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LA COSTITUZIONE MEIJI.

IL RUOLO DEL TENNŌ


Author(s): Franco Mazzei
Source: Il Giappone, Vol. 31 (1991), pp. 5-54
Published by: Istituto Italiano per l'Africa e l'Oriente (IsIAO)
Stable URL: http://www.jstor.org/stable/20749734
Accessed: 02-03-2016 22:43 UTC

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Franco Mazzei

LA COSTITUZIONE MEIJI
IL RUOLO DEL TENN?

1. Premessa storiografica

Secondo un'interpretazione ancora oggi molto diffusa tra gli storici


e i costituzionalisti giapponesi, la Costituzione del Grande Impero del Giap
pone (Dai Nippon Teikoku Kenpo) 1> comunemente nota come Costituzio
ne Meiji, promulgata nel 1889, poco pi? di due decenni dopo l'abolizione
dello shogunato Tokugawa e la ? restaurazione del potere imperiale (?sei
fukko), fu uno strumento ciecamente reazionario, un deliberato tentativo

1 Per la traduzione, semiufficiale, in inglese della Costituzione, cfr. The Meiji Japan
Through Contemporary Sources (d'ora in avanti abbreviato MJTCS)', pubblicato a cura del
Centre for East Cultural Studies, T?kyo 1969, vol. 1, pp. 95-105. Nello stesso volume
sono riportati i ? Commentaries on the Constitution of the Empire of Japan ? di It? Hiro
bumi (pp. 181-221). Per il commento alla Costituzione di Roesler, cfr. J. Siemes, Hermann
Roesler and the Making of the Meiji State, Tokyo 1968, pp. 49-252. Il testo in giapponese
? riportato in K. Inoue, Mac Arthur1 s Japanese Constitution - A Linguistic and Cultural Study
of its Making, Chicago 1991, Appendice 4, pp. 327-332.
Dopo la Restaurazione Meiji (1868), come nome ufficiale del Giappone fu scelto Dai
Nippon Teikoku (Impero del Grande Giappone), che ben s'adattava sia al modello cinese
di Ta Ming e Ta CVing sia a quello occidentale di Great Britain. Da notare tuttavia che
nella traduzione inglese del titolo della Costituzione (? Constitution of the Empire of Ja
pan ?) non compare il qualificativo corrispondente a ? dai ? (grande).

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dell'oligarchia burocratica di perpetuare, dietro una facciata di costituzio


nalismo, il suo potere centrato sull'? assolutismo ? del Tenn?2. Pertanto,
il mancato pieno sviluppo parlamentare-democratico del sistema politico
giapponese e segnatamente l'instaurarsi di un regime burocratico-militare
(? fascista ? secondo alcuni) a partire dalla seconda met? degli anni Tren
ta, sarebbero in larga misura attribuibili ai meccanismi fissati nella Costi
tuzione e, specificamente, al ruolo da essa attribuito al sovrano.
L'ampia diffusione presso i circoli accademici nipponici di questa in
terpretazione, che lascia perplessi per l'ingenuo ideologismo che ne ? alla
base, a nostro avviso ? dovuta, almeno in parte, alla forte influenza che
ha esercitato, ed in qualche modo continua ad avere ancora oggi, il vivace,
e certamente stimolante, dibattito svoltosi tra la fine degli anni Venti e
gli inizi del decennio successivo fra studiosi, intellettuali e politici giappo
nesi, per lo pi? d'ispirazione marxista, che sulla natura del capitalismo giap
ponese si trovarono divisi in due scuole contrapposte3. La prima, legata

2 Tenn?, letteralmente ? sovrano celeste ?, ? titolo, seppur di origine cinese, esclusivo


dei sovrani giapponesi. Generalmente tradotto con ? Imperatore ?, esso non ? mai usato per
rendere titoli di sovrani stranieri quali ? Imperatore ?,? Zar ?, ? Kaiser ? ecc., che di norma
sono tradotti in giapponese con ? K?tei ?, in cinese Huang-ti. Il titolo di Tenn? fu adottato
per la prima volta dai sovrani giapponesi intorno al VI-VII secolo (su questo punto non c'?
ancora accordo tra gli studiosi). Precedentemente si usavano i titoli ? ?kirni ?, ? Sumera mi
koto ?. Comunque sia, ancora nel Codice Taih? del 701 il sovrano giapponese era indicato
con vari titoli usati in Cina in riferimento all'imperatore, fra cui ? K?tei ?e ? Shison ?, oltre
naturalmente a ? Tenn? ? che invece in Cina non era usato con tale accezione. Quel che pre
me sottolineare ? il carattere religioso che etimologicamente connota quest'ultimo termine,
la cui origine ? secondo una teoria accreditata ? sarebbe collegata con la designazione della
divinit? taoista della Stella Polare. Cfr. A. Tamburello, ? La titolatura del Tenn? ?, in Orien
t?lta Romana, Roma 1972; e ? Japan: National Identity and Political Historiography ? The
Nihongi and the Beginning of the National Historiography ?, dattiloscr., Roma 1992. Si ve
dano pure le brevi annotazioni di Ueyama Shunpei, Umehara Takeshi e Yano Toni, ? The
Imperial Institution in Japanese History ?Japan Echo XVI, 1989, pp. 46-52. Infine, va rile
vato che dal 1873 al 1936 il Governo giapponese us? il termine ? K?tei ? per indicare il Ten
n? nella corrispondenza con la Cina. Cfr. Sugimoto Fumiko, ? Tenn?-g? wo megutte ? (Sul
titolo di Tenn?), Rekishi hy?ron, . 457, maggio 1988, citato da Ben-Ami Shillony, ? The
Meiji Restoration: Japan's Attempt to inherit China ?, in Ian Neary (a cura di), War Revolu
tion & Japan, Sandgate 1993, p. 25.
Il termine ?sm-fukko, usato all'inizio per indicare la Restaurazione Meiji, fu sostituito
prima con isshin e dal 1872 con ishin, quest'ultimo preso dal classico cinese II Libro delle Odi,
ove indicava la ? restaurazione ? della dinastia Chou nel XII secolo a.C.
3 II dibattito sul capitalismo giapponese, con particolare riferimento all'ideologia del
tenn?sei, ? esposto esaurientemente nel brillante lavoro di Germaine A. Hoston, Marxism and
the Crisis of Development in Prewar Japan, Princeton (N.J.) 1986. Per un'analisi dei temi eco
nomici del dibattito, pu? essere utile F. Mazzei, Il capitalismo giapponese. Gli stati di sviluppo,
Napoli 1979.

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La Costituzione Meiji 7

al Partito Comunista Giapponese e denominata k?za-ha (? scuola delle


Lezioni ?, dal nome di una pubblicazione collettiva intitolata appunto
? Lezioni di storia dello sviluppo del capitalismo giapponese ?), poneva
l'accento sulle specificit? del caso nipponico e, attraverso una vasta produ
zione di ricerche fattuali e di elaborazioni teoriche ispirate dal Comintern
e condotte in un clima politico fortemente repressivo, sosteneva che il ca
pitalismo giapponese era essenzialmente ? semifeudale ?. Identificando nel
l'istituto del Tenn? l'elemento centrale dei cosiddetti ? residui feudali ?,
la storiografia marxista ha coniato il termine tenn?sei (sistema del Tenn?)
per definire, negativamente, la struttura istituzionale consacrata con la Co
stituzione del 1889 e l'ideologia imposta dall'oligarchia Meiji, ed ha fatto
ricorso a quello ancor pi? ambiguo di ? assolutismo ? {zettaishugi) per qua
lificare il sistema politico partorito dalla Restaurazione Meiji4. Conside
rando il ritardo economico e iLcarattere repressivo del regime politico come
elementi ? strutturali ?, i seguaci della k?za-ha ritenevano che compito prio
ritario dei ? progressisti ? giapponesi agli inizi degli anni Trenta dovesse
essere l'abbattimento dell'assolutismo del Tenn? attraverso una rivoluzio
ne democratico-borghese intesa come il primo stadio del processo rivolu
zionario, ovvero come premessa alla realizzazione della rivoluzione proletaria.
Tuttavia, un consistente e qualificato gruppo di dissidenti del Partito
Comunista Giapponese e di marxisti meno dogmatici, che si riconobbe nella
scuola r?n?-ha (cos? chiamata dalla rivista R?n?, letteralmente ? Operai e

4 Per la problematica pi? recente sul tenn?sei, cfr. Suzuki Masayuki, K?ndai no ten
n?sei no shihai chitsujo (Ordine e dominazione del sistema del Tenn? nell'et? moderna),
Tokyo 1986; dello stesso autore, Kindai no Tenn? (Il Tenn? nell'et? moderna), nella serie
Iwanami Bukkuretto, Shir?zu Nihon kindai-shi 13, Tokyo 1992; T?yama Shigeki, Meiji ishin
to Tenn? (La Restaurazione Meiji e il Tenn?), T?ky? 1991; Rekishigaku Kenky?kai (a cura
della), Tenn? to tenn?sei wo kangaeru (Considerazioni su Tenn? e tenn?sei), T?ky? 1986;
Suzuki Ry?, ? Kindai tenn?sei wa nani ni yotte sasaerarete ita ka ? (Da che cosa era soste
nuto il tenn?sei dell'et? moderna?), in Sasaki Ry ji (a cura di), S?ten Nihon no rekishi (Punti
controversi della storia del Giappone), vol. VI Kin-gendai, T?ky? 1991 (con aggiornate an
notazioni bibliografiche).
La storiografia marxista in generale ha visto nel contesto europeo (ad eccezione del
caso inglese) la forma di Stato assolutistica, con l'assoggettamento della societ? ad un pote
re centralizzato e dispotico che questa forma comporta, come un superamento delle divi
sioni incongrue del sistema feudale e, pertanto, funzionale al nascente capitalismo
commerciale ed industriale: in breve, l'assolutismo come premessa del capitalismo. Studi
pi? recenti e pi? ? disincantati ? hanno per? messo in rilievo la presenza di tratti non asso
lutistici nello stato assoluto, pur confermandone la suaccennata tendenza razionalizzatrice. .
Cfr. G. Amato, ? Forme di Stato e forme di Governo ?, in G. Amato e A. Barbera, Manua
le di diritto pubblico, Firenze 1991, pp. 48-52; P. Anderson, Lo Stato assoluto. Origini ed
evoluzione dell assolutismo occidentale e orientale, Milano 1980.

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contadini ?), respinse la tesi secondo cui compito prioritario dovesse esse
re la realizzazione di una ? rivoluzione borghese contro un potere di fatto
gi? borghese ?. Gli esponenti della r?n?-ha, pur senza negare l'esistenza
di ? specificit? ? nel capitalismo nipponico, interpretavano la Restaurazio
ne Meiji, con le riforme che seguirono, essenzialmente come una rivoluzio
ne borghese. Di conseguenza, essi indicavano come immediata strategia
politica la rivoluzione socialista contro il potere dominante della borghe
sia. Va ricordato che il termine tenn?sei fu usato per la prima volta con
questa accezione relativamente tardi, nelle ? Tesi del 1932 ? del Comin
tern, con le quali si individuava nell'abbattimento del potere imperiale
assolutistico [tenn?sei dat?) 5 l'obiettivo della lotta comunista in Giappo
ne. Precedentemente, per indicare la nuova struttura istituzionale cen
trata sull'Imperatore si era fatto ricorso a neologismi coniati su termini
occidentali privi di una forte connotazione ideologica, come rikkensei (si
stema costituzionale) o rikken kunshusei (monarchia costituzionale). In realt?,
esisteva gi? da secoli un'espressione fortemente ideologizzata per indicare
la specifica struttura politica della nazione centrata sulla figura del Tenn?:
era il termine kokutai, letteralmente ? il corpo della nazione ?, vale a dire
una struttura nazionale avente al vertice il sovrano considerato focus pri
mo dell'identit? culturale e simbolo della continuit? storica. Su questa ideo
logia ci soffermeremo successivamente; per ora ? sufficiente dire che tenn?sei
e kokutai esprimevano i due versi della stessa medaglia: il primo era usato
da chi era contrario all'istituto del Tenn?, il secondo da chi voleva preser
varlo e rafforzarlo.
Il dibattito tra le scuole k?za e r?n? fu stroncato verso la met? degli
anni Trenta dall'accentuarsi della repressione governativa, che port? tra
l'altro all'arresto di numerosi esponenti del Partito Comunista. Ma l'inter
pretazione dell'istituto del Tenn? che ne era alla base fu ripresentata con
rinnovato vigore nell'immediato dopoguerra. Nel nuovo clima di libert?
accademica instauratosi grazie alle riforme di democratizzazione imposte
da MacArthur, e con la conseguente rivitalizzazione della storiografia giap
ponese gli studiosi marxisti si trovarono in prima fila impegnati ad indivi
duare le responsabilit? della disastrosa Guerra del Pacifico. Poco sensibili
alla tesi della ? cospirazione militarista ? che mirava ad identificare le col
pe di singoli individui (tesi questa predominante presso il Tribunale Mi

5 C. Gluck, Japan's Modern Myths. Ideology in the Late Meiji Period, Princeton (New
Jersey) 1985, p. 324; F. Mazzei, op. cit., p. 146-148; Ishid? Seirin e Yamabe Kentar?, Ko
mintern Nihon ni kansuru teze-sh?(Le tesi del Comintern sul Giappone), T?ky? 1961, p.
73 e segg.

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La Costituzione Meiji 9

litare Internazionale per l'Estremo Oriente)6, gli storici d'ispirazione marxi


sta tendevano invece a denunciare l'intera ? struttura ? di potere del Giappo
ne prebellico, genericamente da loro etichettata come ?fascismo tenno?stico?.
Pi? in particolare, essi sottoposero ad analisi critica la ? contraddizione ?
fondamentale tra il ? blocco tennoistico ? (militari, capitalisti monopolisti
ci, latifondisti assenteisti) da una parte e ? popolo ? dall'altra1.
A questa interpretazione non mancarono critiche anche severe da parte
di storici non marxisti ed intellettuali che, pur fermamente contrari al
l'ideologia del kokutai, si opponevano alla tendenza del marxismo di ri
durre ogni cosa a lotta di classe 8. Il concetto di tenn?sei o di ? fascismo
tennoistico ?, visto come ostacolo alla modernizzazione (intesa, questa, come
democratizzazione delle strutture politiche e sociali), ha continuato ad es
sere tema centrale del dibattito tra gli storici giapponesi per i successivi
decenni, anche se con l'accumularsi di ricerche fattuali sempre pi? appro
fondite esso ? stato oggetto di una graduale revisione storiografica. In tale
contesto, vanno rilevate due diverse tendenze revisionistiche. La prima ha
posto l'accento sui fattori esterni, eteronomi, che avrebbero agito da sti
molo all'emergere ed al consolidarsi del ? fascismo giapponese ?. Studiosi
come Eguchi Keiichi e Suzuki Takashi9 hanno messo in particolare rilie
vo l'interazione tra il senso di crisi che colp? il Giappone come conseguen
za dei suoi difficili ed ambigui rapporti con il mondo esterno (sudditanza
economica, almeno nello stadio del capitalismo industriale, rispetto alle gran

6 Cfr. International Military Tribunal for the Far East, Transcripts of Proceeding; e
R H. Minear, Victors' Justice - The Tokyo War Crimes Trial, Princeton 1971.
7 Per una rassegna della storiografia marxista giapponese di questo dopoguerra si rin
via al contributo di S. Hatano ?Japanese Foreing Policy, 1931-1945 - Historiography ?,
in S. Asada (a cura di), Japan and the World 1853-1952 - A Bibliographic Guide to Japanese
Schobrship in Foreign Relations, New York 1989, pp. 217-240.
8 A questo riguardo, illuminante fu l'opera svolta, soprattutto nel decennio successi
vo alla fine della Seconda Guerra Mondale, da Maruyama Masao, uno dei pi? influenti
intellettuali giapponesi e fondatore di una delle principali scuole di scienza della politica
in Giappone. La sua raccolta di saggi e conferenze dal titolo Gendai seiji no shis? to k?d?
(2 voll., T?ky? 1956-57) ? stata parzialmente tradotta in inglese a cura di Ivan Morris (Tought
and Behaviour in Modem Japanese Politics, London 1963) e recentemente in italiano con
il titolo, un po' fuorviante, Le radici dell'espansionismo. Ideologie del Giappone moderno,
nella collana Cosmopolis delle Edizioni della Fondazione Giovanni Agnelli, Torino 1990.
Un altro studioso di rilievo in questo contesto ? Ishida Takeshi, di cui segnaliamo Kindai
Nihon seiji k?z? no kenky? (Studi sulla struttura politica del Giappone), T?ky? 1956.
9 Eguchi Keiichi, ? Nihon teikokushugi to Mansh? mondai ? (Imperialismo giappo
nese e questione mancese), in Iwanami K?za: Sekai rekishi, vol. XXVII, Gendai 4, T?ky?
1971, pp. 210-41; Suzuki Takashi, ? Senjika no shokuminchi ? (Le colonie durante il pe
riodo bellico), in Iwanami K?za: Nihon rekishi, 21, Kindai 8,, T?ky? 1977, pp. 213-64.

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di potenze dell'Occidente, ed aggressivit? verso i deboli paesi asiatici) da


una parte e il processo interno di costante militarizzazione e di fascistizza
zione dall'altra. In breve, l'aggressione ? imperialistica ? del Giappone viene
vista come un tentativo di trovare una soluzione alle ? contraddizioni ? in
terne che, lungi dall'essere risolte, furono aggravate dalla lunga guerra che
ne deriv?, con la conseguenza che venne spianata la strada del Giappone
verso il fascismo.
La seconda tendenza revisionistica ? rappresentata dal tentativo di rie
laborazione teorica del concetto stesso di Tenn? nei suoi rapporti con lo
Stato, tentativo intrapreso tra gli anni '70 e '80 da alcuni storici marxisti.
In particolare, Nakamura Masanori ha cercato di chiarire la cosiddetta
? struttura propria del tennoismo ? staccandola in qualche modo dalla teo
ria dello stato. A tal fine egli ha introdotto la distinzione tra ? tipo di sta
to ? (il carattere di classe dello stato) e ? forma di stato ? (vale a dire, la
struttura dello stato)10. Secondo Nakamura, la morfologia dello stato non
pu? essere definita solamente dal carattere di classe (rapporti di produzio
ne), ma sarebbe condizionata da una molteplicit? di fattori: oltre ai rap
porti sociali ed alla lotta di classe, il livello di cultura (compreso l'ethos)
e i moventi internazionali. Questi quattro fattori, ed in particolare l'ulti
mo, sarebbero stati operanti anche nel processo di formazione del costitu
zionalismo Meiji, la cui intelaiatura fondamentale sarebbe, appunto, la forma
tennoistica di stato. Nonostante questo ed altri lodevoli tentativi di riela
borazione teorica, rimane incontrovertibile il fatto che, come sottolineato
da Toriumi, si modifica solo di poco la tradizionale interpretazione fonda
mentalmente ? assolutistica ? del costituzionalismo Meiji, anche se pi? che
in passato si tende a riconoscere la complessit? e, soprattutto, ? l'elastici
t? ? [y?ts?-muge) del costituzionalismo Meiji11.
In realt?, i contributi storiografici pi? innovativi non derivano tanto
da rielaborazioni teoriche, ma vanno collegati ad un radicale riesame, fat

10 Nakamura Masanori, ? Kindai Tenn?sei kokkaron ? (Statalismo e tenn?sei nel


l'et? moderna), nella collezione Taikei Nihon kokka-shi, vol. IV, (Kindai 1), Tokyo 1975;
Idem, ? Tenn?sei kokka to chih?-shihai ? (Stato del tenn?sei e dominio locale), nella K?za
Nihon rekishi, vol. Vili (Kindai 2), Tokyo 1985. Dello stesso autore, si segnala il recente
studio sul sistema del Tenn? in questo dopoguerra, Sengo-shi to sh?ch? tenn? (Storia del
dopoguerra e Tenn?-simbolo), T?ky? 1992; e, in inglese, The Japanese Monarchy - Ambas
sador Joseph Grew and the Making of the ? Symbol Emperor System ?, 1931-1991, New York
1992 (traduzione dal giapponese Sh?ch? tenn?sei e no michi, T?ky? 1989).
11 Cfr. Toriumi Yasushi, Nihon kindai-shi k?gi - Meiji nkkensei no keisei to sono
rinen (Lezioni di storia moderna del Giappone - La formazione del costituzionalismo Meiji
e la sua dottrina), T?ky? 1988, p. 263.

