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Capitolo 5

COMPORTAMENTO DI EDIFICI
IN MURATURA PORTANTE

5.1 CLASSIFICAZIONE DEGLI EDIFICI

Quantunque le classificazioni pecchino sovente di rigidità nel loro intento di


ordinare e organizzare in gruppi gli elementi di un insieme, soprattutto quando
questo sia caratterizzato da peculiarità molto eterogenee, qual’è il caso appunto
degli edifici esistenti in muratura portante di mattoni, sembra utile riproporre
quella adottata da Michele Pagano(1). Essa consta delle seguenti tre classi:

I. Edifici interamente in muratura con orizzontamenti costituiti da volte;


II. Edifici con ritti in muratura e orizzontamenti costituiti da solai la cui
orditura principale è composta da travi isostatiche in legno o ferro;
III. Edifici con ritti in muratura ed orizzontamenti costituiti da solai
ammorsati in un cordolo perimetrale in calcestruzzo armato.

È evidente che, in molti casi, un dato edificio potrà anche contenere le tre
varianti suindicate, e dunque presentarsi a tipologia ibrida.

5.2 EDIFICI DI PRIMA CLASSE: INTEGRALMENTE IN MURATURA CON ORIZZONTAMENTI A VOLTA

Si tratta di tipologie costruttive storiche nelle quali l’organizzazione strutturale


portante è interamente affidata a murature. In sostanza, sia l’apparato fondale,
sia le strutture verticali e gli orizzontamenti (o impalcati), sono realizzati mediante
elementi lapidei o in laterizio (Figura 5.1c), variamente legati. Discorso a parte
vale per le coperture che, invece, riscontrano il favore prevalentemente di capriate
in legno o comunque di dispositivi strutturali con elementi lignei.
Le fondazioni possono essere realizzate secondo lo schema di Figura 5.1a e
5.1b: una serie di piloni in muratura posti in prossimità degli incroci dei muri
maestri raggiungono lo strato fondale più resistente; un sistema di volte sostiene
le parti restanti delle strutture di elevazione.
Lo schema dell’arco di fondazione può essere anche «rovesciato», in tal caso
il livello terra poggia direttamente sul suolo (Figura 5.2)

(1) Michele Pagano, Teoria degli Edifici. Edifici in Muratura, Liguori Editore, Napoli 1969.
Capitolo 5 - COMPORTAMENTO DI EDIFICI IN MURATURA PORTANTE

Figura 5.1 - Schema delle fondazioni di un fabbricato di prima classe. a) Pianta


con evidenziate le zone dei piloni in muratura; b) Particolare dei piloni
di fondazione e delle volte a botte del livello terra. c) Particolare degli
orizzontamenti ai piani

Figura 5.2 - Schema delle fondazioni di un fabbricato di prima classe con archi
rovesciati
Capitolo 5 - COMPORTAMENTO DI EDIFICI IN MURATURA PORTANTE

Per quanto riguarda gli orizzontamenti (incluso, come si vede in Figura 5.1b,
il livello terra) il sistema costruttivo adottato si fonda sul principio della volta.
Numerosissime sono le tipologie di volta adottate; di seguito si riporta una breve
illustrazione di alcuni tipi principali raggruppate secondo le seguenti categorie:
a) a botte;
b) a padiglione;
c) a crociera;
d) a doppia curvatura.
Tutti questi sistemi si fondano principalmente sul comportamento statico del-
l’arco. Anche le aperture sui muri sono generalmente ottenute mediante l’inserimento
di un arco di scarico o di una piattabanda al di sopra delle stesse (Figura 5.3).
L’assenza di soluzione di continuità nel materiale utilizzato per fondazione e
strutture di elevazione, ovvero la muratura in laterizio o in elementi lapidei, rende
molto sensibili i fabbricati ai cedimenti differenziali che possono manifestarsi con
ampie fessurazioni nei maschi murari.

Figura 5.3 - Piattabande e archi di scarico sopra i vani di aperture (da Donghi)
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5.3 PRINCIPI DI FUNZIONAMENTO DELLE VOLTE

Per quanto concerne i limiti di questa trattazione ci si sofferma a sottolineare solo


alcuni degli aspetti relativi al comportamento delle volte. Questi verranno illustrati in
modo sintetico in un approccio di tipo intuitivo, rimandando il lettore che voglia appro-
fondirne lo studio ai manuali classici di Scienza delle Costruzioni. Cionondimeno ritengo
utile, come sempre, che sia colto almeno l’aspetto generale della problematica.

5.3.1 VOLTE A BOTTE

Nel caso in cui la generatrice della volta sia un arco a tutto sesto la situazione
si presenta come in Figura 5.4. Si tratta di un cilindro sezionato a metà e appoggiato
orizzontalmente su due supporti continui nelle imposte dell’arco che lo genera
(lati lunghi della Figura 5.4a indicati con L2), mentre i lati delle due testate L1
possono offrire o meno appoggio continuo alle estremità della volta.
Il regime delle spinte è regolato dalla forma geometrica della volta stessa ma
anche da quella dei sostegni verticali. Alla direttrice di spinta principale in direzione
L1 (Figura 5.4a), si associa quella secondaria in direzione L2 (Figura 5.4b). Se la
dimensione di L2 è molto più grande di L1, prevale la componente di spinta principale.
Se le murature presentano delle aperture, il regime delle spinte si fa più significativo
poichè dette aperture concentrano il flusso delle tensioni sui ritti. Nel caso limite
in cui L1 = L2 = L, le spinte S1 e S2 sui 4 ritti d’angolo (cantonali) risultano sensibili
in entrambe le direzioni (Figure 5.4c e 5.4d), originando una risultante S orientata
genericamente che tende ad «aprire» verso l’esterno i cantonali.
In sostanza la volta innesca anche meccanismi di resistenza a compressione,
lungo le diagonali di pianta, più o meno rilevanti.

Figura 5.4 - Comportamento di volta a botte


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Le volte che generano gli orizzontamenti possono essere più o meno ribassate
(vedi Figura 5.5). Ciò implica un aumento del valore di spinta che, come è noto,
dipende dalla monta h in modo inversamente proporzionale. In generale, per avere
una idea dell’entità della spinta S, si può adottare lo schema di arco a 3 cerniere
con ipotesi di carico verticale distribuito in modo costante. In tali circostanze il
calcolo è molto semplice e veloce ed è dato dalla:

S = qL2 / (8h) (5.1)

L’azione della risultante R all’imposta può pensarsi assorbita dal piedritto secon-
do le due componenti S (spinta orizzontale) e V (azione verticale).

Figura 5.5 - Risultante e componenti verticale e orizzontale all’imposta di una volta


in muratura

Se la disposizione interessa muri interni o di spina, aventi luci contigue pres-


sochè uguali (vedi Figura 5.6a), la componente orizzontale tende ad annullarsi,
restando gravante sul piedritto la somma delle due aliquote di carico verticale
derivanti dalle luci contigue. Invero, nel caso di luci contigue diverse, prevarrà la
componente di spinta relativa all’azione della campata di luce maggiore (5.6b).
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Figura 5.6 - a) Risultante verticali per eliminazione di spinta su campate contigue


simmetriche; b) prevalenza di spinta su campate asimmetriche

Per quanto attiene al comportamento sotto azioni orizzontali, come è noto,


l’arco è una forma strutturale non ottimale. Similmente le volte sono affette da
analogo difetto con una qualche attenuante. La loro estensione spaziale garantisce
una certa rigidezza. Anche in questo caso la valutazione è molto difficile da fare
perchè dipende da molteplici fattori, non ultimo l’entità della sua compressione.
Ad ogni modo se consideriamo una distorsione della pianta tale da creare una
figura deformata romboidale (Figura 5.7b), una diagonale risulterà tesa (B’O’C’) e
una compressa (A’O’D’). La diagonale compressa, che schematizza un arco diagonale
della volta, tenderà ad alzarsi di una quantità δ (Figura 5.7c), mentre l’altro arco
diagonale teso, ad abbassarsi di δ (Figura 5.7d). Questo effetto eguale ed opposto
differenzia il comportamento della volta (figura spaziale) da quello di un arco singolo
(figura piana). In pratica il sistema costituito dai due archi diagonali si controventa
a vicenda, consentendo la formazione del meccanismo tirante-puntone. Anche sup-
ponendo che il materiale in cui è costruito la volta abbia resistenza a trazione
nulla, e quindi che in pratica questo tipo di comportamento sia vanificato dal fatto
che non sarebbe teoricamente possibile nessuna azione della diagonale tesa con-
trastante l’innalzamento di quella compressa, possiamo però osservare che se, come
generalmente avviene, il sistema volta è compresso nella configurazione orizzon-
talmente indeformata (Figura 5.7a), lo sono anche entrambi le diagonali.(2) Pertanto
la diagonale tesa nella configurazione deformata (Figura 5.7b) può contrastare effi-
cacemente lo spostamento δ, nei limiti della sua decompressione. Oltre detto limite
la riserva di efficacia è data dalla resistenza a trazione (quindi scarsa).
(2) È evidente che la compressione della volta dipende dai carichi gravanti sulla medesima. Il con-

cetto è analogo a quello dell’arco che, per garantire il suo funzionamento, deve risultare caricato.
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Il funzionamento tirante-puntone può dunque essere interessante al fine della


modellazione del comportamento degli edifici sotto carichi orizzontali, consentendo
di rappresentare l’orizzontamento costituito dalla volta, mediante l’inserimento di uno
schema piano tirante-puntone lungo le direttrici diagonali della maglia di pianta.(3)

Figura 5.7 - a) volta non deformata; b) configurazione deformata; c) innalzamento


della diagonale compressa; d) abbassamento della diagonale tesa

5.3.2 VOLTE A PADIGLIONE

Dal punto di vista geometrico risultano composte dall’intersezione di due volte


cilindriche impostate sui lati paralleli dei piedritti della pianta rettangolare (Figura
5.8). La superficie è delimitata dai 4 spicchi la cui generatrice dei lati giace sulle
superfici curve diagonali. Anche in questo caso il comportamento dipende dalle
variabili già viste per la volta a botte, ovvero: lunghezza relativa dei lati della
pianta; apertura dei muri di imposta, condizioni di carico, ecc. Cosicché nei ritti
in cui la presenza delle aperture è sensibile, si accentua il comportamento ad
arco di tipo 1, in quelli continui il comportamento di tipo 2 (Figura 5.8b). Nel
caso in cui la pianta sia quadrata e il sistema sia sorretto da 4 pilastri uguali
agli angoli, la spinta su questi assume andamento diagonale a 45° ed è possibile
determinarla in via semplificata mediante la 5.1, dove h è la monta degli archi
diagonali ed L la loro luce. Essa tende ad aprire i montanti verso l’esterno.
Un tipo particolare di volta a padiglione è quella di Figura 5.9b. Essa viene
detta anche volta a schifo ed è molto diffusa nell’edilizia storica in quanto, al vantaggio
di una maggiore libertà della pianta (forma rettangolare anziché quadrata), unisce
quello dell’estradosso piano che agevola la formazione del piano superiore.
(3) Il problema è quello relativo alla scelta di una «sezione ideale resistente» degli elementi tirante

e puntone «fittizi», e dell’eventuale attribuzione di un modulo elastico rappresentativo.


