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Sulla Neo–Advaita

D ia lo g h i co n Ne o - Ad v a it in ( t r a t t o d a F a c e b o o k )
Ed: “Il mio disaccordo di base sull’illuminazione istantanea teorizzata dalla
Neo-Advaita”.

Richard Young:

L’ego è solo un concetto, non è un soggetto né un oggetto, è un’idea che emerge


all’interno della Consapevolezza. Dov’è l’ego quando il pensiero si ferma per un
momento? Dov’è l’ego quando si è per un attimo catapultati nel silenzio mentale da un
brano musicale, da un paesaggio mozzafiato o dall’estasi sessuale? E cos’è
costantemente a consapevole dell’andirivieni di questo pensiero io/ego? Qualunque
cosa sia, è inevitabilmente la tua vera natura.

Edji:

Sì, ma di cosa parli? Stai parlando della consapevolezza all’interno della coscienza
dello stato di veglia come della tua vera natura? Ma quando dormi non c’è coscienza né
consapevolezza, se vogliamo distinguere tra coscienza e consapevolezza; ebbene dov’è
la tua vera natura quando dormi? Durante il sonno profondo sei consapevole della
coscienza o della consapevolezza? C’è nel sonno profondo una “tua vera natura”,
qualcosa di eterno e di diverso dalla coscienza di veglia, che tu conosci direttamente al
posto di una semplice credenza, un’inferenza, che è relativa solo allo stato di veglia?

Richard:

No, Ed, non la coscienza di veglia o qualsiasi altro tipo di coscienza: ciò che va e viene
non può essere la nostra vera natura. Noi siamo ciò che è consapevole dell’andirivieni
della coscienza. Chiamala consapevolezza non-duale, non-concettuale. Quando sei nel
sonno profondo e la coscienza è silenziosa, risvegliandoti al mattino non senti di aver
smesso di esistere mentre non eri più cosciente. Ciò che rileva l’andirivieni della
coscienza è la nostra vera natura. La coscienza, nel senso che qui stiamo dando al
termine, è il primo passo verso la dualità.
Edji:

Sì, questo è quello che ha detto Ramana, tu non senti che non esistevi. Ma nel momento
stesso del sonno profondo, dov’è la consapevolezza del sonno profondo? Se durante
quel periodo non sei consapevole, l’esistenza durante il sonno profondo è soltanto
un’asserzione e una realizzazione fatta nello stato di veglia dalla mente, ma la mente
esiste solo nello stato di veglia. Questa non è una percezione diretta del fatto che nel
sonno profondo ci sia la consapevolezza, è solo un’inferenza.

Richard:

La consapevolezza è sempre presente in ogni stato di coscienza, ma questa presenza è


percepita dalla mente solo nello stato di veglia.

Edji:

Se non hai consapevolezza diretta nello stato di sonno profondo stesso e non sei in
grado di osservare le transizioni da uno stato di coscienza all’altro senza esserne
influenzato, questa è solo una teoria. Cioè, solo dopo che hai un’esperienza diretta
dell’andirivieni di tutti gli stati da una posizione che li trascende tutti, solo allora puoi
dire che c’è consapevolezza al di fuori di tutti gli stati, altrimenti la cosa è
completamente dipendente dal risvegliarsi della mente nello stato di veglia e dal
dichiarare che qualcosa che non è stato percepito nel sonno profondo, in realtà c’era.

Hai solo colto che tu, sotto forma di una qualsiasi consapevolezza, continui a esistere
nel sonno profondo. Ma tutta la conoscenza, la comprensione, tutto il parlare, tutte le
realizzazioni sono confinati nell’ambito dello stato di veglia e della mente. Ogni
parola, concetto e insegnamento spirituale è appreso nello stato di veglia dalla mente.

Tu dici: “La consapevolezza è sempre presente in ogni stato di coscienza, ma questa


presenza è percepita dalla mente solo nello stato di veglia”… Mi pare una “prova”
molto debole della immortalità della coscienza, no?

