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COMPORTAMENTO DI EDIFICI
IN MURATURA PORTANTE
È evidente che, in molti casi, un dato edificio potrà anche contenere le tre
varianti suindicate, e dunque presentarsi a tipologia ibrida.
(1) Michele Pagano, Teoria degli Edifici. Edifici in Muratura, Liguori Editore, Napoli 1969.
Capitolo 5 - COMPORTAMENTO DI EDIFICI IN MURATURA PORTANTE
Figura 5.2 - Schema delle fondazioni di un fabbricato di prima classe con archi
rovesciati
Capitolo 5 - COMPORTAMENTO DI EDIFICI IN MURATURA PORTANTE
Per quanto riguarda gli orizzontamenti (incluso, come si vede in Figura 5.1b,
il livello terra) il sistema costruttivo adottato si fonda sul principio della volta.
Numerosissime sono le tipologie di volta adottate; di seguito si riporta una breve
illustrazione di alcuni tipi principali raggruppate secondo le seguenti categorie:
a) a botte;
b) a padiglione;
c) a crociera;
d) a doppia curvatura.
Tutti questi sistemi si fondano principalmente sul comportamento statico del-
l’arco. Anche le aperture sui muri sono generalmente ottenute mediante l’inserimento
di un arco di scarico o di una piattabanda al di sopra delle stesse (Figura 5.3).
L’assenza di soluzione di continuità nel materiale utilizzato per fondazione e
strutture di elevazione, ovvero la muratura in laterizio o in elementi lapidei, rende
molto sensibili i fabbricati ai cedimenti differenziali che possono manifestarsi con
ampie fessurazioni nei maschi murari.
Figura 5.3 - Piattabande e archi di scarico sopra i vani di aperture (da Donghi)
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Nel caso in cui la generatrice della volta sia un arco a tutto sesto la situazione
si presenta come in Figura 5.4. Si tratta di un cilindro sezionato a metà e appoggiato
orizzontalmente su due supporti continui nelle imposte dell’arco che lo genera
(lati lunghi della Figura 5.4a indicati con L2), mentre i lati delle due testate L1
possono offrire o meno appoggio continuo alle estremità della volta.
Il regime delle spinte è regolato dalla forma geometrica della volta stessa ma
anche da quella dei sostegni verticali. Alla direttrice di spinta principale in direzione
L1 (Figura 5.4a), si associa quella secondaria in direzione L2 (Figura 5.4b). Se la
dimensione di L2 è molto più grande di L1, prevale la componente di spinta principale.
Se le murature presentano delle aperture, il regime delle spinte si fa più significativo
poichè dette aperture concentrano il flusso delle tensioni sui ritti. Nel caso limite
in cui L1 = L2 = L, le spinte S1 e S2 sui 4 ritti d’angolo (cantonali) risultano sensibili
in entrambe le direzioni (Figure 5.4c e 5.4d), originando una risultante S orientata
genericamente che tende ad «aprire» verso l’esterno i cantonali.
In sostanza la volta innesca anche meccanismi di resistenza a compressione,
lungo le diagonali di pianta, più o meno rilevanti.
Le volte che generano gli orizzontamenti possono essere più o meno ribassate
(vedi Figura 5.5). Ciò implica un aumento del valore di spinta che, come è noto,
dipende dalla monta h in modo inversamente proporzionale. In generale, per avere
una idea dell’entità della spinta S, si può adottare lo schema di arco a 3 cerniere
con ipotesi di carico verticale distribuito in modo costante. In tali circostanze il
calcolo è molto semplice e veloce ed è dato dalla:
L’azione della risultante R all’imposta può pensarsi assorbita dal piedritto secon-
do le due componenti S (spinta orizzontale) e V (azione verticale).
cetto è analogo a quello dell’arco che, per garantire il suo funzionamento, deve risultare caricato.
