienza.

V. Posso fare in modo di ricordare lo stato di sonno profondo?

M. Certamente! Eliminando gli intervalli di disattenzione nelle ore di veglia,


gradualmente eliminerai il lungo intervallo di assenza mentale che chiami sonno.
Sarai consapevole di essere addormentato.

V. Però il problema della permanenza, della continuità dell’essere, non è risolto.

M. La permanenza è soltanto un’idea nata dall’azione del tempo. E il tempo, a sua


volta, dipende dalla memoria. Per permanenza tu intendi una memoria infallibile in
un tempo infinito. Vuoi rendere eterna la mente, il che è impossibile.

V. Allora, che c’è di eterno?

M. Ciò che non cambia nel tempo. Non puoi rendere eterna una cosa transitoria.
Soltanto l’immutabile è eterno.

V. A grandi linee, ciò che dici mi è familiare. Ma non ho un ardente desiderio di


maggiore conoscenza. Voglio soltanto la pace.

M. Puoi avere tutta la pace che vuoi, basta che tu la chieda.

V. Ma la sto chiedendo!

M. Devi chiederla con tutto il cuore, e vivere una vita integra.

V. In che modo?

M. Distaccati da tutto ciò che rende irrequieta la mente. Rinuncia a tutto quanto
disturba la pace mentale. Se vuoi la pace, meritala.

V. Di sicuro tutti la meritano.

M. Solo chi non la disturba.

V. In che modo disturbo la pace?

M. Essendo schiavo dei tuoi desideri e delle tue paure.

V. Anche quando sono giustificati?

M. Le reazioni emotive, nate dall’ignoranza o dalla disattenzione, non sono mai


giustificate. Cerca di avere una mente chiara e un cuore puro. Ti basta rimanere
tranquillamente attento, mentre indaghi sulla tua vera natura. Questa è l’unica via
che porta alla pace.

Nisargadatta Maharaj

Una mente calma ~ Sri Nisargadatta Maharaji

Visitatore: Tutti i maestri consigliano di meditare. Qual è lo scopo della


meditazione?

Maharaj: Conosciamo il mondo esterno, fatto di sensazioni e azioni, ma sappiamo ben


poco del nostro mondo interiore di pensieri e sentimenti. Il primo scopo della
meditazione è diventare coscienti della nostra vita interiore ed entrare in
intimità con essa. Il fine ultimo è raggiungere la sorgente della vita e della
coscienza. La pratica della meditazione influisce profondamente sul nostro
carattere. Siamo schiavi di ciò che non conosciamo, ma padroni di ciò che
conosciamo. Ogni volta che scopriamo in noi stessi vizi o debolezze e ne
comprendiamo le cause e i meccanismi, li superiamo per il semplice fatto di averli
riconosciuti; l’inconscio si dissolve quando è portato a livello della coscienza.
La dissoluzione dell’inconscio sprigiona energia, la mente si sente adeguata e si
calma.

V. A che serve una mente calma?

M. Quando la mente è calma riusciamo a riconoscerci come puri testimoni. Ci


ritiriamo dall’esperienza e da chi la fa per rimanere in disparte, nella pura
consapevolezza che è nel mezzo e al di là di entrambi. La personalità (che si basa
sull’autoidentificazione, sull’immaginazione di essere qualcosa: “Io sono questo,
io sono quello”), continua, ma solo come parte del mondo oggettivo.
L’identificazione con il testimone si interrompe di colpo.

V. Per quanto ne capisco, io vivo su vari livelli e su ogni livello la vita


richiede energia. Il Sé, per sua natura intrinseca, si compiace di tutto e fa
fluire le sue energie verso l’esterno. Lo scopo della meditazione non è forse
quello di fermare le energie ai livelli superiori, o di trattenerle e spingerle
verso l’alto in modo da rinvigorire anche i livelli superiori?

M. Non è tanto una questione di livelli, quanto di guna (qualità). La meditazione è


un’attività ‘sattvica’ e mira alla completa eliminazione del tamas (passività) e
del rajas (passionalità). Il puro sattva (armonia) è perfetta libertà
dall’indolenza e dall’irrequietezza.

V. Come rafforzare e purificare il sattva?

M. Il sattva è sempre puro e forte. E come il sole. Può sembrare oscurato dalle
nuvole e dal pulviscolo, ma solo dal punto di vista di chi l’osserva. Occupati
delle cause dell’oscuramento, non del sole.

V. A che serve il sattva?

M. A che servono la verità, la bontà, l’armonia e la bellezza? Sono fine a se


stesse. Si manifestano spontaneamente e senza sforzo, quando le cose sono lasciate
a se stesse, senza interferenze, e non vengono evitate, volute o concettualizzate,
ma semplicemente percepite in piena consapevolezza.
Questo è il mistero che non può essere conosciuto ~ Tony Parsons

Teresa: Quindi Tony, tu parli sempre di aver perso la sensazione di essere una
persona separata, che cosa significa questo esattamente?

Tony: Non c’è nessuno che perde di essere una persona separata. E’ che l’illusione
di essere una persona separata non c’è più. Ma non c’è qualcosa che sa questo. Non
c’è consapevolezza di questo. E’ la fine di ciò che conosce o è consapevole di
qualcos’altro presente nella realtà. E’ la fine di qualunque cosa che
riconoscerebbe l’idea di non essere più un “me”. Alcuni confondono questo messaggio
con l’idea di dover imparare come non essere un “me”. Ma non è niente di tutto
questo. E’ il venir meno di un’energia illusoria. E non può essere descritto.

Teresa: C’è qualcosa che si può fare per perdere questa sensazione?

Tony: No, non c’è niente che puoi fare perché non c’è nessuno lì. Liberazione è la
realizzazione che non c’è nessuno e niente da cui liberarsi. Quindi non c’è mai
stato qualcuno lì che avrebbe mai potuto fare qualcosa sull’essere liberato.

Teresa: Ascolto questo messaggio da anni ormai e ho anche assistito ai tuoi


incontri. Quando ascolto questo penso sempre: Ok mi piace molto, ma non lo ottengo!

Tony: E non lo otterrai mai. Il ricercatore, o il “me” o il “sé” non otterrà mai
questo. Perché il ricercatore vive in una sua realtà illusoria, come una realtà
sognata, e non può assolutamente comprendere questo messaggio. Fra poco andremo
all’incontro, e ci saranno circa 60 persone. E ogni volta che c’è un “me” nel
corpo, o un “sé”, non sentirà questo messaggio. Qualcos’altro accade nell’incontro,
ha che vedere con la risonanza che è oltre il “sé”. Il “me” non ottiene mai questo.
Non c’è niente là per “me”.

Teresa: Quando partecipo agli incontri ho questa sensazione che io non lo ottengo.

Tony: No è esattamente così.

Teresa: Allora penso, che vado a fare agli incontri?

Tony: Tu vieni, le persone vengono agli incontri, per ottenere qualcosa. Ed è


possibile che possano andare via realizzando o almeno capendo che non c’è niente da
ottenere. Non c’è niente da ottenere.

Teresa: Questa dovrebbe essere una buona conclusione.

Tony: Potrebbe essere, tranne che le persone vanno via comprendendo che non c’è
niente da ottenere ma poiché sono ancora dentro l’energia illusoria di essere
separati, essi cercheranno ancora. Finché questo muore, questa è la morte la fine
di un’energia illusoria. E fino a quando quest’energia non muore, ci sarà sempre il
cercare. Quindi anche se qualcuno potesse capire che non troverà mai ciò che sta
cercando, continuerà a cercare. Non può fermarsi. La natura del “me”, del “sé” è
solamente cercare. Il “me” ha perso casa, quindi “me” può solo cercare casa. Quindi
questa è un’energia che continuerà sempre a cercareSi, è una energia contratta che
sembra aver perso qualcosa, sembra di essere persa nel suo stesso sogno, in cui
ogni cosa che sorge è separata e insoddisfacente. Quindi c’è un costante cercare
nel “me”, nel “sé”, per tornare a casa. Ma il “me”, il “sé”, non può tornare a
casa. Finché il “me”, il “sé”, non muore, continuerà ancora a cercare.

Teresa: Quindi se hai perso questa sensazione di essere una persona separata,
questa energia contratta è arrivata alla fine, in che modo ti senti diverso?
Tony: Non c’è nessuno rimasto. Liberazione è la fine di ciò che fa esperienza della
vita o che pensa che la vita stia accadendo. E’ la fine di tutto ciò che potrebbe
conoscere qualunque cosa anche in termini di sapere che non c’è un sé. E’ la fine
di una illusione. E quello che rimane è indescrivibile. Non può essere descritto
ciò che rimane. Ma non c’è nessuno in esso. Non c’è nessuno che ha questo, E’ solo
ciò che è. Quindi le parole più accurate per questo, è che ciò che rimane è ciò che
è e non è. E’ un mistero. E’ il mistero che ognuno ha cercato e parlato da migliaia
di anni. Ma è il mistero che non può essere conosciuto.

