Esplora E-book
Categorie
Esplora Audiolibri
Categorie
Esplora Riviste
Categorie
Esplora Documenti
Categorie
PARTE 1: GENJOKOAN
Buona lettura!
Dogen: Shobogenzo1
Brani scelti
GENJOKOAN2 3
Rivelazione pubblica della piena manifestazione
Nel tempo (jisetsu)4 in cui tutti i dharma5 sono Buddha-dharma (buppo), si danno
quindi erramento e risveglio (meigo), si danno pratica (shugyo), si danno sho
(vita, nascita, sorgere)6, si dà shi (morte, il morire), si danno tutti i Buddha,
si danno gli esseri sofferenti (shujo).
Nel tempo (jisetsu) in cui i diecimila dharma7 (bampo) sono privi di io (ichlos),
non si danno né errare né risveglio, non si danno né tutti i Buddha, né tutti gli
esseri sofferenti, non si danno né sho (vita, nascita, il sorgere), né metsu (il
cessare, il morire).
Siccome fin dall’origine la via del Buddha (butsudo) va oltre (sprunghaft) [ogni
differenza di] abbondanza e aridità (Kargheit) con un salto, ci sono sho (vita,
nascita, sorgere) e metsu (il cessare, il morire), c'è errare e risveglio, ci sono
degli esseri sofferenti e dei Buddha. Nonostante le cose stiano così, i petali
cadono solo nelle [nostre] tendenze e l'erba prolifera solo nella [nostra] rabbia8.
Anche quando raccolti corpo e mente (shinjin) si guardano dei colori, raccolti
corpo e mente si odono dei suoni, per quanto da vicino uno li coglie, non è [questo
cogliere], paragonabile a uno specchio che accoglie l’immagine dello specchio, non
[è paragonabile] alla luna nell’acqua. Mentre un lato si dimostra, l’altro rimane
oscuro. Imparare la via del Buddha significa apprendere se stessi (jiko).
Apprendere se stessi significa dimenticare se stessi. Dimenticare se stessi
significa essere da sè [nel senso: che va da sè] testimoniati dai diecimila dharma.
Quando per la prima volta si cerca il Dharma14 , ci si allontana molto dal terreno
(Umgebung) del Dharma. Se si ha già ricevuto in modo corretto il Dharma, si è allo
stesso tempo uno che partecipa dell’origine.
La legna da ardere diventa cenere e non può all’inverso diventare di nuovo legna da
ardere. Anche se è così non si deve considerare che la cenere sia la cosa più tarda
e la legna quella precedente. Si deve [però] sapere che la legna rimane nel rango
del dharma (ho'i)18 della legna da ardere e possiede un prima e un dopo. Anche se
possiede un prima e un dopo, gli ambiti del prima e del dopo sono recisi
(zengosaidan)19. La cenere è [anch’essa] nel rango del Dharma della cenere e
possiede il suo prima e il suo dopo. Come la legna da ardere, dopo che è diventata
cenere, non diventa più legna, così l’uomo, dopo che è morto, non diventa più vivo.
Siccome le cose stanno così, non si dice, vita diventa morte; questa è la ferma
legge del Buddha-Dharma e quindi significa: non-sorgere (fusho).
Il fatto che la morte non diventa vita è il consolidato girare della ruota del
Dharma (horin)20 da parte del Buddha e in ciò si dice: non-cessare (fumetsu)21.
Vita è uno status rispetto ad un tempo, la morte è anche uno status rispetto ad un
tempo. Come per esempio inverno e primavera. Non si pensa, inverno diventi
primavera; non si dice primavera diventi estate.
Esso appare temporaneamente circolare solo fin dove giungono i miei occhi. Lo
stesso vale anche per i diecimila dharma. E’ vero che l’essere immersi nel
polveroso mondo quotidiano e l’essere fuori dal mondano irretimento offrono molte
caratteristiche, ma si intravede e comprende solo fino dove giunge l’occhio
guadagnato nello studio insistente. Per sentire la natura (le abitudini familiari)
dei diecimila dharma si deve sapere che i diecimila dharma non sono (hanno
l’aspetto di) solo quadrati o circolari, ma che le restanti qualità (toku) del mare
e delle montagne sono numerosi e inesauribili e che ci sono anche mondi (sekai) in
tutte le quattro direzioni. Si deve sapere che è così non solo nella zona [intorno
a me], ma qui [proprio dove sono io] tanto quanto in ogni singola goccia.