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Gli esempi più semplici sono costituiti dalla Figura 5.11 dove la volta è generata
su una pianta quadrata da una duplice curva avente identico raggio. La forma
assunta è quella di una calotta sferica tagliata a filo dei lati del tamburo di sostegno.
Il regime delle spinte è analogo ai casi visti in precedenza in funzione delle stesse
variabili quali: la presenza di muri continui di supporto, le forature negli stessi.
Nella condizione di appoggio su 4 cantonali identici, impostati su pianta quadrata,
la spinta assume andamento diagonale a 45° verso l’esterno.
Figura 5.13 - a) Solaio a struttura lignea con rompitratta centrale (da Levi);
b) Solai a voltine di laterizio (pieno o forato) con travature in ferro
e getto di conglomerato sovrastante
a)
b)
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Figura 5.14 - «Nella pratica le buone regole di costruzione vogliono che si considerino
i travicelli come semplicemente appoggiati. Ciò non ostante sarà uti-
lissimo, ed in alcuni casi anche indispensabile, di bene assicurare gli
estremi di questi ferri alle murature.» (da Boubèe 1880)
c) il muro A (di spina) esercita una azione di spinta verso B dovuta agli
archi di scarico delle forature in prossimità dell’incrocio;
d) il muro A potrebbe manifestare fessurazione verticali in C (ovvero sulle
cosiddette croci dei muri) dovute a: degrado dei materiali; effetti relativi alla dif-
ferenza di temperatura interna ed esterna(6); accorciamento differenziale a com-
pressione per le diverse condizioni di carico rispetto a B, ecc..
In definitiva, tutto ciò comporta una tendenza al ribaltamento verso l’esterno
di B e la necessità di una verifica nelle ipotesi che la muratura perimetrale si
comporti rigidamente su tutta l’altezza dell’edificio.
Nelle Figure 5.16 e 5.17 si riporta una verifica al ribaltamento di un muro esterno
di un fabbricato ibrido di prima e seconda classe. I primi tre piani fuori terra sono,
infatti, costituiti da orizzontamenti a volta; gli ulteriori 3, mediante solai con travi
appoggiate. Il caso, tratto dal citato volume dell’Ing. Russo(7), riguarda un fabbricato
sul Lungotevere di Roma. L’Autore conduce un’analisi semplificata e spedita, nel-
l’ipotesi che non possa essere considerato il funzionamento a tirante dei solai.
Figura 5.16 - Schema del fabbricato oggetto di analisi del ribaltamento del muro
perimetrale (da Russo)
(6) Una differenza di temperatura di 15°C tra interno ed esterno può causare una tensione di scor-
Figura 5.17 - Verifica al ribaltamento del muro di Figura 5.16 (da Russo)
Capitolo 5 - COMPORTAMENTO DI EDIFICI IN MURATURA PORTANTE
ben collegati alle pareti e dotati di una sufficiente rigidezza e resistenza nel loro piano.
Gli orizzontamenti devono essere dotati di opportuna rigidezza e resistenza nel piano e collegati
in maniera efficace alle membrature verticali che li sostengono perché possano assolvere la funzione
di diaframma rigido ai fini della ripartizione delle forze orizzontali tra le membrature verticali stesse.
Particolare attenzione va posta quando abbiano forma molto allungata o comunque non com-
patta: in quest’ultimo caso, occorre valutare se le aperture presenti, soprattutto se localizzate in
prossimità dei principali elementi resistenti verticali, non ne riducano significativamente la rigidezza.
Essi possono essere considerati infinitamente rigidi nel loro piano se, modellandone la deformabilità
nel piano, i loro spostamenti orizzontali massimi in condizioni sismiche non superano per più del
10% quelli calcolati con l’assunzione di piano rigido. Tale condizione può ritenersi generalmente
soddisfatta nei casi specificati nelle NTC(12), salvo porre particolare attenzione quando essi siano
sostenuti da elementi strutturali verticali (per es. pareti) di notevole rigidezza e resistenza.