Tony Parsons

Non c’è mai stata creazione ~ Poonja

Domanda: Può esserci una crescita nell’amore? Non sembra forse che l’amore diventi
sempre più grande? Non può l’abbandono diventare sempre più profondo?

Poonja: L’amore è incommensurabile. L’amore è incommensurabile. Più scavi


nell’amore e più vuoi amare. Più ti cali nella profondità dell’amore e più vuoi
rimanerci. Non puoi più tornare in superficie.

Domanda: A volte dici che la devozione a Dio non può portare una persona alla
libertà, perché Dio è una proiezione della mente umana. Una proiezione della mente
non può portarci oltre la mente. E’ altrettanto per la devozione al guru? Può la
devozione al guru condurci alla libertà?

Poonja: Ti risponderò spiegandoti chi è, e cosa fa il vero guru… Guru diversi


insegnano cose differenti: alcuni danno istruzioni per principianti, altri hanno
insegnamenti più avanzati. Alla fine, però, lo studente otterrà la laurea
dall’ultimo insegnante, il “Sadguru” (guru finale). Il Sadguru è uno: non ci sono
vari Sadguru. Il Sadguru è il solo a metterti in condizione di riconoscere il tuo
Sé. Tutti gli altri insegnanti ti manderanno da qualcun altro. Il Sadguru ti darà
la perfetta conoscenza e ti libererà immediatamente dal ciclo delle rinascite. Ti
darà la consapevolezza diretta della verità suprema: “Tu non sei nato. L’universo
non è mai stato creato”. Questo è il Sat definitivo, la verità ultima, la realtà
ultima.

Domanda: Questo è un insegnamento molto elevato. Supponiamo che il discepolo, in


tutta sincerità, non lo comprenda quando lo ascolta per la prima volta. Cosa
prescriveresti ad una persona come questa?

Poonja: La prossima vita! Cos’è il samsara? Il continuo ciclo delle rinascite che
porta al momento in cui viene compresa questa verità. Tutti devono tornare a casa.
Se non oggi, domani… Alla fine ci si accorge che non ci sono mai state
reincarnazioni. Si scopre che: “Io non mi sono mai trasferito da un corpo
all’altro. Era solamente un concetto. Il tempo era un concetto. L’ignoranza non era
altro che un concetto”. Alla fine, è questo che viene capito.
Il guru non può fartelo “capire”. Nessuno può fartelo “capire”. Ciò che devi fare,
è “non capire”. Allora ti accadrà qualcosa.

Tutto ciò che è ~ Tony Parsons

Questo è quello accade. Tutto quello che c’è è quello che accade. Sedere sulla
sedia, udire dei suoni, respirare, c’è solo quello che accade. Sentirsi
interessato, sentirsi non interessato. Pensieri sorgono, ma c’è solo quello che
accade. E’ energia in questa forma. E’ energia. Tutto quello che è, è energia.
Energia è tutto.

E l’energia può assumere questa forma. L’energia può apparire come questi corpi che
siedono sulle sedie. L’energia può essere qualunque cosa. E’ ciò che accade. Tutto
quello che c’è è energia che accade. Ed è selvaggia. Questa energia è selvaggia,
caotica, pazza, folle. Non c’è nulla che dirige questa energia. E’ completamente e
totalmente libera di essere qualunque cosa. Non c’è nulla che la muove o la cambia.
Nulla può cambiarla. E’ completamente la sua energia, è totalmente libera di essere
ciò che è. Ed è anche un mago. L’energia è un mago. Può essere tutto. Può apparire
come ogni cosa. Può muoversi più veloce della luce. E allo stesso tempo essere
completamente vuoto. E’ la forma del senza-forma. Viene fuori dal Nulla. E’ Nulla
che si manifesta come apparente energia. E’ Nulla che appare come una
manifestazione, come il mondo, come l’universo, come corpi, come auto, come cielo,
alberi, marmellata anche.

Quindi tutto quello che c’è è energia. Ed è completamente libera, ma poiché


totalmente libera può anche essere limitata, imprigionata. Può apparire come ogni
cosa. Può essere contratta. E’ senza confini ma può anche essere contratta. Può
essere ogni cosa. E quando quel senso di contrazione entra nella fisiologia umana,
entra nel corpo umano, nell’infanziaimprovvisamente quello che accade in quel corpo
è che sorge il senso di essere separato, il senso di avere una identità
improvvisamente in quel corpo, il corpo umano, solo nel corpo umano c’è il senso
che ci sia qualcosa, un’identità. E quel senso di essere qualcosa cresce nel corpo
e quel corpo incontra molti altri corpi che apparentemente sembrano essere
qualcosa.

Quindi il “me”, l'”io”, il “sé”, improvvisamente sorge. Improvvisamente c’è un


“sé”, improvvisamente c’è un “io”, un “me”e incontra molti altre me, io, sé. E sono
tutti assolutamente certi di essere reali. L’intera struttura dell’individualismo,
auto-identità, è in un sogno, sorge in un sogno e in un sogno sente che sia
assolutamente reale. Sono una vera persona. Sono una vera persona. E vivo in un
mondo reale. E ho una vera storia, la storia della mia vita. Io sono nato. Io
vivrò. E morirò. Sono certo di questo. E sono certo che sono reale.

L’altra cosa che sorge nel sogno è la convizione assoluta che l’individuo ha libero
arbitrio e scelta, e che può influenzare la sua storia, sta vivendo la storia che
può cambiare e farci delle scelte. E l’altro senso che sorge, è che se fa un’azione
allora avrà un risultato. Davvero crede in sé stesso, nella storia, nel proprio
libero arbitrio, e nella causa-effetto. Queste cose gli sembrano reali.

E il viaggio, sono in un viaggio. E l’altra cosa che sembra reale, poiché sono in
un viaggio, il viaggio sta andando da qualche parte, quindi questa esistenza, la
mia esistenza, ha significato e uno scopo. Perché andrà da qualche parte. L’altra
cosa che sorge tuttavia, in quel sogno, in quel sogno ipnotico di essere un
individuo separato. E il senso di essere separato è molto potente.

Quindi l’individuo in quella realtà-sogno, vede tutto il resto come oggetti


separati. Quindi il me, il sé, l’io, non vede mai l’albero o il cielo o un’altra
persona per come sono naturalmente, ma tramite un velo di separazione. E questo è
insoddisfacente. Il me davvero vive in una realtà di sogno dove tutto è un
soggetto, un’oggetto, una realtà soggetto-oggetto. Io sono il soggetto e lei è
l’oggetto. Lei è lì, il muro è lì, gli alberi sono là, loro sono là, io sono qui.
Questo è profondamente insoddisfacente, ma la maggiorparte delle persone non lo
riconosce. Ci sono persone che sono abbastanza sensibili da riconoscere che c’è
qualcosa che manca, qualcosa che non soddisfa.

Ma la maggiorparte delle persone che vive nel sogno del me, e per molti è così,
sente che può rendere la propria vita soddisfacente, sotto si sente insoddisfatta
ma vanno là fuori e cercano di fare soldi o successo o avere molti amanti o
qualunque cosa, cercano in un modo o nell’altro di soddisfare un senso nascosto di
mancanza. Le persone sensibili sentono che questa mancanza ha a che vedere con
qualcosa di più profondo. Quindi cercano una risposta nella religione o nella
terapia o hanno sentito parlare dell’illuminazione e questo suona come una
risposta. Quindi vanno dagli insegnanti di illuminazione. Perché ovviamente l’altra
cosa è che crescono credendo di essere individui e che attraverso le proprie scelte
posso rendere la loro vita migliore o peggiore. Quindi rimangono in questo senso di
dover fare uno sforzo per ottenere il soddisfacimento. Perciò vanno da un
insegnante che gli offre un soddisfacimento personale. Un soddisfacimento
cristiano, un soddisfacimento terapeutico quando diventi una persona più bilanciata
o un soddisfacimento di illuminazione, quando ottieni l’illuminazione seguendo una
lista di istruzioni o altro. E questo è molto potente, è un messaggio molto
potente. Il messaggio religioso è incredibilmente potente, in tutto il mondo,
perché parla al me che si sente perso. Parla al me e dice: Ti senti perso ma io ti
mostrerò la risposta. Ti mostreremo come non essere perso. E’ il messaggio
psicologicamente più popolare che ci sia.