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La Costituzione Meiji 11

to sulla base di approfondite ricerche empiriche, sia della cosiddetta ? de


mocrazia Taish? ? (il periodo in cui, a partire grosso modo dalla Prima Guer
ra Mondiale, prevalse il liberalismo ed un sistema di governo partitico) sia
del ? fascismo giapponese ?. Per quanto riguarda il primo fronte, ? d'ob
bligo menzionare le ricerche iniziate da Matsuo Takayoshi12, che hanno
ribaltato l'interpretazione tradizionale secondo cui il movimento liberale
giapponese dell'era Taish? (1912-1926) e degli anni iniziali del periodo Sh?
wa (1926-1989) sarebbe stato schiacciato dalle forze del fascismo. Al con
trario, le opere pi? recenti sollevano semmai il quesito se le premesse del
? baratro oscuro ? (kurai tanimd) degli anni Trenta non fossero gi? in nuce
nella stessa ? democrazia Taish? ?. Per il secondo periodo, analogamente,
dettagliati studi condotti da diverse angolazioni accentuano pi? le conti
nuit? che le discontinuit? tra gli anni Venti e gli anni Trenta. In effetti,
secondo eminenti specialisti sia giapponesi (come Ito Takashi)13 sia occi
dentali (come Gordon M. Berger)14, non sarebbe corretto parlare di fa
scismo (e secondo taluni nemmeno di ? totalitarismo ?) per definire
l'esperienza giapponese.
Interpretazioni ? negative ? della Costituzione Meiji (e dell'intera storia
moderna del Giappone) sono state dominanti anche tra gli studiosi occi
dentali, a cominciare da Me Laren e Norman (quest'ultimo direttamente
influenzato dal dibattito tra la r?n? e I? k za)15. Per la maggior parte di

12 Matsuo Takayoshi, Taish demokurasht (Democrazia Taish?), Tokyo 1974. Sull'ar


gomento, cfr. P. Duus, Party Rivalry and Political Change in Taish? Japan, Cambridge (Mass.)
1968; J. Morley, Dilemmas of Growth in Prewar Japan, Princeton 1971; B.S. Silberman
e H.D. Harootunian (a cura di), Japan in Crisis: Essays in Taish? Democracy, Princeton 1974.
Per un succinto esame dei punti pi? controversi, si veda la parte terza del volume Japan
Examined. Perspectives on Modern Japanese History, a cura di H. Wrai e H. Conroy, Hono
lulu 1983.
13 It? Takashi, ? Sh?wa seiji-kenky? e no isshi-kaku ? (Uno sguardo agli studi di storia
politica del periodo Sh?wa), Shis?, . 624, giugno 1976, pp. 946-962.
14 Gordon M. Berger, Parties Out of Power in Japan 1931-1941, Princeton 1977; cfr.
recensione di A. Valota, ? Gaikoku ni okeru Nihon fashizumu kenky? ? (Gli studi sul fa
scismo giapponese all'estero), Rekishigakukenky?, . 453, febbraio 1978, pp. 10-16. Dello
stesso Berger, cfr. ? Politics and Mobilitation in Japan, 1931-1945 ?, in The Cambridge Hi
story of Japan, Volume 6 The Twentieth Century, a cura di Peter Duus, Cambridge 1988.
In italiano, cfr. A. Valota, ? Imperialismo e fascismo in Giappone ?, in E. Collotti Pischel
(a cura di), Storia dell'Asia, Firenze 1980; F. Gatti, Il fascismo giapponese, Milano 1983;
il nostro ? Il fascimo giapponese ?, ne II capitalismo giapponese, cit., pp. 233-239.
15 Walter McLaren, A Political History of Japan during the Meiji Era, 1867-1912, Lon
don 1916; E.H. Norman, Japan's Emergence as a Modern State, New York 1940 (traduzione
italiana in La nascita del Giappone moderno - Il ruolo dello stato neUa transizione dal feudale
simo al capitalismo, Torino 1975).

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12 Franco Mazzei

questi studiosi (fra cui figurano nipponisti valorosi come Beckmann, Bis
son, Borton, Scalapino ecc.)16, tale valutazione era in qualche modo una
premessa ? logica ? per spiegare il successivo ? totalitarismo ? o ? fascismo ?
del Giappone (una sorta di fallacia del post hoc). C'? da aggiungere che
questi studiosi, per molti versi pionieristici, nel tentativo di ricercare le
premesse del ? fallimento democratico ? del Giappone prebellico, trovaro
no terreno fertile in una vasta, e beninteso rigorosa, produzione storiogra
fica di valenti ricercatori giapponesi come Osatake Takeki, Suzuki Yasuz?
e ?tsu Junichiro17, tutti per? accomunati, come acconciamente annota
George Akita, da un ? orientamento pessimistico ?18. E appena il caso
d'aggiungere che la tesi dell'? assolutismo del Tenn? ? come modello in
terpretativo del sistema politico giapponese prebellico ha avuto scarso
credito presso non pochi studiosi occidentali non marxisti (da Edwin
O. Reischauer, a Joseph Pittau, a Testuo Najita, a Peter Duus, a Gordon
Berger)19. Al contrario, soprattutto nelle ricerche pi? recenti l'accento ?
stato posto sul ? pluralismo ? di tale sistema, intendendo con questo ter
mine non gi? la competizione fra diverse forze politiche in quanto porta
trici di specifici interessi socio-economici, bens? la frammentazione delle

16 George M. Beckmann, The Making of the Meiji Constitution: The Oligarchs and the
Constitutional Development of Japan: 1868-1891, Lawrence 1957; T.A. Bisson, Japan in China,
New York 1938; Hugh Bort?n, Japan's Modern Century, New York 1955; N. Ike, The Be
ginning of Political Democracy in Japan, Baltimore 1950; Robert A. Scalapino, Democracy
and the Party Movement in Prewar Japan: The Failure of the First Attempt, Berkeley and Los
Angeles 1962.
17 Osatake Takeki, Ishin zengo ni okeru rikken shis? (Il pensiero costituzionale prima
e dopo la Restaurazione Meiji), 2 voli., Tokyo 1929; Idem, Nihon kensei-shi taik? (Linea
menti di storia costituzionale del periodo Meiji), Tokyo 1938-1939. Di Suzuki Yasuz? cfr.
Meiji ishin seiji-shi: Gendai no tanj? (Storia politica della Restaurazione Meiji: La nascita
dell'et? contemporanea), Tokyo 1942; Kenp -seitei to Roesureru (L'emanazione della Co
stituzione e Roesler), Tokyo 1942; e Seit?-ron: Seit to kokuminteki seiji soshiki (Disserta
zione sui partiti politici: I partiti e l'organizzazione politica dei cittadini), Tokyo 1943.
Infine, ?tsu Junichiro, Dai Nihon kensei-shi (Storia costituzionale del Grande Giappone),
voli. 10, Tokyo 1927-1928.
18 George Akita, Foundations of Constitutional Government in Modem Japan
1868-1900, Cambridge (Mass.) 1967, p. 159.
19 E.O. Reischauer e J.K. Fairbank, A History of East Asian Civilization, Boston 1960
(traduzione italiana Stona dell'Asia Orientale, Torino 1974); Joseph Pittau, Political Thought
in Early Meiji Japan: 1868-1889, Cambridge (Mass.) 1967; T. Najita, Ham Kei and the Poli
tics of Compromise, 1905-1915, Cambridge 1974; Idem, Japan, Englewood Cliffs 1974; di
P. Duus si veda, oltre all'introduzione al gi? citato volume da lui curato della Cambridge
History of Japan, ? Whig History, Japanese Style: The Min'y?sha Historians and the Meiji
Restoration ?, Journal of Asian Studies, n. 33, Maggio 1974.

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La Costituzione Meiji 13

?lites in lotta fra loro per il controllo del potere 20. Tuttavia anche in Oc
cidente da pi? parti si continua a persistere in interpretazioni basate sulla
categoria delT? assolutismo ? del Tenn?, soprattutto da parte di studiosi
? impegnati ? ideologicamente, come, per fare qualche esempio, John Hal
liday21 e, pi? recentemente, Antony Woodiwiss22.
Comunque sia, la semplicistica concezione dell'istituto imperiale co
me forza inibente l'evoluzione, con la conseguente riduttiva identificazio
ne del Tenn? a paradigma di tutto ci? che nella societ? nipponica ? retrivo,
reazionario e repressivo, come sostenuto a suo tempo dal Comintern e da
gli esponenti della k?za-ha, ? ancora oggi accettata da buona parte del mondo
accademico, oltre che della sinistra ? militante ? nipponica, ed ? una sorta
di peccato originale di cui finanche dopo il crollo dei regimi comunisti del
l'Europa Orientale, il Partito Comunista Giapponese mostra vistose trac
ce. Significativo ? che esso sia l'unica formazione politica presente nella
Dieta giapponese ad essere dichiaratamente contraria all'istituzione impe
riale, al punto che alla cerimonia di apertura delle sessioni parlamentari,
che iniziano con il rituale messaggio dell'Imperatore, i parlamentari comu
nisti disertano regolarmente l'aula in segno di protesta. Ma questo ? pec
cato d'origine ? non pu? aiutare a spiegare l'intransigente opposizione di
non pochi studiosi non marxisti all'istituto imperiale di oggi, che certamente
non presenta le connotazioni ideologiche del periodo prebellico.
In effetti, la questione del tenn?sei, al di l? dello specifico interesse
storiografico, sembra costituire un problema psicologico, esistenziale si
potrebbe dire, per molti intellettuali giapponesi, anche di formazione non
marxista. Ci si chiede pertanto se non sia nel vero Irokawa quando sugge
risce di considerare la ? questione del tenn? ? come una specie di processo
[trial) storico cui l'intellettuale giapponese deve sottoporsi per ottenere la
propria indipendenza23. Ma indipendenza da che cosa? Per Irokawa, da
un male spirituale che i giapponesi hanno contratto con l'affermarsi del
tennoismo e che nemmeno l'olocausto atomico ha esorcizzato: la mentalit?

20 Tale impostazione della ? modernizzazione ? politica del Giappone, gi? presente


nell'opera di Reischauer e Fairbank sopra citata, ? diffusamente sviluppata in vari contri
buti compresi nel VI Volume della Cambridge History of Japan, cit.
21 J. Halliday, A Political History of Japanese Capitalism, New York 1975 (traduzio
ne italiana Storia del Giappone contemporaneo. La politica del capitalismo giapponese dal 1850
a oggi, Torino 1979).
22 A. Woodiwiss, Law, Labour and Society in Japan. From Repression to Reluctant Re
cognition, London and New York 1992.
23 D. Irokawa, The Culture oftheMeiji Period, Princeton 1985, pp. 310. Si veda pu
re dello stesso autore ? The Subject Mentality ?, Japan Quaterly, XXX-1 (1983), pp. 28-38.

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14 Franco Mazzei

di ? servo-suddito ? che un tempo imped? loro di liberarsi del ? controllo


dello stato ? e che oggi si manifesta in una mansueta sottomissione all'?lite
burocratica. Come psicoterapia per questo male oscuro egli propone la ri
scoperta della cultura genuina del popolo giapponese, prima cio? che fosse
? avvelenata ? dagli oligarchi Meiji allorch?, sul modello europeo, intrapre
sero una forma di modernizzazione da lui giudicata sbagliata. Ma per la mag
gior parte degli intellettuali giapponesi liberal, a chi scrive la risposta appare
di segno diverso: bisogno di liberarsi dal relativismo culturale nipponico,
da taluni peraltro positivamente definito ? eccezionalismo culturale ?, che
ha proprio nel Tenn? il suo paradigma e a cui i giapponesi hanno fatto sem
pre ricorso, in passato come arma difensiva per distinguere e proteggere il
proprio paese dalT? Altro ? (la Cina prima, l'Occidente poi) ed oggi per ? spie
gare ? lo straordinario successo ottenuto dal Giappone in campo economi
co. Ma tale relativismo, di cui peraltro il popolo giapponese nel suo insieme
appare fin troppo consapevole ed anche orgoglioso (si pensi alla vasta lette
ratura sul ? nipponjin-ron ?), ? ritenuto da molti intellettuali troppo angu
sto ed angosciante rispetto agli spazi infiniti ed indefiniti che l'universalismo
occidentale fa intravedere in termini di realizzazione di libert? individuali
e di gratificazione speculativa. Emblematico a questo riguardo ? il gi? ricor
dato Maruyama Masao, significativamente accusato da Irokawa di ? euro
centrismo ?. Quel che pi? colpisce, pur senza scomodare i pensatori
post-modernisti, ? la convergenza di tale atteggiamento degli intellettuali giap
ponesi (o di almeno una larga parte di essi) con quello, antitetico, di molti
intellettuali dell'Europa d'oggi, dove da tempo ormai il relativismo ? larga
mente diffuso in una pluralit? di forme e segnatamente, nel campo del
la speculazione filosofica sempre pi? antimetafisica, nella percezione dei
? limiti ? propri dell'individualismo e della soggettivit? moderna.

2. Premessa metodologica

V'? un'altra causa che a nostro avviso contribuisce alla diffusione ed


alla persistenza di un'interpretazione della Costituzione Meiji tendente ad
enfatizzarne gli elementi illiberali pi? del dovuto. E questa una motivazio
ne pi? metodologica che ideologica, ma strettamente connessa con quanto
abbiamo appena detto: il bisogno di molti storici giapponesi di esaminare
la storia del loro paese facendo un continuo, e quasi sempre angoscioso,
raffronto con il mondo occidentale da cui ricavare giudizi di valore. Si tratta
anche in questo caso di un approccio ? universalistico ? che di per s? ?
apprezzabile, soprattutto se si tiene presente che, come s'? detto, il siste

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La Costituzione Meiji 15

ma di valori predominante in Giappone tende a privilegiare atteggiamenti


di tipo ? particolaristico ?, per cui la storia del Giappone ? vista come iso
lata ? ed m ogni caso ? diversa ? ? da quella del resto del mondo24.
Quel che lascia stupefatti non ? l'approccio in s?, ma le scelte che ven
gono proposte per le comparazioni. E ovvio che se si paragona la Costitu
zione Meiji a quella inglese o a quella francese, prodotte da esperienze e
realt? storiche del tutto diverse, il giudizio, frutto anche se non esplicito
della comparazione, non pu? che essere ? negativo ? per quanto concerne
il grado di ? democraticit? ? e soprattutto di salvaguardia dei diritti dei
cittadini. Una diversa, e di certo pi? utile dal punto di vista euristico, va
lutazione comparativa su questi due aspetti si darebbe se, poniamo, si con
fronta la Costituzione Meiji anche con analoghi statuti ottriati dell'Europa
del secolo scorso 25. Talvolta ? la genericit? o la meccanicit? con cui le com
parazioni vengono fatte che lasciano perplessi. Ad esempio, per quanto ri
guarda la struttura istituzionale del regime Meiji, in genere si tende ad
accostare la Costituzione Meiji a quella prussiana, sulla quale effettivamente
caddero le preferenze dei suoi estensori. Ma se tale accostamento non vie
ne qualificato, esso pu? portare facilmente a gravi distorsioni storiche. In
realt?, il Tenn?, per il ruolo assegnatogli dalla Costituzione e soprattutto
per quello effettivamente svolto, non pu? affatto essere paragonato al
Kaiser, n? tantomeno il Primo Ministro nipponico al Cancelliere del Reich.
Come si vedr?, per taluni aspetti, e nient'affatto marginali come l'articola
zione tra i vari organi dello Stato e quindi il funzionamento del meccani
smo costituzionale nel suo insieme, la Costituzione Meiji era semmai pi?
vicina a quella degli Stati Uniti.
Identico atteggiamento ? negativo ? ritroviamo, del resto, presso non
pochi storici dell'economia del Giappone moderno. L'interpretazione del
la Costituzione Meiji riportata all'inizio fa coppia, infatti, con l'accusa ri
volta da molti studiosi giapponesi all'oligarchia Meiji di aver cercato di
risolvere la contraddizione strutturale del capitalismo nipponico (eccesso

24 Significativamente, i programmi delle scuole medie superiori giapponesi prevedo


no due corsi di storia nettamente distinti: la storia del Giappone e la storia del Mondo.
25 Naturalmente non mancano le eccezioni, fra le quali Toriumi, op. cit. ed il gi? ri
cordato Nakamura Masanori che fa un breve confronto con lo Statuto Albertino (cfr. Kei
zai hatten to minshushugi [Sviluppo economico e democrazia], T?kyo 1993, p. 44). Per la
comparazione di taluni aspetti politici tra Italia post-risorgimentale e il Giappone Meiji,
si veda il volume (bilingue) Lo Stato liberale italiano e et? Meiji, Atti del I Convegno Italo
Giapponese di studi storici (Roma, 23-27 settembre 1985), pubblicato a cura dell'Istituto
per la Storia del Risorgimento Italiano, Roma 1987 (si segnalano i contributi di J. Banno,
Y. Baba, F. Fujisawa e di Sh. Murakami).

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16 Franco Mazzei

della produzione rispetto alla domanda interna), apparsa fin dalla prima
fase del consolidamento del capitale industriale nell'ultimo decennio del
secolo scorso/ricorrendo ad un duro sfruttamento della forza-lavoro all'in
terno e all'aggressione imperialistica all'esterno. Secondo questi studiosi,
i governi Meiji avrebbero dovuto invece perseguire una politica di amplia
mento della domanda interna e di distribuzione dei redditi anche attraver
so l'effettivo funzionamento del meccanismo dei prezzi26.
C'? da chiedersi come l'oligarchia Meiji, che detenne saldamente il
potere dopo la Restaurazione, realisticamente avrebbe potuto seguire la via
dell'allargamento della domanda interna, date le oggettive condizioni socio
economiche del Giappone da una parte e i pesanti condizionamenti posti
dalle potenze occidentali dall'altra. L'alternativa pi? plausibile alla linea
decisa dall'oligarchia Meiji era la semicolonizzazione dell'arcipelago, cos?
come era avvenuto per la Cina. Tale era, comunque sia, la convinzione de
gli oligarchi, il cui programma era riassunto nello slogan ? fukoku ky?hei ?,
letteralmente ? paese ricco ed esercito forte ?, vale a dire una rapida indu
strializzazione finalizzata a mettere il paese militarmente in grado d'otte
nere la parit? con le potenze occidentali. In tale contesto, l'obiettivo primario
era la revoca dei ? trattati ineguali ? imposti al Giappone, come ad altri
paesi asiatici, obiettivo fondamentalmente condiviso anche da coloro che
erano all'opposizione. Il dissidio tra i detentori del potere e gli oppositori
non verteva tanto sul programma quanto su come realizzarlo e, soprattut
to, su chi doveva gestirlo.
Gli oligarchi vedevano nella centralizzazione del potere e nella crea
zione di un governo costituzionale e, pi? in generale, di un ordinamento
giuridico in qualche modo modellati su quelli occidentali i prerequisiti in
dispensabili per ottenere la revisione dei trattati ineguali. Per quanto con
cerne la struttura politica interna, essa doveva mirare in primo luogo a
salvaguardare le cosiddette ? prerogative imperiali ? (taiken) e, pi? in ge
nerale, i valori della Restaurazione impedendo l'emergere di una forza che,
come il vecchio bakufu, potesse costituire una minaccia per il potere impe
riale solo da poco tempo restaurato. Come noto, il processo che port?
alla Restaurazione ebbe come base la dottrina del ? sonn -j i ? (? riverire
l'Imperatore - cacciare i barbari ?), ma si svilupp? senza il sostegno di una
diffusa mobilitazione sociale. Le motivazioni che guidarono i samurai re

26 Cfr. F. Mazzei, ? La specificit? della transizione giapponese ?, in M. Dobb, R. Hil


ton, E. Hosbawm, A. Mackaz, F. Mazzei, J. Merrington, A. Soboul e I. Wallerstein, Dal
feudalesimo al capitalismo, Napoli 1986, p. 107 e segg.; Idem, ? Restaurazione imperiale
e Riforme Meiji ? in La Storia, diretta da N. Tranfaglia e M. Firpo, vol. Vili, Torino 1986.

