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Come scriveva Alexis de Tocqueville un se- calmente diversa, anche le norme dei gala
colo e mezzo fa: «nulla, a prima vista sem- tei sono da considerarsi espressione di am
bra meno importante della forma esteriore figurazioni sociali specifiche e diverse2,
delle azioni umane, eppure nulla vi è cui gli Mentre i galatei di Antico Regime sono stati
uomini attribuiscano più valore: essi si ahi- al centro di una forte e prolungata attenzio
tuano a tutto, eccetto a vivere in una società ne storiografica, i galatei ottocenteschi sono
che non ha la loro educazione. L'influenza stati a lungo trascurati dagli storici, soprat
esercitata dallo stato sociale e politico sulle tutto in Italia, laddove proprio nell'Ottocen
maniere merita, dunque, di essere seria- to essi conobbero uno straordinario succes
mente esaminata»1: le buone maniere, il so editoriale. Infatti, se il Settecento è stato
comportamento micro-sociologico degli in- definito il secolo d'oro degli almanacchi, si
contri quotidiani e i galatei che ne codifica- può dire che l'Ottocento lo è stato dei gala
no le regole non sono vuote formalità, segni tei: con una straordinaria coincidenza tem
privi di senso, ma fanno parte di un conte- porale, molti paesi europei e non, tra cui
sto politico, sociale e culturale più ampio, Francia, Germania, Italia, Inghilterra e Stati
costituiscono la testimonianza di progetti Uniti, videro un'espansione senza prece
politico-pedagogici che vanno al di là della denti della produzione di galatei. È vero che
semplice trasmissione di norme spicciole di il fenomeno, impressionante dal punto di
comportamento. In altre parole, le buone vista quantitativo (si parla di centinaia e
maniere sono forme di comunicazione del centinaia di manuali, tra nuovi titoli e riedi
sistema sociale, significati impliciti usati zioni, pubblicati in ciascun paese), deve es
per enfatizzare legami e rapporti, «ideali di sere in parte ricondotto allo sviluppo otto
relazione», canali con cui gli individui inte- centesco dell'industria editoriale, alla diffu
ragiscono: se è vero, come osserva Mary sione dell'alfabetismo e al consolidarsi di
Douglas, che la maggior disponibilità al un pubblico via via più ampio di lettori,
riso dei pigmei rispètto agli haitiani testi- Nondimeno questi fattori da soli non basta
monia di una struttura socio-politica radi- no a spiegare le ragioni del «matrimonio»
3 N. Elias, La civiltà delle buone maniere. La trasformazione dei costumi nel mondo
le, Bologna, Il Mulino, 1982; Potere e civiltà, Bologna, Il Mulino, 1983 [Basel, 1
confluiti in un unico: Il processo di civilizzazione, Bologna, Il Mulino, 1988 [Frankf
4 Alla società di corte è dedicato in particolare un altro volume di Elias, anteriore
e rielaborato dalla sua tesi di habilitation, anche se pubblicato solo più tardi: La soc
Mulino, 1980 [Darmstad und Neuwied, 1975].
5 Dialogano criticamente con Elias tutti i saggi contenuti nel libro a cura di D. Bom
maniere tra Medioevo ed Età Moderna, Milano, Guerini e Associati, 1991; cfr. in
Elena Brambilla, Modello e metodo nella «società di corte» di Norbert Elias, pp. 149
6 D. Knox, «Disciplina». Le origini monastiche e clericali della civiltà delle buone maniere in Europa, «Annali
dell'Istituto storico italo-germanico di Trento», 1992, pp. 355-370; sulle origini cittadine delle buone manie
re, cfr. D. Romagnoli, Cortesia nella città: un modello complesso. Note sull'etica medievale delle buone manie
re, in D. Romagnoli (a cura di), Buone e cattive, cit, pp. 21-70.