Richard:

Sì, la coscienza è inevitabilmente l’inizio di tutte le altre esperienze, Ed. C’è però un
altro tipo di conoscenza diretta che non è mediato né dalla mente né dalla coscienza.
Questo è ciò che qui viene indicato.

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Edji:

Ma quella conoscenza diretta non può essere conosciuta se non dalla coscienza durante
stato di veglia?

Richard:

Non può essere “conosciuta” perché allora richiederebbe il funzionamento della mente,
ma certamente può essere “conosciuta direttamente”, anche nel sonno profondo senza
sogni.

Dina Singh:

Richard, io sono in trepida attesa di questa conoscenza diretta. Questo è veramente


nuovo per me.

Richard:

Di cosa sei certa quando guardi dentro di te? Sai che esisti, giusto? Questo non può
essere negato. E sai di essere consapevole. Perciò tu sei la consapevole presenza che è
l’imprescindibile sfondo in cui nascono sia la coscienza che ogni esperienza. Non puoi
essere altro che questo. Inizia da lì, procedi ad intuito in questa conoscenza. Ferma i
pensieri per un momento e scopri cosa c’è prima che nasca il pensiero successivo.

Dina:

È STUPENDO! Ora lo vedo all’istante; è come il mio intuito mi aveva suggerito all’età
di sei anni: me ne sono resa conto non appena ho letto le tue parole poco fa. È bello,
immediato. Tu hai ragione, hai ragione, hai ragione!

Richard:

Sì! Ora dimora con questo per un po’ e renditi conto che l’intero ego non è niente di
più che un altro pensiero che nasce in ciò che sei tu, e renditi conto che la sofferenza è
possibile solo quando il pensiero io/ego viene accettato come vero. Ritira il tuo credere
al concetto-ego e tutta la sofferenza sarà sradicata via.

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Edji:

Ciò che tu hai chiesto di fare a Dina è di esplorare la sua coscienza di veglia, cosa che
lei ha fatto. Sì, è facile vedere che l’ego non esiste ed è solo un pensiero, il fatto è che
la coscienza stessa non è reale, è solo qualcosa di percepito, ma anche questo
riconoscimento avviene nella coscienza. Quale esperienza hai, Richard, nel sonno
profondo?

Hai già ammesso di non averne, hai solo la convinzione che lo sfondo della
consapevolezza sia presente mentre il tuo corpo/mente dorme e non sperimenta
alcunché. Tu hai creato il concetto di fondo di una consapevolezza che in vero per te
non esiste durante il sonno profondo; esiste per te solo come un concetto presente
durante lo stato di veglia e quindi richiede una mente all’interno della coscienza per
essere notato. Ma tutta la conoscenza è spazzata via nel sonno e nella morte. Non v’è
nessun residuo personale che perdura nel sonno profondo e alla morte.

Ciò di certo non aiuta per nulla a dimostrare che uno esisteva prima della sua nascita e
che continuerà ad esistere dopo la morte del suo corpo, anche se c’è la visione diretta
dell’assenza dell’ego.

Se tu dicessi: “Sì, tu non esisti come entità che continua di vita in vita, e ciò che
realmente esiste è consapevolezza, senza alcun attributo personale che permanga di
vita in vita, e tale consapevolezza è assolutamente impersonale, e né Dina né Richard
esisteranno in alcun modo dopo la morte dei loro corpi”, io sarei disposto ad accettarlo.

Ma guardarsi dentro e dire di essere immortali, non è coerente come conclusione,


perché questa la comprensione è confinata all’ambito della mente nello stato di veglia e
tu, come entità personale, non esisti affatto.

John Tissandier:

Grazie Richard per aver postato il tuo messaggio. Per pura coincidenza ho postato
anch’io qualcosa di simile quasi allo stesso tempo. Non è un messaggio che va giù bene
in ogni ambiente. Anche tra le persone “spirituali” può causare una reazione di paura e
tutti i tipi di contorte argomentazioni per dire che non è così. Ma il fatto è che quando
cerchiamo l’ego come qualcosa che assomigli a un piccolo sé, non lo troviamo. Senza
pensarci, ciò è visibile solo guardando.

