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Dal mio punto di vista la tecnica tradizionale dell’autoindagine, “Chi sono io”,
non è solamente uno spreco di tempo ma anche una grande distrazione da pratiche
migliori.
Perché?
Questo è ciò che descrive Michael Langford. Egli aveva sprecato molto tempo e
non ha mai sperimentato il senso o sensazione che Ramana chiama: senso dell’Io
Sono. Quando si perde il senso dell’Io Sono, si dimora semplicemente nel vuoto o
nello spazio interiore. Siate comunque consapevoli che voi siete consapevoli di
questo spazio.
Nisargadatta:
Nella gerarchia spirituale, dal più grossolano al più sottile, voi siete il più
sottile. Come si può realizzare ciò? La base è che voi non sapete di essere, e
all’improvviso appare il senso Io Sono. Nel momento in cui appare, voi vedete
spazio, spazio mentale, uno spazio sottile simile a un cielo. Stabilizzatevi lì, voi
siete quello. Quando sarete capaci di stabilizzarvi in quello spazio, voi sarete
solo spazio. Quando questo Io Sono simile allo spazio scompare, anche lo spazio
scompare, non c’è più nessuno spazio. Quando questa identità Io Sono simile
allo spazio scompare, anche lo spazio scompare. Non c’è più spazio. Quando
questo Io Sono simile allo spazio va nell’oblio – che è lo stato eterno, nirguna,
senza forma, senza esistenza – cosa sta veramente accadendo? Il messaggio Io
Sono non era nessun messaggio. Avendo questo come argomento, io non ho più
molto da dire, perché non c’è nessuna possibilità di metterlo in parole”.
Questo è veramente difficile perché il senso dell’Io dev’essere tirato fuori dalla
confusione dello spazio immaginario, il che all’inizio richiede intensa e continua
concentrazione e il bisturi della discriminazione. Si deve trovare il senso Io Sono
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tra tutte le sensazioni e i pensieri che ci fuorviano più le sensazioni che provengono
dal mondo fenomenico.
Il mondo fenomenico, il mondo dei sensi corporei, dei pensieri e delle emozioni
dev’essere ignorato; ci dev’essere solo il restare avvinghiati al senso dell’Io il più
spesso possibile. Allora riconoscerete che là c’è ciò che sta osservando l’intero
processo. “Ritiratevi” in questo osservatore e troverete pace e felicità; questo è il
vero segno che la pratica è corretta.
C’è la conoscenza, come afferma Nisargadatta, che il mondo e i tre stati sono
osservati da voi: l a co n s a p evo l ez z a a s s o l u t a e i mp er s o n a l e, l ’a s s o l u t o s o g g et t o
d i o g n i co s a .
Nisargadatta:
Questo Io Sono vi è apparso ma voi siete separati da esso come un testimone che
non ha nessuna partecipazione in nessuna delle attività dell’Io Sono.
Nella mia esperienza è stato come un riconoscere che il mondo e gli stati di
veglia e sogno non erano me, erano meramente aggiunti a me, sovrapposti, e non
erano reali. Allora arrivò il pensiero: i o n o n h o n i en t e a ch e f a r e co n q u es t o ,
q u es t o n o n è me.
La grazia salvifica di questo metodo sta nel fatto che quasi dal primo momento
della percezione del senso Io Sono, cominciate a sentire felicità, pace e
beatitudine. Quindi il metodo diventa facile perché voi dovete semplicemente
seguire la felicità come una traccia e aver fiducia che la beatitudine vi conduca per
la giusta via.
Però questo metodo richiede parecchia energia, concentrazione e sforzo per non
distrarsi.
Potete praticare questo metodo come si fa nei monasteri zen. Fate una pratica
formale in diverse sessioni intervallate durante la giornata. Per qualcuno che vive
nel mondo con lavoro e distrazioni ciò potrebbe voler dire alzarsi preso la mattina e
sedere in meditazione per due mezzore interrotte da una pausa di cinque minuti.
Sedere con una postura formale è meglio che sedere rilassati perché la
concentrazione è più forte. Sedere in un gruppo che medita in assoluto silenzio è
ancora meglio.
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Poi a mezzogiorno, o a qualunque ora torniate a casa dal lavoro, praticate di
nuovo per mezz’ora, e poi, due ore prima di andare a letto, praticate altre due
sessioni di mezz’ora l’una.
In ultimo, se non avete nessuna idea di cosa io stia dicendo, non sentite nessun
senso di presenza o di esistenza, né alcun senso di Io Sono, potete praticare ciò che
Langford descrive come “la consapevolezza che è consapevole della
consapevolezza”. Alla fine non appena il senso di Io Sono scompare arriverete a
quello stato comunque, ma dimorare nell’Io Sono è un viaggio molto più
interessante che dimorare nel vuoto sin dall’inizio. Il senso di Io Sono può venire
nascosto dalla percezione del vuoto e non essere quindi smantellato come invece lo
sarebbe se si portasse l’attenzione al senso di Io.
Andate a un centro zen per imparare questa pratica. Alcuni centri tibetani la
fanno ma troppo spesso deviano nei metodi tantrici dei mandala e nell’usare lo
spazio immaginario per uno scopo o per un altro; questo sarebbe uno eccezionale
spreco di tempo.
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Come vedete io esorto la gente ad andare in centri o monasteri per seguire una
pratica seduta formale. Si possono fare progressi molto più rapidamente in questi
posti se non ci si lascia distrarre troppo dall’aspetto sociale della pratica di gruppo.
A Mt. Baldy non si pratica il Soto Zen ma il Rinzai, che significa studio del
koan. In ogni caso, con la forte pratica il koan scompare e non è di alcun ostacolo.
Joshu Roshi dovrebbe avere 101 anni adesso. Io non l’ho più visto da anni, ma
la pratica che lui propone è il modo per avere un rapido cambiamento
nell’autoconsapevolezza.