Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
Storia e
Geostoria
Tomo A
Storia e geostoria
LA PREISTORIA
Con la scomparsa dei dinosauri, i mammiferi ebbero il sopravvento, iniziando quel lungo processo che porta agli
ominidi e all’homo sapiens. Dale Russel si è chiesto se l’uomo avesse avuto lo stesso destino nel caso in cui i dinosauri
non si fossero estinti.
LA TEORIA DELL’EVOLUZIONE
Darwin fu il primo ad affermare che anche l’uomo si è sviluppato a partire dalle specie animali precedenti. Non
intendeva però dire che l’uomo deriva dalle scimmie ma che l’uomo e le scimmie hanno un antenato in comune.
Secondo Darwin, l’evoluzione della specie è regolata da due leggi fondamentali: la lotta per la vita e la selezione
naturale solo gli individui che sanno adattarsi all’ambiente sopravvivono e si affermano.
Es. delle giraffe: non hanno il collo lungo perché si cibano delle foglie più in alto ma perché, a causa del cambiamento
del clima esse si estinsero eccetto alcune che avevano il collo più lungo e riuscirono a far fronte alla mancanza di cibo
mangiando le foglie più alte.
LA SPECIE UMANA
L’uomo è un mammifero che appartiene al gruppo dei primati (189 specie divise in 15 famiglie). Della famiglia degli
ominidi siamo rimasti solo noi uomini. Noi ci distinguiamo dai nostri parenti più prossimi, i pongidi, e dagli altri
animali per l’aspetto fisico e l’intelligenza oltre che per la postura eretta e il cervello molto più sviluppato.
Il più lontano antenato dell’uomo di cui abbiamo notizia e l’Australopiteco che comparve nelle savane dell’Africa
orientale 4 milioni e mezzo di anni fa e si è estinto 1 milione di anni fa. Egli camminava già dritto, ma aveva un
cervello molto piccolo, in ogni caso la postura eretta gli permetteva di avere maggior visibilità e disporre di mani
libere per afferrare gli oggetti e difendersi primo importante passaggio per giungere alla specie umana.
I primi uomini risalgono a 2 milioni e mezzo di anni fa, anch’essi vissuti in Africa. L’uomo è diverso dalle bestie perché
è capace di modificare il suo comportamento in base ai bisogni, non è dominato solo dall’istinto, è capace di produrre
strumenti (primo segno dell’intelligenza) e migliorare la sua condizione di vita. Il primo uomo, proprio per l’abilità di
produrre oggetti è chiamato Homo habilis, con lui ebbe inizio la preistoria.
IL PALEOLITICO E IL NEOLITICO
Tra i resti che gli archeologi hanno ritrovato, particolare interesse hanno gli strumenti da lavoro oggetti in pietra e
per questo la preistoria viene definita anche età della pietra. Dividiamo questa età in due periodi principali, il
paleolitico e il neolitico, e in uno di passaggio, il mesolitico.
PALEOLITICO MESOLITICO NEOLITICO
(2 milioni e mezzo di anni fa a 12000 anni (da 12000 anni da a 10000 (da 10000 anni fa a 5000 anni fa)
fa) anni fa)
Inizia con l’homo habilis e i suoi È la media età della pietra. Nuova età della pietra. Gli
strumenti, egli realizza, infatti, primi In seguito all’ultima oggetti ottenuti con la
strumenti in pietra. glaciazione ( sciolse i scheggiatura della pietra, in
Dopo di lui comparve l’uomo erectus ghiacciai delle Alpi, rese il questa era venivano levigati
che imparò a utilizzare il fuoco con clima in Africa più caldo e rivoluzione agricola.
esiti molto positivi: cuocere il cibo, permise il passaggio tra L’osservazione della natura
scaldarsi, illuminare, difendersi dalle Asia e America poiché il portò a una grande scoperta: i
bestie… 400000 anni fa l’uomo erectus mare si era abbassato) semi di alcune piante, caduti
si estinse e apparve l’homo sapiens iniziò questa nuova era e per caso sul terreno,
che aveva il cervello più sviluppato, in questo periodo l’uomo germogliavano e davano vita a
praticava riti funebri e dimostrò i perfeziona la caccia, la nuove piantine. L’uomo si
primi approcci con l’arte (sviluppò un pesca e addomestica il fermava dove la terra era più
pensiero nuovo: la spiritualità). Un cane. fertile provocando la crescita
homo sapiens in particolare è l’uomo L’uomo inventa l’arco e le delle piantine utili per cibarsi e
di Neanderthal, dal nome della città prime tecniche per così nacque l’agricoltura,
tedesca dove vennero ritrovati i resti*. conservare il cibo, come attività nata dalle donne. Nello
Le prime tracce dell’uomo moderno si buche nel terreno. stesso periodo, gruppi di
trovano in Medio oriente e risalgono cacciatori trovarono
circa a 100000 anni fa homo conveniente non uccidere
sapiens sapiens o uomo di cro- subito gli animali che avevano
magnon (rimase l’unico uomo sulla catturato ma tenerli in vita
terra a partire da 35000 anni fa). fino al momento in cui
L’homo sapiens sapiens è protagonista dovevano cibarsi, così nacque
di grandi migrazioni su tutto il l’allevamento del bestiame.
continente. In questo periodo si + diffusione di nuovi materiali
sviluppò l’arte rupestre e vi è un tessitura (fibre di animali e
progresso nel vivere la vita spirituale e vegetali intrecciate) e
le sepolture furono più frequenti. ceramica (argilla dei fiumi
modellata ed essiccata).
* LA SCOPERTA DELL’UOMO DI NEANDERTHAL
L’uomo venne ritrovato casualmente durante degli scavi nella valle del fiume Neander. In particolare venne ritrovato
parte dello scheletro tra cui la calotta cranica che però presentava caratteristiche diverse dai precedenti studi: le
pareti della calotta erano più spesse e il cranio aveva una forma lievemente schiacciata.
L’uomo di Neanderthal si estinse probabilmente per le malattie portate dall’uomo sapiens sapiens.
L’uomo preistorico doveva convivere in terribili situazioni con batteri, parassiti e in una natura che offriva condizioni
ambientali terribili e dove l’uomo trovava ripari in rudimentali dimore. Per questo andiamo contro l’idea del filosofo
Rousseau che ipotizzava la vita dell’uomo in armonia con la natura, ricca di frutti e animali per soddisfare i propri
bisogni.
Il neolitico favorì un’alimentazione a base di cereali che venivano pestati con delle pietre per ricavarne la farina; la
farina però danneggiava la dentatura e lo smalto degli uomini procurando la carie. Gli scheletri del neolitico erano
più bassi di quelli del paleolitico perché specialmente le donne stavano sempre in una posizione che favoriva
deformazioni della colonna vertebrale, es. per produrre farina.
LA RIVOLUZIONE NEOLITICA
Come abbiamo detto con l’avvento dell’ultima glaciazione inizia l’era neolitica. Essa segnò un deciso cambiamento
climatico che mise in crisi in modo di vivere delle comunità umane. In questa età nacquero agricoltura e
allevamento, nuove tecniche di lavorazione come la ceramica e la tessitura. L’uomo inoltre inventa nuovi mestieri e
apparvero nuovi e più importanti ruoli sociali: divenne fondamentale in lavoro svolto e il potere che una persona
esercitava nella società.
Inoltre l’uomo non si limitava a vivere alle spalle della natura, ma iniziò a trasformarla, anche se questo si ripercuote
sull’uomo stesso sotto forma di malattie.
L’uomo con la nascita dell’agricoltura rimane legato all’attività nei campi e ciò portò alla nascita di nuovi attrezzi da
lavoro, come ad esempio la falce.
La rivoluzione neolitica cominciò nel vicino oriente e poi raggiunse la mezzaluna fertile: una zona che ora comprende
i territori palestinesi, siriani e turchi ed è bagnata da numerose e abbondanti piogge. Essa si diffuse anche nelle
grandi valli dove scorrono i principali fiumi: il Nilo, il Tigri, l’Eufrate e il fiume Giallo.
NOMADI E SEDENTARI
I popoli che si dedicarono all’agricoltura si fissarono in modo stabile su un determinato territorio, abitando sempre lo
stesso luogo sedentari o stanziali. Altri che invece privilegiavano la caccia e la raccolta non vivevano sempre nello
stesso territorio e venivano definiti nomadi.
I sedentari conoscevano la divisione del lavoro ed erano organizzati in comunità di capanne, dove ogni uomo aveva la
sua precisa funzione lavorativa, es. Camuni in val Camonica. I nomadi invece non conoscevano né la divisione del
lavoro né la proprietà privata; erano gruppi di poche decine di uomini che si spostavano da zona a zona seguendo le
migrazioni degli animali.
Le case erano costruite con materiali messi a disposizione dall’ambiente e quando esse sorgevano vicino ai fiumi o ai
laghi erano appoggiate su pali di legno conficcati dove l’acqua era poco profonda palafitte, utili a difendere
l’uomo dalle bestie e dall’umidità.
I bisogni di una vita sedentaria portano alla nascita del commercio favorito dalla specializzazione del lavoro e dal
fatto che nell’ambiente in cui l’uomo si fermava mancassero determinati beni baratto (si dà una cosa in cambio di
un’altra). La nascita del commercio richiedeva anche un luogo di scambio perciò nacquero le prime città (10000
anni fa, nel frattempo, in Palestina nascevano città più grandi dei villaggi neolitici, come Gerico).
Nel frattempo cresceva la vita culturale delle comunità neolitiche e i megaliti erano testimonianza della loro cultura.
I megaliti erano grandi costruzioni in pietra; le più semplici sono i menhir, grosse pietre infisse nel suolo – più
complessi erano i dolmen ossia due pietre infisse nel terreno sormontate orizzontalmente da una terza pietra. Si
pensa avessero scopo religioso.
L’uomo impara a usare i metalli il rame si trova allo stato puro in natura, è quindi una pietra particolare che non
si rompe se martellata ma si riduce in lamina sottile. Come il rame anche l’argento, l’oro e lo stagno. Questa fu una
grande scoperta per gli uomini primitivi che la utilizzarono per produrre nuovi oggetti (i primi apparvero nel VIII
millennio a.C.).
Età del rame, dal 5000 al 3000 a.C. – il rame si può fondere, solidificare e rifinire a freddo;
Età del bronzo, dal 3000 al 1100 a.C. – lega nata con stagno e rame e molto più resistente > spade, asce, vasi,
piatti;
Età del ferro, dal 1100 a.C.
aree si ritrovarono in condizioni ambientali e climatiche favorevoli per dare origine alle prime civiltà. Ciò che le
caratterizzava era la possibilità di sfruttare le risorse offerte da fiumi e altri corsi d’acqua. Gli uomini si unirono
all’inizio in villaggi, poi in città e poi in veri e propri stati. Essi riuscirono a organizzare veri e propri sistemi
economici, strutture amministrative e società gerarchizzate. Nei nuovi stati si elaborò la scrittura, si svilupparono le
conoscenze matematiche e scientifiche che permisero la costruzione di architetture complesse.
I SUMERI
LA PRIMA CIVILTA’ URBANA
La prima civiltà della Mesopotamia si formò tra Tigri ed Eufrate, nella terra chiamata Terra di Sumer.
Molti aspetti della vita quotidiana dei Sumeri ci sono sconosciuti ma altri, grazie alla comprensione della lingua
sumera avvenuta poco tempo fa, siamo ora in grado di conoscerli.
Il nucleo originario delle città sumeriche era un villaggio agricolo che risaliva a 5000 anni a.C. e con lo sviluppo, 3000
anni fa, quella terra si era organizzata in grandi città come Ur, Uruk, Eridu e Nippur. Inizialmente queste città erano
autonome, delle vere e proprie città-stato, col tempo alcune divennero ancora più potenti di quel che erano e
nacquero i primi veri e propri imperi impero: città-stato che estende il suo potere su vasti territori.