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Figura 5.8 - Volta a padiglione

Figura 5.9 - a) volta a botte con testata a padiglione; b) volta a schifo

5.3.3 VOLTE A CROCIERA

Anche le volte a crociera sono composte dall’intersezione di due volte cilindriche


incrociate. Il tipo più semplice è quello impostato su pianta quadrata. I semicilindri
sono tagliati a filo delle murature (Figura 5.10a). Il comportamento statico risulta
sostanzialmente combinato secondo gli schemi già visti nei precedenti paragrafi,
che si riconducono a quelli relativi alle spinte degli archi impostati sui lati di
pianta e a quelli sulle diagonali, con conseguente azione che induce i piedritti al
ribaltamento verso l’esterno. Le varianti tipologiche sono notevoli, ad esempio in
Figura 5.10b si illustra una volta crociera impostata su archi a sesto acuto.
Nel caso essa sia impostata su muri di supporto continuo valgono le indicazioni
di Figura 5.4.
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Figura 5.10 - Volta a crociera

5.3.4 VOLTE A DOPPIA CURVATURA

Gli esempi più semplici sono costituiti dalla Figura 5.11 dove la volta è generata
su una pianta quadrata da una duplice curva avente identico raggio. La forma
assunta è quella di una calotta sferica tagliata a filo dei lati del tamburo di sostegno.
Il regime delle spinte è analogo ai casi visti in precedenza in funzione delle stesse
variabili quali: la presenza di muri continui di supporto, le forature negli stessi.
Nella condizione di appoggio su 4 cantonali identici, impostati su pianta quadrata,
la spinta assume andamento diagonale a 45° verso l’esterno.

Figura 5.11 - Volta a doppia curvatura


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5.4 CONDIZIONI FISIOLOGICHE DEGLI EDIFICI ESISTENTI DI PRIMA


CLASSE

Dopo la breve digressione sul comportamento delle volte riprendiamo l’argo-


mento relativo agli edifici riconducibili alla prima classe. Nella stragrande mag-
gioranza dei casi (per non dire totalità), fanno parte dell’edilizia storica appartenente
ad epoche antecedenti l’avvento del calcestruzzo armato e quindi sono privi di
cordolature interpiano in calcestruzzo armato (obbligatorie per norma negli ultimi
decenni). Generalmente la loro situazione statica ha subito nel tempo mutamenti
dovuti a molteplici cause quali ad esempio: assestamenti dell’apparato fondale;
sollecitazioni eccezionali a carattere dinamico (terremoti); esposizioni a condizioni
climatiche di vario genere (escursioni termiche, vento ecc); variazioni delle con-
dizioni d’uso e dunque dei carichi gravanti sugli orizzontamenti; fenomeni dovuti
a maturazione dei leganti quali ritiro e viscosità; infine, anche, manomissioni del-
l’apparato strutturale originario. Tutto ciò, unito magari alla scarsa qualità dei
materiali, finisce col produrre il superamento dei limiti di resistenza a trazione,
già di per se bassi, in molte sezioni, configurando la parzializzazione delle stesse
(vedi Figura 5.12). Il quadro generale tende dunque ad assestarsi, al limite, ad
uno stato privo di zone tese, in cui il sistema può essere pensato come un insieme
di conci idealmente separati, il cui contatto avviene «localmente» in parti di sezioni
soggette a compressione, e dove i letti di malta hanno assunto il compito di favorire
il contatto fra le superfici scabre su una più ampia superficie.

Figura 5.12 - Fessurazioni conseguenti alla parzializzazione del sistema murario


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L’effettiva capacità portante di detto sistema che, sostanzialmente, ha subito


nel tempo una diminuzione di rigidezza, è sicuramente inferiore a quella originaria,
in cui l’arco avrebbe potuto supporsi in condizioni perfettamente integre. Nondi-
meno, l’adozione di una ipotesi limite, che consideri a priori la parzializzazione
di tutte le sezioni, può considerarsi a vantaggio della sicurezza.

5.5 EDIFICI DI SECONDA CLASSE: CON RITTI IN MURATURA E


ORIZZONTAMENTI A STRUTTURA PORTANTE IN LEGNO O IN FERRO

A questa categoria appartengono ancora edifici a carattere storico, sempre privi


di cordolatura in calcestruzzo armato, in cui gli orizzontamenti sono realizzati
da solai nei quali l’orditura portante principale è costituita da una travatura lignea
o in ferro. Il sistema è dunque monodirezionale, di tipo a travi appoggiate sui
muri maestri. Il criterio di distribuzione dei carichi monodirezionale investe gene-
ralmente due murature ai lati opposti della «cellula» di pianta quadrangolare rela-
tiva al vano in cui giace il solaio. Gli altri due muri risultano dunque «scarichi»
per quanto concerne le azioni trasmesse dall’orizzontamento.
In Figura 5.13a è riportato il caso, non infrequentre, in cui la presenza di un
«rompitratta» origina una distribuzione dei carichi sui 4 muri che circoscrivono la
«cellula» del solaio. L’azione trasmessa dal rompitratta può assimilarsi ad un carico
concentrato, mentre quella dei travetti può assimilarsi ad un carico distribuito.
Questo tipo di solai viene generalmente completato da un tavolato ligneo sul quale
si dispone un massetto e la finitura del pavimento (piastrelle o listellatura lignea).

Figura 5.13 - a) Solaio a struttura lignea con rompitratta centrale (da Levi);
b) Solai a voltine di laterizio (pieno o forato) con travature in ferro
e getto di conglomerato sovrastante

a)

b)
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Appartengono ai solai monodirezionali anche quelli composti da travature


metalliche e voltine variamente composte (Figura 5.13b). La mutua spinta fra le
voltine adiacenti, poste ad interassi uguali, si annulla, mentre la spinta residua
delle voltine di bordo, essendo gli interassi delle travature metalliche dell’ordine
di circa 1 metro e la monta molto ribassata, risulta estremamente limitata e in
molti casi trascurabile agli effetti della stabilità del muro.
Per quanto riguarda le forature di porte e finestre, possiamo trovare la mede-
sima tipologia relativa ai casi di Figura 5.3: archi di scarico o piattabande, ovvero
l’architrave può essere costituito da una trave di ferro o in legno.
Ad ogni modo, di fondamentale interesse, risultano i seguenti aspetti:
a) differenziazione netta fra il materiale costituente l’orizzontamento e quella
costituente la muratura di elevazione;
b) valutazione della capacità di un effettivo ammorsamento delle travi nei
muri portanti in grado di fornire la trasmissione dello sforzo normale
dal muro alla trave (e viceversa);
c) valutazione della rigidezza dell’orizzontamento, che dal passaggio dei casi
di Figura 5.13 a quelli di Figura 5.14, presenta diversi gradi di valutazione(4);
d) presenza di eventuali riseghe nei muri portanti che diminuiscono lo
spessore di questi con l’aumentare dei piani.
Per quanto indicato al punto a) il primo effetto di questa organizzazione strut-
turale sta, dunque, nell’eliminazione della spinta nei piedritti da parte dei solai,
in quanto orizzontali. Restano comunque eventuali condizioni di comportamento
ad arco laddove, come suggerito nella letteratura storica, si debbano appoggiare
eventuali travi maestre intermedie sopra aperture.(5)
Una seconda importante caratteristica sta nella valutazione del punto b). Spesso
l’innesto delle travature (lignee o in ferro), all’interno dei maschi murari, può con-
siderarsi a scorrimento orizzontale libero, se si trascurano gli effetti dell’attrito fra
i materiali. In tali circostanze il paramento murario risulta privo di «aggancio oriz-
zontale». Quantunque raccomandati dalla manualistica d’epoca (vedi esempio Figura
5.14), la realizzazione di ancoraggi in grado di realizzare una funzione almeno di
tirante dei travetti di solaio si riscontra rarissimamente nella pratica costruttiva.

Figura 5.14 - «Nella pratica le buone regole di costruzione vogliono che si considerino
i travicelli come semplicemente appoggiati. Ciò non ostante sarà uti-
lissimo, ed in alcuni casi anche indispensabile, di bene assicurare gli
estremi di questi ferri alle murature.» (da Boubèe 1880)

(4)Cfr. Anche Appendice E.


(5)«L’appoggio di trave maestra non deve di regola risultare in corrispondenza di apertura di porta
o finestra; quando ciò non possa evitarsi, si deve costruire sulla relativa piattabanda un arco di scarico».
Carlo Levi, Corso di Costruzioni, Milano, Hoepli, 1950.
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L’aspetto segnalato in c) rappresenta invece il riscontro di un diverso di grado


rigidezza offerto dall’orizzontamento. È evidente che nel caso di solai in legno,
in cui il collegamento fra i travetti è rappresentato unicamente dalla chiodatura
di un tavolato spesso qualche centimetro, rappresenta una condizione diversa, ad
esempio, dal caso in cui si riscontri un doppio tavolato incrociato, o un sistema
costruttivo basato su elementi in laterizio integrati da un getto di conglomerato
ancorchè non armato.
Per quanto concerne invece il punto d), la condizione si verifica molto spesso
nei muri perimetrali dove, mantenendo il filo verticale esterno, la risega fungente
da appoggio alle travi dei solai viene ricavata all’interno dei muri portanti. Ne
consegue una eccentricità di carico che può risultare a favore del ribaltamento
della muratura verso l’esterno. La mancanza dell’effetto tirante dei travetti inter-
piano impone dunque di considerare, ai fini della verifica al ribaltamento, l’intera
altezza del muro anzichè quella interpiano.

Figura 5.15 - Condizione di cinematismo di un paramento murario (da Pizzetti -


Trisciuoglio, rielaborata dall’Autore)

In Figura 5.15 viene illustrato un caso esemplificativo delle possibili condizioni


relative ad un muro perimetrale B di un edificio di seconda classe (ma per molti
versi le considerazioni possono essere valide anche per quelli di prima classe):
a) il muro B è scarico delle azioni relative ai solai, il che comporta una
diminuzione degli effetti benefici della risultante dei carichi verticali (uscita dal
nocciolo centrale di inerzia);
b) il muro B è eretto con eccentricità morfologiche che tengono a piombo
solo il filo esterno e rientrano nella superficie interna, incrementando così l’ec-
centricità dei carichi verso l’esterno;
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c) il muro A (di spina) esercita una azione di spinta verso B dovuta agli
archi di scarico delle forature in prossimità dell’incrocio;
d) il muro A potrebbe manifestare fessurazione verticali in C (ovvero sulle
cosiddette croci dei muri) dovute a: degrado dei materiali; effetti relativi alla dif-
ferenza di temperatura interna ed esterna(6); accorciamento differenziale a com-
pressione per le diverse condizioni di carico rispetto a B, ecc..
In definitiva, tutto ciò comporta una tendenza al ribaltamento verso l’esterno
di B e la necessità di una verifica nelle ipotesi che la muratura perimetrale si
comporti rigidamente su tutta l’altezza dell’edificio.
Nelle Figure 5.16 e 5.17 si riporta una verifica al ribaltamento di un muro esterno
di un fabbricato ibrido di prima e seconda classe. I primi tre piani fuori terra sono,
infatti, costituiti da orizzontamenti a volta; gli ulteriori 3, mediante solai con travi
appoggiate. Il caso, tratto dal citato volume dell’Ing. Russo(7), riguarda un fabbricato
sul Lungotevere di Roma. L’Autore conduce un’analisi semplificata e spedita, nel-
l’ipotesi che non possa essere considerato il funzionamento a tirante dei solai.

Figura 5.16 - Schema del fabbricato oggetto di analisi del ribaltamento del muro
perimetrale (da Russo)

(6) Una differenza di temperatura di 15°C tra interno ed esterno può causare una tensione di scor-

rimento all’incrocio dei maschi murari dell’ordine di 0,3÷0,5 daN/cm2.


