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COUNSELOR IN

NATUROPATIA OLISTICA
_________________________________

Il Counselor un processo di aiuto alla Crescita Umana


Manuale di Psicobiologia Olistica e Relazionale

“Counselor Olistico, è favorire la salute e l'evoluzione globale dell’individuo,


attraverso l'uso delle sole tecniche naturali, energetiche, psicosomatiche e interiori”
INTRODUZIONE

La consultazione di questo manuale didattico Counselor Naturopatico adatto non


solo a chi intraprende un percorso formativo, ma utile a chiunque desideri
approfondire il soggetto utile per una migliore condizione e raggiungimento di
benessere psico-fisico della persona. Lo studio del presente testo è una
introduzione orientata alle basi culturali, teoriche e pratiche del Counseling
Olistico, che tratta della “relazione di aiuto” come processo di crescita umana
e di sviluppo del potenziale umano. Ogni disciplina racchiude in sè le sue
caratteristiche, i suoi modelli, i suoi linguaggi e una propria visione d’aiuto. Di
fatto l’essere umano necessita di un aiuto rivolto ai suoi disagi e alle sue affezioni
di tipo unitario. Negli ultimi anni si è venuto a creare un processo di sintesi che
noi abbiamo previsto con ampio anticipo. Quello che a noi interessa, è rendere a
tutto l’ambito generale, una visione orientata alla crescita umana.
L’approccio Olistico del Counsuelor in Naturopatia serve a darvi un’idea generale della psicobiologia
sociale, secondo le normative europee della formazione al Counseling, che richiedono una base di psicologia
generale, dell’età evolutiva, di psicodinamica, di psicopatologia, della deontologia professionale, del Setting
ecc. Questo è il nostro intento: darvi degli strumenti di base, fornirvi una sintesi dell’enorme massa di
informazioni in modo da non perdervi, avendo ben chiari quelli che sono i limiti da una parte e la bellezza
professionale dall’altra.

UN SISTEMA CHE FUNZIONA E’ COORDINATO PER RISOLVERE PROBLEMI INERENTI AL COMPORTAMENTO UMANO
E ALLE
AFFEZIONI PSICOSOMATICHE

Dott. Vito Natale

Ricordiamo questo testo “Counselor in Naturopatia Olistica” si basa su termini, nozioni e concetti esposti in modo preciso ed esaustivo
nel libro “Psicosomatica Olistica” di Nitamo Federico Montecucco, Ed. Mediterranee, Roma, 2000; che consideriamo il principale libro
di testo di riferimento, ulteriore fonte è l’enciclopedia web libera “Wikipedia”.

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Indicazioni per la consultazione e reperibilità della fonte del Testo
Questo testo “Counselor in Naturopatia Olistica” si basa su termini, nozioni e concetti esposti in modo preciso ed esaustivo nel libro
“Psicosomatica Olistica” di Nitamo Federico Montecucco, Ed. Mediterranee, Roma, 2000; che consideriamo il principale libro di testo
di riferimento, ulteriore fonte è l’enciclopedia web libera “Wikipedia”.

Materia Pagina
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MODULO 1. IL COUNSELOR ED EVOLUZIONE UMANA
 La nuova cultura del benessere 5
 Il modello olistico 5
 Evoluzione del Counselor 7
 L’approccio centrato sul cliente 7
 Il concetto di empatia incondizionata 7
 Il Counselor, una professione interdisciplinare 8
 Tra salute globale e crescita umana 9
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MODULO 2. LE BASI DELLA PSICOLOGIA OLISTICA
 La logica del Counselor in Naturopatia 9
 La consapevolezza di sé 11
 Il riconoscimento dell’essere, l’essere empatico 12
 L’individuo come unità e il suo modello caratteriale 13
 Gli strumenti del Counselor 14
 L’accettazione della realtà 15
 Transfert e controtransfert 15
 Il Counselor come presenza empatica 16
 Un’ errata percezione di sé 17
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MODULO 3. BLOCCHI PSICOSOMATICI
 Le energie psicosomatiche essenziali 18
 La scoperta dell’inconscio 19
 Il complesso di Edipo 20
 Le varie aree della psiche 21
 Il Super Io 21
 Gli stati di borderline 22
 Le basi dell’evoluzione psichica; bisogni fisici, affetto e riconoscimento del sé 23
 Piacere-espansione e dolore-contrazione 23
 L’analisi del carattere 24
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MODULO 4. LA PSICOSINTESI RELAZIONALE
 Il Sé personale e il Sé superiore 27
 La teoria dei sistemi in psicologia 28
 La sub personalità 30