IL POTERE RELIGIOSO
Al centro della città sorgeva il tempio: una piramide a gradoni, chiamata lo ziqqurat, che simboleggiava la
montagna sacra, sede della divinità (il dio era signore e padrone della città).
Le divinità mesopotamiche rappresentavano le grandi forze dell’universo, tra cui:
AN Dio della volta celeste
ENLIL Dio dell’aria
ENKI Signore della profondità della terra, protettore
dell’umanità
INANNA Dea dell’amore e della guerra
Secondo la religione mesopotamica, all’origine del mondo gli dèi dovevano lavorare la terra fino a che Enki creò dei
servitori che svolgessero quel lavoro al posto loro: gli uomini; ecco perché i Sumeri erano un popolo di agricoltori.
I sacerdoti invece avevano il compito di effettuare i sacrifici, cioè offrire agli dèi i prodotti del raccolto, amministrare
le eccedenze alimentari e distribuirle alla popolazione. I sacerdoti accumulavano grandi quantità di beni nei
magazzini e granai e si preoccupavano della contabilità, delle entrate e delle uscite. Il tempio non era solo un centro
religioso ma anche economico e amministrativo.
IL POTERE POLITICO
Accanto ai sacerdoti del tempio vi era anche il sovrano, un “uomo grande”, il rappresentante degli dei sulla terra,
senza però considerarsi lui stesso una divinità. Spesso viene rappresentato in piedi davanti al Dio che lo protegge
seduto, come se stesse prendendo da lui il potere oppure con una cesta piena di mattoni in spalla come se fosse lui ad
aver richiesto il miglioramento o la costruzione del tempio. Egli poteva ordinare alla popolazione lavori forzati come
la costruzione di canali, edifici o mura e solo gli uomini ricchi e i sacerdoti erano esenti dai suoi ordini.
I sovrani vivevano a palazzo reale, al centro della città con lo ziqqurat. Con il diffondersi delle guerre il re assunse
anche il ruolo di guida dell’esercito.
LA RUOTA
Inizialmente la ruota venne usata dal vasaio come tornio, solo successivamente, sempre in Mesopotamia, dove iniziò
la sua storia, la ruota venne utilizzata come vera e propria ruota per i carri, nuovo mezzo di trasporto. Fra il IV e il III
millennio a.C. questi veicoli cominciarono a viaggiare e essere usati anche in guerra. Come si vede dallo stendardo di
Ur vi erano carri trainati da asini con su guerrieri. Le ruote dei carri erano piene e composte da due pezzi di legno
fissati insieme; sarà solo nel millennio successivo, grazie alla lavorazione dei metalli, che incontreremo ruote a raggi e
carri trainati da cavalli, più veloci.
La scrittura rimase sempre una tecnica che si apprendeva con molti anni di studio, chi la studiava diventava uno
scriba e sapeva leggere, scrivere e far conto garantendosi una posizione privilegiata nonostante le possibili umili
origini.
Al di sopra degli scribi vi erano alti funzionari che con il loro sigillo controllavano il sistema fiscale. I funzionari erano
i nobili che si tramandavano di generazione in generazione il potere e le ricchezze. Il ruolo più alto era comunque
quello dei sacerdoti che erano a stretto contatto con le divinità e le interrogavano prima di intraprendere qualsiasi
grande azione o esaminando le viscere degli animali o osservando il volo degli uccelli.
PROVERBI E CONSIGLI
I proverbi trovano origine nel III millennio a.C. e sono modi di dire scritti talvolta in maniera brutale e diretta che
possono assumere significato del quotidiano o politico. Alcuni rappresentati anche da animali come asini, buoi, leoni e
volpi (le quali però non rappresentano l’astuzia ma la presunzione). Essi venivano usati principalmente dalla classe
dirigente e inseriti anche in documenti di alto livello.
I consigli sono invece codici di buona condotta, una serie di indicazioni dal padre al figlio per vivere serenamente.
GLI ACCADI
I Sumeri si batterono spesso con gli altri popoli della Mesopotamia fino ad essere sconfitti dagli Accadi, provenienti
da Akkad, città che sorge sull’Eufrate. Il loro re era Sargon che divenne il primo imperatore della storia: egli riuscì a
creare nel 2300 a. C. un enorme impero che dalla Mesopotamia arrivava fino al Mar Mediterraneo, ed esso durò per
circa due secoli quando poi venne sconfitto dai Gutei.
I BABILONESI
Verso il 2000 a.C., la Mesopotamia fu invasa dagli Amorrei, un popolo guerriero che sottomise nuovamente i Sumeri
e ne acquisì la loro cultura. Il centro del nuovo impero era Babilonia, anch’essa sull’Eufrate, fortificata da mura e
ricca di giardini e monumenti (es. Torre di Babele). Il primo grande sovrano di Babilonia fu Hammurabi, re di umili
origini che raggiunse con la sua potenza anche la Siria, ricca di legname, metalli e pietre.
Il regno di Hammurabi è celebre soprattutto per un codice di leggi che è giunto a noi per intero. Esso è una lista
legislativa da rispettare all’interno dell’impero scopo politico: un impero, una legge.
La Mesopotamia ci fornisce i primi esempi di organizzazioni per classi sociali, per esempio secondo Hammurabi vi
erano tre classi sociali: gli uomini liberi, gli uomini inferiori (a metà tra uomini liberi e schiavi) e gli schiavi o
nullatenenti. Gli schiavi erano principalmente prigionieri di guerra ma si diventava schiavi anche come punizioni. La
distinzione in classe era riconosciuta anche dalla legge e commettere un reato verso un uomo di classe superiore alla
propria comportava una pena maggiore.
LA TORRE DI BABELE
Tempio piramidale dedicato al Dio Marduk. Esso venne fatto costruire da Nabucodonosor, aveva otto piani
sovrapposti ed era circondato da una cinta quadrata. Sulla piattaforma all’ultimo piano vi era una cappella con un
tavolo d’oro e un letto dove una donna andava per dormire e offrirsi al Dio. La cappella serviva anche da osservatorio
per gli astrologi. Vi era una seconda cappella caratterizzata anch’essa da parti in oro all’interno della quale si
sacrificavano gli animali.
GLI EGIZI
Il Nilo nasce nell’Africa centrale e scava una valle che corre verso il Mediterraneo, questa valle è l’Egitto. Il Nilo
causava periodicamente delle inondazioni, dall’estate fino a dopo l’autunno (stagione delle piogge) e nel momento in
cui le acque si ritiravano lasciavano sulla terra una fanghiglia fertilizzante, il limo. Fin dove arrivavano le piene del
fiume la vegetazione cresceva rigogliosa e dava nutrimento a animali e uomini, oltre vie era il deserto con delle
piccole oasi.
Il Nilo non venne vai risalito fino alle sorgenti, per questa incapacità si pensava che le inondazioni fossero frutto del
volere divino e per questo il Nilo è il fiume degli dei. Oggi sappiamo che esso nasce da due affluenti che si incontrano
presso Khartoum, capitale del Sudan, il Nilo Bianco e il Nilo Azzurro.
La rivoluzione neolitica arrivò in Egitto nel 4500 a.C. circa. L’agricoltura permise fin da subito un grande aumento
demografico; si produceva grano, orzo, lino, fichi e datteri. La zona fertile era lungo le rive del Nilo anche se gli Egizi
intrapresero grandi lavori di canalizzazione delle acque del fiume che consentivano di irrigare anche terre più
lontane dalla riva.
LA STORIA DELL’EGITTO
Già nella preistoria si erano formati due grandi regni: nella parte meridionale dell’Egitto vi era il regno dell’Alto
Egitto, a nord vi era il regno del Basso Egitto.
Poco dopo il 3000 a.C. il sovrano del sud, Narmer, unificò il paese dando vita alla storia egizia regno Tinita. Il
regno era organizzato in una quarantina di provincie, corrispondenti alle antiche comunità locali – i nomi. A questa
epoca risale anche lo sviluppo della scrittura egizia: i geroglifici. Divenne capitale divenne Tini.
Dal 2700 al 2300 a.C. abbiamo una nuova fase: l’Antico Regno con capitale Menfi sul delta del Nilo. Era il periodo
della costruzione delle grandi piramidi, divenute il simbolo stesso della civiltà egizia. Esse erano le tombe del faraone
e la loro grandezza rappresentava la grandezza del faraone.
composta da scribi che si dedicavano all’amministrazione dei magazzini. L’Egitto nono conosceva la moneta e le
entrate e le uscite erano beni materiali, gestiti dallo scriba.
Possiamo rappresentare l’intera società egizia come una gigantesca piramide umana, tutti obbedivano a chi fosse
sopra di loro società autoritaria.
Il faraone aveva potere assoluto, di vita e di morte su tutti gli egizi ed era un vero e proprio Dio in terra – il
titolo era ereditario.
I sacerdoti godevano anch’essi di un grande prestigio, amministravano i templi di tutti l’Egitto e ad ognuno
ne spettava uno in particolare, affidatogli dal faraone.
Appena sotto i sacerdoti, ma molto importanti, vi erano gli scribi che possedevano gli strumenti del sapere e
della cultura e per questo erano favoriti dal faraone con vantaggi economici e privilegi.
Gli artigiani vivevano in città e lavoravano per la decorazione e la costruzione delle tombe.
La condizione dei contadini invece era molto dura. Buona parte del raccolto era ritirato dallo stato ed essi
inoltre dovevano lavorare gratuitamente per costruire canali o fortezze.
Gli schiavi erano quasi sempre prigionieri di guerra o stranieri che vivevano come i contadini anche se a loro
spettavano compiti peggiori, come il lavoro in miniera.
Il villaggio egizio era composto da capanne vicine le une alle altre, divise da piccole vie strette e piene di rifiuti. Le
capanne, di una o due stanze, erano prive di finestre e avevano un pavimento di terra battuta e un tetto di foglie di
palma o palma intrecciate.
Il contadino egizio era povero, perché il raccolto spettava principalmente allo stato e anche la sua alimentazione era
scarsa e disequilibrata malattie (epatiti, dissenterie, verminosi, infezioni agli arti, problemi agli occhi, ulcere…) che
provocavano la morte veloce – la media di vita era di 30 anni.
Gli Egizi si sposavano presto per avere molti figli. Il nucleo famigliare era però ristretto e composto da marito, moglie
egli, tutti sullo stesso piano giuridico e ciascuno con il proprio patrimonio e libertà.
Una parte del tempo libero era dedicata alle distrazioni: pesca, uscita in barca nei canali, passeggiate coi bambini,
musica, danze, giochi di società.
Gli Egizi, specialmente i sacerdoti, si pulivano e lavavano molto. Per gli egizi vi era un forte legame tra pulizia del
corpo e dello spirito. Essi proteggevano la pelle dopo i bagni con oli emollienti e anti-solari (specialmente
nell’esercito) con alla base grassi animali, non alcool.
Gli artisti artigiani avevano una posizione sociale abbastanza privilegiata. Nei
cantieri si lavorava a ritmo sostenuto tutto l’anno specialmente durante la piena del
Nilo. Molti artisti, muratori e artigiani lavoravano nella Valle dei Re per la
costruzione e la manutenzione dei monumenti. Loro vivevano in periferia di Tebe e
avevano turni di otto o nove giorni consecutivi. Durante il regno di Ramsete III gli
operai scioperarono e dichiararono mal contenti per la paga che era sempre
posticipata.
Gli Egizi avevano una religione politeista e credevano in molti dèi, tra cui:
Gli Egizi credevano che l’anima di ogni uomo sopravvivesse nell’aldilà, occorrevano pratiche funerarie:
- il nome del defunto doveva continuare ad esistere, per questo si incidevano le iscrizioni sulle tombe;
- il corpo doveva rimanere intatto mummificazione sarcofago;
- il defunto doveva avere cibo e bevande.