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La Costituzione Meiji 17

staurazionisti non vanno ricercate nella coscienza di classe o nel malcon


tento contadino e/o urbano come sostenuto da alcuni storici, bens? nella
solidariet? di gruppo basata sullo han (il dominio feudale governato da un
daimyo) da una parte, e nel senso di crisi provocato dalla minaccia occi
dentale dall'altra. Nella situazione di ? squilibrio ? (nell'accezione usata da
Chalmer Johnson)27 provocata dall'arrivo degli occidentali dopo due se
coli e mezzo circa di ? chiusura del paese ? {sakoku), l'unica forza che si
rivel? efficacemente organizzata fu lo han, per cui la motivazione profon
da dei giovani samurai dei singoli feudi impegnati nella lotta politica era
la conquista del potere, il suo rafforzamento o la sua spartizione. La socie
t? giapponese era troppo divisa politicamente perch? un problema di stra
tegia non condizionasse i comportamenti dei leaders, ma nello stesso tempo
era troppo coesa culturalmente per lasciar spazio a disaccordi ideologici ri
levanti di fronte alla ? sfida ? occidentale. In breve, la Restaurazione Mei
ji fu realizzata senza un diffuso supporto popolare (? rivoluzione dall'alto ?)
e sotto la spinta di due forze politiche potenzialmente contrapposte: una
disgregante e limitata negli scopi (fazionalismo localistico degli han), e l'al
tra unificante ed avente come obiettivo l'accettazione della sfida occiden
tale (nazionalismo).
All'oligarchia Meiji si poneva il difficile compito di legittimare il nuo
vo ordine, problema che devono affrontare tutte le ?lites che gestiscono
radicali cambiamenti socio-economici di vasta portata senza avere il soste
gno di una diffusa mobilitazione sociale. In tali casi, se non si vuole ricor
rere all'uso generalizzato della forza, il processo di legittimizzazione non
pu? non implicare la ? formalizzazione ? o ? ritualizzazione ? di un parti
colare sistema di valori e di istituzioni. Abbandonata pragmatisticamente
la seconda parte dello slogan restaurazionista (? cacciare i barbari ?), sem
plicemente perch? inattuabile, e consolidato il proprio potere (ovviamen
te, a danno degli han pi? deboli), i leaders Meiji puntarono tutto, dal punto
di vista ideologico, al rilancio su vasta scala della tradizione tennoistica.
Ed anche questa era una scelta obbligata, giacch? il tennoismo costituiva
la base dell'unica forza efficacemente aggregante, il nazionalismo. In ef
fetti, tale tradizione, che almeno in parte fu ? reinventata ? ad hoc 28, fu
usata strumentalmente come canale in cui convogliare il massimo delle ener

27 Chalmer Johnson, Revolution and the Social System, Stanford (Ca.) 1964.
28 Cfr. C. Gluck, op. cit.; St.S. Large, Emperor Hirohito and Sh?wa Japan - A Politi
cal Biography, London 1992, che a parere di chi scrive ? la migliore biografia dell'Imperato
re Sh?wa fra le tante apparse in occasione della fine del suo lungo regno. Si veda anche,
nota 80.

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18 Franco Mazzei

gie (e dei consensi) della nazione al fine di realizzare nel pi? breve tempo
possibile il necessario rinnovamento delle strutture politiche, sociali ed eco
nomiche del Paese. Per realizzare questo ambizioso programma si fece
ricorso alla formula ? wakon-y?sai ? (spirito giapponese e conoscenze occi
dentali): combinazione, e conseguente reciproco adattamento, di tecnolo
gia dell'Occidente e di valori della tradizione nazionale. In questo modo,
si ? tradizionalizzava ? il nuovo e, more nipponico, si de-radicalizzava il cam
biamento29.
Certamente ? vero che gli oligarchi nella costruzione del nuovo siste
ma costituzionale cercarono di salvaguardare anche il proprio potere dalla
minaccia di altri uomini e gruppi da loro ritenuti pericolosi per la stabilit?
del nuovo ordine, oltre che meno ? adatti ? a gestire il programma di cui
s'? detto sopra (sotto questo aspetto, essi erano influenzati oltre che dal
fazionalismo localistico anche dalla concezione elitaria che avevano eredi
tato dal confucianesimo Tokugawa). Ma erano parimenti convinti che
l'adozione d'istituzioni rappresentative era un passaggio obbligato anche
per rendere il sistema politico pi? stabile, in quanto, venendo parzialmen
te incontro alle richieste dell'opposizione (organizzata in partiti politici detti
minto, ? partiti del popolo ?, per distinguerli dalle formazioni politiche or
ganizzate dalle forze governative) si sarebbe fornita una valvola di sfogo
nell'arena parlamentare al malcontento che in tal modo veniva istituziona
lizzato. Dal canto loro, i leaders dell'opposizione, che erano, come s'? det
to, concordi nell'individuare come obiettivo politico immediato la revisione
dei trattati e che anzi sfruttarono in tutti i modi i sentimenti nazionalistici
nella loro lotta contro l'oligarchia, vedevano nelle istituzioni parlamenta
ri, oltre che uno strumento necessario per una pi? ampia partecipazione
politica, un'efficace arma per combattere il predominio del gruppo al pote
re. In altre parole, i capi dei partiti, anch'essi d'origine samuraica, condi
videvano con gli oligarchi sia la concezione f azionalistica della lotta politica
sia il nazionalismo. Pertanto, pur essendo quanto meno tiepidi sui valori
del restaurazionismo per ovvie ragioni di contrasto politico, erano anch'essi
pressoch? tutti favorevoli al rilancio dell'istituzione imperiale.
Inquadrata nel pi? ampio processo della modernizzazione del paese,
la Costituzione Meiji pu? esser vista, quindi, come un duplice tentativo:
dal punto di vista politico, trovare una soluzione istituzionale ai contrasti

29 Mazzei, op. cit. Sulle differenze tra la formula giapponese wakon-y?sai e quella ana
loga cinese chung-hsiieh wei-ti, hsi-hs?eh wei-yung (applicare la tecnologia occidentale nella
struttura dell'essenza cinese), cfr. Kuo-hui Tai, ? Confucianism and Japanese Moderniza
tion: A Study of Shibusawa Eiichi ?, in Hung-chao Tai (a cura di), Confucianism and Eco
nomic Development ? An Oriental Alternative, Washington 1989, p. 81 e segg.

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La Costituzione Meiji 19

tra i detentori del potere (oligarchia) e le forze di opposizione {Headers dei


partiti); dal punto di vista ideologico-concettuale, amalgamare la tradizio
nale concezione della sovranit?, che vedeva il Tenn? come fonte di legitti
mazione dell'esercizio del potere e di strumento d'identificazione e di
coesione nazionale (anzich? come effettivo titolare dell'autori? secolare),
con le teorie costituzionali del Reichstaat a quel tempo prevalenti in Ger
mania e note in Giappone come teorie organicistiche dello Stato30. La
Costituzione non risolse le contraddizioni di fondo, ma con tutte le sue
ambiguit?, anzi proprio grazie a queste e alle ragioni su cui ora ci sofferme
remo, essa si rivel? sufficientemente ? elastica ?31 da lasciare aperto un
ampio ventaglio di possibili soluzioni a seconda del diverso equilibrio che
di volta in volta si veniva a creare tra le principali forze politiche in cam
po: oligarchia, partiti e, successivamente, gruppo militare.
Paolo Biscaretti di Ruffia a proposito dello Statuto Albertino ha rile
vato che ? sarebbe errato dare soverchio peso alla sua lettera scritta ? 32.
Questo ammonimento ? ancor pi? valido per la Costituzione Meiji, anche
perch? in Giappone la distinzione tra aspetti esteriori (formali) ed aspetti
profondi (sostanziali) ? in qualche modo istituzionalizzata nella nota dico
tomia antropologica tatemae?bonne, che ? analogamente all'altra coppia
omote/ura (letteralmente ? la facciata/il retro ?) ? condiziona i compor
tamenti dei singoli e dei gruppi. E stato pi? volte detto che solo uno sprov
veduto od uno ? straniero ? (nell'accezione di ? culturalmente estraneo ?)
pu? aspettarsi che quello che un giapponese dice o fa in pubblico [tatemae)
coincida con le sue ? reali intenzioni ? [bonne). La dualit? di siffatto com
portamento, che secondo la nostra tradizione culturale va giudicato falso
o ipocrita, sarebbe giustificata dalla necessit? di evitare che valutazioni ed
atti basati su motivazioni individualistiche possano generare conflittuali

30 Sull'influenza del pensiero giuridico tedesco, pu? essere utile S. An, ? Meiji shoki
ni okeru Doitsu kokk? shis? no juy? ni kansuru ichi k?satsu - Burunchuri to Kat? Hiroyuki
wo ch?shin to shite ? (Una considerazione sull'importanza della teoria dello Stato tedesco
nel primo periodo dell'era Meiji - In particolare l'influenza di Bluntschli su Kat? Hiroyu
ki), in Nihon seijigakkai nenp?, 1975: Nihon ni okeru Sei-? seiji-shis? (Annuario dell'Asso
ciazione di Politologia del Giappone, 1975: Il pensiero politico occidentale in Giappone),
T?ky? 1976.
31 Ancor pi? che per lo Statuto Albertino, per la Costituzione Meiji si pu? ben par
lare di ? elasticit? ? nel senso che questa permise interpretazioni sostanzialmente diverse
senza dover ricorrere a modifiche costituzionali, rese peraltro estremamente complesse dal
fatto che essa ? a differenza del nostro Statuto ? non era ?flessibile ?. Cfr. L. Rossi,
? La elasticit? dello Statuto Italiano ?, in Scritti giuridici in onore di Santi Romano, vol. I,
Milano 1940.
32 Cfr. Enciclopedia del diritto, vol. XLIII, Varese 1990, s.v. ? Statuto Albertino ?.

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20 Franco Mazzei

t?, minando l'armonia delle relazioni interpersonali e la solidariet? del grup


po, armonia e solidariet? che la societ? giapponese ha tradizionalmente pri
vilegiato rispetto ai valori del singolo. Detto in altre parole, in Giappone
nella decodifica dell'interazione opera un doppio codice interpretativo in
base al quale la discrepanza tra il livello tatemae e il livello bonne ? vista
come frutto, eticamente apprezzabile, dello sforzo dell'individuo di privi
legiare gli interessi generali del gruppo, sacrificando l'esplicitazione (con
siderata di per s? banalizzante) delle proprie emozioni e, pi? in generale,
l'affermazione del proprio io.
Del resto, questa conformistica e generalizzata tendenza all'? inespres
so ? (cio? a celare, a controllare, a mascherare) ? una delle caratteristiche
della cultura nipponica nel suo insieme: si pensi all'allusivit? della lingua
giapponese (secondo San Francesco Saverio, inventata dal Maligno proprio
per impedire che il giapponese ? comunichi ? con gli ? altri ?), come pure
alla preponderante rilevanza della pausa nella musica tradizionale e del vuoto
nell'architettura. Ne consegue che in Giappone una ? persona ? quando
interagisce deve necessariamente indossare una ? maschera ?, con una sor
ta di naturale dissociazione tra il s?-individuo e il s?-membro del gruppo.
Non pu? non sorprendere a questo punto la correlazione tra questo tipo
di personalit? duale e il termine latino di ? persona ? nel significato origi
nario di ? maschera teatrale ? e quindi di ? personaggio ?. Certamente, in
ogni societ?, ed in ogni epoca la recita sul palcoscenico della vita impone
a tutti un minimo di truccatura: per rimanere nel campo allegorico del tea
tro, Edoardo De Filippo, che (come Pirandello) era all'angosciosa ricerca
della propria identit? nel rapporto tra individuo e societ? (ovvero nell'infi
nito gioco di apparenze), amava ripetere, si dice, l'adagio napoletano: ? quan
do uno esce di casa s'ha da mettere il vestito dei fessi ?. A parte il diverso
grado di costrizione sociale implicato, il ? mascheramento ? del tatemae e
? il travestimento ? di Edoardo hanno una valutazione etica opposta: posi
tiva nel primo caso, negativa nel secondo. Pur senza esagerare il valore eu
ristico di analisi antropologico-sociali di questo tipo, come tendono a fare
in maniera esasperante i sostenitori delP? eccezionalismo culturale ? (co
me Nakane Chie e Doi Takeo per citare due studiosi rappresentativi di
tale corrente, le cui opere pi? note sono state tradotte recentemente anche
in italiano), non si pu? ignorare che siffatto dualismo in Giappone ? effet
tivamente operante nei rapporti non solo interpersonali ma anche tra gruppi.
Ci siamo soffermati su questo problema particolare per sottolineare che
anche la Costituzione Meiji ? soggetta ad una doppia decodificazione. C'?
da aggiungere che in questo caso specifico la divergenza tra la lettura tate
mae e la lettura bonne del testo ? accentuata dal fatto che questo fu compi

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La Costituzione Meiji 21

lato in modo da ? impressionare ? favorevolmente le potenze occidentali.


Il non aver tenuto nel dovuto conto questo duplice modo di leggere la Co
stituzione Meiji, limitando Tesarne agli aspetti formali della lettera scritta,
a nostro avviso ? un'ulteriore causa che ha portato molti studiosi a darne
un'interpretazione parziale e, a seconda delle rispettive aspettative politi
che, una valutazione o eccessivamente pessimistica, come abbiamo visto
nelle pagine precedenti, o troppo ottimistica, come vedremo tra poco.
Quel che ora preme rilevare ? che il testo della Costituzione Meiji nella
sua intelaiatura generale, nell'imponente elenco dei poteri attribuiti al Termo,
nella formulazione stessa delle disposizioni e soprattutto per quanto con
cerneva il cruciale problema dei rapporti tra il potere esecutivo e quello
legislativo non si differenziava gran che dalle costituzioni ottriate europee
dell'Ottocento. Si comprende pertanto come studiosi occidentali come H.
Spencer33 e W. Holmes abbiano dato su di essa giudizi positivi, ottimi
sticamente convinti che, come avvenuto con altre analoghe costituzioni,
con l'istituzione di un'assemblea parlamentare elettiva il governo non avreb
be potuto a lungo ignorare i partiti politici.
E oltre gli scopi di questo saggio introduttivo alla storia del costi
tuzionalismo giapponese esaminare in concreto l'evoluzione del sistema
politico-istituzionale nel periodo di pi? di mezzo secolo di applicazione della
Costituzione Meiji, vale a dire ci? che i costituzionalisti chiamano rispon
denza tra costituzione formale, disegnata dai costituenti, e costituzione
sostanziale, affermatasi nel corso della sua effettiva applicazione (che ? que
stione del tutto diversa dalla dicotomia tatemae/honne). In questa sede
sar? sufficiente dire che ? ^possibile distinguere tre diverse fasi caratteriz
zate da una diversa interpretazione della Costituzione e da uno specifico
sistema di potere. La prima fase, dall'entrata in vigore della Costituzione
(1890) alla fine dell'era Meiji (1912), fu caratterizzata da una forma di ese
cutivo ? trascendente ? (secondo la terminologia usata dai politici e dai co
stituzionalisti del tempo) o ? burocratico ? (come preferiscono definirla oggi
gli studiosi giapponesi): un gabinetto responsabile nei confronti del Tenn?
e non della Dieta. La seconda fase, che si esaurisce nel 1931, ? il periodo
della cosiddetta ? democrazia Taish? ?: con l'affermarsi di una interpreta
zione ? liberale ? della Costituzione Meiji, si ebbe un modello di gabinetto
? dualistico ? (soggetto alla doppia fiducia del Tenn? e della Dieta), cio?

33 Spencer apprezzava la Costituzione Meiji anche perch? ? non arrecava violenza alle
tradizioni ed alla storia di una razza cosi antica ?. Cfr. Kaneko Kentar?, ? The Magna Charta
of Japan ?, in Century Magazine, vol. 68, luglio 1904. Analoghe osservazioni da parte di
giapponesi sono riportate diffusamente da Akita, op. cit.

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22 Franco Mazzei

un governo sostanzialmente partitico fondato su un rozzo parlamentari


smo. Infine la terza fase, conclusasi con la resa incondizionata del Giap
pone alle Potenze Alleate (1945), in cui si ebbe il ripristino di governi
? trascendenti ? con connotazioni non pi? solo burocratiche, ma burocratico
militari colorite fortemente di totalitarismo.
Nelle pagine che seguono, dopo aver accennato al processo che port?
alla promulgazione della Costituzione ed aver fatto un'analisi formale (ta
tema?) del testo, cercheremo di individuare i complessi meccanismi divisa
ti ma non esplicati dagli estensori che di fatto permisero al Tenn?, nono
stante l'enorme potere che gli era nominalmente attribuito, di essere non
solo ? irresponsabile ? dal punto di vista giuridico ma anche politicamente
? inattivo ?, indipendentemente dal modello di Gabinetto di volta in volta
operante34.

3. Le premesse fattuali

La caratteristica saliente che emerge esaminando la storia dell'istituto


imperiale nipponico ? la preminenza del ruolo sacerdotale o shamanico del
sovrano rispetto all'effettivo esercizio dei poteri di governo. C'? sostan
ziale accordo tra gli studiosi che tale ruolo ? essenzialmente una funzione
ritualistica di mediazione tra kami (le divinit? delle credenze animistiche
etniche note come shintoismo) e terra ? abbia costantemente oscurato,
salvo rari casi, quello propriamente politico35. Proprio per questa sua fun

34 II fatto che il Tenn? fosse politicamente inattivo non significa che fosse anche privo
di ? influenza ? politica, cio? della capacit? di condizionare il processo decisionale. A ci?
si aggiunga che ben noti sono alcuni interventi politici ? personali ? dell'Imperatore Sh?
wa, rivelatisi peraltro decisivi per le sorti del Giappone in almeno due casi: la ? rivolta dei
giovani ufficiali ? del 26 febbraio 1936 e l'accettazione delle condizioni poste dagli Alleati
con la Dichiarazione di Potsdam del 1945. Tali temi saranno trattati in sede di analisi sto
rica del costituzionalismo nipponico.
35 Per questo breve excursus sull'evoluzione storica dell'istituto del Tenn? ci siamo
basati su H. Webb, The Japanese Imperial Institution in the Tokugawa Period, New York
1968; David M. Earl, Emperor and Nation in Japan: Political Thinkers in the Tokugawa
Period, 1974; Ishii Ry?suke, Tenn?, T?ky? 1950; Inoue Kiyoshi, Tenn?sei (Il sistema del
Tenn?), T?ky? 1953; Watsuji Tetsur?, Sonn shis? to sono dento (Il pensiero del sonno e
la sua tradizione), T?kyo 1943. In italiano, cfr. D. De Palma, limolo dell'Imperatore nelk
storia del Giappone, Tesi di dottorato di Ricerca, Cagliari 1990.
Sul carattere simbolico del sovrano, cfr. K. Mori, ? The Emperor of Japan: A Histori
cal Study in Religious Symbolism ?Japanese Journal of Religious Studies, vol. 6 n. 4, 1979;
e P. Nosco ? Priest, Shaman, King ?, nella stessa rivista, vol. 17 nn. 2 e 3; P. Villani, Lo
shintoismo. Variazioni su temi linguistico-religiosi, Napoli 1990.

