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~ Grandi, Guerriero, Laiti, Raguz, Rong,


In Lui solo o _,.3 Soding, Ventorino, Vitiello, Zama
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JacaBook
Rivista Internaziona e
di Teologia e Cultura •

UBRERIA EDITRICE
VATICANA
commun10 numero 237, luglio-agosto-settembre 2013

Editoriale Jaca Book Spa, via Frua 11, 20146 Milano - Dir.. resp.: Guido
Orsi - Stampa: New Press sas, via A. de Gasperi 4, 22072
(Como) - Registr. al 1rib. Milano n. 424 del 19/11/1971-IScrittaal
Naz. della Stampa al n. 1975 in data 4/09/86 ' . ·· · [I Jaca Book I[
€ 11,50
A M ATEe A
Teologi di diversa provenienza linguistica, culturale e disciplinare, stanno realizzando, in edizione ita- Editoriale, di Aldino Cazzago
Indice

3
liana, polacca, spagnola e tedesca, una serie completa di manuali per l'insegnamento della teolo-
gia in Facoltà, Seminari. Istituti di scienze religiose e corsi per laici...Gli autori han~o c~me rife'.imento Johannes Vermeer (Delft, 1632-1675), Cristo in casa di Marta e Maria,
comune l'opera di Henri de Lubac e Hans Urs von Balthasar. con I intento d1 fornire un espos1z1one or- 1655 circa, Edimburgo (riproduzione)
ganica del dogma cristiano fedele alla tradizione e attenta alle ricerche attuali.
8
L'amicizia di Gesù con Marta e Maria (Johannes Vermeer), di Maria
Antonietta Crippa 9
SEZIONE PRIMA - L'UOMO ALLA RICERCA DI DIO
VoL l - L'uomo alla ricerca di Dio. La domanda dell'antropologia culturale, Julien Ries (Storia L'amicizia con Gesù, di Thomas Soding 10
delle religioni, Lovanio) . . Basilio di Cesarea e Gregorio di Nazianzo: un'amicizia al vaglio della
Vol.2 - L'uomo alla ricerca di Dio. La domanda dei ji!oso/i, Norbert Fischer (Storia della fi-
losofia, Paderborn)
fede, di Giuseppe Laiti 23
Vol.3 - L'uomo alla ricerca di Dio. La domanda delle religio11i, Hors Blirkle (Storia delle re- «Ecce ego et tu, et spero quod tertius inter nos Christus sit.>>. Aelredo
ligioni, Monaco),€ 19,63
di Rievaulx sull'amicizia, di Ivan Raguz 32
SEZIONE SECONDA - DIO ALLA RICERCA DELL'UOMO
Vol.4 - Dio allei ricerca dell'uomo. Rivelazio11e, Tradizione e Scrittura, Wendelin Knoch (Teo- L'esperienza dell'amicizia in san Tommaso d'Aquino, di Francesco
logia dogmatica, Bochum), € 19,63 Ventorino 42
Vol.5 - Dio alla ricerca dell'uomo. Fede e Teologia, Richard Schenk (Filosofia, Hannover)
Il trattato Dell'Amicizia di Matteo Ricci, di Rong Hengying 51
SEZIONE TERZA - IL MISTERO DEL DIO TRINITÀ:
IL PADRE CREATORE, IL FIGLIO REDENTORE, LO SPIRITO SANTIFICATORE L'amicizia fra Manzoni e Rosmini, di Rita Zama 62
Vol.6 - Il mistero dcl Dio Trinità, Franz Courth (Teologia dogmatica, Vallendar), € 18,.59 J acques Maritain. L'amicizia di un cristiano, di Giovanni Grandi 71
SEZIONE QUARTA - GESÙ CRISTO Eros e Agape, Il contributo di Benedetto XVI, di Salvatore Vitiello 81
Vol.7 Il mistero di Gesù Cristo, Christoph Schéinborn (Teologia dogmatica, Vienna),
€ 24,00 Un padre della Chiesa tra gli Elvezi, di Elio Guerriero 90
SEZIONE QUINTA - LA CHIESA
Vol.8 - Lo Spirito Santo, Maria e la Chiesa, Barbara Hallcnsleben (Teologia Dogmatica, Fri-
bourg)
Vol.9 - I sacramenti della Chiesa, Benedetto Testa (Teologia dogmatica, Fano),€ 26,86
Vol.10 - La liturgia della Chiesa, Michael Kunzler (Liturgia, Paderborn), € 42,00 Rivista fondata da
Voi.Il La pastorale della Chiesa, Daniel Bourgeois (Pastorale, Aix-en-Province), € 42,35
Vol.12 Il diritto della Chiesa, Eugenio Corecco e Libero Gerosa (Diritto canonico, Pacler- Hans Urs van Balthasar, Henri de Lubac, Joseph Ratzinger
born), € 20,66 Redazione italiana
VoL13 Lt1 mùsionc della Chiesa, a cura cli Horst Bi.iride (Storia delle religioni, Monaco) Rivista Internazionale di Teologia e Cultura. Communio
VoL14 - La storit1 della Chiesa, Guy Bedouelle (Storia della Chiesa, Fribourg), € 18,59 Via Frua, 11 - 20146 Milano, Italia te!. 02.48 5615 25/fax 02.49 84 592/4819 33 61
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SEZIONE SESTA· LA PERSONA UMANA
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Vol.1.5 - La persona umana. Antropologia teologica, Angelo Scola (Pontificia Universitù Late-
Comitato di redazione: Inos Biffi, Aldino Cazzago (Direttore), Maria Antonietta Crippa, Gianfranco Dal-
ranense)
masso, Pierluigi Fio:in.i, Libero Gerosa, Andrea Gianni, Elio Guerriero, Silvano Petrosino, Giuseppe Re-
Vol.16 - La persona u11um<1. Antropologia /i!oso/ica, Carlos Valverde (Teologia morale, .ìvladrid)
guzzoru (Responsabile della redazione), Walther Ruspi, Antonio Sicari, Natale Spineto Dorino Tw1 iz An-
Vol.17 - tomo I, La vita spirituale dcl cristiano, a cura di Antonio NLSicari (Teologia Dogma-
nibale Zrunbarbieri. ' '
tica, Brescia),€ 19,6.3
Comitato dei consulenti: Ellero Babini, Nicola Bux, Francesco D'Agostino, Adriano Dell'Asta Livio
VoLl 7 - tomo II, La vita spiriturale del cristiano secondo san Paolo e san Tommaso, Servais
Melina, Luigi Negri, Jacques Servais, Roberto Vignolo. '
Pinckaers (Teologia morale, Fribourg), € 19,63
Vol.18 - I fondamenti della morale cristùma, Albert Chapelle (Teologia morale, Bruxelles) e Redazioni nel mondo
Graziano Borgonovo (Teologia dogmatica, Lugano) Argentina: Revil'ta Cat6lica lnternacional Communio
Vol.19 - Le virtù, Romanus Cessario (Teologia morale, Washington),€ 18,08
Av. Alvear 1773 - (1014) Buenos Aires aespezel@infovia.com.ar
Vol.20 - L'agire morale del cristiano, a cura di Livio Melina (Teologia morale, Ronu), € 23,00
Vol.21 · L'insegnamento sociale della Chiesa, Reinhold Marx. Udo Zelinka (Dottrina sociale Brasiliana: Communio, Revista internacional de teologia e cultura
della Chiesa, Paderborn) . Rua Benjamin Constant, 23, 3° andar, CEP 20241-1501 Rio de Janeiro.
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Il Jaca Book Il 1 Comrnunio 237


Croata: Svesci Communio . k @ 1 h.
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Ungherese: Nemzatkozi katolikus Foly6irat Communio .
Al ap1tnany,
· p apn 0··velde 7 , HU-1053 , Budapest commumo@helka.uf.hu Se vi è un'esperienza, che è parte integrante della vita dell'uo-
mo e che ha trovato espressione nei vari ambiti del sapere, da
quello filosofico a quello religioso, da quello artistico a quello let-
terario, questa è certamente l'amicizia. Secondo Pavel Florenskij
l'amicizia è uno dei modi che gli uomini hanno usato per contem-
plare «la profondità dell'esistenza». E poco prima, ancora nelle
splendide pagine sull'amicizia che costituiscono l'undicesima lettera
INOS BIFFI de La colonna e il fondamento della verità, egli aveva scritto:
«L'amicizia non è solo etica e psicologica, ma prima di tutto on-
RIFORMA E RITI DEL NUOVO tologica e mistica» 1.
MESSALE AMBROSIANO Simone Weil ha affermato che, al pari della «carità verso il prossimo»,
«l'amicizia pura» racchiude «qualcosa di simile a un sacramento» e a so-
PAG. 560, €64,00 stegno della sua affermazione riportava le parole di Gesù quando dichiara
ISBN 978-88-16-41221-7 di voler essere presente in coloro, «:due o tre», che si riuniscono nel suo
nome (cfr. Mt 18,20) 2 •
È pertanto nella prospettiva indicata dalle parole di Pavel Florenskij e
Il Jaca Book Il di Simone Weil che il presente quaderno di Communio intende gettare
uno sguardo sul tema dell'amicizia. Com'è evidente dall'esperienza, gli uo-
mini cercano l'amicizia perché desiderano essere felici ma oggi - come di-
venta sempre più manifesto - a questa amicizia e alla sua paziente costru-
zione si è sempre meno disposti a dedicare tempo e spazio, illusi anche
In copertina: Manzoni e Rosmini seduti a un tav~lo, nell'atto di scambùirsi zl Nuov? saggio sull'origine delle idee
e Il Cinque Maggio. Disegno di anonimo (particolare). Brusuglio, Villa Manzom.

Composizione, impaginazione e stampa: settembre 2013, New Press, Cermenate


P. Florenskij, La colonna e il fondamento della verità, Rusconi, Milanol97 4, p. 504.
S. Weil, Attesa di Dio, Rusconi, Milano 1972, p. 162.

2
3 Communio 237
nerazione» 8 del bacio si nasconde tutta la distanza del cuore di Giuda dal
dall'idea di poter rispondere all'intatto desiderio di felicità con virtuali e
3
cuore di Cristo.
impalpabili forme di amicizia • ~on è senza importanza poi ricordare che i discepoli di Cristo si con-
Questo diverso modo di considerare l'amicizia non è ovviamente legato
cep~r?no se?1pr~ come suoi servi, douloi e mai come hetdiroi, compagni,
all'avvento dell'informatica. Nel 1960 C. S. Lewis descriveva così la diver-
amtc~ o~ca:zo~alz. Dovendo poi specificare i rapporti interpersonali, gli
sa stima in cui era tenuta l'amicizia presso il mondo greco-romano e presso
stessi. cnstiam lo fecero impiegando sempre il termine di adelphoi, fratelli
il mondo moderno: <<Per gli antichi l'amicizia era il più felice e il più com-
e ~a1. qu.e~o ~i hetdiroi. «E ciò si spiega, scrive K.H. Rengstorf, in quanto
pleto degli affetti umani, coronamento della vita, e scuola di virtù. Il mon-
essi [1 cnstiam] hanno sentito e accolto la loro reciproca comunione come
do moderno, in confronto l'ignora». Per quest'ultimo l'amicizia «è un fat-
q~al~osa di indipendente dai loro desideri e dalla loro volontà, e che per-
tore del tutto marginale; non è la portata principale nel banchetto della
c10 h accomunava più strettamente» 9 • Non per nulla Gesù ha ricordato ai
vita, ma semplicemente una tra i tanti contorni: è qualcosa che serve a
4
suoi discepoli che «non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi»
riempire i momenti vuoti del nostro tempo» • (Gv 15,16).
Come si può constatare ogni giorno, l'amicizia è anche esperienza di
Commentando non senza un tocco di ironia questo versetto del Van-
preferenza, di scelta, di condivisione di ideali 5 • Tra compagni di scuola di- gelo, Le~is ha scritto: «L'amicizia non è una ricompensa per il discerni-
vento amico solo con alcuni di loro e alcuni o uno di loro scelgono di di- mento e il buon gusto che abbiamo dimostrato di possedere trovandoci
ventare miei amici. Ha scritto Florenskij: «Per il cristiano ogni uomo è vicendevolmente» 10.
prossimo, ma non ogni uomo è amico. Il nemico, colui che ci odia, che
. N~n. po~siamo d~menticare la novità portata da Cristo quando si tratta
ci calunnia, è sempre prossimo, ma perfino chi ci ama non è sempre amico, di. defrmre 1 rapporti che egli ha inteso stabilire con i suoi discepoli e, tra-
perché i rapporti di amicizia sono profondamente individuali ed esclusivi. mite loro, con tutti gli uomini: «Non vi chiamo più servi, perché il servo
Perfino il Signore Gesù Cristo chiama "amici" i suoi apostoli soltanto pri- non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici» (Gv 15 15).
6
ma del distacco, alla soglia della sua passione e morte (Gv 15,15)» • Infine, un'ultima considerazione sulla quotidianità come element~ es-
«Non ogni uomo è amico»: è ciò che accade tra Gesù e Giuda. Nel senziale per la costruzione dell'amicizia. Commentando il famoso testo
Getsemani, vedendo Giuda avvicinarsi, Gesù lo saluta con l'appellativo di Giovanni: «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita
che in italiano è reso con «amico» (Mt 26,50), ma nel testo greco è reso per i propri amici (Gv 15,13)», Florenskij ha scritto: «La potenza e la dif-
con hetdiros, compagno, anziché con phflos come avviene quando tra i ficoltà dell'amicizia non si esprimono in un pirotecnico attimo di eroismo
due vi è un nesso di reciproco amore (dr. Le 11, 5-8; Gv 11,11) Il cam- ~a ne~~ placi~a fi~mmella della pazienza di tutta una vita». E alcune pa~
biamento non è di poco conto perché con questa scelta si chiarisce che alla gme pm avanti cosi proseguiva: «Il massimo amore agapico è realizzabile
volontà di Gesù di stabilire con Giuda un certo rapporto, anche nel mo- soltanto nel rapporto con gli amici, non con tutti gli uomini, non "in ge-
mento del tradimento, non corrisponde un analogo desiderio di quest'ul- nerale'.'· ~a.;,ar~b~~ tr~ppo .semplicistico pensare che dare la propria vita
timo e anzi egli è mosso dalla volontà di non prenderlo in considerazione per gh am1c1 s1gmfrch1 monre per loro. Morire per gli amici è soltanto il
o, peggio ancora, di disprezzarlo 7 • E nella «simulazione d'amore e di ve- grad.o ultimo (e non il più difficile) nella scala dell'amicizia, ma prima di
monre per gli arnie~, bisogna essere loro amico e questo si raggiunge
con uno sforzo ascetico lungo e difficile» 11 •
3 Cfr. L. Bruni, Il mercato e le relazioni umane. Ci serve tutto un altro film, in: Il dilemma dell'amicizia è ancora racchiuso in un cambiamento verba-
"Avvenire", 5 maggio 2013. le: dall'avere, all'essere amici. Si è amici solo se l'altro, l'amico appunto, è
4 C.S. Lewis, I quattro amori. Affetto, amicizia, eros, carità,Jaca Book, Milano 19902,
c~rcato e ~olut~ p~r quel che è e non anzitutto per quel che ha. Le parole
pp.59-60.
5 Anche l'amore tra uomo e donna è esperienza di preferenza, di scelta e di di Paolo ai Cormz1 possono essere lette in questa direzione: «Non cerco i
condivisione. Se l'amicizia di tanto in tanto si può trasformare in amore, molto più
difficilmente accade il contrario.
6 P. Florenskij, La colonna, cit., p.477. 8 G. Stahlin in GLNT, Paideia, Brescia 1984, vol. 14 coli. 1182-1186- qui alla col
7 Cfr. K.H. Rengstorf, in GLNT, Paideia, Brescia 1967, vol. 3, coli. 1003-1010. Lo 1186. ' , .
stesso si deve dire del lavoratore della vigna che si lamenta del salario ricevuto dopo
K.H. Rengstorf, in GLNT vol. 3, col. 1008.
che era stato pattuito e a cui il padrone si rivolge chiamandolo appunto «hetfliros» (Mt
10 C.S. Lewis, I quattro amori, cit., p. 85.
20,13) e dell'ospite che si presenta al banchetto senza veste nuziale e al quale il re si
11 P. Florenskij, La colonna, cit., pp. 501 e 521- 522.
rivolge con l'appellativo di «hetdiros» (Mt 22,12).
5 Communio 23 7
4
vostri beni, ma voi» (2Cor 12,14). In un procedimento inverso, l'amico
cerca il mio io e non le cose che possiedo. L'amicizia nasce solo quando
l'io che si offre trova spazio nell'io che accoglie e così «ciascuno vive del-
1' altro, o meglio la vita dell'uno e dell'altro scaturisce da un unico e comu-
ne centro che gli amici con sforzo ascetico creativo pongono davanti a
sé» 12 • Lewis l'ha fatto notare con la sua solita precisione: gli innamorati
stanno «faccia a faccia», gli amici «fianco a fianco; i loro occhi sono rivolti
in avanti» 13 •

Che differenza vi era nella concezione dell'amicizia nel mondo greco e


in quello biblico? Quale novità ha portato la Scrittura a proposito dell' a-
micizia? Il lungo e documentato contributo dell'esegeta tedesco Thomas
Soding dà una interessante risposta a questi interrogativi. Le figure di Gre-
gorio di Nazianzo e Basilio Magno occupano un posto di rilievo nella sto-
ria della teologia. Lo scritto di Giuseppe Laiti illustra con precisione i trat-
ti della loro amicizia, che si è trasformata in un servizio alla Chiesa. La
letteratura teologica medievale, portando con sé molta della tradizione fi-
losofica classica, ha lasciato profonde meditazioni sull'amicizia, sulla sua
origine e sulla sua meta finale. Lo scritto di Ivan Raguz sul trattato dell' a-
micizia del monaco cistercense Aelredo di Rievaulx e di Francesco Vento-
rino sul pensiero di Tommaso d'Aquino offrono una ricca testimonianza e
interessanti spunti di riflessione, proponendo un pensiero che ha ancora
molto da dire a noi postmoderni.
Per molti lettori sarà una piacevole scoperta il contributo con il quale la
cinese Hengying Rong fa conoscere il Trattato sull'amicizia che il famoso
missionario gesuita Matteo Ricci scrisse nel 1595. Le antologie di lettera-
tura non ne parlano affatto, ma il grande Alessandro Manzoni visse una
intensa amicizia con il filosofo Antonio Rosmini. Nelle pagine che Rita Za-
ma dedica a questo tratto della vita del grande letterato milanese e del fi-
losofo di Rovereto è possibile scorgere anche un originale incontro tra let-
teratura, filosofia e riflessione teologica. Aiutati da una serie di amicizie, in
particolare quella dei coniugi Bloy, Raissa e Jacques Maritain scoprirono la
fede cristiana. La loro casa divenne poi un foyer di amicizie, capace di le-
gare assieme persone assai differenti. Anche da queste circostanze, come
ricorda Giovanni Grandi nelle sue pagine, nacque la riflessione di Mari-
tain sull'amicizia. Il quaderno si chiude con le pagine che Salvatore Vitiello
dedica agli intrecci tra eros e agape nel pensiero di Benedetto XVI.

12 Ibid., p.499.
13 C.S. Lewis, I quattro amori, cit., p. 66.

6 7 Communio 23 7
L'amicizia di Gesù
con Marta e Maria

L'amicizia di Gesù con Marta e Maria è stata oggetto di molte rappre-


sentazioni pittoriche, nella maggior parte dei casi rispondenti a uno sche-
ma compositivo caratterizzato da evidente richiamo al testo evangelico di
Luca (10, 38-42), nella messa in scena di un dialogo fra le due sorelle e Ge-
sù che, rivolto verso Marta, le addita Maria. In qualche caso i pittori si so-
no concessi rappresentazioni di interni molto accurati, talvolta persino ric-
chi di selvaggina, di pesci o di prodotti dei campi, i più vari, per la
preparazione di pranzi e cene, quasi a decantare il rimprovero di Gesù a
Marta, nel fasto di un'ospitalità generosa, testimone anche di concreto fa-
vore a Maria e alla sua intima e profonda amicizia con il maestro. Johannes
Vermeer, vissuto come Rembrandt nel secolo d'oro della pittura olandese,
ha voluto invece, in questo quadro conservato a Edimburgo, dare risalto
assoluto allo schema compositivo di matrice evangelica concentrando l'at-
tenzione su volti e gesti dei tre protagonisti. Li ha collocati nel suo studio
di pittore con quadri ovunque appesi, come sfondo appena accennato alla
loro luminosa presenza attorno ad un piccolo tavolo, coperto dalla tovaglia
bianca riverberante luce, al cui centro sta un cesto con un solo, grande pa-
ne. Le due donne sono attentissime al maestro: Maria ferma su uno sgabel-
lo ai suoi piedi, col volto in penombra, Marta al suo fianco, in piena luce e
in atto di muoversi con il cesto. Pittore capace di straordinarie trasparenze
e cli sottili vibrazioni formali grazie anche alla personale tecnica e a un uso
molto raffinato dei pigmenti, protestante convertitosi tardi al cattolicesimo
e poco avvezzo a rappresentazioni cli carattere religioso, Vermeer in questo
quadro punta soprattutto a cogliere un'atmosfera, un clima amicale nel
quale il maestro, dai tratti cli uomo semplice, può parlare in libertà, sicuro
cli una reciprocità che gli consente riflessioni e ammonimenti che possono
non essere cli facile o immediata comprensione. Per questo sul volto di
Marta non rintracciamo indizi cli disappunto, piuttosto vi si legge la sor-
presa, lo stupore che interroga e che vuole capire il senso cli un mistero
che il Maestro porta con sé e che attrae e affascina.

Maria Antonietta Crippa

9 Communio 237
Johannes Vermeer (Delft, 1632-1675), Crùto in casa di ,'vfarta e Mariti, 1655 circa, Edimburgo
è affatto convinta, e anche la modernità è scettica. Gli dei non sono forse
L'amicizia con Gesù capricciosi? Dio non è forse troppo lontano dall'uomo, troppo sublime,
troppo grande, per essere un buon amico degli uomini? E gli uomini
di non ~on~. forse troppo e~oisti. per diventare amici di Dio? Fino a che pun-
Thomas Soding to Dio s1 mteressa della vita di un uomo? Fino a che punto gli uomini sono
disposti a far avvicinare Dio a sé? Quella dell'amicizia con Dio è una te-
matica di grande intensità, capace di far magnificamente vedere una vita
c~e .metta assi~me. ~~ore di J:?io, e amore del prossimo, imago Dei e gioia
di vivere. Ma 1amicizia con Dio e un sogno o qualcosa di più? E l'amicizia
umana non è forse in concorrenza con l'amore di Dio? O le due sono in-
vece legate, magari addirittura unite? 2 Ma allora in che modo lo sono sen-
za violare né la divinità di Dio né l'umanità dell'uomo? '

2. Gli amici in Grecia

Aristotele dedica diversi libri dell'Etica nicomachea all'amicizia (Eth.


~~·eh. VIII-.X) ~·Il fil~s~fo greco sa quanto sono importanti l'impegno in po-
lmca, la vlta m famiglia, un buon mestiere, un'economia prospera. Ma sa-
1. Un tema neotestamentario peva anche quant'è importante per gli uomini avere buoni amici. L'amici-
zia, ritiene, è una virtù d'importanza vitale. «Senza amicizia nessuno
Può esserci vera amicizia tra gli uomini? L'antichità ne è convinta, e sceglierebbe di vivere, anche se possedesse tutti gli altri beni» (VIII 1
anche la modernità 1. Il desiderio di amicizia è qualcosa di profondo, 1155a 5s.). Ma che cos'è la vera amicizia?
non soltanto per i bambini: esiste tra uomini, tra donne, tra uomo e donna
un amore governato non dalla sessualità, ma dalla solidarietà, senza essere
in concorrenza con l'amore genitoriale, filiale, coniugale? Esiste un'affinità
a) Tre tipi di amicizia
elettiva che si fondi sulla libertà, sul coinvolgimento e sull'affetto senza ri-
nunciare alla propria felicità, ma anzi con una vita più piena? Né l'antichi-
Aristotele cita alcuni detti che, con leggere variazioni, sono rimasti
tà, né la modernità vogliono fare a meno della felicità che può offrire l' a-
uguali fino ad oggi: «Il simile va col simile» (Eth. Nich. VIII 2 1155a
micizia; per questo sia i libri antichi che quelli nuovi narrano e consigliano
34); un cuore e un'anima sola (Eth. Nich. IX 8 1168b 8), «gli amici hanno
a piene mani come trovare questa felicità. tutto in comune» (Eth. Nich. IX 8 1168b 8), «le cose degli amici sono co-
Può esserci, poi, vera amicizia tra Dio e gli uomini? L'antichità non ne
m~ni» (Eth. ~ich. VIII 11 1159b 3,ls.); gli amici condividono «gioie e do-
lori» (Eth. Ntch. IX 4 1165a 8s.). E questo il suo punto di partenza. Tut-
tavia, Aristotele non sarebbe un filosofo se si limitasse ad avvalorare le
1 K. Treu, «Freundschaft», Reallexikon fiir Antike und Christentum, vol. VIII, a cura
di T. Klauser, Hiersemann, Stuttgart 1972, pp.418-434, A. Muller, «Freundschaft»,
massime quotidiane. Egli, invece, le critica e le modifica, e come Platone
Historisches Worterbuch der Philosophie, vol. II, a cura di J. Ritter, K. Grunder, G. nel Liside, scava in profondità la questione dell'amicizia.
Gabriel, Schwabe, Basel 1973, pp. 1105-1107; J.-C. Fraisse, Philia. La notion d'amitié
dans la philosophie antique, Vrin, Paris 1974; O. Kaiser, Lysis oder van der Freundscha/t
(1980), in Id., Der Mensch unter dem Schicksal. Studien zur Geschichte, Theologie und 2 È .la tesi .dell'e~cicli~a ~e~t~ caritas e~t, in cui tuttavia Benedetto XVI non prende
Gegenwartsbedeutung der Weisheit, in: "Beihefte zur Zeitschrift fiir die alttestamen- tanto m cons1deraz1one l amlclZla, ma scnve, con gli occhi puntati su Gesù Cristo dove
tliche Wissenschaft" 161, de Gruyter, Berlin 1985, pp. 206-231; John T. Fitzgerald (a
è fondata l'unità tra l'amore di Dio e l'amore del prossimo: «Il suo amico è mio a:Uico»
cura di), Flattery and Frankness o/ Speech. Studies on Friendship in the New Testament (n.18).
\Vorld, in: "Novum Testamentum - Supplements", 82, Brill, Leiden 1996; Id. (a cura 3 CfL F. Rick.en, Ist Freund~·ch~[t eine Ti:gend? Die Einheit des Freundscha/tsbegriffs
di), Graeco-Roman Perspectives on Friendship, in: "Resources for Biblical Study", 34,
der «Ntkomachtschen Ethtk», m: Theolog1e und Philosophie", 75, 2000, pp. 481-492.
Scholars Press, Atlanta 1997.
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10
Aristotele distingue fra tre tipi di amicizia: la prima ha per fine il dilet- mo e li troviamo, non sono beli' e pronti. Certo, l'amicizia va curata; biso-
to, la seconda l'utilità e la terza l'edificazione. Tutte e tre le forme sono gna investirci tempo ed energia. Ma se si prova solo avversione l'amicizia
caratterizzate dall'uguaglianza e dalla comunione: «amicizia è uguaglian- non può decollare. Se però le si resta fedeli, ci si rende felicemente conto
za» (Eth. Nich. IX 8 1168b 9). Ma il peso e la forma dati all'uguaglianza che gli altri non sono concorrenti, ma partner che gioiscono e soffrono con
e alla relativa amicizia sono molto diversi. Ci si può incontrare con persone noi;. e ~ltrettanto felicemente ci si scopre disponibili al coinvolgimento, ca-
affini per praticare insieme uno sport o occuparsi dei propri hobby; in paci d1 amare, destinati alla comunione.
questo caso, se non c'è un'evoluzione, si resta insieme solo finché se ne La vera amicizia presuppone un mettere in comune. Non che si debba
ha voglia. Ci sono anche gli «:amici d'affari», dei quali va coltivato il favore per forza passare molto tempo insieme. Ma senza una profonda affinità
se si vuole restare nel giro. I compagni di battaglia devono essere come le d'anime, senza un fitto scambio di idee, senza che si pensi di continuo al-
dita di una mano, altrimenti non c'è speranza; dopo la guerra ognuno va 1' altro, senza compassione l'amicizia non nasce. Gli interessi comuni sono
una gran cosa, ma l'amicizia è più di un patto di convenienza a tempo.
per la propria strada, e si ritrovano al massimo agli incontri tra veterani. I
Quando è fondata sulla simpatia, un'amicizia ha la forza di superare i con-
colleghi di lavoro sono più produttivi se non c'è proprio assoluta antipatia
fini tra ricco e povero, padrone e servo. E tuttavia, l'amicizia è contraddi-
tra loro, ma in azienda il loro non è che un patto di convenienza. Sono
st~nta dalla reciprocitài in caso contrario si violerebbe il principio di ugua-
tutte amicizie fragili, sono tutti amici interscambiabili. Le amicizie più a
gh~nza. Quello c~e 1 uno fa per l'altro, lo farebbe anche questi per il
rischio, e quelle più pericolose per gli altri, sono quelle politiche. Il sillo-
prnno, se necessano. Le amiche e gli amici devono aiutarsi a vicenda sen-
gismo «nemico - acerrimo nemico - compagno di partito» non suonereb-
za chiedersi che cos'è mio e che cos'è tuo, ma dando ciò di cui l'a~ica 0
be strano neppure nell'antichità. Le amicizie politiche servono a conserva-
l'amico hanno necessità. La vera amicizia si vede nel momento del biso-
re il potere, a gestire gli interessi, a far valere le proprie ambizioni. È un
gno. Nell'antichità era convinzione comune che gli amici dovessero anche
caso raro e felice che ciò non accada a danno di altri e sia accompagnato
esse1:e pro?ti a ~acrificare la vita l'uno per l'altro. Die Biirgscha/t [«La ga-
da mutua simpatia, destinata anche ai molti che sono estranei alla cerchia.
ranzia»] dt Schiller ne è un grandioso inno 5.
Altrimenti l'amicizia è solamente egoismo camuffato.
Diversa è la terza tipologia di amicizia, l'unica vera: quella interessata al
bene. I buoni amici hanno un senso del bene, per sé e per l'altro 4• Che si
c) Amicizia con Dio?
tratti di cultura o gioia di vivere, di arte e scienza o tecnica ed economia,
ciò che è buono favorisce la comunione fra gli uomini e nella comunione è
P.e~ lo s~esso motiv~ per cui è convinto assertore dell'amicizia tra gli
sentito e favorito con più intensità. La vera amicizia può svilupparsi anche
uom1m, Anstotele dubita che esista amicizia tra Dio e gli uomini (Eth.
tra amici d'affari e compagni di partito, tra colleghi di lavoro o tra i mem-
Eud. 1~44B 5ss.; Eth. M. 1208 ecc.), dal momento che non può esserci
bri di un'associazione: tanto meglio per l'amicizia, e anche per la capacità
uguaglianza, che pure è un elemento essenziale dell'amicizia. Gli dei pos-
di far legittimamente valere i propri interessi. In un certo senso, l'amicizia
sono. s~nz' altro fare qualcosa per gli uomini, e gli uomini per gli dei. Dei e
stessa è un bene prezioso. Esiste di per se stessa, ma non sotto forma di
uo?1m1 possono entrare in contatto. I Greci conoscono i prediletti degli
uno stadio più elevato di egoismo da condividere con gli altri, bensì come
de1, e conoscono i capricci del destino (Hom. Il. 1, 196 ecc.). Platone parla
scoperta reciproca e supplemento di umanità, senso della bellezza, giusti-
senza dubbio di un'amicizia tra dei e uomini, ma soltanto uomini buoni
zia. A differenza di quelle che servono soltanto al piacere, al profitto e al
virtuosi (Symp. 193b. 212A ecc.); Isocrate (Or. 9,70) e Senofonte (Mem'.
potere, queste amicizie non fanno male a nessuno. Iv .8,3) s~ accodano. Epitteto cita uno che rispetta gli dei, un «amico degli
dei» (Dm. II 17 ,29). Ma Aristotele è più rigido. Con il motore immobile
non ci possono essere rapporti di amicizia. E gli dei, per quanto possano
b) Amicizia nella libertà

La vera amicizia è caratterizzata dalla libertà. Amiche e amici li cerchia- 5 ~'esempio di Damone e Finzia (Diod. X 4,3-6; Jambl., Vit. Pyth. 235s.) è
particolarmente noto. La luminosa traccia di una radicale etica dell'amicizia che non
esclude nemmeno il sacrificio della propria vita per l'amico, è molto più 'vasta, da
4 Cfr. E. Peroli, Le bien de l'autre. Le raie de la «philia» dans l'ethique d'Aristote, in: Platone (Symp. 7 ~79b) a Seneca (Ep. 9,10) ed Epitteto (Diss. II 7,2s.); cfr. Philostr.,
"Revue d'ethique et de theologie morale", 242, 2006, pp. 9-46. Vtt. Ap. VII 14; D1og. Laert. VII 130; x 121; Luc., Tox. 6,36s.; P. Herc. 1044.