5.7.3 FUNZIONE DEL SOLAIO INFINITAMENTE RIGIDO NELLA DISTRIBUZIONE DELLE AZIONI
SISMICHE
Figura 5.22 - Ripartizione su ritti giacenti in direzione della forza con ipotesi di
«traverso infinitamente rigido»
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Se k1, k2, k3 sono le rigidezze dei tre ritti, imponendo l’uguaglianza degli spo-
stamenti in sommità, come condizione di congruenza, ne consegue direttamente:
1) per l’equilibrio alla traslazione orizzontale:
F = F1 + F2 + F3 (equilibrio alla traslazione orizzontale) (5.5)
x1 = x2 = x3 = x (5.7)
La rigidezza complessiva del telaio è data dalla somma delle singole rigidezze
dei ritti per cui, considerando la (5.1) si ottiene:
F = ktot x x (5.8)
ktot = k1 + k2 + k3 (5.9)
E conseguentemente la soluzione:
F1 = k1 x x1 = k1 x x = F x k1 / (k1 + k2 + k3)
F2 = k2 x x2 = k2 x x = F x k2 / (k1 + k2 + k3) (5.11)
F3 = k3 x x3 = k3 x x = F x k3 / (k1 + k2 + k3)
1
k = —————— (5.12)
1 1
—— + ——
kf kt
dove:
kf = n E J / H3 (5.13)
kt = G A / (1,2 H) (5.14)
1
k = ______________________ (5.15)
H 3 1,2 H
_______ + _______
12 E J G A
E = 45.000 daN/cm2
G = 13.500 daN/cm2
Per i setti 3 e 4:
J3 = J4 = 500 x 303 / 12 = 1,125 x 106 cm4
A1 = A2 = 15.000 cm2
K3 = k4 = 21.635 daN/cm2
relativi baricentri. Secondo le condizioni (5.11), le azioni sono assorbite dai setti ai
livelli 1, 2 e 3 in quanto i pilastri P hanno rigidezza molto più piccola e poco con-
tribuiscono a contrastare le azioni F. Al livello 1, se l’orizzontamento fosse deformabile,
l’azione (F/2 + F/2 + F/2) sarebbe trasmessa dai setti dei tre livelli superiori ai due
pilastri del livello terra. Viceversa, i pilastri centrali dei livelli superiori, non trasmet-
terebbero praticamente alcuna azione orizzontale ai setti centrali del livello terra.
Con queste condizioni la struttura, a livello terra, si troverebbe a far fronte alle
azioni orizzontali in modo irragionevole, ovvero con i pilastri anzichè con i setti.
Possono essere considerate nel modello travi di accoppiamento in muratura solo se sorrette
da un cordolo di piano o da un architrave resistente a flessione efficacemente ammorsato alle
estremità.(14)
In Figura 5.27b si riporta la modellazione che tiene conto del contributo delle
travi di accoppiamento, prescindendo dal fatto che il solaio possa essere considerato
infinitamente rigido. In tal caso è sufficiente che l’elemento orizzontale di colle-
gamento fra i ritti possa essere considerato tensoresistente. Per la normativa ita-
liana, come anticipato in precedenza, ciò equivale al fatto che la porzione di mura-
tura di collegamento sia sorretta da un cordolo in calcestruzzo armato, o da una
piattabanda di acciaio. Ad ogni modo il concetto equivale a garantire una resistenza
a trazione dell’elemento trave di accoppiamento. È evidente che ciò non può essere
vero, ad esempio, per i casi indicati in Figura 5.3, in quanto ci si dovrebbe affidare
alla trascurabile resistenza a trazione della muratura. Per i casi di edifici in classe
3, la presenza di un cordolo in c.a. è invece garantita dalla tipologia costruttiva.
Possiamo notare, in una sezione ingrandita (Figura 5.28b), che essa è costituita,
a partire dall’intradosso del vano finestra, da:
• elemento tensoresistente (architrave armata);
• muratura;
• elemento tensoresistente (cordolo armato);
• muratura.