Gli egizi possedevano ampie conoscenze in campo scientifico e tecnico, erano abili in astronomia (idearono un
calendario), matematica, geometria, anatomia e medicina oltre che avere un gusto artistico e culturale visibile
attraverso opere narrative, sapienziali e religiose.
LE PIRAMIDI
Le tombe dei primissimi faraoni erano delle camere sotterranee, al di sopra si costruiva una specie di piattaforma
rettangolare in mattoni e di fronte un altare di mattoni per le offerte al defunto ( mastaba). Poco per volta la
mastaba aumentava di dimensioni e sopra le prime piattaforme se ne costruirono delle altre più piccole.
Dopo molti anni e tentativi si arrivò alle piramidi che conosciamo ancora oggi. Esse sono costruite con grossi macigni
in pietra calcarea di parecchi metri che pesavano fino 15 tonnellate e all’interno vi erano delle gallerie che portavano
fino alla stanza destinata ad accogliere il corpo del faraone. La città dei morti, quindi le piramidi, stavano sulla riva
destra del fiume il defunto arrivava lì dalla riva sinistra dei vivi tramite una barca che rappresentava la barca divina
di Ra, il sole, che viaggiava di notte per tornare al mattino. La barca imboccava un canale artificiale che arrivava il
più vicino possibile alla piramide.
Furono molti i saccheggi nelle piramidi, o almeno i tentativi, poiché in esse oltre al corpo mummificato del defunto, si
ponevano ori e oggetti della quotidianità della persona – si dice tentativi di furto perché era difficile giungere nella
camera del morto dati i numerosi passaggi segreti e camere mortuarie non effettive.
Solo i ricchi potevano gustarsi carne di bue, pecora, montone, oca, piccione, pesce e anatra. Vi era anche la carne di
maiale considerata però da molti impura. Caccia e pesca erano praticate come sport dai ricchi e ciò che prendevano
veniva essiccato al sole (pesce) o bollito/arrostito. Solo nel Nuovo Regno conobbero le uova di gallina.
Come bevande consideravano la birra come dono divino e tutti potevano berla, insieme al vino.
I CRETESI
L’isola di Creta è una vasta terra montagnosa posta al centro del Mediterraneo orientale, che al massimo favoriva
attività marinare. Gli antichi Greci sapevano che Creta era stata abitata da altri popoli molto tempo prima di loro,
ma di essi avevano solo un ricordo fantastico.
Si raccontava di un re, Minosse, che aveva fatto costruire un immenso palazzo chiamato Labirinto. In esso abitava un
mostro mezzo uomo e mezzo toro: il Minotauro. si diceva che minosse dominasse il mare e la stessa Atene doveva
inviagli come tributo dei giovani perché fossero divorati dal mostro. Fu in onore al re che la civiltà si chiamò minoica.
L’epoca di massimo splendore della civiltà cretese va dal XIX al XV secolo a.C.
La civiltà minoica era una civiltà urbana, con centri principali Cnosso e Festo. Le città sorgevano intorno a splendidi
palazzi (il più altro e ricco artisticamente fu quello di Cnosso) facilmente riconoscibili con ampi cortili centrali, un
teatro, sale di udienza, magazzini, (a chi e da cui entrava merce di esportazione e importazione – l’allevamento di
pecore forniva molta lana), laboratori artigianali e abitazioni per i dipendenti della corte. Nel palazzo vi erano anche
i servizi igienici, cosa eccezionale per l’antichità.
Nonostante sappiamo che i Cretesi usavano due tipi di scritture, lineare A (linee orizzontali) e geroglifica, ciò che
sappiamo su questa società, come il fatto che fossero abili navigatori, non proviene dalla scrittura che ancora non è
stata decifrata ma dalla letteratura greca.
Creta può essere definita come una talassocrazia (=dominio del mare), difatti Creta dominava l’intero bacino del
mediterraneo e favoriva un attivo commercio marittimo, una delle poche fonti di ricchezza.
Altre attività, oltre la navigazione commerciale, erano l’agricoltura (cereali, olio e vite) e l’allevamento e l’arte
(creazione di piccoli oggetti e abili nella pittura.
La società dei cretesi era pacifica, non vi era la classe dei guerrieri e non vi è testimonianza di attività belliche.
Ricordiamo solo il sovrano (giudice supremo e discendente della divinità), i sacerdoti, gli artigiani e i mercanti e gli
agricoltori e schiavi.
Essi erano politeisti e consideravano la fertilità un tema fondamentale per la religione cretese, e il toro ne era il
simbolo (spesso raffigurato). La religione era celebrata all’aperto, sui monti, non vi erano importanti templi perché la
natura era il santuario della divinità.
Appaiono molte immagini della divinità, per noi senza nome e fra queste vi è la signora dei serpenti, dea della
fertilità.
Era molto importante la donna, infatti la società aveva una impostazione matriarcale forte.
Il declino della società cretese avvenne intorno al 1450 a.C. a causa di un terremoto o un’invasione dei popoli nemici e
in seguito a un indebolimento Creta venne occupata dai Micenei o Achei, una popolazione proveniente da nord che
conquistò l’isola e diede inizio a una nuova civiltà.
Il mito del Minotauro potrebbe però essere un viaggio dell’individuo che compie interiormente: il giovane che si perde,
supera le prove e si salva per diventare adulti occorre conoscersi e trovare in sé stessi coraggio e intelligenza. Se
accettiamo questa ipotesi il labirinto è dentro di noi, nella nostra anima ed esso è costituito dalle nostre emozioni.
I FENICI
Alcuni secoli dopo l’improvviso tramonto di Creta, si fa spazio un’altra talassocrazia nel Mediterraneo, quella fenicia.
Il termine fenicio significa rosso, e indica probabilmente la porpora, un prezioso colorante che veniva prodotto da
Fenici e commerciato.
I Fenici si stabilirono lungo le coste del Libano almeno 2000 anni prima di Cristo e provenivano dalla penisola arabica
e del Sinai. La civiltà fenicia ebbe un grande sviluppo a partire dal XI secolo a.C. e fondarono importanti città senza
però mai fondare uno stato unitario. Ogni città era retta da un proprio sovrano e costituiva uno stato
autonomo, es. Tiro, Sidone, Biblo. Questo fu però motivo di debolezza in quanto spesso furono dominato da popoli
stranieri (Assiri, Persiani, Greci).
Essi erano politeisti e ogni città aveva la propria divinità, come Melqart (Tiro).
LA PORPORA
La porpora è un colorante per tessuti che veniva estratto da un mollusco. Ogni mollusco aveva una ghiandola che
produceva inchiostro colore rosso intenso ma per ottenere un singolo grammo di porpora occorrevano duemila
conchiglie. Per questo a Tiro vi sono intere colline di gusci di conchiglie, ancora oggi! I molluschi venivano messi a
macerare in vasche di acqua salata insieme a tessuti di lana finché non assorbiva il colore e veniva esposta al sole. In
base alla concentrazione del colore vi erano tonalità di colore dal rosa al viola. La porpora era molto preziosa e
costosa, infatti era il colore tipico di cariche alte, es. il generale romano nel giorno del trionfo o l’ornamento di alti
ecclesiastici (rif. cardinali oggi).
La nave era costituita dalla chiglia, una lunga e robusta trave in legno che andava da poppa a prua e da cui
partivano altre travi ricurve che formavano le fiancate delle navi sulle quali era posto il fasciame che formava la
copertura esterna impermeabile. Al centro della nave si innalzava un albero che reggeva la vela rettangolare e se
non vi era vento vi erano i remi. Le navi merci erano più lente e larghe, quelle da guerra più strette e veloci.
I fenici erano quindi ottimi marinai ed erano temuti e rispettati dagli altri popoli sia come mercanti che come pirati.
Nell’antichità non c’era l’idea di diritto internazionale, cioè di giustizia valida anche per gli stranieri quindi se ne
incontravano uno potevano catturarlo e prendergli i propri beni.
A partire dal IX secolo a.C. i mercanti fenici iniziarono una vera e propria colonizzazione; ai Fenici non importava
occupare vaste estensioni di terra: le loro colonie erano piccoli centri che fornivano solo un approdo sicuro per le navi
e un magazzino per le merci.
Solo in alcuni casi i Fenici occuparono un vasto territorio e fondarono città vere e proprie, tra queste vi è Cartagine.
INVENTORI DELL’ECONOMIA
I Fenici inventarono l’economia moderno, fecero da tramite tra le società primitive basate sul primario, quindi
sull’agricoltura e quelle basate più sul secondario se non il terziario, come nel loro caso, abili nei commerci e nei
servizi.
All’inizio della loro storia essi furono più pescatori e marinai che commercianti ma poi si sviluppò la nuova attività di
scambio per i mari unendo l’agricoltura al mare. La loro fortuna sta nell’avere avuto merce da scambiare e legno per
costruire le barche.
Ai Fenici si può attribuire la vendita porta a porta, perché vendevano anche al dettaglio ai commercianti andando di
villaggio in villaggio.
Per commerciare da una zona all’altra utilizzavano vasi di terracotta, gli orci come container.
Si può dire che i Fenici erano economicamente moderni.
L’ALFABETO FONETICO
Le intense attività economiche richiesero un sistema di scrittura più semplice di quello pittografico o ideografico per
trascrivere i dati, contratti commerciali, contabilità. I Fenici elaborarono un sistema più pratico: l’alfabeto fonetico,
22 caratteri ciascuno corrispondente a un suono.
La scrittura così semplificata divenne alla portata di tutti e gli schiavi persero la loro importanza. I Fenici
svilupparono molta letteratura ma a noi non è giunto niente.
Da questo alfabeto derivano quello latino, cirillico, greco, ebraico e arabo. Essi scrivevano da destra a sinistra, come
fanno ancora gli Arabi e gli Ebrei oggi.
I caratteri fenici erano inizialmente dei disegni, molto semplificati, e il valore del segno era l’iniziale della parola.
Quando i Greci iniziarono a usare le lettere fenicie le girarono al contrario e trasportati nel tempo, questi segni,
rappresentano le nostre lettere.
Tra il IV e il XX secolo a.C. vi fu un massiccio spostamento di popoli nelle varie zone del mondo, per esempio dagli
altopiani dell’Asia centrale e dalle steppe della Russia meridionale si avviò un processo di immigrazione a raggiera
verso sud e verso ovest da parte di tribù nomadi e semi nomadi. L’emigrazione durarono per più di un millennio e
spesso l’impatto dei popoli migranti con le civiltà preesistenti fu violento.
INDOEUROPEI
Tra il III e il II millennio a.C. vi fu un vasto movimento di popoli provenienti dalle steppe asiatiche e dalla zona del Mar
Nero occuparono un’immensa area del continente Euroasiatico, tra l’India e l’Atlantico. Esso non erano un unico
popolo ma gruppi diversi accomunati dalla stessa lingua. La loro lingua era l ’indoeuropeo che indica una famiglia
linguistica, cioè un insieme di lingue della stessa origine. Gli storici della lingua hanno individuato nell’indoeuropeo la
lingua da cui sono derivate moltissime lingue tra loro completamente diverse: dall’italiano moderno al sanscrito. Le
lingue appartenenti a questa famiglia sono ben 425 se si considerano le lingue morte e i dialetti ancora parlati.
LA SOCIETÀ
La società ittita era costituita prevalentemente da schiavi e uomini liberi che erano al servizio del sovrano; la loro
sottomissione si esprimeva con il pagamento di tributi e l’esecuzione di lavori per lo stato.
Il potere del sovrano non era assoluto ma limitato da quello dell’aristocrazia.
Era molto importante il valore attribuito al diritto e alle leggi legge del taglione.
Inoltre:
Migliorarono la lavorazione del ferro;
Addomesticarono il cavallo usato specialmente in guerra;
Portarono in Anatolia statue e architettura egiziane ignorando la pittura;
i sacerdoti e i re utilizzavano la scrittura geroglifica appresa dagli egizi, dai mesopotamici presero la
scrittura cuneiforme per l’amministrazione dello stato.
