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Alice Mannocci - Studi osservazionali analitici

Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da
copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e
per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633).

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Indice

1. INTRODUZIONE ....................................................................................................................................... 3
2. GLI STUDI TRASVERSALI ANALITICI ......................................................................................................... 5
3. GLI STUDI DI COORTE ............................................................................................................................. 6
4. GLI STUDI CASO-CONTROLLO ............................................................................................................... 9
BIBLIOGRAFIA................................................................................................................................................ 13

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1. Introduzione

Scopo dell’epidemiologia analitica, o investigativa, è quello di confermare l’ipotesi che un

determinato fattore di rischio possa essere associato ad una determinata

patologia/outcome/evento; indagare, cioè, la relazione causa-effetto tra un fattore di esposizione

ed un evento.

Sono questi gli studi in cui ci si pone il tipico interrogativo “Perché?” e si cerca una volta

verificata l’associazione se sia di tipo causale, indiretta o spuria.

Questi studi fanno parte della ricerca primaria, studi primari, poiché sono lavori originali che

producono i loro risultati utilizzando dati raccolti ad hoc.

Per condurre uno studio analitico occorre avere a disposizione un campione estratto da

una certa popolazione.

Al fine di poter fare un ragionamento di tipo analitico sarà utile arrivare a distinguere il

campione in quali sono i soggetti esposti e non esposti ad un certo fattore che ipotizziamo essere

favorente/sfavorente un certo evento, e a loro volta ciascuno di questi gruppi, verrà classificato in

coloro che presentano l’evento o meno (per es. malati/sani).

Tipicamente in uno studio analitico ci si troverà davanti a 4 gruppi:

- esposti/malati

- esposti/sani

- non esposti/malati

- non esposti/sani.

Queste quantità saranno inserite in una tabella di frequenza 2X2.

Per provare l’esistenza di una relazione causa-effetto tra fattore ed evento occorrerà

studiare opportunamente questa tabella. Esistono diverse tecniche per costruire questa tabella e

per poterla analizzare; questi aspetti dipendono principalmente dal disegno di studio che viene

adottato.

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Tra le tecniche principalmente utilizzate per l’analisi si pensi alle analisi statistiche inferenziali,

da cui appunto deriva il nome “studi analitici” e alle misure epidemiologiche di associazione ed

occorrenza.

Gli studi analitici che andremo a descrivere sono gli studi trasversali analitici, di coorte e

caso-controllo (Figura1).

Figura 1. Rappresentazione schematica dei disegni degli studi epidemiologici.

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2. Gli studi trasversali analitici

Gli studi trasversali analitici si utilizzano quando in una popolazione, o in un campione di

essa, si vuole misurare la prevalenza di una malattia, o di un’altra condizione, l’esposizione ad un

determinato fattore di rischio, o la presenza di qualsiasi altra condizione che possa essere

causalmente correlata al fenomeno sanitario oggetto dello studio.

Lo studio trasversale è uno studio in cui la dimensione tempo è assente poiché la raccolta

delle informazioni relative all’evento e ai fattori di esposizione avviene nello stesso momento. Uno

studio trasversale può essere dunque considerato come “una fotografia istantanea” di un

campione di persone o di un’interra popolazione.

A differenza dei trasversali puramente descrittivi, in questi, si aggiunge un gruppo di

confronto ed è possibile oltre che studiare la prevalenza, anche applicare test d’ipotesi e stimare

la misura di rischio odds ratio.

Vantaggi:

o il ricercatore è completamente padrone della scelta sia della popolazione, sia dei

metodi di rilevazione (ad es. questionario e/o accertamenti clinici);

o relativamente poco costoso;

o se il campionamento è corretto, i risultati sono generalizzabili a tutta la popolazione;

o tempi rapidi di realizzazione.

Svantaggi:

o non fornisce indicazioni sull'incidenza ma solo sulla prevalenza;

o non adatto per condizioni molto rare o di corta durata;

o se si usa la sola intervista i dati sulle diagnosi o del fattore di rischio possono essere poco

attendibili;

o consente di studiare solo l’esistenza di un’associazione tra fattore ed evento, ma non

dimostra se sia di tipo causale.

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3. Gli studi di Coorte

Gli studi di coorte sono tra studi analitici quelli più attendibili per calcolare le misure

epidemiologiche che includono il tempo come elemento essenziale (incidenza, tassi d’incidenza,

rischio relativo, rischio attribuibile, ecc.).

Si definisce coorte un campione di una popolazione in cui sia possibile distinguere i soggetti

in esposti e non esposti ad un fattore “X” in esame.

L’idea è che il gruppo degli esposti e dei non esposti provenga dalla stessa popolazione

ovvero sia simile per distribuzione di genere, età, altri aspetti necessari ai fini dello studio e che

differisca esclusivamente per l’esposizione.