12 13 Communio 23 7
I
I
avere tratti umani, sono separati dagli uomini, devono tenersi a distanza;
non può esserci un vero mettersi in comune con essi: ne va della loro stessa
sapienziali. Essa dev'essere fedele (Pr 18,24) e affidabile (Pr 17 ,17), resi-
stere nei momenti di crisi, non serbando rancore per le altrui colpe (Pr I
i
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10,12; 17,9), né dando sempre ragione all'amico (Pr 27,5s.). È così anche
divinità. Viceversa, l'amicizia tra gli uomini è necessaria anche perché al-
trimenti le disgrazie sarebbero pressoché insopportabili. nel Siracide 9, che sa che cosa accomuna e a quali prove sottopone la vera II
La problematicità dell'amicizia con Dio ha a che fare con la libertà uma- amicizia (Sir 6,5-17; 12,8-12; 37,1-6), ma sa anche, in concreto, che la via I
-l!

na. L'amicizia con Dio potrebbe darsi solamente se non ci fosse alcuna con-
correnza tra Dio e uomo. Ma gli dei della Grecia fanno parte dello stesso
migliore per giungervi è quella del timor di Dio e della fedeltà alla legge.
La vera amicizia è fondata sulla saggezza, e chi è saggio va alla ricerca di II
cosmo degli uomini, ed è per questo che nasce il mito di Prometeo. Gli uo- buoni amici.
mini non possono essere amici di coloro - gli dei - ai quali devono estor- I
~

cere la propria libertà. Solo gli uomini che hanno ricevuto la propria libertà :
in dono da Dio possono diventarne amici senza rinunciare a se stessi. b) Amore di Dio come amicizia con Dio? I
i
l
~
Tutto questo è forse valido anche nel rapporto con Dio? 10 L'Antico I
I
3. Gli amici di Israele Testamento è piuttosto cauto. Dio va temuto e amato <<con tutto il cuore, I

L'ethos amicale dell'Antico Testamento coincide in gran parte con


con tutta l'anima e con tutte le forze» (Dn 6,4s.). Dio, infatti, ama il suo
popolo. Ma può Dio, l'Unico, essere amico degli uomini? E un uomo ami- lI
quello dell'antichità 6 . L'amicizia con Dio diventa un problema e una pos- co di Dio? Non sarebbe forse una banalizzazione? L'Antico Testamento
sibilità nell'orizzonte del monoteismo. ha buone ragioni per essere cauto. Dio non si mette sullo stesso piano de- II
gli uomini, e gli uomini sono tenuti a riconoscere l'unicità di Dio. Forse I
che si può conciliare tale unicità con i rapporti di amicizia? Questi posso-
I
a) La saggezza dell'amicizia no, certo, essere asimmetrici; ma non è proprio il monoteismo a far cadere
il principio di reciprocità?
La più nota coppia di amici è quella formata da Davide e Gionata 7 . I Nonostante questo, ci sono alcuni testi, veterotestamentari e risalenti al
due non sono sullo stesso piano. Davide è il parvenu, mentre Gionata è il primo giudaismo, che parlano di amicizia con Dio: sono quelli apertisi al
figlio del re. Ma con colui che in seguito sarà erede di suo padre il figlio pensiero e alla lingua dei Greci, pur restando imperniati sulla Bibbia. Sono
conclude un'alleanza (1 Sam 18,3) per proteggerlo da Saul (cfr. 1 Sam tutti incentrati sul problema di come Dio, l'Unico, possa intrattenere delle
20,8). Così facendo, senza saperlo, si inserisce nel piano divino di salvezza. relazioni con gli uomini. In altri termini: se c'è vero amore tra Dio e gli
Gionata è colui che dà, Davide colui che riceve 8 • Gionata si affeziona a uomini - cosa che l'Antico Testamento testimonia ampiamente - allora
Davide e lo ama «come se stesso» (1 Sam 18,1.3; 20,17), dimostrandolo non ci sarà forse anche una particolare forma di amicizia?
fattivamente. Nello stringere l'alleanza, egli gli dona il mantello e ogni Ne è convinto, nella sua saggezza, il re Salomone. Secondo il Libro del-
sua arma (1 Sam 18,4): non avrebbe potuto mostrare con più chiarezza la Sapienza, lo scritto più recente dell'Antico Testamento, egli loda la so-
la fiducia nei confronti dell'amico. Benché Saul, suo padre, attenti alla vita phia, alla quale spetta onnipotenza, e che dunque «tutto rinnova e attra-
di Davide, Gionata gli resta fedele (1 Sam 19,1-7; 20). Da parte sua, Da- verso le età entrando nelle anime sante, forma amici di Dio e profeti»
vide non si limita alla gratitudine, ma piange disperatamente la morte del- (Sap 7,27; cfr. 7,14). Due sono qui gli elementi determinanti: che senza
1' amico, il cui affetto gli è stato più dolce dell'amore di una donna (2 Sam una figura di mediazione come la sapienza non è possibile alcuna amicizia
1,26). La storia ben si adatta al senso dell'amicizia enucleato negli scritti con Dio, e che questa amicizia è posta in essere da Dio stesso, il quale si

6 Cfr. R. Scoralick, Freundschaft in der Bibel. Ansatzpunkte zum Weiterdenken, in: 9 Cfr. F. V. Reiter (a cura di), Freundschaft bei Ben Sira, in: "Beihefte zur Zeitschrift
"Diakonia", 33, 2002, pp.392-399. fiir die alttestamentliche Wissenschaft", 244, de Gruyter, Berlin 1996; J. Corley, Ben
7 Cfr. O. Kaiser, David und Jonathan, in Id., Studien zur Literaturgeschichte des Alten Sira's Teaching on Friendship, in: "Brown Judaic Studies", 316, Brown University,
Testaments, in: "Forschungen zur Bibel" 90, Echter, Wiirzburg 2000, pp. 183-199. Providence (RI) 2002.
s Cfr. P. K. Tull, Jonathan's Gi/t o/ Friendship, in: "Interpretation", 58, 2004, 10 Cfr. E. Peterson, Der Gottes/reund, in: "Zeitschrift fiir Kirchengeschichte", 42,

pp.130-143. 1923, pp. 161-202.

14 15 Communio 237
serve della sapienza per stringere amicizia. Giocare l'unicità di Dio contro 4. Gli amici di Gesù
l'idea dell'amicizia con Dio significa trascurarne l'onnipotenza. E tuttavia
il Libro della Sapienza non chiarisce che cosa significhi, in esso, «amicizia» Nel Nuovo Testamento, quello dell'amicizia è un tema attinente non
se non prossimità e amore a Dio; e viene spontaneo chiedersi chi sia mai tanto ali' etica, quanto ali' ecclesiologia; ha il suo fondamento nella cristolo-
questa «signora Sapienza», se non una divinità. gia. L'amicizia con Gesù, il Figlio di Dio divenuto uomo, può esistere, ed è
Prosegue su questa strada Filone Alessandrino, che ha davanti agli oc- l'incontro tra amicizia umana e amicizia divina, dal quale risultano le ami-
chi Abramo 11 . Egli si ricollega forse ad alcune - pur tuttavia ambigue - cizie nella Chiesa.
locuzioni di Is 41,8 e 2 Cr 20,7 (dove la Vulgata, a differenza dei Settanta,
scrive amicus); in ogni caso è collocato in una tradizione giudaica un po'
più ampia 12 , che lascia tracce anche in Giacomo (2,23) e in Clemente Ro- a) Amicizia nella Chiesa
mano (1 Clem 10, 1; 17 ,2). Di solito si tratta né più né meno che del par-
ticolare rapporto di fiducia che si fonda sull'elezione divina e sulla fede di Il Nuovo Testamento non nega l'ethos dell'amicizia; la domanda, piut-
Abramo. Filone, da parte sua, riflette sulla modalità in cui questa amicizia tosto, è dove si possa trovare la vera amicizia 16 , e la risposta decisiva è:
si rende possibile 13 • Egli risolve il problema di comunicazione posto dal nella comunità. Gesù profetizza che i suoi discepoli dovranno essere tra-
monoteismo astratto ricorrendo a una rielaborazione biblica della teologia diti dai loro amici (Le 21,16). Il fatto che Erode e Pilato, il giorno dell'e-
neoplatonica, secondo cui Dio, nella sua filantropia 14 , prende contatto con secuzione capitale, diventino «amici» (Le 23 ,12) mostra tutto il loro cini-
gli uomini in modo non diretto, ma indiretto, con la mediazione del Logos smo. C'è, certamente, ospitalità (Rm 12,13; 1Tm3,2; Tt 1,8; Eb 13,2; 1 Pt
(Decal. 33 ); e gli uomini che trovano Dio sono condotti al di là di se stessi, 4,9), come è ovvio anche al di fuori della comunità dei discepoli; la mis-
e al contempo in profondità insospettate della loro anima, profondità che
sione gesuana punta su di essa, invitando i discepoli a non portare con
non saranno mai in grado di misurare con la propria coscienza 15 . L'ami-
sé nulla nel cammino e a bussare alle prime porte che trovano (Mc
cizia con Dio porta dunque fuori dal mondo, benché al contempo in
6,6b-13 e par.) 17 • E gli Atti degli Apostoli non dimenticano di ricordare
una più salda obbedienza alla legge. Anche se può mostrare che la speran-
che Paolo era amico di persone non cristiane, tra cui alti funzionari della
za che avevano in mente i Greci, quella di essere buoni amici del divino, il
provincia d'Asia (At 19,31; cfr. 28,7).
Dio vero non la delude, Filone lascia aperte due questioni, una relativa al
Ma in un'epoca in cui i cristiani erano una minoranza perseguita-
rapporto tra Dio e il Logos e l'altra all'unità, nell'uomo, tra corpo, anima e
ta, sospettati di fanatismo, denigrati e accusati di pazzia, la coesione
spirito.
interna delle comunità era di estrema rilevanza. Non sono fattori et-
nici, sociali o culturali a tenerli uniti, ma solo la comune fede e la
comune speranza (Tt 3,15). La conversione è un atto di libertà.
Chi crede dice con la stessa intensità «io» e «noi». Ecco perché la
comunità dei credenti è detta - per quanto, nel Nuovo Testamento,
11 Abr. 89.273; Sobr. 56; Men. 53ab; Prob. 42; Quaest. gen. 4,33; cfr. Praem. 26s.;
Abr. 123. In Praem. 24 e Abr. 50 cita tutti e tre i patriarchi insieme; Giacomo da solo in raramente -, non a caso, <<amicizia». Per qualificare la convivenza al-
Ios. 167.200 (cfr. Praem. 43s.); Abele in Det. 50 (cfr. Det. 78); Enos, Enoch e Noè in l'interno delle comunità, Paolo cita alcune massime tipiche dell'etica
Abr. 46, ma soprattutto e assai spesso Mosè: Leg. 1,41; 4,175; Virt. 77; Alt. 1,176; amicale: «Portate i pesi gli uni degli altri» (Gal 6,2) 18 ; «Rallegratevi
2,88.90; 3,129; Plant. 62; Sobr. 19; Con/ 92; Cher. 49; Sacr. 77; Migr. 67; Mos. 1,67;
2,163; Imm. 156; cfr. Mos. 1,156; Sacr. 130; Ebr. 94; Migr. 45; Her. 21; Alt. 3,204.
12 Jub. 19,9; cd 3,2; ApkAbr 9,6; 10,6.
13 Cfr. Y. Amir, Die hellenistische Gestalt des ]udentums bei Philon von Alexandrien, 16 Cfr. L. T. Johnson, Making Connections. The materia! Expression o/ Friendship, in:
in: "Forschungen zum ji.idisch-christlichen Dialog", 5, Neukirchener Verlag, "Interpretation'', 58, 2004, pp. 158-171.
17 Cfr. G. Hotze, Jesus als Cast. Studien zu einem christologischen Leitmotiv in
Neukirchen-Vluyn 1983, pp.207-219.
14 Cfr. C. Spicq, Notes des Lexicographie néo-testamentaire, in: "Orbis biblicus et Lukasevangelium, in: "Forschungen zur Bibel", lll, Echter, Wi.irzburg 2007.
orientalis" 22, Éditions Universitaires, Fribourg 1978, II pp. 922-927. ts Cfr. Gal 6,6. Si trovano dei paralleli in Neuer \Vettstein. Texte zum Neuen
15 Cfr. G. Sellin, Gotteserkenntnis und Gotteserfahrung bei Philo von Alexandrien, in Testament aus Griechentum und Hellenismus, II/l. Texte zur Briefliteratur, de Gruyter,
H.-J. Klauck (a cura di), Monotheismus und Christologie. Zur Gottes/rage im Berlin-New York 1996, pp.580s.; Xenoph., Mem. ii 7,1; Socrate ammoniva gli amici di
hellenistischen Judentum und im Urchristentum, "Quaestiones disputatae" 138, «sostenersi a vicenda a seconda delle ricchezze»; Menand., Sent. 534: «Comprendi che
Herder, Freiburg i.B.-Basel-Wien 1992, pp.17-40. gli amici mettono ogni cosa in comune».

16 17 Communio 237
con quelli che sono nella gioia, piangete con quelli che sono nel pian- te in Giovanni 26 . Uno dei suoi amici, estraneo alla cerchia più ristretta dei
to» (Rm 12,15) 19; abbiate «d medesimi sentimenti» (Fil 2,2) 20 • Per discepoli, è Lazzaro, del quale piange la morte e che riporta indietro dalla
Luca, la comunità primitiva realizza l'antico ideale della comunione tomba (Gv 11,3.11). I suoi avversari lo calunniano, secondo i sinottici, ac-
amicale, essere «un cuore solo e un'anima sola» e avere «ogni cosa» cusandolo di essere «amico dei pubblicani e dei peccatori» (Mt 11,19, par.
in comune (At 4,32) 21 • Anche la comunità giovannea si concepisce Le 7,34), senza immaginare quanto è vero quello che dicono.
come gruppo di amici (3 Gv 15) 22 • Di fondamentale rilievo è che Gesù vede anche i discepoli come amici.
Ci si può chiedere se soltanto i piccoli gruppi degli inizi considerassero È un motivo che Luca conosce, benché in gran parte superficialmente (Le
plausibile l'idea di amicizia, che è in effetti qualcosa di personale, inconci- 12,4). Giovanni lo affronta invece direttamente 27 . Il passo cruciale è il se-
liabile con l'anonimato. I gruppi di amici corrono facilmente il rischio di condo discorso di congedo. Dopo aver lavato i piedi ai discepoli (Gv
isolarsi dagli altri. Ma le radici dell'amicizia ecclesiale sono profonde, e af- 13) 28 , nel primo discorso di congedo (Gv 14), autorivelandosi «la via, la
fondano nella concezione neotestamentaria della comunione. Koinonia è verità e la vita» (Gv 14,6) li rassicura dicendo loro che salendo al Padre
un termine chiave dell'ecclesiologia paolina 23 • La saldezza della comunio- non li lascerà soli (Gv 13,ls.). Più tardi in seguito forse a un ampliamen-
ne tra i fedeli è dovuta alla presenza originaria del terzo protagonista, Ge- to del testo giovanneo 29 - egli spiega loro come vivere nel mondo senza la
sù Cristo, che dà ai fedeli la possibilità di aver parte a lui e sta così a fon- sua presenza corporale, ma mossi dallo Spirito (Gv 15). Di importanza de-
damento della loro unità, cosa che accade con particolare efficacia terminante è la perennità del suo amore, che ha da riflettersi nel loro amo-
nell'eucarestia (1 Cor 10,16s.) 24 • Giovanni inserisce il tema dell'amicizia re vicendevole: «Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli
nella grande linea della sua teologia dell'agape, fondata sull'amore tra il altri, come io vi ho amati» (Gv 15,12) 30 • Gesù è un modello nell'amare,
Padre e il Figlio, per fare in modo che i fedeli, nella forza dello Spirito, ma non è soltanto questo: il suo amore è a fondamento dell'amore dei di-
partecipino di questo amore 25 • scepoli; di più ancora: dal suo amore risulta l'amore dei discepoli, il suo
amore si esprime in quello dei discepoli, anche se non si esaurisce in esso.
L'amore di Gesù cambia il loro status. Da servi che erano diventano amici:
b) Gesù come amico «Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo pa-
drone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre
La cristologia si rivela così la chiave per comprendere l'ecclesiologia l'ho fatto conoscere a voi» (Gv 15,15). Chiamando i discepoli non più
dell'amicizia. Il quarto evangelista la riconduce, coerentemente, all'attività «servi», ma «amici», Gesù non si limita a definirli in modo diverso, ma
stessa di Gesù. Il fatto che Gesù stringa amicizie è particolarmente eviden- ne trasforma la vita. Essi sono «servi» nella misura in cui devono ricono-
scere Gesù come Signore. Altrimenti non ci può essere alcuna missione
(Gv 13,16). D'altronde, il fatto che Gesù soltanto è il Signore rispecchia
19 Menelao dice nell'Ifigenia in Aulzde di Euripide: «Essere in lutto insieme all'amico lo stato di necessità, la miseria, la condizione mortale, il bisogno di reden-
è dovere dell'amico» (408). zione che caratterizzano gli uomini. Ma Gesù chiama i «servi» suoi «ami-
20 La preoccupazione comune del malato Epafrodito è un atto di amicizia; cfr. R.
Metzner, In alter Freundschaft. Ein fruhchristlicher Fall freundschaftlicher Gemeinschaft
(Phil. 2,25-30), in: "New Testament Studies", 48, 2002, pp.111-131.
21 Cfr. T. Soding, Blick zuruck nach vorn. Bilder lebendiger Gemeinden im Neuen 26 Cfr. G. R. O'Day, Jesus 11s Friend in the Gospel oflohn, «lnterpretation», 58, 2004,
Testament, Herder, Freiburg i.B.-Basel-Wien 1997, pp. 81-88. pp. 144-157.
22 Cfr. H.-]. Klauck, Kirche als Freundegemeinschaft. Auf Spurensuche im Neuen 27 Cfr. R. Schnackenburg, Freundschaft mit Jesus, Herder, Freiburg i.B.-Basel-Wien

Testament (1991), in: Id., Gemeinde zwischen Haus und Stadt. Kirche bei Paulus, 1995.
Herder, Freiburg i.B.-Basel-Wien 1992, pp. 95-123. 28 Cfr. L. Abramowski, Die Geschichte von der Fuf!,waschung (]oh 13), in: "Zeitschrift
23 Cfr. T. Soding, Ekklesia und Koinonia. Grunclbegriffe paulinischer Ekklesiologie, in: fiir Theologie und Kirche", 100, 2005, pp.176-203.
29 Cfr. ]. Zumstein, Kreative Erinnerung. Relecture und Auslegung im ]ohannese-
"Catholica", 57, 2003, pp. 107 -123.
24 Per questo l'amicizia con Cristo è sempre caratterizzata dall'eucarestia: cfr. W. vangelium, in: "Abhandlungen zur Theologie des Alten und Neuen Testaments" 84,
Hagemann, Freunclschaft mit Christus. Hinfiihrung zu einem bewussten Leben mit ]esus Theologischer Verlag, Ziirich 20042. Su Gv 15 cfr. K. Haldimann, Rekonstruktion une!
6
Christus, Verlag Neue Stadt, Miinchen 1990 • Entfaltung. Exegetische Untersuchungen zu ]oh 15 und 16, in: "Beihefte zur Zeitschrift
25 Cfr. E. E. Popkes, Die Theologie cler Liebe Gottes in den johanneischen Schri/ten. ftir die alttestamentliche Wissenschaft", 104, de Gruyter, Berlin 2000.
Zur Semantik der Liebe une! zum Motivkreis des Dualismus, WUNT II/197, Mohr 30 Cfr. T. Soding, Jesus und die Kirche. Was sagt das Neue Testament?, Herder,

Siebeck, Tiibingen 2005. Freiburg i.B.-Basel-Wien 2007, pp.205s.

18 19 Communio 23 7
ci» perché lo sono. Egli, «maestro e signore» (Gv 13,13 ), ha lavato loro i dell'etica dell'amicizia di Rm 5,5ss. è solo apparente. Qui l'Apostolo sot-
piedi, rendendoli, così, «mondi» (Gv 13,10). Senza l'amicizia che Gesù tolinea che tra gli uomini tutt'al più si può sperare che qualcuno muoia
dona loro, essi non potrebbero aver parte alla sua missione, spiegata nella per una persona buona, mentre Dio ha dato suo Figlio per gli uomini
frase immediatamente successiva (Gv 15,16); la partecipazione alla sua quando erano ancora suoi nemici. La concezione giovannea enfatizza,
missione, tuttavia, è necessaria non perché i discepoli si beino della magni- da parte sua, gli effetti della riconciliazione: l'amicizia con Dio, che si in-
ficenza dell'amore di Gesù, ma affinché gli uomini a cui portano la Parola fiamma nella persona di Gesù.
di Dio non abbiano alcun tipo di svantaggio rispetto a chi ha incontrato Nella teologia giovannea l'amicizia con Dio si fa presente sotto forma
Gesù personalmente. Tutti hanno bisogno dell'amore indiviso di Dio e de- di amicizia con Gesù. Il fatto che esista questa amicizia si basa non solo
vono poterne fare esperienza. Gv 15,15 riconduce il mutamento di status, sull'onnipotenza, ma anche sulla onnibontà di Dio: sull'amore, che egli
che è anche un mutamento ontologico, al fatto che Gesù ha rivelato ai di- non solo dona, ma è (1 Gv 4,8.16). Ma nell'incontro con Gesù si accende
scepoli ciò che gli ha mostrato il Padre (Gv 1,18); una rivelazione che non anche l'amicizia umana, grazie al 'contagio' di Gesù che fa amicizia con i
è una mera informazione, ma una comunicazione dell'amore di Dio al suoi. Si tratta di un'autentica reciprocità, tanto radicale quanto l'asimme-
mondo, che si mostra nel dono del Figlio (Gv 3,16). tria del rapporto, dal momento che Gesù dichiara i discepoli suoi amici.
Essa include la morte di Gesù, anzi, è proprio la morte di Gesù ad L'amicizia di Gesù, suggellata dalla sua morte, è tanto grande che egli ren-
esprimerla perfettamente. Non è un caso che Gesù parli dell'amicizia de dei <<servi» uomini liberi, in grado di amare; uomini che nell'amare Dio
con i discepoli proprio nel discorso di congedo. La loro amicizia è con- non sono solo oggetti, ma anche soggetti della Sua grazia, capaci dunque
traddistinta dalla sua morte, e al contempo la oltrepassa. La frase chiave di ricambiare e rafforzare l'amicizia.
è: «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri
amici» (Gv 15, 13) 31 . La frase cita un topos dell'etica amicale ellenistica,
facendolo tuttavia saltare. I Greci, come gli Ebrei, conoscono l'amicizia c) «Mi vuoi bene?»
di sostituzione escludente: un amico si sacrifica per l'altro in modo che
questi non debba morire. La sostituzione di Gesù è invece di tipo inclu- L'amicizia di Gesù con i discepoli è ricambiata? Giovanni prefigura
dente: i discepoli muoiono con lui, ma resuscitano allo stesso modo con questa grande tematica ricorrendo all'esempio di Pietro. Quando Gesù,
lui, e hanno già ora, secondo Giovanni, la vita eterna. La morte di cui nella sala della cena, annuncia la sua morte e indirettamente il martirio
muoiono gli amici che si sacrificano l'uno per l'altro è dovuta in Grecia di Pietro (Gv 13,36), questi dichiara con grande decisione, ma frainten-
al tragico fatto che i principali conflitti irrisolvibili degli dei sono risolti dendo completamente la situazione: «Darò la mia vita per te!» (Gv
sulla terra, con il coinvolgimento degli uomini. Per questo la morte di 13,38). La locuzione giovannea va molto più in là della tradizione sinotti-
cui muore l'amico per l'amico non è che differita. Gesù, invece, l'ha supe- ca, secondo cui Pietro si dichiara disponibile a morire con Gesù (Mc 14 ,31
rata. Egli è l'amico che muore per gli amici affinché essi vivano. È il buon e par.). L'evangelista ironizza sull'ideale dell'amicizia. Pietro riconosce che
pastore che dà la vita per le pecore (Gv 10). Gesù si è dimostrato suo amico e vuole dare la vita per lui, e crede di po-
L'amore di Gesù non è rivolto soltanto a quelli che sono già suoi amici; tergli ricambiare il servizio. Non potrebbe esserci fraintendimento mag-
piuttosto, egli li rende amici nel misurare la sua parola sulla propria vita: giore sull'identità di Gesù e sulla sua stessa identità, su che cosa Gesù deb-
fino alla morte. Ecco perché il contrasto con la relativizzazione paolina ba fare per lui e su che cosa Pietro possa ricevere da Gesù. Il finale è
presto detto: anche secondo Giovanni Pietro rinnega il maestro (Gv
13,38, 18,15-18.25ss.).
31 Cfr. J. Schri:iter, Sterben fiir Freunde. Uberlegungen zur Deutung des Todes ]esu im Il fatto che questa triste fine non impedisca, tuttavia, un nuovo inizio lo
]ohannesevangelium, in A. von Dobbeler, K. Erlemann, R. Heiligenthal (a cura di), dobbiamo all'atto di amicizia di Gesù. Certo, l'elaborazione di questo
Religionsgeschichte des Neuen Testaments. Festschrift fiir Klaus Berger zum 60. trauma dura fino alla terza apparizione di Gesù, quella sul lago di Tiberia-
Geburtstag, Francke, Tubingen-Basel 2000, pp. 263-287; K. Scholtissek, «Eine gro/5ere de. Come Pietro ha rinnegato Gesù tre volte, così Gesù chiede per tre vol-
Liebe hat niemancl als wenn einer sein Leben hingibt fiir seine Freunde» (]oh 15, 13).
Die hellenistische Freundschaftsethik und das ]ohannesevangelium, in: J. Frey, U. te al discepolo se lo ami (Gv 21,15ss.). L'evangelista gioca con i verbi. Ge-
Schnelle (a cura di), Kontexte des ]ohannesevangeliums. Das vierte Evangelium in sù formula due volte la domanda usando il verbo agapao; Pietro risponde
religions- und traditionsgeschichtlicher Perspektive, in: "Wissenschaftliche Untersu- sempre con philéo. La differenza semantica è quasi inafferrabile. Ma agape,
chungen zum Neuen Testament'', 175, Mohr Siebeck, Tubingen 2004, pp.413-439. nella lingua del Nuovo e dell'Antico Testamento, è in primo luogo l'amore
20 21 Communio 23 7
di Dio per il suo popolo, a cui replica l'amore del popolo nei confronti di
Dio e del prossimo; philia, invece, è l'amore d'amicizia. Gesù pone dun- Basilio di Cesarea e
que a Pietro la questione della agape, poiché nell'amore di Pietro nei con-
fronti di Gesù deve dar prova di sé quell'amore di Dio al quale egli, colui Gregorio di N azianzo:
che Gesù chiama ad essere pastore, è vocato con particolare vigore. Nella
risposta di Pietro, nell'affermazione della sua philia, è contenuta l'impos-
un'amicizia al vaglio della fede
sibile promessa di ricambiare l'estremo atto di amicizia, dare la sua vita per
Gesù. Solamente la terza volta si arriva alla completa concordia tra do- di
manda e risposta: Gesù pone la domanda e Pietro, che non può nascon- Giuseppe Laiti
dere la tristezza per il proprio fallimento, ribadisce la sua amicizia per Ge-
sù. Come questi profetizza, Pietro sarà martire (Gv 21,18s.). Darà la
propria vita per Gesù, ma non per risparmiargli la morte, bensì per aver
parte alla sua morte e alla sua vita.
Pietro, il primo dei discepoli, non è solo il pastore del gregge di Gesù,
ma anche un modello per tutti coloro che sono alla sequela di Gesù. L'e-
sempio di Pietro rende evidente che l'amicizia con Dio, dal punto di vista
cristiano, si concretizza nell'amicizia con Gesù, dal momento che il Verbo
di Dio è divenuto uomo e il Figlio di Dio ha dato la vita per salvare gli
uomini. È un' amicizi\1 in cui tutto è giocato sull'affidabilità, la fedeltà, la
«Quando era con me
disponibilità. È un'amicizia in cui si mostra la libertà, dal momento che "mi correggeva in molte cose,
è la verità di Gesù a liberare (Gv 8,32). È un rapporto di amicizia di ra- "con la norma dell'amicizia
dicale disuguaglianza, che però è infinitamente trascesa perché Gesù è "e una legge superiore»
un uomo, e di radicale uguaglianza, che però è infinitamente trascesa per- "(Gregorio, Or 43,2)
ché quest'uomo è «Dio», come professa Tommaso (Gv 20,28). È un'ami-
cizia che non può mettersi in concorrenza con le amicizie umane. Ma può Gregorio di Nazianzo era ben consapevole che la sua amicizia con
influire su queste amicizie e ne può essere una prefigurazione, a comincia- Basilio era diventata "notizia": «eravamo una coppia non oscura in Gre-
re dalla comunità dei fedeli. cia» (Autob. 228; Elogio 43,22). Un'amicizia "invidiata e famosa" (Or.
10,2), che ha segnato in profondità la vita, tratto non secondario della
(Traduzione dal tedesco di Riccardo Nanini) biografia dell'amico e di riflesso della sua. La liturgia ha onorato que-
st'amicizia come componente della loro santità, accomunandoli nella
Nota biografica memoria il 2 gennaio. Entrambi erano della Cappadocia, pressoché coe-
Nato ad Hannover nel 1956, è docente di esegesi del Nuovo Testamento nella tanei; la loro alta estrazione sociale li aveva avviati al ciclo di studi abi-
Facoltà di teologia cattolica dell'Università di Bochum (Germania); dal 2009 è anche tuali al loro livello, ciclo che aveva in Atene la sede del suo perfeziona-
membro della Commissione teologica internazionale. mento. Le loro famiglie di origine erano cristiane: la madre di Gregorio,
Nonna, era cristiana fervente e di famiglia cristiana; il padre, dopo la
sua adesione alla fede cristiana era divenuto vescovo di Nazianzo. I non-
ni paterni di Basilio avevano subito la confisca dei beni e l'esilio durante
la persecuzione di Massimino Daia. Attraverso la nonna, Macrina se-
nior, la famiglia di Basilio vantava rapporti con Gregorio taumaturgo,
l'evangelizzatore della Cappadocia. Il loro tempo è quello che va da Co-
stantino a Teodosio, segnato dalla lunga controversia ariana e dalla ri-
cerca di una nuova collocazione della fede cristiana nel quadro dell'im-
pero romano, che fatta salva la breve parentesi di Giuliano (361-363),
amava ormai etichettarsi come "cristiano". Entrambi coltivarono l'ideale
22 23 Communio 23 7
della vita monastica e furono chiamati al servizio della chiesa, prima co- giorno di studi ad Atene (Elogio 14-25, Autob. 211-236), quella della crisi
me presbiteri, poi come vescovi. che contrassegna i passaggi cruciali della ricerca della propria strada nella
È stato più volte rilevato che quella tra Basilio e Gregorio è un'amicizia vita adulta e nel servizio ecclesiale (Elogio 26-59, Autob. 237-551), quella
asimmetrica. L'asimmetria emerge già nella sproporzione della documen- della rilettura finale, che Gregorio stende a modo di ringraziamento e af-
tazione che i due protagonisti ce ne hanno lasciato: ampia e appassionata fidamento a Dio (Elogio 70-82).
quella di Gregorio, assai contenuta quella di Basilio t. Più significativa è la
differenza secondo la quale i due amici ne hanno interpretato il pregio e le
esigenze. Più rilevante ancora è il modo con il quale hanno coniugato l'a- 1. Eravamo un'anima sola: del tutto l'uno per l'altro (Elogio 19)
micizia con la fede cristiana dentro le circostanze della vita e gli impegni
propri del ministero loro affidato. Occorre anche dire che nel panorama Così, con il vocabolario tipico della tradizione greca per qualificare I'a-
della loro vita la loro amicizia non è un fiore nel deserto; di entrambi ci micizia, Gregorio sintetizza il legame che aveva instaurato ad Atene con
è giunto un ricco epistolario (oltre 300 sono le lettere di Basilio, attorno Basilio, nel quadro del perfezionamento dei loro studi. «Mentre cercavo
alle 250 quelle di Gregorio) che documenta una ampia rete comunicativa l'eloquenza, trovai la felicità» (Elogio 14). Con questa esclamazione, a di-
nella quale è frequente il tratto amicale 2 • stanza di trent'anni, il nazianzeno comunica ancora l'eco festoso dell'insor-
Per seguire i percorsi di questa singolare amicizia possiamo servirci del- gere di quella amicizia. L'amicizia rende felici perché consente la condivi-
la traccia che Gregorio ha depositato nell'Autobiografia e nell'Elogio fu- sione e con ciò il poter essere l'uno motivo di gioia per laltro. Non a caso
nebre di Basilio 3• Si tratta di due testi pressoché contemporanei, composti Aristotele aveva collocato la trattazione dell'amicizia tra le virtù morali e la
attorno al 382; il tono che li accomuna è quello della retrospettiva che ab- beatitudine contemplativa (Etica a Nicomaco VIII-IX). Essa infatti consente
bina insieme, spontaneamente, il bisogno di tracciare un bilancio della l'attuazione della natura sociale dell'uomo, diviene sollecitazione alla virtù
propria vita, di difendere i valori a cui è stata dedicata, di ringraziare in vista del divenire bene l'uno per l'altro. Comunanza di ideali, di senti-
Dio. Lo scrivente è in un momento particolarmente sofferto della sua vita, menti, libertà comunicativa, condivisione di vita, gioia dell'incontrarsi, fa-
ha appena rassegnato le dimissioni dalla cattedra episcopale di Costantino- cevano dell'amicizia una ragione di felicità, di vita saggia e bella. Così la
poli per togliere pretesto a inutili dispute, pesante eredità della lunga con- tradizione filosofica forniva ai due studenti poco più che ventenni il voca-
troversia ariana. Basilio l'amico della vita, era morto da tre anni, proprio
bolario per nominarne le componenti e il quadro interpretativo per custo-
alla vigilia del concilio di Costantinopoli che ne aveva accolto la teologia
dirne il pregio 4:
trinitaria come consona ad esprimere la fede ortodossa. I due documenti,
che consentono a tratti una lettura in sinossi, permettono di individuare «Tutto era assolutamente comune, eravamo un'anima sola che connetteva due cor-
pi separati. Quello che ci condusse ad un'eccezionale unità fu questo: Dio e il de-
almeno tre fasi dell'amicizia: quella della sua nascita felice durante il sog-
siderio delle realtà migliori. Da quando giungemmo ad una fiducia così coraggiosa
da comunicarci pienamente anche le intime profondità del cuore, ci sentimmo an-
cor più stretti l'un l'altro cl~ùla simpatia. L'identità delle convinzioni costituisce in-
I Da parte di Gregorio abbiamo l'Autobiografia (ed. Italiana con testo greco a fatti un'attendibile spinta verso una coesione cli vita» (Autob. 228-236).
fronte, Gregorio di Nazianzo. Autobiografia, Carmen de vita sua, a cura di F. Trisoglio,
ed. Morcelliana Brescia 2005; abbr. Autob.), l'Elogio funebre di Basilio (Or. 43, ed. Del suo forte e gioioso prendere forma Gregorio ricorda nitidamente
italiana con testo greco a fronte, Gregorio di Nazianzo. Tutte le orazioni, a cura di C. tre momenti: giunto ad Atene poco prima poco prima di Basilio, si era fat-
Moreschini, ed. Bompiani, Brescia 2000, pp.1030-1121; abbr. Elogio), i Discorsi 9,10 to premura di fargli trovare una buona accoglienza, liberandolo dall'inizia-
e 11 (ed. cit. a cura di C. Moreschini), e non meno di una quindicina di lettere inviate a zione goliardica riservata in genere alle matricole. Era poi intervenuto
Basilio. Da parte di Basilio 6 lettere in tutto dirette a Gregorio.
spontaneamente al suo fianco in una gara di retorica tra studenti, in modo
2 Cfr. J.-R. Pouchet, Basile le grane/ et son univers d'amis d'après sa correspondance.
Une stratégie de communion, SEA 36, Istitutum Patristicum Augustinianum, Roma che fosse chiaro che la ricerca della verità contava più della abilità di pa-
1992. rola; soprattutto aveva condiviso con l'amico il gusto per la sapienza e la
3 Per lo studio della architettura retorica dell'Elogio di Basilio, architettura virtù, piuttosto che per le schermaglie della competizione. In un ambiente
particolarmente curata, ci si può servire di N. Mc Lynn, Gregory Nazianzen's Basi!:
The Literary Construction of a Christian Friendship, in SP 37(2001), pp.178-193; C.
Castelli, Gregorio di Nazianzo nell'epitafio per Basilio il Grande, in I.Gualandri, F.
Conca, R. Passarella (a cura di), Nuovo e Antico nella cultura greco-latina di IV-VI 4 Si veda L. Pizzolato, L'idea di amicizia nel mondo antico classico e cristiano, ed.
secolo, Cisalpino, Milano 2005, pp.371-389. Einaudi, Torino 1993.

