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Basi bibliche
quindi solo nella carne (epifania), n la rivest solo come un semplice
involucro (docetismo gnostico). Che un dio ap12arissdnJorma umana
era un'idea familiar e ai lettori e non una cosa inverosimile;
inaudito il fatto che Dio si legasse direttamente a
-ti'n uomo terre-no. Una -mZa-;nazione rea e contraddice sia il pensiero
ellenistico,-sia quello sapienziale ebraico: la sapienza non si incarna in
un uomo determinato e rimane separata da coloro che rende saggi.
Qui invece si afferma l'incarnazione del L6gos divino: egli si
ca con un uomo storico concreto (il cui nome Ges Cristo ricorre
naturalmente solo nel commento di Gv l, 17). Preesistente non Ges,
)
ma il L6gos, che opera anche altrimenti nella creazione e nella storia del-
l'umanit, e Ges non il L6gos in quanto tale, ma il L6gos incarnato.
Il commento tira, in Gv 1,18, anche la conseguenza dall'inno: Dio
nessuno l'ha mai visto: proprio il Figlio unigenito (o: Dio?), che nel
grembo (o: sul seno) del Padre, lui (lo) ha rivelato. In qualit di L6-
gos-Figlio incarnato Ges il rivelatore, che pu spiegare realmente
Dio dall'interno, partendo da Dio stesso. Quanto Dio intendeva per-
seguire con la creazione, quanto egli aveva da dire nella storia dell'u-
manit e soprattutto di Israele divenuto chiaro in Ges di Nazaret;
qui egli si rivelato e comunicato a noi storicamente in maniera insu-
perabile. E guardando in direzione inversa: preesistente e mediatore
della creazione il L6gos, che in Ges Cristo divenuto storicamen-
te afferrabile e tangibile (1 Gv 1,1); Dio non altri che quello dive-
nuto qui trasparente, il Padre di questo Figlio.
2.4.3 .3. Il cammino terreno del Figlio incarnato di Dio
quale rivelazione e mediazione della salvezza
(vangelo di Giovannz)
I vangeli sinottici tramandano la fede in Ges Cristo quale Figlio
messianico di Dio narrandone il cammino; essi non fanno uso di enun-
ciazioni sulla sua preesistenza. Di queste ne abbiamo invece trovate in
singole formule e inni neotestamentari a Cristo, che per astraggono
in larga misura dalla storia concreta di Ges. Il vangelo di Giovanni
unz/ica le due cose: narra la storia di Ges e propone una cristologia del-
la preesistenza. Dal momento che esso comincia segnatamente con l'in-
no al L6gos, la preesistenza di questi e del Figlio unigenito, che sul
seno del Padre e lo ha rivelato, costituisce il punto di partenza e la
cornice complessiva di tutto il vangelo. Ges pertanto considerato
Nascita e sviluppo della cristologia del NT 101
fin dall'inizio della sua comparsa in pubblico come il Figlio manifesto
di Dio: egli rivela la propria vera essenza in grandi discorsi di rivela-
zione e in sublimi affermazioni a proposito di se stesso (espressioni lo
sono), che risultano impensabili nel caso del Ges sinottico; egli ope-
ra miracoli, che aprono ai discepoli gli occhi della fede in una manie-
ra cos chiara quale risulta propriamente possibile solo dopo la risur-
rezione; Ges sa tutto e anche nella sua passione si dimostra superio-
re alla propria sorte.
Discesa dal cielo - vita sulla terra - ascesa al Padre (preesistenza, in-
carnazione, innalzamento, postesistenza) sembra lo schema in cui Gio-
vanni inquadra il cammino di Ges. Egli certo non racconta diret-
tamente la preesistenza e la postesistenza, bens le spiega solo me-
diante metafore spaziali e temporali poste sulle labbra di Ges: lo so-
no di lass ... Io non sono di questo mondo (Gv 8,23); prima che
Abramo fosse, io sono (Gv 8,58) ecc. Massimo riserbo: viene illu-
strato solo quanto accade dopo l'incarnazione, dopo il modo di porsi
di Ges nel mondo. La preesistenza e l'incarnazione costituiscono lo
sfondo di tale descrizione: esse indicano l'origine non contemplabile
della Parola rivelatrice che Ges in tutta la sua umanit, indicano la
sua dimensione profonda. Ci dicono che la sua persona e il suo cam-
mino sono una iniziativa esclusiva di Dio per la salvezza degli uomini,
iniziativa intramondanamente non deducibile da alcuna premessa, per
cui essi hanno un carattere rivelatore e salvifico insuperabile. Il vange- r
lo non riflette sull'incarnazione in quanto tale, dominante l'idea del-
l' invio: il Padre, che ha la vita in se stesso ( Gv 5,26), ha inviato il
Figlio, il quale - in virt di questa origine divina reale e non usurpata
(Gv 1,18) - l'unico a poter rivelare al mondo perduto Dio e il suo )
amore salvante e a poterlo mettere in comunione con lui, cio a po- t
tergli dare la vita eterna (Gv 3,16s.36; 5,19-24.26 e passim).
/ r7:esta decisivo _significato salvifico di Ges il vangelo lo riassume
L
sotto forma di una testimonianza che Ges rende . di se stesso, quando
usa le note espressioni W sono, incui il suo dono - e cio in fondo lui
stesso - meta/oricamente identificato con ci di cui l'uomo elem_fl'Jtar-
mente vive: egli il . p_ane _della vita o i pane vivo ( Gv
6,35.41.48.51) e l'acqua viva (Gv 7,38; 4,13s.), che placa realmente
la sete e la fame di vita che attanagliano tutta l'umanit e che tra-
spaiono dai suoi innumerevoli miti (e prassi). Egli si offre come la lu-
ce del mondo, cio come colui che porta certezza e chiarezza nella si-
tuazione pericolosamente insicura dell'esistenza (Gv 8,12; 3,19-21;
9,5), come il vero pastore, che protegge e indica la via (Gv 10,11-16),

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