I SOVRANI ITTITI
Il re ittita insieme alla regina rappresentavano le divinità ittita protettrici dello stato: il dio della tempesta e la dea
del sole.
Il sovrano era:
sommo sacerdote: garantiva ordine cosmico mediava tra l’uomo e Dio e poteva essere deposto solo se
riconosciuto colpevole di sacrilegio
capo militare: guidava gli eserciti e difendeva il popolo
capo della diplomazia: stringeva relazioni e stipulava contratti con le altre potenze vicine, manteneva la
giustizia emanando leggi e garantiva la convivenza civile.
Il sovrano inoltre si curava affinché vi fosse il rispetto della legge.
Molto importante era anche la figura della regina che permise l’emergere di figure femminili nell’antichità di
particolare rilievo culturale e familiare (n.b.: non era società matriarcale!).
Il mito noto come La storia della vacca, del Dio Sole e del pescatore chiarisce la concezione che gli Ittiti avevano della
donna (vedi pag. 121).
Gli Ebrei sono il primo popolo monoteista della storia e il loro testo sacro è la Bibbia (fonte storica perché narra le
vicende raccontando un messaggio religioso e culturale).
La storia degli Ebrei inizia con Abramo e il patto con Dio per la Terra Promessa, in Palestina, promessa da Dio al
popolo in cambio di adorazione.
Verso il 1800 a.C. gli Ebrei vennero guidati da Abramo in Palestina, dando origine alla loro nazione. Abramo sposa
Sara e genera Isacco il quale con Rebecca genera Giacobbe e Esaù. Giacobbe sposò Lea che ebbe dodici figli, ognuno
capo di una tribù.
In seguito a una carestia, un gruppo di Ebrei emigrò in Egitto ma i faraoni iniziarono a perseguitarli e le loro
condizioni divennero dure.
Intorno al 1250 a.C. Mosè, uno dei grandi patriarchi, guidò nuovamente il suo popolo verso la Terra Promessa,
dall’Egitto; durante questo esodo, Dio consegnò a Mosè le tavole della legge dove erano scolpiti i dieci comandamenti.
La legge degli Ebrei, Thorah, è quindi formata da dieci comandamenti e da numerosi obblighi, tra cui:
- rispettare il sabato, giorno da dedicare a Dio e nel quale è proibito lavorare;
- celebrare alcune festività, tra cui la Pasqua liberazione degli Ebrei dall’Egitto;
- mantenere i rapporti con gli altri basati sul rispetto e sulla giustizia per il prossimo;
- non mangiare alcuni cibi come la carne di maiale;
- libertà, responsabilità individuale e uguaglianza;
- riconoscere le altre culture e religioni rispettando i dieci comandamenti.
In Palestina, gli Ebrei non formarono uno stato unitario ma le dodici tribù vivevano in modo autonomo sotto la
guida dei propri anziani e in caso di guerra ci si rivolgeva ai giudici (la Bibbia definisce questo periodo età dei
Giudici).
Verso il 1200 a.C. la terra degli Ebrei venne occupata dai Filistei, nemici molto agguerriti. Per combatterli, gli Ebrei si
unirono sotto il regno di Saul e dopo la morte di quest’ultimo gli succedette Davide che li sconfisse definitivamente,
scegliendo poi come capitale Gerusalemme. Dopo Davide regnò Salomone che garantì floridezza economica, egli ebbe
grande fama per la sua sapienza espressa in sentenze e proverbi e inoltre costruì a Gerusalemme uno splendido tempi
in onore a Jaweh.
Alla morte di Salomone il regno si divise in due stati, spesso in lotta tra loro:
Regno di Israele a nord, con capitale Samaria;
Regno di Giuda a sud, con capitale Gerusalemme.
Il regno di Israele venne distrutto dagli Assiri che nel 722 a.C. conquistarono Samaria, il regno di Giuda venne
distrutto dai Babilonesi di Nabucodonosor II nel 587 a.C. periodo di cattività babilonese: lo stato degli ebrei perse
la sua autonomia per moltissimo tempo ma l’identità religiosa del popolo ne uscì rafforzata. Gli Ebrei vennero ridotti
in schiavitù e condotti a Babilonia dove rimasero per cinquant’anni. Nel frattempo i profeti annunciarono la venuta
del messia successore di Davide, per la formazione della nuova Gerusalemme.
Nel 539 a.C. Babilonia fu conquistata dai Persiani e l’imperatore Ciro, babilonese, permise agli Ebrei di tornare a
Gerusalemme e ricostruire il tempio anche se la Palestina non ebbe più la sua indipendenza e l’attesa del Messia dura
ancora adesso.
GERUSALEMME, LA CAPITALE
Davide aveva occupato il piccolo villaggio fortificato di Gerusalemme e Salomone lo trasformò in una vera e propria
capitale, costruendovi due opere fondamentali: il tempio di Jaweh e il palazzo reale. A questi due edifici erano
collegati i magazzini, le scuderie per i cavalli, le caserme per i soldati, le abitazioni per la corte, per i sacerdoti e per i
servitori.
Oggi di Gerusalemme non resta quasi nulla, solo qualche mura venerate dagli Ebrei come il muro del pianto.
La ripresa dei Babilonesi avvenne sotto una dinastia straniera: fu il popolo dei Caldei a creare un nuovo impero ma
di breve durata. Il più importante sovrano del regno babilonese fu Nabucodonosor II, il quale conquistò e distrusse
Gerusalemme.
Nel 539 a.C. la Mesopotamia venne invasa dai Persiani: conquistarono Babilonia che divenne una provincia del nuovo
impero. Fu l’inizio di un’espansione straordinaria, che portò i persiani a conquistare le regioni del vicino oriente.
Da allora la Mesopotamia perse la sua centralità nelle vicende del mondo antico.
GLI ACHEI
Gli Achei, dopo aver sconfitto le popolazioni presenti in Grecia, fondarono alcune città tra cui Micene, città che dà il
nome a tutta la civiltà degli Achei civiltà micenea.
La città degli Achei era difesa da grandi mura, formate da enormi massi. Essa era una città-fortezza e tutto intorno
ad essa si trovavano le case dei contadini, degli artigiani e degli schiavi. Ogni città-fortezza era gelosa della sua
indipendenza.
L’organizzazione interna della società era piramidale: al vertice vi era un re che aveva anche funzioni sacerdotali;
al suo fianco vi era un capo militare appartenente all’aristocrazia militare. Al di sotto del re vi era una potenza
aristocratica guerriera che controllava anche le terre e più sotto ancora vi era la popolazione e poi gli schiavi che
occupavano il livello più basso della società.
L’economia era prevalentemente agricola. L’artigianato era sviluppato prevalentemente nel settore della tessitura,
della lavorazione della lana e dei metalli come il bronzo e l’oro.
I Micenei erano anche dei navigatori che commerciavano con i paesi dell’area mediterranea; gli scambi avvenivano
con il baratto, poiché ancora non era conosciuta la moneta.
Gli scavi archeologici hanno riportato alla luce molte tavolette con incisi dei segni: questa scrittura prende il nome di
lineare B, si tratta infatti di una scrittura molto simile a quella cretese ma a differenza di quest’ultima, la B è stata
decifrata (1952) - si ritiene inoltre che gli Achei parlassero un antico dialetto greco.
Attorno al XV secolo a.C., gli Achei invasero l’isola di Creta, la sottomisero e nel contempo ne assorbirono la cultura,
sostituendosi ai Cretesi nel dominio del Mar Egeo. Il regno miceneo sull’isola di Creta durò circa due secoli, e i Micenei
raggiunsero persino l’Asia Minore.
ILIADE E ODISSEA
La fama degli Achei è legata alla guerra di Troia, resa celebre dai poemi Iliade e Odissea di Omero. L’Iliade narra la
guerra e l’assedio da parte degli Achei contro Troia, mentre l’Odissea è il racconto lungo e travagliato del ritorno di
Ulisse a Itaca, sua patria.
Inizialmente questi poemi erano orali, cantati da aedi o rapsodi, poi e dal VI secolo a.C. vennero messi per iscritto. Essi
hanno una notevole importanza nel tramandare i valori culturali della civiltà greca.
Non si sa bene il motivo per cui scoppiò la guerra di Troia, probabilmente perché Troia imponeva forti dazi per chi
passava nello stretto dei Dardanelli – motivo commerciale.
*Schliemann nasce nel 1822 nel Meclemburgo, da padre pastore e violento donnaiolo e madre sottomessa dal marito
e debole dalle nove gravidanze. Quest’ultima muore quando Schliemann ebbe solo nove anni e per indisposizione di
denaro il padre smette di pagare gli studi al ragazzino che fu costretto a guadagnarsi da vivere da solo.
A 19 anni va ad Amburgo e poi in Venezuela per lavorare in una ditta tedesca ma durante il viaggio la nave naufraga
e lui si salva a stento. Si ritrova poi ad Amsterdam senza soldi e malato di tubercolosi, grazie alla conoscenza delle
lingue straniere trova lavoro in un’agenzia commerciale e da questo momento iniziò una vita in salita. Egli imparò
rapidamente anche l’olandese e il russo - si trasferì in Russia a 24 anni per lavoro. Poco dopo aver aperto una sua
impresa va in California in seguito alla morte di uno dei fratelli, per raccoglierne l’eredità.
Nel 1856, Schliemann era un uomo ricchissimo e studiò anche il greco moderno in sole sei settimane e si avvicina alla
cultura classica, studiando anche il greco antico e leggendo Omero. Quest’ultima attività gli fa nascere il desiderio di
scoprire dove fosse Troia e andò sulla collina di Hissarlik, ritenuta da lui il posto in cui sorgeva l’antica città (a
discapito degli altri storici che pensavano fosse a Burnabasi). I suoi scavi portarono buoni frutti e tanto entusiasmo:
affiorarono enormi mura ma gli scavi non mostrarono una sola città, bensì nove e quella che secondo Schliemann
rappresentava Troia era al II livello, mentre da scavi successivi si intuì potesse essere al IV livello ma ormai tutto era
distrutto e Schliemann chiese di mantenere la notizia segreta per non farsi associare una cattiva reputazione.
IL MONDO DI OMERO
Dai poemi omerici emergono i modelli di comportamento a cui l’individuo doveva adeguarsi, come la forza
rappresentata da Achille, il coraggio da Ettore e la felicità da Penelope. La poesia di quel tempo aveva una funzione
importante: divertire trasmettendo tutti i valori su cui si fondava la società, a iniziare dalla difesa del proprio onore.
Chi non si vendicava, in caso di offesa, perdeva l’onore e il rispetto da parte della comunità e in questo caso
subentrava la vergogna. Era importante la pubblica stima.
Le storie narrate da Omero vedono tra i loro protagonisti, accanto agli eroi, anche gli dèi e spesso sono proprio questi
ultimi a muovere le sorti delle vicende belliche. Omero raffigura gli dèi come uomini e donne dotati di capacità
eccezionali ma che tuttavia si comportano come uomini e donne normali: litigano, si odiano, si amano, parteggiano
per Troia o per la Grecia e intervengono nei fatti degli uomini elemento divino e naturale creano la complessità
della realtà.
Gli uomini svolgevano sacrifici per gli dei uccidendo animali ai quali si lasciava colare il sangue nella terra perché gli
eroi potessero cibarsene.
Per Omero, l’uomo è composto da due parti: una visibile, il corpo e una invisibile, l’animo che sopravvive alla morte.
Dopo la morte, le anime sopravvivono in una condizione infelice: l’Ade, dove appaiono come deboli immagini, ma
comunque rimangono sempre in vita e possono comunicare con i viventi grazie al sogno. Platone addirittura sosterrà
che il corpo è una prigione per l’anima che si libera veramente solo con la morte.