(7) Cristoforo Russo, Le Lesioni dei Fabbricati, UTET, Torino 1947.
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Figura 5.17 - Verifica al ribaltamento del muro di Figura 5.16 (da Russo)
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5.6 EDIFICI DI TERZA CLASSE: CON RITTI IN MURATURA ED


ORIZZONTAMENTI ANCORATI AD UN CORDOLO DI CEMENTO
ARMATO

L’avvento della tecnica del calcestruzzo armato ha notevolmente modificato, in


senso favorevole ovviamente, il comportamento strutturale degli edifici in muratura
portante attraverso una serie di innovazioni tecniche. In principal luogo l’introduzione
della realizzazione di solai in laterocemento, il cui confezionamento viene completato
con getto in opera di calcestruzzo spesso accompagnato da una armatura diffusa
sulla soletta, ha comportato la realizzazione di una cordolatura in calcestruzzo armato
ai livelli dei vari solai. Ciò, unitamente al miglioramento della qualità degli elementi
costituenti la muratura, e la qualità dei leganti, ha contributo al conseguimento di
un comportamento scatolare dell’intero sistema costruttivo.
Già da molti anni, tutte le normative tecniche hanno reso obbligatoria la rea-
lizzazione di una cordolatura in c.a. di interpiano (ovvero al livello dei solai),
imponendo addirittura regole per un dimensionamento minimo al di sotto delle
quali non è consentito derogare (sezione e armatura).

Figura 5.18 - Effetto cerchiante di una cordolatura in calcestruzzo armato

Nella stragrande maggioranza dei casi, soprattutto quando le dimensioni del


fabbricato sono geometricamente regolari, la presenza di solai siffatti(8) attribuisce
un comportamento a diaframma orizzontale rigido.
(8) Anche, ovviamente quando l’orizzontamento sia costituito semplicemente da una soletta armata.
Capitolo 5 - COMPORTAMENTO DI EDIFICI IN MURATURA PORTANTE

Il comportamento scatolare ha molto migliorato il comportamento sismico di


questi fabbricati.
In alcuni casi, il solo effetto cerchiante della cordolatura (Figura 5.18), è suf-
ficiente ad assicurare impedimenti al cinematismo di ribaltamento laterale. Altri
vantaggi sono comunque assicurati, tra i quali si ricorda:
— valido elemento fungente da architrave in caso di forature del paramento
murario non espressamente previste in fase di primo progetto;
— ripartitore di effetti dovuti a cedimenti locali;
— diminuzione dell’altezza libera di inflessione del pannello murario, che
può ridursi al limite in articolazione cerniera-cerniera fra gli estremi
della cordolatura interpiano (qualora si possa fare affidamento sull’effetto
di controventamento orizzontale dei solai).
Un ulteriore menzione va fatta anche riguardo alla tendenza dell’utilizzo di
una architrave in calcestruzzo armato al di sopra delle aperture dei vani di porte
e finestre. In questo caso, se l’architrave è realmente efficace, ovvero se a questa
può essere attribuito un effettivo comportamento di resistenza a trazione, si ha
un conseguente effetto di collaborazione fra i maschi murari contigui (effetto fascia
o effetto accoppiamento).(9)

5.7 GLI ORIZZONTAMENTI

5.7.1 ORIZZONTAMENTI INFINITAMENTE RIGIDI

Per le nuove costruzioni, gli orizzontamenti possono essere considerati infi-


nitamente rigidi nel loro piano a condizione che(10):
1) siano realizzati in calcestruzzo armato;
2) siano realizzati in latero-cemento con soletta in c.a. di almeno 40
mm di spessore;
3) siano realizzati in struttura mista con soletta in cemento armato di
almeno 50 mm di spessore, ad esempio solai in legno con soletta
collaborante in c.a, solai in acciao-calcestruzzo con soletta collaborante
in c.a. In tal caso la soletta deve essere collegata da connettori a taglio
opportunamente dimensionati agli elementi strutturali in acciaio o in
legno e purché le aperture presenti non ne riducano significativamente
la rigidezza;
4) siano in grado di trasmettere le forze ottenute dalla soluzione del modello
di calcolo sismico (analisi lineare statica, analisi modale) incrementate
del 30%.
Per gli edifici esistenti in muratura la Circolare 617/09 ha invece assunto
un’ottica meno restrittiva ammettendo di considerare infinitamente rigidi i solai
che siano:

ben collegati alle pareti e dotati di una sufficiente rigidezza e resistenza nel loro piano.

Poiché, come si nota, questa seconda definizione, lascia la valutazione al pro-


gettista, nel prosieguo porremo in evidenza alcune caratteristiche degli orizzonta-
menti in modo da potersi orientare nella scelta.

(9) Cfr. § 5.8.


(10) Condizioni desunte dalle NTC.
Capitolo 5 - COMPORTAMENTO DI EDIFICI IN MURATURA PORTANTE

L’ipotesi del traverso infinitamente rigido, consente di imporre la congruenza


fra gli spostamenti orizzontali dei ritti del modello strutturale. Una prima conse-
guenza di questa ipotesi è quella rappresentata in Figura 5.19: un telaio costituito
da più piedritti, e avente più gradi di libertà, può essere equiparato ad un sistema
composto da una sola asta verticale in cui le masse ai vari livelli degli impalcati
sono discretizzate alle relative quote della singola asta.

Figura 5.19 - La presenza del traverso infinitamente rigido impone la congruenza


di tutti gli spostamenti orizzontali ai vari livelli, assimilando il com-
portamento del telaio a quello di un unica asta in cui le masse siano
concentrate ai relativi livelli del traverso

In sostanza la struttura, ai vari livelli, è vincolata agli stessi spostamenti oriz-


zontali e la sua deformata può essere ricostruita a partire da quella della singola
asta che ne riassume il comportamento globale. In particolare l’asta verticale rias-
sume le caratteristiche di rigidezza delle singole aste orizzontali, in simboli:
ktot = Σ ki (5.1)
Qualora l’ipotesi di traverso infinitamente rigido non sia verificata, i piedritti
del sistema strutturale a più gradi di libertà di cui alla Figura 5.19, tendono ciascuno
a comportarsi in modo autonomo (vedi Figura 5.20). In tal caso nella struttura
aumentano i modi di vibrare, perchè ciascun ritto ne avrà uno di suo in funzione
delle proprie caratteristiche. In secondo luogo, questi modi di vibrare mettono in
eccitazione un’aliquota della massa totale relativamente bassa. Per raggiungere,
dunque, le aliquote di percentuale della massa sismica partecipante, indicate nelle
NTC, sarà necessario aumentare il numero dei modi da considerare nel calcolo.
Capitolo 5 - COMPORTAMENTO DI EDIFICI IN MURATURA PORTANTE

Figura 5.20 - Struttura con traverso deformabile e comportamento autonomo dei


singoli ritti, a destra uno dei possibili modi di vibrare.

Da un punto di vista puramente qualitativo anche la forma planimetrica di


un impalcato può dare alcune significative informazioni in relazione alla sua rigi-
dezza. Nel caso di piante in cui siano presenti sensibili restringimenti, e soluzioni
di continuità, l’ipotesi di indeformabilità potrebbe essere poco attendibile anche
quando siano soddisfatte le ipotesi relative alla tipologia costruttiva vista per i
punti 1), 2) e 3) (Figura 5.21a). In effetti nella zona più «debole» (tratteggiata),
e specie per eccentricità notevole fra baricentro delle masse e delle rigidezze, pos-
sono verificarsi spostamenti relativi significativamente diversi per una stessa dire-
zione. Molto più idonee saranno invece forme compatte, anche in presenza di
sensibili eccentricità fra baricentro delle masse e delle rigidezze (Figura 5.21b).

Figura 5.21 - Esempi di solai più o meno deformabili


Capitolo 5 - COMPORTAMENTO DI EDIFICI IN MURATURA PORTANTE

La Circolare 617/09 ha dato, comunque, le ulteriori seguenti indicazioni(11):

Gli orizzontamenti devono essere dotati di opportuna rigidezza e resistenza nel piano e collegati
in maniera efficace alle membrature verticali che li sostengono perché possano assolvere la funzione
di diaframma rigido ai fini della ripartizione delle forze orizzontali tra le membrature verticali stesse.
Particolare attenzione va posta quando abbiano forma molto allungata o comunque non com-
patta: in quest’ultimo caso, occorre valutare se le aperture presenti, soprattutto se localizzate in
prossimità dei principali elementi resistenti verticali, non ne riducano significativamente la rigidezza.
Essi possono essere considerati infinitamente rigidi nel loro piano se, modellandone la deformabilità
nel piano, i loro spostamenti orizzontali massimi in condizioni sismiche non superano per più del
10% quelli calcolati con l’assunzione di piano rigido. Tale condizione può ritenersi generalmente
soddisfatta nei casi specificati nelle NTC(12), salvo porre particolare attenzione quando essi siano
sostenuti da elementi strutturali verticali (per es. pareti) di notevole rigidezza e resistenza.

Quando gli orizzontamenti possono essere considerati infinitamente rigidi nel


loro piano, le masse e le inerzie rotazionali di ogni piano, possono essere con-
centrate nel loro centro di gravità. Ne consegue un concetto fondamentale nella
valutazione delle azioni sismiche ovvero la coincidenza o meno del baricentro delle
masse con il baricentro delle rigidezze.

5.7.2 ECCENTRICITÀ ACCIDENTALI

L’eccentricità accidentale è una eccentricità aggiuntiva che va considerata in ogni


caso (anche qualora non vi sia presente una eccentricità geometrica fra baricentro
delle masse e delle rigidezze). Essa tiene forfettariamente conto di diversi fattori:
• variabilità spaziale del moto sismico;
• incertezze nella localizzazione delle masse;
• incertezze del modello;
• fattori di carattere esecutivo.
La variabilità spaziale del moto sismico incide significativamente in costruzioni
che abbiano un ampio sviluppo planimetrico lungo una direzione prevalente (ad
esempio nei ponti), molto meno, invece, nei fabbricati storici che generalmente
hanno piante compatte. Le incertezze nella localizzazione delle masse, invece, sono
molto più probabili nelle costruzioni, in quanto è plausibile che i sovraccarichi
accidentali non siano uniformemente distribuiti sui solai, come invece si ipotizza
in genere. Si osserva solo che nei fabbricati a struttura portante in muratura,
data l’elevata incidenza del peso proprio delle stesse, la percentuale dei sovraccarichi
accidentali risulta sensibilmente ridotta rispetto ad altre tipologie strutturali (ad
esempio ossature in c.a. o metalliche con muri di tamponamento alleggeriti). Ad
ogni modo, il DM 14.01.08, dispone che per i soli edifici, ed in assenza di più
accurate determinazioni, l’eccentricità accidentale in ogni direzione non possa esse-
re considerata inferiore a 0,05 volte la dimensione dell’edificio misurata perpen-
dicolarmente alla direzione di applicazione dell’azione sismica (Lmax i). Detta eccen-
tricità è assunta costante, per entità e direzione, su tutti gli orizzontamenti:

eacc = 0,05 x Lmax i (5.3)

(11) Circ. 617/09, § C.7.2.6.