24 25 Communio 23 7
che agli occhi di Basilio risultava "una allegria senza fondamento" per la 258, coincide con l'esigenza di determinare il modo di vivere, la loro col-
quale non riusciva a sentire attrattiva (Elogio 18) i due amici diedero vita locazione nella vita adulta. Si erano accordati per accomiatarsi insieme da
ad uno "spazio" diverso: si costituì attorno a loro una sorta di "confrater- Atene. Qui la diversità di indole e di temperamento affiora decisa: Basilio
nita" dagli interessi più profondi, tale da influire non poco sul clima della è più rapido nelle determinazioni, Gregorio più sensibile a valutare le al-
scuola, spesso in preda alla "mania della sofistica" (Elogio 15 e 22). In mo- ternative, gli appelli dell'ambiente. Entrambi, dopo la loro adesione espli-
do particolare legava i due amici la ricerca di come si potessero intrecciare cita alla fede e alla vita ecclesiale, esitano tra la ricerca di "vita filosofica",
tra di loro la fede cristiana e l'eredità della tradizione classica, entrambe intesa come stile di vita appartato, legato alla meditazione e alla obbedien-
già respirate in famiglia, ora in evidenza come centro di interesse in vista z;a alle esigenze della sequela, e un inserimento sociale ed ecclesiale nel
quale offrire il loro contributo, di cui erano richiesti. In questo clima di
della fisionomia da dare alla vita:
ricerca non semplice i due amici si trovano alternativamente separati e riu-
«Entrambi avevamo un'unica meta, la virtù[ ... ]. Eravamo l'uno per l'altro [... ]nor-
niti. Basilio lasciò per primo Atene, Gregorio lo seguì tre anni dopo. Esito
ma e regola secondo cui distinguevamo il giusto e l'ingiusto[ ... ]. Non sceglievamo
gli studi più piacevoli e facili, ma quelli migliori; per mezzo degli studi infatti i gio- della loro disponibilità verso le esigenze del servizio ecclesiale fu l'ordina-
vani vengono formati alla virtù o al vizio [ ... ]. Gli uomini hanno diversi titoli: li zione presbiterale attorno al 361-362 e i compiti che ne conseguirono.
ereditano dal padre o li conseguono da soli per le loro qualità e azioni; a noi però Gregorio, angustiato dal timore di non essere all'altezza, inizialmente si
importava solo una realtà e un nome: essere ed essere chiamati cristiani» (Elogio, sottrasse, poi si pose in aiuto del suo anziano papà, vescovo di Nazianzo;
20-22). Basilio, dopo difficoltà con il vescovo di Cesarea che lo indussero a una
Come ha acutamente osservato L. Lugaresi 5 , qui l'amicizia divenne parentesi monastica, fu sempre più coinvolto nella elaborazione della dot-
spazio di formazione, poiché il suo contenuto fondamentale era la ricerca trina trinitaria in risposta al problema sollevato da Ario e che chiedeva ora
e lo scambio attorno a ciò che può dare forma autentica, bella e fondata, la elaborazione della retta interpretazione del concilio di Nicea. La vita
alla vita. Dalla comune passione per "Dio e le realtà migliori" venne la monastica fu certamente per Basilio e Gregorio anche occasione per me-
franchezza comunicativa, la libertà di mettere in gioco uno con l'altro an- ditare sul nesso delicato tra amicizia e fraternità in nome del Signore.
che le pieghe del cuore. E questo produsse un rafforzamento della simpa- L'ampia regola VII, dedicata alla vita comune suggerisce sapientemente co-
tia e della condivisione del modo di vivere. Il loro legame fu del tutto li- me il discepolato del Signore - la ricerca della pratica della sua parola -
bero dalla gelosia che segnava in profondità l'ambiente ateniese ove possa avvalorare i doni di ciascuno, favorire lo scambio e, al tempo stesso,
ciascuno metteva le premesse per la propria carriera (Elogio 20). Ciascuno sollecitare a riconoscere nel vangelo il luogo dell'incontro e della liberazio-
cercava che fosse piuttosto l'altro ad emergere, a ottenere apprezzamento. ne dell'umanità di ciascuno dai residui di egoismo che compromettono al
In questo contesto, ancora privo di responsabilità dirette, le differenze di tempo stesso le relazioni amicali e la fraternità. Viene il momento in cui
Basilio e Gregorio sembravano comporsi spontaneamente: Il "saggio e l'amicizia ha bisogno dell'agape, per vivere come una delle sue possibilità
grande Basilio" (Elogio 16) teneva l'iniziativa, Gregorio accompagnava e al suo servizio.
non certo passivamente, portato come era alla considerazione della plura- Frutto della loro comune ricerca di vita monastica, che li vide insieme a
lità degli aspetti di ogni tema e ai passi possibili. L'impegno di rinvigorire tratti tra il 360 e 365, fu una fortunata antologia - la Filocalia - composta
la fede, in vista del battesimo, l'approfondimento culturale, il gusto della di estratti dalle opere di Origene, dedicati all'ermeneutica biblica, a temi
vicendevole compagnia costituivano aspetti del tutto armonici della loro particolarmente sensibili nel confronto tra cristianesimo e cultura, al rap-
vita (Elogio 21). porto tra libero arbitrio e volontà di Dio. Essa attesta come i due amici
fossero seriamente interessati e impegnati nell'approfondimento della fede
attraverso il ricorso alla riflessione che li aveva preceduti 6 •
2. La crisi: amicizia e obbedienza allo Spirito Il momento di maggiore tensione tra i due amici intervenne attorno al
374 quando Basilio, da quattro anni vescovo di Cesarea, nell'intento di as-
Il ritorno in Cappadocia dei due amici, il loro battesimo, tra il 255-

6 Dell'importanza attribuita a questo lavoro fa fede il fatto che Gregorio di Nazianzo


L. Lugaresi, Studenti cristiani e scuola pagana, in CrSt 25(2004), pp. 779, 832, part. l'abbia inviata al suo metropolita, Teodoro di Tiana, in memoria dell'amico Basilio da
poco defunto.
813-829.
27 Communio 23 7
26
sicurarsi una maggioranza di vescovi ortodossi nella provincia di cui era «Guardo con mitezza questa mano che mi ha tiranneggiato, sorrido allo Spirito. Il
mio cuore si calma [. .. ] torna l'amicizia, come una fiamma, spenta e quasi comple-
metropolita (e di proteggere la sua autorità su zone a giurisdizione contro-
tamente consumata, torna a vivere e divampa a partire da una piccola scintilla» (Or
versa), d'accordo con il vescovo di Nazianzo, padre di Gregorio, forzò l'a- 10,2).
mico ad accettare di essere vescovo di Sasima, poco più che un villaggio di
confine, che non chiedeva particolari competenze culturali, ma era in com- Difficile non essere conquistati dal "sorriso allo Spirito" che dice l' ap-
penso zeppo di grattacapi amministrativi per i quali Gregorio non aveva prodo di Gregorio dopo il difficile discernimento, che forse non ha trova-
attitudine. Ancora a quasi dieci anni di distanza (Autob. 409), Gregorio to i due amici del tutto d'accordo tra di loro, ma in accordo nella urgenza
descrive pittorescamente il comportamento di Basilio come quello di un di obbedire allo Spirito. Si tratta di una obbedienza che può lasciare uno
leone che tratta l'amico come uno scimmione, ai limiti dell'imposizione spazio di dubbio e tensione circa una determinazione concreta che chi è in
autorità, nel caso Basilio nella sua veste di metropolita, ritiene di dover
autoritaria rispetto alla mite arrendevolezza dell'amico. Semplicemente co-
me un "utensile", di un semplice supporto, Basilio si era servito del più prendere. La tensione tra i due amici dovette essere particolarmente sof-
ferta, se ancora nell'elogio funebre Gregorio sente il bisogno di attestare
caro dei suoi amici (Lettera 48).
la sua distanza da quella scelta di Basilio con un'espressione piuttosto
Nei Dz5corsi 9,10 e 11 Gregorio ci ha lasciato una documentazione me-
energica: «in questo non posso lodarlo» (Elogio 59). L'impressione di aver
ditata di quel momento di fatica e della elaborazione spirituale che essa
patito una forzatura che l'amicizia gli avrebbe dovuto risparmiare gli rima-
provocò:
se; Gregorio non ha mai taciuto la ferita, fino a farne una sorta di lamento
«Tu non ammettesti che fosse assegnato allo Spirito il secondo posto dopo l'ami- ricorrente, quasi estrema difesa da parte dell'amico non del tutto ascoltato
cizia: infatti noi ti siamo forse più cari degli altri, ma lo Spirito ti è molto più caro di
noi. Non ammettesti che il talento venisse nascosto e ricoperto di terra (Mt 25,18).
nella sua debolezza.
Non ammettesti che la lampada rimanesse più a lungo nascosta sotto il moggio (Mt E tuttavia quando sul finire del 378 si fece pressante 1' appello a recarsi a
5,15par), poiché è così che tu consideri la mia luce e la mia attività. Cercasti di por- Costantinopoli per prendere le difese della fede ortodossa, fino a diventar-
re accanto a te che sei Paolo, anche Barnaba (Gal 2,1). Cercasti di unire a Silvano ne poi vescovo, sarà ancora al consiglio di Basilio che Gregorio si piega
(At 15,40) ed a Timoteo (At 16,1) .anche Tito (Gal 2,1), «affinché la grazia corresse (Elogio 2). Ed è mentre è in cammino verso Costantinopoli che lo raggiun-
per merito di coloro che ti mostrano una sincera sollecitudine e tu portassi com-
ge la notizia della morte dell'amico. Sorprendentemente, proprio mentre la
piutamente il Vangelo da Gerusalemme all'illirico andando tutto intorno» (Rm
15,19). Per questo motivo tu conduci in presenza di tutti e prendi per mano e corsa di Basilio si concludeva, certo anche per il modo straordinariamente
fai sedere al tuo fianco un uomo che cerca di sottrarsi, questa è la tua ingiustizia, dispendioso dell'esercizio del suo ministero, Gregorio si avviava a diventar-
tu mi potresti dire, per farmi partecipe delle tue preoccupazioni e delle tue coro- ne anche gerarchicamente superiore, lui che ne aveva patito l'autorevolezza
ne» (Or 10,3). e 1' autorità. I due amici avevano modalità diverse, o forse tempi diversi, di
Gregorio sembra qui riprodurre al vivo gli estremi della sua discussio- comporre le proprie propensioni con i compiti del ministero e di valutare
ne con Basilio che gli chiedeva di diventare vescovo di Sasima. Alle sue ciò che le condizioni di vita della chiesa esigevano. Basilio metteva in primo
obiezioni che in nome dell'amicizia reclamavano rispetto per i suoi timori piano le responsabilità della fede e della guida delle chiese, anche resisten-
di non essere adatto, alla denuncia delle pressioni non appropriate ad do alle ingerenze del potere imperiale. Gregorio lo aveva ben ammirato in
una relazione amicale come la loro, in aggiunta a quelle di suo padre, ve- questo (Elogio 43-58), ma si chiedeva come alla sua persona, al suo impasto
scovo di N azianzo, in nome della età avanzata, - «l'amicizia mi ha sotto- umano, fosse possibile assolvere i compiti che gli venivano messi davanti.
messo e la canizie di mio padre mi ha ridotto in suo potere» (Or 10,2) -, Forse non si coglie nel segno se si ipotizza che l'uno accordasse il primato
Basilio aveva replicato con franchezza invocando l'obbedienza allo Spiri- alla fede e al ministero, l'altro alle istanze della propria umanità. Per tutti e
to che diveniva l'urgenza di spendere il talento, di organizzare le risorse due il primato è del Vangelo, che chiede di essere servito con la propria
per il servizio del vangelo, sullo stile di Paolo. La ricchezza dei rimandi umanità e nelle circostanze che la comunità cristiana sta attraversando.
neotestamentari lascia intravedere come la discussione tra amici si intrec- Ma modalità e tempi per farlo erano differenti. Basilio sembra rendersene
ciasse spontaneamente con la meditazione delle Scritture che era loro ben conto in una lettera indirizzata all'amico, ove protesta che non è l'ami-
abituale, e come, attraverso di essa, i due abbiano ritrovato convergenza cizia a venire meno, ma piuttosto è il tempo a farsi tiranno e a non permet-
nella pratica del discernimento, nella comune obbedienza allo Spirito. tere di elaborare insieme adeguatamente il cammino:
Facendo il bilancio della meditazione che ne era seguita Gregorio con- «Abbiamo deciso di rendere il nostro amore per te più forte di ogni rammarico
clude: [. ·.] e preghiamo il Dio santo che durante i giorni e le ore che ci restano, conser-

28 29 Communio 237
viamo verso di te i medesimi sentimenti che in passato [ ... ]. Se noi potessimo pas- «Ormai separato da quell'uomo, tengo dietro all'educazione eia lui segnata: lui an-
sare insieme la maggior parte dell'anno, non daremmo alcuna possibilità a chi ci cora mi dà istruzioni e moniti in visioni notturne, se mi sono allontanato dal dove-
calunnia [ ... ]. Accetta tuttavia di essere richiesto di prendere parte alle mie fatiche» re» (Elogio 80).
(Lettera 71). «Possa tu vegliare dall'alto su di noi [ ... ] e la tribolazione della carne, destinataci eia
Dio per essere di insegnamento, possa tu arrestarla con la tua intercessione, o con-
C'è chi ritiene di poter mettere i due amici vescovi in contrasto tra di vincerci a sopportarla con coraggio; guida tutta la nostra vita, perché possiamo ot-
loro sulla dottrina circa lo Spirito Santo, stralciando frasi dai loro contesti. tenerne il maggiore profitto» (Elogio 82).
Nella lettera appena citata Basilio riconosce a Gregorio il merito d'essere
Gregorio, provato dalla vita, dalla complessità della situazione ecclesia-
in materia guida dell'ortodossia. Il sorriso allo Spirito matura anche tra fa-
le patita nel concilio di Costantinopoli, deciso a servire la pace delle chiese
tiche e l'amicizia rimane tra i due spazio di conversione che li rinvia oltre
fino a dimettersi dalla prima cattedra episcopale in Oriente, prende qui
se stessi. per l'ultima volta la parola anche sulla sua amicizia con Basilio. Ora è in
grado di comprenderne meglio le pressioni usate nell'esercizio della sua
autorità, con le urgenze e i rischi connessi. Il servizio dello Spirito non è
3. La rilettura: un'amicizia iniziata nel mondo sempre agevole, esso ha a che fare con le "tribolazioni della carne'', con
e progredita nello Spirito (Disc. 10,2) le nostre fragilità e la fatica di valutare i cammini possibili. La vita dell' a-
mico rimane una "lezione" di vita. E però, in obbedienza allo stesso Spi-
Forse questa espressione rende bene la rilettura che Gregorio si era rito, Gregorio può ascoltare l'appello alla vita contemplativa che aveva
trovato a fare più volte della amicizia con il "suo grande Basilio". Essa dice sempre avvertito e dedicarvi gli ultimi anni della sua vita, nella persuasione
che l'impasto dell'amicizia era quello della loro umanità e cultura, di ciò che pure questo è servizio ecclesiale, che Basilio avrebbe capito e rispetta-
che avevano ereditato e di cui si erano progressivamente appropriati e resi to.
consapevoli, il "loro mondo". Però si trattava ormai del loro mondo visi- Il ricordo dell'amico rimane illuminante e prezioso conforto: l'amicizia
tato dalla fede, dal soffio dello Spirito, che ritesse la stoffa dell'umano e porta con sé una norma che rassicura, quella della fedeltà, della reciproca
del patrimonio culturale, liberandolo dalle sue strettoie e donandogli il re- accoglienza, dello scambio. Il Vangelo la nutre e la sollecita ad una aper-
spiro del Vangelo, il che significa anche la premura per l'umanità di tutti, tura che impedisce agli amici di divenire un piccolo mondo senza il mondo
appunto la dimensione ministeriale. La loro amicizia era stata esperienza e senza il respiro dello Spirito. Essa assume così i tratti del servizio condi-
di singolare sintonia , che però si reggeva sul fatto d'essere generata e di viso, senza che esso faccia copia l'uno dell'altro. Fede e amicizia così cam-
crescere sullo stesso ceppo (symphuia), insieme la cultura e la fede (Elogio minano insieme; senza alcuna fusione, esse rimangono insieme, come gli
19). Nel vincolo a questo ceppo essa aveva avuto la sua forza e la sua sfida. amici.
Gregorio non fu presente alle esequie di Basilio, morto il 1 gennaio del
379. La notizia lo raggiunse sulla strada verso Costantinopoli. Soltanto tre Nota biografica
anni dopo, il 2 gennaio del 382 si recò a Cesarea per tenerne la comme- Giuseppe Laiti, presbitero della diocesi cli Verona, insegna patrologia e teologia
patristica nello Studio Teologico San Zeno e nell'Istituto Superiore di Scienze religiose
morazione, «non prima che voce e pensiero abbiano avuto modo di puri-
S. Pietro martire (VR). Si occupa in particolare di ecclesiologia e catechesi patristica.
ficarsi» (Elogio 2). Consegnando alle generazioni future l'elogio di Basilio
«legge vivente per tutte le chiese e le anime» (Elogio 80), Gregorio prende
anche l'occasione per rileggere la sua amicizia con lui. Riconosce cordial-
mente il suo debito verso l'amico: «In vita quell'uomo ha giovato alla mia
virtù, in morte alla mia buona fama» (Elogio 22); con dolcezza ricorda
d'essersi più volte fatto bello di ciò che gli veniva da lui (Elogio 77). Po-
tersi proporre come il suo amico più caro era stato un buon biglietto da
visita! Si era certo trattato anche di un'amicizia straordinariamente impe-
gnativa, poiché:
«Basilio subordinava tutto allo Spirito e pur essendo solito rispettare l'amicizia, vi
passò sopra soltanto là dove bisognava onorare Dio prima cli tutto e dove le cose
sperate dovevano valere di più delle cose caduche» (Elogio 59).

30 31 Communio 23 7
«Ecce ego et tu, et spero quod umane e divine» 1• In quest'accordo, scrive Aelredo, un amico accoglie un
altro, lo gode, l'abbraccia e diventa «custode dell'amore vicendevole» e
tertius inter nos Christus sit» dello stesso animo» dell'altro 2 • Dialogando con il suo confratello Giovan-
ni, Aelredo fa una distinzione fra amicizia e amore. L'amore concerne tutti
Aelredo di Rievaulx sull'amicizia gli uomini, l'amicizia, invece, solo coloro ai quali si può confidare il pro-
prio cuore e i suoi segreti, con i quali siamo legati dalla legge della fiducia
di e della sicurezza: «Noi però chiamiamo amici solo quelli cui non temiamo
Ivica Raguz di affidare il nostro cuore con tutto quello che ha dentro, e così fanno an-
che loro, stringendosi a noi in un legame che ha la sua legge e la sua sicu-
rezza nella fiducia reciproca» 3• Però questa distinzione è per il nostro
autore conseguenza del peccato originale, perché prima del peccato non
esisteva questa distinzione fra amicizia e amore.
La vera amicizia va meditata nel contesto delle altre amicizie. Aelredo
distingue tre generi d'amicizia: carnale, mondana e spirituale. La vera ami-
cizia è solo quella spirituale, perché la prima consiste nel vizio e la seconda
si basa sul profitto. L'amicizia carnale conosce soltanto il godimento car-
nale ed esclude la ragione: non conosce i limiti, non pensa alle perdite e ai
guadagni, si orienta verso tutte le cose in modo sconsiderato, indiscreto e
Molti grandi spiriti hanno scritto bellissime pagine sull'amicizia. Basta smoderato. Essa è irragionevole in quanto in essa prevalgono solo le emo-
ricordare Aristotele, Cicerone, Tommaso, Montaigne, Derrida etc. Oggi la zioni: «L'amicizia carnale nasce dal solo sentimento, cioè da quel tipo di
teologia e la filosofia riflettono e si occupano principalmente di questi stu- emotività che, come una prostituta, allarga le gambe davanti a tutti quelli
di, dimenticando forse uno dei migliori trattati medievali sull'amicizia del che le passano accanto, seguendo il vagare di occhi e orecchi verso l'impu-
monaco cistercense Aelredo di Rievaulx «De spirituali amicitia». La sua rità» 4 • Così l'amicizia carnale, che Aelredo più avanti chiamerà anche pue-
meditazione non è di grande importanza solo per la teologia e la filosofia, rile, si stringe con facilità e con la stessa facilità si dissolve: «Questa non è
ma anche per la spiritualità, per vivere meglio i rapporti umani, per il ma- un'amicizia, ma piuttosto il veleno dell'amicizia, dato che in essa non si
trimonio. Inoltre De spirituali amicitia di Aelredo è attuale per altre tre ra- può mai conservare la giusta misura di quell'amore che lega un animo al-
gioni: in primo luogo rappresenta la sintesi delle riflessioni dei grandi filo- !' altro, infatti, quella onestà di fondo che anch'essa possiede è offuscata e
sofi greci e romani; in secondo luogo mostra la novità della comprensione corrotta dalla passionalità; cosi, abbandonato lo spirito, si è trascinati ver-
cristiana; in terzo luogo essa è pratica, in quanto presenta consigli pratici so desideri impuri» 5 • L'amicizia mondana, d'altro canto, è interessata. Si
come stringere e vivere l'amicizia. Forse quest'ultima dimensione è mag- diventa amici solo per interesse o profitto mondano. Anche quest'amicizia
giormente trascurata nelle riflessioni teologiche e filosofiche. non può durare, perché gli interessi e i profitti vengono e passano. Essa è
In questa breve analisi non possiamo esporre tutti gli aspetti della così incerta, instabile, perché per essa vale la seguente massima: «Se togli
meditazione di Aelredo. Faremo una sintesi delle idee che ci sembrano la speranza di guadagnare, subito sparirà anche I' amico» 6 .
importanti per la comprensione cristiana dell'amicizia al giorno d'oggi. L'amicizia vera presuppone la somiglianza di vita, di abitudini e di
Speriamo che la nostra esposizione possa invitare il lettore a leggere il aspirazioni e può nascere solo tra i buoni. La causa dell'amicizia non viene
trattato di Aelredo, ad "assaggiare" le sue idee per vivere meglio l'ami-
cizia.
Aelredo di Riveaulx, De spirituali amicitia (trad. italiana di P. Antonio Atzeni), I,
11.
1. Vera amicizia - «humani pectoris sensus» I, 20.
3 · I, 31.
I, 39.
Aelredo inizia la sua meditazione con la definizione di Cicerone sull' a- II, 57, anche I, 41.
micizia: «L'amicizia è l'accordo, pieno di benevolenza e carità, sulle cose 6 I, 42.

