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IL POLITEISMO VICINO ORIENTALE IL TEMPO DEL MITO Ogni religione manifestazione della societ che in essa si riconosce.

. La sua validit e funzionalit persiste in quanto, e fino a quando, a quella societ fornisce la garanzia sacrale delle sue condizioni esistenziali. Ad una societ complessa non potr che corrispondere un impianto altrettanto articolato e complesso della costruzione religiosa, che dovr costantemente costituire il riferimento sacrale e la garanzia del mantenimento di una struttura sociale fortemente articolata. La stabilit garantita dalla tradizione mitica. Il mito, cio la storia sacra del gruppo umano che ne conserva la memoria, mantenendone il valore di credenza religiosa, narra quanto avvenuto nel tempo delle origini, nel quale fissata per sempre la realt nei suoi aspetti cosmici, geografici ma anche esistenziali o istituzionali. Il mito ha specifici meccanismi di articolazione, attraverso i quali si realizza la sua funzione fondante. Parliamo di funzione fondante, in quanto il fine di tale narrazione quello di dare fondamento e valore sacrale a ci a cui gli eventi in esso narrati avrebbero dato origine in un tempo e in una dimensione spaziale diversi da quelli attuali. Cosa deve fondare dunque un mito? Certamente dovr stabilire i vari elementi del cosmo (cielo, terra, astri) con tutto ci che costituisce la morfologia della terra e l'ambiente geografico nel quale inserito il gruppo umano al quale si riferisce quella tradizione, la caratterizzazione delle entit extraumane, l'origine dell'uomo, ma anche tutte le attivit umane e le situazioni esistenziali che riguardano la condizione dell'uomo. Lo far attraverso una narrazione che, presentando degli avvenimenti ambientati in una dimensione spazio-temporale diversa da quella della realt nota, e grazie all'operato di personaggi che non possono trovare riscontro nell'agire di ogni giorno, porter allo sviluppo di situazioni che condurranno a un momento critico (incidente mitico), che segner la cesura fra la dimensione del mito e la condizione attuale, che quegli eventi avranno determinato. Nel mito viene proposta una situazione chiaramente diversa talora ribaltata rispetto alla condizione reale, nota a quanti questi racconti annoverano nel loro patrimonio tradizionale. Ma questa situazione altrettanto palesemente legata strettamente a quella realt che dovr fondare, contenendo tutti quegli elementi, in forma ribaltata, o comunque marcatamente contrastante, che caratterizzano la condizione economica, sociale, nonch il contesto ambientale, dei quali dovr costituire il fondamento sacrale. La variet degli aspetti esistenziali che la religione deve tutelare pu essere pi o meno articolata, ma la struttura religiosa realizzer la sua funzione sacrale attraverso un complesso di rituali che devono attuare il controllo delle condizioni ambientali ed esistenziali di un gruppo umano. Il legame tra la struttura complessa delle civilt superiori e la religione politeistica pu essere compresa analizzando le caratteristiche delle divinit politeistiche. In una religione politeistica, la realt controllata da un numero pi o meno elevato di divinit organizzate in un complesso che, con termine greco, definiamo pantheon, nel quale ciascuna entit svolge un ruolo ben preciso, distinto da quello delle altre, con le quali tuttavia in contatto mediante rapporti di parentela o di affinit fra le loro sfere di influenza. La divinit politeistica immortale fintanto che viene mantenuto in essere il suo culto fra gli uomini. Con la fine degli uomini finirebbe anche il il pantheon politeistico. Una concezione dunque profondamente distinta da quella relativa al dio unico che da sempre e per sempre. Dobbiamo anche ricordare la presenza, nel tempo del mito, di esseri extra-umani strettamente legati alla condizione esistenziale dell'uomo. Si tratta di una tipologia di