Quello che condividiamo insieme stasera è l’esposizione dell’intera struttura del


me, il modo in cui il me prende forma, il modo in cui il me si sente reale, il
dilemma del sentirsi reale, dell’avere scelte reali e la terribile futilità, la
terribile e meravigliosa futilità dello sforzo che fa per ottenere soddisfacimento.
Quindi condivideremo insieme l’esposizione dell’illuminazione di questo: da qualche
parte il me vive in un mondo che è finito, vive in un mondo soggetto-oggetto e può
solo esistere in quel mondo. Esiste in una realtà finita attraverso l’essere
autocosciente. Nell’infanzia l’autocoscienza subentra. Io sono consapevole di me
stesso. E cresce e cresce, e le persone vivono nell’autocoscienza. E questo le
mantiene chiuse in una realtà finita.

Questo senso di nostalgia sorge ed è limitato solamente in quella realtà. Quindi il


ricercatore è costantemente alla ricerca, dal punto di vista di essere un soggetto,
di un oggetto chiamato autorealizzazione.

Quello che condividiamo insieme stasera è la terribile possibilità che tutto questo
sforzo è completamente e totalmente futile, a causa della stessa natura del me.
Possiamo condividere questo verbalmente, possiamo condividere dei concetti insieme,
e chiedi tutto riguardo come senti te stesso, questa manifestazione. E la risposta
a queste domande sarà costantemente di puntare al sogno illusorio dell’essere un
me, all’illusione che il il me può percorrere una via per realizzarsi.

Quindi possiamo parlare insieme in questo modo ma soprattutto, la cosa più


liberatoria che accade è non-verbale. Quello che davvero siamo qui a condividere
insieme è qualcosa che non può essere descritto a parole, che non può essere
compreso, afferrato. Quello di cui stiamo parlando qui è un paradosso. Non può mai
essere ottenuto. E non ha bisogno di essere ottenuto, perché quello che forse
emergerà è che quello che il ricercatore desidera non è mai andato via, quello che
il ricercatore desidera non è mai andato perso. Il ricercatore cerca qualche cosa
astratta là fuori, ma in verità vive IN ciò che desidera. Quindi questa è
l’esposizione di un sogno illusorio e in un altro modo punta a qualcosa che è
totalmente semplice e ordinario.

Tutto è immaginazione ~ Sri Nisargadatta Maharaj

La persona è solo il risultato di un equivoco. in realtà non esiste. Sentimenti,


pensieri e azioni corrono davanti all’osservatore in successione senza fine,
lasciando delle tracce nel cervello e creando l’illusione di continuità. In realtà
non c’è nessuna persona, c’è solo l’osservatore che si identifica con l'”io” e il
“mio”. Il maestro dice all’osservatore: tu non sei questo, non c’è nulla di tuo in
ciò, tranne l'”io sono”: il puntolino che fa da ponte tra l’osservatore e il suo
sogno. “Io sono questo”, “io sono quello” è sogno, mentre l'”io sono”, puro e
semplice ha impresso su di se il marchio della realtà (…).

Domanda: Se vengo eliminato cosa rimane?


Risposta: Nulla e tutto. Rimarrà il senso dell’identità, ma non più
l’identificazione con un corpo particolare.
L’essere-consapevolezza-amore splenderanno come un’unica luce. La liberazione non è
mai della persona, è dalla persona.

Domanda: E non resta traccia della persona?


Risposta: Solo un vago ricordo, come quella di un sogno o del primissimo tempo
d’infanzia. Dopotutto che c’è da ricordare? Un flusso di eventi perlopiù
accidentali e insignificanti. Una sequela di desideri, paure e inani sbagli. C’è
qualcosa che valga la pena di ricordare? La persona è un guscio che t’imprigiona.

Domanda: A chi chiedi di rompere il guscio? Chi deve romperlo?


Risposta: Spezza i legami della memoria e dell’auto-identificazione e il guscio si
disfarà di sé. C’è un centro che dà realtà a tutto ciò che percepisce. Basta
comprendere che tu sei la fonte della realtà, che la dai, invece di prenderla, e
che non ti serve nessun appoggio, nessuna conferma. Le cose sono come sono perchè
tu le accetti come sono. Se smetti di accettarle, si dissolveranno. Qualsiasi cosa
alla quale pensi con desiderio e con paura, ti si para innanzi come reale.
Osservala senza sentimento, e perderà consistenza. Il piacere e il dolore sono
momentanei. E’ più facile ignorarli che agire in base ad essi.

Domanda: Ma perché è sorta la coscienza del corpo?


Risposta: Non chiedere “perché”, chiedi “come”. E’ nella natura dell’immaginazione
identificarsi con ciò che crea. Puoi arrestarla in qualsiasi momento staccando
l’attenzione, o impiegandola per cercare.

Domanda: Viene prima la creazione o la ricerca?


Risposta: Prima si crea un mondo, poi l'”io sono” diventa una persona, variamente
infelice (…)

Domanda: Come mi schiarisco la mente?


Risposta: Osservandola spietatamente. La disattenzione oscura, l’attenzione
rischiara.

Domanda: Perché i maestri indiani sostengono L’inazione?


Risposta: Le azioni e le attività sono in gran parte senza valore, se non
decisamente nocive. Dominati dal desiderio e dalla paura, gli uomini non possono
agire bene. La cessazione del male deve precedere quella del bene (…) Da qui
l’opportunità di sospendere temporaneamente le attività… Naturalmente se hai la
possibilità di aiutare qualcuno fallo subito e con tutto te stesso; ma non fare
nemmeno l’altruista di professione.

Domanda: Dio non è forse l’attuatore per eccellenza?


Risposta: Perché introduci un agente esterno? Il mondo si ricrea da se stesso. E’
un processo senza fine, il transitorio che genera il transitorio. E’ il tuo Io che
ti fa pensare che debba esserci un agente. Crei un Dio a tua immagine, anche se
squallida. Con il film della tua mente proietti un mondo e anche un Dio per dare al
mondo una causa e uno scopo. E’ tutta immaginazione. Balzane fuori (…)

Domanda: Sono qui seduto davanti a voi. Quanto c’è d’immaginario in ciò?
Risposta: Tutto. Anche lo spazio e il tempo sono immaginari.

Domanda: Significa che non esisto?


Risposta: Anch’io non esisto. L’esistenza è completamente immaginaria.
Domanda: Anche l’essere è immaginario?
Risposta: Il puro essere che tutto colma e trascende non è l’esistenza, che è
limitata. Ogni limitazione è immaginaria, solo l’illimitato è reale.

Lascia andare ogni pretesa sul momento presente ~ Adyashanti

Cosa accadrebbe se tu abbandonassi ogni frammento e ogni desiderio di controllo,


fino al più infinitesimo impulso a controllare qualsiasi cosa, ovunque, compreso
tutto ciò che potrebbe accaderti in questo stesso istante? Immagina di poter
rinunciare completamente e definitivamente al controllo, a qualsiasi livello. Se tu
fossi in grado di rinunciarvi in modo totale e assoluto, saresti allora un essere
spiritualmente libero.
Molti sostengono che quando togli via, scavando, fino all’ultimo strato della
maschera emozionale umana, l’emozione primaria che mantiene gli esseri umani nella
separazione è la paura. Non è quanto ho riscontrato personalmente. Ho constatato
che il problema essenziale che costringe le persone a sperimentare se stesse come
esseri separati è il desiderio e la volontà di controllo. La paura sorge quando
credi di non aver alcun controllo.

Se lasci andare il controllo, non puoi evitare di essere affrancato e libero. È


come quando ti lanci da un edificio, non puoi fare a meno di precipitare: la
gravità ti trascina giù.

La realizzazione può dirsi compiuta solo grazie al rilascio cieco e imprevedibile


del controllo. È naturale che a questo punto le persone mi chiedano: «E adesso,
come lascio andare il controllo? Come si fa?». E io posso solo dire che questa
stessa domanda è il tuo controllo. Il controllo sta cercando di fare il suo lavoro.
Quando si chiede «come», si ha sempre a che fare col controllo. A volte avere un
«come» può rivelarsi utile, ma in fin dei conti è sempre una forma di controllo.
Non c’è nessun «come». Lascia andare, semplicemente.

Se ci stiamo veramente abbandonando alla nostra vera natura, le forme più lampanti
di controllo non sono in funzione. Se stanno ancora operando, allora non ci stiamo
adagiando sulla nostra vera natura. Se poi tentiamo ancora di controllare noi
stessi e gli altri, torniamo indietro nel mondo dei sogni.

Lasciar andare presuppone sperimentare la morte del nostro io separato, e questa è


una morte molto, molto profonda. Profondissima. Ovviamente, è una morte del tutto
illusoria.