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La Costituzione Meiji 23

zione ritualistica d'intercessione presso i kami, fin dall'antichit? si ? ritenu


to inappropriato che il sovrano s'occupasse anche degli affari secolari del
governo, che pertanto venivano ? delegati ?. Del resto, il sovrano stesso era
considerato un akitsurnigami, un ? kamt vivente, manifesto ?, in virt? della
sua mitica discendenza da Amaterasu Omikami, la Dea Solare al vertice del
pantheon shintoistico, che avrebbe concesso i tre simboli dell'autorit? im
periale (la spada, lo specchio e la collana di gioielli ricurvi) al nipote Ninigi
no Mikoto prima che questi discendesse sull'arcipelago nipponico36.
Al di l? degli scarsi ed ambigui dati ricavabili dai cicli mitologici, sto
ricamente poco sappiamo delle origini dell'istituto imperiale. Non si pu?
escludere, ma non ? stata soddisfacentemente provata, la teoria secondo
cui le sue origini sarebbero collegate all'invasione dell'arcipelago, verso la
fine del IV secolo e l'inizio del V, da parte di un popolo di cavalieri prove
niente dal continente e portatore della cultura dei grandi tumuli noti come
kofun31. Queste tombe monumentali (talune, come quella dell'Imperato
re Nintoku vicino a Osaka, pi? grandi delle piramidi egizie), considerate
tra le pi? antiche testimonianze materiali associate con l'istituto imperia
le, indubbiamente rivelano l'esercizio di effettivo potere politico. Tutta
via, le prime prove documentarie realmente attendibili sulla dinastia Yamato
sono posteriori di circa un secolo e ci rivelano l'istituto imperiale gi? in
quadrato in quel modello che doveva persistere lungo la maggior parte del
la sua storia: un sovrano con accentuate connotazioni sacrali avente come
funzione politica essenziale la legittimazione del potere secolare, il cui eser
cizio era di norma delegato.
Fu con la graduale adozione delle istituzioni cinesi dei Sui prima e
dei T'ang poi, e la conseguente creazione di uno stato centralizzato e buro
cratico basato sul sistema ritsury , che i sovrani giapponesi furono contem
poraneamente alti sacerdoti shintoisti (oltre che grandi ? protettori ? del
Buddhismo) e capi effettivi del governo. Con il declino del sistema ritsury?

36 Dal punto di vista del cerimoniale, in Giappone l'ascesa al trono di un sovrano ?


stata sempre rappresentata, come avvenuto in occasione dell'intronizzazione dell'attuale
Imperatore Akihito nel 1989, dalla presa di possesso simbolica dei ? tre oggetti sacri ? (san
sh? no shingi o sansh? no shinp?). Cfr. Felicia G. Bock, ? The Great Feast of Enthrone
ment ?, Monumenta Nipponica, vol. 45, . 1, 1990.
37 La nota teoria secondo cui la formazione dello Stato giapponese ? dovuta ad un
popolo di cavalieri (kiba minzoku setsu) fu avanzata Egami Namio per la prima volta nel
1948, e da allora ? stata oggetto di un vasto dibattito. Cfr. N. Egami, ? The Formation
of the People and the Origin of the State in Japan ?, Memoirs of the T?y? Bunko, n. 23,
1964; Gari Ledyard, ? Galloping along with the Horseriders: Looking for the Founders
of Japan ?, Journal of Japanese Studies, 1-2, 1975.

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24 Franco Mazzei

ed il riaffermarsi di una concezione patrimonialistica dello stato, ben presto


si torn? al consueto modello della ? delega ? del potere. Nell'epoca di Heian
(794-1185), la Famiglia Fujiwara, attraverso il duplice istituto della reggen
za (sekkan)38, fin? con il controllare saldamente il governo imperiale. In que
sto stesso contesto va inserita la pratica seguita da numerosi Tenn? dell'epoca
di abdicare e creare una corte parallela {incho)39 in modo da godere di mag
giore libert? d'azione politica.
Questa sorta di ? diffusione ? stratificata del potere attraverso delega
(formale ovvero tacita, spesso imposta dal delegato) presenta un paralleli
smo con quel particolare concetto di propriet? dei beni diffusosi proprio
in quel periodo nell'ambito del sistema sh?en ed espresso con il termine
shiki: non facolt? di godere e disporre di un bene in modo esclusivo, ma
un complesso di diritti separati di godimento su un unico appezzamento di
terra che consentivano a tutti coloro della complessa gerarchia sociale che
avevano rapporti con la produzione (dall'effettivo coltivatore al ? protetto
re ?, che poteva essere un nobile di corte o un potente tempio) di ricevere
una determinata quota del raccolto 40. Del resto la ? diffusione ? dell'auto
rit? (e, conseguentemente, della ? responsabilit? ?) continua ancora oggi,
in Giappone, ad essere una caratteristica del normale processo decisionale 41.
Questo modello di potere delegato divenne ancor pi? complesso,
ed anche pi? formalizzato allorch?, all'inizio del periodo di Kamakura
(1185-1333), il governo imperiale di Kyoto fu affiancato da un governo
militare (bakufu): lo Sh?gun, che occupava il vertice della piramide vassal
latica, riceveva dal Tenn? l'investitura ma a sua volta delegava l'effettivo
potere ad un proprio reggente (shikken), la cui carica rimase per pi? di due
secoli saldo monopolio della famiglia H?j?. Dopo l'effimero tentativo del
l'Imperatore Go-Daigo di restaurare il potere imperiale diretto (la cosid
detta Restaurazione Kenmu del 1333) 42 ed uno scisma dinastico durato
fino al 1392, per il resto del periodo di Muromachi (1333-1568) e nel pe
riodo Azuchi-Momoyama (1568-1600) si ebbero nuovamente due governi,
quello imperiale (senza per? la Corte del Tenn? Abdicatario) e quello sho

38 II sessho era il reggente per un imperatore in et? minore e il kanpaku il reggente


per un imperatore adulto.
39 Sul sistema di governo degli ex imperatori (inset), cit. C. Cameron Hurst III, In
set: Abdicated Sovereigns in the Politics of Late Heian Japan, 1976.
40 F. Mazzei, ? L'istituto del kishin del Giappone antico ?, in Gurur?jamanjarik? - Stu
di in onore di Giuseppe lucci, Istituto Universitario Orientale, Napoli 1974.
41 Idem, ? Sulla indifferenziazione dei ruoli e la diffusione dell'autorit? nelle orga
nizzazioni giapponesi ?, 1/ Giappone, XII (1972).
42 Cfr. P. Varley, Imperial Restoration in Medieval Japan, New York and London 1971.

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La Costituzione Meiji 25

gunale (senza reggente), questa volta entrambi con sede a Kyoto. ConTin
tensificarsi delle rivolte e delle guerre civili, inevitabile fu il declino non
solo del potere shogunale ma anche del Trono Imperiale, che precipit? al
livello pi? basso della sua storia millenaria. Si sa di imperatori per i quali
fu necessario rinviare per mesi i riti funebri e per anni la cerimonia di in
tronizzazione perch? la Corte non disponeva dei fondi necessari.
La riunificazione del paese negli ultimi decenni del XVI secolo ad opera
di Oda Nobunaga, Toyotomi Hideyoshi e Tokugawa Ieyasu contribu? a
risollevare le sorti dell'istituto imperiale. Soprattutto Ieyasu, che ottenne
dal Tenn? il titolo di Shogun e che fiss? la sede del proprio governo a Edo
(l'attuale Tokyo), nella generale ristrutturazione socio-politica del paese par
ticolare attenzione prest? alla Corte, che dot? di rendite ma nello stesso
tempo sottopose a rigidi controlli attraverso la creazione a Kyoto di due
uff ici shogunali (shoshidai e machi-bugyo). In pratica, per quasi tutto il pe
riodo Tokugawa (1600-1868), caratterizzato dal cosiddetto ? feudalismo
centralizzato ? sulla base del sistema bakuhan, il Tenn? e i suoi cortigiani
vissero in un ? isolamento trascendente ? e la Corte imperiale, certamente
meno povera di prima, nella quasi oscurit? politica, ? dimenticata ? dal po
polo. Il Trono continu? a svolgere alcune funzioni politiche importanti,
ed in primo luogo l'investitura del nuovo Sh?gun. Un'altra funzione rile
vante dal punto di vista pratico svolta dalla Corte era la promulgazione
del calendario annuale. Per il resto si trattava di riti religiosi, molti dei quali
? resti di pratiche shamaniche ? collegati con la risicoltura.
Un ruolo ben pi? importante ebbe l'istituto imperiale nel pensiero po
litico di questo periodo, durante il quale si form? il nazionalismo moderno
giapponese, che avrebbe reso poi possibile la Restaurazione Meiji. Uno dei
problemi che in tale contesto si pose al Giappone fu l'atteggiamento da
assumere nei confronti della tradizionale idea della ? centralit? ? della
Cina. Secondo il ? sistema tributario cinese ?, da tempo operante nel
l'Asia Orientale e che in qualche modo corrispondeva alla concezione me
dievale europea della res publica Christiana, il mondo era costituito da un
centro civilizzato (la Cina) ed una periferia ancora ? barbarica ? (in termi
ni di istituzioni e di sistema di valori cinesi) 43. Corollario di tale assunto
universalistico era che l'Imperatore della Cina, in quanto mediatore tra il

43 La questione ? analizzata da Karine Marandjian, ? Some Aspects of the Tokugawa


Outer World?, in I. Neari (a cura di), op. cit., e da R. Toby, op. cit.; si veda pure J.K.
Fairbank, The Chinese World Order. Traditional China1 s Foreign Relations, Cambridge
(Mass.) 1968.

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26 Franco Mazzei

Cielo e la Terra in forza del ? mandato celeste ? (peraltro revocabile in caso


di indegnit? nella conduzione del governo), era il responsabile del manteni
mento dell'ordine mondiale (e non di una singola nazione come nel caso
del sovrano nipponico, la cui legittimit?, come sappiamo, era ascritta e non
acquisitiva). Nel periodo in questione, il Giappone rigett? a livello politico
l'ordine sinocentrico senza particolari difficolt?. Del resto, verso la fine del
XVI secolo c'era stato uno scontro armato tra i due paesi, in occasione delle
spedizioni in Corea di Hideyoshi. Problemi sorsero, invece, a livello intel
lettuale in quanto i letterati Tokugawa (per lo pi? confuciani) da una parte
erano consapevoli del grande debito culturale che il Giappone aveva con
tratto con la Cina e, soprattutto, del carattere essenzialmente sinocentrico
del Confucianesimo, e dall'altra difficilmente potevano continuare ad ac
cettare lo status di ? barbaro ? e comunque tributario per il proprio paese.
Comunque sia il rifiuto del sinocentrismo fu facilitato da due fattori. In
primo luogo, la Cina, con la caduta dei Ming, era governata da una dinastia
? barbarica ? (i mancesi), il che poteva essere interpretato, con una forzatu
ra, come una prova che la Cina aveva perduto il mandato celeste nell'ambito
dell'? ordine mondiale ? e, con una ulteriore forzatura, che tale mandato
era stato trasferito al Giappone. Va ricordato che molti letterati cinesi ? lea
listi verso i Ming ? alla caduta della dinastia si erano trasferiti in Giappone
in una sorta di esilio. In secondo luogo, in Giappone si stava progressiva
mente consolidando un'autopercezione, basata sulla rivitalizzazione della
mitologia tennoistica, che rendeva estremamente difficile il riconoscimento
di un'autorit? ? esterna ? superiore. Semplificando, due furono le soluzioni
principali che a questo problema diedero i pensatori Tokugawa. Alcuni ac
centuarono l'idea della ? centralit? ? del Giappone, che in tal modo diven
tava l'erede della Cina, in pratica sostituendo il sinocentrismo con il
nippocentrismo: Yamaga Sok? (1622-1685) scrisse che il Giappone era il
vero Regno di Mezzo (Ch?goku) essendo superiore alla Cina in tutti i cam
pi 44. Altri studiosi prospettarono una soluzione relativistica, cercando di
sostanziare i caratteri specifici, l'unicit? della cultura giapponese. En pas
sant, ? interessante rilevare che ? proprio qui che affonda le sue radici 1'? ec
cezionalismo culturale ? nipponico cui abbiamo precedentemente accennato.
In relazione all'organizzazione interna, questo movimento di pensie
ro si basava sui seguenti due principi: la pax Tokugawa poggiava sul rispet
to che gli Sh?gun dovevano alla dinastia imperiale, ? coeva con il Cielo
e la Terra ?; il Tenn?, oltre a legittimare il potere politico, imponeva ai
governanti di ? servire il popolo ? secondo i canoni dell'etica politica con

44 Marandjian, op. cit., p. 22.

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La Costituzione Meiji 27

fuciana. Da notare che questo movimento lealista non propugnava affatto


la restaurazione del potere del Trono a danno del bakufu, ma si limitava
ad affermare il primato morale del Tenn?, definito ? simbolo di virt? ?,
incarnazione dell'ordine e della perfezione. Il lealismo si trasform? in ? re
staurazionismo ? solo verso la fine del periodo Tokugawa, allorch? alcuni
pensatori, specie della scuola di Mito e della scuola degli ? Studi naziona
li ? (Kokugaku), cercarono di trovare una soluzione alla crisi politica inter
na (sclerotizzazione del sistema bakuhan) e all'incombente minaccia esterna
(la sfida occidentale), o per dirla con gli storici giapponesi del tempo naiy?
gaikan (anche questa formula usata gi? in Cina per indicare le crisi dinasti
che). In particolare, essi temevano che l'Occidente potesse distruggere il
? corpo della nazione ?, il kokutai, e con esso lo stesso sistema del Tenn?
che ne rappresentava il vertice e nella cui esistenza essi vedevano la garan
zia del perpetuarsi dell'identit? del paese come ? terra dei kami ? [shinko
ku)45. L'arrivo del Commodoro Perry nel 1853 con la perentoria richiesta
di apertura del paese alter? profondamente gli equilibri politici interni met
tendo a nudo le debolezze del bakufu e l'estrema arretratezza istituzionale
rispetto alla vivacit? intellettuale ed alla dinamicit? dei processi economici
in atto nel paese. La risposta fu il movimento del sonn?-j?i, che usato fino
ad allora per indicare la politica ufficiale del Bakufu, fin? con l'assumere
un significato specificamente antishogunale 46.
Un gruppo di giovani samurai, per lo pi? di basso rango, provenienti
soprattutto dai quattro han di Satsuma, Ch?sh?, Tosa e Hizen, dopo poco
meno di un quindicennio di turbolenze, nell'estate del 1867 raggiunsero
un accordo per risolvere la crisi politica interna, che si articolava sui se
guenti tre punti:
? primo, restaurazione del potere imperiale;
? secondo, constatato che aver affidato amministrazione del paese
allo Sh?gun costituiva una ? violazione dell'ordine naturale ?, si riconosce
va la necessit? di abolire il bakufu e di declassare lo Sh?gun al rango di daimy?;
? infine, sulla base della ? teoria del governo assembleare ? (k?giseitai
ron), si rilevava l'opportunit? di creare un'assemblea deliberativa, compo
sta di samurai e di cittadini comuni particolarmente meritevoli47.

45 Cfr. Maruyama Masao, Nihon seiji shis?-shi kenky? (Studi sulla storia del pensiero
politico del Giappone), Tokyo 1952 (traduzione inglese Studies in the Intellectual History
ofTokugawa Japan, 1974); Matsumoto Sannosuke, Kokugaku seiji shis? no kenky? (Studi
sul pensiero politico della scuola Kokugaku), Tokyo 1957; Najita, Japan, cit.
46 Per il processo che port? alla Restaurazione e le interpretazioni storiografiche di
questa, si rinvia al nostro ? Restaurazione imperiale e Riforme Meiji in Giappone ?, cit.
47 Cfr. F. Mazzei, ? La 'teoria del Governo Assembleare' e i primi esperimenti isti
tuzionali del Giappone Meiji ?, Il Giappone, XIV, 1974, p. 15.

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28 Franco Mazzei

Nel 1868, con un coup d'?tat (in pratica impadronendosi della perso
na del quindicenne Imperatore Meiji) essi abbatterono il bakufu (la con
troffensiva delle forze fedeli allo Sh?gun fu facilmente domata) e, restaurato
il potere imperiale, diedero inizio ad un radicale processo di rinnovamento
del paese secondo le linee precedentemente delineate.
Il primo tentativo di definire i principi fondamentali di governo da
parte dei promotori della Restaurazione Meiji fu il ? Giuramento in cin
que articoli ? (Gokaj no seimon)y prestato solennemente dall'Imperatore
il 6 aprile dello stesso anno. Il primo articolo di questo documento, in cui
la tradizione liberale giapponese ha da sempre visto i primi semi della de
mocrazia nipponica, cos? recitava: ? Sar? istituita un'ampia assemblea e la
politica del Governo sar? decisa attraverso pubbliche discussioni ? 48. E
interessante ricordare che il famoso rescritto imperiale con cui si negava
il carattere divino del Tenn? (la cosiddetta ? dichiarazione di umanit? ?)
emanato dall'Imperatore Sh?wa il primo gennaio 1946, su sollecitazione
delle forze di occupazione americane come premessa per un cambiamento
totale del sistema politico in senso democratico, inizia appunto con un espli
cito richiamo al Giuramento del 1868 49.
L'idea di istituire un governo intorno ad ? un'assemblea deliberati
va ? era stata oggetto di ampio dibattito gi? prima della Restaurazione. Se
condo lo storico costituzionalista Osatake 50, la germinazione di tale idea
? da ricercarsi nei tre piani proposti da Ch?sh? del 1862 concernenti le
misure amministrative e militari da adottare per far fronte alle potenze oc
cidentali. Stimoli a ci? provennero, naturalmente, dalle conoscenze che al
lora si avevano dei sistemi politici occidentali. Uno dei primi, se non il primo,
ad introdurre il parlamentarismo in Giappone fu Aochi Rins? (1784-1833),
che nel 1827 riassunse VAlgemeen Geography che l'olandese W.S. Crame
rus aveva scritto circa mezzo secolo prima e che conteneva una breve de
scrizione del sistema parlamentare inglese51. Secondo Okubo Toshiaki52,

48 Ibidem, p. 27.
49 . Takeda, The Dual Image of the Japanese Emperor, London 1988, pp. 115-116.
50 Osatake Takeki, Nihon kenseishi taik?, cit.
51 L'opera, dal titolo Yochi shiryaku(Breve descrizione del mondo), ? pubblicata in
Bunmei genry? s?sho (Collana sull'origine della civilt?), voli. 3, Tokyo 1912-1914. Cfr. Asai
Kiyoshi, Meiji r?kken shis? ni okeru Eikoku gikaiseido no eiky? (L'influenza del sistema par
lamentare inglese sul pensiero costituzionale dell'era Meiji), Tokyo 1939, pp. 78-87.
52 Okubo Toshiaki, Meiji-kenp? no dekiru made (Fino alla compilazione della Costi
tuzione Meiji), Tokyo 1956, p. 6.