Se dei pesci nuotano nell’acqua, non c’è, per quanto possano nuotare, nessun limite
nell’acqua; se degli uccelli volano nel cielo non c’è , per quanto lontano possano
volare, nessun limite nel cielo. Se le cose stanno così, i pesci e gli uccelli
dall’antichità non hanno mai abbandonato l’acqua e il cielo. Se il bisogno (Bedarf)
è grande, l’utilizzo è grande. Se il bisogno è piccolo anche l’utilizzo è piccolo.
In questo modo [si può dire]: anche se [pesci e uccelli] non lasciano mai
inesaurito il limite del [loro] territorio e vagabondano sempre dappertutto, gli
uccelli muoiono appena abbandonano il cielo e i pesci muoiono appena abbandonano
l’acqua. Si deve sapere: attraverso l’acqua si forma vita e si deve sapere:
attraverso il cielo si forma vita. Una volta si forma la vita attraverso degli
uccelli, una volta si forma vita attraverso dei pesci. Attraverso la vita devono
essere formati dei pesci e attraverso dei pesci deve essere formata la vita. Oltre
questo ci deve essere un ulteriore sviluppo. C’è la testimonianza attraverso la
pratica (shusho) e corrispondentemente a ciò vi è ciò che vive a lungo e che è
vivo.
Se ci fossero degli uccelli o pesci che vogliono spostarsi nell'acqua o nel cielo
soltanto dopo aver raggiunto il limite dell’acqua e del cielo, non potrebbero
perciò trovare né nell’acqua né nel cielo la via o il loro luogo (tokoro). Trovare
questo luogo significa che secondo gli atti quotidiani si manifesta la piena
manifestazione (genjokoan su)24.
Trovare questa via significa che secondo gli atti quotidiani il rendersi manifesto
del pieno apparire c’è. Siccome questa via, questo luogo non sono né grandi né
piccoli, non appartengono né a noi né ad altri, non sono qualcosa che viene dal
passato, né qualcosa che trapeli nel presente, le cose stanno proprio così.
Allo stesso modo vale: se gli uomini testimoniano attraverso la pratica la via del
Buddha, allora affrontano un Dharma e lo comprendono fin in fondo, incontrano una
pratica e si esercitano nella pratica.
Siccome c’è per questo un luogo e la via porta fino all’ultimo, il limite da
conoscere non può essere conosciuto, poiché questo sapere sorge e agisce solo con
l’esaurimento completo del Buddha-Dharma. Non pensare che il luogo raggiunto
necessariamente pervenga a prendere coscienza di se stesso e che venga conosciuto
dal sapere intellettivo. Anche se si manifesta subito pienamente un penetrare che
testimonia (erweisendes Ergründen), l’essere (mitsu’u),25che è nascosto, non è
necessariamente in [un] pieno manifestarsi (genjo). Come mai è necessario il
manifestarsi della comprensione?26
Mentre il maestro Zen Hotetsu della montagna Mayoku stava utilizzando il suo
ventaglio, venne un monaco e gli chiese: “Poiché la natura [del] vento è presente
in modo costante (beständig), non c’è alcun luogo in cui non circoli (kreist).
Perché il venerabile maestro utilizza ancora il suo ventaglio?” Il maestro dice:
“Tu sai solo che la natura [del] vento è costantemente presente, ma non conosci
ancora il [significato del] fatto che (dori)27 esso circola in ogni luogo.” Il
monaco dice: “Come stanno le cose rispetto al fatto che esso circola in ogni
luogo?” – A questo punto il maestro continua solamente ad usare il suo ventaglio.