Lasciar andare ogni pretesa sul momento. Ogni volta che hai qualche pretesa su
questo momento – che ti dia qualcosa o che tolga di mezzo qualcos’altro – vi è
sofferenza. Il problema è che quando c’è una pretesa, ti sfugge completamente ciò
che vi è adesso.
La mente ha paura di lasciar andare le proprie pretese, perché pensa che se molla
la presa non otterrà ciò che vuole. Smettila di cercare d’essere una persona
migliore, e sarai una persona migliore. Smettila di cercare di perdonare, e il
perdono accadrà. Fermati e fa silenzio.

È come se cominciassi ad andare a caccia del gioiello che già possiedi in tasca.
Ciò che tu sei è l’unica cosa che non puoi ottenere. Ed è proprio questa la sua
bellezza. Puoi soltanto smettere di mentire. L’ego è semplicemente un moto della
mente, che cerca sempre di ottenere qualcosa – l’amore, oppure Dio, denaro, o un
nuovo giocattolo. La mente pensa sempre che qualcosa sia sul punto di renderla
felice.
Non vi è nessuno da proteggere ~ Adyashanti

Mente aperta, cuore aperto. Renditi conto del fatto che non vi è nessuno da
proteggere. Non c’è alcun bisogno di barriere emotive, né del senso di separazione
e isolamento che deriva da queste barriere. L’unico motivo che ti ha spinto a
credere di aver bisogno di protezione è frutto di un innocente malinteso. È
accaduto perché insieme al concetto di un te separato, da bambino, hai anche
ricevuto una scatola degli attrezzi per costruire le mura a protezione di questo
concetto. In seguito, hai imparato ad ampliare il contenuto della scatola,
all’occorrenza. Quando ti è sembrato utile aggiungere una bella dose di rabbia,
l’hai messa dentro; forse hai anche aggiunto risentimento, vergogna, riprovazione o
vittimismo. Poco importa che l’immagine alla quale ti aggrappi sia quella della
persona brava o inadeguata, la scatola degli attrezzi dell’identità serve a
proteggerla.

È del tutto innocente. Accade a tua insaputa. Continua ad accadere finché non ti
rendi conto che il tuo aggrapparti a un «io», a un’immagine di te stesso nella
mente e nel corpo, è inseparabile dalla tua convinzione di aver bisogno di
protezione. L’uno non può essere senza l’altra.

Quando si rinuncia alla protezione, la verità affiora ed elimina l’immagine di sé.


L’immagine di sé è fornita con un muro di difesa; senza il muro, il ricordo della
tua vera natura può emergere velocemente e rimuovere l’immagine, buona o cattiva
che sia. Non esiste nessuna immagine di sé senza muro, nessuna immagine di sé che
non comporti sofferenza. Inoltre, non hai soltanto le tue mura, ma anche quelle che
proietti sugli altri, le immagini che hai degli altri e che ti impediscono di
vedere la loro vera natura.

Più capisci di essere l’apertura, più il tuo corpo fisico diventa un’estensione
dell’apertura stessa. Il movimento della tua mano, o del tuo piede, diventa
un’espressione dell’apertura; hai la sensazione che il contatto con gli oggetti sia
un prolungamento dell’apertura.

Un altro aspetto dell’apertura è l’intimità. L’accesso più rapido alla Verità, e


anche alla bellezza, avviene quando provi un senso di profonda intimità con
l’esperienza nella sua interezza, interiormente ed esteriormente, la consapevolezza
non è relegata tra i confini del tuo corpo emotivo o fisico, non si limita a ciò
che accade a livello percettivo o intellettivo. C’è soltanto un unico essere
indiviso che percepisce, sente o pensa se stesso. Quando la totalità percepisce se
stessa, è un’esperienza molto diversa da quella vissuta dall’io.

Uno con tutto e ogni cosa ~ Tony Parsons

La natura della liberazione è diretta, semplice e naturale, come respirare. Molti


la incontrano e rapidamente le voltano le spalle per tornare a ciò che pensano di
poter conoscere e fare. Ma ci sono coloro per i quali l’invito risuona…
improvvisamente vedono e sono pronti a lasciare andare tutta la ricerca, persino la
ricerca di ciò che hanno chiamato illuminazione.

L’illuminazione diventa disponibile solo quando si accetta che non può essere
raggiunta.
Dottrine, processi e cammini progressivi che cercano l’illuminazione peggiorano
solo il problema che tentano di risolvere, dato che rinforzano l’idea che si possa
trovare qualcosa che si presuma sia perduto. È proprio questo sforzo, questo
investimento sulla propria identità che continuamente ricrea l’illusione della
separazione dall’Uno. Questo è il velo che noi crediamo esista. È il sogno
dell’individualità.

Il solo probabile effetto dell’estremo sforzo di divenire ciò che già io sono, è
che alla fine cadrò a terra esausto e mi lascerò andare. In quel lasciare andare
potrebbe sorgere un’altra possibilità.

La vita non è un’impresa da compiere. Non c’è assolutamente nulla da ottenere


eccetto la realizzazione che non c’è assolutamente nulla da ottenere.

L’illuminazione non ha nulla a che fare con la perfezione.

La realizzazione dell’illuminazione porta con sé l’improvvisa comprensione che non


c’è nessuno e nulla che si illumina.
L’illuminazione semplicemente è. Non può essere posseduta, così come non può essere
raggiunta.

Tutto e ogni cosa sono l’Uno, e tutto ciò che facciamo è metterci di mezzo
attraverso il nostro cercare di arrivare a questo Uno.
Coloro che reclamano l’illuminazione presumono di possedere uno stato che
immaginano di aver raggiunto. Resteranno ingabbiati nei propri concetti
individualistici basati sul loro particolare sistema di credenze.

Il fare bene a scuola, creare un business di successo o realizzare l’illuminazione.


Era tutto un cammino nel divenire; un raggiungere un risultato nel tempo.

Il tesoro che cerchiamo deve essere scoperto non dove stiamo andando, ma nella
semplice natura di ogni passo che intraprendiamo. Nella nostra corsa per ottenere
una situazione migliore nel tempo, calpestiamo il fiore dell’essere che si presenta
di momento in momento.
Sembra che il nostro attaccamento allo scopo nasca dal bisogno di provare qualcosa
a noi stessi. Ma la vita è semplicemente vita, e non sta cercando di provare
assolutamente nulla.

La vita ha in sé il suo stesso scopo e non ha bisogno di una ragione per esistere.
Stavo camminando, ho notato che ogni passo era completamente unico in sensazione e
pressione, che c’era solo per un momento e poi arrivava il prossimo passo, senza
mai essere ripetuto due volte nello stesso modo.
Mentre tutto questo accadeva c’era una transizione da me che guardava il camminare
a semplicemente la presenza del camminare. Una totale immobilità e presenza
sembravano essere scese su ogni cosa. Io non esistevo più. Ero svanito e non c’era
più qualcuno che faceva esperienza.
Posso solo dire che «l’Uno con tutto e ogni cosa» era ciò che era accaduto e che un
amore traboccante aveva riempito ogni cosa.