personaggi, che trova la sua formulazione pi elaborata e raffinata nella religione greca, nella personalit eroica. Gli eroi, oggetto di un culto specifico nel tempo storico, risultano in stretta connessione con tutto ci che concerne le attivit umane. Per quanto riguarda le popolazioni insediate in specifiche regioni del Vicino Oriente antico ad esempio quelle che abitavano il territorio attraversato dai due grandi fiumi Tigri ed Eufrate, le loro strutture politeistiche presentano caratteri che consentono di ricondurle ad un'elaborazione culturale dai caratteri comuni. Cos pure ci troviamo di fronte ad entit divine affini, ma tutto ci non deve indurci a pensare che ci troviamo di fronte ad un'unica realizzazione divina. Ogni divinit, infatti, nelle sia pur forti analogie, espressione specifica del contesto nel quale inserita, e al quale funzionale. Nello studio delle culture che si basano su una tradizione scritta il ritrovamento di testi di argomento mitologico deve essere considerato una circostanza particolarmente fortunata. La disponibilit di un buon dossier mitico su una certa divinit pu rivelarsi uno strumento prezioso per lo studio del suo ruolo in quel complesso politeistico, e anche un valido aiuto per la comprensione della sua posizione cultuale. Per cercare di comprendere appieno le valenze di un determinato documento mitico importante, ove possibile, poter conoscere il contesto nel quale il racconto veniva presentato. Non bisogna altres dimenticare che la documentazione che ci giunta, l dove stata conservata, ci ha tramandato una selezione di quella tradizione mitica, che i centri dell'autorit religiosa o politica, in queste culture, hanno voluto preservare nella forma scritta. Abbiamo detto che la funzione del mito quella di fondare la realt, fornendo ai suoi vari aspetti garanzia sacrale. In questa ottica, anche le divinit e le loro competenze trovano fondamento nella dimensione del mito. E, in effetti, noi dobbiamo rilevare come nelle religioni politeistiche una quantit di miti siano incentrati sulle divinit, narrando la loro origine, o presentando eventi che portano alla formazione della loro personalit. attraverso i miti che le vedono protagoniste che alle divinit vengono attribuiti gli atti di fondazione, che vanno dall'origine e dall'organizzazione del cosmo, alla definizione dei vari aspetti della condizione umana negli specifici elementi che caratterizzano quella societ che, nel tempo storico, esse dovranno permanentemente garantire. Dobbiamo tener presente che difficilmente un mito indirizzato a fondare un unico aspetto della realt. I racconti mitici, infatti, oltre i temi cosmogonici narrano della creazione dell'uomo, delle condizioni esistenziali di esso e del rapporto fra gli uomini e le divinit. Per questo, anche il racconto mitico che ci potrebbe apparire pi semplice rivela, ad un'analisi attenta, una grande variet di motivi, in relazione all'ambientazione, alla situazione temporale e al tipo di personaggi che sono presenti nel mito. E per cercare di comprendere appieno le valenze di un determinato documento mitico importante, ove possibile, poter conoscere il contesto nel quale il racconto veniva presentato, perch accanto alla conoscenza di determinate vicende mitiche da parte dei credenti, c' da tener presente la funzione di tali narrazioni, allorch venivano riproposte, raccontate, recitate in un determinato contesto. Non sempre questo ci noto; nella maggior parte dei casi, in effetti, ci troviamo di fronte a miti che possiamo analizzare in tutta la ricchezza dei tempi proposti, senza poter conoscere, per, l'eventuale ambito rituale di utilizzazione, e spesso neanche l'ambiente di elaborazione. Un noto caso di racconto mitico del quale si conosce piuttosto bene anche il complesso festivo nel quale veniva periodicamente riproposto certamente il testo accadico noto come Enuma elish.