(12) Queste condizioni sono quelle indicate ai punti 1), 2), 3) e 4) sopra riportati.
Capitolo 5 - COMPORTAMENTO DI EDIFICI IN MURATURA PORTANTE

Inoltre, qualora la distribuzione di elementi secondari non strutturali (ad esem-


pio tramezzature interne) sia fortemente irregolare in pianta, gli effetti di tale
irregolarità debbono essere valutati e tenuti in conto. Questo requisito si intende
soddisfatto incrementando di un fattore 2 l’eccentricità accidentale di cui alla (5.3):

eacc = 2 x 0,05 x Lmax i (5.4)

5.7.3 FUNZIONE DEL SOLAIO INFINITAMENTE RIGIDO NELLA DISTRIBUZIONE DELLE AZIONI
SISMICHE

Si abbia una parete muraria di un edificio che, per semplicità di esposizione


del concetto, assumiamo ad un solo piano fuori terra. In detta parete siano collocati
alcuni fori di porte e finestre (Figura 5.22a). Si consideri di avere determinato la
forza orizzontale F che rappresenta l’azione sismica e che agisce nel baricentro
del traverso orizzontale (infinitamente rigido).
Un modello di comportamento semplificato della situazione può essere effet-
tuato considerando che lo schema statico sia composto da un telaio avente i 3
ritti (Figura 5.22b) collegati in sommità dal traverso. Ciascun ritto assume le dimen-
sioni desunte dall’aver trascurato le porzioni di muratura superiori e/o inferiori
ai fori.

Figura 5.22 - Ripartizione su ritti giacenti in direzione della forza con ipotesi di
«traverso infinitamente rigido»
Capitolo 5 - COMPORTAMENTO DI EDIFICI IN MURATURA PORTANTE

Se k1, k2, k3 sono le rigidezze dei tre ritti, imponendo l’uguaglianza degli spo-
stamenti in sommità, come condizione di congruenza, ne consegue direttamente:
1) per l’equilibrio alla traslazione orizzontale:
F = F1 + F2 + F3 (equilibrio alla traslazione orizzontale) (5.5)

2) per il comportamento elastico lineare dei materiali:


F1 = k1 x x1
F2 = k2 x x2 (5.6)
F3 = k3 x x3

per il comportamento di traverso infinitamente rigido, la seguente condizione


di congruenza, ovvero identità degli spostamenti:

x1 = x2 = x3 = x (5.7)

La rigidezza complessiva del telaio è data dalla somma delle singole rigidezze
dei ritti per cui, considerando la (5.1) si ottiene:

F = ktot x x (5.8)

ktot = k1 + k2 + k3 (5.9)

Quest’ultima, sostituita alla (5.8) dà:

F = (k1 + k2 + k3) x x ⇒ x = F / (k1 + k2 + k3) (5.10)

E conseguentemente la soluzione:

F1 = k1 x x1 = k1 x x = F x k1 / (k1 + k2 + k3)
F2 = k2 x x2 = k2 x x = F x k2 / (k1 + k2 + k3) (5.11)
F3 = k3 x x3 = k3 x x = F x k3 / (k1 + k2 + k3)

In virtù del traverso infinitamente rigido, l’azione orizzontale (sismica) F si


distribuisce dunque in funzione proporzionale alla rigidezza dei piedritti. Più sono
rigidi, maggiore è la quota parte relativa.
Prendiamo ora in considerazione questo ulteriore aspetto. Stavolta si abbia
in pianta la situazione di Figura 5.23. L’orizzontamento ABCD, costituito sempre
da un solaio infinitamente rigido, trasmetta l’azione (sismica) orizzontale F = 5.000
daN sui ritti S1 = S2 = S3 = S4 , tutti dello stesso materiale di muratura e dimen-
sioni:

S1 = S2 = S3 = S4 t = 30 cm; L = 500 cm; H = 300 cm


Capitolo 5 - COMPORTAMENTO DI EDIFICI IN MURATURA PORTANTE

Figura 5.23 - Ripartizione su ritti giacenti in direzione parallela e ortogonale alla


forza F con ipotesi di «traverso infinitamente rigido»

Come è noto, la rigidezza dei singoli ritti è data dalla formula:

1
k = —————— (5.12)
1 1
—— + ——
kf kt

dove:
kf = n E J / H3 (5.13)

è detta rigidezza flessionale e rappresenta il contributo della deformazione


flessionale, mentre, per pareti con sezione rettangolare:

kt = G A / (1,2 H) (5.14)

rappresenta il contributo del taglio. Nelle (5.13) e (5.14) si ha:


E = modulo elastico della muratura;
J = momento di inerzia lungo la direzione di spostamento;
H = altezza della muratura (o interpiano);
G = modulo di elasticità tangenziale della muratura;
A = t x L = sezione orizzontale del pannello murario;
1,2 = numero relativo al fattore di taglio χ per sezioni rettangolari;
n = coefficiente dovuto allo schema statico del pannello murario (n = 3 per
muro con schema statico a mensola e sommità libera, n = 12 per schema
statico come indicato in Figura 5.22, dove la sezione superiore del muro
non ruota dopo lo spostamento).
Capitolo 5 - COMPORTAMENTO DI EDIFICI IN MURATURA PORTANTE

Con le posizioni (5.13) e (5.14), dopo semplici passaggi algebrici, la (5.12)


diventa:

1
k = ______________________ (5.15)
H 3 1,2 H
_______ + _______
12 E J G A

Supponiamo di aver stimato, con le considerazioni fatte al capitolo 4, i para-


metri E e G della muratura in:

E = 45.000 daN/cm2
G = 13.500 daN/cm2

Si ha, per i setti 1 e 2:


J1 = J2 = 30 x 5003 / 12 = 312,500 x 106 cm4
A1 = A2 = 15.000 cm2
k1 = k2 = 516.055 daN/cm2

Per i setti 3 e 4:
J3 = J4 = 500 x 303 / 12 = 1,125 x 106 cm4
A1 = A2 = 15.000 cm2
K3 = k4 = 21.635 daN/cm2

Per la congruenza imposta dall’orizzontamento infinitamente rigido, possiamo


applicare identico ragionamento visto per il caso di Figura 5.22 e, con le (5.11),
determinare le aliquote di azioni afferenti a ciascun setto:

ktot = Σki = k1 + k2 + k3 + k4 = 2 x 516.055 + 2 x 21.635 = 1.075.380 daN/cm2

F1 = F2 = F x k1 / (Σki) = 5.000 x 516.055 / 1.075.380 ≈ 2.400 daN

F3 = F4 = F x k3 / (Σki) = 5.000 x 21.635 / 1.075.380 ≈ 100 daN

L’esempio dimostra come la presenza del solaio infinitamente rigido impone


la condizione che la resistenza all’azione (orizzontale) sismica resti quasi intera-
mente affidata alle pareti il cui piano è parallelo alla direzione del sisma stesso
(pareti di controventamento), mentre le pareti disposte ortogonalmente hanno una
influenza del tutto trascurabile. Questo fatto è di notevole importanza in quanto,
tra i vari benefici per le costruzioni i cui orizzontamenti sono rigidi, vi è proprio
quello di distribuire le sollecitazioni taglianti nel piano delle pareti di controven-
tamento, dove le stesse offrono maggior cimento, liberando quelle ortogonali alla
direzione del sisma, del dannosissimo effetto di una azione fuori del piano.
Con un ragionamento analogo, possiamo estendere le considerazioni anche nello
sviluppo verticale dell’edificio. Si osservi questa volta lo schema di Figura 5.24, nel
quale viene rappresentata una costruzione con 4 livelli fuori terra di cui ci interessa
sviluppare il ragionamento lungo una sola direzione. Il piano terra ha due setti S
centrali interni, mentre nelle parti esterne ha 2 pilastri P per ciascun lato. I livelli
superiori invece hanno le strutture verticali costituite da setti S nelle pareti esterne,
mentre nelle zone interne ci sono dei pilastri P. Ad ogni livello il solaio è considerato
infinitamente rigido e la risultante F dell’azione orizzontale sismica è applicata nei
Capitolo 5 - COMPORTAMENTO DI EDIFICI IN MURATURA PORTANTE

relativi baricentri. Secondo le condizioni (5.11), le azioni sono assorbite dai setti ai
livelli 1, 2 e 3 in quanto i pilastri P hanno rigidezza molto più piccola e poco con-
tribuiscono a contrastare le azioni F. Al livello 1, se l’orizzontamento fosse deformabile,
l’azione (F/2 + F/2 + F/2) sarebbe trasmessa dai setti dei tre livelli superiori ai due
pilastri del livello terra. Viceversa, i pilastri centrali dei livelli superiori, non trasmet-
terebbero praticamente alcuna azione orizzontale ai setti centrali del livello terra.
Con queste condizioni la struttura, a livello terra, si troverebbe a far fronte alle
azioni orizzontali in modo irragionevole, ovvero con i pilastri anzichè con i setti.

Figura 5.24 - Ripartizione verticale

La rigidezza del solaio al livello 1, invece, rende di nuovo la congruenza degli


spostamenti orizzontali, cosicchè si innesta nuovamente il comportamento di tipo
(5.11), con il risultato che l’azione orizzontale viene nuovamente trasmessa ai siste-
mi più rigidi del livello terra (setti).
In effetti il modello di comportamento opposto a quello di orizzontamento
infinitamente rigido è quello schematizzato in Figura 5.25, dove è rappresentato
in pianta lo schema di 3 ritti dello stesso materiale, ma con sezioni diverse, collegati
ad un solaio deformabile. In sostanza la forza F si distribuisce su ciascun ritto
in funzione della propria area di influenza indipendentemente dalla rigidezza degli
stessi. Cosicchè, nella fattispecie dell’esempio, il ritto S2, le cui caratteristiche di
rigidezza sono inferiori a S3, reagirà con R2, proporzionale all’area di influenza,
con l’irragionevole conseguenza che il ritto meno idoneo è quello che assorbe il
carico orizzontale maggiore. In Figura 5.25b sono qualitativamente indicati gli
spostamenti afferenti ai tre sottosistemi che si comportano in modo autonomo.
Capitolo 5 - COMPORTAMENTO DI EDIFICI IN MURATURA PORTANTE

Figura 5.25 - Modello limite di comportamento di «traverso infinitamente


deformabile» lungo una sola direzione

Concludiamo le osservazioni di questo paragrafo, relative alla funzione del traverso


infinitamente rigido, con un ultimo esempio relativo al caso in cui un sistema di ritti
sia soggetto ad un momento agente nel piano dell’impalcato. Ciò accade, come visto
in precedenza, qualora, per il caso di azioni sismiche orizzontali, vengano prese in
considerazione condizioni di eccentricità accidentali (minime imposte dalla norma) o
per effettive eccentricità fra baricentro delle masse e baricentro delle rigidezze.
In Figura 5.26 si ha un sistema costituito da 3 ritti verticali e da un impalcato
considerato infinitamente rigido. Tra il baricentro delle masse e il baricentro yg
delle rigidezze esiste una eccentricità e. I ritti sono dunque soggetti ad una azione
orizzontale F lungo x, che rappresenta l’azione sismica, e la coppia nel piano del-
l’impalcato M = F x e.

Figura 5.26 - Modello limite di comportamento dei ritti nell’ipotesi di «traverso


infinitamente deformabile» soggetto ad azione di torsione nel piano
orizzontale
Capitolo 5 - COMPORTAMENTO DI EDIFICI IN MURATURA PORTANTE

Le condizioni di congruenze saranno dunque espresse attraverso la composi-


zione del moto del traverso in una rototraslazione dove:
a) lo spostamento orizzontale del sistema è x’1 = x’2 = x’3 (Figura 5.26c);
b) la rotazione rigida intorno al baricentro yg impone la proporzionalità
degli spostamenti x”1 = x”2 = x”3 rispetto alle distanze d1, d2, d3 (Figura
5.26d).
Anche in questo caso, assume importanza fondamentale la rigidezza dei setti,
ciascuno dei quali verrà cimentato da una azione proporzionale a detta grandezza.