Tony Parsons, tratto da “The Open Secret“

Presenza è la nostra costante natura ~ Tony Parsons

Presenza è la nostra costante natura, ma la maggior parte del tempo la


interrompiamo attraverso un vivere in uno stato di aspettativa, motivazione o
interpretazione. Non siamo quasi mai a casa. […]
Solo qui, nella consapevolezza presente di ciò che semplicemente è, ci può essere
la libertà di essere liberi dall’immagine di se stessi.
Vivere appassionatamente è lasciare andare ogni cosa in cambio della meraviglia
della presenza senza tempo. […]
La presenza non può essere confusa con l’«essere qui e ora» che è un processo
continuo creato dal sé separato e non ha diretta rilevanza con la liberazione.
Presenza è una qualità di benvenuto, una consapevolezza aperta che è dedicata
semplicemente a ciò che è. Ci può essere ancora qualcuno che è consapevole e c’è
ciò di cui siamo consci… il suono dell’acqua che scorre, il sapore del tè, la
sensazione di paura o il peso e la consistenza di sedersi su una poltrona. E poi
può esserci il lasciare andare di colui che è consapevole e allora tutto ciò che
rimane è presenza. […] C’è semplicemente ciò che è.
All’inizio è sufficiente permettere che la consapevolezza si dedichi a ciò che è.
Il lasciare andare colui che è consapevole può seguire questa cosa con facilità, ma
non può mai essere un obiettivo.
Io non posso «creare» presenza, semplicemente perché io sono presenza. […]
La presenza è totalmente senza sforzi […]. La presenza può solo essere permessa e
riconosciuta. Ciò che tendo a fare per la maggior parte del tempo è schivarla o
interromperla. […]
Nella presenza tutta l’azione è libera da impedimenti e senza macchia. È la
spontaneità che nasce dall’immobilità.
Nel permettere la presenza […] ciò che muore è tutta l’aspettativa, il giudizio e
lo sforzo del divenire. Ciò che muore è il ciarpame della separazione, il senso di
identità di sé, che può solo funzionare nell’illusorio mondo del passato e del
futuro, della memoria e dell’aspettativa. Poiché tutto potrà essere trovato se ci
lasciamo andare semplicemente a ciò che è: saremo allora in un luogo di non
conoscenza. […]
Ciò che lasciamo andare è il nostro incessante bisogno di sentire che siamo
un’identità separata. […]
Quando c’è presenza non c’è più il sé. […]
Non c’è mai nessuna situazione in cui non possiamo non essere uniti al presente.
Non è meraviglioso?! […] La presenza è disponibile in qualunque situazione, o per
dirla in altre parole, la libertà è già continuamente disponibile.
Ogni giornata con i suoi eventi ci dà l’occasione di essere presenti a… dolore,
paura, il rumore di un’auto, il vento tra gli alberi, il mio corpo sulla sedia, una
penna tra le dita, dolore emozionale, abitudini, essere pieni di giudizi su di sé,
colpa, camminare, il sapore del formaggio, essere di fretta, essere pigri,
esercitare il controllo, e la mente che fa il guru […].
Se provo a portare luce su un aspetto in particolare della mia storia, disturbo il
naturale fluire […]. Perché la presenza non è un obiettivo […]. Non è un esercizio
spirituale o uno strumento per raggiungere uno scopo […]. La presenza […] non sta
cercando di andare da nessuna parte e se io sono, l’ho già interrotta.

Io sono ~ Tony Parsons

Temendo la debolezza lotto per il controllo, temendo l’intimità combatto per essere
distaccato, temendo la sottomissione cerco di essere dominante e se temo di essere
ordinario tento di essere speciale.

Nella presenza non c’è divenire, non c’è attaccamento ad un obiettivo. Vedo che non
devo raggiungere più alcuno standard o comportarmi in un certo modo per diventare
degno.
Mentre impegno la mia energia nel sentirmi in colpa e nel tentare di alleviare
quella sensazione illusoria, non faccio che negare la possibilità di una
liberazione.

Ciò che sto facendo è mettere energia su un concetto illusorio di giusto e


sbagliato per evitare ciò che è assolutamente oltre ad entrambi.
Nella presenza non c’è il dubbio perché non c’è storia. In qualsiasi situazione, o
mi sento separato o c’è presenza.

Nella presenza, il sé non c’è più e semplicemente c’è ciò che è.


Non posso rendermi immobile, ma quando ciò che appare come non immobile è visto,
allora quel vedere è emanato dall’immobilità stessa.
Io non sono…
… la mia storia, la mente, il corpo, le sensazioni, le esperienze di dolore e
piacere, la lotta, il successo o il fallimento. Io non sono solitudine, immobilità,
frustrazione o compassione. Io non sono neppure ciò che penso sia il mio scopo, il
cercare, il trovare, o qualunque cosa possa essere chiamata un’esperienza
spirituale.

Io sono…
… esattamente così come sono, proprio qui e proprio ora, l’espressione divina. Tu
sei l’espressione divina esattamente come sei, proprio qui, proprio ora.
L’espressione divina è, esattamente così com’è, proprio qui, proprio ora. Nulla,
assolutamente nulla, ha bisogno di essere aggiunto o tolto. Nulla è più valido o
sacro di qualcos’altro. Nessuna condizione deve essere soddisfatta. L’infinito non
è da un’altra parte in attesa che noi ne diventiamo degni.
Non devo passare attraverso alcun tipo di cambiamento o processo.

Non ho bisogno di essere serio, onesto, disonesto, morale o immorale, estetico o


rozzo. Non ci sono punti di riferimento. Tutto è esattamente come dovrebbe essere,
proprio ora. Tutto è come è, divina espressione.
Non devo neppure attendere che discenda la grazia. Poiché io sono, tu sei, c’è già
grazia perpetua.

L’illuminazione è un’improvvisa, diretta ed energetica chiarificazione che è


costantemente disponibile. È un «segreto aperto», un segreto ovvio e disponibile,
che si rivela in ogni parte delle nostre vite. Non c’è sforzo, cammino di
purificazione, processo o insegnamento di alcun tipo che ci possa portare a questo.
Perché il «segreto aperto» a tutti non riguarda il nostro sforzo di cambiare il
modo in cui viviamo. Riguarda la riscoperta di cos’è che vive.

Devo dire che la semplicità è una delle qualità che più mi ha sorpreso riguardo a
questa rivelazione, grazie alla sua natura capace di abbracciare ogni cosa.

Tony Parsons, tratto da “The Open Secret“

L’esperienza ordinaria di ciò che sono ~ Nathan Gill

Fino all’età di 25 anni circa non ero assolutamente interessato ad argomenti


spirituali e tutto quello che sapevo l’avevo imparato nelle lezioni di religione a
scuola.

Nel 1985 circa mi sono unito a una confraternita che mi mandava regolarmente ogni
mese lezioni di misticismo e di ‘legge universale’.

Dopo un paio d’anni iniziai a trovare tutto quanto un pò pesante e mi interessai


agli insegnamenti di un maestro indiano deceduto offerti, ancora una volta, a
cadenza mensile e anche una relazione guru-discipelo – anche se era già morto!

Un paio d’anni e diverse tecniche spirituali dopo, mi ero annoiato e mi capitò per
le mani un libro di un guru occidentale. Il libro mi diceva che ero già sveglio e
non avevo bisogno di alcuna liberazione.

La verità di quello che diceva era ovvia. In ogni caso andò avanti (negli anni
successivi e in diversi libri) a proclamarsi il maestro del mondo offrendo una
relazione guru-discepolo a tutti coloro fossero interessati.
Beh, in ogni caso non stavo realizzando nulla, sebbene nei successivi cinque anni
lessi altri suoi libri e ogni libro spirituale sul quale riuscissi a mettere le
mani. Ma niente era tagliato per me come il libro di quel guru occidentale. Da
qualche parte dentro di me sapevo che era vero; io ero già sveglio e libero ma ero
ancora confuso perché mi sentivo essere solo un normalissimo individuo con i soliti
problemi che la gente normale ha.

In ogni caso, mi sono stufato dei lavori di questo tizio e di qualunque altro e ho
incontrato il mondo dell’Advaita. Lessi tutto di e su Ramana Maharshi, Jean Klein e
Nisargadatta Maharaj e tutto di Ramesh Balseker.

Molta della confusione che avevo sentito prima se ne andò. Capii che tutto quello
che esiste è Coscienza, ma come mai mi sentivo ancora un io separato? Qual era il
nesso mancante? Se ero già sveglio e libero come mai la mia vita sembrava un
ammasso di sterco?

Nel 1997 lessi il primo libro di Tony Parson dal titolo “The Open Secret”. Lo
contattai e mi invitò a partecipare ad un incontro in una casa privata di Londra.

Andai e mi sedetti in una stanza affollata. Qui mi divenne subito chiaro quanto
misticismo avevo costruito intorno all’intero dramma dell’illuminazione.

Tony sembrava proprio un uomo ordinario. Parlava con humour e pazienza. Ascoltai
come rispose alle domande della gente e rimasi impressionato dalla sua semplicità e
chiarezza. Mi recai a diversi altri incontri negli anni seguenti e telefonavo a
Tony non appena potevo.

Volevo diventasse il mio ‘insegnante’ ma lui spiegava che non aveva nulla da
insegnare, nulla da imparare. Sottolineava che esiste solo Coscienza e che lo sono
già. Anche se prima lo avessi già accettato, adesso iniziò veramente a entrarmi in
profondità. Tony evidenziava che non è necessario che accada alcun ‘evento’
associato con il riconoscimento della tua natura in quanto Coscienza.

Beh, a dire il vero, a settembre del 1998 un evento accadde. Stavo facendo
giardinaggio e piovigginava. Guardai verso l’alto e c’era un sottile senso di non
esserci. Presi la mia bicicletta e girai in strada ma sembrava proprio di essere in
un film di cui facevo parte senza alcuno sforzo da parte mia.

Anche se Tony avesse specificato che nessun evento fosse necessariamente


associabile al riconoscimento della propria natura come Coscienza, ovviamente ero
rimasto sottilmente ad aspettarne uno in quanto, una volta che questo evento o
esperienza fosse successo, mi sarei potuto dare il ‘permesso’ di essere sveglio.
Stavo aspettando una conferma.