I racconti omerici ci rivelano anche aspetti politici del periodo miceneo, ad esempio che la monarchia (rappresentata
da Agamennone e Ulisse) è sottoposta ad attacchi che ne minano l’autorità e che le città-fortezza perdevano
importanza a favore dei villaggi che diventavano importanti imponendo ciascuno le proprie regole (vi era il basileus,
capo tra i pari, sostenuto dalla gherusia, consiglio degli anziani). Nel poema omerico appare anche una nuova
istituzione: l’assemblea, adunanza degli uomini liberi chiamati a discutere delle questioni di interesse generale.
Nell’epoca di Omero la guerra non era solo un’occasione per mettere in mostra la forza e il valore degli eroi, ma
anche un modo per guadagnarsi della merce non reperibile in altro modo, come i metalli. Ogni comunità era basata
su un’autonomia autarchica, provvedeva cioè a produrre quanto necessario per il proprio bisogni senza ricorrere a
rapporti con altre comunità: la produzione era essenzialmente agricola e artigianale quindi la guerra e la rapina nei
confronti degli stranieri sopperivano alla mancanza dei beni.
Molto importante era anche il valore dell’ospitalità, che non andava assolutamente violato. L’ospite riceveva un
dono che avrebbe dovuto poi restituire quando sarebbe stato lui stesso ospitante, la restituzione del dono aveva
valore religioso e civile.
Menelao riconosce che l’offesa ricevuta più grande da Paride non fu quella di rapire Elena ma di non essere ospitale.
Gli Achei avevano dato vita a città-fortezza, governate da un re, il basileus. Si trattava di una monarchia (governo di
uno solo) ma pian piano questa forma di governo andò a sostituirsi con l’aristocrazia. Successivamente si vengono a
creare le poleis. Inizialmente poleis significava rifugio, poi indicò quella particolare forma politica di città-stato. La
polis è l’insieme dei cittadini.
All’inizio della sua storia, la polis era una piccola comunità indipendente e ogni polis aveva un suo governo, le proprie
leggi, le sue tradizioni, gli usi e i costumi, un suo calendario e proprie divinità protettrici e inoltre ogni polis aveva un
proprio esercito - le comunità confinanti erano infatti spesso in guerra tra loro. Ciascuna polis era autosufficiente ma
nonostante ciò, i Greci presero coscienza di appartenere allo stesso popolo e di avere in comune la stessa lingua,
cultura e la stessa patria sviluppo delle poleis.
Lo sviluppo della poleis fece uscire la Grecia dall’età oscura. A fianco dell’agricoltura si svilupparono l’artigianato e il
commercio, con tanto di introduzione della moneta*, strumento fondamentale per gli scambi. La crescita
dell’economia favorì la nascita di un nuovo gruppo sociale, i lavoratori, piccoli proprietari terrieri, commercianti e
artigiani, non aristocratici il lavoro nella mentalità greca aveva un ruolo importante.
Le categorie sociali legate al mondo del lavoro appartenevano al demos, cioè al popolo. Nel momento in cui il popolo
e l’aristocrazia si scontrarono si affermò la tirannia. Oggi il termine tirannia ha valore negativo ma al tempo dei
Greci, il tiranno permise l’abbattimento del potere aristocratico e il passaggio a una nuova organizzazione politica: la
democrazia.
LA GRANDE COLONIZZAZIONE
Con l’avvento della democrazia si aprirono anche le strade per la grande colonizzazione: lungo le coste del
Mediterraneo vengono fondate nuove polis Magna Grecia.
Da tutta la Grecia, isole e coste, partirono gruppi di coraggiosi, sotto la guida di un unico capo militare ( ecista –
fondatore) e una volta raggiunta una terra disabitata, i coloni davano vita a una polis. Queste nuove terre erano utili
per far fronte all’aumento della popolazione e la scarsezza di terreni coltivabili.
*LA MONETA
Fin dalla preistoria e per lunghissimo tempo il commercio fu attuato con il baratto ma questa tecnica aveva molti
inconvenienti in quanto era difficile avere un’idea precisa del valore di un prodotto. Un modo più pratico era
confrontare un prodotto con il valore dell’oro e dell’argento ma anche questa operazione risultava complessa perché
tutte le volte bisognava pesare i metalli e assicurarsi che fossero puri.
Furono i primi gli Ittiti a mettere le monete in circolazione, esse erano pezzi d’argento di peso fisso, marchiate con il
simbolo dello Stato ma la moneta Ittita ebbe un uso limitato e ben presto venne abbandonata.
La diffusione della moneta vera e propria si ebbe con il regno di Lidia nel VI secolo a.C. dove di emisero monete d’oro e
argento. Questa invenzione passò al regno persiano dove, sotto il potere del re Dario, si coniò il darico.
Furono però i Greci a diffondere la moneta in tutto il mondo: ad Atene venne coniata la dracma che si impose
internazionalmente, anche se in altre città vi furono diverse monete.
La moneta veniva creata fondendo il metallo e sistemato in due stampi molto resistenti con inciso il conio, disegno
della moneta.
Una dracma era la paga giornaliera di un operaio specializzato, quella di un semplice operaio era di tre oboli (1/6 di
dracma ciascuno).
Per i grandi pagamenti si usava il talento: 26kg di argento.
Il sistema monetario fu poi utilizzato anche nel regno di Alessandro.
Gli argomenti della lirica variavano dalla lode per ospite, per le nozze o per il padrone di casa e il tono poteva essere
serio o scherzoso.
All’interno della lirica distinguiamo i giambi (accompagnati da strumenti a corda), le elegie (tristi e accompagnate
da flauti) e le liriche corali o monodiche (cantate da un singolo individuo, come Saffo).
Per conoscere il futuro, i Greci si affidavano all’oracolo e questo termine indicava sia il contenuto, ossia ciò che la
divinità rivelava e sia il Dio che la pronunciava.
Il sentimento religioso che accomunava tutti i Greci spinse le poleis, tradizionalmente gelose della loro autonomia, a
trovare forme d’intesa anfizioni: leghe sacre, alleanze tra polis confinanti.
Un altro esempio di collaborazione tra poleis in nome della religione fu quello dei giochi panellenici, che si
svolgevano nei santuari più importanti. Questi giochi erano organizzati in nome delle divinità, un esempio erano le
Olimpiadi che si svolgevamo ogni quattro anni in onore di Zeus.
Accanto alla religione degli dei dell’Olimpo vi erano culti misterici, celebrati nei boschi e in località appartate
desiderio dell’individuo di andare oltre l’ufficialità delle feste religiose in onore degli dèi e per essere ancor più
emotivamente coinvolto. Tra i più famosi vi sono l’orfismo e i culti eleusini: il primo è legato a Dioniso, i secondi
Demetra.
L’ORACOLO DI DELFI
Il santuario greco era un terreno segnato da un confine, in genere un muro, di cui ne era proprietario il Dio a cui era
dedicato il tempio. I grandi santuari della Grecia antica si trovavano in luoghi montuosi, ed erano frequentati
inizialmente da pastori locali, come nel caso di quello nella zona di Delfi. Delfi si trovava sul Parnaso, vicino al golfo di
Corinto. Qui vi era l’oracolo di Apollo, il più ricco e famoso di tutta la Grecia. Esso veniva consultato non solo dai
singoli ma da tutta la città prima di decisioni importanti.
All’ingresso dell’oracolo vi erano scritte come “conosci te stesso” o “nulla di troppo”. La sacerdotessa Pizia rivelava
l’oracolo del Dio entrando in estasi e iniziando a parlare in modo incoerente ciò che diceva veniva interpretato dai
sacerdoti come responso. Le sentenze venivano scritte in versi perché la poesia era considerata sacra.
LA DONNA
La donna greca, considerata come un essere dominato dalla natura e privo di ragione, veniva lodata solo se non
faceva parlare di sé. La sua istruzione non era incoraggiata ma neppure proibita. Per i Greci il destino di tutte le
donne erano il matrimonio e la maternità. Nonostante la sua posizione subordinata, il marito della donna non
aveva tutto il potere su di lei ma secondo Aristotele il loro rapporto era come quello di governante e governato, ossia
vi erano delle regole da seguire.
La dote della sposa apparteneva al marito, lei poteva solo amministrarla ma, in caso di divorzio, il marito doveva
restituirla.
Fragile fisicamente, la donna non era fatta per combattere e di inoltre era esclusa dalle responsabilità politiche che,
per i Greci, derivavano da quelle militari.
Nella commedia Lisistrata le donne fanno lo sciopero dell’Amore per far sì che si cessi la guerra, infatti esse erano
legate a desideri di pace.
Particolare sarà la condizione della donna a Sparta, ma in generale le donne greche non erano fondamentali.
Dal punto di vista economico, esse potevano svolgere azioni solo sotto la tutela del padre, del marito o del tutore.
Il solo campo della vita sociale in cui le donne avevano un ruolo uguale a quello degli uomini era quello della
religione: le donne potevano infatti partecipare alle feste religiose ed esercitare sacerdozio. Eletta o sorteggiata, la
donna doveva superare una prova di idoneità per essere sacerdotessa poiché questa carica ti rendeva servitore degli
dèi.
IL MATRIMONIO
La cerimonia del matrimonio durava due o tre giorni e la vigilia era consacrata da riti preliminari: il sacrificio di
Artemide, le offerte, la preparazione del bagno nuziale…
L’acqua utilizzata per il bagno era portata in processione nei vasi speciali, gli stessi utilizzati per i funerali. Il giorno
del matrimonio, si procedeva alla vestizione: principalmente le donne veniva coperta con un velo.
Vi era poi il momento del sacrificio, del pasto e dei canti e delle danze presso casa del padre della sposa.
Partecipavano uomini e donne, ma separatamente.
Quando la sposa alzava il velo, il fidanzato le dava dei regali. Di notte invece si formava un corteo con fiaccole per
accompagnare gli sposi, sempre con canti e danze. La giovane sposa veniva accolta dai genitori del marito e condotta
alla camera nuziale custodita da un amico del marito. I genitori della sposa il giorno successivo le portavano regali
come vasi, gioielli e profumi.
I greci praticavano diverse discipline sportive, la più antica forma di corsa era lo stadio o corsa semplice. Vi era poi il
diaulo e il dolico o corsa lunga. Nella 38° olimpiade venne istituito il pentathlon, una disciplina di cinque prove: corsa,
lancio del disco, salto in lungo, giavellotto e lotta.
Più violenti della lotta erano gli incontri di pugilato, i pugili erano selezionati per statura e robustezza e disponevano
di fasciature e poi guantoni.
La corsa dei carri si svolgeva nell’ippodromo e nel pancrazio (misto tra lotta e pugilato) si potevano anche usare i
piedi per colpire l’avversario.
Lesioni gravi o mutilazioni erano molto frequenti e spesso i vinti o vincitori venivano portati fuori dal campo di
battaglia malconci o cadaveri.
Pausania riporta l’episodio di Arrichion, un campione di pancrazio che sul momento di morte riuscì a fratturare un
dito all’avversario facendolo urlare di dolore e rinunciare alla presa che lo stava strangolando. Arrichion venne
decretato vincitore nonostante fosse morto.
Per tutti i Greci, gli Spartani rappresentano sempre un’eccezione: erano un popolo straordinario e particolare
vivevano in una società chiusa, militarizzata e che aveva fatto della guerra la sua stessa ragione di vita, il centro di
tutti gli interessi.
Per gli spartani, l’uomo era un forte guerriero: il maschio doveva imparare ad uccidere infatti gli spartani erano
convinti che la pace potesse essere raggiunta solo con la guerra. Anche discutere era cosa da uomini e le donne erano
escluse tanto dalla guerra quanto dalla politica.
LA FALANGE OLPITICA
Nuova tattica di combattimento (VII secolo a.C.) falange oplitica.
Precedentemente gli scontri erano tra nobili cavalieri i cui valori erano quelli del singolo ma con questo nuovo modo
di combattere era importante l’insieme dei soldati a piedi e la fanteria.