5.8 TRAVI DI ACCOPPIAMENTO (O FASCE DI PIANO) IN MURATURA

Nell’esempio di Figura 5.22 del § 5.7.3 si è scelto di trascurare la presenza


di materiale al di sopra dei vani delle aperture. Le NTC prevedono che si possa
inserire nel modello di calcolo anche il contributo di queste parti, definite con il
termine: travi di accoppiamento(13), a patto che le verifiche vengano poi estese a
tali elementi. Inoltre:

Possono essere considerate nel modello travi di accoppiamento in muratura solo se sorrette
da un cordolo di piano o da un architrave resistente a flessione efficacemente ammorsato alle
estremità.(14)

La Circ. 617/09 ha ulteriormente ampliato la descrizione nel modo seguente:

Nella modellazione di edifici esistenti possono essere considerate le travi di accoppiamento


in muratura, quando siano verificate tutte le seguenti condizioni:
• la trave sia sorretta da un architrave o da un arco o da una piattabanda strutturalmente
efficace, che garantisca il sostegno della muratura della fascia anche nel caso in cui quest’ultima
venga fessurata e danneggiata dal sisma;
• la trave sia efficacemente ammorsata alle pareti che la sostengono (ovvero sia possibile
confidare in una resistenza orizzontale a trazione, anche se limitata) o si possa instaurare nella
trave un meccanismo resistente a puntone diagonale (ovvero sia possibile la presenza di una
componente orizzontale di compressione, ad esempio per l’azione di una catena o di un elemento
resistente a trazione in prossimità della trave).(15)

In questo paragrafo illustriamo alcune considerazioni in merito alla funzione


di questi elementi strutturali. Si prenda, ad esempio, la parete muraria di Figura
5.27: abbiamo già osservato che, nel caso di edifici di classe 1 o 2, l’ipotesi di
solaio infinitamente rigido possa cadere in difetto. Ammettiamo ora di trascurare
anche il contributo delle parti di muratura che collegano i ritti sopra e sotto i fori
delle aperture. In tali circostanze, l’azione sismica orizzontale, si distribuisce sui
ritti in funzione della zona di influenza delle masse sismiche gravanti sugli stessi.
Ciascuno ritto funziona in modo «disaccopiato» come fosse una semplice mensola
incastrata alla base. La Figura 5.27a evidenzia questo comportamento mostrando
che i ritti subiscono spostamenti orizzontali diversi. Nella parte bassa della figura
centrale si sono indicate le sezioni di muratura reagente e le relative tensioni di
flessione. Queste ultime presentano l’andamento nel caso in cui siano considerate
interamente reagenti, prescindendo dal peso proprio dei ritti (flessione semplice).
(13) O anche «travi in muratura», NTC § 7.8.2.2.4.
(14) NTC § 7.8.1.5.2.
(15) CNTC § C8.7.1.4.
Capitolo 5 - COMPORTAMENTO DI EDIFICI IN MURATURA PORTANTE

In Figura 5.27b si riporta la modellazione che tiene conto del contributo delle
travi di accoppiamento, prescindendo dal fatto che il solaio possa essere considerato
infinitamente rigido. In tal caso è sufficiente che l’elemento orizzontale di colle-
gamento fra i ritti possa essere considerato tensoresistente. Per la normativa ita-
liana, come anticipato in precedenza, ciò equivale al fatto che la porzione di mura-
tura di collegamento sia sorretta da un cordolo in calcestruzzo armato, o da una
piattabanda di acciaio. Ad ogni modo il concetto equivale a garantire una resistenza
a trazione dell’elemento trave di accoppiamento. È evidente che ciò non può essere
vero, ad esempio, per i casi indicati in Figura 5.3, in quanto ci si dovrebbe affidare
alla trascurabile resistenza a trazione della muratura. Per i casi di edifici in classe
3, la presenza di un cordolo in c.a. è invece garantita dalla tipologia costruttiva.

Figura 5.27 - Comportamento di pareti in cui siano prese in considerazione le fasce


di piano. a) Senza la collaborazione delle fasce di piano. b) Collabo-
razione delle fasce di piano (meccanismo puntone-tirante)
Capitolo 5 - COMPORTAMENTO DI EDIFICI IN MURATURA PORTANTE

In Figura 5.28 osserviamo un esempio che spiega il modello di comportamento


della trave di accoppiamento in presenza di un solaio in laterocemento con cordolo
interpiano di bordo in calcestruzzo armato e architravi dei vani finestra, composte
anch’esse da una trave in calcestruzzo armato ben ammorsata alle estremità, in
modo da non poter «sfilarsi» nel suo comportamento flessionale. Il particolare a)
mostra la sezione del sistema trave.

Figura 5.28 - Modello di comportamento delle travi di accoppiamento in muratura

Possiamo notare, in una sezione ingrandita (Figura 5.28b), che essa è costituita,
a partire dall’intradosso del vano finestra, da:
• elemento tensoresistente (architrave armata);
• muratura;
• elemento tensoresistente (cordolo armato);
• muratura.
È possibile interpretare il comportamento di questo sistema mediante l’assi-
milazione ad un traliccio dove il corrente superiore e quello inferiore risultano
composti dagli elementi armati, mentre l’anima dalla muratura, come indicato in
Figura 5.34c. Allo stesso modo, come mostra la Figura 5.28d, si ha un ulteriore
sistema composto da muratura e corrente inferiore tensoresistente.
Dunque, stante il seguente modello di comportamento, la trave di accoppia-
mento, posta al di sopra del vano finestra, «funzionerebbe» come una trave com-
posta (piattabanda - anima - piattabanda). In sostanza si comporta come un traliccio
di Mörsch nel quale la parte superiore funziona da corrente compresso e gli sforzi
sono assorbiti dal cordolo di piano in calcestruzzo armato; la parte inferiore fun-
Capitolo 5 - COMPORTAMENTO DI EDIFICI IN MURATURA PORTANTE

ziona da corrente teso, dove gli sforzi sono assorbiti dall’architrave armato (ele-
mento tensoresistente), e, infine, l’anima è governata dal comportamento a com-
pressione dei puntoni di muratura compressi.
Analogamente la trave di accoppiamento, compresa fra il solaio e l’intradosso
superiore del vano finestra, funzionerebbe come una trave soggetta ad armatura
semplice dove la zona tesa viene rappresentata dal cordolo di calcestruzzo armato
del solaio, mentre la parte in muratura è soggetta alla formazione degli archi
delle isostatiche di compressione (vedi Figura 5.29).

Figura 5.29 - Schema di comportamento a flessione di una trave in calcestruzzo


armato con armatura semplice

5.9 INTERAZIONI DEL COMPORTAMENTO STRUTTURALE: MURATURE,


SOLAIO INFINITAMENTE RIGIDO, TRAVI DI ACCOPPIAMENTO

Per analizzare l’interazione nel modello strutturale fra: murature, solaio infi-
nitamente rigido e travi di accoppiamento, si propone l’analisi di una costruzione
semplice quale quella indicata nelle Figure (5.30a, 5.30d, 5.30e).
La pianta è a forma quadrata di dimensioni pari a 5 m x 5 m. La struttura
si eleva su due livelli impostati rispettivamente a quota L1 = 300 cm e L2 = 600
cm. Le murature sono state ipotizzate in elementi di laterizio semipieni aventi
spessore pari a 25 cm e densità pari a 1.200 daN/m3, con E = 50.000 daN/cm2
e G = 20.000 daN/cm2.
Nelle sole due pareti in direzione x sono stati modellati 2 fori: una porta a
livello terra di larghezza 140 cm e altezza 250 cm; una finestra a livello primo
di larghezza pari a 140 cm e altezza pari a 150 cm (altezza da terra pari a 100
cm).
Si ipotizza una zona sismica 2. L’analisi condotta è di tipo lineare dinamico.
La modellazione delle murature è stata effettuata mediante elementi finiti a guscio
di mesh 50 cm x 50 cm.
Capitolo 5 - COMPORTAMENTO DI EDIFICI IN MURATURA PORTANTE

Vengono presentati i seguenti 4 casi:


1) caso in cui si ha l’ipotesi di traverso infinitamente rigido e il contributo
delle travi di accoppiamento;
2) caso in cui si ha l’ipotesi di traverso infinitamente rigido e nessun con-
tributo delle travi di accoppiamento;
3) caso in cui si ha l’ipotesi di traverso deformabile e il contributo delle
travi di accoppiamento;
4) caso in cui si ha l’ipotesi di traverso deformabile e nessun contributo
delle travi di accoppiamento.
I carichi di piano sono i seguenti:
• permanenti di 600 daN/m2;
• sovraccarico accidentale di 200 daN/m2.
Al fine di poter comparare in modo omogeneo i risultati, i carichi sono stati
mantenuti identici per i quattro casi elencati, prescindendo dunque dal fatto che
le diverse tipologie costruttive di orizzontamento (rigido o deformabile) abbiano
nella realtà anche pesi diversi. Si pensi ad esempio al caso di solai a struttura
lignea piuttosto che in laterocemento.

5.9.1 CASO IN CUI SI HA L’IPOTESI DI TRAVERSO INFINITAMENTE RIGIDO E IL CONTRIBUTO


DELLE TRAVI DI ACCOPPIAMENTO

In questa prima simulazione di calcolo si sono considerate le seguenti ipotesi:


a) orizzontamenti infinitamente rigidi;
b) contributo delle travi in muratura di accoppiamento.
La prima ipotesi viene soddisfatta dal fatto che i solai sono in laterocemento
di spessore 20+4 cm. La seconda dal fatto che sono state adottate architravi reagenti
a flessione sopra i vani di porte e finestre. Per la finestratura tra il primo e il
secondo livello si è anche tenuto conto del contributo della porzione di muratura
al di sotto della finestra in quanto anche quest’ultima è sorretta da un elemento
resistente a flessione (rappresentato dal cordolo interpiano in c.a.). Infatti, a livello
perimetrale, ad ogni livello è stato inserito un cordolo in calcestruzzo armato di
sezione 25 cm x 24 cm.
L’orditura degli orizzontamenti ha andamento incrociato ai due livelli in modo
da caricare la coppia di murature in direzione x (a livello 2) e y (a livello 1).
Il calcolo, per la condizione sismica SLV lungo x, ha dato i seguenti risultati
in termini di spostamento (vedi Figura 5.30b):
Livello 2: δ2 ≈ 0,028 cm;
Livello 1: δ1 ≈ 0,019 cm.
Capitolo 5 - COMPORTAMENTO DI EDIFICI IN MURATURA PORTANTE

Figura 5.30 - Modello di comportamento di parete soggetta ad azione sismica orizzontale


tenendo conto del contributo delle travi di accoppiamento e dell’ipotesi
di orizzontamento infinitamente rigido. a) Pareti lungo la direzione x
con le aperture ; b) Deformata per azioni sismiche allo SLV (mesh elementi
finiti a guscio). c) Meccanismo di formazione dei puntoni diagonali nei
paramenti murari. d) Pareti lungo la direzione y senza aperture. e) Pianta
con indicazione dell’orditura dei solai