Edji:

Dunque John, cos’è che tu presumibilmente “vedi” quando guardi dentro?

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Quando guardi dentro, quello è un non vedere, è un vedere immaginario.

Quando guardi dentro, se si è in grado di fare introspezione, si trovano molte cose: un


senso di presenza (che la maggior parte delle persone può “vedere”), emozioni (che
non si vedono ma si sentono), lo spazio vuoto che contiene tutti gli oggetti interni, che
è “visto” nell’immaginazione, poi ci sono sensazioni tattili interiori, come l’espansione
e la contrazione dei polmoni e del diaframma… alcuni possono vedere i pensieri,
incluso il “pensiero io”. Ma io non “vedo” un’entità che si possa chiamare me o io.

Ma poiché è così, poiché non posso “vedere” un io o un me, ciò significa di per sé che
uno non esiste?

Io non riesco neppure a “vedere” il mio cuore, la mia milza, il mio cervello: questo
significa che questo organi non esistono?

E che dire della mente inconscia che è all’origine di molti fenomeni come sogni,
desideri, bisogni, aspirazioni ecc. ma che non riusciamo a vedere: la mente inconscia
non esiste? Quindi milioni di persone, psicologi e psicoanalisti che hanno esplorato
questi livelli con varie tecniche negli ultimi 120 anni si sono semplicemente sbagliati,
e non esisterebbe nessun inconscio né alcunché all’interno dell’inconscio?

Stai dicendo che quando guardi dentro lo spazio della fantasia interiore ogni cosa esiste
solo sulla superficie, e se non la trovi immediatamente lì, allora non esiste? È questo
che credi?

E ancora, riguardo a questa consapevolezza che è presumibilmente “visibile”: cosa ci


autorizza a sostenere che questo “sfondo di consapevolezza” non sia semplicemente un
oggetto, proprio come il presunto ego di cui stai tentando di liberarti? Non è forse il
concetto “sfondo della consapevolezza” di cui parla Richard un’entità, un oggetto, un
dualismo?

Dunque per te ci sono due io: il falso ego e il vero “sfondo della consapevolezza”?

Quali sono le caratteristiche di questo sfondo della consapevolezza: è qualcosa che


“tu” percepisci? Questo “tu” percipiente/osservatore è la stessa cosa dello sfondo della
consapevolezza percepito o è diverso? Se è la stessa cosa, perché allora lo percepisci
come oggetto?

Quando dici che sei certo di esistere, allora ci dev’essere un tu che esiste: è questa
l’intera prova a sostegno che qualcosa esista sempre? E in che questo io differisce
dall’io-ego che non trovi?

Cinquecento anni fa la visione del mondo prescientifico basato sulla fede sosteneva che
il mondo fosse piatto e che il sole ruotasse intorno a questa terra piatta. La gente

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sapeva questo con certezza. Può fondarsi su simili basi la certezza della prova di
qualcosa?

Puoi giungere a tutte le semplicistiche conclusioni che vuoi tenendo la tua mente
rivolta verso l’interno e guardando nel tuo mondo immaginario interiore durante lo
stato di coscienza di veglia, ma non puoi dimostrare che ci sia qualcosa di immortale
nella coscienza di veglia che non è consapevole di alcunché durante il sonno profondo;
per non parlare di prima che tu fossi nato e dopo la morte. Invece tu poni come
presupposto uno sfondo di consapevolezza che è immortale, all’interno del quale tutte
le esperienze hanno luogo. Ma questa è solo teoria! Ammenoché tu non abbia
un’esperienza diretta di questa consapevolezza in ogni momento, incluso il sogno e il
sonno profondo.

Tutta la filosofia Neo-Advaita è estremamente superficiale.