32 3.3 Communio 237


più dall'esterno ma dall'interno. Aelredo chiama questa causa interna il un amico l'uomo è simile agli animali, è solo e non può godere nella sua
sentimento umano, il «sentimento del cuore umano». («humani pectoris felicità. L'amico ci dona la felicità propriamente umana che consiste in un
sensus») 7 Questo vuole dire che solo l'amicizia spirituale è proprio «uma- mutuo donarsi e fidarsi senza alcuna vergogna e senza riserve 10 • L'amici-
na», cioè in essa si diventa umani, perché l'altro amico viene voluto per se zia poi raddoppia la nostra gioia, i nostri successi e i nostri insuccessi ven-
stesso, non per un altro motivo esterno. Questo non avviene nell'amicizia gono sopportati più facilmente.
carnale, dove si diventa amico a causa di sentimenti egoistici, e neanche nel- Dopo aver menzionato i vantaggi dell'amicizia Aelredo sottolinea che
1' amicizia mondana, guidata dalla ragione e dal profitto. Invece la causa e il questi vantaggi possono essere realizzati solo con Gesù Cristo. Con questa
frutto dell'amicizia spirituale può essere solo l'amicizia stessa, in quanto l' a- tesi il monaco cistercense mette in rilievo la novità e specificità dell'amici-
micizia spirituale non deve essere lo strumento per un altro fine. Potremmo zia cristiana. Essa deve sempre iniziare da Cristo, progredire verso Cristo
dire che la prima amicizia carnale è irragionevole e troppo emotiva a causa ed essere compiuta in Cristo 11 • Questo presuppone che l'amicizia può ri-
della libidine carnale; la seconda, mondana, è razionale, ma razionalistica, manere vera solo se gli amici superano se stessi nell'amicizia con Cristo,
perché conosce soltanto gli interessi. Solo l'amicizia spirituale è umana e ci oppure solo se l'amicizia non perde la sua dimensione "ex-statica". Que-
fa umani, perché nasce dal «pectoris humani sensus», dal «senso del cuore sto superamento "exstatico" significa che gli amici devono vivere l'amici-
umano». Quel «humani pectoris sensus» è la capacità dell'uomo di vivere le zia fuori da se stessi, al di là dal loro cerchio amicale, "ex-statici" verso il
relazioni con l'altro al di là delle emozioni egoistiche e della ragione interes- Cristo. L'amicizia dunque non comincia da se stessa, da un amico verso un
sata. «Humani pectoris sensus» unisce corpo e spirito, emozioni e ragione: altro amico e viceversa. La vera amicizia comincia da qualcosa che è fuori
«L'amicizia spirituale deve avere come base iniziale la purezza dell'inten- dal cerchio amicale, che è la bontà. Per i cristiani, però, l'amicizia non co-
zione, la guida della ragione e il freno della temperanza. La gioia profonda mincia solo dalla bontà come tale, perché la bontà è astratta, e con essa
che si aggiungerà ad esse sarà certamente sperimentata come dolcezza, sen- l'uomo non può stringere amicizia. Solo con una bontà personale, cioè
za per questo cessare di essere un affetto ordinato» 8 . Dunque, con l'amici- con la bontà incarnata che è Gesù Cristo, questa dimensione exstatica del-
zia spirituale diventiamo sempre più umani. 1' amicizia può essere realizzata e concretizzata. Più gli amici diventano
amici con Gesù, più loro sono exstatici e fuori se stessi con Gesù, più di-
ventano amici tra di loro: «L'amico, dunque, che nello spirito di Cristo en-
2. Vera amicizit1: "santissimo affetto" di Cristo tra in sintonia con un altro amico, diventa con lui un cuor solo e un'anima
sola, e così, salendo insieme i diversi gradini dell'amore fino all'amicizia di
La seconda parte del libro considera lo scopo e i vantaggi dell'amici- Cristo, diventa un solo spirito con lui in un unico bacio» 12 •
zia. Si tratta del dialogo di Aelredo con due confratelli, Walter e Grazia- Aelredo in questa frase introduce il bacio come immagine dell'amicizia.
Ci sono tre generi di bacio: corporale, spirituale ed intellettuale. Per Ael-
no, dopo il decesso del loro confratello Giovanni. Aelredo scrive una bel-
redo il bacio che esiste fra amici è prima di tutto il bacio spirituale. Il bacio
lissima frase che descrive la sua amicizia con Giovanni prima e anche
spirituale significa l'unità delle anime, intimità, un modo di «fondere delle
dopo la sua morte: «Il ricordo del carissimo Giovanni, anzi, l'abbraccio
anime». Questo bacio spirituale è il bacio di Cristo, perché Cristo «ispira
costante del suo affetto mi è sempre così presente che, anche se ora ci
in quelli che si amano quello santissimo affetto che li fa sentire uniti al
è stato tolto, nel mio cuore è più vivo che mai. Lui è sempre con me.
punto da sembrar loro che in corpi diversi abiti una sola anima» 13 • La pa-
Più mi vedo splendere davanti l'intensità spirituale del suo volto; più
rola <<il santissimo affetto» è cruciale. La vera amicizia rimane tale solo se
mi sorride la dolcezza dei suoi occhi; più le sue parole piene di gioia
custodisce, si orienta e si fa ispirare da questa tensione verso «il santissimo
mi danno un tale gusto che mi sembra di essere stato con lui in paradiso,
affetto» che dona solo Cristo. Qui incontriamo l'idea che la vera amicizia
o che lui stia ancora conversando con me su questa terra» 9 • Walter si do-
deve essere exstatica, cioè cristologica. Dove non esiste questo slancio,
manda quali siano i vantaggi dell'amicizia. Aelredo menziona i seguenti
vantaggi: supera i vizi, pacifica le inimicizie, modera i successi. Senza
10 II, 11.
11 II, 20.
I, 45. 12 II, 21.
II, 57. 13 II, 26. Abbiamo modificato la traduzione, perché in latino sta «sacratissimus
II, 5. affectus», non «infinitus affectus.»

34 35 Communio 23 7
questa tendenza verso <<il santissimo affetto» di Gesù, l'amicizia perde la vacillano facilmente e dipendono sempre dall'opinione degli altri. Così se
sua intensità e la sua forza, l'unità e intimità fra gli amici pian piano spari- qualcuno parla male del loro amico, essi si lasciano confondere. Secondo
sce. Però il bacio spirituale non rappresenta il bacio perfetto che è intel- Aelredo, gli instabili possono essere corretti se diventano seri, cioè noi di-
lettuale. Il bacio intellettuale è un bacio escatologico, quando gli amici ba- remmo, se si consacrano alla verità invece che alle opinioni degli altri. I
ceranno Cristo e saranno amici di Cristo direttamente 14 . Questa sospettosi sono gelosi: «Se lo vede trattare qualcuno con benevolenza e af-
dimensione escatologica dell'amicizia rafforza maggiormente l'amicizia fabilità, si lamenterà dicendo che lui è meno amato di quello. Se viene cor-
umana. retto dirà che l'amico lo odia. Se invece viene lodato dirà che l'altro lo
prende in giro» 17 • La gelosia può essere guarita solo nella contemplazione
dell'amore. Alla fine i chiacchieroni sono difficili per l'amicizia, perché
3. Scelta del!' amico non sono «seriosi», dice Aelredo. Si potrebbe dire che gli manca la serietà,
perché con la loro loquacità si pongono al centro dell'attenzione.
La terza parte del trattato è forse la più interessante e la più at,tuale. Si
tratta di un tema, di cui oggi non si parla negli studi sull'amicizia. E il tema
dell'elezione: come scegliere un amico. Questo suona per noi troppo razio- 4. Prova dell'amico
nalistico. Però noi abbiamo già visto che per Aelredo l'amicizia non ha
niente a che fare con il razionalismo. La questione dell'elezione intende Dopo la scelta viene la prova. L'amico deve essere messo alla prova per
porre basi stabili per l'amicizia vera. Per il nostro autore ci sono quattro vedere se è degno dell'amicizia. La prova concerne: la fedeltà, l'intenzio-
gradini nel processo in cui nasce l'amicizia: scelta, prova, accoglimento e ne, la discrezione, la pazienza 18 • La fedeltà significa che un amico deve
accordo perfetto i.5 • Cominciamo con la scelta. cercare l'amicizia con l'altro solo a causa di lui stesso, della sua virtù, cioè
Nella scelta degli amici, Aelredo afferma che dobbiamo essere consa- della sua bontà. Solo con questa persona si può vivere la fedeltà. Le altre
pevoli che ci sono temperamenti completamente contrari oppure molto qualità dell'amico non sono importanti, come scrive Aelredo: «Va ad ab-
difficili per una amicizia vera. I temperamenti sono i seguenti: irascibili, bracciare la virtù là dove la trova, tutto il resto rimane all'esterno, se ci so-
instabili, sospettosi, chiacchieroni. no altre cose non vi dà molto peso, se non ci sono non si affanna ad esi-
Le persone irascibili si arrabbiano facilmente, non sanno di che cosa gerle» 19 • L'intenzione riguarda la cosa che l'amico cerca nell'altro, per
parlano e offendono facilmente gli amici. Con queste persone dobbiamo esempio, se cerca la ricchezza. Il nostro autore pensa che per l'amicizia
essere pazienti, perché l'amicizia è possibile con esse: la persona irascibile sia meglio essere poveri, perché un amico cercherà facilmente l'altro
può essere guarita se impara la pazienza. Per quanto riguarda l'irascibilità, non per la sua ricchezza, ma per lui stesso. Inoltre, l'uomo spesso non è
Aelredo menziona le altre qualità che sono totalmente contrarie all'amici- sincero con i ricchi, si presenta all'altro come non è in realtà: «Ai ricchi
zia e la distruggono: l'ingiuria, in cui si offende l'amico in pubblico; il lo- si dona per cortigianeria; verso i poveri nessuno agisce per finzione» 20 •
dare se stessi e denigrare gli altri; gli invidiosi che non vogliono ammettere La discrezione è la misura di tutto nell'amicizia: nel fare o non fare, nel
i propri errori, sono sfrontati nell'offendere e presuntuosi nel correggere; sopportare, nel ringraziare e nel correggere. La discrezione include anche
lo svelamento dei segreti dell'amico. Per il nostro autore questa qualità è la l'idea che non dobbiamo domandare al nostro amico quello che noi stessi
più detestabile: «Perché toglie dagli amici ogni amore, ogni grazia, ogni non possiamo essere o dare. Alla fine la pazienza, che sottintende la capa-
dolcezza, riempie tutto di amarezza, contamina ogni cosa con il fiele del- cità di ricevere le critiche dell'amico senza arrabbiarsi.
1' odio e del risentimento .... E poi, svelare i segreti di un amico equivale a Inoltre, la prova implica la somiglianza dei caratteri degli amici. I carat-
portare alla disperazione un'anima infelice» 16 ; il tradimento come denigra- teri non devono essere troppo diversi. La somiglianza dei caratteri significa
zione dell'amico fatta di nascosto. anche avere gli stessi interessi. Se gli amici non hanno gli stessi interessi, se
Gli instabili non danno nessuna sicurezza. Non sono sicuri di se stessi,

17 III, 29.
14 Il, 26. 18 III, 61.
15 II, 8. 19 III, 62.
16 III, 24. 20 III, 70-71.

36 37 Communio 237
non sono <<sensibili alle stesse cose» e non sono «d'accordo su cose identi- gli ferisce l'animo, tu correggilo lo stesso. È meglio sopportare le ferite in-
21
che» l'amicizia non è stabile, e prima di tutto non e' è fiducia . Perché? Se flitte dagli amici, che i baci degli adulatori. Correggi, dunque, l'amico che
uno non condivide gli interessi dell'amico, l'amico non desidera confidarsi va fuori strada» 25 . La correctio fraterna degli amici è sempre espressione
con lui, non si fida di lui, in quanto sa che l'altro non capisce oppure non dell'amore, dell'umiltà e della compassione, perché un vero amico quando
vuole capire le cose che sono per lui importanti. Senza questo non può ~s­ corregge il suo amico lo fa come se correggesse se stesso: «L'amico deve
serci una comunicazione perfetta, che è il presupposto per una perfetta m- infatti entrare in simpatia con il proprio amico, essere condiscendente,
timità e unità della vera amicizia. Per Aelredo la somiglianza è molto im- sentire come suo il difetto dell'altro, correggere in modo discreto, facendo
portante nell'amicizia, perché l'amicizia è «il perfetto dono della natura e propri i sentimenti dell'altro. Lo deve correggere con la tristezza del volto,
grazia» 22. Questo vuol dire che l'amicizia non si dev~ ridurre né a~a .natu- con parole che sanno di afflizione, anche con il pianto che interrompe le
ra né alla grazia. Essa presuppone i caratteri naturali, la loro som:gha?za, parole» 26 •
ma senza la grazia, la bontà degli amici e il loro amore verso Gesu Cr~sto, Si può accennare qui ancora a una dimensione dell'amicizia che sta a
essa non può esistere. In questo senso si può dire che nella «c~mprensione cuore a Aelredo. La prova che l'amicizia non si basa sugli interessi è
dell'amicizia» di Aelredo si può riconoscere un trattato teologico sulla gra- che gli amici non stringono amicizia per ricevere qualche onore o incarico
zia realizzato nel concreto. dal proprio amico. Gli amici non hanno bisogno di qualcos'altro, dell' ono-
Il momento della grazia nell'amicizia trova espressione nei seguenti re oppure di un incarico per essere amici. Sono amici perché si amano co-
consigli che Aelredo dà: quando un amico è in necessità, il suo amico. lo me sono: «Diamo all'amico tutto quanto è in nostro potere in amore, gra-
aiuterà prima che lui stesso domandi l'aiuto. In questo modo u~ arnie? zia, dolcezza, carità; diamo invece gli onori futili e gli oneri a quelli che ci
in necessità non sarà umiliato e l'altro sarà lieto di aver potuto aiutare il vengono suggeriti dalla ragione, sapendo che uno non amerà mai veramen-
suo amico. Capiterà un meraviglioso scambio tra il donatore e colui che te un amico se non gli basta l'amico così com'è, e vuole in più da lui queste
riceve il dono, dove il donatore dona e, a sua volta, riceve un dono, poiché cose vili e spregevoli» 27 • Infatti, un vero amico non vuole che il suo amico
colui che riceve diventa, a sua volta, donatore: «Non aspettare neanche sia onerato dagli onori e dagli incarichi, come Gesù ha fatto con il suo ·
che termini la sua richiesta, va' incontro a lui con benevolenza, così da amato discepolo Giovanni, quando «a Pietro affidò la sua Chiesa, a Gio-
sembrare che sia tu a dargli quanto ha bisogno senza che neppure te lo vanni affidò la sua carissima madre» 28 •
chieda. Così anche noi dobbiamo indovinare con delicatezza le necessità
degli amici, anticipare con il nostro dono una richiesta, e usare in questo
uno stile che dia a chi riceve l'impressione che sia lui a fare un favore, non
5. Scioglimento dell'amicizia
colui che offre il dono» 23. Il donarsi mutuo degli amici testimonia che esi-
ste fra gli amici una "povertà santa", dove non si vive per se stessi ma ~er
L'amicizia umana è manchevole e fragile. Aelredo è consapevole che le
gli altri: «L'amicizia spirituale riceve certo un fondamento n:olto, s~li?~
dalla scelta della povertà, che è santa proprio perché è volontaria. L avidita amicizie umane possono e devono avere una fine, si devono sciogliere. Poi-
rovina mortalmente l'amicizia, ed è certamente più facile conservare un' a- ché ognuno di noi ha provato quest'esperienza penosa, merita quindi di
micizia già iniziata quanto più l'animo è immune da q~esta peste» • •
24 vedere quali consigli ci dà il teologo cistercense. Il consiglio più importan-
La grazia dell'amicizia si vede anche nella «correctlo fraterna» fra .gli te è che le amicizie non si devono rompere frettolosamente, perché in que-
amici, perché l'amicizia vera si fonda sulla verità e sulla bontà. Se un ai:iico sta maniera nascono le grandi inimicizie e i litigi fra quelli che una volta ·
si trova nella menzogna, se è colpevole, il suo amico lo deve ammomre e erano amici. È meglio sciogliere l'amicizia poco a poco, ma anche dopo
correggere. Come dice sant'Ambrogio: «Le correzioni, infatti, sono b~one: lo scioglimento non smettere di amare il proprio amico: «Se tuttavia ti ca-
e spesso sono meglio di un'amicizia troppo silenziosa. Anche se l' ami~o si pita di soffrire tutte queste cose da parte di colui che avevi accolto nella
sente offeso, tu correggilo lo stesso. Anche se l'amarezza della correzione tua amicizia, non devi rompere subito il rapporto, ma scioglierlo con gra-

25 III, 106.
21 III, 88. 26 III, 107.
22 III, 91. 27 III, 118.
23 III, 99-100. 28 III, 117.
24 III, 101.

38 39 Cornmunio 23 7
venendo da un amico, è tanto più efficace quanto più carica di affetto si
dualità, conservando pure un tale rispetto per l'antica amicizia che, anche eleva a Dio insieme alle lacrime, generate dal timore o dall'affetto o dal
se non gli confidi più i tuoi segreti, non gli togli però né 1' amore né l'aiuto, dolore. Così, un amico che prega Cristo per conto dell'amico, e desidera
e neppure gli neghi il consiglio. Se poi la sua follia dovesse spingerlo a pro- essere esaudito da Cristo per amore dell'amico, finisce per dirigere su Cri-
ferire bestemmie e oltraggi, tu rispetta il patto, rispetta la carità, così la col- sto il suo amore e il suo desiderio. Succede allora che rapidamente, in mo-
pa sarà tutta di chi lancia l'ingiuria, non di chi la subisce» 29 . Si deve subito do impercettibile, si passi da un affetto ali' altro e, con la sensazione di toc-
rompere un'amicizia se si tratta di un bene comune, bene della società o care da vicino la dolcezza di Cristo stesso, l'amico cominci a gustare e a
della Chiesa: «Se invece scopri che può essere pericoloso per i suoi fami- sperimentare quanto egli è dolce e amabile. In questo modo, da quell'amo-
liari, la collettività, i cittadini e gli amici, si deve rompere subito il vincolo re santo con cui si abbraccia il proprio amico, si sale a quello con cui ab-
di familiarità, perché non si deve anteporre l'amore per una persona al ri- bracciamo Cristo stesso: si afferra così, nella gioia, a piene mani, il frutto
schio di rovinarne tante altre» 30 . Aelredo ribadisce con questi pensieri la dell'amicizia spirituale, nell'attesa di una pienezza che si realizzerà nel fu-
dimensione universale e sociale della vera amicizia, la quale non ha niente turo quando, eliminato quel timore che ora ci tiene in ansia e ci fa preoc-
a che fare con un «egoismo a due». cupare l'uno per l'altro, vinte tutte quelle avversità che ora dobbiamo so-
stenere l'uno per l'altro, distrutto insieme alla morte il suo pungiglione
(cfr. lCor 15,54-55), che ora spesso ci sfianca e ci costringe a soffrire l'u-
Conclusione no per l'altro, raggiunta la sicurezza, godremo per 1' eternità del sommo be-
ne. Allora questa amicizia, alla quale ora ammettiamo solo pochi, sarà tra-
Le meditazioni del monaco cistercense non offrono tutte le risposte alla sfusa in tutti, da tutti rifluirà su Dio, e Dio sarà tutto in tutti
questione della vera amicizia. Forse a noi sembrano troppo rigide e razio- (lCor 15,28)» 33 •
nalistiche. Forse ci sono alcune esagerazioni razionalistiche, per esempio
quando Aelredo parla della scelta e della prova dell'amico. Però quest' e- Nota biografica
sagerazione ci pare un vantaggio proprio oggi quando l'amicizia è spesso Ivica Raguz, nato il 26 settembre 1973, è stato ordinato sacerdote nel 1998 nella
compresa e vissuta come troppo emotiva, impulsiva, e ancora peggio, in- arcidiocesi Dakovo-Osijek (Croazia). È Laureato in teologia fondamentale presso la
Pontificia Università Gregoriana. Insegna teologia dogmatica alla Facoltà Teologica di
teressata. Inoltre Aelredo ha mostrato che l'amicizia non solo non deve es-
Dakovo, Università "Josip Juraj Strossmayer" a Osijek. È redattore di Communio,
sere interessata, ma deve essere «ex-statica». In ogni amicizia deve esserci edizione croata. Ha pubblicato, tra l'altro:
il terzo, Gesù Cristo: «Eccoci qui, io e te, e spero ci sia un terzo in mezzo a .,Sinn fiir das Gott-Menschliche. Transzendental-theologisches Gespr&'ich zwischen
noi, il Cristo» 31 • Poiché è orientata fuori da se stessa, verso Gesù, la vera den Asthetiken von Immanuel Kant umi Hans Urs von Balthasar, Echter, \'\Ti.irzburg,
amicizia è sempre particolare e universale, individuale e sociale, «universa- 2003.
Teologia del silenzio e dell'ozio (croato: Stnja dokolica, KS, Zagreb, 2011.)
le concretum» 32 . Le meditazioni di Aelredo possono aiutare anche i gio- - Felici nella speranza. Meditazione teologiche sulla felicità (croato: Sretni u nadi.
vani non soltanto a stringere e vivere la vera amicizia, ma anche a trovare Teoloska razmatranja o sreéi, Hilp, Zagreb, 2013 ).
l'amico o 1' amica nel matrimonio.
Spero che questa piccola analisi della grande meditazione medievale
possa ispirare il lettore a cercare e trovare un amico o un'amica nell'ami-
cizia con Cristo. Se non lo trova, già in questa vita certamente può trovare
l'amico Gesù Cristo. Si concluda la nostra analisi con i bellissin1i pensieri
di Aelredo sulla preghiera che unisce gli amici, Gesù e tutti gli uomini:
«Oltre a questo poi c'è il pregare l'uno per l'altro, una preghiera che,

29 57.
III,
30 Ibid.
31 I, 1.
32 San Tommaso d'Aquino approfondirà questa dimensione universale dell'amicizia,
affermando che l'amore è l'amicizia, cioè universale e particolare. Cfr. Summa 33 III, 133.
theologzàe II-II, 23, 1.
41 Communio 23 7
40
minciano ad esistere; egli è la causa anche del loro perdurare nell'essere,
L'esperienza dell'amicizia ciascuna secondo il modo che le è proprio. «L'essere, poi, è ciò che nelle
cose vi è di più intimo e di più profondamente radicato [... ]. Necessaria-
in san Tommaso d'Aquino mente, dunque, Dio è in tutte le cose ed in maniera intima 4 • Nell'atto
creativo si realizza, dunque, tra Dio e l'uomo una comunicazione profon-
di da nell'essere che stabilisce quella «connaturalità o compiacenza dell'a-
Francesco Ventorino mante rispetto ali' amato» 5 , che è il fondamento di ogni vero amore o
amicizia.
C'è da notare, inoltre, che la creazione, categoria propria della tra-
dizione giudaico cristiana, riesce ben diversa dall'emanazione necessaria
teorizzata da alcuni filosofi, configurandosi come un atto gratuito e
perciò come un atto d'amore. San Tommaso intravede, dunque, nella
dinamica dell'atto creativo la stessa dinamica del formarsi di una ami-
cizia.
L'atto dell'amore tende sempre «verso il bene che si vuole a qualcuno e
verso colui al quale si vuole bene, perché amare uno vuol dire precisamen-
te volere a lui del bene» 6 . Se uno ama se stesso, dunque, «vuole a se stesso
del bene e questo bene cerca di unirlo a se medesimo per quanto può» 7 •
L'amicizia, insegnava san Tommaso d'Aquino, non è un amore qualsia-
Per tale motivo l'amore si chiama innanzitutto forza unitiva anche in Dio
«perché quel bene che [Dio] vuole a se stesso, non è altra dosa che se me~
si, ma solo quello che ha la natura della benevolenza. Si ha amicizia, cioè,
quando amiamo qualcuno così da «volerglibene». Spesso, invece, amiamo
desimo, buono per essenza» 8 • Quando poi uno ama un altro, vuol del be-
gli altri in modo da «volere per noi il loro stesso bene», come quando
ne a quest'altro. E lo tratta come se stesso, rivolgendo a lui il bene come a
amiamo il vino o cose del genere. In questo caso non si ha amore di ami-
se medesimo. «In questo senso l'amore si dice forza aggregativa; perché
cizia, ma di concupiscenza, «infatti è ridicolo dire che uno ha amicizia con il
uno aggrega un altro a se medesimo, e lo tratta come un altro se stesso.
vino o con il cavallo» 1 • Anzi bisogna dire che, perché ci sia amicizia, non In tal senso anche l'amore divino è una forza aggregativa senza che per
basta neanche la benevolenza, <<ma si richiede l'amore scambievole: poiché questo in Dio vi sia composizione [ma solo] perché rivolge ad altri i suoi
un amico è amico per l'amico. E tale mutua benevolenza è fondata su qual-
beni» 9 •
che comunanza» 2 •
Dio non ama, dunque, come amiamo noi. Il nostro amore non causa
Stabilita in questi termini la natura dell'amicizia, Tommaso si chiede se l'essere in coloro che amiamo, anzi in qualche modo si può dire che è il
è possibile a noi avere una qualche amicizia con Dio. La sua risposta è po- nostro amore ad essere causato dalla bontà del loro essere. L'amore di
sitiva, anche se essa è fondata su una «conversazione» che in questa vita è Dio, invece, crea la bontà nelle cose 10 • È per questo che Dio, creando il
imperfetta e che si «perfezionerà nella patria» 3 • loro essere secondo la natura umana, ama anche i peccatori per la bontà
Esiste già, infatti, tra Dio e noi uno scambio naturale in forza della sua ontologica alla quale li chiama a partecipare 11 • L'amore creativo di Dio
azione creativa. Nella creazione si compie quel primo e fondamentale atto
di benevolenza per il quale veniamo fatti partecipi a nostro modo di quel-
1' essere che a lui appartiene per essenza. Infatti egli, essendo l'Essere, è 4 Ibid., I, 8, 1, c.
5 Ibid., I-II, 27, c.
l'unica causa di tutte le cose, ma non appena nel momento in cui esse co- 6 Ibid., I, 20, 1, ad 3.
L.c.
L.c.
Tommaso d'Aquino, Summa Theologiae, II-II, 23, 1, c. 9 Ibid., I, 20, 1, ad 3.
L.c. 10 Cfr. Ibid., I, 20, 2, c.
Ibid., II-II, 23, 1, ad 1. ll Cfr. Ibid., I, 20, 2, ad 4.

42 43 Communio 237
risulta così essere un vero amore di benevolenza che pone nell'uomo, cietà dell'uomo con Dio, che è un commercio familiare con lui, viene iniziata nella
creato a sua immagine, la potenzialità dell'amicizia, cioè la capacità di vita presente mediante la grazia, e avrà compimento in futuro mediante la gloria; e
queste due cose noi ora le possediamo in forza della fede e della speranza. Perciò,
quella corrispondenza, di quello scambio di amore che lamicizia richie-
come non è possibile aver amicizia con qualcuno, se non si crede e non si spera di
de. poter avere con lui società o commercio familiare; così non si può avere amicizia
con Dio, ossia la carità, senza avere la fede per credere in codesta società e com-
L'uomo, infatti, è un essere capace di vera amicizia, cioè di quel dono
mercio dell'uomo con Dio e senza avere la speranza cli appartenere a codesta so-
gratuito di se stesso che è l'amore di benevolenza. Per l'intelligenza e la cietà. Ecco quindi che in nessun modo la carità può sussistere senza la fede e la
libertà ricevute può rapportarsi con il suo Creatore riconoscendo l'amore speranza 15 .
ricevuto e ricambiandolo con l'offerta della propria vita perché ne compia
il disegno e la volontà. Anzi la dinamica stessa della conoscenza e della sua È da notare che san Tommaso è stato il primo teologo che abbia con-
libertà lo orientano a Dio come oggetto di quel suo desiderio naturale che è cepito la carità come amicizia:
il motore di ogni altro desiderio: Essendoci una certa comunanza dell'uomo con Dio, in quanto questi ci rende par-
tecipi della sua beatitudine, è necessario che su questo scambio si fondi un'amici-
È naturale desiderio della creatura ragionevole di conoscere tutto ciò che ha zia. E di questa compartecipazione così parla san Paolo: «Fedele è Dio, per opera
pertinenza con la perfezione dell'intelletto; e perciò le specie e i generi delle
ciel quale siete stati chiamati alla comunione ciel Figlio suo» (I Cor, 1, 9). Ma l'a-
cose e le loro ragioni, cose tutte che in Dio vedrà chiunque vedrà la sua es-
more che si fonda su questa comunicazione è la carità. Dunque è evidente che la
senza divina [ ... ].
carità è un'amicizia dell'uomo con Dio 16 .
Se dunque solo vedesse Dio, che è la fonte e il principio di tutto l'essere e della
verità, si compirebbe talmente il suo naturale desiderio di conoscere, che nient'altro Abbiamo già detto che la carità, cioè quella familiarità con Dio, che ini-
cercherebbe e sarebbe beata. Pertanto dice Agostino, V Confess.: "Infelice l'uomo zia in questa vita e si compie nella vita eterna, non è possibile all'uomo se
che conosce tutte quelle cose [cioè le creature], e non conosce Te: beato invece non per la grazia della fede in Cristo, da cui scaturisce la speranza, cioè la
l'uomo che conosce Te, anche se non conosce quelle. Chi conosce Te e pure quel- certezza di poterla vivere eternamente. Questa grazia ha il suo inizio e la
le, non per quelle è più beato, ma per Te solo è beato" 12 .
sua radice nell'Incarnazione del Figlio di Dio:
Quella necessità, per cui la volontà dell'uomo tende alla sua beatitudi-
Siccome la beatitudine perfetta dell'uomo consiste nel godimento di Dio, fu neces-
ne, che consiste nella visione di Dio, è il fondamento della sua libertà ri- sario disporre l'affezione dell'uomo al desiderio di questa divina fruizione, proprio
spetto a tutto il resto, della sua decisione di amare Dio come l'unico suo perché vediamo che il desiderio della beatitudine è insito naturalmente nell'uomo.
bene e di ricercarlo come tale in e sopra ogni cosa desiderata. Ora, il desiderio cli godere cli qualcosa è causato dal!' amore verso di essa. Dunque
fu necessario che l'uomo, che tende alla beatitudine perfetta, fosse indotto ad ama-
L'amicizia con Dio, pertanto, trova la sua realizzazione piena nella carità. re Dio. Nulla ci conduce talmente ad amare qualcuno quanto l'esperienza ciel suo
Essa, secondo Tommaso, non è «un qualsiasi amor di Dio, ma è l'amore amore per noi. Così l'amore di Dio verso l'uomo non si sarebbe potuto dimostrare
con il quale si ama Dio quale oggetto della beatitudine» 13 ed è condizione in modo più efficace che con il fatto che Egli abbia voluto unirsi all'uomo in per-
essenziale perché già in questa vita la volontà dell'uomo sia unita al suo sona: è, infatti, proprio dell'amore unire l'amante con l'amato fino a quanto è pos-
sibile. Fu, dunque, necessario al!' uomo, che tende alla beatitudine perfetta, che Dio si
fine ultimo 14 • Essa è possibile solo in forza della grazia della fede e della spe- facesse uomo 17 .
ranza.
Secondo Tommaso, dunque, alla necessità con cui l'uomo tende a unir-
La carità, infatti,
si a Dio, come al suo fine naturale, corrisponde un'altra necessità, che è
non dice soltanto amore di Dio, ma una certa amicizia verso di lui; amicizia che ag- quella per la quale Dio inizia con l'uomo, nell'umanità di Cristo, una con-
giunge all'amare un riamarsi scambievole, con una comunicazione reciproca, come naturalità nuova per mostrargli tutta la bellezza di questa comunione e la
spiega Aristotele in 8 Ethic [c. 2, lect. 2). E che tale proprietà appartiene alla carità
è evidente da quel testo della I Ioan., IV, 16 che dice: "Chi sta nella carità sta in
sua possibilità di compimento. Mai, però, come in questa affermazione to-
Dio, e Dio in lui". E san Paolo afferma nella 1 ad Cor., 1, 9: "Fedele è Iddio, mista necessità e libertà si baciano fino a coincidere: si tratta, infatti, della
per opera del quale siete stati chiamati alla società ciel Figlio suo". Ora, questa so- necessità dell'amore.