(Per comprendere tale concetto potremmo ritenere per certi versi uno studio di coorte

ideale quello che viene condotto nelle coppie di gemelli: uno dei quali verrebbe assegnato ad

un’esposizione e l’altro alla non esposizione).

L’ipotesi investigativa è che l’esposizione X sia associata ad un certo outcome “Y”.

Il ricercatore, quindi, una volta identificati esposti e non esposti, attenderà che nella coorte

si verifichino i casi Y. Il tempo di attesa, o durata di follow-up dello studio, viene decisa apriori nello

studio e può essere estremamente variabile a seconda del tipo di evento che vuole studiare

(figura 2).

Al temine del follow-up si passa all’analisi matematica dei dati raccolti.

Figura 2. Schema degli studi di coorte

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DIREZIONE DELL’INDAGINE

Negli studi di coorte è possibile calcolare test d’ipotesi e stimare le diverse misure di rischio

legate al fattore tempo: rischi relativi, rischi attribuibili, tassi d’incidenza, ma anche Odds Ratio.

NOTA: Certo è che studiare malattie rare con un disegno di studio di tipo coorte non è

assolutamente consigliato, sia perché si potrebbero rischiare di non osservare mai nessun caso, sia

perché la spesa economica e di tempo potrebbe essere insostenibile.

NOTA: Attenzione non è raro che vi sono alcuni esempi di studi di coorte di tipo

retrospettivo.

Fasi di uno studio di coorte

1. Identificazione degli esposti al fattore di rischio

2. Raccolta dei dati nel tempo (follow-up)

3. Viene misurata l’incidenza dell’evento in studio (I)

4. L’incidenza viene confrontata con misure di associazione attraverso differenze o

rapporti fra incidenze

Misure tipiche degli studi di coorte:

o Incidenza=Rischio o rischio assoluto: R = (a+c)/N

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o Rischio negli esposti: Rexp= a/(a+b)

o Rischio nei non esposti: Rnexp=c/(c+d)

o Rischio attribuibile: RA=Rexp-Rnexp

o Rischio relativo: RR= Rexp/Rnexp

o Frazione etiologia o attribuibile: RAE=(Rexp-Rnexp)/ Rexp*100

o Odds ratio: OR=a*d/b*c

Vantaggi

 Raccoglie informazioni su eventi che si sviluppano in successione temporale;

 Può valutare la causalità;

 Esamina diversi esiti per una stessa esposizione;

 Serve a esaminare esposizioni rare;

 Permette di calcolare i tassi negli individui esposti e non esposti, nel tempo (incidenza,

rischio relativo).

Svantaggi

 No adatto a malattie rare;

 Porre attenzione a creare un gruppo di confronto simile in tutto tranne che per la

condizione di interesse, ciò ci tutela dall’introdurre una distorsione sistematica che

rischia di invalidare i risultati detto bias di selezione: i soggetti selezionati devono

essere identici ad eccezione dell’esposizione all’agente eziologico;

 Bias d’informazione errori sistematici dovuti alla stesura dei questionari, errori

dell’osservatore, errori di chi risponde, errori degli strumenti, ecc. che possono portare

ad un’errata attribuzione dei soggetti al gruppo di esposti e non esposti, ma anche a

quello dei malati o dei sani.

Per esempio misurare l’altezza di un soggetto lasciandogli le scarpe indosso e quindi stimare

in modo errato il suo indice di massa corporea;

 Perdite di soggetti al follow-up

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4. Gli studi caso-controllo

Tra i principali limiti degli studi di coorte, vi sono:

- la durata che spesso risulta eccessiva nel caso di fattori di rischio che inducono eventi

dopo molto tempo (per es. la mortalità per tumore nel caso in cui il fattore di esposizione sia il fumo

di tabacco);

- lo studio delle malattie rare o eventi rari: negli studi di coorte per poter osservare un

numero adeguato di casi si rischierebbe di dover attendere un periodo troppo lungo o una

popolazione estremamente grande.

Per tali ragioni viene introdotto lo studio caso-controllo. In questo disegno il problema di

aspettare il verificarsi dei casi è superato: si parte direttamente dai casi disponibili, ovvero i soggetti

che presentato l’evento di interesse (figura 3) e di va a ritroso nel tempo per studiare le variabili di

esposizione che si reputano essere la causa dell’outcome in questione.

Gli studi caso-controllo sono studi che si concentrano su due gruppi di individui. I due

gruppi a confronto detti “casi” e “controlli” (figura 3).

Si definiscono:

- casi: soggetti affetti dalla particolare condizione in studio;

- controlli: soggetti con le stesse caratteristiche dei primi (per es. età, genere, residenza, etc.),

ma non affetti dalla particolare condizione in studio. controlli si cerca di sceglierli in modo

tale che provengano dalla stessa popolazione dei casi.

