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Lezione 16 – archi e volte

Ogni contesto geografico, ogni epoca, ha delle sue peculiarità che si manifestano attraverso la forma degli
archi, ma anche nei modi in cui gli archi e le volte vengono realizzati, quindi attraverso le tecniche costruttive.
Ad una data geometria corrisponde il più delle volte una tecnica costruttiva. Abbiamo visto come l'insieme
di due elementi contrapposti a forma triangolare è il primo esempio di sistema spingente, detto protoarco:
questo trasferisce agli appoggi sia forze verticali che orizzontali, le cosiddette spinte. Un trilite in cui, per un
qualsiasi motivo, sono variate le quote relative dei piedritti, si trasforma da sistema pesante a spingente,
poiché la forza si scompone in una componente verticale e orizzontale. I due elementi inclinati formano fra
loro un certo angolo: più è aperto, maggiore è la spinta che l'elemento
strutturale traferisce agli appoggi.
Esempio: l'arco a tutto sesto ribassato (la luce è molto maggiore rispetto la
freccia) risulta più spingente di un normale arco a tutto sesto in cui luce e
freccia risultano uguali. Un arco a tutto sesto può ribassarsi a causa di
eventi come sismi e quindi dissestarsi, poiché più spingente rispetto la
configurazione iniziale. Fra la configurazione iniziale e quella ribassata
comunque vi sono degli stati intermedi che possono essere recuperati
mediante interventi, affinché non si arrivi al dissesto. Ci si accorge di dover
intervenire, ad esempio, perché la geometria appare deformata, anche se
non ancora fessurata.

Analizziamo l’evoluzione del sistema ad arco:

Il primo è il caso di un architrave che poggia su due piedritti. I carichi che


agiscono su di essa vengono traferiti alle spalle che definiscono l'apertura
attraverso delle sollecitazioni verticale. L'architrave realizzato in pietra è
molto grande.
Supponiamo che l'architrave, per eccesso di carichi, si fratturi in mezzeria
(superamento resistenza a flessione). Il sistema si trasforma: i due elementi
tendono a ruotare verso il basso, con centro di rotazione i due appoggi. La
porzione di contatto si parzializza ed i due elementi entrano in contatto solo
mediante la parte superiore. Il sistema si trasforma da pesante a spingente
ed i due pezzi divisi funzionano come due puntoni in un protoarco. La
componente orizzontale è molto elevata perché il protoarco che si viene a
formare è molto ribbassato, quindi è molto spingente.

Il terzo caso è equiparabile a quello dell'architrave con intradosso continuo.


Infatti, sagomare l'intradosso con una qualsiasi configurazione non varia il
principio di trasferimento dei carichi, ma lo cambia il vincolo in mezzeria: fin
quando l'architrave è integro, tutte le sezioni sono vincolate con incastri, ma,
nel momento in cui l'architrave si frattura, in mezzeria cambia il vincolo in un
appoggio. La struttura passa da pesante a spingente.

Quarto caso: allo stesso modo la struttura passa da pesante a spingente, ma


cambia un fattore importante: delle due porzioni che si vengono a formare in
caso di fessurazione, nel caso ad intradosso continuo, il baricentro cade al di
fuori del piedritto, mentre ne caso in esame cade all'interno della sezione
d'appoggio. L'elemento quindi si mantiene stabile autonomamente, al
contrario dell'altro caso. La struttura è come se fosse pesante ed i carichi
agenti su di essa mantengono le porzioni fratturate unite, quindi gli elementi non tendono a ruotare, quindi
non nasce una nuova spinta. Questo dipende dalla geometria della sezione, non dal vincolo in mezzeria. E' su
questo che dobbiamo puntare l'attenzione per capire quanto spingente è un sistema.

Quinto caso: incrementando il numero di conci che costituiscono l'arco, i cui


giunti convergono tutti in un dato punto (centro dell'arco), si passa da una
configurazione pesante (due soli elementi) ad una configurazione spingente,
proprio perché, isolando metà dell'arco, e rimuovendo la muratura al di sopra,
i conci rimanenti non sono stabili autonomamente perché il loro baricentro si
trova al di fuori dei piedritti. L'unico stabile è quello in basso (e infatti è al di
sotto del piano alle reni).