12 Ibid. I, 12, 8, ad 4. 15 Id. Summa Theologiae, I-II, q. 65, a. 5, c.


13 Ibid., I-II, q. 65, a. 5, ad 1. 16 Ibid., II-II, 23, 1, c.
14 Cfr. Id. In II Sententiarum, ds. 38, q. 1, a. 2, se. 1. 17 Id., Summa contra Gentiles, 4, c. 54, n. 5.

44 45 Communio 237
L'uomo, dunque, è costituito dal desiderio naturale di vedere Dio, ma ancora di esigenza? In questo caso, si dovrà dire che l'unica esigenza dello spirito è
questo desiderio si può adempiere solo per grazia, cioè per un libero e gra- quella di non esigere nulla. Esige che Dio sia libero nella sua offerta, come esige di
essere libero esso stesso (in tutt'altro senso) nell'accettazione di questa offerta. Co-
tuito dono di Dio: «Dio ha ordinato la natura umana a raggiungere il fine
me non vuole una felicità di cui impossessarsi, così non vuole una felicità solamente
della vita eterna non con la propria forza (non propria virtute), ma con da ricevere. Così la gratuità assoluta del dono divino appare tanto come una richiesta
l'aiuto della grazia» 18 • Infatti, l'intelletto creato non può vedere Dio nella della creatura per se stessa quanto per la grandezza del suo Dio 22 .
sua essenza, «se non in quanto Dio si unisce a lui con la sua grazia come
oggetto di conoscenza (ut intelligibile ab ipso)» 19 • Tutto scaturisce, dunque, dalla libera elezione con la quale Dio eleva
l'uomo ad un destino soprannaturale, cioè a vedere il Suo volto. In forza
L'affermazione che l'uomo ha come fine naturale la visione di Dio, un di questa elezione l'uomo tende naturalmente ad un fine che con le sue
fine, però, che solo per grazia può essere raggiunto, ha suscitato qualche forze non può raggiungere. Da qui la gratuita scelta di Dio di farsi uomo,
sospetto. Tommaso voleva forse sostenere che nella natura umana ci fosse per rendere l'uomo capace di quella beatitudine perfetta cui il suo cuore è
l'esigenza della grazia e quindi dell'ordine soprannaturale? Molti hanno stato fatto naturalmente anelante. È la suprema benevolenza di Dio, dun-
ravvisato la condanna di questa posizione in un passo della Humani gene- que, che chiama l'uomo e lo mette in grado, già in questa vita, di comin-
ris di Pio XII (12 agosto del 1950) che suona così: «A.lii veram 'gratuita- ciare a vivere con lui quell'amore scambievole e gratuito che si chiama
tem' ordinis supernaturalis corrumpunt, cum autument Deum entia intellec- amicizia.
tu praedita condere non passe, quin eadem ad beati/icam visionem ordine! et
vocet>> 20 (altri deformano la vera nozione della gratuità dell'ordine sopran- È da notare, poi, che l'amicizia vera è un amore così grande che si esten-
naturale quando pretendono che Dio non possa creare esseri dotati di in- de a tutti quelli che appartengono all'amico e a tutti quelli che egli ama. Per-
telligenza senza chiamarli e ordinarli alla visione beatifica). tanto l'amicizia con Dio è il fondamento in noi di ogni altro amore, di quel-
1' amore che si estende verso tutti quelli che egli ama, anche verso i nostri
Il padre Henri de Lubac - personalmente coinvolto in questa polemica - nemici. Infatti «l'amore può essere così grande da abbracciare per l'amico
ha dato alla questione un notevole contributo. Commentando una lettera di quelli che gli appartengono, anche se ci offendono e ci odiano» 23 •
Etienne Gilson del 21 giugno 1965, faceva notare, sulla falsariga del suo Sur-
naturel del 1946: Così Tommaso ci introduce nel cuore del mistero di ogni amore uma-
no, che è partecipazione all'amore con il quale Dio ama tutto e in modo
Il rapporto tra l'uomo e Dio non potrebbe mai essere concepito, alla sua base, co-
particolare ogni uomo in Cristo. Questa è la ragione per la quale qualun-
me retto da una legge naturale o da una necessità qualsiasi, interna o esterna: Nel
dono che Dio vuol fare di se stesso e, di conseguenza, nel desiderio che ne risulta nella que amore vero ci apre al tutto, perché ci lega alla totalità della realtà at-
nostra natura, tutto si spiega attraverso l'Amore. Non è un bene che si diffonda per traverso quella parte che è da noi particolarmente amata. Ogni vero amore
natura, necessariamente: è un Amore personale, è l'Amore in persona che, libera- nasce dalla profondità dell'Essere ed è rivolto alla sua totalità, almeno co-
mente suscita l'essere al quale vuole donarsi: Nulla limita l'indipendenza sovrana me apertura e desiderio.
del Dio che si dona 21.
La vita cristiana realizza questa dimensione. Essa diviene un riversarsi
Successivamente lo stesso autore ha avuto modo di riprendere il pro-
dell'amore di Dio nei nostri cuori 24 e perciò nei nostri rapporti, i quali so-
blema in molte altre sue pubblicazioni. Ecco una formulazione mirabile
no fatti capaci di godere e di esprimere quella profonda gratuità che deriva
e sintetica:
dall'amicizia con Dio, iniziata nella fede e fondata nella speranza di una
Lo spirito non desidera Dio come l'animale desidera la preda; lo desidera come un «comunanza» perfetta. I rapporti umani che ne derivano costituiscono
dono. Non cerca affatto di possedere un oggetto infinito: vuole la comunicazione nel mondo quella novità che convince il mondo: un'amicizia nella quale
libera e gratuita di un Essere personale. Se dunque, per assurdo, potesse prendere
il suo bene supremo, immediatamente, non sarà più il suo bene. Si vuol parlare
si fa esperienza del!' amore di Dio, un legame particolare e contingente, con-
nesso con il tutto e con l'eterno. La fedeltà, dunque, a questo legame coin-
cide con la fedeltà a Dio, a Colui dal quale sgorga l'essere e la capacità di
18 Id., Summa Theologiae, I-II, 114, 2, ad 1.
19 Ibid., I, 12, 4, c.
20 Denz. 3891. 22 H. De Lubac, Spirito e Libertà, Jaca Book, Milano 1980, p. 257.
21 Un dialogo fecondo. Lettere di Etienne Gilson a Henri de Lubac, Mari.etti, Genova 23 Tommaso d'Aquino, Summa Theologiae, II-II, 23, 1, ad 2.
1990, p. 63. 24 Cfr. Rm 5, 5.

46 47 Communio 237
amare. Afferma infatti san Tommaso che «nell'amore del prossimo è inclu- Nell'amicizia cristiana, poi, c'è una connaturalità nuova che unisce o che
so anche l'amore di Dio» 25 . E aggiunge: <<L'amore verso Dio unisce (est tende a unire gli uomini fra cli loro: essa sgorga dalla partecipazione all'unica
congregativus), perché conduce l'affetto umano dal molteplice all'unità realtà, che è il Corpo mistico di Cristo. Questa unione tende ad esprimersi
[... ]. Invece l'amore proprio (amor sui) disgrega l'affetto umano verso cose nell'unità degli affetti, cioè nella carità vicendevole. La gratuita iniziativa
disparate» 26 • dello Spirito di Dio, facendoci uno in Cristo 31 , realizza quella unità che l'af
/etto umano non potrebbe mai creare, quella unità cui ogni amore umano
In che senso l'amore di Dio unisce a tutti? La risposta va cercata in tende senza mai raggiungerla:
quello che Tommaso stesso afferma a proposito della causa dell'amore.
Questa è l'unione reale, che chi ama cerca con la cosa amata. Codesta unione cor-
Egli dice che essa consiste nel bene:
risponde ad un'esigenza dell'amore; infatti, come riferisce Aristotele, "Aristofane
oggetto proprio dell'amore è il bene: poiché lamore importa una connaturalità o ha scritto che gli amanti desiderano formare di due una cosa sola" (Politic. 2, 1,
compiacenza dell'amante rispetto all'amato; e per ciascun essere è bene quanto ~d 3 ); ma poiché "da questo si avrebbe la distruzione di uno o di entrambi" (Le.),
allora cercano l'unione conveniente e possibile, e cioè la vita in comune, la conver-
esso e connaturale e proporzionato. Perciò si deve concludere che il bene è la causa 32
propria del!' amore 27. sazione e altre forme di comunicazione reciproca .

La vita cristiana risulta così essere la risposta gratuita e imprevedibile a


Il bene partecipato, innanzitutto in forza dell'atto creativo di Dio, co-
questa esigenza, cioè la possibilità offerta per grazia di vivere la virtù del-
stituisce in ogni creatura, specialmente in quella umana, la ragione per cui
1' amicizia nella sua perfezione ideale, cioè come unione reale e affettiva.
essa può essere amata. Anzi si può dire che esso costituisce il fondamento
Nella comunione cristiana, infatti, si realizza quella somiglianza in Cristo
di una possibile amicizia fra gli uomini in forza di quella connaturalità che
fra coloro che vi partecipano che è la causa profonda del loro amore e del-
fra essi ne deriva.
la loro amicizia:
È la somiglianza, infatti, che causa l'amore di amicizia o di benevolen- dall'esser simili, cioè dall'avere quasi una/orma unica, due individui sono come una
za: l'aver quasi una «forma unica» rende come «una cosa sola», perciò cosa sola sotto detta forma [ ... ].Perciò l'affetto dell'uno tende verso l'altro come
3
genera un affetto dell'uno verso l'altro «come se fosse tutt'uno con se me- fosse tutt'uno con se medesimo; e gli vuole bene come a se medesimo 3.
desimo», tanto che all'altro l'uno vuol bene «come a se medesimo» 28. È il Da questa somiglianza deriva la possibilità di quell'amore alle stesse co-
riconoscimento, quindi, del bene che si condivide in forza dell'amore con se che è proprio dell'amicizia e, in modo particolare, dell'amicizia cri-
cui veniamo amati da Dio, il principio di ogni vero amore fra gli uomini. stiana:
Per cui si può dire che in ogni vero amore c'è un atto di adorazione della
chi ama si trova nell'amato, in quanto considera e il bene, e il male, e la volontà
presenza dell'Essere nell'altro e un giudizio che afferma che è bene che stessa del!' amico come cose sue proprie, così da sembrare che egli stesso senta e
l'altro ci sia. subisca il bene e il male nel proprio amico. Per questo è caratteristica degli amici
"volere le stesse cose, e delle medesime dolersi e godere'', come dice il Filosofo
In questa affermazione, in conseguenza della connaturalità che ci lega (Ethic. 9, 3, 3). Cosicché, colui che ama, per il fatto che considera sue proprie le
gli uni agli altri, c'è, più o meno implicito, un giudizio buono anche sulla cose dell'amico, sembra essere nell'amato, e come identificato con lui. Al contrario,
nostra esistenza. «L'amore richiede una percezione del bene che si per il fatto che si vuole e si agisce per lamico, come per se stessi, considerandolo
una cosa sola con se stessi, è piuttosto l'amato che viene a trovarsi in colui che
ama» 29 • Chi, pertanto, «ama un altro con amore di amicizia, vuole a lui
ama 34 .
del bene come a se medesimo. Perciò si dice che l'amico è un altro se stesso·
e sant'Agostino scrive: "Disse bene colui che chiamò l'amico la metà dell~ Questa identificazione degli uni negli altri è la sublime prova della po-
propria anima" (Con/ess. 4, 6)» 30 tenza del Signore Risorto e quindi la massima testimonianza che i cristiani
sono chiamati ad offrire al mondo 35 •

25 Tommaso d'Aquino, Summa Theologiae, I-II, 99, 1, ad 2.


26 Ibid., I-II, 73, 1, ad 3. 31 Gal 3,28.
27 Ibtd., I.II, 27, 1, c. 32 Tommaso d'Aquino, Summa Theologiae, I-II, 28, 1, ad 2.
28 Jbid., I-II, 27, 3, c. 33 Ibid., I-II, 27, 3, c.
29 Ibid., I-II, 27, 2, c. 34 Ibid., I-II, 28, 2, c.
30 Ibid., I-II, 28, 1, c. 35 Cfr. Gv 17, 20-23.

48 49 Communio 237
Nota biografica
Francesco Ventorino (Catania 1932) ha ricevuto l'ordinazione sacerdotale nel Il Trattato Dell)amicizia
1954. Ha conseguito nel 1963 il dottorato in Filosofia alla Pontificia Università
Gregoriana di Roma e nel 1975 la laurea in Filosofia all'Università di Perugia. Già
ordinario di Storia e Filosofia nei Licei, è docente emerito di Ontologia e di Etica
di Matteo Ricci
presso lo Studio Teologico "S. Paolo" di Catania.
di
Rong Hengying

1. Dall'amicizia universale all'amicizia «sotto il cielo»

Nel 1595 il padre gesuita Matteo Ricci, missionario in Cina, redasse su


richiesta di un principe locale un saggio sull'amicizia, prima opera scritta
in cinese da un occidentale 1• Questo libro venne apprezzato dalla maggior
parte dei letterati dell'epoca ed anche dalla famiglia imperiale, tale succes-
so favorì in seguito la missione dei Gesuiti in Cina.
L'opera in cui Ricci dà prova di grande competenza sulla retorica con-
fuciana è costituita da un centinaio di sentenze sull'amicizia ispirate alla
tradizione greco-romana, tanto che in ogni pagina troviamo echi di Aristo-
tele e Cicerone.
Per introdurci a questo esemplare caso di scambio intellettuale fra
l'Occidente e la Cina, questa prima perorazione a favore degli Europei
in quello che si chiama "Impero di Mezzo" e per comprendere la notevole
portata di questo felice e inatteso incontro fra le concezioni occidentale e
Serv1z1oinforma.z1oneRellg1osa. In un& Chiesa cinese dell'amicizia, è necessario innanzitutto precisare il contesto storico
della redazione dell'opera e cogliere esattamente la natura di questo gene-
che a.scolta.
re letterario. Occorre poi considerare il suo contenuto e vedere quale va-
e racconta
lore Ricci attribuisce alla vera amicizia e al suo intrinseco rapporto con la
virtù. Dobbiamo infine domandarci come sia stato possibile stabilire una
Via Aurelia., 468 - 00165 Roma.
tel.06/6604841. fa.x 06/6640337 comunicazione fra la concezione greco-romana dell'amicizia e quella dei
s1r@a.gens1r.1t
TiTiTr. age n sir. i t Per l'edizione italiana: Matteo Ricci, Dell'Amicizia, a cura di Filippo Mignini,
Quodlibet 2005 (NdR).

50 51 Communio 23 7
letterati cinesi confuciani e, ancora, quale attualità possano avere queste introduzione all'edizione francese dell'opera, ricordando che «i senti-
idee. menti hanno una storia», sappiamo che negli ambienti letterari della di-
nastia Song (960-1276), «quando l'amministrazione inizia a privilegiare
il reclutamento dei mandarini a scapito dell'ereditarietà», l'amicizia ricu-
2. Contesto e genere letterario: pera considerevolmente favore rispetto alle dinastie precedenti. Gli in-
necessità di una svolta con/uciana per Ricci tellettuali arrivano a costituire sempre più una comunità di "amici", ten-
denza che si rafforza sotto la dinastia Ming. Il rinnovamento confuciano
Esiste una opinione molto diffusa secondo cui "lo spirito cinese", nella vede allora nascere il suo grande teorico Wang Yangming (1472-1529),
misura in cui questa espressione è pertinente, sarebbe particolarmente re- fondatore della scuola Y angming. Mentre nella tradizione confuciana
sistente alle religioni, di conseguenza poco aperto al Cristianesimo, come, l'amicizia era originariamente concepita come l'ultima delle cinque rela-
per esempio, pensava Montesquieu che riteneva "che è quasi impossibile zioni sociali e fu, di conseguenza, per lungo tempo marginalizzata ed
che il Cristianesimo si stabilisca mai in Cina 2 ". eclissata, questa scuola pare aver realmente rovesciato la gerarchia delle
Tale opinione è sostenuta dal fatto che la lingua cinese è molto lontana cinque relazioni5. Da notare che, sebbene senza il favore delle autorità
dalle lingue indoeuropee per la sua struttura lessicale e grammaticale e ufficiali, le sue idee si sono largamente diffuse fra i letterati verso la fine
questo rende molto difficile la comunicazione delle idee non solo religiose, della dinastia Ming.
ma anche filosofiche o letterarie. Tuttavia, a differenza dei suoi predeces- È in questa prospettiva storica del doppio ritorno di favore in Cina del
sori, Ricci era giunto alla padronanza di questa lingua, riscuotendo l'am- Confucianesimo e dell'amicizia che occorre leggere Ricci. Se i Gesuiti suoi
mirazione di tutti i letterati dell'epoca. predecessori avevano incontrato grandi difficoltà nei loro infruttuosi ten-
Certamente le difficoltà non sorgono solo dalla lingua in sé, ma anche e tativi di convertire il popolo cinese, il suo primo tentativo fu anch'esso in-
soprattutto dalla cultura, dal quadro di riferimento culturale veicolato dal- felice: imitare ciò che era riuscito in Giappone adottando gli abiti e le re-
la lingua stessa. È quindi necessario ricordare il contesto politico-culturale gole del monaco buddista, non era conveniente in Cina. Ricci comprese
(quello della dinastia Ming, 1368-1644) per rendersi conto della prospet- presto che non era conformandosi ai letterati confuciani, adottando i loro
tiva in cui doveva porsi Ricci. Egli vedeva «la Cina come un impero retto abiti, i loro riti e il loro linguaggio che avrebbe potuto accedere allo spirito
da un sovrano sottomesso alle 'leggi celesti', ma governato da una 'setta di cinese. La grande svolta della sua missione si verificò curiosamente dopo
letterati'» 3 • Tale constatazione non è priva di coerenza nella misura in cui che venne espulso da Nanchino, vicecapitale dove l'autorità non era favo-
la dinastia Ming, subentrando alla dinastia Song (960-1276), si inseriva in revole agli stranieri. Obbligato a fuggire a Nanchang, capitale della provin-
quel rinnovamento del Confucianesimo che viene comunemente chiamato cia di Jiangxi, vi si stabilì per cinque anni e venne qui introdotto nell'am-
"neoConfucianesimo". Questa sintesi di Confucianesimo, taoismo e bud- biente dei grandi letterati da un amico cinese, Qu T aisu, che attirò
dismo è caratterizzata da uno spirito sistematico e razionale 4, anche se vi si l'attenzione sulla sua virtù e la sua erudizione. Venne anche ricevuto ami-
individuano forti tensioni. Sotto la dinastia Ming il Confucianesimo vive chevolmente alla corte del principe di Nanchang, capo di una delle linee
un inequivocabile ritorno di favore, in reazione al taoismo e al buddismo cadette nate dal fondatore della dinastia, che lo invitò a scrivere un trattato
che esso giudica di minaccia per i valori confuciani fondamentali riguardo sull'amicizia - sottolineiamo che si tratta di un invito rarissimo in tutta la
alla famiglia (per esempio la pietà filiale), di discredito delle attività mon- storia della Cina imperiale.
dane, soprattutto dell'attività politica, e di sconvolgimento dei criteri mo- Anzi l'opera fu persino inserita più tardi nella biblioteca imperiale delle
rali del giusto e dell'ingiusto. dinastie successive 6 • In questo senso, il libro scritto in seguito a un presti-
Per quanto riguarda lamicizia, come scrive Michel Cartier nella sua

5 Qui ci si riferisce principalmente a una recente pubblicazione accademica: ]ournal


Lo spirito delle leggi, XIX, 18. o/ Hunan University o/ Science al1(l Engeering, 2012, gennaio, voi. 33, 1, pp. 80-83, 88,
3 Introduzione di Miche! Cartier alla traduzione francese del Dell'amicizia di Liu Cong, Le lien entre Le traité de l'amitié de Ricci avec l'école Yangming, 2012, 33.
Philippe Che, Traité de l'Amitié, Edition Noé, 2006, p. 10. 6 È stato incorporato nel catalogo delle quattro riviste, «Un monumento
4 Nella sua lezione inaugurale al Collège de France dal titolo "La Chine pense-t- bibliografico compilato per ordine dell'imperatore Quianlong (1736-1796)», come
elle?", Anne Cheng ha citato uno dei grandi autori di quel periodo, Zhu Xi, della opera cinese «approvata dal potere politico». Miche! Cartier, Introduzione, op.cit.,
dinastia Song, quale equivalente di Tommaso d'Aquino nella tradizione occidentale. p.22.

52 53 Communio 237
gioso invito e tenuto in considerazione dall'alta società cinese, segnò la fe- 3. Il valore del!' amicizia e il suo intrinseco legame con la virtù
lice svolta della missione di Ricci in Cina.
Per quanto concerne il genere letterario, il trattato non ha niente di re- Verso la metà del Dell'Amicizia, nella sentenza 57, Matteo Ricci ci dice
ligioso; il nome di Dio compare solo due volte, nelle massime 14 e 56, tra-
con singolare concisione e sorprendente forza: «Se nel mon~o non.ci fosse
dotto con il termine «Sovrano del Cielo» (Shangdi). Si tratta di un termine
amicizia non vi sarebbe gioia». Questa sentenza pare racchmdere il punto
cinese molto generale e molto antico che è possibile ritrovare già negli
essenziaÌe dell'opera, di cui tutte le altre sarebbero solo commenti. «Il
scritti della prima antichità incisi in caratteri oracolari 7 ; nei suoi scritti re-
mondo» traduce il termine usato da Ricci, "Tùmxia", «tutto ciò che vive
ligiosi successivi Ricci lo sostituisce con il termine più specifico di «Mae-
sotto il cielo», una delle parole chiave del Confucianesimo. Pur tenendo
stro del Cielo» (Tianzhu). È evidente che egli voleva parlarci qui solo del
presenti i quadri di riferimento diversi in cui si inseriscono .questi due ter-
mondo umano. Questo punto è fondamentale se lo si inserisce nella pro-
mini, è forse più importante vedere come questa affermazione supponga
spettiva confuciana, perché il carattere precipuo del Confucianesimo è il
l'accettazione senza riserve della condizione umana in quanto tale.
non definirsi in rapporto a un centro (che sarebbe segnato dalla persona
Agli occhi di Ricci ci sono tre ragioni principali per dare così grande
di Confucio) come è per il Cristianesimo. Si tratta di un paesaggio contra-
valore ali' amicizia. In primo luogo l'amicizia addolcisce le difficoltà della
stato composto da diverse tradizioni che avrebbero una caratteristica co-
vita. La sentenza 11, per esempio, recita: «Nell'avversità mi rallegro al so-
mune nella preoccupazione per il mondo umano il Ren, che si traduce
lo vedere il volto di un amico. Ma, sia nell'avversità sia nella buona for-
con senso del!' umanità - a differenza, per esempio, dal taoismo che ha co-
me centri di interesse il Cielo e la Via. tuna, quando mai un amico non ci è di aiuto? Quando s~a~o tristi, dimi-
nuisce la tristezza; quando siamo gioiosi, aumenta la gioia». Oppure la
Oltre a ciò il trattato è redatto in un linguaggio perfettamente confu-
ciano, strutturato nella forma e nel contenuto dalle nozioni fondamentali sentenza 26: «Metto alla prova e scopro l'amico, che non cambia, nelle
del Confucianesimo (junzi - l'uomo di valore; Tùmxia - tutto ciò che vive mie cose che cambiano», o ancora la sentenza 51 che delle opere dell'uo-
sotto il cielo, etc). Il modo con cui Ricci si adatta al suo lettore è talmente mo dice: «Possono prosperare solo le imprese di chi ha degli amici» - «il
sorprendente che si sarebbe quasi tentati di dire che ha adottato il Confu- singolo uomo non può compiere ogni cosa» (sentenza 16). Se queste sen-
cianesimo. L'opera stessa, trattato o discorso, risale a una pratica tradizio- tenze non ci paiono molto entusiasmanti nella misura in cui non sembra-
nale confuciana, che consiste nel discorrere su un dato soggetto che pare no attingere a una concezione gloriosa dell'umanità nella sua li?ertà, n~ll~
degno di interesse e, per qualche aspetto, problematico. sua determinazione o nella sua indipendenza, siamo pur tuttavia tentati di
Insomma Ricci qui si pone sul terreno dell'umanesimo e, pur senza approvare la constatazione lucida della fragilità e della precarietà ~elle co-
aver a disposizione una biblioteca occidentale, confida nella sua memoria se umane che vi è sottesa e che spiega il valore infinitamente prezioso del-
per presentare una raccolta di massime che uguaglia il livello delle grandi 1' amicizia.
tematiche del Confucianesimo. Sarebbe interessante precisare quali sono L'amicizia, poi, dà sapore alla vita. Ricci considera l'aspetto affetti:'o
gli autori occidentali a cui Ricci fa riferin1ento e notare che alcuni fra loro dell'amicizia e questo conferisce un tono ancora più umano al suo saggio,
sono molto "cinesi", ma pur sottolineando i riferimenti a Platone, Aristo- perché non propone una visione semplice.o semflic~stica ~ell'amicizia che
tele o Cicerone, sembra più interessante vedere che abbiamo a che fare vi vedrebbe solo una consolazione, o persmo un assicurazione. Certamen-
con un uomo, sicuramente venuto dall'Occidente, ma impregnato dalla te un amico condivide e accresce la vostra gioia e soprattutto consola la
cultura cinese e che si è legato di intensa amicizia con l'alta società cinese vostra sofferenza e il vostro dolore, come abbiamo visto; ma la sentenza
sul piano culturale ma anche, in una certa misura, politico. Quest'uomo 47 dice anche esattamente che «se gli amici sono pochi, avrò poca gioia;
ricorda e scrive dell'amicizia non come oggetto di studio, ma come qual- ma avrò in tal modo anche poca tristezza». Perché l'amicizia, in quanto
checosa che si vive e si sperimenta, con difficoltà e sapore estremi. affetto umano, è soggetta ai rischi della condizione umana, può persino
degradarsi o perdersi, senza contare che può dover affrontare la più gran-
de delle perdite, umanamente parlando, la morte dell'amico. Nella sua
opera Ricci parla solo due volte della morte, nelle senten~e 15 e 43'. am-
7 Questo termine attraversa i Cinque Classici del Confucianesimo: Il classicq dei bedue degne di nota 8 • Osserviamo semplicemente che egli non considera
documenti, Il classico dei versi, Il libro dei riti, Gli annali delle primavere e degli autunni
e Il libro dei mutamenti, alcuni passi dei quali possono risalire fino a circa il 1000 a.C.,
all'inizio della dinastia Zhou.
Sentenza 15: «Ricordo gli amici morti senza tristezza, perché quando c'erano li