Il monaco si inchina profondamente.28
Scritto a metà dell'autunno del primo anno Tempuku [1233] e affidato al discepolo
laico Yo Koshu del Chinzei.
Inserito nel quarto anno Kencho [nel 1252 nella raccolta Shobogenzo].
NOTE:
Sho: integro; retto; giusto; principale [in tedesco haupt- da premettere ad altri
termini]; vero. Bo: vedi dharma. Gen: occhio, vedere, il guardante. Zo: recondere,
celatezza; magazzino, camera, tesoro; nel linguaggio del Buddismo anche “canone di
scritti sacri”. Nishijima/Cross traducono con “The Right-dharma-Eye Treasury”;
Nishijima/Linnebach traducono con “La camera del tesoro del vero occhio del
dharma”.
Egli incorpora i singoli Koan in molti passaggi delle sue conferenze e dei testi.
4 Jisetsu: ji: tempo (vedi anche le spiegazioni riguardo a Uji). Setsu: nodo al
bambu; sezione; sezione di tempo; vicenda; battuta di tempo (mus.). Oggi la parola
viene usata nel significato di stagione (meteo), “Saison”, stagione (tempo per
q.sa).
5 “Tutti i dharma” è una frase fatta per “tutto l'essente” (alles Seiende). Vedi
spiegazioni delle parole.
6 In questo e nel seguente passaggio la parola giapponese viene aggiunta nel testo
principale per poter mantenere l'ambiguità della parola.
8 Le prime tre sezioni riassumono in un modo molto denso l'intero testo. La prima
sezione inizia con la frase: “Nel tempo (jisetsu) in cui tutti i dharma sono
Buddha-dharma...” Questo ha più o meno il seguente significato: nel tempo in cui la
pratica è progredita al punto che ogni ente in quanto tale è, di volta in volta, il
vero ente o che ogni ente del mondo viene esperito come vero; in questo tempo tutto
ciò che è viene affermato come essente. Ma come allude l'espressione “nel tempo in
cui ..”, questa affermazione (dell'essere) è solo un aspetto poiché il dharma è,
secondo il canonico intendimento fondamentale del Buddhismo, non una sostanza
qualsiasi, un ente, ma, in ultimo, “senza sostanza” e “privo di io”. Questo è il
senso della seconda frase: “Nel tempo (jisetsu) in cui i diecimila dharma sono
privi di io (ichlos)...”.
In quel tempo non c'è ciò che di solito sembra essere: il nascere e cessare dei
Buddha e degli esseri sofferenti, errare e risveglio e cose del genere.
Se, quindi, la prima frase significa l'essere, allora la seconda vuol dire il
Niente.
Però anche questa seconda sezione inizia con l'espressione: “Nel tempo in cui…”.
Quindi anche la negazione (dell'essere), il Niente, è solo un aspetto del dharma e
per questo la terza frase inizia con: “Siccome la via del Buddha originariamente va
con un salto, di colpo, oltre (sprunghaft) [ogni differenza di] abbondanza e
aridità...”. Abbondanza e aridità nominano essere e Niente. La via del Buddha e il
dharma vanno quindi con un balzo oltre essere e Niente e trascendono questo
contrasto.
Il dharma, in questo terzo senso, non sta però in un luogo trascendente oltre
essere e Niente, piuttosto questo stessi essere e Niente sono a questo punto
saltati oltre il contrasto tra essere e Niente. Tuttavia con l'ultima frase della
terza sezione Dogen unisce i tre passi con un silenzioso sorriso, facendo notare al
lettore la realtà del giardino davanti alla sala di meditazione, in quanto un
Genjokoan vivo; poiché non ci sono petali cadenti se non nelle nostre inclinazioni
e nessuna erba proliferante se non nella nostra rabbia, ma queste tendenze e questa
rabbia esistono come esiste il giardino.
Shin, kokoro: corpo (ted.: Leib); persona ; in persona, personale; tempo di vita,
vita.