È possibile interpretare il comportamento di questo sistema mediante l’assi-
milazione ad un traliccio dove il corrente superiore e quello inferiore risultano
composti dagli elementi armati, mentre l’anima dalla muratura, come indicato in
Figura 5.34c. Allo stesso modo, come mostra la Figura 5.28d, si ha un ulteriore
sistema composto da muratura e corrente inferiore tensoresistente.
Dunque, stante il seguente modello di comportamento, la trave di accoppia-
mento, posta al di sopra del vano finestra, «funzionerebbe» come una trave com-
posta (piattabanda - anima - piattabanda). In sostanza si comporta come un traliccio
di Mörsch nel quale la parte superiore funziona da corrente compresso e gli sforzi
sono assorbiti dal cordolo di piano in calcestruzzo armato; la parte inferiore fun-
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ziona da corrente teso, dove gli sforzi sono assorbiti dall’architrave armato (ele-
mento tensoresistente), e, infine, l’anima è governata dal comportamento a com-
pressione dei puntoni di muratura compressi.
Analogamente la trave di accoppiamento, compresa fra il solaio e l’intradosso
superiore del vano finestra, funzionerebbe come una trave soggetta ad armatura
semplice dove la zona tesa viene rappresentata dal cordolo di calcestruzzo armato
del solaio, mentre la parte in muratura è soggetta alla formazione degli archi
delle isostatiche di compressione (vedi Figura 5.29).
Per analizzare l’interazione nel modello strutturale fra: murature, solaio infi-
nitamente rigido e travi di accoppiamento, si propone l’analisi di una costruzione
semplice quale quella indicata nelle Figure (5.30a, 5.30d, 5.30e).
La pianta è a forma quadrata di dimensioni pari a 5 m x 5 m. La struttura
si eleva su due livelli impostati rispettivamente a quota L1 = 300 cm e L2 = 600
cm. Le murature sono state ipotizzate in elementi di laterizio semipieni aventi
spessore pari a 25 cm e densità pari a 1.200 daN/m3, con E = 50.000 daN/cm2
e G = 20.000 daN/cm2.
Nelle sole due pareti in direzione x sono stati modellati 2 fori: una porta a
livello terra di larghezza 140 cm e altezza 250 cm; una finestra a livello primo
di larghezza pari a 140 cm e altezza pari a 150 cm (altezza da terra pari a 100
cm).
Si ipotizza una zona sismica 2. L’analisi condotta è di tipo lineare dinamico.
La modellazione delle murature è stata effettuata mediante elementi finiti a guscio
di mesh 50 cm x 50 cm.
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TRAVI DI ACCOPPIAMENTO
È una condizione che può essere applicata nei casi di edifici in classe 1 e 2,
laddove gli impalcati non consentano di fare affidamento su una loro rigidezza,
ma le condizioni dei paramenti murari, la configurazione geometrica degli stessi
e l’inserimento di opportuni incatenamenti (o le stesse architravi), possano effet-
tivamente far supporre ad un comportamento tensoresistente dell’elemento trave
di accoppiamento. Nel modello di calcolo è stato tolto il cordolo in calcestruzzo
armato ai livelli degli orizzontamenti.
In termini di spostamenti di piano i risultati dell’analisi, per la condizione
sismica SLV lungo x, ha dato i seguenti valori (vedi Figura 5.32b):
Livello 2: δ2 ≈ 0,018 cm;
Livello 1: δ1 ≈ 0,014 cm.
ovvero addirittura inferiori, a parità di tutte le altre condizioni, a quelli visti
per l’analogo caso in cui però anche l’ipotesi di solaio infinitamente rigido è sod-
disfatta. Come è possibile? Il dato è spiegabile dal fatto che il modello di calcolo
elastico-lineare agli elementi finiti considera:
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Figura 5.34 - Comportamento delle pareti lungo y nel caso di impalcato deformabile
È evidente che questa condizione cadrebbe subito in difetto qualora gli incroci
murari non fossero in grado di offrire sufficiente resistenza a trazione, con con-
seguente ribaltamento dell’intero paramento.