La vera Advaita richiede di andare più in profondità della mente, passando attraverso
il livello di non-conoscenza e di non-esistenza, e giungendo a conoscere che esisti
attraverso quel passaggio di non-conoscenza. Questo può essere fatto attraverso una
pratica di meditazione sul senso di presenza o la sensazione di “io”, che punta verso
soggetto e che vada sempre più in profondità.

Diversamente la certezza che tu esisti non è altro che un abito mentale, un concetto
nella mente. Per 10.000 giorni ti sei risvegliato dallo stato di non-conoscenza del sonno
profondo e ti senti immutato. È la mente che è certa che tu sei esistito durante quelle
10.000 notti di sonno profondo. La memoria riallaccia la sequenza di conoscere e non-
conoscere, ma senza quella memoria e la mente di veglia, non può esserci alcuna
convinzione.

John:

Grazie Ed per avermi fatto tutte queste domande. Ma non sono sicuro di quello che ti
stai aspettando. L’Advaita Vedanta esiste da circa 5000 anni; se in tutto questo tempo
non è riuscita a darti una risposta che ti soddisfi, perché pochi minuti con me
dovrebbero cambiare le cose?

Se hai trovato qualcosa di meglio, sono contento per te.

In ogni caso nessuna filosofia mi ha mai aiutato. Per me tutto è iniziato con una
esperienza miracolosa che ha totalmente sconquassato la mia comprensione della vita.
Ciò mi ha dato l’entusiasmo per riesplorare le cose da capo. Il metodo che ho usato è
stato l’autoindagine di Ramana perché è adatto al mio background scientifico e non ha
bisogno di partire da una base di credenze. È stata una ricerca per vedere di persona

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ciò a cui la parola “io” si riferisce. Questo è il miglior consiglio che posso dare a
chiunque: non prendete per vere le parole di nessuno, su nessuna cosa, e non pensateci:
solo osservate!

Prue:

Le religioni in generale durano da migliaia di anni. Questo non è una valida


argomentazione, John.

Il punto che sollevi è interessante, ma ti riporto il feedback di un mio amico che dice
che la sua esperienza miracolosa ha costituito la base della sua fede cristiana. Questo sì
mi fa pensare... ma il tuo consiglio non troppo.

Edji:

John, quello che stai insegnando non è Advaita, è Neo-Advaita. I grandi maestri
dell’Advaita – Nisargadatta, Robert, Ramana e gli allievi di Ramana – tutti
raccomandano parecchia meditazione e che questa diventi sempre più profonda; non,
come raccomanda Richard, di smettere di fare qualsiasi sforzo spirituale. Poi l’Advaita
esiste solo da circa 1000 anni.

Il maestro di Nisargadatta era irremovibile riguardo alla necessità di penetrare


sempre più in profondità i livelli della coscienza. Ci sono diversi libri sui suoi
insegnamenti, come il Amrut Laya in cui parla dei diversi livelli del senso di
essere che sono anche descritti esaurientemente in “Autobiografia di uno Jnani”:
http://itisnotreal.net/Testi/Autobiografia_di_uno_Jnani.pdf.

Tutto questo significa andare sempre più in profondità con la meditazione. Non si
tratta di una scoperta immediata, di semplice guardar dentro il proprio mondo
immaginario una volta e quindi venir su con ogni sorta di conclusione. Infatti stai
interpretando qualsiasi tua esperienza nei termini dell’attuale filosofia Neo-Advaita,
la quale è un’interpretazione di ciò che questi nuovi insegnanti dicono di trovare
quando guardano dentro se stessi.

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Sulla Neo-Advaita e gli insegnamenti di Richard
Il commento di Rajiv Kapur

È vero, Edji, la maggior parte dei Neo-Advaitin è completamente superficiale.

Talvolta mi imbatto in scritti di maestri Neo-Advaitin. Devo riconoscere che scrivono


parole molto belle, rasserenanti e seducenti da ascoltare, soprattutto le seguenti: “NON
C’È NIENTE CHE DOBBIATE FARE!”.