Enuma Elish o Poema della creazioneveniva recitato il quarto giorno del capodanno di Babele, come inno di propiziazione. Il titolo del poema dato dalle sue parole iniziali, enuma elish, appunto. Lurigallu, il gran sacerdote, lo declamava davanti alla statua di Baal (Marduk), verso sera. In quelloccasione le statue degli altri dei dovevano restare coperte, per deferenza verso il dio nazionale, Marduk. Lo scopo dellinno era pertanto celebrativo, della capacit di Marduk come ordinatore del cosmo, capacit che gli ha permesso di salire da un secondo rango di divinit fino ad essere di diritto il capo del Pantheon. Il poema consta di sette tavole e, oltre a quello celebrativo, ha anche lo scopo di descrivere una cosmogonia. Lautore quindi parte dal tempo dei primordi, da prima dellorigine del tutto, come accade in Genesi. Probabilmente, accanto alla versione canonica, presso i babilonesi esistevano altre versioni di questo mito, soprattutto se si pensa alla consuetudine di trasmettere oralmente la cultura (le tavolette cuneiformi erano un lusso, riservato agli archivi di stato e a pochi ricchissimi, e la scrittura cuneiforme non era poi cos diffusa, perch molto difficile da apprendere). Il poema inizia con la presentazione delle entit primordiali che esistevano inizialmente; queste sono tre, e sono identidicate con: Apsu, le acque dolci primordiali; Tiamat, le acque salate, sposa di Apsu; Mummu, che rappresenta la nebbia, o anche lo scroscio della pioggia, non ben definito. [Secondo le versioni, Mummu appare o come entit a s, oppure come figlio di Apsu e Tiamat, ein questo caso non rappresenta una delle entit primordiali, che quindi rimangono due.E' interessante notare che queste divinit sono identificate tutte con l'acqua, che in Mesopotamia aveva una grande importanza, e che Tiamat, come si vedr in seguito, considerata come "Dea Madre", da cui vengono creati gli altri Dei e poi l'universo stesso. La rappresentazione di Tiamat come acque salate trova analogia con la Genesi, secondo la quale, prima della creazione, esisteva solo l'oceano primordiale.] In questo Caos, questo Vuoto, vengono create altre divinit, le divinit "giovani"; questa risiedevano nel corpo di Tiamat (appunto come una madre che alleva i propri figli). La creazione di queste divinit non viene spiegata nel poema, e inoltre alcune di queste sembra che non nascano da Tiamat, ma dalla terra (questo in contraddizione con quanto affermato all'inizio del poema, secondo il quale non esisteva altro che le entit menzionate; da tenere tuttavia in conto il numero di versioni esistenti e l'incompletezza del poema come ci giunto da quell'era). Passa il tempo, e nascono diverse generazioni di Dei che, con l'aumentare del numero, risultano essere fastidiose per Tiamat, ma soprattutto per Apsu, che non riesce pi a dormire a causa del rumore che essi fanno. Apsu molto seccato da questo fatto, e decide di prendere provvedimenti, eliminando i giovani Dei che albergano in Tiamat. Mummu si trova d'accordo con lui, e quando Tiamat esprine la sua disapprovazione (qui torna l'immagine della madre, che cerca di proteggere i sui figli), egli sprona Apsu a non recedere nel suo intento. I due pianificano quindi un modo per eliminare gli Dei, ma Tiamat, preoccupata, rivela le intenzioni del marito a Ea (Nudimmud), Dio della forza e della saggezza. Questi decide quindi di anticipare Apsu ed eliminare lui i due nemici, prima che essi mettano in atto il loro piano. Ea crea un incantesimo, e fa cadere in un sonno profondo Apsu e Mummu, quindi li uccide. Da questo momento nasce un nuovo periodo per i giovani Dei, ed Ea acquista grande potere agli occhi degli altri. Genera un figlio, Marduk, ancora pi forte e imponente del padre, che sar