Sesto caso: in un cantiere storico, se l'apertura era molto ampia l'architrave


monoblocco e continuo era molto complicato da ottenere, in termini di costi
ed in termini di sforzi. Riducendo la dimensione dei conci, con la cura che questi
possano effettivamente essere ben sagomati e tutti uguali, si arriva ad una
situazione molto più che valida sia in termini di costi che in termini di
lavorabilità. I conci in un arco a tutto sesto, se tutti uguali e ben sagomati,
risultano essere dispari.

Il problema che insorge come differenza fra i casi 5 e 6, riguarda il fatto che
nel caso 6 l'arco ritaglia i corsi in modo casuale, quindi il concio a contatto con
l'estradosso dell'arco deve avere una forma particolare con una faccia
curvata. Realizzare queste è complicato, quindi viene effettuato con
apporssimazione con materiale lapideo di più piccola dimensione, materiale
informe, che porta a murature più facilmente degradabili da parte, ad
esempio, della pioggia, che dilava la malta abbondante presente in quelle porzioni, come visibile in foto.

Per archi a tutto sesto, ad ogni luce corrisponde una certa dimensione di conci.

Ottavo caso: dall'arco a tutto sesto romano, si passa all'arco a sesto acuto
dell'architettura gotica. Presenta un notevole vantaggio di tipo cantieristico
(oltre che ad essere meno ribbassato, quindi meno spingente), perché
conferire all'arco una configurazione ogivale permetteva di realizzare archi
con luci differenti utilizzando conci della stessa dimensione, quindi ne
semplifica la realizzazione nel cantiere storico. Era infatti solo necessario
incrementare il numero di conci nell'arco.

In parallelo nasce l'esigenza di inserire all'interno delle costruzioni elementi esterni all'arco in grado di
bilanciarne le spinte, perché rispetto all'epoca romana le masse si assottigliano. E' il momento
dell'introduzione degli archi rampanti, ad esempio, che vanno a puntellare porzioni spingenti.
Nell'architettura gotica, infatti, l'arco rampante è molto utilizzato per il contro bilanciamento delle spinte.

Rispetto alle configurazioni viste, possiamo parlare di soluzioni "ibride":

Nono caso: arco a tutto sesto che, dal punto di vista strutturale, ha il
funzionamento di un sistema trilitico. E' stato spostato l'intradosso dell'arco
fino alla linea alle reni, che permette, dall'imposta, di iniziare a posizionare i
conci trapezoidali perché l'attrito interno fra i conci è in grado di non garantire
lo scivolamento.

Un’ulteriore evoluzione prevede l'architrave spezzata in due conci che presentano comunque baricentro che
cade all'interno delle spalle, quindi il sistema è pesante.
Decimo caso: caso estremo in cui estradosso ed intradosso hanno configurazioni
geometriche completamente diverse. L'estradosso piano accoglie i corsi
superiori ed evita il problema dell'ammorsamento della parte superiore. L'unico
problema è l'ammorsamento laterale.

Undicesimo caso: nell'opera muraria romana realizzata con conci ben squadrati
è molto frequente questa soluzione, in cui al di sotto dei 30 gradi i conci sono
disposti orizzontali e presentano una sola faccia curvata. Lo svantaggio di questa
soluzione rispetto ad un arco in cui il piano di imposta geometrica coincide con
l'imposta strutturale (detta a ghiera completa) riguarda il fatto che la condizione
di non coincidenza delle imposte sposta verso l'alto il punto di applicazione delle
forze orizzontali, quindi si incrementa l'altezza del piedritto ed il braccio del
momento: ruota e si ribalta più facilmente il piedritto. Il vantaggio costruttivo
riguarda il fatto che i conci speciali da realizzare sono numericamente inferiori,
inoltre è chiaro che l'arco risulta più ribassato e quindi meno spingente.

Dodicesimo caso: una soluzione costruttiva efficace, che vede la parziale


compenetrazione dei conci (di forma poligonale) con i corsi della muratura
stessa. Una soluzione ancora più complessa prevede una configurazione piana
dell'estradosso.

Tredicesimo caso: conci possono inoltre essere sagomati "a libro", vi sono parti
concave che si inseriscono nella muratura e consentono l'ingranamento del
concio anche fra i diversi conci: questo controbilancia lo scivolamento ed infatti
si necessita di molte meno centine per la costruzione dell'arco. L'unico
svantaggio di questa soluzione è che, se si immagina che ogni concio tende a
scivolare verso il basso e che il dente della configurazione a libro lo evita, per sforzi eccessivi il concio risulta
soggetto a trazione e spesso si lesionano proprio a partire da quel punto.