Questo modo di combattere prevedeva che ogni soldato fosse equipaggiato in modo adeguato. I soldati, equipaggiati
di scudo, elmo, corazza, schinieri, lancia e spada, chiamati opliti, si disponevano a fianco a fianco in file compatte;
in questo modo formavano una muraglia umana, una vera e propria falange, una linea di battaglia ( falange).
L’introduzione della falange oplitica non ebbe dappertutto le stesse conseguenze:
Ad Atene e in altre poleis contribuì all’affermazione della democrazia gli opliti appartenevano al demos;
A Sparta consolidò il potere degli aristocratici gli opliti appartenevano all’aristocrazia e venivano
chiamati Spartiati.
Sparta non fu mai una potenza marittima ed ebbe importanti rapporti con una sola colonia da essa fondata, Taranto.
Il sistema spartano però presentava dei limiti: gli spartiati si sposavano solo tra di loro e avevano pochi figli, quindi
incominciavano a diminuire rispetto ai perieci e agli iloti. Furono presi provvedimenti legislativi per risolvere questo
problema (es. tasse per i celibi) ma non si ottenne il risultato sperato. Inoltre, gli abitanti di Sparta erano solo dediti
alla guerra e per loro l’agricoltura, il commercio e l’artigianato non avevano molta importanza quindi a Sparta non
si contava su un’economia prospera come ad Atene. Gli spartani non accettarono mai di mescolarsi con le altre
popolazioni e a lungo tempo, questa scelta, la loro società si danneggiò.
LA COSTITUZIONE ARISTOCRATICA
Secondo una leggenda, il primo re di Atene sarebbe stato un egiziano ma conclusa la fase monarchica, Atene fu
governata dagli aristocratici che diedero la loro prima costituzione (VIII e VII secolo a.C.).
La costituzione aristocratica prevedeva un’assemblea detta ecclesia, di cui facevano parte gli aristocratici e il demos
(uomini piccoli proprietari terrieri o artigiani e commercianti), nove arconti, che formavano il governo della polis e
l’aeropago, il tribunale supremo (formato dagli ex arconti).
Le donne, gli stranieri (meteci) e gli schiavi non avevano diritti politici.
Nonostante si sappia ben poco dell’Atene di questi tempi, emerge però la figura di un legislatore secondo la stessa
leggenda si deve a Dracone la nascita di un codice penale, esso segna la fine della vendetta personale e l’introduzione
di alcune garanzie a difesa di chi venisse ritenuto colpevole. Il codice penale stabiliva l’entità della pena distinguendo
tra omicidio volontario e involontario e dichiarava non punibile chiunque uccidesse per legittima difesa.
LA COSTITUZIONE DI SOLONE
Da tempo, l’aumento della popolazione costringeva molti contadini a vendere subito il raccolto dei campi per sfamare
sé e la propria famiglia; giunti però al momento della semina a questi contadini mancavano le sementi necessarie.
Allora per avere dei prestiti si rivolgevano agli aristocratici che chiedevano in cambio alti interessi; inoltre, nel caso in
cui i contadini non fossero stati in grado di pagare il debito, dovevano cedergli la loro terra e se non ne disponevano
più diventavano loro schiavi.
Questa situazione determinò forte tensione nella polis e qui si colloca la figura di Solone.
Solone è uno dei primi personaggi politici di Atene di cui abbiamo notizie ben precise. Egli fu un grande riformatore,
secondo lui, il bene della poleis richiedeva un compromesso che si basava su due principi:
1. I contadini dovevano pagare i loro debiti;
Gli aristocratici dovevano accettare una somma decisamente più bassa di quella che avrebbero voluto e
dovevano accettare la soppressione della schiavitù per debiti.
Superata la crisi sociale, inoltre, Solone regolò la vita politica di Atene in modo che il potere dell’aristocrazia non
impedisse al demos di far sentire la propria voce. La riforma costituzionale del VI secolo a.C. da lui introdotta,
trasformò Atene in una timocrazia, in quanto in potere venne distribuito secondo il censo, la ricchezza posseduta.
Solamente i pentacosiomedimni potevano essere eletti arconti ma tutte le classi, come prima, potevano partecipare
all’assemblea dei cittadini. Anche la struttura dell’esercito rispecchiava la divisione in quattro classi (marina militare,
cavalieri, opliti, truppe leggere o rematori).
Solone intervenne anche a proposito del diritto di famiglia, introducendo la distinzione tra concubinato e matrimonio
(che deve essere preceduto dal fidanzamento e il dovere della fedeltà era solo femminile). Di conseguenza era
possibile distinguere in figli legittimi e illegittimi, questa precisazione era di importanza non secondaria in una
società dove i problemi di eredità erano all’ordine del giorno: da quel momento solo i figli legittimi avrebbero avuto
diritto all’eredità.
Solone non intervenne a proposito del diritto penale e rimase in vigore la legge sull’omicidio introdotta da Dracone.
Quindi con solone vi erano: 4 classi, l’ecclesia, i nove arconti, l’aeropago controbilanciato dalla bulè (consiglio dei
400) e nacque anche l’eliea (tribunale del popolo).
GENITORI E FIGLI
Non esiste in greco un termine che possa indicare la famiglia come unione di persone ma vi è un termine, oikos, che
indica la famiglia, la casa e i beni di un cittadino.
L’uomo ateniese deve procreare e avere figli legittimi, allora cercherà una donna intorno ai trent’anni e normalmente
la prescelta è una cugina, una parente e spesso anche la sorellastra. La sopravvivenza dell’oikos dipendeva dalla
presenza dei figli e se non vi erano figli maschi nella famiglia si tendeva ad adottare un cittadino adulto. Se invece
non vi era adozione, la figlia femmina diventava epilkleros, cioè erede della proprietà. Essa doveva poi andare in
sposa al parente più prossimo.
A Sparta invece, come abbiamo visto, non andava allo stesso modo.
Aristotele racconta che vi erano vincoli nel matrimonio affinché nascessero figli sani in corpo e in spirito tra figli e
genitori non vi deve essere molta distanza di età e neanche troppo poca, non si deve procreare troppo giovani perché,
come negli animali, i figli dei giovani sono imperfetti e la donna quindi deve sposarsi verso i diciotto anni e l’uomo
intorno ai trentasette.
Il governo dei tiranni non fu sempre un momento negativo nella storia della città, i tiranni a volte incoraggiavano il
commercio e l’artigianato e assecondarono la trasformazione dell’economia delle polis fino al allora basata quasi
esclusivamente sull’agricoltura. Per esempio, Pisistrato fu un tiranno spregiudicato ma intelligente che riuscì a
impadronirsi del potere (561 a.C.) ponendo fine al caos in cui si trovava la città e dando importanza anche ai ceti
popolari tutelando gli interessi commerciali.
Dopo la morte di Pisistrato, fu il turno dei figli Ipparico e Ippia che però non seppero dimostrare lo stesso talento del
padre nella politica. Ipparico venne ucciso dagli aristocratici nel 514 a.C. e Ippia fu costretto a fuggire da Atene
perché si scontrava con gli aristocratici, i quali ritornarono ad occuparsi del potere riscontrandosi con il popolo.
Atene ripiombò nel caos. E vi fu una lotta politica.
In questa situazione emerge la figura di Clistene, nel 508 a.C., che era giunto alla conclusione che la costituzione di
Solone non fosse più adeguata: la timocrazia infatti, invece di impedire il conflitto tra l’aristocrazia e il demos, aveva
finito per esaltarlo.
Clistene propone una nuova costituzione che aveva l’obiettivo di raggiungere un’uguaglianza politica, l’isonomia -
meccanismo a cui si ricorse per raggiungere questo complesso obiettivo.
Clistene comprese che uno stato è giusto se tutti i cittadini sono uguali di fronte alla legge (per questo vi erano le
elezioni a sorteggio) ed è proprio nella polis che nasce il cittadino inteso come colui che ha diritti politici.
Quella di Clistene era una prima forma di democrazia diretta, mentre quella odierna è rappresentativa.
Una novità introdotta da Clistene, molto importante, era l’ostracismo: ogni anno, per decisione dell’ecclesia, i
cittadini dovevano segnare su cocci di terracotta i nomi di coloro che venivano ritenuti pericolosi per lo stato, e il
cittadino ritenuto più pericoloso veniva espulso per dieci anni.
L’abbigliamento delle donne era invece più elaborato che usavano biancheria intima, come sottoveste e reggiseno
(una fascia). Per molto tempo, esse sopra si coprivano con il peplo, uno scialle di lana molto stretto e fermo sulle
spalle ma venne poi ritenuto troppo rozzo e rimase abbigliamento solo per schiave e contadine. Le donne di città
preferivano tuniche di lino e amavano bracciali, anelli, collane e cavigliere. Esse potevano anche truccarsi con uno
schiarente del volto e un rossetto ricavato dalle alghe.
Ai piedi gli uomini e le donne indossavano i sandali con suola di sughero, legno o cuoio e in viaggio degli stivaletti; le
donne in testa amavano le acconciature e i nastri mentre gli uomini i cappelli di feltro o con copri orecchi.
I BRONZI DI RIACE
Nel 1972, al largo della marina di Riace, in Calabria, sulla rotta che da Grecia portava a Roma, furono recuperate nel
fondale due grosse statue di bronzo. Dall’atteggiamento rappresentano due guerrieri, nudi e con la barba. Il peso del
corpo è sul piede destro mentre nella parte sinistra si pensa che tenessero uno scudo. Le differenze più evidenti
stavano nelle teste: una ha un’abbondante capigliatura di ricci raccolti in una benda mentre l’altra ha la testa
conformata in modo da ricevere un elmo. Le due sculture non sono dello stesso autore perché sono troppo grandi e
diverse nelle tecniche e nello stile. Si pensa siano bronzi del V secolo a.C.
Secondo studi si è riuscito ad affermare con ipotesi valide che la prima statua fosse del maestro di Fidia e provenisse
dalla città di Argo (dai ritrovamenti della terra) e la seconda di Alcamene ed entrambe avrebbero fatto parte di un
gruppo di statue collocate sull’agorà dedicate ad un mito, I sette contro Tebe, di Eschilo.
Nelle case dei ricchi ai banchetti partecipavano solo gli uomini. Distesi sui letti mangiavano con le mani e si
asciugavano con la mollica. Le donne invece erano ammesse solo in qualità di danzatrici. Spesso alcuni ospiti
arrivavano solo per la seconda parte del banchetto, quella dedicata al bere simposio significa riunione di bevitori.
Il re del banchetto era il simposiarca, colui che decideva quanta acqua unire al vino.
Quando terminava la cena si iniziava a bere e si giocava al cottambo, ossia lanciare il vino su un bersaglio e chi lo
colpiva vinceva denari e ori.
L’IMPERO PERSIANO
Mentre in Grecia si sviluppava la civiltà delle poleis, in Oriente si formava l’impero persiano.
I Persiani erano guidati dal re Ciro, che dopo aver sconfitto i Medi che li sottometteva, si lanciò in un’impetuosa
campagna di conquiste, la più importante fu la conquista del regno di Lidia (546 a.C.).
Successivamente Ciro si estese verso alcune poleis greche, ma in questo caso lasciò loro un po’ di autonomia
preferendo un governo indiretto attraverso la collaborazione di tiranni locali. Iniziò così una convivenza difficile tra i
due popoli ma che aveva aspetti vantaggiosi per entrambi. I persiani impararono dai Greci l’uso della moneta e i
Greci vennero inseriti nell’amministrazione dell’impero o lo servivano come soldati mercenari. I due popoli però non
si capirono mai veramente e la convivenza tra questi due popoli non fu mai facile.
Alla morte di Ciro, il figlio Cambise ne completò l’opera, impadronendosi dell’Egitto (525 a.C.).
Seguì poi un periodo di disordini finché si affermò un nuovo gran re, Dario (522 a.C.).