poi destinato a diventare il capo di tutti gli Dei (e Dio nazionale dei popoli mesopotamici). Tiamat intanto, non essendo stata d'accordo con la decisione drastica presa da Ea, vuole vendicare il marito ucciso, si allea con il demone Kingu (o Quingu) che ne diventa il secondo marito, e crea un potente esercito, tra i cui componenti vi sono anche 11 potenti demoni, che saranno al servizio di Kingu. Tiamat inoltre appoggiata dai pochi Dei rimasti dalla sua parte, e in pi conferisce a Kingu il "potere supremo", donandogli le tre tavole del destino, che egli tiene appese al collo. Le tavole del destino permettono a Kingu di "dominare il Vuoto, il Caos primordiale". Kingu messo a capo dell'esercito di Tiamat, mentre gli Dei ribelli (che intanto si sono separati fisicamente da Tiamat) scelgono come loro capo Marduk, ora estremamente potente, dopo averlo sottoposto ad una prova per scoprire le sue capacit. La guerra tra le due fazioni inizia, ma Marduk si rileva fortissimo, e sconfigge in battaglia Tiamat (Marduk controlla i venti, e la battaglia con Tiamat procede a colpi di tornado, e cose simili); con la sua spada taglia il suo corpo in due, e dalle due parti del corpo di Tiamat nascono il cielo e la terra (Tiamat dunque, come riportato nella canzone, "generatrice del cielo e della terra"). Marduk sconfigge anche Kingu, e dal suo sangue crea la razza umana, con il preciso scopo di servire gli Dei, che ancora non avevano nessuno che lo facesse. Conclusioni La storia della creazione quindi conclusa, si scoperto finalmente il motivo dell'esistenza della razza umana (!!); il poema contiene un'ultima parte, che un elogio di Marduk e dei suoi 50 nomi, ma che comunque non c'entra con la storia.

La nascita delle divinit segna anche la definizione del ruolo che esse ricoprono nel pantheon e la caratterizzazione dei loro campi d'azione. Ci appare subito ben chiaro, quando ci accostiamo ad un mito di nascita divina come quello sumerico noto come Enlil e Ninlil.
Quando l'uomo non era ancora stato creato, la citt di Nippur era dimora del dio Enlil, della dea Ninlil e di Nunbarshegunu, la madre di lei. Quest'ultima decise di maritare la figlia al dio Enlil e un giorno le disse di bagnarsi nel ruscello Nunbirdu, in modo che il Padre Enlil potesse accorgersi di lei. Cos avvenne, ma Ninlil non si sent pronta a cedere alle attenzioni del dio ("le mie labbra sono troppo piccole, non conoscono i baci"). Enlil allora, consigliato dal suo visir Nusku, invit la dea ad un giro in barca ed abus di lei. In quell'istante venne concepito il dio-luna Sin. Gli dei si indignarono per tale comportamento ed intimarono ad Enlil di allontanarsi dalla citt. Il dio obbed, dirigendosi verso gli inferi (Kur). Allora Ninlil, incinta, decise di seguirlo nel suo destino, ma Enlil pens che in questo modo suo figlio, destinato a dimorare nel cielo, sarebbe invece stato costretto a vivere nelle viscere delle regioni infernali. Ide allora uno stratagemma: poich sulla strada per gli inferi vi erano tre dei minori che il viandante doveva incontrare (il guardiano delle porte dell'inferno, l'uomo del fiume dell'inferno e l'uomo della barca), Enlil decise di assumere di volta in volta le sembianze di questi tre personaggi, fecondando Ninlil di tre divinit infernali in modo che sostituissero il figlio Sin agli inferi.