Chiamai Tony spiegandogli con eccitazione cosa stesse accadendo e, essendomi dato
il ‘permesso’ di essere sveglio, mi autorizzai a parlare dalla chiarezza della
comprensione che si era già manifestata durante il mio processo di ricerca prima
che l’evento succedesse. Non mi stavo riferendo più a Tony dal livello di
ricercatore e lui riconobbe che stavo parlando dalla mia natura in quanto
Coscienza.

Ora, avendo associato questa esperienza con l’essere sveglio, iniziavo ad


attribuirgli valore.

Mi svegliai il giorno dopo. Era ancora lì? Sì! Poi, dopo qualche giorno, notai che
l’esperienza stava sfumando leggermente, ma un paio di giorni dopo era ancora lì in
tutta la sua forza. Dopo un paio di settimane in cui l’esperienza andava e veniva e
io tentavo di trattenerla, andai in uno degli incontri di Tony e l’esperienza
sembrò autoricaricarsi stando lì. Ma poi, pochi giorni dopo, l’esperienza scomparì
del tutto. Non dissi nulla a Tony e non andai ai suoi incontri per un po’. Mi
sentivo confuso, ancora una volta.

Poi mi capitò di leggere un libro intitolato “Collision with the Infinite”di una
donna chiamata Suzanne Segal che, negli anni, aveva avuto un’esperienza
continuativa e costante. Dopo diversi anni era stato confermato da certi
‘insegnanti’ che si trattava proprio di ‘illuminazione’. In seguito si ammalò e
morì e, nella postfazione del libro di Suzanne che era stata scritto da un
terapista suo amico, lessi che vicina alla fine era diventata confusa e frustrata
perché l’esperienza l’aveva lasciata.

Ecco il punto! Improvvisamente mi era assolutamente chiaro che queste esperienze –


io le chiamo eventi o esperienze trascendentali – in realtà non hanno niente a che
vedere con la chiarezza. Un’esperienza trascendentale può durare pochi secondi o
dieci anni oppure anche per il resto della tua vita, ma un’esperienza
trascendentale è questo e niente di più. Un’esperienza. Molte persone hanno avuto
queste esperienze però poi, una volta perse, sono rimaste spesso col desiderio di
averle ancora. Pensano di avere avuto un assaggio di ‘illuminazione’, quando tutto
quello che è successo è stato avere un’esperienza trascendentale. Camminare per la
strada è un’esperienza ma, essendo ordinaria, non la si cerca ancora e ancora.

La confusione se n’era andata. Sapevo chi ero senza alcun dubbio ed era ovvio che
lo ero stato per tutta la mia vita. Non avevo più bisogno di alcuna esperienza
trascendentale per provarmelo.

La somma di tutta la mia ricerca ‘spirituale’ era stata aggiunta a quello che io
sono già e ho anche capito perché le persone sono confuse sull’argomento. Perché
confondono ‘spiritualità’ con chiarezza. Questo riconoscimento della mia vera
natura non era associabile ad alcun evento o esperienza trascendentale. Era chiaro
che un’esperienza trascendentale di ogni tipo porta facilmente a confusione se
capita prima che tu riconosca con chiarezza la tua natura come Coscienza.

E’ ovvio che l’evento trascendentale sperimentato non avesse nulla a che fare con
la chiarezza del riconoscimento. L’accadere dell’evento ha portato la mia
confusione in superficie e mi ha permesso di vedere chiaramente come stessi
sottilmente aspettando un evento per avere il permesso di essere quello che già
sono.

Ora riconosco che nessun evento trascendentale ha alcun significato alla luce della
semplice, ordinaria, quotidiana chiarezza di chi tu sei veramente.

Tu sei ciò in cui tutto appare ~ Nathan Gill

Tu sei Coscienza. Tu sei ciò in cui tutto appare. Il mondo, il corpo, i pensieri –
tutto appare in te. Anche volendo, non puoi riuscire a scoprirti separato da nulla.
Tu sei la fonte e la manifestazione di tutto ciò che è. Non hai bisogno di andare
da alcuna parte o di fare alcuna cosa per rendere palese tutto ciò. E’ la cosa più
ovvia. Solo che stai sempre guardando oltre, stai dando tutto per scontato.

Tutto appare nella consapevolezza, proprio adesso nella consapevolezza più


ordinaria, che è il substrato di tutto ciò che è, inclusa l’esperienza di questo
momento. La semplice consapevolezza è il denominatore comune di tutte le
esperienze. Nota di essere semplicemente presente. Basta questo. Nient’altro mai
accade. Nota che tutto sorge e svanisce nella consapevolezza presente. Le persone
se ne vanno, le nuvole passano, le conversazioni continuano, i pensieri appaiono.
Tutto si svolge nella consapevolezza presente.
Nella consapevolezza tu stai apparendo a te stesso come tutto quello che c’è.
Persone, pensieri, mondi, universi, vita, morte – tutto accade in te. L’atto di
identificarti con un essere umano separato accade in te. Tu sei la fonte e la
manifestazione di tutto ciò che è. Tutte le esperienze accadono in te. Esiste solo
la manifestazione di tutto ciò che è nella consapevolezza e in quanto
consapevolezza. Ogni esperienza di ‘illuminazione’ è semplicemente un’altra
variante di esperienza nella consapevolezza. Non devi raggiungere alcuna
trascendenza o eliminazione dell’individualità, dell’ego o qualsiasi cosa del
genere. Tutto appare nell’ordinaria consapevolezza. L’esperienza di questo momento
– ordinaria o straordinaria che sia – è contenuta nella consapevolezza. Niente in
nessun modo necessita di essere cambiato, non c’è nulla da afferrare o realizzare.
Tu sei Coscienza consapevole che si manifesta in tutto quello che è. Il contenitore
di questo preciso istante è consapevolezza, indipendentemente da quello che
contiene. Consapevolezza e contenuto. L’oceano e le sue onde. Il flusso e il
riflusso della vita. Questo è quello che c’è in questo momento. E questo è quello
che tu sei.

La Storia del Me ~ Tony Parsons

Tutto ciò che c’è è totalità, interezza.. energia sconfinata che appare come ogni
cosa… il cielo, gli alberi, le emozioni, i pensieri e qualsiasi cosa. E’ il mistero
del nulla che allo stesso tempo è il tutto.

Non c’è nulla al di fuori della sconfinata immensità ma nonostante questo, visto
che è libera, può apparire come fosse separata da se stessa…può apparire come fosse
la storia del me. Non c’è nulla di giusto o sbagliato in questa apparizione che è
la totalità nella sua apparente manifestazione.

L’energia contratta sembra sorgere nell’essere umano e creare un senso di


separazione dal quale nasce il senso d’identità… la coscienza di sé. Il me è nato e
la storia del me pare cominciare. Il me è la storia e la storia è il me, e uno non
può esistere senza l’altro. Tutti e due si manifestano e funzionano in una realtà
dualistica come soggetto e oggetto. Ogni cosa sembra essere personalmente esperita
come una serie di eventi che stanno accadendo in un tempo reale a un me reale.
All’interno di questa storia, il viaggio, lo scopo e il libero arbitrio sembrano
essere reali.

Questo senso di separazione non è solo un’idea, un pensiero o una credenza. E’


un’energia contratta incorporata nell’intero organismo che influenza ogni
esperienza. Come conseguenza il me esperisce un albero, il cielo, un’altra persona,
un pensiero o un sentimento attraverso un velo di separazione. E’ come se il me
fosse un qualcosa e tutto il resto tante altre cose separate che accadono proprio
al me. Ciò che sorge da questa sensazione è una sottile percezione
d’insoddisfazione. Come se qualcosa fosse stato perso o nascosto.

Per la maggior parte delle persone questo senso d’insoddisfazione non è così
evidente, e dato che credono di essere individui con libertà di scelta e di volontà
sembrano motivati a provare a creare una storia di successo…buone relazioni, buona
salute, benessere, potere personale e qualsiasi altra storia.

Invece per altri esiste una mggiore sensibilità rispetto al fatto ci sia qualcosa
che sembra essere andato perso. Questa sensazione produce un desiderio per un più
profondo senso di appagamento. Da qui può nascere una ricerca nella religione,
nella terapia o nel significato dell’illuminazione. E dato che il me si è convinto
di avere i mezzi per influenzare la sua storia, inizia anche a presupporre di
potere trovare un maggiore appagamento attraverso le proprie scelte, la propria
determinazione, le proprie azioni.
Il me potrebbe, ad esempio, recarsi da un prete o un terapista o un insegnante
d’illuminazione per trovare quello di cui pensa di avere bisogno.