A chi non piacerebbe una persona che offre leccornie gratis? Molti ci cascano per
questo ragione, poi, dopo un po’, si rendono conto che era una grande bufala e che
hanno sprecato parecchio tempo e denaro credendo di essere “realizzati” perché è stato
loro detto “Tu sei già quello”.

Ogni persona di buon senso sa che non ci sono pranzi gratuiti, quindi prima di
diventare illuminati dovete divenire intelligenti. Poi, una volta che siete illuminati
diverrete completamente stupidi – come dice Edji. Ecco ora la vostra buona chance per
essere intelligenti.

La Neo-Advaita è una perdita di tempo per un serio sadhaka. Va bene se piace


guardarsi intorno e si è un ricercatore di curiosità che è felice con pochi scorci di non-
pensiero o di stato di unione, ma se fai sul serio, allora sii consapevole che con questo
tipo d’insegnamenti andrai a sprecare parecchio del tuo prezioso tempo per ottenere dei
risultati non seri.

Passiamo in rassegna quello che il neo-advaitin Richard Young dice: “… quando il


pensiero si ferma un momento, dov’è ego?”.

L’ego è rimasto assolutamente integro, non è scomparso.

Vorrei chiedere a Richard cosa succede all’ego quando torna il pensiero, oppure
quando non c’è sesso, un bel paesaggio o musica, cosa succede? In base a quello che
dice, l’identità chiamata Richard Young dovrebbe ritornare dopo che il breve incontro
con lo spazio di non-pensiero è cessato. Non è così? L’ego è rimasto solo
temporaneamente sospeso quando il pensiero si è fermato per un momento, ma poi è
tornato.

Un temporaneo sguardo nel vuoto o nell’assenza di fenomeni non dovrebbe essere


considerato come una completa scomparsa dell’io. Questa è la trascendenza del
pensiero che è solo una preparazione per ciò che verrà in seguito. Trascendere il
pensiero ed essere consapevoli dell’intervallo tra un pensiero e l’altro non significa che
l’io individuale se ne sia andato: rimane! L’ego continuerà a spuntare di nuovo e
questo darà la stura al fiorire di seri dubbi nella mente. Più tardi ci si renderà conto che

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la presunta scomparsa dell’ego era una mera immaginazione mentale, l’ego non se
n’era mai andato.

Un’altra cosa su cui Richard dovrebbe riflettere è: “A chi sta accadendo questo non-
pensiero, o sesso, o musica?”. E tutto questo accade proprio a Richard mentre è nello
stato di veglia; non è così? Dopo tutto chi è l’osservatore? Chi sperimenta questo?
Naturalmente è Richard!!!

E cos’è se non la memoria dello stato di veglia di Richard a dire: “Io ho avuto questa
meravigliosa esperienza”?

Perciò “Richard” è l’unica realtà di Richard, né egli è consapevole di alcun’altra


modificazione della sua Coscienza, né di qualsiasi altra memoria. E questo perché non
è andato abbastanza in profondità per indagare e rilevare come l’io decada rivelando
un’altra identità attraverso la memoria. Egli rimane totalmente identificato col proprio
ego, e pur tuttavia sostiene di esserne al di là.

Richard scomparirà solo quando indagherà più a fondo i livelli sottili della Coscienza.
Lì scoprirà che non esiste nessun Richard. La sua realtà apparterrà a qualcos’altro.
Questa esperienza NON accade all’io, perché Richard sarà scomparso.

La perdita dell’io non dipende affatto da pensieri, emozioni, musica ecc. che sono
relativi allo stato di veglia. L’ego scompare solo quando gli strati più profondi della
Coscienza saranno stati esplorati ed emergerà una nuova realtà dal profondo dell’Io
Sono.

Ora vediamo ancora cosa dice Richard a Dina:

“Sì! Ora dimora con questo per un po’ e renditi conto che l’intero ego non è niente di
più che un altro pensiero che nasce in ciò che sei tu, e renditi conto che la sofferenza è
possibile solo quando il pensiero io/ego viene accettato come vero. Ritira il tuo credere
al concetto-ego e tutta la sofferenza sarà risucchiata via dalle radici”.