È chiaro, dunque, anche da questo esempio, che i risultati di un calcolo di
questo tipo, ancorchè computerizzato, devono sempre essere considerati critica-
mente, o anche, come spesso si dice: cum grano salis.
Figura 5.39 - Meccanismi di II° modo: piano sopra rottura per scorrimento e fes-
surazione diagonale; piano sotto rottura per fessurazione diagonale
(Foto Arch. Roberto Amabilia)
Figura 5.40 - Meccanismi di II° modo: rottura per fessurazione diagonale nei due
sensi (da Manuale AeDES)
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piano, mentre nel caso di sistemi ad arco anche per azioni nel piano. Le verifiche con riferimento
ai meccanismi locali di danno e collasso (nel piano e fuori piano) possono essere svolti tramite
l’analisi limite dell’equilibrio, secondo l’approccio cinematico, che si basa sulla scelta del mec-
canismo di collasso e la valutazione dell’azione orizzontale che attiva tale cinematismo.
L’applicazione del metodo di verifica presuppone quindi l’analisi dei meccanismi locali ritenuti
significativi per la costruzione, che possono essere ipotizzati sulla base della conoscenza del
comportamento sismico di strutture analoghe, già danneggiate dal terremoto, o individuati con-
siderando la presenza di eventuali stati fessurativi, anche di natura non sismica; inoltre andranno
tenute presente la qualità della connessione tra le pareti murarie, la tessitura muraria, la presenza
di catene, le interazioni con altri elementi della costruzione o degli edifici adiacenti.
L’approccio cinematico permette inoltre di determinare l’andamento dell’azione orizzontale
che la struttura è progressivamente in grado di sopportare all’evolversi del meccanismo. Tale
curva è espressa attraverso un moltiplicatore α, rapporto tra le forze orizzontali applicate ed i
corrispondenti pesi delle masse presenti, rappresentato in funzione dello spostamento dk di un
punto di riferimento del sistema; la curva deve essere determinata fino all’annullamento di ogni
capacità di sopportare azioni orizzontali (α = 0). Tale curva può essere trasformata nella curva
di capacità di un sistema equivalente ad un grado di libertà, nella quale può essere definita la
capacità di spostamento ultimo del meccanismo locale, da confrontare con la domanda di spo-
stamento richiesta dall’azione sismica.
Per ogni possibile meccanismo locale ritenuto significativo per l’edificio, il metodo si articola
nei seguenti passi:
• trasformazione di una parte della costruzione in un sistema labile (catena cinematica),
attraverso l’individuazione di corpi rigidi, definiti da piani di frattura ipotizzabili per la
scarsa resistenza a trazione della muratura, in grado di ruotare o scorrere tra loro
(meccanismo di danno e collasso);
• valutazione del moltiplicatore orizzontale dei carichi α0 che comporta l’attivazione del
meccanismo (stato limite di danno);
• valutazione dell’evoluzione del moltiplicatore orizzontale dei carichi al crescere dello
spostamento dk di un punto di controllo della catena cinematica, usualmente scelto
in prossimità del baricentro delle masse, fino all’annullamento della forza sismica
orizzontale;
• trasformazione della curva così ottenuta in curva di capacità, ovvero in accelerazione
a* e spostamento d* spettrali, con valutazione dello spostamento ultimo per collasso
del meccanismo (stato limite ultimo), definito in seguito;
• verifiche di sicurezza, attraverso il controllo della compatibilità degli spostamenti e/o
delle resistenze richieste alla struttura.
Per l’applicazione del metodo di analisi si ipotizza, in genere:
• resistenza nulla a trazione della muratura;
• assenza di scorrimento tra i blocchi;
• resistenza a compressione infinita della muratura.