Spesso, dato che il me sente di avere perso qualcosa, ci può essere un senso di
inadeguatezza e quindi viene ricercato un insegnamento che soddisfi la necessità di
fare qualcosa che porti a una trasformazione personale e faccia sentire degni di
essere soddisfatti. Tutta quest’attività accade in apparenza all’interno della
storia del me la quale funziona in una realtà artificialmente dualistica. In questo
modo il me cerca nel mondo del ‘finito’ quello che è infinito. E’ un qualcosa che
cerca un altro qualcosa, e quello cui veramente anela rimane irraggiungibile
essendo già ogni cosa. E’ come cercare di catturare l’aria con una rete da
farfalle. Non è difficile, è meravigliosamente impossibile. L’essenziale futilità
di questa ricerca inevitabilmente nutre un senso del me che si sente ancora più
inadeguato e separato.

Inoltre, nell’attività di ricerca ci possono essere esperienze lungo il cammino che


incoraggiano il me a cercare ulteriormente e a provarci con rinnovato vigore. La
terapia può portare un temporaneo senso di equilibrio personale nella storia.
Pratiche come la meditazione possono portare a uno stato di pace e di silenzio.
L’autoinvestigazione può portare a un’apparente progressiva esperienza di
comprensione e rafforzata consapevolezza. Ma affinché la consapevolezza lavori
necessita di qualcosa di separato di cui essere consapevole. La consapevolezza
semplicemente nutre la separazione, e uno stato di distacco può sorgere ed essere
scambiato per illuminazione. Tutti questi stati vanno e vengono all’interno della
storia del me.

Alla base di tutti gli insegnamenti su come diventare illuminati sta l’idea che un
cambio di convinzione o d’esperienza possa portare a una conoscenza personale
dell’essere uno, dell’autorealizzazione o della scoperta della propria vera natura.
Tutto l’investimento in un percorso che prosegue nutre la storia di un me che può
ottenere qualcosa. Anche la suggestione di un arrendersi o di un’accettazione
personale può all’inizio essere molto attraente e portare a uno stato di
soddisfazione…per un po’. Ci sono tanti cosiddetti insegnanti non-duali che nutrono
la storia del me che diventa liberato.

In ogni caso, l’unità a cui aneliamo è senza confini e gratuita. Non può essere
afferrata e nemmeno avvicinata. Non esiste nulla che dovrebbe essere fatto o
cambiato o fatto meglio di qualcosa che è già tutto.

L’esperienza del me può sembrare molto convincente perché ‘il mondo’ in cui vive
sembra dominato da molti di questi me in molte storie. Ma il costrutto del me è
incostante e senza fondamenta. Tutta le storia del me è solo una danza senza alcun
significato o scopo.

Un’esposizione profonda e senza compromessi del costrutto artificiale del senso di


separazione e della storia del me può allentare la presa che li tiene saldi al loro
posto e rivelare il modo in cui la ricerca può solo rinforzare il dilemma.
L’apparente senso di separazione, comunque, è nella sua essenza energia contratta
che nessuna quantità di chiarezza concettuale potrà mai disfare.

Quando però esiste un’apertura verso la possibilità di un qualcosa che esiste oltre
la ricerca, allora sembra che l’energia contratta possa dissolversi nella libertà
sconfinata che già è. E comunque questa è un’altra storia che cerca di indicare e
descrivere un totale paradosso…l’apparente fine di qualcosa che non è mai stato
reale…la storia del me.

Tutto quello che c’è, è libertà senza limiti.


La Sorgente ~ Tony Parsons

Solo la Sorgente appare. Tutto ciò che si manifesta è sempre e unicamente una
espressione della Sorgente: l’universo visibile, il mondo, la storia della vita, il
corpo-mente, le sensazioni, il senso di separazione, la ricerca dell’illuminazione.
E’ l’Uno che si manifesta come due, la nessuna-cosa che appare come ogni cosa. Il
teatro della ricerca è assolutamente senza significato né scopo; è un sogno da
svegli, non c’è un’intelligenza più fondamentale che tesse il destino, né scelta
che si presenti a un qualunque livello. Niente nasce e niente muore. Non
sopraggiunge niente. Ma questo, così com’è, invita il ricercatore apparente a
scoprire la sua origine. Quando l’invito non è accolto da nessuno, allora si è
visto che solo la sorgente è, stato di quiete senza causa, immutabile, impersonale
a partire dal quale sorge in celebrazione un amore incondizionato. E’ il prodigioso
mistero.

Domanda: Sono stato molto colpito quando avete detto che ogni cosa può
semplicemente essere quello che è perché nessuno è lì a prendere decisioni o
scegliere una cosa diversa. Quando questo è visto chiaramente, una incredibile
quantità d’elementi mentale diventa, in modo evidente, senza oggetto. Infatti
nell’idea stessa di scegliere si nasconde quella del bene e del male, di me che fa
meglio o peggio, di qualcun altro che non agisce correttamente, e la mente si perde
in queste idee. E, mi sembra, una visione chiara che questo porta una
semplificazione nel corpo-mente verso un pensiero giusto, perché ogni pensiero o
resistenza a ciò che è appare chiaramente ridicolo. Potete confermare nella vostra
esperienza questa semplificazione della mente?

Tony Parsons: Si, assolutamente; è una maniera rivoluzionaria e fondamentalmente


naturale di vedere la realtà. E’ ciò che la realtà è veramente. Il nostro
condizionamento è credere che, da qualche parte, non vado per niente bene, che
anche il mondo non va, e che dobbiamo fare qualcosa per cambiare tutto questo. E’
il condizionamento totale: le cose devono cambiare, migliorare e io devo diventare
migliore. E’ rivoluzionario arrivare a vedere che, in realtà non capita niente,
niente è mai cambiato, e che è sempre la stessa cosa. Solo i colori cambiano. Non
c’è da andare da nessuna parte e niente da fare. Non c’è da andare da nessuna parte
perché non c’è nessuno che va da qualche parte, non c’è nessuna parte dove andare
perché il paradiso è proprio qui. Il paradiso è sempre, continuamente, proprio qui.
E’ una presa di coscienza rivoluzionaria che si situa così al di là del tempo e
dello spazio e li ingloba totalmente. E’ incredibilmente semplice, e tutto si
dissolve: tutte le nostre opinioni, le nostre concezioni su come dovremmo essere e
cos’è l’illuminazione. Tutto questo si dissolve semplicemente.

D: Si, allora vedo proprio una grande semplificazione. Tuttavia dite che l’impulso
della mente a funzionare prosegue anche dopo il risveglio o l’illuminazione, anche
se sapete che questa sostanza mentale non siete voi. Può sorgere la collera ma
vedete chiaramente che non c’è nessuno per essere in collera, allora si dissipa
come fumo; perché, per un risvegliato, non c’è né attaccamento né identificazione.
Così, dopo la vostra esperienza, testimoniereste che rimane un movimento di
resistenza residua a ciò che è?… Lo comprendete meglio, ma l’impulso è lì, lo
vedete, va, viene e continua ad apparire. Quell’impulso attraverso cui vedete, si
dissipa nel corso del tempo manifestandosi sempre meno?

T.P.: Si, e’ quel che succede, durante quello che a noi sembra essere del tempo:
Tutto diventa più armonioso e rallenta. Tutta quell’ansia, quell’angoscia, quelle
enormi energie s’appianano. “Solleverò le montagne e alzerò le vallate”, diceva
Cristo. Il risveglio, sono tutti quegli estremi che si riducono e si riducono.
Quello non può vivere nella luce. Può sorgere la collera ma non può mantenersi in
quella luce, non c’è più nessuno ad abboccare all’amo, a mostrare un qualunque
interesse. Non può dunque vivere sotto quella luce particolare.

D: Mi è sembrato, osservando la vita stessa, la manifestazione, che non è veramente


altro se non impulso e resistenza. Questa è la manifestazione; però ciò che è
veramente, non resiste assolutamente a niente. Questo è un po’ sorprendente.
All’infuori di quella resistenza assoluta, o neutralità assoluta o amore assoluto,
il fatto che la manifestazione dia impulsi e resistenze è fondamentalmente la vita.

T.P.: Si, è ciò che sembra. Ma l’insieme della vita emana dall’amore
incondizionato, che è totalmente neutro, completamente neutro.
La manifestazione parrebbe portare energie positive e negative in conflitto
permanente.
Ma in effetti si equilibrano sempre esattamente. La totalità delle cose si
equilibra. Tutto ciò che fa l’esistenza sembra solo essere in cambiamento e in
progressione, ma, in realtà, tutto è totalmente neutro e in quiete. E’ un mistero.