54 55 Communio 237
la morte da un punto di vista religioso, ciò che domina qui è un affetto Infine l'opera propone un'amicizia ideale o un ideale di amicizia che
molto umano. considera come sua finalità la virtù: gli amici sono coloro che correggono
Infine, ed è un punto molto importante e che può stupire nel generale i vostri difetti, vi insegnano la virtù, vi incitano alla giustizia. Ricci ripren-
orizzonte morale e intellettuale della Cina antica, Ricci afferma nella sen- de un'idea classica presso gli Antichi e afferma: «Il fine dell'amicizia non
tenza 50 che l'amicizia comporta qualcosa di superiore a tutte le altre re- è altro che questo: se I' amico mi è superiore, lo imito e apprendo; se io
lazioni, comprese quelle familiari, essenziali agli occhi dei Cinesi, proprio sono superiore lo miglioro». Questo significa «impara e insegna, insegna
perché è un'affezione: «L'amicizia prevale sulla parentela solo per questo: i e impara», le due azioni si completano. Se le qualità del mio. amico non
parenti possono non amarsi reciprocamente, gli amici no. Infatti le relazio- meritano di essere prese ad esempio, o se il mio amico non nesce a cor-
ni di parentela restano anche senza amore tra i parenti; ma se togliete I'a- reggersi, che differenza ci sarebbe fra la nostra relazione e quella fr~ pe.r-
more reciproco tra gli amici, come potrebbe sussistere l'essenza dell'ami- sone che passano le loro giornate a giocare e a scherzare pe:dendo muti!~
cizia?». mente tempo? («Un amico che non mi fa nessun bene e un ladro di
Tuttavia l'affezione non esaurisce il discorso dell'amicizia, di quella, al- tempo; la perdita che ho subito per il furto del tempo è peggiore del furto
meno, di cui fa l'elogio Ricci: esistono amicizie indegne di rispetto e di am- delle ricchezze: queste si possono riacquistare, il tempo no!») (sentenza
mirazione, come quelle fra «le persone più basse e i ladri» che «si uniscono 69).
in gruppo come amici e così possono esercitare il loro mestiere» (sentenza Allora solo un'amicizia concepita, vissuta e orientata dalla e nella virtù
42); o quelle imprudenti: «Le vicissitudini umane sono imprevedibili; dun- è degna di essere oggetto del massimo rispetto e di essere perseguita ~agli
que è difficile contare sull'amicizia: lamico di oggi forse in seguito cambie- "Junzi" («gli uomini di valore»). Ma in quale .misura questa .co~cez1one
rà e diventerà nemico; il nemico di oggi forse anche cambierà e diventerà dell'amicizia propone un modello in grado di attraversare sia il tempo
amico. Come potremmo non essere cauti!» (sentenza 13 ). Questa cautela è sia lo spazio; se ha potuto coinvolgere i letterati confuciani al tempo di Ric-
essenzialmente di ordine etico o, secondo il vocabolario classico degli An- ci, può ancora trasmetterci un messaggio oggi?
tichi, non esiste amicizia autentica senza virtù. ·
La "virtù" nel senso forte del termine è ciò che fa dell'uomo un uomo
di valore e ciò che fonda le regole di condotta necessarie per la conviven-
4. Piena accoglienza allora, valore per il nostro tempo
za che è la peculiarità dell'amicizia; è la finalità dell'amicizia ideale. Secon-
do la sentenza 90: «La virtù duratura è ottimo elemento per un'eterna
L'opera di Ricci in Cina non si è limitata a questo trattato su~' ai:iici~i~,
amicizia. Tutto, senza eccezione, alla lunga diventa noioso per gli uomini;
ma cionondimeno esso occupa un posto particolare e, secondo il gmd1z10
solo la virtù, quanto più dura, tanto più commuove i sentimenti degli uo-
dell'autore stesso, è il suo libro più noto ai letterati cinesi. Questo f~lice
mini. Se la virtù è amabile perfino nel nemico, quanto lo sarà nell'ami-
incontro fra amicizia universale e amicizia sotto il cielo si realizza in pnmo
co?». Si avvera nelle virtù necessarie al rapporto di amicizia, come la fi-
luogo, sicuramente, grazie all'accento che Ricci met~e sulla ~ir.tù, che si
ducia, perché «prima di contrarre amicizia, bisogna osservare; dopo
riallaccia evidentemente alla grande tematica confuciana trad1z10nale del
averla contratta bisogna fidarsi» (sentenza 7), come il disinteresse - Ricci
Ren, che possiamo tradurre con "senso dell'umano" o "virtù" secondo
insiste sul fatto che la vera amicizia non deve essere confusa con le rela-
il contesto. Ma ciò che è importante chiarire qui è la ragione per la quale
zioni di interesse -, come il rispetto della giustizia - non si può chiedere a
la gerarchia delle relazioni umane proposta da Ricci e l'accento che egli
un amico di commettere cose ingiuste (sentenza 96) e così di seguito. Ben-
pone sull'amicizia rispetto ai legami di parentela, abbia po:uto essere ~c­
ché Ricci non neghi l'aspetto affettivo dell'amicizia, è significativo I' accen-
cettata dal momento che tale concezione è a priori contraria al Confucia-
to che egli pone sulla virtù perché senza di essa non è possibile realizzare
una comunità di amici. nesimo.
In realtà tale accento si incontra o raggiunge la corrente preponderan-
te del neoConfucianesimo Ming rappresentato dalla scuola Y angming.
Ricordiamo che nel Confucianesimo tradizionale al centro di tutte le re-
avevo come se potessi perderli; ora che sono morti li ricordo come se fossero ancora
vivi». lazioni umane vi è quella sovrano/sudditi, genitori/figli, seguita poi dalla
Sentenza 43: «Quando si considera l'amico come se stesso, allora il lontano si relazione fra fratelli maggiori e minori e fra mariti e mogli. Queste quattro
avvicina, il debole si rafforza, chi ha subito disgrazie torna nella prosperità, l'ammalato relazioni non sono egualitarie, solo l'amicizia, legame fondato sulla fidu-
guarisce e - che bisogno c'è di tante parole? - il morto è come se fosse vivo». cia, lo è, ma è posta ai margini. La scuola Y angming rovescia totalmente
56 57 Communio 23 7
questo schema: in nome della virtù essa fa dell'amicizia il principio con- gerarchizzazione di tutte le relazioni umane 11 ; quella della scuola Yang-
duttore, il fondamento di tutte le altre relazioni. L'amicizia è superiore ming non è mai diventata corrente di pensiero ufficiale, ma solo corrente
alla relazione fra genitori e figli o tra fratelli, poiché è fondata - e unica- di pensiero evidente sotto i Ming. Si può quindi affermare prudentemente
mente - sulla virtù; essa è il mezzo privilegiato del progresso morale di che la concezione dell'amicizia come rapporto di uguaglianza non ha co-
ciascuno 9 • nosciuto convergenza o conflitto con la concezione cinese dell'amicizia,
È così possibile comprendere la felice accoglienza dell'opera di Ricci ma un incrocio sfumato che concorda con la corrente Yangming, ma ri-
da parte dei letterati confuciani dell'epoca, chiaramente espressa nei com- schia di essere considerato eretico rispetto alla visione ortodossa secondo
menti o nelle loro introduzioni 10 • Sono impressionati dalla valorizzazione la quale l'ordine umano viene confuso con la sua gerarchizzazione.
dell'amicizia contenuta nel libro e anche presente nella personalità stessa Se all'epoca l'uguaglianza non era un valore in se stessa, oggi pare evi-
di Ricci. Feng Yingjin apre la sua introduzione all'opera dicendo: «Questo dente a noi, Occidentali o Cinesi inurbati in città grandi o piccole, in un
saggio occidentale è arrivato in Cina da molto lontano per cercare la nostra contesto di mondializzazione che vede svolgersi un processo di uguaglian-
amicizia. Ciò che ne ha compreso è profondo e la sua ricerca dell'amicizia za di condizioni. Non abbiamo più bisogno di questo testo per conoscere
è ardente, le sue relazioni con noi sono sincere e il suo discorso molto fe- il valore dell'amicizia e il suo nesso con la parità. Ma comporta per noi
condo». Anzi, il primato conferito all'amicizia sulle altre quattro relazioni un'altra estraneità, la sua straordinaria insistenza sull'importanza della vir-
umane, invece di sconvolgere una pretesa tradizione cinese o confuciana, tù. Questa nozione ci appartiene ancora?
raggiunge tale tradizione in un preciso momento della sua evoluzione. Ce
lo conferma l'introduzione di Feng Yingjing quando scrive che le quattro Se questo testo, come tutti i libri antichi, suscita curiosità o addirittura
relazioni umane sono legami obbligatori ai quali non ci si può sottrarre, nostalgia, rischia anche di suscitarci un sentimento di estraneità: i tempi
ma che solo lamicizia ci aiuta intensamente nella nostra ricerca della virtù. cambiano, un libro del xvi secolo ha ancora un messaggio da trasmetterci?
Un commentatore, Chen Jiru, arriva ad affermare: «Lo spirito dell'uomo A noi pare di sì, il libro di Ricci, nutrito dalla saggezza degli Antichi ci ten-
piegato nelle altre quattro relazioni, si apre soltanto nell'amicizia, si svilup- de la mano e ci illumina ancora oggi.
pa liberamente, come la primavera si dispiega nei fiori, nel vento e nei tuo- Anche se l'affezione è fondamentale in tutti i legami di amicizia, la "vir-
ni nel Qi; le altre quattro relazioni umane sarebbero slegate tra loro senza tù" non è un elemento accessorio, ma essenziale, se si vuole che l'amicizia
lamicizia». sia vera. Il trattato sull'amicizia ha qualcosa da dirci, in generale, nel con-
Infine, il terzo punto di convergenza è quello che si potrebbe chia- testo di mondializzazione di oggi, per la comunicazione fra le culture. Og-
mare laspetto "laico" delle riflessioni di Ricci, il fatto che esse riguar- gi non sono più solo alcuni missionari che si confrontano con le differenze
dano le relazioni umane. Chen Jiru indirizzando le sue critiche verso i culturali, la questione di sapere come comportarci nell'incontro quotidia-
taoisti e i buddisti cinesi, esclama: «Come potrebbe il Cielo abbando- no con persone o amici provenienti da una cultura diversa dalla nostra, si
nare l'uomo!» Riconoscerà anche, con un certo letterato Zhu Ming- pone per ognuno di noi. In particolare come possono incontrarsi e cono-
chang, che lopera di Ricci ha lo stile degli antichi saggi cinesi. Consi- scersi meglio l'Occidente e la Cina, superando le generalizzazioni arbitra-
glia ai suoi contemporanei di tenerne una copia a portata di mano per rie sugli "Occidentali" o sui "Cinesi", oltre ai loro rispettivi presupposti o
poter dire qualche cosa alle persone che si perdono nelle amicizie su- pregiudizi? In breve, come comunicare?
perflue, pensando, nel contesto generale dell'epoca, a coloro che ap-
profittano "dell'amicizia" per una loro promozione nell'apparato buro- Il caso di Ricci è uno straordinario esempio di riuscita in questo cam-
cratico.
po, come è evidente nel procedimento di elaborazione e nella linee guida
Teniamo tuttavia presente che sotto la dinastia Ming e sotto la dinastia del Dell'Amicizia. L'amichevole incontro fra Ricci e i suoi amici cinesi
seguente, quella dei Qing, l'ultima della Cina antica, è stata conservata la confuciani culmina nella richiesta rivoltagli di scrivere questo libro e nel-
!' aiuto che riceve per la sua pubblicazione e la sua diffusione. L'incontro
ha un fondamento di natura etica: le relazioni dei letterati dell'epoca mo-
Liu Cong, Le !ien entre Le Traité de l'Amitié de Ricci avec l'éco!e Yangming, ibid.,
p. 82.
10 Facciamo osservare che questi commentatori e amici di Matteo .Ricci sono
pressoché tutti sotto l'influenza della scuola Yangming, come si può leggere 11 V. Norman Kutcher, The /i/th relationship: dangerous friendships in the con/ucian
nell'articolo di Liu Cong. context, in: "The American Historical Review", 105, 5, 2000, pp. 1615-1629.

58 59 Comrnunio 237
strano bene che quando sono entrati in contatto con Ricci non sapevano studiare e esercitarsi continuamente non è anche ciò un piacere? Condivi-
nulla della religione che professava, né della cultura da cui proveniva. So- dere lo studio con amici che vengono da luoghi lontani, non è anche ciò
no attratti inizialmente dalla sua virtù e dalla sua erudizione e hanno poi una gioia» e sentiamo una voce lontana ma intellegibile che troverà la sua
cominciato a interessarsi alla religione cristiana e alla scienza occidentale. eco nel Dell'Amicizia, una eco che ci parla ancora oggi.
Qui la virtù ha avuto un ruolo fondamentale, nel senso che Ricci, senza
perdere di vista la sua missione e la sua volontà di condividere ciò che (Traduzione dal francese di Ida Bona/i)
lui ritiene vero e prezioso, è capace di grande coraggio e di un'impressio-
nante disponibilità di spirito; si è sforzato di entrare nel cuore stesso della Nota biografica
Rong Hengying, è nata a Shanghai nel 1991. Allieva dell'Ecole Normale
civiltà cinese, di impregnarsi totalmente delle sue tradizioni rituali e reto-
Supérieure, Parigi, (Sélection Internationale Lettres 2012), ha conseguito il master in
riche, dialogando così con sincerità e umanità con i Cinesi in un rapporto filosofia contemporanea ENS-EHESS.
di amicizia.
Siamo capaci di fare altrettanto? Siamo in grado di affermare e comu-
nicare ciò che noi riteniamo vero e prezioso e essere allo stesso tempo di-
sponibili, a scoprire con pazienza e curiosità ciò che è vero e prezioso per
l'altro? E evidente che la sfida è grande, bisogna astenersi sia dalla forte
tentazione del relativismo, sia dall'angosciante pressione del consumismo.
Solo in questo modo è possibile non perdersi in uno scontro di civiltà che
alcuni ritengono inevitabile, o nel divertimento di ricuperare uno o l'altro
autore cinese nella rubrica di benessere orientale delle pubblicazioni alla
moda. Se non si vuole che la mondializzazione sia puramente e semplice-
mente inseguire degli interessi per quanto forti essi siano, occorre prende-
re sul serio il messaggio di Ricci, è importante per gli individui come pure
per le culture.

Nel Dell'Amicizia non incontriamo raffigurazioni venerabili e inamida-


te di Ricci, grande missionario di fronte agli eruditi confuciani o una sa-
piente compilazione di parole degli Antichi che oggi sarebbero superate,
veniamo invece introdotti in un dialogo sempre attuale anche se arriva
da lontano. Certamente la scuola di Yangming, in voga sotto la dinastia
Ming, ha preparato un terreno favorevole per Ricci che ha così potuto pe-
RIVISTA TEOLOGICA DI LUGANO
numero 2/2013
netrare nella cerchia dei letterati confuciani e fare l'elogio dell'amicizia, Editol'iale
André~Marie .forumanis
per poi in seguito scambiare con loro idee più ampie e più profonde sulla
Articoli
scienza occidentale ed anche sulla religione cristiana. Questo felice incon- Héul Tremblay, Ce que Jm:eph Ratzinger!Benoit XVI lègue à la postérité
Sttit'ano Violi. {,a rinuncia di lh•nedetto XVI. Tra storia. dirUlo e cosci(mza
tro fra l'amicizia universale e l'amicizia sotto il cielo ha probabilmente le
Contributi
sue radici in un passato più lontano. Se risaliamo a prima dell'istituzione Pascal !de, Bonum diffusivum sui et uxitmHeditus selon l1althasar. Une reler.rw·e à partir de f'amour de don
lnos Biffi. il Croc{/'isso risorto e ylorioso e l'umanità in lui predestinata
del Confucianesimo, come insegnamento dottrinale, verso il iii secolo a.C., Miscellanea
la "scuola confuciana" quando era vivo Confucio non era forse «come un Costanle Murnbelli, Attualità della filosofia di san 1'.murwso l~ il cosiddetto «tomismm} analitico
Valerio Lazzeri, Esp<!rir•nza spiriluafo, predicazionr• ecdesiale e rijkssione teologica
gruppo di amici cui piaceva dibattere insieme le questioni del loro tem- Artur Zuk, "J cinque altari" della comunità coniuqale l~familiare: Wl modello innovativo di spiritualità
~farcdlo Fidanzio, Alaestro dove abili? Arwrlura del V anno cfoi corsi a (ferusalemmt?, classe di Archeologia e
po»? 12 . Ricordiamo l'inizio dei Dialoghi di Confucio: «Il Maestro dice: geografia
Recensioni

12 Anne Cheng, Les Entretiens de Con/ucius, Editions du Seuil, Paris 1981,


introduzione, p.13.

60 61 Communio 23 7
Morale cattolica, non poteva essere più felice. Il legame tra loro li accom-
L'amicizia fra pagnò tutta la vita e fu caratterizzato da profonda amicizia e alto confronto
intellettuale sugli aspetti più rilevanti della temperie storica e culturale in
Manzoni e Rosmini cui vivevano. Un confronto in cui le divergenze non erano poche, come
quelle sull'intuizione dell'idea dell'essere, sulla lingua unitaria da adottare,
di sulla formula politica per l'Italia da unire, ma erano divergenze che trova-
Rita Zama vano una unità di fondo nella comune visione antropologica cristianamen-
te ispirata; visione che per loro fungeva da faro nelle rispettiva ricerche fi-
losofiche e produzioni letterarie, in aperta e chiara opposizione
all'ideologia sensista allora dominante che vedeva, tra l'altro, nell'utilitari-
smo economico una delle sue più evidenti espressioni.
Il primo luglio 1855 Manzoni era al capezzale di Rosmini e a lui il sa-
cerdote e futuro beato affida il suo testamento spirituale: "Adorare, Tace-
re, Godere".
Significativa, per lambire il rapporto di amicizia dei nostri autori, è la
dedica che Rosmini fa a Manzoni nell'opera Del divino nella natura; divino
che è <<Comun patrimonio della Poesia e della Filosofia»:
«Se non conoscessi per lunga esperienza quanto può l'amicizia nell'anima vostra, o
Parlare dell'amicizia fra Alessandro Manzoni e Antonio Rosmini è mol- Alessandro, temerei di sembrarvi indiscreto ed intemperante rivolgendovi il discor-
so in iscritto, non contento de' lunghi colloqui, ne' quali voi condiscendete a meco
to più che raccontare una vicenda storica: è entrare nel cuore pulsante del-
intrattenervi.
l'Ottocento, un cuore che, per tanti suoi aspetti, non ha smesso di battere Ma d'una parte l'amicizia m'assicura di poterlo osare impunemente, dall'altra non
e, anzi, può ancora irrorare il nostro presente con la sua vitalità, il suo ca- parrà strano a nessuno, se non fosse a voi .solo, ch'io brami così di provocare il vo-
lore e le sue intuizioni. stro giudizio sopra queste mie ricerche intorno al divino nell'ordine della natura,
che riguardano cosa che si può dire comun patrimonio della Poesia e della Filoso-
fia. Qualora me lo negaste, io mi rivolgerei all'intera Italia, e le domanderei chi mai
sia colui, che tra tutti i suoi figli, abbia più altamente pensato e sentito il nesso e
1. Cenni biografici l'intima unione di quelle due nobilissime figlie del pensiero umano, e gliel abbia
fatto sentire meglio di chicchessia e in modo novo e suo proprio; e credo per certo,
Era il marzo 1826 quando Niccolò Tommaseo presentò il ventinoven- che a questo appello, voi vi turereste gli orecchi per non udire la risposta. Ma que-
sto movimento involontario vi tradirebbe, e io v'avrei, caro Alessandro, convinto se
ne sacerdote roveretano al già noto letterato quarantunenne nella casa in
non confesso. [ ... ]
via Morone a Milano, dove Manzoni risiedeva con la sua amata Enrichetta Queste mie ricerche in fatti si volgono intorno a ciò che chiamo divino nella natura
Blondel, i figli e la mamma Giulia Beccaria. La mediazione di Tommaseo dell'universo [. .. ]; e parmi che appunto da quello che, eccedendo i nostri limiti,
non era casuale: pochi sanno che Rosmini lo aveva ospitato, qualche anno c'ingrandisce colla stessa maraviglia (voi certo non mel negate) tanto il Filosofo,
prima, nel suo alloggio a Padova dove studiava teologia ed era stato tra i quanto il Poeta derivino ogni loro potenza e grazia, e prendano l'ali ad ogni volo
sublime. Ché ciò che è divino, e che luce nel seno del mistero, è come il loro co-
primi a riconoscerne la genialità, pur dentro un carattere esuberante e in-
mune alimento, pel quale il poeta e il filosofo vivono immortali 2.
stabile.
L'incontro tra il giovane sacerdote-filosofo, che si apprestava a scrivere È una dedica molto ricca il cui commento potrebbe, da solo, occupare
il Nuovo Saggio sull'origine delle idee con l'intento di «ristorare le rovine lo spazio di un articolo. La ricerca del divino nella natura è la fonte prima
della filosofia per farla servire alla Religione» 1 e l'affermato poeta-lettera- a cui attingono, con lo stupore e la meraviglia, il poeta e il filosofo, una
to che, fra l'altro, aveva composto gli Inni Sacri e la prima edizione della fonte che li fa innalzare alla contemplazione della verità («prendano l'ali

1 Lettera al Tommaseo, 8 novembre 1827, Epistolario completo di Antonio Rosmini 2 A. Rosmini, Del divino nella natura, a cura di P.P. Ottonello, Edizione Critica
Serbati prete roveretano, Tip. G. Pane, Casale Monferrato, 1887-1894, t. II, p. 340. Nazionale, Roma, Città Nuova, 1991, pp. 19-21.

62 63 Communio 23 7
ad ogni volo sublime» 3) e solo da essa derivano la grandezza e l'immorta- in uno sterile intellettualismo elitario, ma ha come riferimento il senso co-
lità delle loro opere. Ma la distinzione tra poesia e filosofia non esprime mune degli uomini.
per Rosmini solo una distinzione tra lui e Manzoni; nella parte iniziale del-
la dedica, Rosmini riconosce a Manzoni il merito di aver «più altamente
pensato e sentito il nesso e l'intima unione [delle] due nobilissime figlie 2. Le divergenze
del pensiero umano», in un modo diverso (<<in modo novo») e originale
(«suo proprio»). Basta guardare con meno distrazione tutto il corpus della Le divergenze d' opinioni tra i due amici non furono poche e toccarono
produzione manzoniana per rendersi conto di quanto Rosmini abbia ra- alcuni tra i più significativi aspetti della temperie culturale in cui vivevano.
gione e di come «Manzoni - con le parole di Garin - si poneva [. ..] La prima divergenza è su due argomenti linguistici: uno, maggiormente
con tutta chiarezza il problema della filosofia: di una filosofia originale co- filosofico, sul ruolo del linguaggio nel processo conoscitivo, l'altro preva-
me critica dei fondamenti e delle opinioni» 4• lentemente storico, riguardante il tipo di lingua da adottare per l'Italia.
Ed è proprio in un'opera filosofica, Il Dialogo dell'invenzione, che L'altra divergenza è di carattere politico e concerne le visioni di un diverso
Manzoni, d'altro canto, scrive una delle pagine più belle sulla filosofia modello di unificazione nazionale.
di Rosmini di cui riporto solo un breve stralcio: L'entusiasmo manifestato da Manzoni nel 1830 alla lettura dei primi
due tomi del Nuovo Saggio di Rosmini tende a raffreddarsi alla lettura
PRIMO: [... ] Ché uno de' grandi effetti di questa filosofia [rosminiana] è appunto
di mantenere e di rivendicare all'umanità il possesso di quelle verità che sono come dei successivi tomi, per la difficoltà a condividere due aspetti che, secondo
il suo natural patrimonio, contro de' sistemi, i quali, se non riescono a levarle af- il roveretano, ineriscono all'idea dell'essere: l'innatismo e l'indeterminatez-
fatto nemmeno dalle menti de' loro seguaci, fanno che ci rimangano come contrad- za. L'idea dell'essere è il fulcro del sistema filosofico di Rosmini: «l'uomo
dizioni. Qui vi rallegrerete di sentire un vero rispetto per l'intelligenza umana, una non può pensare a nulla senza l'idea dell'essere»; ed è garanzia dell'ogget-
fondata fiducia nella ragione umana, riconoscendo bensì come l'una e laltra sia li- tività della conoscenza: «l'aver [.. .] questa idea, equivale ad avere la pos-
mitata nella cognizione della verità, ma sentendovi sicuri che non sono, né possono
essere condannate a errori fatali; anzi ricavando questa sicurezza anche da quel ri-
sibilità di vedere le cose in sé» 6 • Da questi presupposti scaturiscono i re-
conoscimento; giacché i limiti attestano il possesso, col circoscriverlo. Un vero e quisiti dell'idea dell'essere che consistono nell' innat!Smo e
alto rispetto, dico, per l'intelligenza e per la ragione comune, impresse da una bon- nell'indeterminatezza. L'idea dell'essere è innata perché non derivata o ac-
tà onnipotente, in tutti gli uomini; e in paragone delle quali, la superiorità degl'in- quisita da altre idee ed è indeterminata perché universale e capace di de-
gegni più elevati, è come l' altezze de' monti, in paragone della profondità della ter- terminare tutte le cose. Sono proprio queste le caratteristiche che Manzoni
ra. E non c'è scapito se, scemando un poco l'ammirazione per alcuni, cresce la
afferma di non capire, pur nella condivisione del ruolo generale assunto
stima per tutti» 5 .
dall'idea dell'essere. Egli sostiene l'incomprensibilità dell'innatismo di
Anche il commento di questo stralcio meriterebbe molto spazio; sotto- una tale idea e l'impossibilità di farsi «una idea d'una idea assolutamente
lineo solo la comprensione profonda, da parte di Manzoni, del filo condut- indeterminata». Accanto a questa pars destruens, Manzoni propone anche
tore di tutta l'enorme ricerca filosofica rosminiana: la fiducia nelle poten- una pars construens incentrata sulla teoria della 'virtù rivelativa' della pa-
zialità di una ragione non autoreferenziale, una ragione che interpreta i rola; afferma Manzoni: «Le dirò o Le ridirò ch'io vo sospettando, arzigo-
suoi limiti come potenzialità e non come inibizioni. Ricerca filosofica golando, chimerizzando che la parola, con quella virtù sui generis con la
poi che, con la bella metafora della montagna e della terra, non si chiude quale move la nostra mente ad atti che senza questo mezzo essa non po-
trebbe produrre, la porti anche a quel primo ed universale concetto del-
1' ente» 7 • Le posizioni teoretiche tra i due amici sono molto diverse: per
3 Sembra di leggere l'incipit dell'enciclica Fides et Ratio: «La fede e la ragione sono Manzoni il linguaggio 'provoca' l'idea dell'essere e le singole idee e ne è
come le due ali con le quali lo spirito umano s'innalza verso la contemplazione della
verità».
4 E. Garin, Manzoni e la filosofia, in Atti del Convegno di studi manzoniani: (Ro1na-
Firenze, 12-14 marzo 1973), Roma, Accademia Nazionale dei Lincei, 1974, pp. 91- 6 A. Rosmini, Nuovo Saggio sull'Origine delle Idee, a cura di G. Messina, Edizione
2:103. Critica Nazionale, 3 voli., Città Nuova, Roma 2003-2005, II, pp.26;48.
5 A. Manzoni, Dell'invenzione e altri scritti/iloso/ici, Edizione Nazionale ed Europea 7 Lettera a Rosmini, 22 aprile 1830, in A. Manzoni, Carteggio Alessandro Manzoni -
delle Opere di Alessandro Manzoni, Milano, Centro Nazionale Studi Manzoniani, Antonio Rosmini, Edizione Nazionale ed Europea delle Opere di Alessandro Manzoni,
2002, pp. 220-221 (da qui in poi, nel testo, con la sigla DI seguita da numero di Centro Nazionale Studi Manzoniani, Milano 2003, pp.39-40 (da qui in poi, nel testo,
pagina). con la sigla MR seguita da numero di pagina).

64 65 Communio 23 7
parte attiva nel processo di formazione delle stesse, per Rosmini il linguag- prattutto, di porre delle solide basi per la formazione di una stabile allean-
gio ha solo una funzione strumentale, è solo uno strumento che indica le za politica, in forma cli confederazione, fra gli Stati presenti sulla Penisola
idee. con a capo proprio il papa. Rosmini affermava: «L'unità nella varietà è la
L'altra divergenza di carattere linguistico vede il rovesciamento delle definizione della bellezza. Ora la bellezza è per l'Italia. Unità la più stretta
parti: se abbiamo appena visto Manzoni critico di un aspetto del cuore possibile in una sua naturale varietà» 8 , Manzoni vedeva invece nella con-
della filosofia rosminiana (un aspetto che aveva creato anche tante incom- federazione «una nuova forma della nefasta divisione dell'Italia» 9 e non
prensioni con le accuse di ontologismo e panteismo), nella seguente trovia- credeva che il papa potesse avere forza aggregativa, al contrario, auspicava
mo Rosmini altrettanto critico di alcuni aspetti del cuore della teoria lin- la fine del potere temporale della Chiesa ("la spada nuoce al pastorale"),
guistica manzoniana sulla lingua unitaria per l'Italia. Il letterato, come pur continuando ad avere venerazione per il successore di Pietro e schie-
noto, dopo la pubblicazione dell'edizione del 1827 degli Sposi Promessi, randosi a favore del dogma dell'infallibilità pontificia promulgato nel Con-
si trasferisce per qualche mese a Firenze al fine di 'risciacquare i panni cilio Vaticano I del 1870. Nell'impossibilità di ripercorrere tutti i momenti
in Arno', per revisionare la lingua del romanzo secondo il fiorentino par- di questo acceso confronto, ricordo solo che i due amici vissero un ruolo
lato dagli uomini colti. Soluzione, questa della lingua fiorentina parlata, di primo piano nel panorama politico e si possono a pieno titolo conside-
che Manzoni vede come risposta all'esigenza di dare unità linguistica (e rare come veri e propri padri del Risorgimento.
politica) alla Penisola.
Rosmini, pur riconoscendo il primato linguistico fiorentino, giudicava
troppo riduttiva la proposta manzoniana di assumere come unico criterio 3. La comune antropologia
di scelta l'uso sincronico orale della lingua, senza alcun riferimento né a
procedimenti logici della lingua come l'analogia, né alla sua storia come Queste divergenze, che mostrano tra l'altro l'enorme spessore specula-
l'etimologia, né al carattere scritto e, in particolare, alla parte scritta colta tivo dei due amici, si ponevano su uno sfondo di pieno e condiviso impe-
e scientifica della lingua. Rosmini poi pensava ad una diffusione di questa gno ctùturale, e non ultimo spirituale, di sostanziale difesa e, soprattutto,
lingua non con metodi forzatamente impositivi, ma al contrario riteneva di riproposta in termini moderni, cli una visione antropologica cristiana nei
«dover esser più facile, com'è più equo e più nazionale, il volere coopera- rispettivi e vari campi del sapere quali la filosofia, la letteratura, l' econo-
tori nella formazione di questa lingua tutti gl'Italiani e principali i Fioren- mia, la storia ... Ed è qui che, a mio parere, il cuore dell'amicizia tra Man-
tini, anzi che affidar tutta l'opera a' soli Fiorentini» (MR, 83). Solo per in- zoni e Rosmini, se ascoltato e valorizzato, può continuare a pulsare e ad
ciso, è interessante notare come questi rilievi di Rosmini siano offrire all'annosa questione antropologica fecondi spunti cli riflessione.
sostanzialmente gli stessi formulati da Grazia dio Isaia Ascoli trent'anni do- Manzoni aveva respirato a pieni polmoni, nella Parigi del primo Otto-
po nel Proemio all'«Archivio glottologico italiano», rilievi che costituiranno cento, la cultura sensista, con le declinazioni fisiologiste degli Idéologues, e
il cuore dell' antimanzonismo linguistico di buona parte della critica suc- ne conosceva molto bene i limiti, soprattutto dopo la conversione al catto-
cessiva. licesimo del 1810. Rosmini, oltre al sensismo aveva confutato apertamente
L'ultima divergenza riguarda i diversi modelli di unificazione nazionale il razionalismo kantiano e, in anticipo su tutti, l'idealismo hegeliano (cono-
a cui i due amici facevano riferimento. Entrambi avevano come riferimen- scendo bene il tedesco era stato fra i primi a leggere e tradurre le opere di
to costante l'unità d'Italia, ma le modalità di realizzazione di questa erano Hegel), tutti sistemi che, pur nelle diverse articolazioni, avevano come co-
intese in modo differente: Rosmini era un convinto confederalista e Man- stante un riduzionismo antropologico in termini rispettivamente materiali-
zoni un altrettanto convinta unitarista. I due amici, pur con sensibilità e sti, intellettualisti e spiritualisti.
stili diversi, si spesero in prima persona per la causa risorgimentale. L'impegno dei due amici era di riproporre tutta la validità e la forza di
Non a caso nel cruciale 1848 videro la luce opere tenute nel cassetto di- una visione antropologica integrata e integrale cristianamente ispirata: in-
versi anni come, per Manzoni, il Marzo 1821 («una d' arme, di lingua, d' al-
tare») e il Proclama di Rimini, e per Rosmini, Le cinque piaghe della santa
Chiesa. La corrispondenza fra i due amici testimonia poi la stretta vicinan- s A. Rosrnini, Sull'unità d'Italia, in Scritti Politici, a cura di U. Muratore, Stresa,
Edizioni Rosminiane, 1997, p. 256.
za di Manzoni a Rosmini nella delicatissima missione diplomatica, affidata 9 A. Manzoni, La Rivoluzione Francese del 1789 e La Rivoluzione Italiana del 1859.
a quest'ultimo da Carlo Alberto, presso il papa Pio IX allo scopo di stipu- Dell'incHpendenza dell'Italia, Edizione Nazionale ed Europea delle Opere di
lare un concordato tra lo Stato piemontese e lo Stato della Chiesa e, so- Alessandro Manzoni, Centro Nazionale Studi Manzoniani, 2000, p. 285.