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La Costituzione Meiji 29

la prima costituzione occidentale integralmente tradotta in giapponese fu


quella olandese: la traduzione, opera di Sugita Seikei (1817-1859), risali
rebbe a circa dieci anni prima dell'arrivo del Commodoro Perry. Col pas
sar del tempo, gli scritti sui sistemi politici occidentali si moltiplicarono
grazie anche a numerose traduzioni di testi cinesi53 e, soprattutto, al con
tributo di giapponesi inviati dal bakufu in Europa come membri di missio
ni ufficiali o espressamente per studiare le istituzioni locali. Fra quest'ultimi
figura Nishi Amane (1829-1897), che nel 1867 present? allo Shogun il
Gidai s an, che ? la prima proposta costituzionale che sia mai stata scritta
in Giappone (ossia la prima proposta legislativa intesa come legge fonda
mentale dello Stato) in cui le funzioni del Tenn?, del bakufu e degli han
erano definite in termini di diritti specifici (ken), con l'implicazione, nuo
va per il Giappone, che ci? che non era concesso era di per s? proibito 54.
La proposta di mediazione di Nishi, con la sua sbilanciata tripartizione del
potere a favore dei Tokugawa, non fu accolta e la soluzione alla crisi, come
sappiamo, segu? un diverso percorso.
Tra gli esperimenti istituzionali successivi al Giuramento, di partico
lare interesse ? il Seitaisho, promulgato I'll giugno dello stesso anno, e per
questo noto come ? Costituzione di giugno ?55. Ristabilendo il sistema del

53 Nel 1861 fu pubblicato il Renp? shiryaku (Breve descrizione degli Stati Uniti), adat
tamento dell'opera a-mei lien-pang chih-l? erb (Breve descrizione della confederazione ame
ricana) scritta da E.C. Bridgam, un missionario americano in Cina; e nel 1865 il Bankoku
k?h? (Diritto internazionale), che era una traduzione degli Elements of International Law
di H. Weatons mediata dalla versione cinese curata da un altro missionario americano in
Cina, W. Martin. L'anno successivo fu introdotta un'altra opera cinese, Chih-huan ch'i
rneng, traduzione di un testo scritto a scopo didattico in inglese, A Circle of Knowledge,
dal noto sinologo J. Legge. Cfr. Osatake, op. cit., pp. 20-28.
54 II Gidai s?an ? pubblicato in Nishi Amane zensh? (Opere complete di Nishi Ama
ne), Tokyo 1961, vol. II, pp. 167-183. La proposta di Nishi prevedeva la creazione di un'as
semblea deliberativa bicamerale: la Camera Alta comprendente i daimy eh Camera Bassa
composta di un samurai per ciascuno han. Le leggi approvate dall'assemblea dovevano esse
re presentate dal bakufu alla Corte imperiale per la sanzione formale. Lo Sh?gun avrebbe
continuato a detenere la maggior parte del potere, mentre limitati erano i poteri del Tenn?:
sanzionare formalmente le leggi, conferire titoli onorifici, stabilire pesi e misure, esser ca
po dello shintoismo e del buddhismo. Va rilevato che volutamente Nishi evitava di applica
re la ? divisione dei poteri ?, in quanto riteneva che fosse pi? conveniente per il Giappone,
almeno per qualche tempo, che ? il potere di eseguire le leggi ? (esecutivo) fosse unito al
? pot?re di proteggere le leggi ? (giudiziario). Cfr. T.R.H. Havens, Nishi Amane and Mo
dem Japanese Thought, Princeton 1970, pp. 62-63; R. Ishii (a cura di), Japanese Legislation
in the Meiji Era, T?kyo 1958, p. 138.
55 La traduzione in inglese della ? Costituzione di giugno ? ? riportata in MJTCS, voi.
I, pp. 66-75.

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30 Franco Mazzei

Daj?kan (Grande Consiglio di Stato) del periodo di Nara, si tent? di intro


durre concretamente il principio della tripartizione dei poteri: si crearono
un corpo legislativo (giseikan), composto da una Camera Alta (J?kyoku) e
da una Camera Bassa (Kakyoku), un organo giudiziario (keih kan) ed uno
amministrativo (gy seikan). Anche se fallirono uno dopo l'altro, i numero
si esperimenti che seguirono permisero all'oligarchia Meiji di fare i primi
incerti passi verso la creazione di un ordinamento politico moderno 56.

4. Promulgazione detta Costituzione Meiji

Con la penetrazione in Giappone del moderno pensiero politico euro


peo, ben presto la richiesta di una vera e propria costituzione di tipo occi
dentale si fece pi? insistente e diffusa, con un dibattito appassionante che
coinvolse tutte le maggiori figure politiche ed intellettuali del tempo57.
Questo dibattito che vide contrapposti da una parte gli alti burocrati asso
ciati alla gestione del potere, collettivamente noti nella storiografia giap
ponese come hanbatsu, ? fazione degli han ?, perch? provenienti dai due
maggiori feudi che erano risultati vincitori nella lotta per la restaurazione
del potere imperiale (cio? Satsuma e Ch?sh?), e dall'altra coloro che, pur
essendo stati attivi nel processo di restaurazione, si vennero a trovare fuo
ri del gruppo dominante. Fra i primi, oltre al nobile di corte Iwakura
Tomomi (1825-1883), vanno ricordati ?kubo Toshimichi (1830-1878) e
Matsukata Masayoshi (1835-1924), entrambi dello han di Satsuma; Kido
K in (1833-1877), Ito Hirobumi (1841-1909), Yamagata Aritomo (1838
1922) e Inoue Kaoru (1835-1915), tutti di Ch?sh?; infine ?kuma Shige
nobu (1838-1922) del feudo minore di Saga. Fra i leaders dell'opposizione
il pi? prestigioso era Itagaki Taisuke (1837-1919), un samurai dello han di
Tosa che, dimessosi dal governo nel 1873 per la ? questione coreana ? 5S,
l'anno successivo present? il noto ? Memoriale per la costituzione di un'as
semblea rappresentativa ? 59 e fond? un proto-partito orientato verso la
creazione di un governo parlamentare.

56 Per i vari esperimenti si rinvia a R. Ishii, op. cit. Si veda pure M. Umegaki, After
the Restoration: the Beginning of Japan's Modem State, New York 1988.
57 Sul dibattito politico che precedette la promulgazione della Costituzione Meiji, fon
damentale rimane ancora il contributo di Pittau Political Tought in Early Japan, cit.
58 Sui gravi riflessi interni della cosiddetta ? questione coreana ?, cfr. Akita, op. cit.,
pp. 16-17.
59 II testo in inglese del ? Memoriale ? presentato da Itagaki ed otto associati ? pub

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La Costituzione Meiji 31

Itagaki fu soprattutto l'ispiratore del ? Movimento per la libert? e i


diritti del popolo ? (Jiy? mink?n undo)60. All'inizio questo movimento rac
colse solo il malcontento samuraico, ma ben presto riusc? a coagulare gli
interessi politici dei contadini ricchi (insoddisfatti in particolare della ri
forma dell'imposta fondiaria del 1873) e dei mercanti urbani, finendo con
l'estendersi a tutto il paese. Il suo programma prevedeva l'elezione di una
assemblea costituente su base censitaria ed un'autonomia amministrativa
locale fortemente connotata da ruralismo. E comprensibile, quindi, che la
hanbatsu vedesse in questo movimento una reale e grave minaccia per i va
lori d?lV?sei-fukko e pi? in generale per il regime che faticosamente essa
stava costruendo. In effetti, fu con questo movimento, la cui importanza
nella storia del movimento liberale e democratico del Giappone non pu?
essere sottovalutata, che per la prima volta si riconobbe legittimit? al dis
senso politico, fino ad allora considerato una forma di slealt? nei confronti
del potere costituito e del Paese e, come tale, moralmente inaccettabile.
Nel corso della Conferenza di Osaka convocata nel 1875 per ricucire
le spaccature verificatesi all'interno dell'oligarchia, anche da parte della ? fa
zione Satsuma-Ch?sh? ? si convenne sulla necessit? di adottare una costi
tuzione di tipo occidentale e si decise l'istituzione di un ufficio per la sua
stesura. A questo scopo si cre? il Genr?in (Camera degli Anziani, Sena
to) 61, che a partire dall'anno successivo inizi? l'elaborazione di una boz
za di costituzione (Nihon kokken an, Bozza di Costituzione del Giappone):
completata nel 1880, essa sar? rigettata dagli oligarchi perch? considerata

blicato in Walter W. McLaren, ? Japanese Government Documents ?, Transactions of the


Asiatic Society of Japan, vol. 42, parte I, Tokyo 1941, pp. 426-432. Si veda pure Ryusaku
Tsunoda et al. (a cura di), Sources of Japanese Tradition, New York and London 1958, pp.
683-685.
60 Su questo movimento, oltre alle gi? citate opere di Akita, Ike, Norman e Scalapi
no, si segnala Roger W. Bowen, Rebellion and Democracy in Meiji Japan, Berkeley (Ca.)
1980. Per le contrastanti interpretazioni storiografiche che ne sono state date, utile pu?
essere il contributo di Eugene Soviak in Kodansha, Encyclopedy of Japan, T?kyo 1983, s.v.
? Freedom and People's Rights Movement ?.
Per la storia dei partiti politici giapponesi, inquadrata nell'evoluzione del sistema poli
tico nel suo insieme, si veda l'agile sintesi di P. Beonio-Brocchieri, I movimenti politici del
Giappone, Roma 1971. Per un approfondimento, cfr. Aono Gon'emon, Nihon setto hattatsu-shi
(Storia della nascita dei partiti politici giapponesi), T?kyo 1935; Masumi Junnosuke, Ni
hon seit?-shi ron (Dissertazione sulla storia dei partiti politici del Giappone), voli. 4, T?kyo
1968; Matsuoka Hachir?, Meiji seit?-shi (Storia dei partiti politici dell'era Meiji), T?kyo
1968; Scalapino, op. cit.
61 Cfr. MacLaren, op. cit., pp. 41-45; MJTCS, pp. 76-78, Ishii, op. cit., 153-154.

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32 Franco Mazzei

troppo liberale. Il dibattito continu? ad essere serrato ed aspro su due punti


fondamentali, anche perch? la ? ricompattazione ? era durata poco. In pri
mo luogo, il modello di costituzione da seguire (quello prussiano centrato
su una monarchia forte, ovvero quello parlamentare di tipo inglese), con
i connessi problemi concernenti il ruolo del Tenn?, l'estensione dei poteri
del parlamento e la salvaguardia dei diritti dei cittadini; in secondo luogo,
i tempi della sua emanazione. Gli oligarchi ponevano l'accento sulla neces
sit? di procedere con gradualit? e di tenere nel debito conto le peculiari
tradizioni culturali e le specifiche condizioni sociopolitiche del Giappone.
Al contrario, i leaders del Movimento per la libert? e i diritti del popolo
e pi? in generale i membri dell'? opposizione ?, influenzati dal liberalismo
inglese e dal radicalismo francese, reclamavano l'immediata creazione di
un'assemblea nazionale elettiva dotata di ampi poteri.
Nel 1881 un'altra grave crisi si verific? all'interno del gruppo domi
nante: Okuma, isolato per aver inaspettatamente presentato al Trono un
memoriale con cui sollecitava l'adozione di un sistema costituzionale mo
dellato su quello britannico, fu costretto ad uscire dal governo e fin? con
10 schierarsi con l'opposizione 62. Ma il clima politico e culturale era pro
fondamente mutato: dopo un decennio di ? euforia liberale ? ed occiden
taleggiante, accompagnata da una confusa ma vivace sperimentazione
istituzionale, agli inizi degli anni '80 cominci? ad affermarsi un nuovo con
servatorismo. A partire da quel periodo, per lungo tempo l'interesse degli
intellettuali giapponesi si spost? dall'Inghilterra (e dalla Francia) alla Ger
mania 63, mentre all'interno si consolidavano i valori della tradizione e la
societ? nel suo insieme subiva una specie di ? samuraizzazione ?, vale a
dire un processo (imposto dall'alto) di diffusione e penetrazione, presso
tutti gli strati sociali, dei valori che erano stati propri dei bushi64. Il gruppo
al potere, ormai composto esclusivamente di uomini di Ch?sh? e di Satsu
ma, decise di por fine allo stato d'incertezza e di dare stabilit? al sistema.
11 dibattito sul secondo punto fu infatti subito stroncato con il rescritto

62 Sulla crisi del 1881, cfr. Akita, op. cit.y p. 31-66. La traduzione inglese della pro
posta di ?kuma ? riportata in Beckmann, op. cit., pp. 136-142, e in Tsunoda et al., op.
cit., pp. 690-692. Cfr. inoltre J. Idditie, The Life of Marquis Shigenobu Okuma, Tokyo 1956,
e J.C. Lebra, Okuma Shigenobu, Camberra 1973.
63 Gli anglosassoni continuarono ad essere gli interlocutori privilegiati per le questioni
politiche ed economiche. Cfr. P. Lavelle, La pens?e politique du Japon Contemporain, Paris
1990, p. 39.
64 F. Mazzei, ? Etica economica e spirito del capitalismo nella modernizzazione del
Giappone ?, Il Giappone, vol. XXII 1982, in particolare p. 29.

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La Costituzione Meiji 33

imperiale del 12 ottobre 1881, con cui si prometteva la graduale adozione


del regime costituzionale entro 10 anni e si fissava la prima sessione del
futuro parlamento al 1890.
In realt?, a quel tempo l'oligarchia aveva gi? pronto uno schema di
costituzione, illustrato nelle cosiddette ? Opinioni di Iwakura sul governo
costituzionale ?, di fatto redatte da Inoue Kowashi (1844-1895)65.1 punti
essenziali erano: un gabinetto responsabile nei confronti del Tenn? in cui
risiedeva la sovranit?, un parlamento bicamerale con una sola camera elet
tiva, elettorato qualificato in base al censo. Inoltre, al Termo dovevano es
sere conferiti il comando supremo dell'Esercito e della Marina ed i seguenti
poteri: dichiarare guerra, concludere la pace e ratificare i trattati; emette
re moneta; nominare e dimettere i ministri e i pi? alti funzionari civili e
ufficiali militari; conferire ranghi, onorificenze e titoli nobiliari; convoca
re e sciogliere il parlamento. Nel tentativo di combinare i valori etici della
tradizione nazionale con il tecnicismo istituzionale dell'Occidente (secon
do la ricordata formula ? wakon-y?sai ?, ? spirito o etica giapponese - tec
nologia o conoscenze occidentali ?), la preferenza era gi? caduta sul modello
istituzionale prussiano, il cui autoritarismo razionalistico fu giudicato pi?
adatto alla realt? giapponese che non le costituzioni, pi? liberali, della Francia
e dell'Inghilterra. Una riprova ? data dal lungo ? Memoriale sul governo
costituzionale ? che Ito Hirobumi aveva presentato al Trono nel 1880, quindi
ben prima della stesura di quello di Okuma66.
Intanto, fu creato un organo con funzioni consultive per la stesura
della costituzione, la cui presidenza fu affidata a Ito. Questi il 31 marzo
dell'anno successivo guid? in Europa una missione imperiale per svolgere
ricerche sulle costituzioni di vari stati. Su raccomandazione di Iwakura,
egli studi? con i giuristi tedeschi Rodolf von Gneist (1816-1895) e Alfred
Mosse (1846-1925) e con l'austriaco Lorenz von Stein (1815-1890), ma non
manc? di approfondire anche la teoria del governo parlamentare inglese
con Herbert Spencer (1820-1903) durante un brevissimo soggiorno a Lon
dra. Tornato in Giappone, l'anno successivo, Ito, che con la morte di Iwa
kura era rimasto la sola figura di primo piano nel proscenio politico, inizi?
accortamente a realizzare alcune riforme istituzionali ritenute preliminari
all'adozione di un sistema costituzionale sulle linee prefissate e approfon
dite durante il suo soggiorno a Berlino e a Vienna.

65 Traduzione inglese in Lu, op. cit., 65. Per un succinto esame del testo, cfr. Ishii,
op. cit.
66 Kaneko Kentar? (a cura di), Ito Hirobumi (Biografia di Ito Hirobumi), Tokyo 1940,
vol. I, pp. 192-200; traduzione inglese in Beckmann, op. cit., pp. 131-135.

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34 Franco Mazzei

Nel 1884 fu riorganizzata la nobilt?, premessa necessaria per l'istitu


zione, ormai scontata, di una Camera dei Pari con cui controbilanciare un
futuro ramo elettivo del parlamento e nello stesso tempo rafforzare la mo
narchia. Il 22 dicembre dell'anno successivo, abolito il Daj?kan, si cre? un
sistema di Gabinetto (Naikaku) di tipo occidentale che, staccato dalla Corte
Imperiale, era presieduto dal Primo Ministro (S?ridaijin) e i cui membri
erano direttamente responsabili nei confronti del Tenn? 67. L'incarico di
Primo Ministro fu affidato a Ito.
Solo nel 1886 fu intrapresa l'effettiva stesura della Costituzione. Sot
to la supervisione di Ito, Inoue Kowashi si occup? della Costituzione e della
Legge sulla Casa Imperiale 68, Ito Miyoji (1857-1922) della Legge sulle due
Camere e Kaneko Kentar? (1853-1942) della Legge sulle elezioni dei membri
della Camera dei Rappresentanti e dell'Ordinanza concernente la Camera
dei Pari69. Alla stesura del testo della costituzione, svoltasi in grande se
gretezza al punto che ne erano tenuti all'oscuro gli stessi membri del go
verno, collaborarono attivamente giuristi occidentali di prestigio, come
Hermann Roesler (1834-1894) e Albert Mosse.
Concretamente, la compilazione del testo avvenne in quattro fasi. Nel
l'autunno del 1886 Ito present? ai responsabili dei vari testi istruzioni di
carattere generale riassunte in 7 punti. Interesse particolare hanno per noi
i seguenti due punti:

? 2. - Come principio fondamentale nella stesura del testo della


Costituzione, si dovr? prestare opportuna considerazione alla strut
tura nazionale (kokutai) ed alla storia giapponese.
3. - La Costituzione dovr? delineare amministrazione dell'Im
pero nei suoi caratteri generali: il testo deve essere chiaro, conciso
e tale da rispondere con elasticit? allo sviluppo del destino della
nazione ? 70.

Nel maggio del 1887, Inoue sottopose all'esame di Ito due diverse bozze
della costituzione: nella prima ad ogni articolo erano aggiunte le osserva
zioni di Roesler e di Mosse, nella seconda erano riportati i riferimenti a
costituzioni straniere. Da giugno ad agosto dello stesso anno, Ito e i suoi

67 Cfr. Ishii, op. cit., pp. 389-394.


68 Traduzione in inglese della Legge sulla Casa Imperiale in MJTCS, pp. 105-114.
69 Le leggi sulle due camere sono tradotte in inglese in MJTCS, pp. 114-130, la legge
elettorale a pp. 131-171.
70 Cfr. Ishii, op. cit., p. 376; sottolineatura nostra.