7 Va citata anche la critica di Hans Peter Duerr, il quale nega che nell'Antichità greco-romana e nel Medio
evo, come nelle culture non europee, ci sia stato un rapporto più libero col proprio corpo e parla del senso
di pudore come «appartenente alla natura dell'uomo»; cfr. H.P. Duerr, Nudità e vergogna II mito del processo
di civilizzazione, Venezia, Marsilio, 1991 [Suhrkamp, 1988).
8 G. Simmel, Sociologia, Torino, Edizioni di Comunità, 1989 [Berlin, 1908); M. Weber, Economia e società I.
Tèoria delle categorie sociologiche, Torino, Edizioni di Comunità, 1999, pp. 31-32 [Tübingen, 1922); H. Hec
kendorn, Wandel des Anstands im französichen und deutschen Sprachgebiet, Bern, H. Lang, 1970; H.V. Kru
mrey, Entwicklungstrukturen von Verhaltensstandarden. Eine Soziologische Prozessanalyse auf der Grund
lage deutscher Anstands- und Manierenbücher von WO bis 1970, Frankfurt am Main, Suhrkamp, 1984; la
letteratura di area tedesca sull'argomento è in realtà molto più vasta. Per citare solo alcuni testi: W. Brede,
Was sollen Benimmbücher? Eine soziologische Kunst-Betrachtung in K. von Franken, Der gute Ihn. Wie
benehmeich mich vornehm?, München, Matthes und Seitz, 1977; G. Häntzschel, Bildung
licher Frauen 1810-1918. Eine Quellendokumentation aus Anstandsbiichern und Lebenshi
und Frauen als Beitrag zur wäblichen literarischen Sozialisation, Tübingen, M. Nieme
stesso autore, Anstandsbücher, Ratgeber, Bildungshilfen für Frauen im 19. Jahrhunder
Internationalen Germanisten-Kongresses, Bern, Rupp und Roloff, 1980; H. Trümpy, Anst
skundliche Quellen, in Probleme der Gegenwartsvolkskunde, Wien, Selbstverlag des Verein
1985; R. Mitralexi, Über den Umgang mit Knigge. Zu Knigges « Umgang mit Menschen» u
und Veränderung im 19 und 20 Jahrhundert, Freiburg, HochschulVerlag, 1984; U. Docker
bürgerlichen Welt. Verhaltensideale und soziale Praktiken im 19. Jahrhundert, Frankfurt-Ne
1994; sui galatei di epoca guglielmina come fonte per lo studio dell'habitus corporeo, c
non pubblicata di L. Wagner, Bürgerliche Verhaltensnormen in Anstandsbüchern der Ka
Wirkprinzipien bürgerlicher Körpersprachnormierung um die Jahrhundertwende, Tübin
9 Per un'interessante discussione sul tema della definizione di galateo cfr. S.E. Newton, L
A Guide to American Conduct Books Before 1900, Westport, Greeenwood Press, 1994.
finisce per perdere di vista il rapporto di ri- Questo stesso modello, dando prova di una
flessione-costruzione che li lega alla società longevità davvero notevole, perdurò in Ita
e che ne costituisce a mio avviso la princi- lia sino a dopo l'unificazione, quando venne
pale ragione di interesse. La tesi di Botteri è sostituito da un altro modello, attorno al
che in età moderna un solo e unico modello quale «il consenso sociale fu unanime per
di comportamento, tratto dal Galateo di quasi un secolo, non solo in Italia ma nel
Della Casa e di ispirazione cattolica e con- l'intero Occidente, fino a tutti gli anni ses
troriformistica, si sarebbe imposto al di là santa del Novecento»14: il che dimostrereb
delle divisioni confessionali e di ceto tanto be l'esistenza di una domanda sociale basa
nell'Europa cattolica quanto in quella rifor- ta sul consenso spontaneo e non sul dom
laico e l'immagine per molti versi opposta Interessanti anche i confronti tra galatei
che di questa stessa società ci è restituita settecenteschi e galatei ottocenteschi: men
dalla storiografia sui galatei or ora citata - tre il galateo settecentesco istruiva i giovani
una società statica, consensuale, non scossa sulle maniere dell'adulto e i provinciali sul
da spinte contrastanti né da tensioni sui le maniere di Londra, l'etichetta ottocente
modelli comportamentali -, mi pare troppo sca insegnava alla borghesia a comportarsi