D: Una comprensione intellettuale prende forma in me nei termini della necessità


d’un sistema di credenza in un’esistenza separata che si scioglie perché
sopravvenga il risveglio. Da un’altra parte, ciò che sembra aggrapparsi più forte o
manifestarsi come più intimo, è la paura. La paura di lasciar andare o della morte
psicologica. Potete dirci qualcosa di più?

T.P. : Questo non si deve produrre. In qualche modo la mente cerca ancora un
processo temporale. Tony Parsons stesso spiega che il ricercatore deve lasciar
andare e che la nube deve svanire perché il sole sia presente. La mente interpreta
immediatamente questo in termini di processo che deve arrivare. ( Prima che arrivi,
il risveglio non può esserci. Pertanto la mente elabora sempre una lista di cose;
anche due o tre tappe devono compiersi prima che quello arrivi.) In effetti non
deve arrivare proprio niente. Ma in un modo o nell’altro la mente inganna la
coscienza dicendo: “Bene, ciò deve arrivare; di conseguenza dobbiamo mettere una
sorta di paura su tutto quello per evitare quell’uscita”.
Per la mente ci sono molti modi di trovare una soluzione o un problema che riguarda
il risveglio, perché non può capire il risveglio. Ciò che vede chiaramente, è che
il risveglio la caccerà dal suo trono. Perciò, non resistete all’idea che si devono
superare delle tappe. E se si presenta la paura, Questo è l’invito. L’invito si
manifesta attraverso i sensi, e non parlo di un racconto sul risveglio, ma della
sensazione corporea della paura, che è ciò che è.

D.: E’ in certo modo il genio dell’ego che fa il suo lavoro, suppongo.

T.P.: Si. Il guru mentale, come io lo chiamo. La mente che vi convincerà che vi
condurrà là farà di tutto; è così brillante che vi convincerà che vi condurrà là,
ma vi sta conducendo sempre. Quello non arriva mai, ma si avvererà sempre domani.

D.: Vivo con un uomo che mi sembra essere nel deserto, e in quel deserto la sua
sensibilità si esacerba. Il mondo diventa per lui sempre più fonte di sofferenza.
E’ arrivato al punto della vostra transizione tra essere una persona e essere?

T.P.: Ah, si. Non era in quel modo per Tony Parsons. Per molti quello non deve
essere un deserto.
Non dovete passare per la notte oscura dell’anima perché questo si produca. La
gioia può passare ad una gioia maggiore.
Fu così per Tony Parsons. Ed è così per altri e ci sono persone che conosciamo a
Londra che non sono più persone – per certi tra loro era una gioia in una più
grande gioia, e per altri il deserto.
Ce ne sono alcuni per i quali la comunicazione con persone apparenti a Londra, che
sono nel deserto e il mondo, diventa più insopportabile perché la sensibilità si
affina. La sensibilità cresce e tutto sembra diventare sempre più spiacevole o più
che minaccioso per un momento, si. Evidentemente un altro effetto sorge tra la
lotta sempre più violenta delle apparenze di stati nevrotici in questa apparenza
corpo-mente. La mente non vuole che quello arrivi e attaccherà certuni con tutto
ciò che possiede; ma altri no.

D.: Potete dirci qualcosa in più sull’invito?

T.P.: D’accordo. Prima che questa grande avventura sia cominciata benché non sia in
effetti mai cominciata e non finirà mai, ma per la mente questa è una storia da
dormirci sopra. Dunque, prima di ogni inizio, ci siamo riuniti. Noi, puri esseri,
ci siamo riuniti in comitato e abbiamo deciso di giocare al gioco della
manifestazione. Beninteso, vi abbiamo incluso in totalità l’idea illusoria della
separazione. Così abbiamo deciso di dividerci in piccoli pezzi, poi di pretendere
che saremmo esseri separati non avendo più contatto con la sorgente. Però, fu anche
deciso che a partire da un certo punto in quella avventura, desiderassimo tornare a
casa. Abbiamo perciò pensato: “bene, come torneremo a casa, qual è il modo migliore
di darci un passaporto per tornare a casa?” E abbiamo convenuto che tutto ciò che
si manifestava sarebbe stato un invito al ritorno a casa.
Sto facendo un lungo giro per esprimere il fatto che ciò che guardate in questo
momento è la sorgente di tutto ciò che è. E non è solo questo, è quello, è il muro,
il pianoforte, tutto viene dalla sorgente dell’essere, dall’assoluto. Tutto viene
dall’amore incondizionato, tutto è “ Un essere due”.
Tutto ciò che è manifestato proviene dalla sorgente della luce o dall’amore e di
conseguenza, nella sua natura originale, è la nostra casa. E’ la sorgente, è ciò
che siete. E dunque ciò che vedete siete voi stessi che vi manifestate come un
fiore o un muro. E nella separazione, se diventate intimi con quello, qualunque
cosa sia, siate ora il vostro posteriore sulla poltrona, il gusto del tè, l’auto
che passa. L’intimità con quello è la dissoluzione del sé separato, illusorio. Può
morire in quell’intimità, è come fare l’amore. Possiamo fare l’amore e sparire, si,
può succedere. Ed è la stessa intimità con ogni cosa, col muro, il suolo, un
rumore, e le sensazioni nel corpo. Tutte sono come l’invito dell’innamorato:
ritorna a casa. Tutto è semplicemente l’innamorato e la sua ragione d’essere è
quella d’invitare il separato in apparenza a ritornare a casa…
Così, viviamo in un invito totale! Poco importa la sua natura. Può essere una
sofferenza emozionale, un pensiero non necessariamente spirituale, uscito dalla
mente.
Tutto è sacro, tutto è invito, non c’è niente che non sia invito, che non sia
l’innamorato.
Perciò non potete sfuggire alla vostra liberazione, sfuggire all’unità, perché è
ciò che voi siete. Evidentemente, il ricercatore è invitato, ma quando il
ricercatore non c’è più, l’invito non è più necessario.
Allora tutto è celebrazione.

Il Vero Te ~ Alan Watts

Se sei pronto a svegliarti, ti sveglierai e, se non sei pronto, tu continuerai a


presumere di essere solo un povero uomo.

E, dato che siete qui, e avete intrapreso questo tipo di ricerca e state ascoltando
questo tipo di letture, posso assumere che siete tutti sulla strada per il
risveglio. Oppure stai stuzzicando te stesso con una qualche sorta di flirt verso
il risveglio al quale non sei veramente dedito. Ma assumo che forse tu, anche non
essendo dedito, sei sincero, che sei pronto a svegliarti. Quindi, quando sei sulla
via del risveglio e stai scroprendo chi sei realmente, ciò che fai è ciò che
l’intero universo sta facendo nel posto che tu chiami “QUI E ORA”.
Tu sei qualcosa che l’intero universo sta facendo come l’onda è qualcosa che
l’intero oceano sta facendo. Il vero Te non è un pupazzo comandato dalla vita; il
vero, più profondo Te, è l’intero universo.
Per cui, quando muori, non farai i conti con una non-esistenza eterna, perchè non è
un’esperienza.
Tante persone hanno paura che quando muoiono, resteranno per sempre intrappolate in
una stanza oscura e subiscono questo.
Ma una delle cose più interessanti in questo mondo; e questo è una specie di yoga,
una via della realizzazione…prova e immagina come sarebbe andare a dormire e non
svegliarsi più.
Pensa questo. I bambini pensano questo.
E’ una delle più grandi meraviglie della vita.
Come sarebbe andare a dormire e non svegliarsi più?
E se pensi abbastanza a questo qualcosa accadrà.
Scoprirai, fra le altre cose, che una nuova domanda nascerà in te:
Come è stato svegliarsi senza essere mai andati a dormire?
E’ ciò che è successo quando sei nato.
Vedi, non puoi avere un esperienza del nulla; la natura detesta il vacuo.

Per cui, una volta morto, l’unica cosa che può succedere è la stessa esperienza, o
qualcosa di simile, di quando sei nato. In altre parole, noi tutti sappiamo molto
bene che alcune persone muoiono e altre nascono; e loro sono tutti te, solamente
che tu puoi sperimentare un’unica esperienza per volta.
Tutti sono Io, voi tutti sapete che siete voi, e dovunque esistano esseri
attraverso tutte le galassie, questo non farebbe alcuna differenza, tu sei anche
loro.
E quando loro diventano coscienti, anche tu lo diventi, lo sai molto bene; solo non
devi ricordare il passato proprio come non pensi a come funziona la tua ghiandola
tiroidea, o qualsiasi altra cosa nel tuo organismo; non hai bisogno di sapere come
splende il sole.
Semplicemente lo fa, proprio come respiri.
Non sei realmente stupito di quanto tu sia meravigliosamente complesso e di come tu
stia facendo tutto questo senza aver mai ricevuto nessuna educazione su come farlo?

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