Tipologie di arco:

 Archi circolari: tutti i conci della stessa forma e dimensione facilità di lavorazione dei conci e di posa
in opera. Di esempio sono l’arco a tutto sesto e l’arco ribassato. Gli archi a tutto sesto rappresentano
il modello più noto, quello in cui l’arco è perfettamente semicircolare.
 Archi ellittici: distinti in funzione della freccia, possono essere “a freccia maggiore” o “a freccia
minore”.
 Archi ovali: molto simili a quelli ellittici, ma più semplici da realizzare in cantiere. Si
distinguono in equilateri o ribassati. In foto è presente il caso equilatero.
 Archi a sesto acuto o ogivali: permettono di realizzare con gli stessi conci archi di
luce differente variando la freccia. E’ determinato dall’intersezione di due archi di
circonferenza con centri più o meno distanti e posti sul piano d’imposta. È chiamato
anche arco ogivale per via della sagoma ad ogiva che si ottiene. Ne si trovano di
diverse tipologie: a goccia, equilatero, a lancia e ribassato. In foto è presente la
versione equilatera. Sfatiamo il mito sugli archi ogivali: non è vero che risultano
sempre meno spingenti rispetto a quelli a sesto acuto. Infatti, gli archi ogivali ribassati presentano un
centro al di sotto della linea di imposta e la luce risulta maggiore del doppio della monta.
 Archi a ferro di cavallo: richiamano il gusto dell'architettura islamica e sono archi
rialzati, in cui l'imposta geometrica non coincide con quella strutturale. Il
cambiamento dell'apparecchio murario determina le spinte, come già detto. Tipo
di arco prettamente orientale nel quale i due semiarchi si prolungano verso il basso
sotto il piano dei centri. In alcuni casi si può avere anche un unico centro.
 Archi rialzati: legati all'architettura arabo-normanna, mostrano un tratto
rettilineo dall'imposta geometrica a quella strutturale e possono assumere
configurazioni a tutto sesto o a sesto acuto (rispettivamente architettura
bizantina e saracena).
 Archi alla Tudor: tipico dell’architettura inglese del XVI secolo è una sorta di
arco ribassato policentrico ad andamento acuto. Generalmente ha quattro
centri ma in alcuni casi possono essere curvi solo i raccordi con i piedritti
mentre le parti centrali proseguono con andamento rettilineo. Gli archi tudor
sono ribassati e alternano porzioni rettilinee a curvilinee. Chiaramente nella
porzione curva i giunti non possono essere rettilinei, ma comunque i conci
vengono sagomati in modo che le facce convergano al punto centrale dell'arco.
 Archi rampanti o a collo d’oca: vengono utilizzati anche come archi e volte
d'imposta per la realizzazione di scale o rampe, oltre che come contro
bilanciamento. In quanto elemento asimmetrico, evoluzione del contrafforte,
usato per contenere e distribuire al suolo spinte laterali e verso l'esterno delle
parti superiori dell'edificio evitando quello che in gergo viene definito
"spanciamento"; a tal fine, i piani di imposta su ciascun piedritto sono posti a
livelli differenti, spesso con un notevole dislivello, tanto da farlo assomigliare
talvolta a un semiarco.
 Archi polilobati: spesso si tratta di una variante dell’arco inflesso, di quello a
ferro di cavallo o anche di quello a tutto sesto nel quale sono inseriti degli archi
minori. L’effetto finale è molto ricco e suggestivo. Si può riscontrare sia nelle
strutture gotiche che in quelle islamiche. In molti di questi casi la configurazione
geometrica non coincide con la configurazione strutturale e riconoscerle è
importante.
 Archi inflessi: l'intradosso oltre che cuspidi presenta punti di flesso,
presentando quindi tratti concavi e tratti convessi. è un arco policentrico simile
a quello ogivale ma con una punta più accentuata dovuta alla presenza di un
flesso e ad un cambio di curvatura. Si può trovare nell’architettura islamica,
nelle aree di influenza orientale ed anche nello stile gotico più tardo.

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