stridente per passare inosservato. Un'anali- come la nobiltà. E collegato a questo aspet
si più attenta alle differenze interne alla to: mentre gli autori settecenteschi tendeva
produzione dei galatei porterebbe probabil- no ad usare le maniere come categoria pri
mente ad un'immagine più articolata degli maria di analisi, dividendo le persone tra
stessi galatei e della società di cui erano civili e incivili, piuttosto che in gruppi so
espressione. ciali che possedevano determinate maniere
solo come caratteristica secondaria, gli au
I Ita aristocrazia O borghesia tori ottocenteschi fecero delle buo
Diversamente da quella italiana, la storio- niere un epifenomeno dell'appartene
grafia inglese ha analizzato i galatei soprat- classe. Ancora: diversamente dal
tutto in relazione al problema del rapporto settecentesco, che aveva incoraggia
17 M. Morgan, Manners, Morals and Class in England, 1774-1858, New York, St Martin's Press, 1994; M.J.
Wiener, Il progresso senza ali La cultura inglese e il declino dello spirito industriale (1850-1980), Bologna, Il
Mulino, 1985 [Cambridge, 1981],
18 I libri di Morgan e Curtin, pur essendo a mio avviso i più significativi, non esauriscono la storiografia sui
galatei inglesi ottocenteschi; cfr. A. St George, The Descent of Manners. Etiquette, Rules and the Victorians,
London, Chatto & Windus, 1993; J. Carré (a cura di), The Crisis of Courtesy. Studies in the Conduct-Book in
Britain, 1600-1900, Leide, Brill, 1994; accenni sull'argomento si possono trovare anche in L. Davidoff, The
Best Circles: Society, Etiquette and the Season, London, Croom Helm, 1973; J. Wìldeblood e P. Brinson, The
Polite World, Oxford, Oxford University Press, 1965.
19 N. Elias, La civiltà delle buone maniere, cit, pp. 239-240. L'argomento ricorre anche in altri studi: in
Civiltà materiale, economia e capitalismo, Fernand Braudel ha sottolineato la funzione delle buone maniere
quale stimolo alla ricchezza capitalistica in rapporto alla tavola, mettendo in evidenza come un insieme di
nuovi lussi legati al cerimoniale del pranzo si diffusero in Francia e in Inghilterra nel corso del Settecento;
Daniel Roche nel suo lavoro sulla Storia delle cose banali ha posto in luce come le stesse scuole e collegi
incrementarono norme di vita sociale che erano anche regole di consumo per le cose e come le regole che
erano conformi alla civiltà delle buone maniere producessero al tempo stesso nuovi bisogni; F. Braudel,
Civiltà materiale, economia e capitalismo. Le strutture del quotidiano (secoli XV-XVIII), Torino, Einaudi,
1993 [Paris, 1979], pp. 179-183; D. Roche, Storia delle cose banali La nascita del consumo in Occidente,
Roma, Editori Riuniti, 1999 [Paris, 1997], p. 68.
20 L.B.R. Goodwin, An Archaeology of Manners. The Polite World of the Merchant Elite of Colonial Massa
chusetts, New York, Kluwer Academic/Plenum, 1999.
21 R.L. Bushman, The Refinement of America Persons, Houses, Cities, New York, Alfred A. Knopf, 1992.
22 N. Armstrong, The rise of the domestic woman, in N. Armstrong e L. Tennenhouse (a cura di), The Ideo
logy qf Conduct Essays on Literature and the History qf Sexuality, New York-London, Methuen, 1987; usa i
galatei pubblicati nell'Inghilterra settecentesca per affrontare il problema della costruzione di immagini e
modelli di mascolinità lo studio di Ph. Carter, Men and the Emergence of Polite Society, Britain 1660-1800,
Harlow, Longman Parsons, 2001; sull'origine sessuata della formazione della borghesia e sul ruolo che in
essa vi hanno svolto le donne dr. M.P. Ryan, The Cradle of the Middle-Class: The Family in Oneida Country,
New York, 1790-1865, Cambridge, Cambridge University Press, 1981; L. Davidoff e C. Hall, Family Fortunes.