Dalla rappresentazione deformata della mesh (sempre di Figura 5.30b) è pos-


sibile rendersi conto del meccanismo di puntone - diagonale di reazione della
muratura (Figura 5.30c) agli spostamenti prodotti dal sisma. Ciò avviene sia nei
maschi murari, sia nelle travi di muratura di accoppiamento. Il contributo di queste
ultime è, dunque, da prendere in considerazione solo se queste esercitano una
effettiva resistenza al meccanismo di rottura conseguente a questo tipo di com-
portamento. Nella fattispecie la rottura può aver luogo per:
1) schiacciamento alle estremità della diagonale compressa del pannello
murario;
2) scorrimento orizzontale;
3) fessurazione diagonale;
4) scorrimento verticale.
In genere i primi tre tipi di rottura sono i più frequenti.
Il modello di comportamento considerato può essere ipotizzato nel caso degli
edifici di terza classe, in quanto, l’ipotesi a) suindicata è implicitamente garantita
dall’esecuzione del solaio in laterocemento(16), mentre per quanto concerne l’ipotesi
b), molto spesso, anche questa può verificarsi data la presenza di cordolature
interpiano in c.a. e architravi armate al di sopra dei vani dei fori finestra. In
definitiva, qualora si tenga in considerazione il contributo della trave di accop-
piamento, bisognerà dunque effettuare le verifiche per i tipi di rottura previsti
dalle vigenti norme per le costruzioni esistenti.(17)
(16)O altre tipologie come definite al § 5.7.1.
(17)In sostanza, per azioni nel piano, le NTC considerano la trave di accoppiamento come un pan-
nello di muratura ruotato di 90° e dunque soggetto a verifica di rottura a taglio per fessurazione diago-
nale o per scorrimento, e a pressoflessione, come indicato in C8.7.1.5.
Capitolo 5 - COMPORTAMENTO DI EDIFICI IN MURATURA PORTANTE

5.9.2 CASO IN CUI SI HA L’IPOTESI DI TRAVERSO INFINITAMENTE RIGIDO E NESSUN


CONTRIBUTO DELLE TRAVI DI ACCOPPIAMENTO

In questa seconda simulazione si è soppressa la sola condizione relativa al


contributo delle travi di accoppiamento, eliminandole dal modello agli elementi
finiti. Tutte le altre condizioni di calcolo sono rimaste inalterate rispetto all’esempio
svolto al precedente paragrafo (Figura 5.31).
I risultati dell’analisi, per la condizione sismica SLV lungo x, ha dato i seguenti
valori in termini di spostamento (vedi Figura 5.31b):
Livello 2: δ2 ≈ 0,066 cm;
Livello 1: δ1 ≈ 0,027 cm.
Come si può notare, lo spostamento al livello 2 è aumentato di circa 2,36
volte, mentre quello a livello 1 di circa 1,42. Poichè le norme tecniche consentono,
per gli edifici di classe 3, di non tener conto nei calcoli del contributo delle travi
di accoppiamento in muratura, evitandone quindi la verifica, è chiaro che, in questo
modo, l’influenza in termini di spostamento può risultare molto sensibile. Osser-
vando la deformata delle pareti è evidente inoltre, che la sola ipotesi di impalcato
rigido, tende a «disaccoppiare» il funzionamento dei due maschi, ciascuno dei
quali attiva un meccanismo indipendente assimilabile ad una mensola incastrata
alla base.

Figura 5.31 - Modello di comportamento di parete soggetta ad azione sismica


orizzontale tenendo conto del solo contributo dell’ipotesi di
orizzontamento infinitamente rigido e trascurando quello delle travi
di accoppiamento. a) Pareti lungo la direzione x con le aperture ;
b) Deformata per azioni sismiche allo SLV (mesh elementi finiti a
guscio). c) Meccanismo di formazione dei puntoni diagonali nei
paramenti murari. d) Pareti lungo la direzione y senza aperture. e)
Pianta con indicazione dell’orditura dei solai

5.9.3 CASO IN CUI SI HA L’IPOTESI DI TRAVERSO DEFORMABILE E IL CONTRIBUTO DELLE


Capitolo 5 - COMPORTAMENTO DI EDIFICI IN MURATURA PORTANTE

TRAVI DI ACCOPPIAMENTO

Il caso qui illustrato presente tutte le condizioni di calcolo di quello relativo al


paragrafo 5.9.1 ad eccezione dell’ipotesi di traverso infinitamente rigido (Figura 5.32).
In tal senso si può apprezzare il contributo delle sole travi di accoppiamento, le quali
manifestano un comportamento analogo, qualitativamente, al caso di Figura 5.30.

Figura 5.32 - Modello di comportamento di parete soggetta ad azione sismica


orizzontale tenendo conto del solo contributo delle travi di
accoppiamento e trascurando quello del traverso infinitamente rigido
a) Pareti lungo la direzione x con le aperture ; b) Deformata per
azioni sismiche allo SLV (mesh elementi finiti a guscio). c)
Meccanismo di formazione dei puntoni diagonali nei paramenti
murari. d) Pareti lungo la direzione y senza aperture. e) Pianta con
indicazione dell’orditura dei solai

È una condizione che può essere applicata nei casi di edifici in classe 1 e 2,
laddove gli impalcati non consentano di fare affidamento su una loro rigidezza,
ma le condizioni dei paramenti murari, la configurazione geometrica degli stessi
e l’inserimento di opportuni incatenamenti (o le stesse architravi), possano effet-
tivamente far supporre ad un comportamento tensoresistente dell’elemento trave
di accoppiamento. Nel modello di calcolo è stato tolto il cordolo in calcestruzzo
armato ai livelli degli orizzontamenti.
In termini di spostamenti di piano i risultati dell’analisi, per la condizione
sismica SLV lungo x, ha dato i seguenti valori (vedi Figura 5.32b):
Livello 2: δ2 ≈ 0,018 cm;
Livello 1: δ1 ≈ 0,014 cm.
ovvero addirittura inferiori, a parità di tutte le altre condizioni, a quelli visti
per l’analogo caso in cui però anche l’ipotesi di solaio infinitamente rigido è sod-
disfatta. Come è possibile? Il dato è spiegabile dal fatto che il modello di calcolo
elastico-lineare agli elementi finiti considera:
Capitolo 5 - COMPORTAMENTO DI EDIFICI IN MURATURA PORTANTE

a) gli incroci fra le pareti resistenti a trazione;


b) una distribuzione del carico sismico anche direttamente sulle pareti lungo
i lati y.
In particolar modo questa seconda condizione fa cadere in difetto l’ipotesi
vista al § 5.7.3 in relazione alla congruenza degli spostamenti di tutte le pareti.

Figura 5.33 - Modello tridimensionale del comportamento di Figura 5.32

Figura 5.34 - Comportamento delle pareti lungo y nel caso di impalcato deformabile

La situazione è ben rappresentata nelle Figure 5.33 e 5.34b, dove è chiaro,


dalla lettura della deformata di parete, che la stessa è soggetta a una condizione
di carico distribuito lungo i due livelli interpiano, mentre alle estremità essa è
agganciata alle due pareti ortogonali.
Capitolo 5 - COMPORTAMENTO DI EDIFICI IN MURATURA PORTANTE

È evidente che questa condizione cadrebbe subito in difetto qualora gli incroci
murari non fossero in grado di offrire sufficiente resistenza a trazione, con con-
seguente ribaltamento dell’intero paramento.
È chiaro, dunque, anche da questo esempio, che i risultati di un calcolo di
questo tipo, ancorchè computerizzato, devono sempre essere considerati critica-
mente, o anche, come spesso si dice: cum grano salis.

5.9.4 CASO IN CUI SI HA L’IPOTESI DI TRAVERSO DEFORMABILE E NESSUN CONTRIBUTO


DELLE TRAVI DI ACCOPPIAMENTO

Anche tale condizione può essere applicata a costruzioni di classe 1 o 2 quando


nè gli orizzontamenti, nè le travi di accoppiamento, possano avere caratteristiche tali
da non poter fare affidamento sul loro contributo. In tali circostanze ciascun maschio
murario presenta un comportamento disaccoppiato e slegato dagli altri. Lo schema
statico diventa dunque molto semplicemente quello di una mensola incastrata alla
base che funziona in modo autonomo assumendo come carichi verticali ed orizzontali
(azioni sismiche), quelli derivanti dalla quota parte relativa alla zona di influenza.
La condizione di comportamento disaccoppiato è ulteriormente esaltata quando
non si ipotizzi nemmeno la tenuta delle «croci di muro». Nel caso contrario, invece,
la situazione risulta evidenziata in Figura 5.35. L’analisi numerica offre i seguenti
risultati
A) Livello 2, spostamento lungo x: δA ≈ 0,045 cm;
B) Livello 1, spostamento lungo x: δB ≈ 0,027 cm;
C) Livello 2, spostamento lungo x: δC ≈ 5,9 cm
D) Livello 2, spostamento lungo y: δD ≈ 4,5 cm

Figura 5.35 - Schema di comportamento del modello tridimensionale nelle seguenti


ipotesi: a) impalcato deformabile; b) nessun contributo delle travi di
accoppiamento; c) funzionamento elastico delle croci di muro (angoli)
Capitolo 5 - COMPORTAMENTO DI EDIFICI IN MURATURA PORTANTE

Lo spostamento significativo delle pareti lungo y è anche dovuto al fatto che,


nel calcolo del modello di figura, il programma ha considerato anche il 30% di
azione sismica lungo questa direzione.
Anche in questo caso valgono le osservazioni viste al § 5.9.3: gli spostamenti
del sistema strutturale sono conseguenti all’ipotesi di comportamento elastico linea-
re delle murature e, in particolare, della resistenza a trazione offerta dalla croci
di muro (angoli). Nell’ipotesi che questi non siano in grado di offrire sufficiente
resistenza a trazione, bisogna considerare che i paramenti murari assumono un
comportamento a mensola per l’intera altezza, e dunque il comportamento globale
del sistema risulta governato dal comportamento fuori piano dei singolo maschi
murari. Nel modello di calcolo questa condizione si ottiene svincolando le pareti
lungo i lati verticali (Figura 5.36).

Figura 5.36 - Schema di comportamento del modello tridimensionale nelle seguenti


ipotesi: a) impalcato deformabile; b) nessun contributo delle travi di
accoppiamento; c) Croci di muro (angoli) non collaboranti

5.10 ANALISI CINEMATICHE

I precedenti paragrafi hanno messo in luce il comportamento degli edifici in


muratura, evidenziando quali sono i casi in cui una costruzione possa assumere un
comportamento indipendente per ciascun maschio murario (classi di edifici 1 e 2).
In queste situazioni, ma anche qualora si voglia indagare su situazioni di carattere
locale, l’approccio di calcolo viene affrontato mediante un modello cinematico.
Ciò è anche confermato dall’esperienza derivante dalle osservazioni dei danni
provocati dal sisma, i quali manifestano collassi parziali dovuti a perdita di equi-
librio di pareti o porzioni di pareti, proprio nei casi di costruzioni che manifestano
le carenze strutturali tipiche delle classi 1 e 2.
Capitolo 5 - COMPORTAMENTO DI EDIFICI IN MURATURA PORTANTE

Questi tipi di collasso sono anche definiti come:


• meccanismi di I° modo: quando derivano da un effetto (sismico)
ortogonale al piano medio della parete,
• meccanismi di II° modo: quando sono conseguenti, invece, ad effetti
(sismici) lungo il piano della parete.
In Figura 5.37, sono riportati alcuni schemi di collasso locale riferiti a mec-
canismi di I° modo. Alla stessa stregua sono considerati quelli relativi alle Figure
5.15 e 5.16. Nella Figura 5.38 sono rappresentati alcuni casi rappresentativi degli
schemi di Figura 5.37 a seguito del terremoto de L’Aquila del 2009. Altre esem-
plificazioni sono riportate in Appendice C).