Come si può mettere da parte l’ego come fosse un qualsiasi altro pensiero. Ci si aspetta
davvero che l’ego sparisca con questa semplice istruzione? L’io-ego sparisce
automaticamente solo quando qualcos’altro che sta al di sotto degli strati della
coscienza afferra il ricercatore. La Realtà (dell’assenza di un ego) non è una questione
di credere, come dice Richard, si tratta di divenire. In effetti, voi diventate
qualcos’altro dall’'io individuale, o meglio, “qualcos’altro” assume più importanza per
voi, vi affascina e vi cattura. E voi vi limitate ad osservare che questo avviene.

È giusto affermare che trascendere il pensiero dello stato di veglia dà sollievo dai
pensieri e apre la porta verso un sentimento di unità [con tutto], ma è solo un passo da
formica verso l’illuminazione. C’è ancora molto da fare prima che si possa realmente
vedere l’ego sparire.

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Dalla discussione tra Edji e Richard posso capire che i neo-Advaitin non hanno la
minima idea di ciò che diventano quando sono nel sonno profondo, né la minima idea
di Turiya. Probabilmente scartano queste esperienze perché le considerano esperienze
che avvengono all’interno della “Consapevolezza” (un altro concetto nelle loro menti)
e quindi concludono che non valga la pena guardarle, il che è grande errore; quindi non
hanno alcuna conoscenza di ciò che accade loro oltre lo stato di veglia.

Osservate cosa dice qui Richard: “Quando sei nel sonno profondo e la coscienza è
silenziosa, risvegliandoti al mattino non senti di aver smesso di esistere mentre non eri
più cosciente”.

Richard sente che rimane consapevole di esistere nel sonno profondo e oltre, ma non
spiega come arriva a questa conclusione. Si è perso tutto ciò che è avvenuto in mezzo e
si limita a presumere che dev’essere rimasto consapevole. Per lui è solo un concetto,
non una vera realizzazione. Un sadhaka sincero sa cosa ne è di lui quando trascende gli
stati di veglia e sogno, non crea postulati come fa qui Richard.

Quanto dico non dovrebbe essere preso come offensivo verso i Neo-Advaitin (Richard
e altri) e i loro approcci, ma una umile richiesta rivolta a loro affinché comincino a
esplorare oltre e più profondamente dentro se stessi.

Rajiv

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Postato su www.itisnotreal.blogspot.com il 7 novembre 2010

Salve Ed,

Ne ho trovati di tizi che affermano di essere illuminati. Dicono di aver realizzato che
non c’è nessun sé, ma appena comincio a fare domande, come riguardo alla
consapevolezza durante il sonno profondo e a Turiya, rispondono di non aver avuto
queste esperienze. Dicono di avere una forte esperienza della non esistenza di alcun sé
unita alla sensazione di essere “normale”, e questo è tutto.

Sono io ad essere fuori strada, o cosa succede? Turiya e oltre Turiya non rappresentano
qualcosa di significativo? L’illuminazione non concede forse un flusso ininterrotto di
consapevolezza di base che sta dietro ai tre stati di veglia, sogno e sonno?

Sono vivamente interessato alle tue risposte.

Evgeny Kalashnikov

Edji:

Bene! Questa è la domanda cruciale. I neo-advaitin sembrano pensare che guardando


nella mente della coscienza di veglia e non trovando una persona, ciò provi che sono
immortali, che la consapevolezza permei ogni cosa, che sia immortale, universale ecc,
ma queste sono solo cose che essi percepiscono nello stato di veglia e di sogno.

In tutta la letteratura spirituale ho trovato solo una manciata di persone che dicevano di
avere una consapevolezza continua nel sonno profondo.