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La Costituzione Meiji 35

collaboratori, compreso Ito Miyoji, si ritirarono nella villa di Natsushima,


nella prefettura di Kanagawa, per preparare un testo unificato, utilizzan
do i due documenti preparati da Inoue e una bozza di costituzione stesa
da Roesler: il risultato fu la cosiddetta ? Bozza di Natsushima ?, che peral
tro conteneva tutti i punti essenziali del ? Memoriale di Iwakura ?. Nel
frattempo, nell'opinione pubblica, specie nella capitale, cresceva la tensio
ne per l'attesa della Costituzione (resa pi? acuta da uno scoop giornali
stico sulla bozza di Roesler) al punto che nel dicembre del 1887 il governo
eman? una severa legge sull'ordine pubblico che consent? alla polizia di al
lontanare da T?kyo numerosi oppositori del regime. Nei due mesi succes
sivi, dopo uno scambio di opinioni tra Inoue e Roesler sulla ? Bozza di
Natsushima ?, Ito e i suoi tre collaboratori giapponesi stesero il testo defi
nitivo, che, infine, nell'aprile del 1888, insieme a quello della Legge sulla
Casa Imperiale, fu presentato all'Imperatore.
Dopo una controversia sulle procedure d'approvazione del testo della
Costituzione (secondo alcuni doveva essere esaminato dal Genr?-in, secon
do altri da un'apposita assemblea costituente composta da membri del go
verno e da alcuni cittadini privati), prevalse la tesi di Ito che si accentuasse
il suo carattere octroy?. Si decise pertanto la costituzione di un comitato
speciale, detto Consiglio Privato (S?mitsuin), autonomo dal Gabinetto e
composto da ? statisti anziani ? e da alcuni personaggi di particolare rilie
vo e prestigio, che, alla presenza del Tenn?, esaminasse il testo della Co
stituzione e quello della Legge sulla Casa Imperiale. La presidenza fu assunta
dal solito Ito, che perci? fu costretto a cedere la carica di Primo Ministro
a Kuroda Kiyotaka (1840-1900), un uomo di Satsuma, anche se egli conti
nu? a partecipare alle riunioni del Gabinetto su ordine specifico dell'Im
peratore.
Istituito il 30 aprile 188871, il Consiglio Privato tenne la seduta inau
gurale 8 maggio. Nel corso della prima sessione, conclusasi nella met? di
luglio, si esaminarono prima la Legge sulla Casa Imperiale, poi la Costitu
zione e successivamente le altre leggi collegate. A conclusione della prima
sessione, i testi vennero consegnati al Trono che li trasmise al Gabinetto.
Due altre brevissime sedute furono tenute nel gennaio del 1889 e quella
finale il 5 febbraio per l'approvazione formale. Tutte le discussioni avven
nero nella massima segretezza e, come s'? detto, alla presenza ? passiva ?
del sovrano; e ci? ? importante perch? costitu? un precedente per il futuro
effettivo ruolo costituzionale svolto dal Tenn?. A parte cambiamenti for

71 I testi riguardanti l'organizzazione del Consiglio Privato sono tradotti in inglese


in MJTCS pp. 88-92.

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36 Franco Mazzei

mali e stilistici, pochi furono gli emendamenti apportati dal Consiglio Pri
vato, su alcuni dei quali si riferir? successivamente72.
La Costituzione, composta da 7 capitoli e 76 articoli, fu promulgata
11 febbraio 1889, ricorrenza del Kigensetsu, Panniversario della mitica
fondazione dell'Impero del Giappone da parte del leggendario primo im
peratore Jinmu. Su insistenze di Ito, fu presentata come un ? dono ? di
Sua Maest? il Tenn?, che nella sua ? paterna saggezza ? aveva limitato i
propri poteri e accordato ai ? sudditi ? diritti e libert?, associandoli nella
gestione della politica nazionale attraverso i loro rappresentanti nella Die
ta Imperiale. Lo stesso giorno fu promulgata la Legge sulla Casa Imperiale,
che per? non venne pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale in quanto, trattan
dosi di questioni riguardanti la Casa Imperiale, non si riteneva necessario
che fosse resa formalmente pubblica.
Nel ventennio precedente numerose ? proposte costituzionali ? erano
state compilate da singoli cittadini o da gruppi organizzati. Secondo dati
raccolti da Emura Eiichi, tra il 1868 e il 1887 furono compilate almeno
63 proposte di cui pi? della met? nel solo biennio 1880-81 durante il quale
la ? febbre ? per la costituzione aveva raggiunto la punta pi? alta 73. Qua
si due terzi dei testi furono preparati da organizzazioni o individui
? privati ?, per lo pi? legati al Movimento per la libert? e i diritti del popo
lo (per la precisione, 43 bozze contro le 20 di gruppi legati al Governo).
Le testimonianze dei contemporanei parlano di parate e di tripudi nella
capitale in festa per la promulgazione della prima Costituzione in Asia. Il
medico tedesco Erwin Baelz (1849-1913), giunto in Giappone nel 1876
come docente della Scuola Medica di T?kyo e ben introdotto negli am
bienti di Corte, nel suo diario sotto la data 11 febbraio 1889 annota:

? Oggi ? stata promulgata la Costituzione.


Di fronte alPImperatore, un po' a sinistra, erano schierati i mi
nistri di stato e gli alti funzionari [...]. L'Imperatore ha preso l'altro
documento, l'ha aperto e letto a voce alta. Conteneva la decisione di
dare volontariamente al popolo la costituzione promessa. Successiva

72 Cfr. Ishii, op. cit., pp. 379-380.


73 Cfr. Emura Eiichi, Meiji no kenp?, nella serie Iwanami bukkuretto - Shirizu Nihon
Kindai-shi 3, Tokyo 1992, p. 21. Sui testi delle principali costituzioni private, cfr. Ienaga
Sabur?, Matsunaga Sh?z? ed Emura Eiichi, Meiji zenki no kenp? k z (Struttura delle co
stituzioni della prima met? dell'era Meiji), Tokyo 1967. Per una loro valutazione, cfr. Pit
tau, Political Thought in Early Meiji Japan, cit., pp. 99-114.

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La Costituzione Meiji 37

mente l'Imperatore ha consegnato il testo della Costituzione al Pri


mo Ministro Kuroda, che lo ha ricevuto con un profondo inchino.
Subito dopo rir?iperatore, fatto un cenno col capo, ha lasciato la sala,
seguito dall'Imperatrice e dal seguito. L'intera cerimonia ? durata circa
10 minuti. Nel frattempo si sparava a salve e dappertutto campane
suonavano a festa. La cerimonia ? stata nobile e brillante... ?74.

Precedentemente, l'Imperatore aveva celebrato nei santuari interni al


cuni riti shintoistici con cui tra l'altro aveva ? informato ? i kami della con
cessione della Costituzione: anche per quanto concerneva il cerimoniale,
quindi, un misto di protocollo europeo e di rituali legati al passato mitico
della nazione. Quando alla fine della cerimonia copie del testo furono di
stribuite ?gli ospiti, una traduzione in inglese fu data agli stranieri presenti.
In genere, le reazioni degli occidentali furono allo stesso tempo di am
mirazione e di perplessit?, come esemplificato dall'articolo apparso sul World
di New York, nel cui titolo i giapponesi erano definiti ? Yankees asiati
ci ?75. Pi? ottimistiche circa un futuro governo parlamentare furono al
tre corrispondenze ed editoriali, come quello del Japan Daily Mail, pubblicato
in inglese a Yokohama 76. Del tutto positiva fu anche la valutazione della
Costituzione Meiji fatta da Renato De Martino, regio ministro italiano a
T?kyo, il quale nella sua interessante ? Relazione ? del febbraio 1890 scrisse,
fra l'altro, quanto segue:

? L'evento principale dell'anno scorso [1889], fatto singolare e


non gi? soltanto nella storia di questa nazione, ma in quella della uma
nit?, e gli effetti del quale non saranno limitati dai mari che circonda
no questo impero, ? la promulgazione della costituzione avvenuta con
gran pompa ufficiale e rallegramenti popolari I'll febbraio. [...] A mio
parere, la somma importanza ne consiste non tanto nella elargizione
del reggimento parlamentare quanto nella "proclamazione dei diritti
dell'uomo" (inauditi per un popolo dell'Asia) o con qualsiasi altro no
me vogliansi chiamare quei diritti che sono inerenti all'umana perso
na, anteriori e superiori a tutte le leggi positive, e che, inviolabili dal
principe, sia Cesare, parlamento o popolo, compongono la libert? sic
come noi la possediamo, non confondendola con la sovranit?, e dagli
antichi non era intesa. E che ? questo spirito dei tempi nuovi ? qua

74 Cfr. Toku Baelz (a cura di), Awakening Japan: The Diary of a German Doctor, New
York 1932, pp. 81-82.
75 Cfr. Emura Eiichi, Meiji zenki no kenp?, cit., pp. 20-23.
76 Cfr. C. Gluck, op. cit.

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38 Franco Mazzei

compreso umversalmente, e meglio e pi? chiaramente che non sia (par


strano a dire) da varie nazioni occidentali. [...] L'ignoranza esistente
in Europa delle cose di questo paese ? tanta che molte persone, leg
gendo d'una costituzione al Giappone, l'hanno chiamata "uno strac
cio di carta a somiglianza della turca di Midhat pasci? [...] ma coloro,
per fermo, che anche senza essere stati sui luoghi a osservare i costu
mi, il carattere, la civilt? di questo popolo, ne abbiano letta la storia,
ammetteranno meco che la promulgata costituzione trova un popolo
atto a riceverla e ad attuarla... ? 77.

In realt?, anche fra i giapponesi non mancava chi, come Nakae Ch?min
(1847-1901), detto ? il Rousseau dell'Oriente ?, era profondamente delu
so ed amareggiato nell'apprendere le disposizioni contenute nella Costitu
zione, finalmente rese pubbliche, soprattutto per l'imponente enumerazione
dei diritti del sovrano e i limitati ? diritti del popolo graziosamente con
cessi ? dal Tenn?. ? Mi chiedo ? scrisse Ch?min ? che cosa la Costitu
zione ci abbia effettivamente dato. La gente ? fissata con questa parola
e non ha ancora aperto gli occhi: non sa se la Costituzione sia una pietra
preziosa o invece robaccia da buttare come una tegola rotta ? 78.

5. I poteri formali del Tenn?

Come s'? detto, uno dei due problemi di fondo che gli estensori della
Costituzione Meiji dovevano risolvere consisteva nel conciliare le con
notazioni specificamente nipponiche della ? sacra sovranit? ? del Tenn?
(peraltro solo vagamente definita) con i limiti di tale sovranit? propri del
costituzionalismo.
Ito, nei suoi interventi alle sessioni deliberative del Consiglio Privato
per l'approvazione del testo costituzionale, esplicito con chiarezza questo
problema sostenendo i seguenti due punti. Primo, la limitazione dei poteri
del sovrano e la salvaguardia dei diritti dei sudditi sono due principi irri
nunciabili del costituzionalismo: ? ...se i diritti dei sudditi non sono ga

77 Cfr. // Giappone del 1889, Relazione di Renato De Martino, Regio Ministro a To


kyo, Febbraio 1890, pubblicata dalla Tipografia di Gabinetto del Ministero degli affari
esteri, Roma 1891, pp. 8-9 (coll.: Archivio Segreto di Gabinetto, Cass. n. 5 [1870-1914],
Fase. 1). Per questo riferimento siamo debitori alla dott.ssa Francesca Galli Aliverti, che
ringraziamo per la cortese segnalazione.
78 House of Representatives - Japan (a cura della), History of Constitutionalism in
Japan, Tokyo 1987, p. 21.

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La Costituzione Meiji 39

rantiti e le prerogative del sovrano non sono limitate, il risultato ? che i


sudditi devono sopportare tutte le responsabilit? mentre i poteri della mo
narchia non vengono ristretti. E ci? che appunto viene indicato come mo
narchia assoluta ?. Secondo, il ruolo di ? asse portante ? della nazione, che
negli stati europei era svolto dal cristianesimo, in Giappone era da ricer
carsi esclusivamente nella Casa Imperiale. Riportiamo la parte essenziale
di questo importante discorso tenuto alla prima sessione deliberativa del
Consiglio Privato, il 18 luglio 1888, con cui Ito fiss? le basi teoriche della
propria ideologia del Tenn?.

? ... Il governo costituzionale in Europa ha una lunghissima storia.


Non solo i popoli [europei] hanno dimestichezza con questo sistema,
ma la loro religione ha fornito un asse portante che impregna ed unisce
gli animi. Invece, in Giappone il potere della religione ? debole, e non
esiste niente che possa servire da asse dello stato. Quando era nel suo
fulgore, il buddhismo fu in grado di unire tutti gli strati sociali; ma
oggi esso ? in stato di declino. Lo shintoismo trasmette s? gli insegna
menti dei nostri antenati, su cui ? fondato, ma come religione non
ha la capacit? di muovere il cuore degli uomini. In Giappone, solo
la Casa Imperiale pu? diventare asse portante dello stato. E sulla base
di queste considerazioni che nel compilare il testo della Costituzione
abbiamo attribuito s? alto valore all'autorit? imperiale, cercando di
restringerla il meno possibile 79.

Sulla base delle teorie tedesche dello stato organico, Ito vedeva la spe
cificit? del Giappone (cio? la Casa Imperiale in quanto asse portante della
nazione) come un prodotto dell'evoluzione storica: per usare le sue parole,
l'istituto del Tenn? si sarebbe ? sviluppato entro il corpo politico come il
cervello si sviluppa nel corpo fisico ?. A parte la controversa questione sul
significato da dare al termine ? asse portante ? usato da Ito, come s'? avu

79 Riportato in Maruyama Masao, Nihon no shis? (Il pensiero del Giappone), Tokyo
1957, pp. 29-30; citato in Irokawa, op. cit., p. 268.
In quest'opera Maruyama espone la tesi secondo cui in Giappone non si sarebbe svi
luppata una vera e propria tradizione intellettuale (come in Occidente), bens? una ? tradi
zione destrutturata ? (muk?z? dent?). Ci? sarebbe dovuto, secondo Maruyama che ricalca
in qualche modo l'immagine dell'asse portante cui era ricorso Ito Hirobumi, al fatto che
in Giappone ? mancato un insieme di principi organizzativi di tipo intellettuale paragona
bile al cristianesimo, in cui ? l'autorit? ? era chiaramente simboleggiata da una ? provvi
denza assoluta ? (cfr. Irokawa, op. cit., p. 261, in cui la tesi di Ito ? presentata in chiave
critica).

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40 Franco Mazzei

to gi? modo d'accennare non sono pochi gli studiosi che a proposito del
l'ideologia del Tenn? affermatasi nel periodo Meiji parlano di ? tradizione
inventata ? o ? riscoperta ? (una sorta di ? disvelamento ? alla Heidegger?).
Se per Carol Gluk l'immagine ? religiosa ? del Tenn? che ne scatur? costi
tuisce uno dei pi? potenti ? miti moderni ?, e se per Irokawa il processo
con cui il sovrano fu eretto a simbolo del Giappone moderno e del nazio
nalismo nipponico fu un ? abile artificio ? con cui Ito e compagni ? rigene
rarono ? la tradizione nipponica sotto forma di tennoismo, per Kitagawa
il risultante tennoismo fu una sorta di teocrazia priva di trascendenza, frutto
di un duplice processo incrociato: la storia che diventa mito e il mito che
diventa storia 80.
Tuttavia, lo stesso Irokawa sottolinea quanto specificato nella ? boz
za ? di Costituzione dell'Associazione privata S?aisha di Kumamoto che
dimostra che anche in ambienti non governativi era gi? profondamente ra
dicata l'ideologia imperiale nella morfologia del kokutai. Nella prima se
zione della ? bozza ?, che ha per titolo appunto ? Kokutai ?, ? scritto infatti:

? La nostra struttura nazionale {kokutai) ? diversa da quella delle al


tre nazioni: composta congiuntamente dall'Imperatore e dal popolo,
essa ? venuta in esistenza naturalmente e non come un espediente isti
tuzionale [...]. Attraverso il kokutai si sostiene l'ordine gerarchico,
si chiariscono i doveri del governante e dei sudditi, e si preserva per
sempre la felicit? del popolo sotto l'eterno dominio della Casa Impe
riale. Ne consegue che mentre le forme del sistema politico {seitai)
possono cambiare a seconda dei tempi, il kokutai ? destinato a rima
nere legge fondamentale, eterna, immutabile ?81.

Comunque sia, fu sulla base di questa concezione che come premessa fon
damentale del nuovo ordine si pose ? la sacralit? e l'inviolabilit? ? del mo
narca (Costituzione Meiji, articolo 3), il quale ? ? capo dell'Impero in quanto
depositario dei diritti di sovranit? ? (art. 4) in virt? della sua appartenenza
ad ? una linea ininterrotta di sovrani ? destinata a ? regnare e governare
sull'Impero del Giappone per diecimila generazioni ? (art. 1).
I tre succitati articoli della Costituzione, in realt?, non si discostano
sostanzialmente da analoghe disposizioni che ritroviamo nelle costituzioni

80 Cfr. Large, op. cit., p. 7, che usa l'espressione ? invention of tradition ? nell'ac
cezione di Hobsbawm (E. Hobsbawm e T. Ranger, Invention of Tradition, Cambridge 1985);
C. Gluck, op. cit.; Joseph M. Kitagawa, ? The Japanese Kokutai [National Community]:
History and Mith ?, History of Religions, XIII-3, 1974.
81 Irokawa, op. cit., p. 256.

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La Costituzione Meiji 41

ottriate europee. Ma combinati con il Commento Ufficiale alla Costituzio


ne di Ito e all'Augusto Giuramento pronunciato il giorno della promulga
zione della carta costituzionale, essi furono alla base della formulazione
dell'ideologia del kokutai. Identificando nel Tenn? l'aspetto culturalmen
te distintivo della tradizione nipponica e il capo della nazione intesa come
? stato-famiglia ? (kazoku-kokka), questa dottrina sarebbe poi servita da
supporto ideologico all'affermarsi di un regime fortemente colorito di to
talitarismo all'interno e ferocemente aggressivo nei confronti dei vicini paesi
asiatici82.
Pu? essere interessante fare una comparazione, su questo punto, con
alcune altre ? proposte costituzionali ? private cui s'? gi? accennato. An
che le pi? liberali fra di esse cominciano elencando le prerogative imperiali
e spesso con una disposizione analoga all'art. 1 della Costituzione Meiji.
Per fare qualche esempio, una delle prime bozze liberali, quella preparata
dall'associazione Omeisha nel 1881, comincia con un esplicito richiamo
al mitico fondatore dell'Impero: ? Il trono imperiale del Giappone sar?
ereditato dai discendenti del Tenn? che regna in quanto discendente in
linea diretta dall'Imperatore Jinmu ? 83. La nota ? Bozza di Costituzione
proposta dalla K?junsha ? (aprile 1881), dopo aver affermato che ? l'Im
peratore governer? il paese per mezzo dei ministri, di un Senato e di un'As
semblea Nazionale ? (art. 1), specifica: ? Il diritto dell'Imperatore a regnare
? sacro e non dovr? mai essere messo in discussione. Tuttavia, i doveri di
governo saranno affidati ai suoi ministri ? (art. 2). Sorprendentemente, anche
pi? esplicito ? il richiamo alla ideologia tennoistica nel testo della gi? ricor
data S?aisha, un'associazione politicamente molto impegnata, nella cui prima
sezione, come abbiamo visto, ? sancito che ? la felicit? del popolo sar? pre
servata per sempre sotto l'eterno dominio della Casa Imperiale ?. Del re
sto, perfino il progetto costituzionale di Ueki Emori (1857-1892), consi
derato unanimamente il pi? ? radicale ?, riconosceva, seppure in misura
limitata, le prerogative imperiali84. In conclusione, e questo ? un punto
importante della nostra tesi, la figura del Tenn? ? presentata nella Costi

82 L'interpretazione della Costituzione Meiji basata sul concetto di kokutai ad opera


di Hozumi Yatsuka (1860-1912) e quella caricata di toni ultranazionalistici e decisamente
misticheggianti di Uesugi Shinkichi (1878-1928), come pure le implicazioni religiose, sa
ranno esaminate, come gi? detto, in altra sede.
83 Irokawa, op. cit., p. 256.
84 II testo della bozza di Ueki (T?y? Dai-Nihonkoku kokken-ari, Bozza della Costitu
zione del Grande Giappone dell'Oriente) ? riportato in K. Inoue, op. cit., Appendice V,
pp. 335-347.