Figura 5.37 - Alcuni esempi di meccanismi di collasso di I° modo (immagine tratta


dal programma CINE – vedi anche Appendice C.3)

Figura 5.38 - Meccanismi di I° modo: a) ribaltamento di facciata; b) martellamento


del colmo su facciata (Foto Arch. Roberto Amabilia)
Capitolo 5 - COMPORTAMENTO DI EDIFICI IN MURATURA PORTANTE

I meccanismi di II° modo sono sostanzialmente:


a) rottura per pressoflessione nel piano (cfr. § 3.5.9.1),
b) rottura per scorrimento nel piano (cfr. § 3.5.9.3.1),
c) rottura per fessurazione diagonale (cfr. § 3.5.9.3.2.)
Nella Figura 5.39 è illustrato un caso che presenta le condizioni b) e c).

Figura 5.39 - Meccanismi di II° modo: piano sopra rottura per scorrimento e fes-
surazione diagonale; piano sotto rottura per fessurazione diagonale
(Foto Arch. Roberto Amabilia)

Nella Figura 5.40 la fessurazione diagonale assume andamenti incrociati, mani-


festando la rottura nei due sensi di oscillazione del fabbricato, a seguito dell’evento
sismico.

Figura 5.40 - Meccanismi di II° modo: rottura per fessurazione diagonale nei due
sensi (da Manuale AeDES)
Capitolo 5 - COMPORTAMENTO DI EDIFICI IN MURATURA PORTANTE

In sostanza l’analisi cinematica si basa sull’individuazione, a priori, dei possibili


meccanismi di collasso locale che potrebbero interessare la costruzione a seguito
di un evento sismico.
I concetti suesposti sono espressi nel § 8.71 del DM 14.01.08:

Nelle costruzioni esistenti in muratura soggette ad azioni sismiche, particolarmente negli


edifici, si possono manifestare meccanismi locali e meccanismi d’insieme. I meccanismi locali
interessano singoli pannelli murari o più ampie porzioni della costruzione, e sono favoriti dal-
l’assenza o scarsa efficacia dei collegamenti tra pareti e orizzontamenti e negli incroci murari.
I meccanismi globali sono quelli che interessano l’intera costruzione e impegnano i pannelli
murari prevalentemente nel loro piano.
La sicurezza della costruzione deve essere valutata nei confronti di entrambi i tipi di mec-
canismo.
Per l’analisi sismica dei meccanismi locali si può far ricorso ai metodi dell’analisi limite
dell’equilibrio delle strutture murarie, tenendo conto, anche se in forma approssimata, della resi-
stenza a compressione, della tessitura muraria, della qualità della connessione tra le pareti murarie,
della presenza di catene e tiranti. Con tali metodi è possibile valutare la capacità sismica in
termini di resistenza (applicando un opportuno fattore di struttura) o di spostamento (determinando
l’andamento dell’azione orizzontale che la struttura è progressivamente in grado di sopportare
all’evolversi del meccanismo).

Nella Circolare 617/09, quanto suindicato, viene ulteriormente esplicitato con le


seguenti parole:

C8.7.1.6 Metodi di analisi dei meccanismi locali


Negli antichi edifici in muratura sono spesso assenti sistematici elementi di collegamento
tra le pareti, a livello degli orizzontamenti; ciò comporta una possibile vulnerabilità nei riguardi
di meccanismi locali, che possono interessare non solo il collasso fuori dal piano di singoli
pannelli murari, ma più ampie porzioni dell’edificio (ribaltamento di intere pareti mal collegate,
ribaltamento di pareti sommitali in presenza di edifici di diversa altezza, collassi parziali negli
edifici d’angolo degli aggregati edilizi, etc.). È indispensabile valutare la sicurezza dell’edificio
nei confronti di tali meccanismi.
Un possibile modello di riferimento per questo tipo di valutazioni è quello dell’analisi limite
dell’equilibrio delle strutture murarie, considerate come corpi rigidi non resistenti a trazione; la
debole resistenza a trazione della muratura porta infatti, in questi casi, ad un collasso per perdita
di equilibrio, la cui valutazione non dipende in modo significativo dalla deformabilità della struttura,
ma dalla sua geometria e dai vincoli. In Appendice (C8.A.4 della Circ. 617/09 - NdA) è proposto
un metodo basato su tale approccio, nella forma cinematica, particolarizzato all’esecuzione di
un’analisi sismica. Applicando il principio dei lavori virtuali ad ogni meccanismo prescelto, è
possibile valutare la capacità sismica in termini di resistenza (analisi cinematica lineare) o di
spostamento, attraverso una valutazione in spostamenti finiti (analisi cinematica non lineare).(18)

APPENDICE C8A.4. ANALISI DEI MECCANISMI LOCALI DI COLLASSO IN EDIFICI ESISTENTI


IN MURATURA
Negli edifici esistenti in muratura spesso avvengono collassi parziali per cause sismiche,
in genere per perdita dell’equilibrio di porzioni murarie; la verifica nei riguardi di questi meccanismi,
secondo le modalità descritte nel seguito, assume significato se è garantita una certa monoliticità
della parete muraria, tale da impedire collassi puntuali per disgregazione della muratura. Mec-
canismi locali si verificano nelle pareti murarie prevalentemente per azioni perpendicolari al loro
(18) Nel prosieguo della presente trattazione tratteremo il caso dell’analisi cinematica lineare.
Capitolo 5 - COMPORTAMENTO DI EDIFICI IN MURATURA PORTANTE

piano, mentre nel caso di sistemi ad arco anche per azioni nel piano. Le verifiche con riferimento
ai meccanismi locali di danno e collasso (nel piano e fuori piano) possono essere svolti tramite
l’analisi limite dell’equilibrio, secondo l’approccio cinematico, che si basa sulla scelta del mec-
canismo di collasso e la valutazione dell’azione orizzontale che attiva tale cinematismo.
L’applicazione del metodo di verifica presuppone quindi l’analisi dei meccanismi locali ritenuti
significativi per la costruzione, che possono essere ipotizzati sulla base della conoscenza del
comportamento sismico di strutture analoghe, già danneggiate dal terremoto, o individuati con-
siderando la presenza di eventuali stati fessurativi, anche di natura non sismica; inoltre andranno
tenute presente la qualità della connessione tra le pareti murarie, la tessitura muraria, la presenza
di catene, le interazioni con altri elementi della costruzione o degli edifici adiacenti.
L’approccio cinematico permette inoltre di determinare l’andamento dell’azione orizzontale
che la struttura è progressivamente in grado di sopportare all’evolversi del meccanismo. Tale
curva è espressa attraverso un moltiplicatore α, rapporto tra le forze orizzontali applicate ed i
corrispondenti pesi delle masse presenti, rappresentato in funzione dello spostamento dk di un
punto di riferimento del sistema; la curva deve essere determinata fino all’annullamento di ogni
capacità di sopportare azioni orizzontali (α = 0). Tale curva può essere trasformata nella curva
di capacità di un sistema equivalente ad un grado di libertà, nella quale può essere definita la
capacità di spostamento ultimo del meccanismo locale, da confrontare con la domanda di spo-
stamento richiesta dall’azione sismica.
Per ogni possibile meccanismo locale ritenuto significativo per l’edificio, il metodo si articola
nei seguenti passi:
• trasformazione di una parte della costruzione in un sistema labile (catena cinematica),
attraverso l’individuazione di corpi rigidi, definiti da piani di frattura ipotizzabili per la
scarsa resistenza a trazione della muratura, in grado di ruotare o scorrere tra loro
(meccanismo di danno e collasso);
• valutazione del moltiplicatore orizzontale dei carichi α0 che comporta l’attivazione del
meccanismo (stato limite di danno);
• valutazione dell’evoluzione del moltiplicatore orizzontale dei carichi al crescere dello
spostamento dk di un punto di controllo della catena cinematica, usualmente scelto
in prossimità del baricentro delle masse, fino all’annullamento della forza sismica
orizzontale;
• trasformazione della curva così ottenuta in curva di capacità, ovvero in accelerazione
a* e spostamento d* spettrali, con valutazione dello spostamento ultimo per collasso
del meccanismo (stato limite ultimo), definito in seguito;
• verifiche di sicurezza, attraverso il controllo della compatibilità degli spostamenti e/o
delle resistenze richieste alla struttura.
Per l’applicazione del metodo di analisi si ipotizza, in genere:
• resistenza nulla a trazione della muratura;
• assenza di scorrimento tra i blocchi;
• resistenza a compressione infinita della muratura.
Tuttavia, per una simulazione più realistica del comportamento, è opportuno considerare,
in forma approssimata:
a) gli scorrimenti tra i blocchi, considerando la presenza dell’attrito;
b) le connessioni, anche di resistenza limitata, tra le pareti murarie;
c) la presenza di catene metalliche;
d) la limitata resistenza a compressione della muratura, considerando le cerniere
adeguatamente arretrate rispetto allo spigolo della sezione;
e) la presenza di pareti a paramenti scollegati.
Capitolo 5 - COMPORTAMENTO DI EDIFICI IN MURATURA PORTANTE

5.10.1 ANALISI CINEMATICA LINEARE (CIRC. 617/09 - § C8A.4.1)

Per ottenere il moltiplicatore orizzontale α0 dei carichi che porta all’attivazione del meccanismo
locale di danno si applicano ai blocchi rigidi che compongono la catena cinematica le seguenti
forze: i pesi propri dei blocchi, applicati nel loro baricentro; i carichi verticali portati dagli stessi
(pesi propri e sovraccarichi dei solai e della copertura, altri elementi murari non considerati nel
modello strutturale); un sistema di forze orizzontali proporzionali ai carichi verticali portati, se
queste non sono efficacemente trasmesse ad altre parti dell’edificio; eventuali forze esterne (ad
esempio quelle trasmesse da catene metalliche); eventuali forze interne (ad esempio le azioni
legate all’ingranamento tra i conci murari). Assegnata una rotazione virtuale θk al generico blocco
k, è possibile determinare in funzione di questa e della geometria della struttura, gli spostamenti
delle diverse forze applicate nella rispettiva direzione. Il moltiplicatore α0 si ottiene applicando
il Principio dei Lavori Virtuali, in termini di spostamenti, uguagliando il lavoro totale eseguito
dalle forze esterne ed interne applicate al sistema in corrispondenza dell’atto di moto virtuale:
n n+m n o
α0 (ΣPiδx,i + ΣPjδx,j) _ ΣPiδy,i _ ΣFhδh = Lfi
i=1 j=n+1 i=1 h=1
(5.16)

[C8A.4.1]
dove:
— n è il numero di tutte le forze peso applicate ai diversi blocchi della catena cinematica;
— m è il numero di forze peso non direttamente gravanti sui blocchi le cui masse, per
effetto dell’azione sismica, generano forze orizzontali sugli elementi della catena
cinematica, in quanto non efficacemente trasmesse ad altre parti dell’edificio;
— o è il numero di forze esterne, non associate a masse, applicate ai diversi blocchi;
— Pi è la generica forza peso applicata (peso proprio del blocco, applicato nel suo baricentro,
o un altro peso portato);
— Pj è la generica forza peso, non direttamente applicata sui blocchi, la cui massa, per
effetto dell’azione sismica, genera una forza orizzontale sugli elementi della catena
cinematica, in quanto non efficacemente trasmessa ad altre parti dell’edificio;
— δx,i è lo spostamento virtuale orizzontale del punto di applicazione dell’i-esimo peso Pi,
assumendo come verso positivo quello associato alla direzione secondo cui agisce l’azione
sismica che attiva il meccanismo;
— δx,j è lo spostamento virtuale orizzontale del punto di applicazione dell’j-esimo peso Pj,
assumendo come verso positivo quello associato alla direzione secondo cui agisce l’azione
sismica che attiva il meccanismo;
— δy,i è lo spostamento virtuale verticale del punto di applicazione dell’i-esimo peso Pi,
assunto positivo se verso l’alto;
— Fh è la generica forza esterna (in valore assoluto), applicata ad un blocco;
— δh è lo spostamento virtuale del punto dove è applicata la h-esima forza esterna, nella
direzione della stessa, di segno positivo se con verso discorde;
— Lfi è il lavoro di eventuali forze interne.