Però io tendo a mettere in dubbio queste affermazioni perché ho il sospetto che queste
persone stiano dicendo di avere, quando il corpo dorme, una consapevolezza stile veglia.
Ma questo non è ciò che in genere si intende per sonno desto nell’Advaita tradizionale.

Quando dormo la mia esperienza è di entrare e uscire nel/dal sonno profondo, prima
sento che una sorta di “densa” oscurità scende sulla mia mente di veglia sopraffacendola,
ma quando il sonno profondo se ne va, non ho la sensazione di svegliarmi, ma piuttosto
che lo strato-stato del sonno profondo se ne sta andando, e ho la percezione e
l’esperienza che “io” non in verità mi sono mai addormentato. Cioè, il sonno va e viene,
i sogni vanno e vengono, la coscienza di veglia va e viene, ma io non sono mai stato
toccato da nessuno di questi stati. Io sono al di là di tutti loro.

Quindi posso asserire di essere consapevole di una densa oscurità quando mi trovo nel
sonno profondo, ma sono in grado di “ricordarlo”, e quindi di poterlo descrivere in

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seguito, solo durante la transizione allo stato di veglia, perché la veglia è lo stato in cui
compare la mente che può ricordare e fare affermazioni su qualunque cosa.

Adesso io sono in grado di seguire consciamente l’andirivieni delle transizioni tra gli
stati di veglia e sogno con totale consapevolezza e durante questi passaggi non rilevo
alcun cambiamento nella natura della coscienza.

Per quanto riguarda quelli che affermano di essere consapevoli per tutto il tempo, non ho
sentito né letto di nessuno di loro che spiegasse quello che hanno realmente
sperimentato. Robert affermava di essere continuamente consapevole, ma non ho mai
pensato di chiedergli qualcosa in proposito quando era vivo.

Ma vedi, per me il “risveglio”, quello che Robert approvò, non consistette nel vedere che
io ero niente, che non c’era alcun io, e neppure nel riconoscere un pensiero io
continuato, né il vuoto continuo della psiche, fu piuttosto un’esperienza in cui vidi
l’andirivieni degli stati di veglia e sogno come completamente distinti da me, come
“oggetti”, come stati che sperimentavo ma che erano ontologicamente separati da me, ed
io non ero toccato dal loro succedersi.

Inoltre in meditazione ero capace di andare dalla piena consapevolezza di veglia alla
totale immersione nelle parti più profonde della mente, e, ancor di più, nella totale
incoscienza che durava pochi secondi, da cui riemergevo trovandomi in samadhi, nella
completa unione col mondo. Ma c’era sempre un breve intervallo di pochi secondi, o giù
di lì, in cui la continuità della consapevolezza si interrompeva.

Gli Advaitin fedeli alla tradizione spiegano questa interruzione come il passaggio
attraverso il corpo causale che è completa ignoranza, non-conoscenza, passaggio che è
vitale per andare oltre la conoscenza.

Ciò è di aiuto?

Penso che i Neo-Advaitin abbiano confuso il metodo del guardar dentro, l’autoindagine,
con l’illuminazione vera e propria, che richiese anche a Nisargadatta tre anni in cui non
fece nulla tranne che dimorare nell’io. Anch’egli, per quanto ne so, non affermò di
essere costantemente consapevole (un tipo di consapevolezza lucida) durante il sonno
profondo. Persino Ramana, sebbene sostenesse che noi esistiamo durante il sonno
profondo, e abbia dato al riguardo prove piuttosto “raffazzonate”, non credo che abbia
mai parlato delle proprie esperienze nel sonno.

Anche se alcuni di questi insegnanti avessero sperimentato un consapevolezza continua,


di certo non sarebbe come la consapevolezza che si ha come persone. La personalità
richiede la presenza di un ego e della mente, che sono entrambi distrutti dal sonno
profondo; Nisargadatta lo afferma più e più volte. Perciò, dopo la morte, non c’è nessuna
sopravvivenza di individualità. Ciò richiederebbe la continuità della mente e dell’ego. E

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se il sonno profondo può porre fine all’ego, alla mente, e secondo Nisargadatta pone fine
anche al senso di Io Sono, la morte offrirebbe una estinzione ancora più efficace
dell’individualità.