66 67 Communio 23 7
tegrata nella complessità delle sue facoltà fisiche, ment.ali. e. spirit~ali, con- Se la natura dell'uomo include la dimensione trascendente, un ruolo
tro qualsiasi riduzionismo biologista, razionalista e m1sttc1s~a, e :nt~grale tutto particolare lo detiene il trascendente cristiano proprio a motivo del-
nella completezza di una dimensione trascenden:~ che ~vita ?1 .ridurre l'incarnazione, del Logos che diventa carne e che fa in modo che il movi-
l'uomo ad una visione puramente immanente e gli 1mped1sce d1 ritrovare mento non è più solo quello dell'uomo che si apre verso Dio, ma anche di
delle verità oggettive, di esprimere chiari giudizi sul bene e sul male ogget- un Dio che si apre verso l'uomo e gli fa conoscere la sua vera natura, il
tivamente fondati sulla conoscenza dell'essere, di po~er c~nosc.ere la v~ra senso profondo della sua vita e più in generale il senso ultimo degli avve-
essenza dell'uomo e in essa essere pienamente liberi. E la s1tuaz1one od~e~­ nimenti pur tra loro contrastanti. Una tra le pagine più belle delle Ossera-
na denunciata tante volte da Benedetto XVI come «dittatura del rel~t:v1- zioni sulla morale cattolica - un'opera purtroppo poco conosciuta - sem-
smo», la quale conduce in ambito etico alla perdita del bene cond1v1so, bra essere scritta dopo il Concilio Vaticano II e dopo l'enciclica Redemptor
aprendo la strada a prevaricazioni di parte. . . . Hominis di Giovanni Paolo II:
Non a caso uno dei temi prioritari dei due amici è quello d1 nbadlre la
«Ciò che è, e ciò che dovrebb'essere; la miseria e la concupiscenza, e l'idea sempre
coerente nece:sità di una filosofia che contempli la metafisica, di una ra- viva di perfezione e d'ordine che troviamo ugualmente in noi; il bene e il male; le
gione che si apra alla fede. Scrive Manzoni nel Dialogo dell'invenzione: parole della sapienza divina, e i vani discorsi degli uomini; la gioia vigilante del giu-
«E che? si vorrebbe forse, che, per esser raziornùe, per ~imaner libera, .~na filosofia sto, i dolori e le consolazioni ciel pentito, e lo spavento o l'imperturbablità del mal-
vagio; i trionfi della giustizia, e quelli dell'iniquità; i disegni degli uomini condotti a
dovesse pronunziare o ammettere a priori, che tra la ragione: l~ fede ce r:~~gnan­
za? cioè, 0 che l'intelligenza dell'uomo è illimitata, o che è h.m1tata la verlta? ?ue- termine tra mille ostacoli, o fatti andare a vòto da un ostacolo impreveduto; la fede
sto sì, che sarebbe anti-razionale, anti-filosofico, per non dir altro. Questa s1 che che aspetta la promessa, e che sente la vanità di ciò che passa, l'incredulità stessa;
tutto si spiega col Vangelo, tutto conferma il Vangelo. [... ]E più s'esamina questa
sarebbe servitù, e una tristissima servitù. [... ] .
Come gli errori scientifici possono, nella mente de~'uomo, e.sse~e ostacoli alla fede; religione, più si crede che è essa che ha riveleato l'uomo all'uomo, che essa suppo-
così le verità rivelate possono essere aiuti per la scienza; po1che, facendo c?noscer ne nel suo Fondatore la cognizione la più universale, la più intima, la più profetica
le cose nelle loro relazioni con l'ordine soprannaturale, le fann~, necessanam:nte d'ogni nostro sentimento» 12 •
conoscer di più; e quindi la scienza può procedere da un no,to pm vast? ~': ricer-
1
che e alle scoperte sue proprie. Ora l'accrescere le forze ~una facolta , e forse
In modo analogo, per Rosmini solo il cristianesimo è la chiave erme-
uno snaturarla? Il somministrarle novi mezzi, è forse un distruggerla?» (DI, 225-
neutica per la comprensione dell'uomo, di Dio e della storia, ma c'è qual-
226). cosa in più: la grazia sacramentale. Nello specifico del cattolicesimo, con
l'intervento della grazia, «azione divina che congiunge lo spirito umano
Analogamente per Rosmini il superamento della visi~ne di ~pposizione
ad intima e reale unione con la divinità» (AS, 75) - «quella grazia che»,
tra fede e ragione può esserci solo con un attento e seno stud10 antropo-
per Manzoni, «non è mai dovuta, ma che non è mai negata a chi la chiede
logico da cui si evince che la persona, per la sua compone~te intelle:tuale,
con sincero desiderio, e con umile fiducia» (OMC, 75) - il coinvolgimento
è naturalmente aperta all'infinito, al soprannaturale e puo trovare il vero
del divino nell'umano investe tutta la persona, la quale arriva così al suo
appagamento unicamente nell'incontro con l'Essere infinito e reale:
pieno compimento e alla sua piena felicità. Ed è proprio a tali altezze, teo-
«Tutte le facoltà degli animali si riducono al senso pel quale n?n s'esigono ~he. degli logiche e antropologiche, piace concludere questo lavoro, che viene ideal-
oggetti materiali. L'uomo fornito ?'inte.ll.ig~n~a pu~ estendersi oltre tutto 1 umvers~ mente dedicato a Benedetto XVI:
materiale, può aver degli oggetti nob1hss1m1. Sara dunque buo~o, ar?omento d1
escludere la comunicazione dell'uomo con Dio questo, c~e perc?e. l an1tnale bruto «Il sistema del cristianesimo tutto insieme preso, sistema che non può essere finto
non può godere dell'essere infinito, limitato :om'~ ai sensi matenali per questo~~~ eia mente umana perché abbraccia il principio ciel mondo e si continua con tutta la
possa goderne né pur l'uomo fornito d'una 111t:ll1genza che non ammette confm~~ serie degli avvenin1enti, è quel solo che spiega la storia dell'umanità, che dà ragione
Non è forse quest'essere infinito un oggetto cosi re~le ~o~e.qualunque altro? O p1~ cli tutti i fatti più importanti avvenuti al mondo, che è conforme alla natura di Dio,
tosto non è egli l'oggetto più reale di tutti? E perche D10 s1 tiene n.ascosto, non potra e che interpreta i bisogni dell'uomo e gli soddisfa pienamente. [. .. ]
mai rivelarsi alle sue creature? Sarà necessariamente fra queste e~ loro Creatore u~ Ma a tanti argomenti illustrati dagli apologisti del cristianesimo nel sistema catto-
tal muro filosofico di separazione? Se la filosofia è quella che erI?e un ttf muro, e
migliore a dir vero la semplicità dell'uomo incolto d'una tale sapienza» ·

Nazionale, II voli., Roma, Città Nuova, 1983, I, p.247 (da qui in poi, nel testo, con la
sigla AS seguita dal numero cli pagina).
10 Questa espressione richiama da vicino gli appelli di Benedetto XVI ad «allargare gli 12 A. Manzoni, Osservazioni sulla morale cattolica, a cura di Romano Amerio, 3 voll.,

spazi della ragione». . . . c .. Milano-Napoli, Riccardo Ricciarcli Editore, 1965, II, p. 14 (eia qui in poi, nel testo, con
11 A. Rosmini, Antropologia soprannaturale, a cura d1 U. Muratore, Ed1z1one nuca la sigla OMC seguita dal numero di pagina).

68 69 Communio 23 7
lico sopraggiunge la grazia la quale finisce di vi~c~re, e t~ion~a ragionevol~mente
dell'uomo; dico ragionevolmente perché la gr_azia e luce ,rntenore;__: comp~:iento
della sua stessa ragione: di che il sistema cattolico non puo essere p1_L~ uno, pm coe-
Jacques Maritain
rente e logico, più serrato e inattaccabile perché perfettamente pm consentaneo
con se medesimo» (AS, I, 268-269).
L'amicizia di un cristiano
«Coll'azione divina viene creata in noi una nuova potenza: questa comincia ad esi-
di
stere in noi, quando prima non esisteva; ed ella è un elemento, un'.1 part~ della no-
stra essenza. [... ] dee essere necessariamente insensibile questo pnmo effetto della Giovanni Grandi
arazia in noi perché la grazia agisce [. .. ] in modo creatrice, non fa altro che creare,
~he mettere 'in noi una potenza nuova, che ingrandisce la nostra essenza» (AS, I,
95).

Nota biografica
Rita Zama è studiosa del pensiero di Manzoni e di Rosmini. Ha un assegn_o ~i
ricerca presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, dove h~ co?segmto ~
dottorato di ricerca sui rapporti tra il pensiero filosofico e quello letterano di ManzonL
Ha la laurea in filosofia, con una tesi su La persona e la libertà i~ l}ntonto Rosmtnz
(Edizioni Sodalitas, 2006) e il diploma di magistero in Scienze Religiose.

Tra i titoli riferibili a Jacques Maritain la parola "amicizia" ricorre


esplicitamente in un solo saggio, molto breve, pubblicato a margine del
Diario di Ra!ssa 1 dal titolo Amore e amicizia 2 • Ben più noto è invece il vo-
lume I GrandiAmici3, che non a caso non è a firma diJacques ma proprio
della moglie Ra!ssa, che racconta in forma rimeditata le vicende di alcune
delle "grandi amicizie" - così vuole il titolo originale, Les Grandes Amitiés
- che hanno segnato la vicenda biografica del filosofo francese, special-
mente nella prima metà del Novecento.
Piero Viotto ha offerto in tempi più recenti una recensione dei profili
di intellettuali e artisti che in tempi diversi hanno fatto riferimento ai Ma-
4
ritain : lo spaccato è impressionante per il livello e la quantità delle fre-
quentazioni, e non vi è dubbio che la capacità di generare relazioni appas-
sionate e stimolanti sia stata una caratteristica portante del profilo di
Maritain.

R. Maritain, Journa! de Ralssa, Paris, 1963; tr. it.: Diario di'Raissa, Morcelliana,
Brescia 1966.
2 J. Maritain, Amor et amitié, in "Nova et Vetera", n.4, 1963, pp.241-279; tr. it.:
Amore e amicizia, Morcelliana, Brescia 1967 3 .
3 R. Maritain, Les gmndes amitiés, Desclée de Brouwer, Paris 1948; l'edizione
definitiva raccoglie in un unico volume la prima parte, uscita nel 1941, con il titolo Les
grandes amitìés, Souvenirs e la seconda, pubblicata nel 1946, con il titolo Les aventures
de !a grace. Tr. it.: I grandi amici, Vita e Pensiero, Milano 1991 2 .
4 P. Viotto, Grandi amicizie. I Maritain e i loro contemporanei, Città Nuova, Roma
2008. A questo notevole lavoro di raccolta potrà fare riferimento chi desiderasse avere
una panoramica complessiva delle frequentazioni dei Maritain.

70 71 Communio 237
Chi però si aspettasse di veder rifluire una così ric~a esperienza nelle Lourié ... Casa Maritain rappresenta tuttavia un luogo di incontro fin da-
pagine del piccolo saggio teorico-fil?sofic~ del 1?63 nmar:ebbe. ~eluso: gli inizi degli anni Venti, nell'abitazione di Versailles. Jean-Luc Barré,
qui il punto focale è piuttosto la relazione di donazione tr~ gli sposi, mqu~­ ricostruendo le vicende dell'epoca, annota così l'atmosfera singolare
drata nel riferimento all'amore di Dio e all'amore per Dio. Amore e ami- che vi si respirava:
cizia sono presentati - sulla scia di Tommaso d'Aqui?o 5 - co?1e ~ue for-
«Ciò che fa sì che uomini e donne di ogni età, origine, condizione e confessione,
me dell'amore di dilezione, diversificate nel fatto di essere il pnmo un filosofi, medici, poeti, musicisti, sia cattolici sia protestanti, ortodossi, ebrei o mis-
dono diretto e scoperto di sé, la seconda in dono coperto e indiretto. credenti, accorrano già la domenica pomeriggio a Versailles prima di affluire a
Nell'amicizia, spiega Maritain: Meudon, è l'affascinante originalità dei loro ospiti, che si manifesta nella qualità
degli incontri e dei confronti che sanno dispensare intorno a loro e nel clima di
«l'amico, dando quello che ha, dona anche certamente in un ce:t? ,modo : nello libertà su cui non pesa alcuna autorità apparente» 7•
stesso tempo ciò che egli è, la sua persona o la sua st~ssa. soggettJVIta [... ] :1 dona,
dunque, certamente e realmente, ma copertamente e ~dir~ttamente, mediante al- Lo stesso Jacques ha individuato nei suoi diari la formula che rendeva
tra cosa, o, in altri termini, mediante e grazie ad alcum dom che nascon~ono so:to così attraente l'ospitalità domestica:
dei secrni il dono di se stesso e, più o meno, lo frammentano; [ ... ]. Nell ar:i?re, 111-
vece, ~ell'amore di dimensioni puramente umane, in cui è impegnato lo spmto [ ... ] «Non andavano a scuola e non si riunivano in una sala di un collegio o di un con-
la persona 0 soggettività si dà direttamente, scopertamente, o a nudo s~nza nascon- vento per ascoltate l'insegnamento di un maestro o fare un seminario con lui; non
dersi sotto le specie di alcun altro dono meno assolutamente totale» · erano neppure gli ospiti di un intellettuale più o meno infagottato che li faceva se-
dere e offriva loro da bere prima di scambiarsi le idee. Venivano accolti nella casa
Lo spunto sarebbe senza dubbio meritevole di attenzione, e c~rto val~ di una famiglia: erano gli ospiti di Rai'ssa Maritain. Riunioni di questo tipo e un
come inquadramento generale del tema. Ci so~~ tuttavia ,alc~~i .aspetti lavoro come questo sono inconcepibili senza un'atmosfera femminile» 8.
qualificanti di una concezione esigente ed ongma~e dell ami~izi~: che Un senso di calda accoglienza creava il contesto più adatto per accom-
emergono più facilmente attraverso alcuni scorci tratti dalle rel~z~om mtes~ pagnare il confronto tra persone molto diverse tra loro. Ci sono dunque
sute dal filosofo e che forse - ad uno sguardo forse meno condizionato da1 anzitutto un tratto domestico e una familiarità nell'accostare i nuovi venu-
titoli - hanno trovato una codifica teorica in altre pagine. ti, qualcosa di spontaneo e certamente non costruito, che possono essere
Si può allora immaginare un breve percorso alla ric.erca ~i ~ffo~di e d~ considerati come la grande cornice entro cui le amicizie prendono vita,
sottolineature tratte dalla biografia, che consentano di rest1tmre l idea di vengono alimentate e custodite.
amicizia praticata da Maritain e poi consegnata - in una sintesi o~m~i ma~
tura - ad alcune riflessioni sulla possibilità di quelle buone relaz1om tra 1
diversi che potremmo collocare nell'idea classica di "amicizia civile".
2. Intrecci biografici: l'amicizia come simmetria dei percorsi spirituali?

Un secondo tratto notevole emerge considerando le relazioni di cui


1. Luoghi e atmosfere: dimore dell'amicizia ~ Rai:ssa riferisce con maggiore dettaglio e che naturalmente hanno coinvolto

Il periodo in cui maggiormente Maritain rappresentò un ~u_nto di ~t­ i sia lei cheJacques ai primi del Novecento: quella con Ernest Psichari e con
Charles Péguy.
trazione intellettuale per il contesto francese (e non solo) e mdubbia-
mente quello che va dal 1929 al 1939: in questi anni la cas~ di Meudo?
I
l Il sodalizio tra Ernest eJacques risale probabilmente all'ottobre 1898,

è il ritrovo per la maggior parte delle p~rsonalità che e~pnmono la v~­


I con una reciproca adozione nelle rispettive famiglie: la sorella di Ernest,

vacità culturale dell'epoca: il padre Garngou-Lagrange, il futuro cardi-


nale Journet, Nikolaj Berdjaev, Étienne Gilson, Georges Ro~ault, Gino
i Rendette, dirà di Maritain che a parere di tutti «era l'amico perfetto» 9 •
Il primo contatto con il direttore dei Cahiers de la Quinzaine è invece

Seve~ini, Charles Du Bos, Charles Maurras, Emmanuel Moumer, Arthur


I
I
del marzo 1901 ed è tutt'altro che pacato: Jacques ne contesta le critiche

Il rimando è in questo caso a Tommaso d'Aquino, Summa Th~ologiae, II-I~, q. 23,


I
l
7 J.-L. Barré, Jacques et Rafrra Maritain. Le Mendiants du Ciel, éditions Stock, Paris
1996; tr. it.: Jacques e Rai'ssa Maritain. Da intellettuali anarchici a testimoni cli Dio,
a. 1, Co.: «Respondeo dicendum quod, secundum philosophum, 111 VIII ~th1c., non 'M Edizioni Paoline, Milano 2000, p. 200.
quilibet amor habet rationem amicitiae, sed amor qui est cum benevolentia... ». i 8 Cfr. Ibidem.
a
6 J. Maritain, Amore e ainicizia, cit., p. 14.

72 I; Cfr. Ivi, p. 46.

73 Communio 23 7

...................
'"
•. 1
....................... ~,
cizia: al fondo di ogni relazione autentica e non strumentale si riverbera in
a Jean Jaurès 10 , ma tuttavia si accende una simpatia tra i due che sfocia
qualche modo la presenza dello Spirito di Dio. Alla luce di questa persua-
nella collaborazione alle iniziative editoriali.
sione verrebbe da pensare che Maritain, nel dispiegarsi delle relazioni di
Si tratta di due amicizie grandi, per quanto complesse e tormentate, si-
più antica data, abbia cercato di far emergere questo fondamento in modo
gnificative per il fatto di essere precedenti alla conversione al cattolicesimo
intransigente, quasi che la similitudine tra gli amici - una similitudine nella
dei Maritain, il cui battesimo avverrà nel 1906, avendo come padrino un
virtù, come voleva Aristotele 13 - dovesse esprimersi anche in una specula-
altro personaggio di rilievo come Léon Bloy. Il tema della conversione se-
rità dei percorsi spirituali, in una conversione al modo di J acques e Ra'issa.
gna infatti la storia di queste relazioni: in un certo senso si può dire che
J acques abbia lottato costantemente perché questi amici lo seguissero
nel suo stesso itinerario spirituale, facendo di questo snodo - il ritorno alla
fede per Péguy e la nascita alla fede per Ernest - quasi il baricentro della 3. Nuove declinazioni: dall'ansia per la conversione all'attesa ospitale
loro relazione. È la stessa Raissa a suggerire il nesso tra amicizia e attesa
Un'altra relazione decisamente significativa e altrettanto imperniata
della conversione:
sullo snodo della conversione è quella con J ean Cocteau. I contorni in que-
«Se la conversione di Charles Péguy, dopo un momento di felice sorpresa e un pe-
riodo di pura gioia, dovette certamente diventare stranamente fra lui e no~ ~n.a cau-
sto caso sono diversi: l'amicizia nacque negli anni Venti 14, e conobbe una
sa di dolorosa divergenza, fin al punto in cui della sua e della nostra am1c1zia non fase di coinvolto approfondimento fino al 1927; i quattro anni successivi
restò che la fedeltà, la conversione di Ernest Psichari sarebbe stata per Ernest e per furono tempo di scontro e di presa di distanza: Cocteau celebrò in modo
11
J acques un rinsaldarsi dei legami fraterni» . sempre più pubblico l'omosessualità trovando il fermo dissenso di Mari-
L'itinerario di Psichari, che morirà sulla Marna nel 1914, è segnato da tain. Dal 1931 fino alla morte dello scrittore la loro relazione si sfilò dalle
una certa linearità: arruolato nell'esercito coloniale del Congo, via via sca- luci della ribalta, ritrovando nella reciproca fedeltà un punto fermo: J ac-
vato nell'anima dall'esperienza del deserto, giungerà alla fede poco prima ques ricorderà con commozione Cocteau raccolto in preghiera sul letto
di partire per il fronte della Grande Guerra. Per quanto nella sua fase di di morte di Ra'issa nel 1960.
dedizione allo spirito delle armi avesse trattato con ironia l'amico, - che Dalla metà degli anni Venti Maritain appare già come un punto di ri-
auspicava di vederlo ancora in terra africana, ma missionario - il loro rap- ferimento nella cultura francese; Jean-Luc Barré annota che è ormai <<un
porto non fu mai conflittuale. Péguy invece, scomparso a sua volta sul uomo in grado di condizionare l'attività creativa del suo tempo, proprio
fronte a pochi giorni di distanza da Ernest, fu protagonista di una vicenda perché condivide da vicino l'esistenza di alcuni fra i suoi scrittori più im-
biografica più complessa, caratterizzata - tra l'altro - da uno scon~ro .a portanti. Con il più lontano tra loro, Andrè Gide, fino ai più vicini come
tratti acceso con la dimensione istituzionale ed intellettuale del cattolicesi- Jean Cocteau, Julien Green, a cui andrà ad aggiungersi ben presto Fran-
mo; J acques non mancava di sollecitarlo ad una adesione integrale alla çois Mauriac, prenderanno l'avvio dialoghi e controversie a proposito del-
Chiesa, con modi piuttosto ruvidi talvolta, che pro~abilmente incisero l'esercizio del romanzo che, tutto sommato, saranno indissociabili da un
su una relazione che pure voleva essere franca e forte. E interessante il fat- dato essenziale della sensibilità e della vita di ciascuno di loro: I'omoses-
to che Ra'issa, ricordando le circostanze che portarono alla rottura del le- sualità» 15 •
game - riannodato poco prima della morte del direttore del Cahiers - ab- L'amicizia con Cocteau va evidenziata in particolare per il momento
bia annotato che il marito si sia espresso in un messaggio «in quei termini pubblico che conobbe nello scambio di lettere - concordato tra i due - dif-
poco dolci di cui lui ha il segreto e che mi astengo dal riferire letteralmen- fuso nel 1926 16 . Al di là della riflessione sulla funzione del romanzo e del
te» 12. Péguy non fu affatto docile alle pressioni di Maritain e certo questi romanziere che entrambi affrontano, un primo aspetto interessante è qui
non risparmiò all'amico le spigolosità del neoconvertito. la dimensione del confronto, che non è più solo quella privata: si fa strada
Guardando a questi due legami intensi, sorti molto presto, si potrebbe
forse ritrovare una prima declinazione dell'idea portante di Amore e ami-
l3 Aristotele, Etica Nicomachea, VIII (0), 3, 1156 b 7-8.
l4 Cfr. M. Bressolette, Le frère portier et !'acrobate, in ]ean Cocteau - ]acques Maritain,
Gallimard, Paris 1993, p. 11.
10 Politico e intellettuale socialista, criticato da Péguy. 15 J.-L. Barré, ]acquese Rai'ssa Maritain. Da intellettuali anarchici a testimoni di Dio,
11 R. Maritain, I grandi amici, cit. p. 296. cit., p. 311.
12 Jacques restituì al mittente L'Ordination, di Julien Benda, appena pubblicato da
16 Entrambi i testi sono ora raccolti in ]ean Cocteau - ]acques Maritain, cit.
Péguy tra i Cahiers. Cfr. Ivi, p. 272.
75 Communio 23 7
74
la questione della funzione pubblica dell'intellettuale e quindi anche del- 5. Spunti per una sintesi teorica
1' eco della sua spiritualità. Il tema della conversione rimane centrale ma
acquista una profondità diversa. Al tempo stesso, nella declinazione di Molte altre esemplarità si potrebbero naturalmente trarre dalla biogra-
un'amicizia tra uomini che si riconoscevano nella loro diversità, si possono fia maritainiana, tuttavia le relazioni ricordate sopra restituiscono efficace-
notare toni più concilianti rispetto a quelli che hanno contraddistinto gli mente la maturazione del senso dell'amicizia di un cristiano appassionato
scambi con Péguy, pur nel permanere della fermezza dei distinguo. come lo fu J acques.
In molti hanno rimproverato qui a Maritain eccessiva ingenuità nel dar Dopo la conversione, la questione della fede e un senso di missionarie-
credito alle aperture di Cocteau alla fede, essendo questi noto per la sua tà rimasero per lui costantemente lo snodo centrale: Maritain non si espri-
incostanza. Tuttavia De Tonquédec ha probabilmente colto già all'epoca merà mai esercitando una sorta di epoché sul proprio credo; con lucidità
una nuova sfumatura nei modi di Jacques: ne Le Paysan de la Garonne denuncerà l'impossibilità di mettere tra paren-
«Maritain - ha scritto a proposito dello scambio epistolare tra i due - è un com- tesi - o «in cassaforte» come scriverà - le proprie convinzioni 19 • Ma pro-
posto originale di intransigenza e di dolcezza, di intellettualismo sfavillante e di prio nel riconoscere questa impossibilità come un dato antropologico, si
profondo misticismo. È questo che affascina. E poi, a coloro che vengono a chie- può dire che abbia maturato l'idea che nei rapporti di amicizia tra persone
dergli aiuto svela ancora un'altra cosa: una carità fraterna, che interpreta tutto in
positivo fino ai limiti del possibile e un partito preso di indulgenza verso ogni de-
diverse sia necessario concedere maggiore spazio all'esplicitazione intellet-
bolezza umana, congiunti, per alleanza naturale, alla preoccupazione di gettare i tuale chiara delle persuasioni di ciascuno, procurando però di alimentare
malati nel bagno di luce pura che è il solo a poterli guarire» 17 . in modo proporzionale sul piano affettivo la reciproca simpatia e acco-
glienza.
Questa sorta di doppio registro tra il livello dello scambio intellettuale
e quello più radicale e affettivo della relazione di amicizia trova una codi- Questa idea non la ritroviamo esplicitata in Amore a amicizia, ma è pos-
fica celebre proprio nelle lettere del 1926. Scrive Maritain: sibile apprezzarla in alcuni passaggi di un altro saggio del 1957, Tolleranza
e verità 20 • Qui si può dire che anche l'intuizione del valore pubblico delle
«Il nostro intento è di cercare il positivo in tutte le cose, di avvalerci del vero più
grandi amicizie tra intellettuali di diversa provenienza e realizzazione di vi-
per guarire che per picchiare. C'è così poco amore nel mondo, i cuori sono così
freddi, così congelati, anche tra coloro che hanno ragione, gli unici che potrebbero ta - come lo furono appunto Maritain e Cocteau - trovi finalmente espres-
aiutare gli altri. Dobbiamo avere lo spirito duro e il cuore tenero. Senza contare gli sione matura. La distinzione tra il piano intellettuale e quello affettivo è
spiriti molli dal cuore arido, il mondo non è fatto pressoché d'altro che di spiriti ora declinata secondo una linea lievemente diversa, ma sempre ben rico-
duri dal cuore arido e di cuori molli dallo spirito molle» 18 . noscibile: il giusto livello di incontro tra diversi, o meglio il livello in cui
Nell'amicizia con Cocteau si potrebbe dire che Jacques abbia provato a può concretizzarsi quell'amicizia civile che sostiene di fatto una società, ri-
dare ancora più spazio alla tenerezza del cuore, quasi portando all'interno mane quello dei rapporti personali. È qui che entra in gioco la «tenerezza
della relazione di amicizia quella accoglienza e quell'ospitalità che fin da di cuore», mentre sul piano dello scambio di idee va conservata la <<durez-
principio avevano caratterizzato i luoghi dei Maritain, in particolare grazie za di spirito»:
alla cura femminile di Ra'issa. La fiducia nelle dichiarazioni dello scrittore «Non ci sarà allora tolleranza tra sistemi - un sistema non può tollerare un altro
circa il suo trasporto spirituale - forse eccessiva ad uno sguardo asettico - sistema, perché i sistemi sono insiemi astratti di idee e hanno solo un'esistenza in-
se riletta anche alla luce della fedeltà del rapporto dopo gli anni della crisi, tellettuale nella quale la volontà di tollerare o di non tollerare non ha parte di sorta
mostra forse una maggiore delicatezza proprio relativamente alle attese di - ma potrà esserci giustizia, giustizia intellettuale tra sistemi filosofici. E tra filosofi
potrà esserci tolleranza, e più che tolleranza: potrà esserci una specie di coopera-
ordine spirituale. L'idealità di un'amicizia fatta di simmetrie di percorsi è
zione e di buon compagnonnage, fondato sulla giustizia intellettuale e stù dovere
ormai superata: l'accoglienza dell'altro nella sua diversità e nel rispetto del- filosofico di comprendere il pensiero degli altri nel modo vero e migliore. Anzi,
le sue vie di ricerca appare invece come un tratto di primo piano nel rap- meglio: non c'è giustizia intellettuale senza l'assistenza e la carità intellettuale» 21 .
porto interpersonale.

19 Cfr. J. Maritain, Le paysan de la Garonne, Desclée de Brouwer, Bruger-Paris 1966;


17 J. De Tonquédec, Jean Cocteau et Jacques Maritati1, in "Etudes", CLXXXVIII, 5 tr. it.: Il contadino della Garonna, Morcelliana, Brescia 1969, pp. 214-215.
juillet, 1926; cit. in J.-L. Barré, Jacques e Rai'ssa Maritain. Da intellettuali anarchici a 20 J. Maritain, Tolleranza e verità (1957), in Le philosophe dans la cité, Alsatia, Paris
testimoni di Dio, cit., p. 264. 1960; tr. it. in Il filosofo nella società, Morcelliana, Brescia 1976, pp. 61-79.
18 J. Maritain, Réponse à Jean Cocteau, in Jean Cocteau - Jacques Maritain, cit., p. 336. 21 J. Maritain, Tolleranza e verità, cit., pp. 69-70.