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 Lo sviluppo del potenziale umano 32
 La consapevolezza 32
 Il lavoro sul negativo 32
 Il lavoro sul positivo 33
 La realizzazione di sé 33
 Il carattere “schizoide”, il “distacco” del corpo 34
 Il carattere orale 34
 Il carattere masochista 35
 Il tratto nevrotico, iperreattività da stress e incapacità di relax 35
 Il carattere psicopatico 36
 I caratteri e la sessualità; il rigido, il narcisista e l’isterico 37
 Lo schema generale della struttura della personalità 38
 L'influenza genetica 39
 La struttura emozionale-affettiva 39
 La struttura nervosa-psichica 39
______________________________________________________________________________________
MODULO 5. ELEMENTI DI PSICOPATOLOGIA
 Ansia, angoscia, paura e panico 40
 Fobie, ossessioni e compulsioni 41
 Psicosi e nevrosi 41
 La depressione 41
 Mania ed attaccamento maniacale 42
 La schizofrenia, allucinazioni e deliri 42
______________________________________________________________________________________
MODULO 6. L'APPROCCIO OLISTICO DEL COUNSELOR
 Il Setting minimo 44
 L’ambiente di lavoro; essenziale, accogliente e personale 44
 La relazione con il cliente, avere una buona “prima impressione” 45
 Scheda di crescita personale 46
 I motivi per cui il Counselor non deve dare consigli 47
 I limiti etici e deontologici del Counselor 48

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MODULO 1. IL COUSELOR ED EVOLUZIONE UMANA

La nuova cultura del benessere

Le ricerche hanno rivelato che la nuova cultura emergente è caratterizzata da serie prospettive ecologiche
e globali, visione olistica della vita, enfasi sulle relazioni, orientamento alla spiritualità e allo sviluppo
psicologico, alla medicina naturale e olistica, all’apertura transculturale e alla coscienza planetaria,
insoddisfazione verso le grandi istituzioni della vita moderna e rifiuto del materialismo come base della
vita e dello stato sociale. Nascono così – spontaneamente – operatori creativi e attivi nelle cinque
principali aree della nuova cultura:
1) ecologia, ambiente e sostenibilità: formata da ambientalisti, animalisti, verdi, bioarchitetti, da
tutte le associazioni che si occupano di rispetto dell’ambiente WWF, Lega Ambiente, Green
Peace, World Watch Institute, degli esperti di diritti degli animali, di riciclaggio, ecc.
2) salute naturale e medicina olistica: formata da medici omeopati e agopuntori, erboristi,
naturopati, macrobiotici, massaggiatori, vegetariani, chiropratici, che propongono e praticano le
medicine “alternative”, ecc.
3) pace, cultura globale e diritti umani: formata dalle associazioni pacifiste, neo global,
transculturali, dalle associazioni di volontariato, dagli artisti e gli attori impegnati, i garanti delle
minoranze e dei diritti umani (Amnesty, Survival, Emergency, ecc.),
4) economia e consumo etico: formata dagli economisti e finanzieri etici, i gruppi di consumo
critico, associazioni per il Commercio Equo Solidale, la Banca Etica, Altro Consumo, ecc.
5) la ricerca di sé e la spiritualità: formata da tutti coloro che sono orientati alla ricerca interiore,
da tutte le associazioni di yoga, di preghiera e di meditazione, dai terapisti transpersonali che
propongono gruppi di crescita e di evoluzione, che trasmettono nuove e antiche vie al divino e
nuove tecniche di consapevolezza.
Tutti questi operatori fanno parte di un unico grande movimento culturale planetario, anche se non ne
sono ancora pienamente coscienti, in quanto vivono realtà separate. La consapevolezza di essere parte
di questa unità può creare una grande forza coesiva e un movimento di opinione capace di fare mutare
il nostro pianeta verso un futuro sostenibile.