Ciò che sempre sopravvive è la coscienza universale. Cioè, da qualche parte, la


coscienza si manifesta in qualche essere senziente, come le foglie su un albero. Alcune
cadono: sono foglie individuali, ma ciascuna non si reincarna in una corrispondente
nuova foglia, tuttavia l’albero genera continuamente altre foglie che non hanno alcun
rapporto in senso specifico con quella morta. Ciascuna è unica ed è un’espressione
individuale, e non si ripeterà mai.

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Commento di Alex:

Grazie per aver chiarito questo punto importante, Edji.

Vorrei cogliere l’occasione per chiedere la tua opinione sul libro di Bernadette Roberts,
“L’esperienza del non sé”, visto che è stata una tua vicina di casa.

Conosco bene l’esperienza della temporanea scomparsa della coscienza riflessiva, che,
come descrivi nel tuo post, arriva spesso dopo una cessazione momentanea della
coscienza. Eppure, se il risveglio è stato un’incrollabile comprensione del fatto che la
nostra/mia natura è non-nata, e quindi oltre la nascita e la morte, oltre la coscienza e la
cessazione della coscienza, la coscienza riflessiva rimane ancora presente, anche se so
che è impermanente.

Quindi la mia domanda è: esiste una importante fase ulteriore in cui la coscienza
(riflessiva) svanisce completamente e definitivamente, come è accaduto a Bernadette
Roberts, o ritieni che questo non sia necessario se vediamo chiaramente che il senso di
esistenza è impermanente e quindi vuoto, come lo è tutto il resto?

Cordiali saluti,
Alex

Edji:

Ho conosciuto Bernadette piuttosto bene, ci siamo visti spesso e abbiamo parlato spesso
al telefono, ma questo ancora prima che conoscessi Robert.

In 20 anni non ho letto niente di Bernadette, perciò le parole e i concetti che utilizzi non
mi sono familiari. Dovrei leggere i suoi libri per conoscere il suo punto di vista, ma non

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ho tempo per farlo. Mi limito a commentare Nisargadatta, Robert e Ramana, e talvolta
maestri o allievi aderenti allo Zen.

L’Illuminazione non è qualcosa che si può fissare una volta per tutte. Molti chiamano
illuminazione delle esperienze che per me non lo sono, ma questa è solo la mia opinione.
Tutto quello che posso fare è parlare delle mie esperienze personali e di quelle che ho
studiato a fondo; ma certamente non sono un docente universitario delle esperienze
d’illuminazione e dei loro processi.

Infatti potrei postare presto un Satsanga in cui parlo di cos’è la via di Jnana Marga che
fu la via di Robert.

Il risveglio non è soltanto una convinzione. L’identificazione con il corpo si è rotta. La


mia principale identificazione fu per molto, molto tempo il vuoto dello “spazio” sia
esteriore che interiore, sperimentato come Uno.

Ma adesso io non sperimento niente in termini di unione, vuoto, spazio, individualità


ecc. Tutti gli aggettivi sono scomparsi, c’è solo una processione di esperienze.

La tua domanda è troppo ristretta e presuppone che vi sia solo un tipo di risveglio e una
sola progressione possibile.

Postato il 25 novembre 2010

Traduzione dall’inglese di Julius

Titolo originale: Dialogues with Neo-Advaitins

Postato in inglese il 3, 4 e 7 novembre 2010 su www.itisnotreal.blogspot.com

Il sito di Edward Muzika: http://itisnotreal.com

Il bolg di Edward Muzika: www.itisnotreal.blogspot.com

Per contare Ed (in inglese): satsang.online@gmail.com

Per contare Rajiv (in inglese): rajiv108@yahoo.com

Video, mp3, Video-Satsanga: http://www.wearesentience.org

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