76 77 Communio 23 7
Il tema dell'amicizia ritorna esplicitamente poco dopo, e si coglie come flitti, ma capace di viverli intensamente e lealmente sul piano delle diver-
assuma ormai un respiro politico, in cui tuttavia è possibile ritrovare in fi- genze intellettuali, senza trascriverle in inimicizia sul piano delle relazioni
ligrana proprio l'esperienza delle tante relazioni strette con personalità di- personali.
verse, a cui Maritain ha saputo far posto e a cui probabilmente ha lasciato Anche dal punto di vista dell'amicizia di un cristiano, che non mette
qualcosa di significativo anche sul piano della testimonianza di un cristia- tra parentesi la questione della conversione di ciascuno, l'impressione è
no: che il filosofo francese abbia progressivamente dilatato lo spazio dell' at-
«Il termine fellowship connota qualcosa di positivo nelle relazioni umane. Esso tesa dell'altro, dei suoi modi e dei suoi tempi. Nella riflessione della ma-
evoca l'idea di compagni di viaggio che per caso si ritrovano riuniti quaggiù e turità si ritrova sempre la chiarezza delle posizioni, ma non più quella
che camminano per le strade del mondo in buon accordo umano per quanto fon- intransigenza e quasi quella fretta nel misurare i passi spirituali degli
damentali siano le loro opposizioni - di buon umore e in cordiale solidarietà, o, per amici più grandi dei primi anni, dettata certo anche dall'affetto fraterno.
dire meglio: in amicale e servizievole disaccordm> 22 . In un bel passo de La persona e il bene comune possiamo scorgere I'e-
È a chiusura di questi passaggi che troviamo una traccia che potrà ri- laborazione del ruolo di chi accompagna l'altro in un itinerario di ma-
condurre anche ad Amore e amicizia: turazione:
«La base di un buon compagnonnage tra gli uomini di differenti ~redenze non è «In realtà, ciò che importa principahnente per l'educazione ed il progresso dell'es-
dell'ordine dell'intelletto e delle idee, ma del cuore e dell'amore. E l'amicizia na- sere umano, nell'ordine morale e spirituale, è il principio interiore: vale a dire, qui,
turale, ma ancor prima e innanzitutto la reciproca dilezione in Dio e per Dio. L'a- la natura e la grazia. I nostri mezzi non sono che degli ausiliari, la nostra arte, un' ar-
more non va alle essenze, né alle qualità, né alle idee: va alle persone; ed è il mistero te cooperatrice ministra rispetto a questo principio interiore» 25.
delle persone e della presenza divina in loro ad entrare qui in gioco. Il compagnon-
Il ruolo del testimone, anche nelle dinamiche della conversione perso-
nage, di cui parliamo non è il compagnonnage delle credenze, è il compagnonnage
nale, è subordinato all'iniziativa di quel «principio interiore» che poi è lo
degli uomini che credono» 23 •
Spirito di Dio: è un passo di consapevolezza che non sterilizza la compo-
Non si tratta, ed è agevole comprenderlo, di una riflessione da restrin- nente spirituale di un'amicizia tra diversi, ma certo la libera da un'impro-
gere ali' ambito delle relazioni tra persone appartenenti a diverse confessio- pria volontà di verifica di ciò che accade nell'interiorità dell'altro quanto
ni religiose. Dopo l'esilio durante la guerra, dopo il ritorno in Europa e alla sua lotta con lo Spirito di Dio.
l'esperienza di ambasciatore di Francia presso la Santa Sede e già da tem- Per quanto la riflessione teorica di Maritain sull'amicizia possa apparire
po inserito nel contesto americano, Maritain ha ormai maturato una visio- contratta, è probabile che anche a questo proposito si possa dire di lui
ne ampia della convivenza civile. Già dalle pagine de Il significato dell' a- quello che ha scritto un altro suo grande amico, Paolo VI, all'indomani del-
teismo contemporaneo 24 del 1949 aveva osservato che l'ateismo è una la sua morte: «Davvero un grande pensatore, maestro nell'arte di pensare,
posizione teorica, mentre sul piano esistenziale e pratico ogni uomo è di vivere, di pregare. Muore solo e povero, associato ai Petits Frères di pa-
un credente, ogni persona vive di convinzioni e di punti di riferimento. dre Foucauld. La sua voce, la sua figura resteranno nella tradizione del
In questo senso si coglie l'importanza che ancora una volta il filosofo rico- pensiero filosofico e della meditazione cattolica».
nosce alla relazione interpersonale, anche nella prospettiva di un avanza-
mento nella direzione della giustizia intellettuale. Nota biografica
Le grandi amicizie si direbbe abbiano offerto a Maritain la possibilità Giovanni Grandi è ricercatore in Filosofia Morale presso il Dipartimento di
di comprendere sempre più a fondo la sorprendente possibilità della Filosofia, Sociologia, Pedagogia e Psicologia Applicata dell'Università degli Studi di
Padova e docente di Antropologia applicata presso il Corso di Laurea Magistrale in
prossimità affettiva tra i diversi, fino a vedere in questa possibilità il fon- Scienze del Servizio Sociale del medesimo Ateneo. È stato Presidente del Centro Studi
damento per una società rinnovata. Un società non certo estranea ai con- Jacques Maritain (Portogruaro, VE) e dell'Istituto Jacques Maritain (Trieste). È
membro del Consiglio Scientifico dell'Istituto Internazionale Jacques Maritain e del
SOUQ (Centro Studi Sofferenza Urbana, Casa della Carità, Milano). Fa parte del
comita~o di direzione dell'annuario di filosofia "Anthrqpologica" (Ed. La Scuola) e
22 Ivi, p. 72.
della direzione della rivista "Dialoghi" (Ed. AVE). Tra le sue pubblicazioni: Essere
n Ivi, p. 74.
24 Cfr. La signification de l'athéisme contemporain, Desclée de Brouwer, Paris 1949;
tr. it. in J. Maritain, Ateùmo e ricerca di Dio, Massimo, Milano 1982, pp. 206-207
(Testo ripreso da J. Maritain, Il significato dell'ateismo contemporaneo, Morcelliana, 2
5 J. Maritain, La personne et le bien commun, Desclée de Brouwer 1946; tr. it.: La
Brescia 1950). persona e il bene comune, Morcelliana, Brescia 1995 10 , p.28.

78 79 Communio 237
utili. L'invisibile negli interventi di aiuto, Edizioni Meudon, Portogruaro, 2011;
Persona, felicità, educazione, La Scuola, Brescia 2010; Decidersi. Scegliere e decidere di Eros e Agape
sé secondo una prospettiva antropologica cristiana, Edizioni Meudon, Portogruaro 2009.
Il contributo di Benedetto XVI

di
Salvatore Vitiello

Il tema dell'amore, sia dal punto di vista antropologico che teologico,


ha costituito uno dei "cardini" del Pontificato di Benedetto XVI. «Siccome
Dio ci ha amati per primo (cfr lGv 4, 10), l'amore adesso non è più solo
HELDER CAMARA un "comandamento", ma è la risposta al dono dell'amore, col quale Dio ci
viene incontro» 1 • Infatti, il luminoso magistero di Benedetto XVI ha visto,
RIVOLUZIONE NELLA PACE nell'analisi della virtù teologale della carità, il proprio esordio e, insieme, il
UN'IDEOLOGIA DEL NOVECENTO proprio culmine: nella sua prima lettera enciclica Deus Caritas est, alla qua-
le il presente contributo farà precipuo riferimento, l'allora Pontefice ha
PAG. 200, € 18,00 sviluppato il rapporto tra le varie dimensioni dell'amore, inteso come iden-
ISBN 978-88-16-30533-5 tità propria di Dio e intima chiamata dell'uomo e della Chiesa, facendone
un cammino ragionevole per l'uomo verso Dio, un uomo che attraverso
l'esperienza antropologica dell'amore intuisce che esso può compiersi solo
GIORGIO BUCELLATI in Dio; nell'ultimo messaggio per la Quaresima 2 , firmato il 15 ottobre
2012, ha presentato nuovamente al mondo la realtà dell'amore quale "og-
ALLE ORIGINI DELLA POLITICA. getto" proprio della fede cattolica.
LA FORMAZIONE E LA CRESCITA DELLO In tal modo, Benedetto XVI ha offerto un fondamentale contributo alla
contemporanea presentazione della vera concezione di Dio, «in un mondo
STATO IN SIRO-MESOPOTAMIA
in cui al nome di Dio viene a volte collegata la vendetta e perfino il dovere
PAG. 352, € 28,00 dell'odio e della violenza» 3 , indicando il modo corretto di intendere la
ISBN 978-88-16-41214-9

Benedetto XVI, Deus Caritas est, Introduzione.


Id., Messaggio del Santo Padre per la Quaresima 2013, 15 ottobre 2012, Città del
Il
2

Jaca Book Il Vaticano 2012.


Id., Deus Caritas est, n. 1.

80 81 Communio 23 7
realtà stessa dell'amore, sottraendola ai riduzionismi, cui, dall'illuminismo tiva, "liberarsi" della Chiesa, con il suo insegnamento e i suoi precetti?
ad oggi, era stata sottoposta ed indicandola all'uomo quale unico, possibile Non dovrebbe, forse, più apprendere ciò che è vero e buono, per poi se-
principio di unità dell'esistenza, nella sua duplice, ma inscindibile dimen- guirlo umilmente? È giunto, forse il momento perché proprio l'uomo di-
sione corporea e spirituale. venga arbitro, anzi "creatore", del vero, del buono e, quindi, di se stesso?
In particolare, prendendo le mosse dalla grande critica filosofica del se- La risposta che Benedetto XVI offre a tali domande è la medesima che
colo scorso al Cristianesimo, Benedetto XVI volge uno sguardo alla conce- ha attraversato, di fatto, tutto il suo magistero, facendosi carico delle istan-
zione "pagana", sia antica sia contemporanea, dell'amore umano, per poi ze contemporanee più "insistenti", purificandole da ogni falsa pretesa e
presentare la grande e perenne novità cristiana. Il presente contributo si orientandole alla verità di Cristo e dell'uomo. Basti pensare, tra i tanti in-
articolerà analogamente in due parti: saranno presentati i passaggi fonda- terventi, alla Lectio divina, tenuta nel 2009 agli alunni del Pontificio Semi-
mentali del pensiero benedettiano, che si pone in dialogo con il pensiero nario Romano Maggiore, nella quale ha affermato: «Proprio questa asso-
contemporaneo, ripresenta e testimonia la verità del Cristianesimo, offren- lutizzazione dell'io è [ ... ] degradazione dell'uomo, non è conquista della
do un'efficace risposta, nella prospettiva dell'Anno della Fede, all' emer- libertà: il libertinismo non è libertà, è piuttosto il fallimento della libertà» 7 .
genza dell'analfabetismo religioso. E ancora, in risposta al desolante "appello alla disobbedienza" pro-
mosso da alcuni ecclesiastici di area germanica, nell'omelia della Messa cri-
smale del 2012 ha affrontato nuovamente, con disarmante chiarezza, il
rapporto tra libertà e obbedienza. Anzitutto, ha posto la domanda crucia-
1. Eros e agape: distinzione e unità
le: <<La disobbedienza è una via per rinnovare la Chiesa?» 8 • Quindi, dopo
aver mostrato come, effettivamente, Cristo Signore avesse purificato la
Nelle prime pagine della lettera enciclica, Benedetto XVI ha posto in
Legge di Dio dai vincoli delle tradizioni umane, ha indicato come, però,
rilievo come la novità del Cristianesimo, rispetto al pensiero pagano pre-
Cristo stesso concentri in Se stesso tutta la verità dell'uomo e, con ciò, l'u-
cristiano, si sia immediatamente tradotta anche in una novità "linguistica".
nico vero rinnovamento: «La conformazione a Cristo è il presupposto e la
Infatti, la parola eros, che nell'antica Grecia denotava «l'amore tra uomo e
base di ogni autentico rinnovamento». E non vi può essere conformazione
donna, che non nasce dal pensare e dal volere ma in certo qual modo s'im- a Cristo che esuli dalla Comunione con Lui, cioè dalla comunione sacra-
pone ali' essere umano» 4, scomparve nelle Sacre Scritture, in special modo, mentale, gerarchica e dottrinale con il Suo Corpo, che è la Chiesa. Solo
nel Nuovo Testamento, per lasciare spazio alla parola agape, quale espres- in Cristo l'uomo può trovare la vera libertà, perché in Lui solo dimora tut-
sione di una nuova, definitiva comprensione dell'amore, una comprensio- ta la verità, ogni vero compimento, l'unica e vera pace. E della Presenza
ne che ha, nella Croce di Cristo Dio, la propria origine. viva di Lui la Chiesa, per divina volontà, è custode e strumento.
«Nella critica al Cristianesimo - afferma Benedetto XVI - che si è svi- Nella Deus Caritas est l'allora Sommo Pontefice si pronuncia nello stes-
luppata con crescente radicalità a partire dall'illuminismo, questa novità è so senso, individuando nel dinamismo della vita cristiana l'unica vera rea-
stata valutata in modo assolutamente negativo. Il Cristianesimo, secondo lizzazione dell'amore umano. « ... L'eros ha bisogno di disciplina, di purifi-
Friedrich Nietzsche, avrebbe dato da bere del veleno ali' eros» 5, inibendo- cazione per donare all'uomo non il piacere di un istante, ma un certo
ne l'espressione e, in certo qual modo, snaturandolo, con l'esito di morti- pregustamento del vertice dell'esistenza, di quella beatitudine a cui tutto
ficare l'uomo e la sua libertà. il nostro essere tende» 9 • Ma prima di addentrarsi dentro la novità di tale
«Ma è veramente così?». Veramente la Chiesa preclude all'uomo l'e- dinamismo, compie un passo previo. Analizzando il mondo pre-cristiano -
sperienza vera e piena dell'amore? Davvero il Cristianesimo inquina una mondo dal quale, per certi versi, non sembra troppo distante la società
dimensione così essenziale dell'esistenza, quale «l'amore tra uomo e don- contemporanea -, pone in rilievo come l'eros fosse, allora, inteso anzitutto
na, nel quale corpo e anima concorrono inscindibilmente e all'essere uma- come "ebbrezza", «la sopraffazione della ragione da parte di una "pazzia
no si schiude una promessa di felicità che sembra irresistibile» 6 ? divina" che strappa l'uomo alla limitatezza della sua esistenza e, in questo
Davvero l'uomo, per essere "pienamente uomo'', dovrebbe, in defini-

7 Id., Visita al Pontificio Seminario Romano Maggiore in occasione della Festa della
4 Ivi,n.3 Madonna della Fiducia, Lectio Divina, 20 febbraio 2009.
Ibidem. Id., Santa Messa del Crisma, Omelia, 5 aprile 2012.
Ivi, n. 2. 9 Id., Deus Caritas est, n. 5.

82 83 Communio 23 7
essere sconvolto da una potenza divina, gli fa sperimentare la più alta bea- va nobiltà [... ]. L'apparente esaltazione del corpo può ben presto convertirsi in
titudine» 10 • Alla traduzione pratica di questo pensiero, all'istituto cioè del- odio verso la corporeità» 15 .
la "prostituzione sacra", si oppose con massima fermezza l'Antico Testa- Ponendo in luce la questione fondamentale, quale concezione cioè di
mento. uomo sia in gioco, Benedetto XVI ha smascherato la grande illusione edo-
Da questa breve analisi, Benedetto XVI desume due realtà: l'intimo le- nista del nostro secolo, che, mentre promette di esaltare l'umano, liberan-
game tra il Divino e l'amore, in quanto questo promette infinità, eternità, dolo da ogni legame, riduce l'amore - e con esso l'uomo - a "cosa", o,
cioè «una realtà più grande e totalmente altra rispetto alla quotidianità del nella migliore delle ipotesi, a un sentimento, che si impone all'uomo, senza
nostro esistere» 11 , e, in secondo luogo, la necessità di purificare la "via interpellarne né l'intelligenza, né la volontà. Mentre un corretto uso della
dell'amore", affinché l'uomo non si lasci, meramente, sopraffare dall'istin- ragione, illuminata dalla fede, ci fa intravvedere una diversa prospettiva.
to, degradando la vita umana da fine a "mezzo", ma abbracci le necessarie
«Anche se leros inizialmente è soprattutto bramoso, ascendente fascinazione per
purificazioni e maturazioni, affinché l'eros possa guarire in vista della sua
la grande promessa di felicità nell'avvicinarsi poi all'altro si porrà sempre meno
vera grandezza. L'eros, lamore ascendente e bramoso, ha bisogno, in ve- domande su di sé, cercherà sempre di più la felicità del!' altro, si preoccuperà sem-
rità, dell'agape, dell'amore discendente e oblativo, per maturare fino alla pre di più di lui, si donerà e desidererà "esserci per" l'altro. Così il momento del-
sua vera grandezza 12 • !'agape si inserisce in esso; altrimenti leros decade e perde anche la sua stessa na-
tura» 16 •

Ma dove la Chiesa ha appreso - e sempre nuovamente può apprendere


2. Dall'Eros all'Agape: la novità cristiana
- la verità sull'uomo e sull'amore? Come, nella storia, è stato possibile rea-
lizzare l'unità dell'amore e, quindi, l'unità dell'uomo? E come, con quali
L'esigenza di tale guarigione-purificazione dell'amore è insita nella co-
mezzi, potrà realizzarsi ancora oggi?
stituzione stessa dell'essere umano, composto di anima e corpo: «L'uomo
La dottrina della Chiesa circa l'identità della persona umana e l'irriduci-
diventa veramente se stesso, quando corpo e anima si ritrovano in intima
bile dignità che le è propria non nasce, anzitutto, da un particolare sistema
unità; la sfida dell'eros può dirsi veramente superata quando questa unifi-
di pensiero, né si propone come ideale da raggiungere attraverso continui
cazione è riuscita» 13 • La separazione radicale, di fatto attuata nel mondo sforzi. La via dell'amore vero, infatti, non è stata tracciata dall'uomo e da
contemporaneo, tra l'eros, inteso come amore possessivo, e lagape, inteso lui "esplorata", ma è stata tracciata e intrapresa da un Altro, secondo un di-
come amore oblativo, non è ravvisabile in una qualche diffidenza della segno che, attraverso la storia del Popolo eletto, culmina in Gesù Cristo, l' A-
Chiesa nei confronti della corporeità, sebbene - afferma Benedetto XVI more Incarnato e Crocifisso. Solo in questo Amore da parte di Dio, in que-
- tendenze in questo senso ci siano sempre state 14, ma nella stessa ingan- sto - arriva ad affermare Benedetto XVI - <<Eros di Dio per l'uomo [che] è
nevole esaltazione del corpo, cui oggi assistiamo e nella quale, in verità, insieme totalmente agape>> 17 , l'amore umano può trovare l'unica, sempre
«l'eros degradato a puro "sesso" diventa merce, una semplice "cosa" nuova radice, a partire dalla quale svilupparsi, anzitutto, come risposta ali' a-
che si può comprare o vendere, anzi l'uomo stesso diventa merce». more di Dio e, solo così, come vera possibilità di amore al prossimo.
«In realtà - continua Benedetto XVI - questo non è proprio il grande sì dell'uomo Si potrebbe affermare che il più grande contributo del Pontificato di
al suo corpo. Al contrario, egli ora considera il corpo e la sessualità come la parte Benedetto XVI sia quello di aver ricondotto le grandi questioni teologiche,
soltanto materiale di sé da adoperare e sfruttare con calcolo. Una parte, peraltro, filosofiche e giuridiche alla loro origine, di aver ricondotto i cristiani ali' o-
che egli non vede come un ambito della sua libertà, bensì come una qualcosa che, a rigine della fede, un'origine sempre nuova, l'unica dalla quale, cioè, oggi e
modo suo, tenta di rendere insieme piacevole e innocuo [. .. ]. La fede cristiana, al
contrario, ha considerato l'uomo sempre come essere uni-duale, nel quale spirito e
sempre, fino alla consumazione della storia, potrà scaturire la vera fede e,
materia si compenetrano a vicenda sperimentando proprio così ambedue una nuo- con essa, l'amore vero. Il Sommo Pontefice emerito ha cominciato quest' o-
pera di "ricapitolazione" proprio a partire dal primo numero della Deus
Caritas est: «All'origine dell'essere cristiano non c'è una decisione etica
10 Id., Deus Caritas est, n. 4.
11 Cfr. Ivi, n. 5.
12 Cfr. Ibidem. 15 Ibidem.
u Ibidem. 16 Ivi, n. 7.
14 Cfr. Ibidem. 17 Ivi, n. 10.

84 85 Communio 23 7
o una grande idea, bensì l'incontro con un Avvenimento, con una Persona, Da questa immedesimazione, infine, scaturisce la vera unità dell'amore
che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva» 18 • e, quindi, della persona umana, sia in se stessa, nella sua duplice dimensio-
Solo da qui, dall'incontro con l'Avvenimento, con la Persona di Gesù ne corporea e spirituale, sia con gli altri, in quanto
di Nazareth, Signore e Cristo, è possibile comprendere ogni altra "questio-
«l'unione con Cristo è allo stesso tempo unione con tutti gli altri ai quali Egli si
ne" e, nello specifico, l'insegnamento cristiano sulla virtù teologale della dona. Io non posso avere Cristo solo per me, posso appartenergli soltanto in unio-
carità. Solo nella viva esperienza dell'amore di Dio, l'uomo viene radicato ne con tutti quelli che sono diventati o diventeranno suoi. La comunione mi tira
nella perenne sorgente dell'amore, un amore, che si presenta come eros e, fuori di me stesso verso di Lui, e così anche verso l'unità con tutti i cristiani. Di-
insieme, agape. Eros, perché Dio ama in modo personale, elettivo ed ap- ventiamo "un solo Corpo", fusi insieme in un'unica esistenza. Amore per Dio e
amore per il prossimo sono ora veramente uniti» 23 .
passionato, muovendosi Egli per primo verso l'uomo e cercandolo con di-
vina ostinazione, al punto da farsi Uomo Egli stesso; agape, in quanto, non Questa "inclusione" della realtà tutta - nello specifico, !"'inclusione"
solo questo amore è donato in modo del tutto gratuito, senza alcun merito di ogni fratello - nell'Umanità santissima di Cristo costituisce, di fatto,
precedente, ma perché è un amore pronto sempre a perdonare, tanto il passaggio fondamentale, anzi, il "salto" vero e proprio dalla religiosità
grande «da rivolgere Dio contro se stesso», come, in un altro punto del- veterotestamentaria alla nuova ed eterna Alleanza nel Sangue di Cristo.
l'Enciclica, afferma ancora Benedetto XVI: Per il popolo di Israele, infatti, il rapporto col Dio vivo era necessariamen-
«La vera novità del Nuovo Testamento non sta in nuove idee, ma nella figura stessa te mediato dalla Legge e quindi, in ultima analisi, consegnato alla "presta-
di Cristo, che dà carne e sangue ai concetti - un realismo inaudito. [. .. ] Nella sua zione" religiosa del singolo, come emerge dalle domande degli interlocu-
morte in Croce si compie quel volgersi di Dio contro se stesso nel quale Egli si do- tori di Gesù: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere la vita
" ra d'JC al e» 19 .
na per rialzare l'uomo e salvar1o - amore, questo, nelia sua forma pm
eterna?» (Mc 10,17). Nella Nuova Alleanza, invece, Dio oltrepassa il velo
A partire da questa radice cristologica e sacramentale, da questo incon- della Legge, divenendo inaspettatamente "prossimo" ad ogni uomo, ren-
tro con l'Amore di Cristo, che abbraccia definitivamente l'uomo nel sacra- dendo quell'umanità che Egli, per amore nostro, ha assunto ~ la nostra
mento del Battesimo e lo rinnova continuamente nel sacramento dell'Eu- umanità! - il "nesso" con il Mistero. Ogni fratello, infatti, per la grazia sa-
caristia, è possibile entrare nel grande processo dell'amore, un processo cramentale del Battesimo, o per la "chiamata" a questa grazia, viene tra-
sempre in cammino, un «esodo permanente dell'io chiuso in se stesso ver- sfigurato nel nesso con il Mistero dell'Unico Dio. In questo modo, i due
so la sua liberazione nel dono di sé, e proprio così verso il ritrovamento di comandamenti dell'amore per Dio e dell'amore per il prossimo non sono
sé, anzi verso la scoperta di Dio» 20 . più separabili, ma divengono un'unica, radicalmente nuova, realtà: «Que-
Il processo dell'amore, infatti, non è mai concluso, ma matura in quella sto è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho
progressiva immedesimazione con Cristo, immedesimazione nella quale - amati» (Gv 15,12).
ricorda ancora il Santo Padre - gli antichi scorgevano l'essenza propria La Carìtas quindi, come esercizio dell'amore da parte della Chiesa, cioè
dell'amicizia: «Idem velie atque idem nolle - volere la stessa cosa e non vo- di uomini afferrati dall'Amore trinitario 24 , è «espressione irrinunciabile
lere la stessa cosa» 21 • della sua stessa essenza» 25 , "esercizio" guidato dalla fede, che nell'amore
Da questa immedesimazione col Cuore di Cristo, la quale può accadere diventa operante.
solo come dono dello Spirito Santo, che l'uomo accoglie e custodisce, «il
«L'azione pratica resta insufficiente se in essa non si rende percepibile l'amore
nostro volere e la volontà di Dio coincidono sempre di più: la volontà di per l'uomo, un amore che si nutre dell'incontro con Cristo. L'intima parteci-
Dio non è più per me una volontà estranea, che i comandamenti mi im- pazione personale al bisogno e alla sofferenza dell'altro diventa così un parte-
pongono dall'esterno, ma è la mia stessa volontà, in base all'esperienza cipargli me stesso: perché il dono non umili l'altro, devo dargli non soltanto
che, di fatto, Dio è più intimo a me di quanto lo sia io stesso» 22 • qualcosa di mio ma me stesso, devo essere presente nel dono come perso-
na» 26.

18 Ivi, n. 1.
19 Ivi, n. 12. 2.J Ivi, n. 14.
20 Ivi, n. 6. 24 Cfr. Ivi, n. 19.
21 Sallustio, De coniuratione Catilinae, XX, 4. 25 Ivi, n. 25.
22 Benedetto XVI, Deus Caritas est, n. 17. 26 Ivi, n. 34.
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Nell'incontro con Cristo sta, allora, l'origine dell'essere cristiano e nel-
l'unione con Lui il nucleo della vita cristiana, la verità stessa della Chiesa e
l'essenza della fede e dell'amore, quell'essenza che il Santo Padre Benedet-
to, con inaudita profondità teologica e altissima sensibilità mistica, ci ha
incessantemente mostrato, innanzitutto, come strada ragionevole per ogni
uomo e che, ora, in questo Anno della Fede, guidati dal Santo Padre Fran-
cesco, siamo chiamati, con forza, a riscoprire ed accogliere, com' egli ha af-
fermato nella sua prima lettera enciclica Lumen Fidei: «La fede trasforma
la persona intera, appunto in quanto essa si apre all'amore. [... ] La fede
conosce in quanto è legata all'amore. [... ] La comprensione della fede è
quella che nasce quando riceviamo il grande amore di Dio che trasforma
interiormente e ci dona occhi nuovi per vedere la realtà» 27 •

Nota biografica
Salvatore Vitiello è docente di Introduzione alla Teologia presso l'Università
Cattolica del Sacro Cuore Sede di Roma, di Teologia Sacramentaria presso l'Istituto
Superiore di Scienze Religiose di Torino e Coordinatore del Master di II Livello in
Architettura, Arti sacre e Liturgia dell'Università Europea di Roma.

trimestrale Abbonamento anno 2013


in collaborazione con ordinario in Italia € 44,50
ordinario estero (via aerea)
i teologi moralisti dell'atism Europa (stati UE + Svizzera) € 60,50
(associazione teologica italiana Resto del mondo € 63,50
per lo studio della morale) un numero € 13,30
arretrato € 13,30
27 Francesco, Lett. Enc. Lumen Fidei, 29 giugno 2013, n. 26.

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Un padre lo spirito per l'Europa alla ricerca dei luoghi della nuova presenza cristiana
nel mondo. Salì a Settignano sopra Firenze per incontrare don Divo Bar-
della Chiesa tra gli Elvezi sotti, fu in corrispondenza con Chiara Lubich per informarsi sugli esordi
dei Focolari, ebbe contatti con l'Opera di don Escrivà de Balaguer, strinse
legami di amicizia con i discepoli di don Giussani.
di
Alla scrittura mai abbandonata affidò la spiegazione di questa sua ine-
Elio Guerriero sausta ricerca. Abbattere i bastioni era l'invito pressante ad abbandonare le
antiche fortezze per mostrare al centro del mondo la sorgente indifesa del-
1' amore, il cuore di Cristo che tutti vuole attirare e salvare. Solo l'amore è
credibile annunciava il secondo movimento, quello dell'edificazione di una
comunità cristiana basata esclusivamente sull'amore. Pubblicato nel 1963,
in concomitanza con l'inizio del Vaticano II, il nuovo volume programma-
tico fu di stimolo per i padri. Al Concilio, tuttavia, von Balthasar, unico tra
i grandi teologi mitteleuropei, non venne invitato. Se ne restò nella sua Ba-
silea a portare avanti un'altra sfida, a scrivere la sua opera maggiore, latri-
logia di Gloria, Teodrammatica, Teologica. Partiva dall'estetica, edificata
sul fondamento della bellezza di Dio, la sua gloria manifestata sul volto tu-
mefatto di Cristo in croce. Proseguiva con la drammatica, l'azione d'amore
Venticinque anni fa, due giorni prima dell'imposizione del cappello avviata dal Padre con la generazione del Figlio e la creazione del mondo,
cardinalizio, moriva Hans Urs von Balthasar, «un padre della Chiesa portata a compimento dal Figlio che per gli uomini discende nel mondo e
perduto tra gli Elvezi», secondo una spiritosa definizione di padre de Lu- negli inferi prima che il Padre lo innalzi nuovamente alla sua destra. Con-
bac. Era questa l'impressione che faceva il teologo di Gloria, sempre trop- cludeva con la Logica che si interroga sulla verità del mondo e trova spie-
po avanti perché gli Elvezi, che eravamo tutti noi, potessero stargli dietro. gazione e pienezza nell'amore dello Spirito.
Dopo una formazione di eccellenza tra musica, letteratura e teologia, si Poi, nonostante le ripetute esclusioni, quando molti si precipitarono ad
era fatto gesuita e aveva scelto di iniziare il suo ministero tra i giovani stu- abbandonare la Chiesa o a criticarla impietosamente, il solitario di Basilea
denti cattolici dell'università di Basilea. Qui era entrato in contatto con ricordò il caso serio del martirio, la sfida della fedeltà a Cristo e alla Chie-
Adrienne von Speyr, una dottoressa in medicina che, dopo l'incontro sa. Come ricordava, però, lo stesso von Balthasar nel primo numero della
con l'assistente degli universitari, era passata alla confessione cattolica e rivista Communio nel 1972: «non si trattava di bravura, ma ora come sem-
aveva ricevuto una serie stupefacente di grazie mistiche. Von Balthasar pre del coraggio cristiano che rischia». Anche a costo di subire la sorte del
si convinse della bontà di queste illuminazioni che indicavano la via della chicco di grano che solo dopo essere stato gettato nel terreno porta il suo
frutto.
chenosi come chiave della comprensione del mistero di Dio e della sua
opera creativa e salvifica.
Insieme, von Balthasar e Adrienne, diedero poi inizio a piccole comu- Nota biografica
Elio Guerriero è curatore dell'edizione italiana delle opere di Hans Urs von
nità poste sotto il patrocinio di san Giovanni, l'apostolo che nell'ultima ce- Balthasar presso Jaca Book.
na poggiò il capo sul cuore di Gesù.
Non vennero compresi. La dottoressa poteva far suo l'antico lamento
del beato cardinal Newman: «La Chiesa desidera le conversioni, ma poi
non sa che farsene». Il religioso dovette abbandonare l'amata compagnia,
cui fece immediatamente seguito un viaggio in Germania, al monastero di
Maria Laach, per rinnovare i voti, quindi dovette abbandonare la diocesi
di Basilea per essere incardinato, diversi anni dopo, a Coira. Da parte sua
si lasciò scappare solo qualche sommesso lamento che mai mise in dubbio
la sua obbedienza ecclesiale. Iniziò, invece, una sorta di pellegrinaggio del-

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