Nel testo sumerico noto come Enki e Ninmakh sono presenti alcuni temi fondamentali che riguardano la creazione dell'uomo: come viene creato, come dovr essere l'uomo e quale la sua condizione nel tempo storico, tutti temi che trovano spazio in vari miti

mesopotamici.
Nel mito conosciuto come 'Enki e Ninmah' si narra del primo tentativo di creazione dell uomo, ad opera dei due Anunnaki, perch questo potesse portare il giogo degli dei, cio svolgere tutte quelle attivit che erano svolte dagli dei minori. La storia si svolge in 4 parti. Nella prima parte, mentre Enki dorme nel suo giaciglio, gli dei minori si lamentano della fatica del lavoro. La dea Namma, madre di Enki, sveglia suo figlio per presentargli le lamentele degli dei e gli suggerisce di creare un essere che lavori al posto loro. Enki, nella sua grande saggezza, decide allora che la cosa sia fattibile, e d le istruzioni necessarie. Convoca quindi sua sorella Ninmah e le dee della nascita le quali la dovranno assistere nell opera. Nella seconda parte, Ninmah crea 6 esseri, tutti malati, per i quali Enki decide i destini, cio dispone per loro un compito che possano svolgere nonostante le loro menomazioni. Nella terza parte, poich Ninmah desolata di non essere riuscita a creare un uomo perfetto, Enki decide di provare un nuovo procedimento, utilizzando il seme di un dio e impiantarlo nell utero di una dea (Ninmah stessa?) mischiando questo seme con una forma d argilla da lui prodotta. Anche questo esperimento per produce un essere imperfetto, chiamato Umul (che in sumero significa appunto creatura malata), con molte menomazioni. Ninmah, constatando che questo essere non in grado di badare a se stesso, si lamenta con Enki. Questi per ricorda a Ninmah di come lui abbia comunque badato ai 6 esseri prodotti da Ninmah. Nella quarta parte, probabilmente sentendosi rimproverata ingiustamente, Ninmah rinfaccia ad Enki di non aver per badato alla sua terra, alla sua citt, quando questa fu distrutta, quando suo figlio (non identificato nel mito) fu costretto a fuggire, e quando lei stessa dovette abbandonare l E.Kur (il tempio di Nippur). Per contro, Enki la ammonisce di non rompere la promessa per la quale Ninmah avrebbe dovuto badare al destino della creatura da lui prodotta, la prega di lasciare libera la sua creatura, e auspica che comunque questo giorno, quello delle creazioni, venga festeggiato. Enki ordina dunque che sia costruita una casa (non si capisce se DA Umul o PER Umul) e che siano scritte canzoni per commemorare l opera eroica di Ninmah. Il poema finisce con la consueta lode al dio, per la sua saggezza e le sue opere.

Anche se non riusciamo sempre a cogliere pienamente il campo di azione di singole divinit, il mito fa sicuramente riferimenti precisi ai caratteri e alle competenze degli di, riferimenti, appunto, poich la funzione del mito non quella di spiegare a chi non sa a noi in questo caso ma di dare fondamento sacrale alla realt per chi sa, e crede nella garanzia fornita da quel patrimonio mitico. La chiusura del tempo del mito fissa definitivamente il ruolo di ciascuna entit divina e apre agli uomini la possibilit di rivolgersi ad esse con atti rituali appropriati, attraverso i quali cercare soccorso nelle situazioni critiche dell'esistenza. L'uomo che compare nei racconti mitici non potr mai essere come quello del tempo storico; il suo agire avr precisi contatti con quello che sar il comportamento umano nella realt attuale, ma se ne distinguer nettamente attraverso atti e situazioni, che porteranno alla fondazione della condizione esistenziale del tempo reale. L'uomo del tempo del mito ha contatti diretti con le entit extraumane, parla con loro, ne riceve istruzioni dirette, pu scontrarsi con esse, o aver perfino contatti sessuali con essi. cos che la vita dell'uomo