Tuttavia, per una simulazione più realistica del comportamento, è opportuno considerare,
in forma approssimata:
a) gli scorrimenti tra i blocchi, considerando la presenza dell’attrito;
b) le connessioni, anche di resistenza limitata, tra le pareti murarie;
c) la presenza di catene metalliche;
d) la limitata resistenza a compressione della muratura, considerando le cerniere
adeguatamente arretrate rispetto allo spigolo della sezione;
e) la presenza di pareti a paramenti scollegati.
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Per ottenere il moltiplicatore orizzontale α0 dei carichi che porta all’attivazione del meccanismo
locale di danno si applicano ai blocchi rigidi che compongono la catena cinematica le seguenti
forze: i pesi propri dei blocchi, applicati nel loro baricentro; i carichi verticali portati dagli stessi
(pesi propri e sovraccarichi dei solai e della copertura, altri elementi murari non considerati nel
modello strutturale); un sistema di forze orizzontali proporzionali ai carichi verticali portati, se
queste non sono efficacemente trasmesse ad altre parti dell’edificio; eventuali forze esterne (ad
esempio quelle trasmesse da catene metalliche); eventuali forze interne (ad esempio le azioni
legate all’ingranamento tra i conci murari). Assegnata una rotazione virtuale θk al generico blocco
k, è possibile determinare in funzione di questa e della geometria della struttura, gli spostamenti
delle diverse forze applicate nella rispettiva direzione. Il moltiplicatore α0 si ottiene applicando
il Principio dei Lavori Virtuali, in termini di spostamenti, uguagliando il lavoro totale eseguito
dalle forze esterne ed interne applicate al sistema in corrispondenza dell’atto di moto virtuale:
n n+m n o
α0 (ΣPiδx,i + ΣPjδx,j) _ ΣPiδy,i _ ΣFhδh = Lfi
i=1 j=n+1 i=1 h=1
(5.16)
[C8A.4.1]
dove:
— n è il numero di tutte le forze peso applicate ai diversi blocchi della catena cinematica;
— m è il numero di forze peso non direttamente gravanti sui blocchi le cui masse, per
effetto dell’azione sismica, generano forze orizzontali sugli elementi della catena
cinematica, in quanto non efficacemente trasmesse ad altre parti dell’edificio;
— o è il numero di forze esterne, non associate a masse, applicate ai diversi blocchi;
— Pi è la generica forza peso applicata (peso proprio del blocco, applicato nel suo baricentro,
o un altro peso portato);
— Pj è la generica forza peso, non direttamente applicata sui blocchi, la cui massa, per
effetto dell’azione sismica, genera una forza orizzontale sugli elementi della catena
cinematica, in quanto non efficacemente trasmessa ad altre parti dell’edificio;
— δx,i è lo spostamento virtuale orizzontale del punto di applicazione dell’i-esimo peso Pi,
assumendo come verso positivo quello associato alla direzione secondo cui agisce l’azione
sismica che attiva il meccanismo;
— δx,j è lo spostamento virtuale orizzontale del punto di applicazione dell’j-esimo peso Pj,
assumendo come verso positivo quello associato alla direzione secondo cui agisce l’azione
sismica che attiva il meccanismo;
— δy,i è lo spostamento virtuale verticale del punto di applicazione dell’i-esimo peso Pi,
assunto positivo se verso l’alto;
— Fh è la generica forza esterna (in valore assoluto), applicata ad un blocco;
— δh è lo spostamento virtuale del punto dove è applicata la h-esima forza esterna, nella
direzione della stessa, di segno positivo se con verso discorde;
— Lfi è il lavoro di eventuali forze interne.
in cui ag è funzione della probabilità di superamento dello stato limite scelto e della vita
di riferimento come definiti al § 3.2 delle NTC, S è definito al § 3.2.3.2.1 delle NTC, e q è il
fattore di struttura, che può essere assunto uguale a 2,0.