Dario iniziò l’importante opera di riforma del sistema dei trasporti, organizzò l’economia per mezzo di una moneta
d’oro, il darico ed era tollerante alle diverse religioni dei sottomessi. Egli divise inoltre l’impero in 20 provincie
chiamate satrapie e a capo di ciascuna vi mise un governatore, il satrapo. Volle inoltre costruire una capitale
sontuosa: Persepoli. Fu un lavoro che durò circa 70 anni e fu portato avanti dai suoi successori: Serse e Artaserse. Il
potere dei re persiani fu assoluto ma basato sul rispetto delle culture straniere senza diffusione del terrore, come nel
caso assiro. L’esercito era formato da uomini di tutte le lingue. I Persiani erano mazdeisti, adoravano cioè Ahura
Mazda, signore sapiente dio della giustizia e del bene; il loro libro sacro era l’Avesta del profeta Zarathustra.
LE GUERRE PERSIANE
Dario conquistò le coste della Tracia e si espanse verso le isole del mar Egeo e sottomise le poleis della Ionia
attraverso dei tiranni, tra cui Aristagora.
Aristagora, tiranno di Mileto, con l’aiuto di Dario decise di attaccare Nasso, un’isola dove si era affermata la
democrazia. L’isola però resistette agli attacchi e l’assedio fallì.
Nel 499 a.C. Aristagora, temendo di venir punito da Dario per il fallimento a Nasso, decise di rinunciare al suo ruolo di
tiranno e si pose a capo di una ribellione contro il re persiano che aveva come scopo la liberazione delle poleis greche
dall’oppressione persiana: Sparta rifiuta, Atene e Eretria mandano alcune navi. I rivoltosi all’inizio ebbero successo
conquistando e distruggendo Sardi, sede della satrapia ma poi furono travolti dalle truppe persiane. Aristagora nel
frattempo morì in Tracia e Dario distrusse Mileto (polis greca) nel 494 a.C.
CONTRO I CARTAGINESI
Nel 480 a.C. anche i Greci delle colonie in Sicilia dovettero difendersi dall’espansione di Cartagine. Le poleis greche si
allearono sotto Gelone, insieme a Terone e annientarono il nemico cartaginese a Imera.
Si apriva così, per il mondo ellenico, una stagione di grande sviluppo economico, politico e culturale, l’età classica
Atene era il centro e il motore della Grecia.
Secondo Erodoto, Creso disse a Ciro che doveva smettere di saccheggiare i suoi beni perché ora erano già suoi, non più
Di Creso del tipo “non saccheggiare più che tanto è già roba tua”. Per questo i soldati restituirono una parte dei beni
agli dèi e oggi li possiamo vedere nel museo di Ankara.
La Lidia rimase colonia persiana fino all’arrivo di Alessandro Magno.
L’IMPERALISMO ATENIESE
Intanto all’interno di Atene vi era un nuovo scontro tra due fazioni politiche:
Temistocle guardava con preoccupazione Sparta costruzione di lunghe mura per raggiungere il mare
anche se attaccati;
Cimone (figlio di Milziade) voleva allearsi con Sparta per combattere i persiani.
La notizia che i Persiani stavano preparando una flotta per ri-attaccare i Greci parve dare ragione a Cimone.
Temistocle ostracismo, anche se non passò molto tempo che gli Ateniesi compresero quanto le preoccupazioni di
Temistocle però fossero fondate: nel 464 a.C. ci fu un terremoto che distrusse la città degli spartani che chiesero aiuto
ad Atene. Cimone fu subito disponibile ad aiutare Sparta, ma gli ateniesi si comportarono in modo ambiguo e poco
disponibile tanto che furono cacciati a casa; l’ambiguità di Atene verso Sparta provocò l’ostracismo anche per
Cimone.
Successivamente sul piano politico vennero favoriti i democratici che avevano in Efialte il loro massimo
rappresentante. Dopo l’assassinio di Efialte, ad opera di un rivale, la sua eredità politica passò nelle mani di Pericle
che governò Atene per circa trent’anni, dal 461 al 429 a.C. età di Pericle.
Pericle decise tre riforme costituzionali:
1. Gran parte del potere venne trasferito all’ecclesia popolare mentre l’areopago perse importanza (bisognava
valorizzare le classi basse perché richiamavano l’attenzione dato che ad esempio erano stati proprio i
marinai a salvare Atene);
Tutti coloro che avevano cariche pubbliche vennero pagati;
Venne stabilito che cittadino ateniese era solo chi avesse entrambi i genitori ateniesi.
L’età classica è l’epoca dello splendore di Atene e della Grecia, in questo periodo si assiste allo sviluppo delle arti, della
filosofia e del teatro (Eschilo – scrive un’opera storica attuale: Le persiane, Aristofane – scrive di politica, Euripide e
Sofocle – scrivono di eroi e miti).
In questo periodo nasce il circolo culturale di Aspasia.
Tutta la Grecia, ma soprattutto Atene, produsse in campo artistico, letterario, scientifico e filosofico, opere che
successivamente vennero considerate da imitare.
Il termine filosofia in greco indica l’amore per la sapienza, il filosofo non è colui che ricerca qualche verità ma colui
che ricerca la verità, senza lasciarsi condizionare dalla natura o dai miti, ma usando solo la ragione. Il termine
ragione traduce il termine greco logos (procedimento di critica e verifica delle conoscenze). I sofisti erano dei filosofi
che si vantavano di conoscere e saper insegnare tutte le scienze e tutte le arti, in particolare la retorica saper
parlare in pubblico convincendo delle proprie tesi, utile per la carriera di un uomo politico. Socrate si opponeva ai
sofisti perché secondo lui vi è una sola verità, uguale per tutti e accessibile da tutti purché disposti a ricercarla
correttamente. Egli venne accusato di corrompere i giovani con la sua arte e di essere contro gli dèi, per questo venne
condannato.
IL TEATRO
La principale invenzione della cultura ateniese era il teatro, termine che significa luogo dove si guarda. Tutti
potevano guardare, quindi il teatro è legato alla nascita della democrazia.
Al centro del teatro vi era l’orchestra, luogo dove si danza, questa parte era destinata al coro che accompagnava le
vicende danzando e cantando. Gli attori recitavano su una specie di palco detta scena, che in greco significa tenda.
I primi spettacoli erano al tempo di Pisistrato ma la diffusione del teatro fu rapida: nel V secolo a.C. in ogni poleis vi
era un teatro e prima degli spettacoli, spesso, si compiva un sacrificio per gli dèi.
Potevano recitare solo gli uomini che indossavano delle maschere, anche per le parti femminili -interpretate da
ragazzi con voce più acuta e che indossavano maschere bianche.
Molte delle opere, tragedie o commedie, sono giunte fino a noi e trattavano di temi comuni e attuali, come la presa in
giro dei personaggi politici.
Al tempo, gli spettacoli si succedevano dall’alba al tramonto: di solito venivano rappresentate quattro tragedie e una
commedia che aveva la funzione di intermezzo comico. Durante le rappresentazioni gli spettatori si portavano da
casa da mangiare e da bere.
L’ACROPOLI
L’acropoli era la città alta, luogo in cui si trovavano i templi degli dèi e dove la gente si radunava in caso di pericolo,
date le fortificazioni.
Durante la seconda guerra persiana, l’acropoli venne distrutta da Serse e Pericle volle ricostruirla ancora più bella di
prima, in segno della potenza della città. Dal 447 al 405 a.C. vennero ricostruiti i propilei, il tempio di Atena Nike,
l’eritteo e il partenone. Quest’ultimo, dedicato ad Atena Parthenos, era lungo 70 m e aveva colonne alte 10m e tutto
era in marmo con decorazioni dipinte e all’interno una grande statua di Atena, creata da Fidia.
LE TASSE AD ATENE
Solo i meteci e gli stranieri erano costretti a pagare una tassa sulla persona, anche se bassa, questa tassa aveva un
grande significato: indicava la non piena libertà di una persona.
I cittadini ateniesi non pagavano imposte dirette ma solo indirette, quindi sui prodotti in particolari quelle importati
ed esportati.
I ricchi poi erano moralmente obbligati a finanziare attività pubbliche, chiamate liturgie, cioè servizi per la comunità.
Esse potevano consistere nel finanziamento di: triremi, banchetti o cerimonia religiosa. In questo modo il ricco si
faceva conoscere e avvantaggiato per la sua carriera politica.
SCONTRO INEVITABILE
Dopo le guerre persiane si formarono in Grecia due blocchi politici contrapposti:
Lega di Delo, guidata da Atene – democratici;
Lega peloponnesiaca, guidata da Sparta – aristocratici.
La tensione tra i due blocchi cresceva sempre di più fino a che Pericle cercò lo scontro con Sparta.
Inizialmente Pericle intervenne, provocando Sparta, in un conflitto esploso tra Corinto (Sparta) e Corcira (Atene),
costrinse una città della lega del Peloponneso a bloccare ogni contatto con Sparta e rubò a Sparta la città di Megara.
Sparta chiese ad Atene di ridarle Megara ma Atene rifiutò iniziò la Guerra del Peloponneso (431-404 a.C.).
Pericle era cosciente della sua superiorità marittima (disponeva meno uomini ma una flotta molto più potente) e
decise di far rifugiare la popolazione dell’Attica all’interno della città (vi erano le lunghe mura che, in caso di
necessità portavano al mare) affinché gli spartani, giunti in Attica, non trovassero nessuno. Così successe e, dopo che
gli spartani arrivarono in Attica, la devastarono ma poi furono bloccati dalle lunghe mura.
Nel frattempo:
gli ateniesi, avendo libero l’accesso al porto del Pireo, organizzarono con la loro flotta diverse incursioni lungo le
coste del Peloponneso. Ma in poco tempo morirono un gran numero di persone Atene, nonostante le conquiste,
fu colta anche da una terribile malattia che provocò altri morti.
Anche Pericle perse la vita.
Con la morte di Pericle, all’interno di Atene vi fu un dibattito: continuare la guerra (democratici guidati da
Cleone) o trattare una pace onorevole (conservatori guidati da Nicia).
Sparta aveva spostato la guerra in Tracia per far perdere ad Atene i collegamenti con il mare e lo scontro
decisivo avvenne a Amfipoli, dove Sparta vinse.
Si arrivò alla pace di Nicia (421 a.C.) che prevedeva la fine di tutte le ostilità tra le due poleis anche se non andò
davvero così: questa pace non portò a nessun tipo di cambiamento.
Il nipote di Pericle, Alcibiade, non accetta la pace, perché non è simbolo di vittoria e riprende le ostilità in seguito
alla richiesta di Segesta (colonia siciliana di Atene) di attaccare Siracusa, alleata di Sparta. Il piano di Alcibiade era
semplice, conquistare la Sicilia intera e attaccare poi Sparta.
Approvato il piano però, ad Atene, si verificò lo scandalo delle Erme alcune statue vennero mutilate e ciò
venne considerato un sacrilegio tanto che Alcibiade venne accusato responsabile dell’ira degli dèi. In attesa del
processo, Alcibiade per vendicarsi fugge e va a Sparta.
La flotta ateniese, che poco prima dello scandalo delle Erme stava salpando verso la Sicilia, giunse in quell’isola
per poi attaccare Siracusa ma la flotta ateniese venne sconfitta perché dietro ai comandi delle truppe spartane vi
erano i consigli di Alcibiade, che conosceva bene la truppa ateniese.
Atene e si arrese ma intimorita dalla potenza di Sparta, che avrebbe potuto conquistarla, infatti nel 421 a.C.
Sparta strinse un’alleanza con Dario II e divenne ancora più potente.
Le condizioni politiche di Atene erano in crisi creazione Consiglio oligarchico di 400 persone. Il popolo non era
d’accordo e propose di richiamare in patria Alcibiade, come stratega, per guadagnarsi delle vittorie e risollevarsi.
Alcibiade ritornò ad Atene ma non riuscì a reggere a lungo nel successo.