risulta incompleta, perch manca ancora qualche elemento, o ve ne qualcuno di troppo, perch questi possa veramente definirsi uomo. Mancano quegli elementi che distinguono l'essere umano dalle divinit: malattie, sofferenze, rischi esistenziali, la morte. Nei miti mesopotamici l'umanit mitica sottoposta al lavoro: stata creata proprio per questo. Ma tale lavoro non ancora un atto che qualifica culturalmente, ma dura fatica imposta. Nel mito accadico conosciuto come Poema di Atra-khasis gli dei creano l'uomo per liberarsi dalla necessit di lavorare.
La prima parte del poema racconta che in origine gli dei erano divisi in due classi: le divinit della classe inferiore degli Igigi lavoravano per la classe pi elevata degli Annunaki che vivevano tranquillamente nell'agiatezza. In seguito a una rivolta degli Igigi che, guidati dal dio W-ilu, si rifiutarono di continuare a lavorare, gli Annunaki si riunirono per cercare una soluzione, il loro re Enlil minacciando di uccidere gli Igigi. Suo fratello Ea (nome accadico per il sumerico En.ki), avendo capito che questo non avrebbe risolto il problema, propose di creare l'Uomo. L'Uomo sarebbe stato in tutto simile agli dei, all'infuori del dono dell'immortalit, e avrebbe lavorato per nutrire gli dei mediante i sacrifici. La proposta fu accettata all'unanimit. L'uomo sarebbe stato modellato nell'argilla con l'aggiunta del sangue del dio che si era ribellato, W-ilu, immolato per la circostanza. La dea madre Ninmah don quindi la vita all'essere cos creato sputando dentro la mistura. L'uomo da allora in poi sarebbe stato l'ordinatore dell'universo. Nella seconda parte si narra che gli uomini vivevano nella prosperit, ma il dio supremo Enlil era infastidito da tanta floridezza ed era preoccupato dal loro moltiplicarsi. Per risolvere questo nuovo problema, Enlil invi in principio delle terribili epidemie e poi delle carestie per cercare di decimare i suoi servitori. Ma Ea, dio delle acque dolci e protettore degli uomini, si oppose ai suoi piani tramite Atrahass, un uomo molto saggio che preveniva i suoi simili al sopraggiungere di ogni pericolo. Di pi in pi esasperato, Enlil decise allora di finirla una volta per tutte con gli uomini inviando un Diluvio Universale e vietando a Ea di comunicare con chiunque di loro. Ma Ea si rivolse ad Atrahass in sogno e gli consigli di costruire un'arca resa impermeabile con del bitume, e di imbarcare con lui una coppia di tutti gli esseri viventi. Il diluvio si scaten per 7 giorni e 7 notti. Il settimo giorno la pioggia cess e l'Arca s'incagli sul monte Nishir. Dieci giorni pi tardi Atrahass liber una colomba, che ritorn. Lo stesso accadde con una rondine. Infine liber un corvo che avendo trovato il ritiro delle acque non ritorn. Allora Atrahass disperse ai quattro venti tutti gli altri animali e fece un sacrificio che fu apprezzato dagli dei. Enlil, avendo constatato che il suo piano era ancora una volta fallito, ma avendo realizzato che la scomparsa degli uomini avrebbe riportato la situazione allo stato precedente la loro creazione, si calm e lasci che gli uomini continuassero a esistere, ma pretese da Ea che la vita degli uomini non terminasse naturalmente, come era avvenuto fino ad allora, ma potesse avvenire anche mediante una morte violenta, o accidentale, o per malattia, in modo che gli uomini diminuissero di numero. Atrahass invece per ricompensa ricevette l'immortalit e and a stabilirsi presso lo sbocco dei Grandi Fiumi, nel giardino di Dilmun dove dimora Ea, e, secondo la leggenda mesopotamica, vi vivrebbe ancora.

Morte, malattie, fatica del lavoro: sono realt non propriamente gradevoli, ma che fanno parte della natura dell'uomo. Talora la fondazione della morte viene presentata e, quindi,

sentita come frutto di una scelta operata da un personaggio che agisce nella dimensione del mito, o la conseguenza di azioni compiute da personaggi, che ne hanno determinato la comparsa nel mondo. Nel mito ugaritico che vede protagonisti il re Danil e suo figlio Aqhat d a n il a k a t

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