Con la traduzione “mente” è inteso che sentimento, sensazione, volontà e alla fine
tutte le attività coscienziali non sono da considerare separate l’una dall’altra.
ji: stesso/in persona, personale; da sé; autonomo. Ko: stesso, proprio, personale.
La parola può essere tradotta con “se stessi” o con “stesso”, ma in entrambe le
traduzioni è da sottolineare l’autoriferimento. Nella traduzione “se stesso” non si
tratta esplicitamente di un “se stessi” sostantivato, ma del riferimento
trasparente e risvegliato a se stessi.
Ta: egli, altro. Ko: stesso, proprio, personale. Forma anonima di jiko
16 Dori: do: via, traiettoria; andamento del mondo; ordine del mondo; retta via;
parlare; dire.
Ri: disegno di linee in una giada; linee fondamentali, tratti fondamentali; ordine;
intima natura delle cose. Con la traduzione “stato di cose” deve essere
sottolineato che si tratta in Dogen sempre di stati concreti relativi al corpo,
stati da intendere come un intreccio di relazioni.
17 Dogen rappresenta una particolare dottrina per ciò che riguarda il riferimento
tra pratica e risveglio. In rapporto al vigente insegnamento di allora che tutti
gli esseri sono già originariamente risvegliati, fin da molto presto Dogen nutriva
in sé già la domanda se allora la pratica buddista potesse avere ancora un senso.
Egli risolve questa domanda pensando che per lui la pratica è allo stesso tempo
sempre risveglio e risveglio è sempre allo stesso tempo pratica. Con questo tenta
di superare qualsiasi possibile residuo sostanzialista, nel senso che “risveglio”
non è già qualcosa (corsivo del traduttore) “di dato” a partire dall’inizio. E'
importante da prendere in considerazione che per Dogen tutto può diventare pratica
in senso Buddista; non solo un’esecuzione rituale nel senso più stretto, ma tutto
ciò che l’uomo fa, può essere “pratica”. Non ci deve essere l'equivoco che pratica
sia un semplice studio di qualcosa per poi padroneggiarlo. Non si dà una pratica a
cui poi segua un risveglio ancora da raggiungere. “Pensare che pratica e risveglio
non siano uno, è un'opinione esterna. Nel Buddha-Dharma pratica e risveglio sono la
stessa cosa. Siccome ora anche [la pratica] è praticare nel risveglio, la prassi
dello Zen del principiante è già il tutto del vero e proprio risveglio. Siccome le
cose stanno così, nella preparazione alla pratica viene detto: non aspettare il
risveglio all'infuori della pratica, siccome essa deve far mostrare il vero e
proprio risveglio immediatamente. Se risveglio è già nella pratica, non c'è nel
risveglio nessun limite, se la pratica è nel risveglio non c'è nella pratica nessun
inizio.” Dogen, Bendowa.
Ho: vedi Dharma. I: luogo, posto; trovarsi; inserire, posizione, posto, rango;
seggio; trono; regnare
Zen: prima. Go: dopo. Sai: punto di contatto, limite, bordo; luogo; tra; occasione,
circostanza; momento. Da: tagliare via, dividere, interrompere, decidere,
decisione.
Ho: vedi Dharma. Rin: ruota. Horin significa il girare la ruota del Dharma, cioè
l’attualità dell’insegnamento del Buddha.
Sho: vita, partorire, far nascere, formare, nascere, crescere; fresco, acerbo, (in
senso buddista:) esistenza, nascita: Vedi Shoji.
23 Secondo una dottrina del Buddismo diversi esseri vedono il mare molto
diversamente: per i pesci è un palazzo, per gli Dei una collana di perle, per gli
uomini semplicemente acqua e per i demoni sangue e pus.
27 Dori. Do: via, traiettoria; andamento del mondo; ordine del mondo; retta via;
parlare; dire. Ri: disegno di linee in una giada; linee fondamentali, tratti
fondamentali; ordine; intima natura delle cose.
28 La citazione si trova nel 4° libro del Shumon Rentoeyo. Cfr. Dainihon zokuzokyo,
v. 136, copertina n. 9, quaderno 3, 252.