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42 Franco Mazzei

tuzione Meiji con connotazioni non sostanzialmente diverse rispetto a quella


tratteggiata nella maggior parte delle proposte costituzionali ? private ?.
Ma l'Imperatore non era solo all'apice del kokutai, era anche il sovra
no di una monarchia costituzionale. In definitiva, la concezione imperiale
che ne deriv? fu un insieme di elementi (per forza di cosa non sempre ben
amalgamati e, soprattutto, non rigorosamente definiti sul piano normativo
anche per effetto della dicotomia tatemaej honn?) derivanti da una parte
dallo Shintoismo e dall'etica confuciana del periodo Tokugawa, opportu
namente rielaborati, e dall'altra dalle teorie organicistiche tedesche. Per
ora ci limitiamo ad individuare, attraverso un'analisi del testo ? scritto ?
della Costituzione, i poteri, invero molto estesi, che questa formalmente
accordava al sovrano in relazione con gli altri organi dello Stato.
Il Tenn? deteneva il potere legislativo, che veniva esercitato con il
consenso (ky?san) della Dieta (art. 5); sanzionava e promulgava leggi e de
creti (art. 6); aveva facolt? di emanare decreti aventi valore di legge. Fra
questi figuravano i decreti imperiali d'emergenza {kinky? chokure?) per far
fronte a situazioni di crisi mentre la Dieta non era in sessione, dalla quale
poi dovevano essere approvati (art. 8); le cosiddette ordinanze indipendenti
[dokur?tsu meirei) per il ? mantenimento della pace e dell'ordine per la pro
mozione del benessere dei sudditi ?, che per? non potevano essere in con
trasto con le leggi esistenti (art. 9); infine, le ordinanze con cui il sovrano
delegava la propria autorit? a subordinati {inin meirei).
Al sovrano appartenevano il potere esecutivo e il ? potere di coman
do supremo ? (f?suiken) dell'Esercito e della Marina (art. 11). Erano pre
rogative imperiali dichiarare la guerra, fare la pace e concludere i trattati
(art. 13); proclamare lo stato d'assedio (art. 14), conferire titoli nobiliari
e onorificenze (art. 15), graziare, amnistiare e commutare le pene (art. 16).
Il Tenn?, inoltre, aveva poteri fondamentali concernenti la formazione degli
organi costituzionali: nominava e dimetteva i ministri, gli alti funzionari
civili e ufficiali militari (art. 10); convocava la Dieta, l'aggiornava e all'oc
correnza scioglieva la Camera dei Rappresentanti (art. 7); nominava i membri
non ereditari della Camera dei Pari. Il potere giurisdizionale era esercitato
autonomamente dai tribunali, ma ? in nome del Tenn? ? (art. 57, com
ma 1). Infine, al sovrano spettava l'iniziativa in materia di emendamenti
costituzionali, per la discussione e l'approvazione dei quali era richiesta la
maggioranza dei due terzi dei membri delle due camere (art. 73). La proce
dura per la revisione della Legge sulla Casa Imperiale sfuggiva invece del
tutto al controllo della Dieta (art. 74, comma 1). Promulgata contestual
mente alla Costituzione, la legge sulla Casa Imperiale regolava, tra l'altro,
la reggenza (istituita con l'art. 17 della Costituzione) e la successione al

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La Costituzione Meiji 43

trono, che, secondo il modello cinese, divenne ereditaria per via maschile
(anche se in passato non poche donne erano salite sul Trono del Crisante
mo) e del tutto automatica secondo il vecchio aforisma francese ? morto
il Re, viva il Re ?.
La Costituzione poneva tuttavia limiti precisi all'autorit? del sovra
no. Lo stesso art. 4, dopo aver affermato che ? l'Imperatore ? il Capo del
l'Impero, combinando in s? i diritti di sovranit? ?, precisava ? e li esercita
conformemente a quanto disposto da questa Costituzione ?. Da sottolineare
che Ito, nel corso delle discussioni del Consiglio Privato per l'approvazio
ne della Costituzione, fu favorevole al mantenimento di questa clausola
nonostante la pressante richiesta di alcuni membri di sopprimerla 85. In pra
tica, la Costituzione non riconosceva alle decisioni, ai decreti e ai rescritti
imperiali in quanto tali alcuna validit? giuridica. Preciso a questo riguardo
? il dettato dell'art. 55, che prevedeva l'istituto della controfirma ministe
riale: ? I rispettivi Ministri daranno il proprio consiglio (hohitsu) all'Impe
ratore, e ne assumono la responsabilit?. Tutte le leggi, i decreti e rescritti
imperiali di qualsiasi tipo che riguardino affari di stato richiedono la con
trofirma di un Ministro ?. Da rilevare che il termine ? hohitsu ? usato in
quest'articolo indica qualcosa di pi? di un parere; pi? correttamente esso
implica un consiglio per prassi vincolante, che il Tenn? di fatto non poteva
ignorare o rigettare. Tale ? l'interpretazione data da politici e giuristi giap
ponesi. A questo riguardo ? sufficiente ricordare che nel corso della trava
gliata traduzione in giapponese della bozza di costituzione preparata in
inglese dallo staff di McArthur nell'immediato dopoguerra, l'espressione
? the advice and consent [of the Cabinet] ? fu resa dagli esperti giapponesi
appunto con il termine hohitsu. Questa soluzione, ovvia per i giapponesi,
apparve invece scorretta (perch? giudicata ? incompleta ?) dai collaborato
ri di McArthur, che imposero che fosse esplicitata l'idea del ? consenso ? 86.
In breve, secondo quanto sancito dalla Costituzione Meiji, il Tenn? nel
l'esercizio delle cosiddette ? prerogative negli affari di stato ? (kokumu
ken) aveva bisogno del consiglio e della controfirma dei ministri.

6. Altri organi dello Stato

Il Gabinetto, cui la Costituzione dedicava un solo articolo (l'art. 55


gi? riportato) senza peraltro nemmeno menzionarlo, era essenzialmente

85 Cfr. Toriumi, op. cit..


86 . Inoue, op. cit., p. 167 e segg.

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44 Franco Mazzei

un governo ? burocratico ? 87 o, per usare un'espressione della dottrina


giuspubblicistica italiana, ? una forma di governo costituzionale pura di
tipo monarchico ?. Esso non era espressione di una maggioranza parlamen
tare e, pertanto, non era soggetto a voto di fiducia della Dieta: i ministri
erano individualmente responsabili nei confronti dell'Imperatore. Non esi
steva responsabilit? collettiva e il Primo Ministro era una sorta di primus
inter pares, con una debole capacit? di controllo sugli altri membri del
l'esecutivo.
Dal punto di vista strettamente giuridico, non era possibile controlla
re la responsabilit? nell'operato del governo, perch? il mandato dei singoli
ministri (e, come vedremo, anche degli alti comandi militari) era conside
rato, in base al dettato costituzionale, come l'esercizio delle prerogative
sovrane del Tenn?, il quale a sua volta, sempre dal punto di vista giuridi
co, era totalmente ? irresponsabile ?. Da aggiungere che la Costituzione
non conteneva alcuna disposizione sulla formazione del Gabinetto, sui rap
porti che questo avrebbe dovuto intrattenere con la Dieta e con lo stesso
sovrano, n? individuava l'organo che avrebbe dovuto delineare l'indirizzo
politico generale del governo. Fin dalla promulgazione della Costituzione,
tuttavia, per bocca dell'allora Primo Ministro Kuroda Kiyotaka l'oligar
chia nel suo insieme ? compreso il moderato Ito ? si premur? di sostene
re la tesi del ? gabinetto trascendente ? (ch?zen naikaku)88. Essa implicava
che il governo, posto alle immediate dipendenze del Tenn? del quale era
organo integrativo (necessit? della controfirma ministeriale per ogni atto
imperiale), doveva trascendere, essere al di sopra delle parti, vale a dire
dei partiti politici (con implicito un senso di sfiducia nei confronti di que

87 Cfr., ad esempio, Yoshida Yoshiaki, Nihonkoku kenp? ron (Una dissertazione sul
la Costituzione del Giappone), T?kyo 1990, p. 28-31; H. Yasuda, ? The Modem Emperor
System as it Took Shape Before and After the Sino-Japanese War of 1894-5 ?, Acta Asiati
ca, . 59, 1990, pp. 38-58.
88 In un discorso tenuto ai governatori delle prefetture il giorno successivo alla pro
mulgazione della Costituzione, il Primo Ministro Kuroda afferm? quanto segue: ? E inevi
tabile che vi siano punti di vista diversi su come governare. E egualmente inevitabile che
in una societ? vi siano partiti politici, formati da coloro che condividono lo stesso punto
di vista. Il governo per? deve costantemente mantenere un corso fisso e, tenendosi in di
sparte dai partiti politici, seguire la via delPimparzialit? e della correttezza?. Le stesse idee
furono esposte da Ito tre giorni dopo (il 15 febbraio 1889) ai presidenti delle assemblee
delle prefetture: ?... L'Imperatore sta al di sopra del popolo ed ? staccato da tutti i partiti.
Di conseguenza, il Governo non pu? favorire un partito rispetto ad un altro. Deve essere
corretto ed imparziale. Ed il Primo Ministro, che assiste l'Imperatore [...], non deve per
mettere che il Governo sia manipolato dai partiti ?. Cfr. Akita, op. cit., p. 70.

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La Costituzione Meiji 45

st'ultimi da parte degli oligarchi che, invece, erano convinti di perseguire


obiettivi generali del paese), e quindi al di sopra della Dieta.
Questa si componeva della Camera dei Pari (Kizokuin) o Camera Alta
e della Camera dei Rappresentanti {Sh?giin) o Camera Bassa (art. 33). La
prima comprendeva membri ereditari e di nomina imperiale (art. 34): espo
nenti della famiglia imperiale e della nobilt?, cittadini particolarmente me
ritevoli per servigi resi allo Stato, personaggi di grande prestigio e alcuni
fra i maggiori contribuenti. Per usare un'espressione del tempo, la Camera
dei Pari doveva rappresentare ? il sangue, i meriti e la ricchezza ? della
nazione. La sua funzione politica era essenzialmente quella di controllare
l'altro ramo della Dieta. Questo era composto dai rappresentanti del popo
lo (art. 35), che era invero poco rappresentato a causa della limitatezza del
suffragio: alle prime elezioni, nel 1890, i 300 membri della Camera dei Rap
presentanti furono eletti in 257 circoscrizioni dai soli cittadini maschi con
un reddito imponibile di almeno 15 yen (appena 1,13% della popolazio
ne) 89. Le due camere avevano gli stessi poteri, con l'eccezione che quella
dei Rappresentanti aveva il diritto di deliberare per prima sul bilancio del
lo Stato (art. 65). Sotto questo profilo vigeva, quindi, un bicameralismo
quasi perfetto.
La Dieta doveva riunirsi in sessione ordinaria una volta all'anno per
la durata di almeno tre mesi (art. 42). Oltre alla eventuale proroga della
sessione ordinaria, erano previste sessioni straordinarie (art. 43). Le sedu
te di entrambe le camere dovevano essere pubbliche; tuttavia, il dibattito
poteva essere svolto a porte chiuse su richiesta del Gabinetto o della mag
gioranza dei membri della rispettiva camera (art. 48). Entrambe le camere
avevano facolt? di darsi un regolamento interno (art. 51). A tutti i membri
della Dieta, infine, erano riconosciute determinate garanzie a tutela della
loro libert? e indipendenza. Le immunit? dei parlamentari erano sostan
zialmente due: irresponsabilit? per le opinioni espresse ed i voti dati nel
l'esercizio delle loro funzioni (art. 52) ed improcedibilit?, per il solo periodo
in cui la Dieta fosse in sessione, di un provvedimento restrittivo della li
bert? personale (ad eccezione dei casi di flagranza ovvero di reati concer
nenti tumulti interni o disordini all'esterno) in assenza dell'autorizzazione
a procedere della camera di appartenenza (art. 53).
Come abbiamo detto, nelTesercitare il potere legislativo il sovrano aveva
bisogno del consenso della Dieta (artt. 5, 37 e 8, comma 2). Ad essa la
Costituzione riconosceva la facolt? d'iniziativa legislativa (art. 38), il po

89 Cfr. R.H.PP. Mason, Japan's First General Election: 1890, Cambridge (Mass.) 1969.

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46 Franco Mazzei

tere di presentare pareri (iken) al Governo, che se non accolti non poteva
no per? essere ripresentati nel corso della stessa sessione (art. 40), e me
moriali al Trono (art. 50), ma non l'autonomia di legiferare. Strutturalmente
la Dieta era debole nei confronti del Gabinetto, il quale poteva rimanere
in carica anche dopo un voto di sfiducia da parte della Camera Bassa (co
me del resto avvenne gi? nel 1893 con il secondo Gabinetto Ito). Il parla
mento disponeva tuttavia di un importante potere di interdizione nei
confronti dell'esecutivo: l'approvazione del bilancio preventivo (art. 64), che
? come abbiamo visto ? doveva essere discusso prioritariamente dalla
Camera dei Rappresentanti (da notare, comunque, che le spese della Casa
Imperiale sfuggivano al controllo parlamentare). Tale potere metteva in grado
la Dieta di ostacolare i programmi di governo, ma non di bloccarne l'atti
vit? in quanto, grazie alla disposizione contenuta nell'art. 71, al Gabinet
to era consentito fare ricorso al bilancio dell'anno precedente in caso di
mancata approvazione parlamentare di quello nuovo. Questa specie di
asso nella manica a favore del governo, che avrebbe dovuto consentire al
l'esecutivo di continuare a governare anche in presenza di una dura oppo
sizione parlamentare, si rivel? di scarsa efficacia a causa della continua
lievitazione dei prezzi ed all'incessante aumento della spesa pubblica, so
prattutto nel settore degli armamenti90.
Mentre il Genr?in veniva abolito, la Costituzione preservava invece
il S?mitsuin o Consiglio Privato, i cui membri erano chiamati a ? delibera
re su importanti questioni di stato se consultati dall'Imperatore ? (art. 56).
Il Consiglio era composto da un presidente, un vicepresidente e almeno
dodici membri d'et? superiore ai quarant'anni, scelti per lo pi? tra la no
bilt? e l'alta burocrazia. Ampia era la sfera delle competenze di questo or
gano consultivo del Tenn?, che, denominato ? custode della Costituzione ?,
interfer?, a volte pesantemente, nelle attivit? del governo e della Dieta.
Se la Camera dei Rappresentanti era l'espressione dei ? partiti del popo
lo ?, che grazie anche ad un giornalismo militante avevano una presa sul
l'opinione pubblica non trascurabile, la Camera dei Pari e il Consiglio Privato

90 L'oligarchia si rese ben presto conto, e con disappunto, di aver concesso troppo
all'opposizione. Tra il 1890 e il 1894 fu costretta a sciogliere la Camera dei Rappresentanti
ben quattro volte. Nel 1898 fu sperimentato il primo governo partitico (con Okuma Primo
Ministro e Itagaki agli Interni). Due anni dopo lo stesso Ito fond? un ? partito del popo
lo ?, la Rikken Seiyukai (Associazione Costituzionale degli Amici Politici), ? destinata ad
essere la maggior protagonista della vita parlamentare del trentennio successivo ? (Beonio
Brocchieri, op. cit.). Sugli immediati sviluppi parlamentari, cfr. V. Ferretti, ? Istituzioni
parlamentari e tradizione autoritaria nel tardo Meiji ?, in A. Priori (a cura di), Tradizione
e modernismo nelle societ? asiatiche agli albori del secolo XX, Roma 1985.

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La Costituzione Meiji 47

erano invece gli organi costituzionali di cui l'oligarchia si serviva per fre
nare le iniziative dell'altro ramo della Dieta e, quindi, per cercare di neu
tralizzare l'azione dei partiti.
Ma oltre all'oligarchia (in sostanza la ? fazione Satsuma-Ch?sh? ?) e
i partiti politici, esisteva una terza forza che alla lunga fin? con il rappre
sentare la pi? grave minaccia per l'indipendenza del Gabinetto: la ? fa
zione militare ?, gunbatsu, ai vertici della quale la Costituzione di fatto
riconosceva autonomia e dalla Dieta e dal governo. L'articolo 11 recitava:
<< L'Imperatore ha il potere di comando supremo (t suiken) dell'Esercito
e della Marina ?. Questa disposizione fu interpretata nel senso che tale po
tere era esercitato al di fuori del controllo della Dieta e del Gabinetto. Lo
Stato Maggiore dell'Esercito e lo Stato Maggiore della Marina (quest'ulti
mo resosi indipendente dal primo nel 1893), in quanto massimi responsa
bili delle operazioni e della strategia delle rispettive armi, erano intitolati
a ? consigliare ed assistere ? il Tenn? nell'esercizio della sua ? prerogativa
di comando supremo ?, con la conseguente ? facolt? di diretto accesso al
Trono ?. Il principio sancito dall'art. 11, noto come ? indipendenza del co
mando supremo ? (t suiken no dokuritsu), effettivamente poneva i capi delle
due armi al di fuori del controllo del governo civile. A questa facolt? costi
tuzionale i capi militari non fecero mai ricorso, ma la sola possibilit? o,
peggio, minaccia di ricorrervi diede loro una potente arma di contrattazio
ne politica nei confronti del Primo Ministro. Le prerogative imperiali con
cernenti l'amministrazione delle forze armate non facevano invece parte
del t suiken ed erano regolate dall'art. 12: ? L'Imperatore determina l'or
ganizzazione (hensei) e le forze da mantenere in tempo di pace ?. Trattan
dosi di una normale prerogativa amministrativa (kokumuken), il Tenn? in
questi casi era ? consigliato ed assistito ? non dai capi di stato maggiore
bens?, secondo quanto previsto dall'art. 55, dal Ministro dell'Esercito o
dal Ministro della Marina in qualit? di membri del Gabinetto. Come si pu?
facilmente intuire, la demarcazione tra le sfere di applicazione dei due ar
ticoli (vale a dire, prerogativa di comando supremo e prerogativa ammini
strativa negli affari militari) non era sempre chiara, e si comprende pure
come i leaders delle forze armate tentassero di dare una interpretazione la
pi? estensiva possibile all'art. 11, come avvenne in maniera drammatica
in occasione della ratifica del Trattato Navale di Londra nel 1930 91.

91 Cfr. T. Masuda, ? The Emperor's Right of Supreme Command as Exercised up


to 1930: A Study Based Especially on the Takarabe and Kuratomi Diaries ?, Acta Asiatica,
. 59 (1990).

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48 Franco Mazzei

Quando a ci? si aggiunse la norma secondo la quale i ministri delle due


armi dovevano essere ufficiali ? in servizio attivo ?, gli alti comandi furo
no messi nelle condizioni non solo di operare in autonomia ma di tenere
in ostaggio il Gabinetto. Infatti, attraverso il diritto di selezionare i due
ministri militari essi erano in grado di bloccare la formazione di un nuovo
governo, come pure di provocarne in qualsiasi momento la caduta facendo
dimettere uno dei due ministri, giacch? ? come sappiamo ? il Primo Mi
nistro disponeva di un limitato controllo sugli altri membri dell'esecutivo
(che rispondevano direttamente al Trono) e, comunque, doveva rassegna
re il mandato qualora non fosse in grado di nominare tutti i ministri mem
bri del Gabinetto.
Infine, i rapporti tra cittadini (indicati sempre con il termine ? sud
diti ?) e Stato erano regolati dal cap. II, ? Diritti e doveri dei sudditi ?
(artt. 18-32), con poche e laconiche norme, inserite immediatamente dopo
quelle riguardanti l'Imperatore. Dopo aver affermato il principio dell'am
missibilit? dei sudditi alle cariche civili e militari secondo le modalit? pre
viste dalla legge (art. 19), che come sappiamo erano particolarmente
restrittive, ed elencato i principali doveri (prestare il servizio militare, art.
20, pagare le tasse, art. 21), la Costituzione enunciava i diritti dei cittadi
ni. In particolare si garantivano il diritto di scegliersi il domicilio (art. 22),
di segretezza della corrispondenza (art. 26), l'inviolabilit? della propriet?
(art. 27), il diritto ad un equo processo penale (art. 24), la libert? di parola,
di stampa, di riunione, di riunione in pubblico e d'associazione (art. 29),
ma sempre con la clausola ? entro i limiti fissati dalla legge ? ovvero con
il rinvio ad ulteriore statuizione, concedendo cos? ampia discrezionalit? al
legislatore ordinario92.
Era altres? garantita la libert? di professione religiosa, ma anche qui
con una clausola limitativa: ? sempre che ci? non rechi pregiudizio alla pa
ce e all'ordine e non sia contraria ai doveri di suddito ? (art. 28) 93. E sta
to osservato che mentre si riconoscevano i ? diritti di libert? ?, non si
specificavano quelli politici e che del tutto assenti erano i cosiddetti ? di
ritti sociali ?. Quest'ultimi peraltro anche in Occidente furono enunciati
in maniera sistematica per la prima volta solo nel 1919 con la Costituzione
di Weimar.