Men and women of the English middle class, 1780-1850, London, Routledge, 1992.
25 R. Halttunen, Confidence Men and Painted Women: A Study of Middle-class Culture in America, 18)0
1870, New Haven-London, Yale University Press, 1982.
24 L.H. Lofland, A World of Strangers, New York, Basic Books, 1973; E. Goflman, Il rituale dell'interazione,
Bologna, Il Mulino, 1988 [Chicago, 1967]; e, dello stesso autore, Il comportamento in pubblico, Bologna, Il
Mulino, 1971 [New York, 1963]; La vita quotidiana come rappresentazione, Bologna, Il Mulino, 1969 [Gar
den City, N.Y., 1959],
la condanna dell'ipocrisia e l'insistenza sul- sto agli spettatori teatrali: la conclusione cui
la sincerità nei manuali di galateo equivale- giunge Rasson è che le buone maniere co
va in realtà alla condanna degli sforzi di stituivano un «cuscinetto» tra una società
mobilità ascendente e delle strategie recita- che si proclamava democratica e relazioni
tive ad essi collegati. di diseguaglianza capitalistica, un modo
È un'interpretazione ripresa e rielaborata per mediare «between the requirem
da John Rasson in Rudeness and Civility, a democratic polity and the deman
Manners in Nineteenth-Century America: social distinction within an upward
Rasson riconduce il successo ottocentesco bile urban middle class»26,
dei libri di buone maniere negli Stati Uniti Per molti aspetti diverso l'approccio di Dal
alle difficoltà crescenti di decifrare il pro- leti Hemphill, che critica Rasson e Halttunen
cesso urbano nelle grandi città anonime per aver sopravvalutato il tema della sincer
delia costa orientale: l'attenzione rivolta tà e per aver dimenticato le origini settecen
alle buone maniere, la complessa «semiotics tesche di fenomeni ottocenteschi. A partire
of everyday life» e la crescente codificazione dalla constatazione che tre sono le categorie
delle regole, erano modi con cui significare principati attorno a cui ruota il discorso dell
la propria appartenenza sociale e ricono- buone maniere, e cioè la classe sociale, l'età
scere quella altrui, per superare le incertez- e il sesso delle persone coinvolte nello scam
ze relative ad una società urbana25. Partico- bio sociale, il suo Bowing to Necessities: A ta
larmente ricca di spunti l'analisi che Ras- story of Manners in America, 1620-1860vuo
son fa del controllo emotivo imposto dai ri- le essere un esame formale delle regole per
tuali delle buone maniere, che finivano col le relazioni di classe, età e sesso nelle colonie
creare un senso di identità più problemati- settentrionali degli Stati Uniti27. Influenzata
co - esternamente freddo e controllato, in- anch'essa dalle teorie di Erwing Goffman,
ternamente ansioso e conflittuale - e che si Hemphill si concentra sul tema del
25 J.F. Kasson, Rudeness and Civility. Manners in Nineteenth-Century Urban America, New York, Hill and
Wang, 1990; ma la storiografia statunitense sull'argomento è più ampia; dr. S.E. Newton, Learning to behave
cit, che procede poi analizzando i galatei a seconda del gruppo sociale cui si rivolgono, bambini, donne e
uomini; A.M. Schlesinger, Learning how to Behave: A Historical Study of American Etiquette Books, New York,
The Macmillan Company, 1946; E. Aresty, The Best Behavior: the Course of Good Manners -from Antiquity t
the Present - as Seen through Courtesy and Etiquette Books, New York, Simon and Schuster, 1970.