Lo scontro decisivo tra Atene e sparta avvenne nel 405 a.C. ad Egospòtami, nello stretto dei Dardanelli, dove Atene
ebbe la peggio.
Atene, nel 404 a.C. si arrese definitivamente e Sparta le impose delle durissime condizioni di pace:
Abbattimento delle lunghe mura;
Perdita di tutti i possedimenti fuori dall’Attica;
Riduzione della flotta a sole 12 navi;
Adesione alla Lega peloponnesiaca;
Abolizione istituzioni democratiche Consiglio oligarchico (30 persone) > Trenta tiranni.
[Nel 403 a.C., un gruppo di democratici riuscì comunque a riportare le istituzioni democratiche ad Atene,
sotto la guida di Trasibulo, Sparta accettò perché meglio un governo democratico stabile che uno oligarchico
instabile].
EGEMONIA DI TEBE
Sparta aveva vinto, ma grazie all’aiuto persiano. L’egemonia di Sparta sulla Grecia non era affatto solida. Tebe,
stanca di subire l’egemonia spartana, si ribella e nel 371 a.C. riesce a vincere su Sparta a Leuttra, imponendo poi per
alcuni anni una sua egemonia in tutta la Grecia. La vittoria venne decretata grazie anche alla superiorità tecnica dei
persiani falange obliqua, nuovo tipi di attacco in battaglia basato sulla parte destra dell’esercito che cerca di
accerchiare i nemici mentre la parte sinistra dell’esercito si fionda a cuneo contro di essi.
Per paura del consolidarsi dell’egemonia di Tebe, Sparta e Atene decisero di coalizzarsi. Lo scontro con i Tebani
avvenne a Mantinea nel 362 a.C. Tebe vinse ma perse i suoi due capi storici, Epaminonda e Pelopida, quindi, dopo
nove anni di egemonia sulla Grecia, Tebe tornò nell’ombra.
La guerra del Peloponneso non ebbe nessun vincitore, prima Atene, poi Sparta, poi Tebe vollero raggiungere
l’egemonia e andare oltre il governo delle poleis, ma nessuno riuscì nell’impresa in modo definitivo.
PERICLE, TESTA DI CIPOLLA
Pericle nacque ad Atene verso il 494 a.C. e apparteneva a un nobile casato. Il padre era Santippo, famoso in Grecia nel
V secolo a.C. e la madre e apparteneva alla casata di Clistene.
La sua nascita venne preceduta da un presagio: la madre, quando era incinta sognò di partorire un leone; egli nacque
comunque senza imperfezioni, eccetto un cranio più allungato e i poeti comici lo definirono testa di cipolla.
Pericle ebbe molti amici tra cui Anassagora, Zenone, Protagora e Sofocle che furono anche suoi maestri.
A trent’anni sposò una donna di cui non si conosce il nome e da lei ebbe due figli. Il loro rapporto però non era
gradevole e lui trovò a sua moglie un altro marito per unirsi poi con Aspasia – etera di Mileto – ed anche con lei ebbe
un figlio, chiamato come il padre. Ma, essendo la moglie straniera, il figlio, secondo la sua legge (è cittadino ateniese
chi ha entrambi i genitori ateniesi), non poteva essere cittadino ateniese.
Quando ad Atene scoppiò l’epidemia lui era in spedizione contro Sparta. Quando tornò però trovò moltissime
recriminazioni contro di lui perché ritenuto responsabile di molte disgrazie su Atene (anche con i suoi primi figli non
scorreva buon sangue). Egli venne anche accusato di corruzione e forse condannato a morte e poi salvato dal demos.
A sessantacinque anni venne colpito dall’epidemia e morì.
Durante la guerra del Peloponneso, la Macedonia rimase fuori dagli scontri e si rafforzò diventando una forte
monarchia.
Nel 359 a.C. Filippo II, uomo dalla grande personalità e dalla forte preparazione militare (istituì la falange
macedone*), salì al trono ed era intenzionato a conquistare la Grecia.
Furono molte le campagne vincenti che intraprese come la conquista delle miniere d’oro del Pangeo ricchezza per
la città e creazione delle monete di stato, il filippo.
La Macedonia cercò di sostenere la Grecia durante i momenti di crisi dopo la guerra e a molti greci l’iniziativa
macedone parve un’ancora di salvezza ad altri no, tra cui Demostene, che pronunciò diversi discorsi contro Filippo,
Le filippiche.
Altri pensavano che il vero nemico della Grecia rimase la Persia, ma Demostene convinse i Greci per un all’alleanza
anti-macedone.
Nel 338 a.C. avvenne uno scontro decisivo a Cheronea: i Greci vennero sconfitti da Filippo II che estese la sua
egemonia su tutta la Grecia (a capo dell’esercito vi era il figlio Alessandro).
L’esercito di Filippo avrebbe potuto sottomettere con le armi tutte le poleis greche ma il sovrano decise di essere più
diplomatico e non assorbire le poleis ma farle partecipare a un’impresa di conquista dell’Oriente.
Nel 337 a.C. a Corinto, si riuscì il Consiglio delle città greche attaccare la Persia per rivendicarsi dopo un secolo
e mezzo; Filippo II morì poco prima di partire per l’attacco.
Alessandro volle creare un impero universale e per questo realizza una politica di integrazione tra Greci e
Persiani.
La politica di integrazione tra macedoni e persiani portò alla celebrazione di numerosi matrimoni, tra cui quello dello
stesso Alessandro con Rossane, figli di un principe asiatico.
Nel 330 a.C. venne organizzata una congiura: i paggi (servitori di Alessandro) vollero assassinarlo ma scoperto tutto
ciò Alessandro li fece uccidere insieme a tutti coloro che mostrarono dissensi nei suoi confronti.
Nel luglio del 336 a.C., Filippo venne assassinato a Ege, capitale della Macedonia, da Pausania. La causa dell’omicidio
sarebbe stata una vendetta privata, compiuto il delitto e la fallita fuga, venne ucciso anche Pausania.
Alessandro intanto cresceva di potenza e aveva tutto il necessario per essere condottiero: il genio, l’ambizione e il
fascino. Preparata da Filippo, la conquista dell’Oriente venne effettuata da Alessandro, con conseguenze che
superarono ampiamente le aspettative. Alessandro, volle costruire un impero multinazionale, con un’intenzione di
riunire e fondere l’occidente e l’Oriente. Un episodio significativo per tutto ciò è il matrimonio con Rossane,
principessa iranica di eccezionale bellezza.
Alessandro morirà prima della nascita del suo unico figlio. Si trovava a Babilonia, di ritorno dalla spedizione in Asia e
proiettava di preparare una nuova spedizione in Arabia. Il 29 maggio radunò amici a un banchetto che si protrasse
fino a notte inoltrate. Quando ci si mosse per andare a riposare, Alessandro incontrò Medio, un principe di Tessaglia
che lo invitò ad una sua festa. Il giorno dopo fu assalito dalla febbre e poi la sua situazione peggiorò, non riusciva più
a muoversi e parlare. Nella disperazione dei suoi soldati il 10 giugno morì. Alcuni parlarono di avvelenamento, ma
probabilmente fu la malaria che portò alla morte in seguito al una ferita al polmone e l’eccesso del bere.
DEMOSTENE: “NON BISOGNA APPOGGIARE FILIPPO” vs ISOCRATE: “FILIPPO DEVE PORTARE LA PACE TRA I GRECI”
Demostene afferma che tutte le città, Atene in primis, poi Argo, Sparta e Tebe, hanno permesso a Filippo di fare ciò
che egli desiderasse: sottomettere, derubare, assalire… E tutte le malefatte subite da Atene contro Sparte furono
inferiori a ciò che ha fatto Filippo, perciò andava fermato.
Isocrate, al contrario, afferma che Filippo sarebbe in grado di unire in pace le diverse popolazione e città - Sparta,
Argo, Atene e Tebe; forse, quando c’era la guerra in Grecia non avrebbe mai affermano che si potessero unire città così
diverse, ma proprio adesso che esse sono caratterizzate dalle stesse sventure e dalla presenza di un uomo grande
come Filippo, questo progetto è possibile.
L’ETA’ ELLENISTICA
Dopo la morte di Alessandro, i suoi generali, diadochi, divisero l’impero in stati indipendenti: i regni ellenistici.
Le dinastie dei regni ellenistici furono:
Tolomei in Egitto tennero il trono fino il 31 a.C. con la conquista romana;
Seleucidi in Anatolia, Siria e Mesopotamia;
Antigonidi in Macedonia;
Attalidi a Pergamo governato da Attalo I;
Arsacidi nel regno dei Parti.
L’età ellenistica, che durò fino al 31 a.C. è un periodo di sviluppo urbano e commerciale, di incontro tra culture
orientali e occidentali che favorirono il progresso in tutte le scienze (astronomia, geometria, medicina, matematica).
I sovrani ellenistici proseguirono il culto del sovrano diffuso da Alessandro ma lo stato esercitava il suo potere e
controllo su qualsiasi settore.
I greci si mescolarono con le popolazioni locali formando società multietniche e multiculturali: si costruì un mondo
cosmopolita che si lasciò alle spalle i limiti e le rivalità regionali del passato non vi erano più tensioni e limiti: la
società ellenica era cosmopolita e comprendeva diversi popoli, lingue e culture e l’uomo pensava di aver come patria
il mondo.
Il greco divenne lingua ufficiale dal Mediterraneo all’Oriente e il concetto di cittadino variò per definirsi la figura del
suddito, obbediente al monarca.
Si diffuse una visione più individualista, anche sul piano religioso + sincretismo religioso > fusione di aspetti delle
diverse religioni.
Sparta decadde a piccolo centro regionale, Atene divenne centro commerciale secondario anche se viva dal punto di
vista intellettuale e culturale (Platone e l’Accademia, Aristotele e il Liceo), ottenne invece importanza Rodi.
Tutti i sovrani si impegnarono a fondo per abbellire le loro capitali con opere grandiose e raffinate, come ad esempio
a Pergamo, ad Alessandria.
Tra tutte le città fondate da Alessandro, quella che ebbe maggior fortuna fu Alessandria D’Egitto che in pochi decenni
divenne la più grande città del tempo e il più grande centro culturale. Questo fu possibile grazie anche ai tesori
trovati nelle casse dell’impero persiano: gli ori e i metalli permisero la distribuzione nell’impero di una moneta
unica, il rialzo dell’economia e la ricchezza delle città – specialmente Alessandria.
Molto importanti a Alessandria erano la biblioteca e i musei che rappresentavano le più importanti istituzioni
culturali.
Le ricerche svolte ad Alessandria raggiunsero risultati eccellenti in astronomia (teoria eliocentrica) e nelle altre
scienze.
In campo letterario ebbe origine la filologia e le idee in poesia di Callimaco e fu tradotto per la prima volta l’antico
testamento.
In filosofia furono nuove scuole a diffondere risposte alle paure dell’uomo e alle domande esistenziali, come Epicuro,
Zenone e lo scetticismo tutti a favore di un affronto delle circostanze della vita con imperturbabilità.
Per due secoli la cultura greca si diffuse in tutto il mondo diventando universale, anche se tutto ciò andò a toccare
principalmente l’élite.
ALESSANDRIA D’EGITTO
Alessandria era costruita con numerose vie ad angolo retto, con alcuni viali larghi fino 30m. tutto era progettato
secondo criteri scientifici e in relazione ai venti.
Due erano i porti: il porto Eunosto e il porto Grande. Davanti a quest’ultimo, sull’isola di Pharos, sorgeva un enorme
torre, da cui deriva il termine faro. Sulla cima di questa torre infatti di notte veniva acceso un fuoco, visibile grazie a
una serie di specchi fino a sessanta miglia. Questo primo faro della storia verrà distrutto da un terremoto nel 1375.
I palazzi reali e i templi delle divinità greche ed egizie si trovavano a nord e a sud della città mentre al centro vi era la
tomba di Alessandro.