92 I limiti della tutela dei diritti dei cittadini nella Costituzione Meiji sono sottoli
neati un po' da tutti gli studiosi.
93 Relativamente ampia ? la bibliografia su questo punto. In Italiano, per una breve
introduzione all'argomento si veda la recensione di V. Ferretti (in Storia Contempor?nea,
XX-4, 1991) al volume di H. Hardacre, Shint? and the State 1868-1888, Princeton 1989.

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La Costituzione Meiji 49

7. Agenti e interpreti della ?volont? del Tenn? ?

Dall'analisi finora svolta emerge che il meccanismo istituzionale pre


visto dalla Costituzione Meiji era nel suo complesso disarticolato: i singoli
organi dello stato operavano largamente in autonomia ma erano soggetti
ad un insieme, spesso paralizzante, di controlli incrociati. La cornice uni
taria a questa frammentazione dei poteri era data dalla relazione diretta
che ciascun organo aveva con il sovrano, della cui ? volont? ? doveva esse
re il fedele ? esecutore ?. Per questo suo sistema di poteri divisi, diverso
da quello classico di Montesquieu 94, la Costituzione Meiji ? stata parago
nata da Mitani a quella degli Stati Uniti, che, come noto, ? basata su un
sistema di check and balance 95.1 ? padri fondatori ? americani, per i qua
li l'obiettivo primario della Costituzione doveva essere la difesa della li
bert? (in primo luogo quella religiosa), originariamente optarono per questo
modello perch? consideravano l'adozione del governo parlamentare ingle
se, centrato sul predominio del partito di maggioranza, una potenziale mi
naccia per la libert? (la cosiddetta ? tirannia della maggioranza ?).
Analogamente, l'adozione del principio della frammentazione dei poteri
nel Giappone Meiji, secondo Mitani, rispondeva all'esigenza, fortemente
avvertita dagli oligarchi, come si ? ripetutamente sottolineato, d'impedire
che uno degli organi dello stato diventasse potente al punto da mettere in

94 Nel discorso tenuto ai presidenti delle assemblee delle prefetture il 15 febbraio


1889 (vedi nota 88), Ito, sulla base delle formulazioni teoriche di von Gneist e von Stein,
esplicitamente definisce ? superata ? la teoria della divisione dei poteri di Montesquieu.
Cfr. Tsunoda et al., op. cit., pp. 667-668.
95 Mitani, op. cit., p. 60-62. La questione divenne successivamente oggetto di con
troversia tra i costituzionalisti sostenitori del kokutai (Hozumi Yatsuka e Uesugi Shinki
chi) da una parte e i costituzionalisti liberali, come Minobe Tatsukichi (1873-1948) e Sasaki
S?ichi (1878-1965), dall'altra. Discepolo di Paul Laband, secondo cui la ? volont? natura
le ? del monarca s'identifica con la volont? giuridica dello Stato, Hozumi sosteneva l'equa
zione: Tenn? wa sunawachi kokka nar?, ? Il Tenn? ? lo Stato ?. Poich? gli ? organi ? altro
non dovevano essere che strumenti della volont? del Tenn? ed in tal senso erano in posizio
ne paritaria, egli condannava il sistema parlamentare inglese, in cui il potere legislativo con
trollava anche quello esecutivo, ed esaltava invece il sistema costituzionale Meiji perch?
aveva realizzato ? al massimo grado la divisione dei poteri di tipo americano ?. Di conver
so, Minobe, sostenitore della nota teoria del ? Tenn? come organo dello Stato ?, affermava
(ma pi? tardi, quando la cosiddetta ? democrazia Taish? ? era in pieno sviluppo) che la
Costituzione giapponese, a differenza di quella degli Stati Uniti, non era basata sulla posi
zione paritaria dei tre poteri, ma sulla preminenza dell'organo legislativo in quanto espres
sione della pi? alta volont? dello Stato. Cfr. Minobe Tatsukichi, Kenp? satsuy? (Compendio
della Costituzione), T?kyo 1926.

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50 Franco Mazzei

pericolo il nuovo ordine basato sui valori della ? restaurazione del potere
imperiale ? (?sei-fukko).
Perch? questo complicato meccanismo funzionasse era necessario che
il vertice (il Tenn?) fungesse effettivamente da elemento di coordinamen
to e d'armonizzazione fra i vari organi dello stato. In base all'elenco dei
poteri che la Costituzione gli attribuiva, il Tenn? avrebbe dovuto non solo
? regnare ma anche governare ?. Tuttavia, secondo la lettura honne che fu
da tutti data, la Costituzione Meiji fu applicata in modo da rendere mini
ma l'effettiva capacit? d'esercizio del potere politico da parte del sovrano.
In realt?, la monarchia non solo era, come s'? gi? visto, irresponsabile dal
punto di vista del diritto, ma anche politicamente ? inattiva ?. A questo
riguardo va rilevato che con la disposizione contenuta nell'art. 3 della Co
stituzione, secondo cui ? l'imperatore ? sacro e inviolabile ? e nella quale
molti storici (evidentemente non avvezzi alle costituzioni ottriate europee
dell'Ottocento) hanno visto sanzionato ? l'assolutismo del Tenn? ?, si in
tendeva in realt? porre il sovrano fuori della mischia politica collocandolo
? fra le nuvole ?.
Sia la giustificazione della sovranit? in termini mitico-religiosi (? coe
va con il Cielo e la Terra ?), tenj? muky?, come specificato nel testo della
Proclamazione Imperiale, con l'implicito richiamo al passato mitologico della
dinastia Yamato, sia l'elevazione (o la relegazione) del sovrano a ratificato
re del consenso raggiunto erano state deliberate scelte politiche di Ito, scelte
che avevano fatto storcere il naso al suo pi? stretto collaboratore prussia
no, Roesler 96. Questi non solo era fermamente contrario all'interpretazione
mitologica della sovranit? (il primo articolo della bozza da lui preparata
recitava semplicemente: ? Il Giappone ? una monarchia ereditaria per sempre
indivisibile ?), ma era anche favorevole all'inserimento nel testo della co
stituzione di uno specifico articolo con cui si attribuisse la presidenza del
Gabinetto all'Imperatore. Prevalse, naturalmente, la tesi di Ito, condivisa
da Inoue, secondo cui il Trono doveva essere politicamente passivo, con
funzioni quindi ben diverse da quelle esercitate dal Kaiser che, nelle paro
le dello stesso Ito, aveva invece la funzione di ? dirigere l'intero meccani
smo costituzionale ? 97. Traspare qui la consapevolezza di Ito che sarebbe
spettato a lui ed ai suoi colleghi oligarchi prendere le effettive decisioni

96 Da rilevare, tuttavia, che il richiamo agli aspetti mitico-religiosi della sovranit? ?


solo indiretto sia nel testo della Costituzione che nella relativa Proclamazione Imperiale.
Per la traduzione in inglese di quest'ultimo documento, cfr. MJTCS, pp. 93-95.
97 Cfr. Hiratatsu Atsushi (a cura di), Ito Hirobumi hiroku, Tokyo 1929, p. 308, cita
to in Mitani, op. cit., p. 63. Il corsivo ? nostro.

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La Costituzione Meiji 51

politiche che formalmente erano attribuite al Tenn? con un'operazione di


facciata di mera ingegneria costituzionale (tatemae).
Come abbiamo visto, secondo la Costituzione il compito di mettere
al ? riparo ? il sovrano da un diretto e personale coinvolgimento nell'azio
ne politica spettava ai singoli membri del Gabinetto, al Consiglio Privato
ed agli Alti Comandi. In realt?, esisteva un'ulteriore barriera protettiva,
per certi versi ancor pi? efficace, eretta per garantire la sua ? incontamina
zione politica ?: il Ministro Interno o Guardasigilli (Naidaijin) 98 e il Mi
nistro della Casa Imperiale (Kunaidaijin), che fungevano da tramite tra il
sovrano e il Gabinetto, il Capo Aiutante di Campo (Jij?kanch ) e il Gran
Ciambellano (Jij?ch?). La separazione istituzionale tra la Corte (Ky?ch?),
che anche finanziamente era autonoma e il Governo (Fuehu) e la stessa to
pografia del Palazzo Imperiale, con il suo ampio parco isolato dal resto del
la capitale con mura e fossati, miravano anch'esse, come sottolinea Titus 99,
a proteggere il sovrano dai ? germi ? della politica.
Inibita di fatto al Tenn? per tacito e pressoch? unanime consenso, la
funzione di coordinare e di equilibrare i vari organi in cui era frammentato
il potere era svolta da un organo extra-costituzionale, il consiglio degli ? sta
tisti anziani ?, gemo o genkun, i leaders della Restaurazione Meiji soprav
vissuti, sotto la cui guida era stato istituito il regime costituzionale. Che
fosse la stessa oligarchia, nella forma selezionata dei gemo, ad attribuirsi,
con una sorta di implicita procura da parte del Tenn?, il ruolo di far fun
zionare il sistema non deve meravigliare pi? di tanto per almeno due ragio
ni. Innanzitutto, ci? rispondeva ad un modello di gestione del potere per
? delega ? proprio della tradizione politica nipponica; in secondo luogo, i
gemo, si presentavano come personalit? modali, vale a dire come individui
che pi? degli altri avevano interiorizzato i valori e le norme derivanti dal
l'ethos da una parte ed avvertivano i bisogni del ? nuovo Giappone ? che
essi stessi avevano creato dall'altra. Si badi che proprio in questa combina
zione (di per s? mutevole) di valori tradizionali (riassunti nell'espressione
wakon = etica giapponese memoria storica continuit?) e di nuovi
bisogni {y?sai = tecnica occidentale nuove conoscenze -* cambiamen
to) veniva ipostatizzata la cosiddetta ? volont? imperiale ? 10?. Gli statisti

98 II Naidaijin fu istituito nel 1885. Come il Ministro della Casa Imperiale, non fa
ceva parte integrante del Gabinetto.
99 Cfr. David A. Titus, Palace and Politics in Prewar Japan, cit., opera fondamentale
sulla ? politica di Palazzo ? nel Giappone prebellico.
100 Questo modello esplicativo con riferimento al processo di modernizzazione ? svi
luppato nel nostro saggio ? La specificit? della transizione giapponese ?, cit., pp. 113-114.

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52 Franco Mazzei

anziani si presentavano come gli ? interpreti ? di questa ? volont? ? incar


nata nel Tenn?, mentre gli altri organi dello stato dovevano esserne i ? fe
deli esecutori ?. E come tali i genr? erano percepiti dal Paese nel suo insieme,
ad eccezione ovviamente di coloro che volevano distruggere il nuovo ordi
ne (gruppi estremisti) o che ad essi volevano sostituirsi (i leaders dei ? par
titi del popolo ?). In breve, i genr? apparivano i pi? legittimati ad agire in
nome del Trono ed in sua vece in quanto si presentavano come i garanti
della continuit? in termini di identit? nazionale e, nello stesso tempo, co
me i ? padri fondatori ? dello stato giapponese ? moderno ?, cio? in grado
di rispondere adeguatamente alla ? sfida occidentale ?101.
I primi ad avere il titolo di genkun, nel 1889, furono Ito e Kuroda,
seguiti poi da Matsukata, Oyama Iwao (1842-1916), Saig? Tsugumichi
(1843-1902), Yamagata Aritomo e Inoue Kaoru. Nel 1912 a questi, o pi?
precisamente ai quattro sopravvissuti (Matsukata, Oyama, Yamagata ed
Inoue) si aggiunsero Katsura Taro (1848-1913) e Saionji Kinmochi
(1849-1940), prot?g?s rispettivamente di Yamagata e Ito. A parte Saionji
che era un nobile di corte, tutti gli altri erano samurai di medio e basso
rango provenienti quattro da Satsuma e quattro da Ch?sh?. La loro in
fluenza cominci? a declinare gi? con la morte di Ito nel 1909. Con la scom
parsa di Yamagata nel 1922 e di Matsukata due anni dopo, rimase il solo
Sayonji a gestire la scelta del Primo Ministro fino al 1937.
Compito cruciale dei genr? era, appunto, la designazione del capo del
l'esecutivo, che poi veniva nominato formalmente dal sovrano. C'? da ag
giungere che dal 1885 al 1900 a questa carica si alternarono quasi sempre
un genr? di Ch?sh? ed un genr? di Satsuma. Grazie alle strette connessioni
che avevano con la Camera dei Pari, il Consiglio Privato e gli Alti Coman
di Militari, oltre che per il carisma di cui individualmente e come gruppo
erano dotati, gli ? statisti anziani ? riuscivano a controllare tutti i princi
pali organi dello stato ad eccezione di uno: la Camera dei Rappresentanti,
punto di forza dei partiti. Nelle intenzioni dei genr?, la stabilit? del siste
ma era comunque garantita dalla ? trascendenza ? del Gabinetto, la quale
avrebbe dovuto metterlo al riparo delle ? volubilit? ? della camera eletti
va. Ma cos? non fu.
Anche se separati, tra i due organi ? il Gabinetto e la Dieta ? era
inevitabile che nella prassi si instaurasse un contatto che, seppur privo di
rilevanza giuridica, fin? gradualmente coli'assumere connotazioni rilevanti

101 R. Hackett, ? Political Modernization and the Meiji Gemo ?, in R. Ward (a cura
di), Political Development in Modern Japan, Princeton 1968.

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La Costituzione Meiji 53

anche dal punto di vista del diritto. ? ci? che avvenne, del resto, con lo
Statuto Albertino allorch?, grazie alla sua ricordata ? elasticit? ?, senza al
cuna mutazione del testo sin dall'inizio della sua applicazione i ministri no
minati dal Re vollero anche la fiducia del parlamento. Come annota a questo
riguardo il Barile, nessun ministro avrebbe apposto la sua controfirma su
atti palesemente invisi alle camere; per cui grazie alla fiducia e alla contro
firma nel loro meccanismo contemporaneo, il Re diventava un ? potere neu
tro ? e la forma di governo si trasformava da costituzionale puro in
parlamentare 102. Mutatis mutandis, una trasformazione per molti versi ana
loga, seppure molto lenta e tortuosa, si ebbe con la Costituzione Meiji. Fin
dalla prima sessione della Dieta apparve evidente che la Camera Bassa, che
operava fuori del controllo dei gemo, pur non avendo facolt? di esprimere
o di far dimettere il Gabinetto, aveva per? il potere di impedirgli di gover
nare. Il primo a prendere atto di ci? fu proprio Ito, che appena dieci anni
dopo la promulgazione della Costituzione non esit? a fondare egli stesso,
come gi? ricordato, un ? partito del popolo ? accettando cosi l'arena parla
mentare come terreno dello scontro politico.
L'evoluzione fu nel senso che il sistema costituzionale fini col funzio
nare in parte con il principio dei poteri divisi e in parte con quello del go
verno parlamentare. R.P. Stevens, sulla base di un'interessante analisi in
cui utilizza un sofisticato modello teorico, ha definito questo sistema ? co
stituzionalismo ibrido ?, caratterizzato da un esecutivo strutturalmente molto
debole in quanto soggetto a veti plurimi103. L'impossibilit? da parte dei
gemo di controllare il ramo elettivo della Dieta, con il conseguente ricorso
ad una forma seppur rozza di parlamentarismo, fu indubbiamente causa
di instabilit? politica; ma ? altrettanto indubbio che ci? dava anche dina
mismo e finanche un carattere di potenziale democraticit? al sistema, di
cui l'unico elemento effettivo di stabilit? fu la perpetuazione della sovra
nit? imperiale.
Lungi dal creare uno stato assoluto, nell'accezione rigida usata dagli
studiosi giapponesi, l'intelaiatura costituzionale offriva ampio spazio al con
flitto, come pure alla collaborazione beninteso, tra le elit?s. A questo livel
lo il vero problema, in definitiva, non era d'ingegneria costituzionale, ma
di natura squisitamente politica: il diverso equilibrio di forze che di volta
in volta si veniva a creare tra oligarchia, partiti politici e gruppo militare
in relazione al nodo politico centrale, vale a dire il controllo del Gabinet

102 P. Barile, Istituzioni di diritto pubblico, Padova 1992, pp. 83-84.


103 R.P. Stevens, ? Hibrid Constitutionalism in Prewar Japan ?, The Journal of Japa
nese Studies, vol. 3-1 (winter 1977).

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54 Franco Mazzei

to. Spettava ai gerir? in quanto ? agenti per il Tenn? ? fissare i nuovi equi
libri, ed in questo ruolo essi si rivelarono una forza stabilizzante che risul
t? decisiva per il processo di modernizzazione del paese. Pur massima
espressione del potere oligarchico-burocratico, rispetto ai successivi leaders,
compresi quelli della ? democrazia Taish? ?, gli ? statisti anziani ? mostra
rono di avere lungimiranza politica, un pi? alto senso dello Stato ed un
atteggiamento molto meno aggressivo in politica estera. Sorprende soprat
tutto la loro lucida consapevolezza dei pericoli e dei vantaggi derivanti dal
tumultuoso corso degli eventi internazionali in cui, seppur coercitivamen
te, si era immesso il Giappone, da loro trasformato nel volgere di pochi
decenni da un oscuro paese ancora feudale situato agli estremi lembi del
Eurasia in una potenza mondiale.
Il meccanismo cominci? ad incepparsi con il graduale declino dell'in
fluenza dei gemo, dovuto oltre tutto a cause anagrafiche. Ne beneficiaro
no i ? partiti del popolo ? che, grazie a nuove condizioni socio-economiche
e culturali del Paese, fra cui un'interpretazione liberale della Costituzione
secondo cui il Tenn? era un ? organo ? dello stato seppure il pi? importan
te, nonch? a favorevoli congiunture internazionali, riuscirono per qualche
tempo ad imporre governi parlamentari. Mutate ancora una volta le condi
zioni politiche interne ed esterne, furono i militari a pretendere d'essere
non pi? semplici ? esecutori ? ma i genuini interpreti della ? volont? del
Tenn? ?, a loro dire attorniato da ? cattivi consiglieri ?, facendo cosi pen
dere l'equilibrio politico decisamente a proprio vantaggio.
Cambiavano gli attori ma immutato rimaneva il ruolo effettivo del Ten
n?, sostanzialmente sacrale (nell'accezione weberiana) ma politicamente
passivo; un ruolo, in definitiva non dissimile da quello sancito anche for
malmente (e, quindi, questa volta senza distinzione tra tatemae e honne)
dall'attuale Costituzione, democratica e pacifista, imposta durante l'occu
pazione delle Forze Alleate dal Generale Douglas MacArthur.

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