Per es. in uno studio su dei casi ospedalieri si possono prendere pazienti dello stesso

ospedale a condizione che la causa del ricovero non sia in alcun modo correlata alla patologia in

studio.

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Figura 3. Schema degli studi caso-controllo.

Gli studi caso-controllo sono studi esclusivamente retrospettivi ovvero l’indagine avviene

andando a ricercare indietro nel tempo la presenza delle fonti di esposizione di interesse sia nel

gruppo dei casi che dei controlli. Tale ricerca può essere piuttosto onerosa a seconda del tipo di

fattore che stiamo studiando, avremo per esempio necessità di consultare, registri, cartelle

cliniche, archivi, database ecc.

Inoltre, proprio per questo motivo si consiglia di utilizzare gli studi caso-controllo per studi di

fattori di rischio comuni e frequenti.

Spesso per recuperare informazioni è necessario ricorrere ad interviste che chiedano ai

soggetti di “ricordare” alcuni fatti/ esperienze utili per definire se quel soggetto è stato o meno

esposto. Tale richiesta può determinare una distorzione nella raccolta dei dati (recall bias): spesso

accade che i casi ricordino meglio l’esposizione rispetto ai controlli. Pensiamo per esempio a casi

di tumori allo stomaco, questi probabilmente ricorderanno meglio se hanno per esempio per

quanto tempo hanno consumato alimenti come frutta e verdura provenienti magari da aree con

discariche abusive o aree con elevato inquinamento atmosferico e del suolo.

Vantaggi:

o Semplice, poco costoso, rapido

o Consente di indagare contemporaneamente su diversi fattori di rischio

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o Utile per malattie rare

o Utile per valutare l’effetto di fattori di esposizione comuni e frequenti

o Permette di saggiare ipotesi

Svantaggi:

o complicato recuperare dati affidabili sull’esposizione nei casi e soprattutto nei controlli

o in alcuni casi può essere difficile stabilire la relazione temporale tra esposizione e malattia

o non è adatto a fattori di rischio poco frequenti

o rischio di recall bias: rischio di errore sistematico nella misurazione dell’esposizione dovuto al

ricordo dell’individuo più o meno accurato dell’eventuale esposizione.

o la scelta dei casi e dei relativi controlli è cruciale nel disegno dello studio. Una

selezione non corretta dei casi o dei controlli  Bias di selezione, un errore

sistematico nella individuazione dei casi e dei controlli: per esempio scegliere come

controlli un campione di volontari, o dei pazienti ospedalizzati per altra causa può

introdurre una distorsione, magari sono soggetti con livello culturale più elevato o

soggetti più fragili.

Faccio un esempio di bias di selezione per uno studio caso-controllo:

Si vuole condurre uno studio caso-controllo per studiare l'associazione fra infezione da

Chlamydia trachomatis e malattia infiammatoria pelvica (PID).

I casi vengono individuati negli ambulatori specializzati in malattie sessualmente trasmesse.

I controlli vengono selezionati fra le donne che afferiscono agli ambulatori per lo screening

periodico con Pap-test.

In questo caso è probabile che la stima dell'associazione sia distorta, dal momento che i

controlli sono selezionati in un gruppo a minor rischio di esposizione. Le donne che si sottopongono

allo screening, infatti, appartengono generalmente a strati culturali medio-alti della popolazione e

hanno meno frequentemente infezioni sessualmente trasmesse e, quindi, un rischio inferiore di

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infezione da Chlamydia rispetto alle donne seguite nei centri delle malattie sessualmente

trasmesse.

o Nel caso di utilizzo di interviste per recuperare informazioni vi è il rischio di

comportamenti differenti degli intervistatori con i casi rispetto ai controlli (interviewer

bias).

Fasi di uno studio caso-controllo:

1. Identificazione dei casi “incidenti” (utilizzo di fonti documentali/accertamenti clinici/

ecc.)

2. Selezione dei controlli (stesse caratteristiche dei casi ma non malati)

3. Raccolta dei dati retrospettivamente (utilizzando per casi e controlli le stesse

modalità)

4. Analisi dei dati (Odds ratio)

Misure tipiche degli studi

o Prevalenza

o Odds ratio: OR=a*d/b*c

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Bibliografia

 Rothman K J. Epidemiologia. Idelson-Gnocchi 2007

 Faggiano F, Donato F, Barbone F. Manuale di epidemiologia per la sanità

pubblica. Centro Scientifico Editore 2005

 Beaglehole R, Bonita R, Kjellström T. Epidemiologia di base. Folini editore 2003

[http://whqlibdoc.who.int/publications/1997/887266031_ita.pdf]

 PL Lopalco e AE Tozzi. Epidemiologia facile. 2003. Il Pensiero Scientifico

Editore.

 Signorelli C. Elementi di metodologia epidemiologica. Società Editrice

Universo, Roma 2001.

 Pillole di metodologia della ricerca. GIMBE 2010;3(2).

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