Se invece il meccanismo locale interessa una porzione della costruzione posta ad una certa
quota, si deve tener conto del fatto che l’accelerazione assoluta alla quota della porzione di
edificio interessata dal cinematismo è in genere amplificata rispetto a quella al suolo. Una appros-
simazione accettabile consiste nel verificare, oltre alla C8A.4.9, anche la:
Se(T1)·Ψ(Z)·γ
a*0 ≥ —————— (5.18)
q
[C8A.4.10]
dove: Se(T1), Ψ(Z) e γ sono definite come al punto precedente, tenendo conto che lo spettro
di risposta è riferito alla probabilità di superamento del 10% nel periodo di riferimento VR.
ESEMPIO 5.1
In Figura 5.41 è rappresentato lo schema di una parete in cui è stato individuato
un possibile meccanismo di ribaltamento fuori del piano (potrebbe riferirsi al
caso della Figura 5.38a).
c) Condizione di carico
Le masse associate ai carichi gravitazionali sono le seguenti (cfr. anche Tabella
1.1, categoria H):
P2 = 33.000 daN
P1 = P1g + Ψ21 P1Q = 2.500 daN + 0 x 3.000 daN = 2.500 daN
Il terzo membro della (5.16) è nullo in quanto non agiscono forze esterne (ad
esempio un tirante).
Infine poichè il sistema è rigido, e lo spostamento assume il significato di una
rotazione rigida, il lavoro interno Lfi risulta nullo, essendo nulle le deformazioni
(ε, γ). Pertanto la (5.16) assume la seguente formulazione:
da cui:
887.500 daNcm
α0 = ——————————— = 0,007785 (5.27)
114.000.000 daNcm
La (5.27) esprime dunque le forze orizzontali che rappresentano l’azione sismica
come una aliquota α0 delle masse gravitazionali, per questo motivo, α0, è anche
detto moltiplicatore delle azioni orizzontali inerziali.
(ΣP δ )
2
i x,i
i=1
M* = —————— (5.28)
n+m
g ΣP δ 2
i x,i
[C8A.4.3]
(19)
Per una trattazione semplificata dei concetti relativi all’analisi non lineare statica si veda anche:
Marco Boscolo Bielo, Progettazione strutturale (cit.) e Costruzioni antisismiche in muratura (cit.).
Capitolo 5 - COMPORTAMENTO DI EDIFICI IN MURATURA PORTANTE
dove:
— n+m è il numero delle forze peso Pi applicate le cui masse, per effetto dell’azione
sismica, generano forze orizzontali sugli elementi della catena cinematica;
— δx,i è lo spostamento virtuale orizzontale del punto di applicazione dell’i-esimo
peso Pi.
n+m
α0
i=1
Pi Σ
α0g
a*0 = —————— = ——— (5.30)
M*FC e*FC
[C8A.4.4]
dove:
— g è l’accelerazione di gravità;
n+m
— e* = gM* / ΣP
i=1
i è la frazione di massa partecipante della struttura; (5.31)
mentre la (5.30):
α0 g 0,007785 g
a*0 = ———— = ——————— ≈ 0,0061 g (5.33)
e* FC 0,946 x 1,35
g) Verifica
Ottenuto il valore di a*0 si opera con la (5.17) o con la (5.18) a seconda del caso
in esame. Per il nostro esempio vale la (5.17):
ag (PVR)S
a*0 ≥ —————
q
Per la valutazione dei parametri ag (PV ) e S è necessario riferirsi alle condizioni
R
del sito di progetto.
Capitolo 5 - COMPORTAMENTO DI EDIFICI IN MURATURA PORTANTE
Località di Progetto: Zona 2, Lat. 45,9104°; Long. 12,4207° (N 45° 54’ 37»; E 12°
25’ 15»)
Suolo tipo C
ag/g SLV = 0,2145
ag (PV ) = g x 0,2145
R
F0 SLV = 2,426
S = SS x ST
SS = 1,7 _ 0,6 x 2,426 x 0,2145 = 1,387 (il valore deve essere compreso tra 1 e 1,5)
ST = 1
S = SS x ST = 1,387
q = 2