26 J.F. Kasson, Rudeness and Civility, cit, p. 257.
27 C. Dallett Hemphill, Bowing to Necessities: A History of Manners in America, 1620-1860, New York, Oxford
University Press, 1999.
28 Meritano di essere menzionati i numerosi lavori coordinati da Alain Montandon presso l'Università di
Clermont-Ferrand: attenti a come i galatei organizzano lo spazio (le passeggiate, i luoghi pubblici, gli spazi
della civiltà amorosa), alle tipizzazioni nazionali ed europee che riguardano il comportamento, al rapporto
tra convivialità e gentilezza, al «vocabolario» delle buone maniere, gli studi raccolti da Montandon riman
gono tuttavia, a mio avviso, frammentari, in alcuni casi mancano di sostegno teorico e, concentrati soprat
tutto sugli aspetti letterari dei manuali di comportamento, sottovalutano la loro funzione disciplinante; va
comunque apprezzato lo sforzo comparativo, il tentativo di far dialogare il «discorso» sulla civiltà europea
con quello sulle buone maniere che lo attraversa; dr. A. Montandon (a cura di), Dictionnaire raisonné de la
politesse et du savoir-vivre du Moyen Age a nos jours, Clermont-Ferrand, Faculté des Lettres et Sciences
Humaines, 1993; e per la cura dello stesso Montandon, Traités de savoir-vivre en Italie, Clermont-Ferrand,
Faculté des Lettres et Sciences Humaines, 1993; Pour une histoire des traités de savoir-vivre en Europe,
Clermont-Ferrand, Faculté des Lettres et Sciences Humaines, 1994; L'Europe des politesses et le caractére des
nations. Regards croisés, Paris, Economica, 1997; Les espaces de la civilité, Mont-de-Marsan, Editions Inter
Universitaire, 1995; è sulla Francia, ma non fa parte dei lavori del gruppo di Montandon, il libro di M.R.
Fisher, Models for manners: etiquette books and etiquette in nineteenth century France, New York, New York
University, 1992.
29 G. Baglioni, L'ideologia della borghesia industriale nell'Italia liberale, Torino, Einaudi, 1974; S. Lanaro, Il
Plutarco italiano: l'istruzione del «popolo» dopo l'Unità, in Storia d'Italia, Annali 4, Intellettuali e potere,
Torino, Einaudi, 1981; e dello stesso autore, Nazione e lavoro. Saggio sulla cultura borghese in Italia 1870
1925, Padova, Marsilio, 1988.
30 Th. Adorno, Minima moralia. Meditazioni della vita offesa, Torino, Einaudi, 1994 [Frankfurt, 1951], pp. 30
31; la stessa visione dell'etichetta come sistema residuale, destinato inevitabilmente a sparire, emerge anche
nel contesto e nei tempi ben diversi del Luhmann di Struttura della società e semantica, che la colloca tra le
forme involutive della comunicazione: essa «servì all'espressione delle differenze di classe nella interazione e,
perciò, divenne più indispensabile di mano in mano che il rango, soprattutto dell'alta nobiltà, perdeva grada
tamente altri fondamenti e altre sicurezze». Secondo il sociologo tedesco, «proprio perché vincolata a questa
funzione, l'etichetta non potè diventare nemmeno punto di partenza dello sviluppo di forme di interazione
nuove e adatte ai tempi; essa potè formarsi solo in modo involutivo»; tanto che, con l'imporsi di una «diversa
comprensione della interazione umana», finì per essere «trascinata come onere gravoso»; cfr. N. Luhmann,
Struttura della società e semantica, Bari, Laterza, 1983 [Frankfurt, 1980], p. 94.
31 J. Revel, Gli «usi» delle buone maniere, in Ph. Ariès e R. Chartier (a cura di), La vita privata Dal Rinasci
mento all'Illuminismo, Roma-Bari, Laterza, 2001 [Paris, 1986], p. 158.
32 R. Chartier, Letture e lettori nella Francia di Antico Regime, Torino, Einaudi, 1988 [Paris, 1987], pp. 25-66.