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Il raggiungimento di uno stadio di consapevolezza prescinde dall'età anagrafica del

bambino: si parla di età musicale e non di età anagrafica; tanto prima un neonato
sarà stato esposto al fenomeno musicale, tanto prima raggiungerà un buon grado di
consapevolezza musicale.

Durante la gravidanza, il bambino si trova immerso in un “bagno sonoro” che ha


importanti implicazioni strutturali e funzionali sul sistema uditivo e che
condizionerà in
buona parte il suo sviluppo psichico ulteriore (Imberty, 2002). L’esperienza di un
costante esercizio di ascolto comporta una veloce maturazione dell’udito, tale da
rivelarsi alla nascita come l’unico organo completamente mielinizzato (Volta,
2010).
Uno studio condotto dalla ricercatrice canadese Barbara Kisilevsky (2000) ha
permesso
di definire che l'esordio dell'ascolto fetale avviene a circa 29 settimane di età
gestazionale. Dai risultati dello studio si evince che i feti con 29 settimane di
età
gestazionale manifestano incrementi della frequenza cardiaca e della quantità di
movimenti corporei in risposta ad una stimolazione sonora esterna e che tali
manifestazioni non si verificano in feti più giovani. Tali evidenze permettono di
situare
lo sviluppo dell'apparato uditivo tra la 26a
e la 28a
settimana (EG), parallelamente alla
mielinizzazione assonica delle vie uditive che condurrà ad una rapida trasmissione
dei
segnali uditivi dall'orecchio al tronco cerebrale intorno alla 29a settimana (EG)
(Moore,
2002).
Nella fase prenatale l’udito si caratterizza come percezione di natura liquida:
l’orecchio
esterno e quello medio, nel liquido amniotico, hanno una scarsa funzione uditiva e
lo
stimolo acustico arriva direttamente alla coclea (Volta, 2010). L’orecchio interno
funziona già a partire dalla 20a settimana, quando il feto è in grado di recepire
stimoli
acustici, anche se prevalentemente nelle basse frequenze (Spence & Freeman, 1996).
Il
liquido amniotico e i tessuti addominali materni trasformano in vibrazione gli
stimoli
acustici che giungono al feto e generano un effetto filtrante che agisce
prevalentemente
sulle alte frequenze (Volta, 2010) e in modo minore su frequenze inferiori a 300 Hz
(la
soglia udibile sale progressivamente fino a 1200 Hz) (Imberty, 2002).
L’attraversamento delle pareti addominali e del liquido amniotico comporta anche
una
sensibile attenuazione nell’intensità delle stimolazioni sonore esogene. La madre
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svolge, in tal senso, un’importante funzione di protezione da rumori provenienti
dal
mondo esterno potenzialmente stressanti per il feto.
L’universo sonoro prenatale è caratterizzato in modo prevalente da rumori di fondo
prodotti dal corpo della madre: battito cardiaco e flusso ematico, respirazione e
movimenti ondulatori del diaframma, rumori prodotti da funzioni di alimentazione e
digestione. È all’interno di questo ricco sfondo sonoro che si inserisce quella che
Volta
definisce la “vera musica”: la voce materna, che si propaga attraverso gli organi e
l’apparato scheletrico giungendo fino al bacino che funge da cassa di risonanza
(Volta,
2010, p. 89).

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