Circ. 617/09, § C8A.4.2.3 Verifiche di sicurezza


(omissis)
Nel caso in cui la verifica riguardi un elemento isolato o una porzione della costruzione
comunque sostanzialmente appoggiata a terra, la verifica di sicurezza nei confronti dello Stato
limite di Salvaguardia della Vita è soddisfatta se l’accelerazione spettrale a0* che attiva il mec-
canismo soddisfa la seguente disuguaglianza:
ag(PVR)S
a*0 ≥ ————— (5.17)
q
[C8A.4.9]
Capitolo 5 - COMPORTAMENTO DI EDIFICI IN MURATURA PORTANTE

in cui ag è funzione della probabilità di superamento dello stato limite scelto e della vita
di riferimento come definiti al § 3.2 delle NTC, S è definito al § 3.2.3.2.1 delle NTC, e q è il
fattore di struttura, che può essere assunto uguale a 2,0.
Se invece il meccanismo locale interessa una porzione della costruzione posta ad una certa
quota, si deve tener conto del fatto che l’accelerazione assoluta alla quota della porzione di
edificio interessata dal cinematismo è in genere amplificata rispetto a quella al suolo. Una appros-
simazione accettabile consiste nel verificare, oltre alla C8A.4.9, anche la:

Se(T1)·Ψ(Z)·γ
a*0 ≥ —————— (5.18)
q
[C8A.4.10]

dove: Se(T1), Ψ(Z) e γ sono definite come al punto precedente, tenendo conto che lo spettro
di risposta è riferito alla probabilità di superamento del 10% nel periodo di riferimento VR.

Allo scopo di apprendere quali siano le implicazioni concettuali di una analisi


cinematica lineare, vediamo come può essere sviluppato questo approccio mediante
un semplice esempio.

5.10.2 ESEMPIO APPLICATIVO DI ANALISI CINEMATICA LINEARE

ESEMPIO 5.1
In Figura 5.41 è rappresentato lo schema di una parete in cui è stato individuato
un possibile meccanismo di ribaltamento fuori del piano (potrebbe riferirsi al
caso della Figura 5.38a).

Figura 5.41 - Schema di calcolo al ribaltamento fuori piano di una parete


Capitolo 5 - COMPORTAMENTO DI EDIFICI IN MURATURA PORTANTE

a) Dati della parete:


altezza media H = 600 cm,
lunghezza parete L = 5 m
spessore t = 50 cm,
peso proprio specifico della parete = 2.200 daN/m3,
peso complessivo della parete P2 = 0,5 m x 2.200 daN/m3 x 6 m x 5 m = 33.000 daN
altezza baricentro da terra = 300 cm

b) Carichi derivanti dalla copertura e dal solaio


carichi permanenti dal colmo di copertura
P1g = 100 daN/m2 x 5 m x 5 m = 2.500 daN
carichi accidentali (neve) dal colmo di copertura
P1Q = 120 daN/m2 x 5 m x 5 m = 3.000 daN
carichi dal piano primo = trascurabili in quanto ordito nell’altro senso

c) Condizione di carico
Le masse associate ai carichi gravitazionali sono le seguenti (cfr. anche Tabella
1.1, categoria H):
P2 = 33.000 daN
P1 = P1g + Ψ21 P1Q = 2.500 daN + 0 x 3.000 daN = 2.500 daN

d) Applicazione del Principio dei Lavori Virtuali per la determinazione del


moltiplicatore delle forze inerziali α0
Il Principio dei Lavori Virtuali esprime la generica condizione che in un sistema
materiale soggetto ad un insieme di forze equilibrate e di spostamenti congruenti
con le deformazioni ammesse per quel sistema, il lavoro compiuto dalle forze
esterne Lfe sia uguale a quello compiuto dalle forze interne Lfi.
Delle 3 condizioni suindicate:
1) insieme di forze equilibrate;
2) insieme di spostamenti congruenti con le deformazioni ammesse dal sistema;
3) identità Lfe = Lfi
è necessario e sufficiente che almeno 2 di queste siano soddisfatte affinchè anche
la terza risulti verificata.
Nella (5.16) Lfe è espresso dai membri a sinistra dell’uguaglianza. In generale il
lavoro compiuto dalle forze esterne è dato dal prodotto di:
• forze x spostamenti;
• momenti x rotazioni.
Applicando una rotazione virtuale unitaria θ = 1 intorno al punto C della parete
il lavoro virtuale esterno Lfe è dato da:
Primo membro della (5.16):
n
α0 Σ1 P δ
i x,j = α0 P1 x δ1 + α0 P2 x δ2 (5.19)

Ma, poichè per una rotazione piccola si ha:


δx,1 ≈ 300 cm x θ (5.20)
δx,2 ≈ 600 cm x θ (5.21)
la (5.19) diventa:
α0 P1 x δx,1 + α0 P2 x δx,2 = α0 x θ x (2.500 daN x 600 cm + 33.000 daN x 300 cm) =
= α0 x 1 x 11,4 x 106 daNcm (5.22)

Si noti che la (5.19) rappresenta il momento ribaltante.


Capitolo 5 - COMPORTAMENTO DI EDIFICI IN MURATURA PORTANTE

Secondo membro della (5.16):


D’altro canto le forze gravitazionale P1 e P2 esercitano un momento che tende a
stabilizzare la parete per cui si ha il seguente lavoro:

P1 x t/2 x θ + P2 x t/2 x θ (5.23)

Si noti che essendo:

δy,1 = δy,2 ≈ t/2 x θ (5.24)

la (5.23) esprime anche il secondo membro della (5.16):


n
ΣP δ
1
i y,j = P1 x δy,1 + P2 x δy,2 = 2.500 daN x 25 cm + 33.000 daN x 25 cm
= 887.500 daNcm (5.25)

Il terzo membro della (5.16) è nullo in quanto non agiscono forze esterne (ad
esempio un tirante).
Infine poichè il sistema è rigido, e lo spostamento assume il significato di una
rotazione rigida, il lavoro interno Lfi risulta nullo, essendo nulle le deformazioni
(ε, γ). Pertanto la (5.16) assume la seguente formulazione:

α0 x 11.400.000 daNcm _ 887.500 daNcm = 0 (5.26)

da cui:
887.500 daNcm
α0 = ——————————— = 0,007785 (5.27)
114.000.000 daNcm
La (5.27) esprime dunque le forze orizzontali che rappresentano l’azione sismica
come una aliquota α0 delle masse gravitazionali, per questo motivo, α0, è anche
detto moltiplicatore delle azioni orizzontali inerziali.

e) Determinazione dell’accelerazione spettrale dell’oscillatore semplice equi-


valente
Cosa possiamo fare con il valore di α0? Possiamo risalire al valore dell’accelerazione
spettrale limite che farebbe ribaltare il sistema e confrontarla con il valore ag prevista
per il sito di progetto nello stato limite che si vuol considerare (in questo caso SLV).
Il procedimento prevede dunque di adottare un criterio molto simile a quello dell’analisi
non lineare statica (pushover)(19), ovvero definire un sistema equivalente ad un grado
di libertà (oscillatore semplice) che riassuma le caratteristiche dinamiche della parete.
A questo scopo si utilizza la «massa partecipante» M* (ricordando che, d’ora innanzi,
con l’asterisco verranno indicate grandezze riferite all’oscillatore semplice):
n+m

(ΣP δ )
2

i x,i
i=1
M* = —————— (5.28)
n+m
g ΣP δ 2
i x,i
[C8A.4.3]

(19)
Per una trattazione semplificata dei concetti relativi all’analisi non lineare statica si veda anche:
Marco Boscolo Bielo, Progettazione strutturale (cit.) e Costruzioni antisismiche in muratura (cit.).
Capitolo 5 - COMPORTAMENTO DI EDIFICI IN MURATURA PORTANTE

dove:
— n+m è il numero delle forze peso Pi applicate le cui masse, per effetto dell’azione
sismica, generano forze orizzontali sugli elementi della catena cinematica;
— δx,i è lo spostamento virtuale orizzontale del punto di applicazione dell’i-esimo
peso Pi.

Nella fattispecie la (5.28) si coniuga nella seguente espressione:

(2.500 x 600 + 33.000 x 300)2 daN 33.581 daN


M* = ——————————————————— ≈ ——————— (5.29)
2 2
g (2.500 x 600 + 33.000 x 300 ) g

L’accelerazione spettrale dell’oscillatore semplice è data dalla:

n+m

α0
i=1
Pi Σ
α0g
a*0 = —————— = ——— (5.30)
M*FC e*FC
[C8A.4.4]
dove:
— g è l’accelerazione di gravità;
n+m
— e* = gM* / ΣP
i=1
i è la frazione di massa partecipante della struttura; (5.31)

— FC è il fattore di confidenza. Nel caso in cui per la valutazione del moltiplicatore


α0,non si tenga conto della resistenza a compressione della muratura, il fattore
di confidenza da utilizzare sarà comunque quello relativo al livello di conoscenza
LC1.

Nel nostro esempio la (5.31) diventa:


33.581 daN 33.581 daN
e* = g x ——————— = ——————— ≈ 0,946 (5.32)
g x (P1 + P2) 35.500 daN

mentre la (5.30):
α0 g 0,007785 g
a*0 = ———— = ——————— ≈ 0,0061 g (5.33)
e* FC 0,946 x 1,35

g) Verifica
Ottenuto il valore di a*0 si opera con la (5.17) o con la (5.18) a seconda del caso
in esame. Per il nostro esempio vale la (5.17):
ag (PVR)S
a*0 ≥ —————
q
Per la valutazione dei parametri ag (PV ) e S è necessario riferirsi alle condizioni
R
del sito di progetto.
Capitolo 5 - COMPORTAMENTO DI EDIFICI IN MURATURA PORTANTE

Località di Progetto: Zona 2, Lat. 45,9104°; Long. 12,4207° (N 45° 54’ 37»; E 12°
25’ 15»)
Suolo tipo C
ag/g SLV = 0,2145
ag (PV ) = g x 0,2145
R
F0 SLV = 2,426
S = SS x ST
SS = 1,7 _ 0,6 x 2,426 x 0,2145 = 1,387 (il valore deve essere compreso tra 1 e 1,5)
ST = 1
S = SS x ST = 1,387
q = 2

per cui si ottiene:

ag (PVR) x S g x 0,2145 x 1,387


———————— = —————————— = 0,1487 g > 0,0061g
q 2

e pertanto la verifica non risulta soddisfatta.

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