Il modello olistico

La nuova cultura emergente pur nella sua estrema varietà di visioni - si muove sulla base di un
paradigma olistico, che offre una visione unitaria e globale dell’essere umano e del pianeta. L’essere
umano viene quindi visto come un’unità psicofisica che si manifesta nel corpo fisico, nelle emozioni,
nella psiche e nell’animo profondo, così il pianeta non è percepito solo come un insieme di stati e di
specie animali e vegetali, ma come “Gaia” un’unità vivente, una rete globale di interrelazioni che creano
l’equilibrio della natura e delle società umane.
Uno dei punti chiave di questa nuova cultura è che lo stato di crisi globale del pianeta rappresenta il
riflesso macrocosmico dello stato di divisione in cui vive ogni singolo essere umano (separazione
dell’essere umano da se stesso, dagli altri e dalla natura) e che l’unica via per il suo superamento è lo

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sviluppo di una nuova coscienza e del potenziale umano individuale, che porti a ritrovare l’unità e
l’armonia interiore ed esteriore.
Il drammatico stato del pianeta - espressione dell'inconsapevolezza umana, che da millenni viene
tramandata come modo di vivere, di pensare e di agire - e quindi la risposta alle innumerevoli questioni
aperte, dalle guerre alla sovrappopolazione, dall'inquinamento alle malattie degenerative, non può essere
calata dall'alto come in passato, ma deve necessariamente nascere dal possibile risveglio della coscienza
umana, dall'attuale stato di ristrettezza evoica ad una dimensione planetaria, che abbracci l'ecosistema e
l'umanità in modo unitario. Il malessere globale di ogni individuo, che riflette la profonda crisi
ecosistemica e umana del pianeta, è una sfida alla trasformazione globale di sé stessi e della propria vita.

Partendo da questi presupposti, la risoluzione della crisi globale implica una trasformazione globale
dell'esperienza di sé stessi, la realizzazione di una profonda unità interiore, che, modificando e
sviluppando le potenzialità del nostro cervello e della nostra coscienza, si manifesti in una nuova logica
creativa del vivere e in una visione unitaria dell'uomo e del pianeta.
"Oggi, ad un bivio cruciale
nella storia dell'umanità -
scrive Ervin Laszlo, filosofo
della scienza e presidente del
Club di Budapest - abbiamo
bisogno di nuovi concetti, nuovi
valori, ed una nuova visione per
guidare i nostri passi verso un
futuro umano e sostenibile. La
consapevolezza deve innalzarsi
e trasformarsi da locale ed ego-
centrica a globale e di
dimensione planetaria. La
nuova coscienza richiede una
visione olistica di noi stessi,
delle nostre società, della
natura e del cosmo. Il grande
compito, la sfida del nostro tempo, è cambiare sè stessi”
Noi tuttavia non possediamo né strumenti, né modelli, né informazioni adeguate che ci permettano di
comprendere in modo globale le logiche e le modalità di questa trasformazione interiore e planetaria,
per questo è necessaria una nuova figura professionale, un agente attivo che operi sul benessere globale
delle persone, che utilizzi semplici ma efficaci strumenti di consapevolezza e di trasformazione,
integrando differenti conoscenze e tecniche pratiche di salute psicofisica, di rilassamento e meditazione,
di ecologia quotidiana, di comunicazione interpersonale, di sviluppo del potenziale umano e di ricerca
etico spirituale. Su queste esigenze culturali e sociali è nata la figura dell’operatore olistico.

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Evoluzione del Counselor

Il Counselor comincia ad evolversi in Europa negli anni 70 quando arriva in Inghilterra, dove trova utilizzo
nei diversi servizi definiti come sociali o di orientamento. In Italia arriva fra gli anni Ottanta e Novanta, e nel
nostro paese, come nel resto dell’Europa, sta oggi conoscendo una diffusione ed ampliamento dei propri
campi di applicazione.

L’approccio centrato sul cliente

Nella forma attribuitagli originariamente, il Counselor rappresenta oggi un "colloquio centrato sul cliente",
in cui l’attenzione va focalizzata sulla persona, prima che sul suo problema, sulla qualità del rapporto umano.
Quest'ultima è una forza vitale che può essere definita come la tendenza fondamentale dell'organismo a
realizzare le proprie potenzialità e di autocurarsi; essa opera sia sul piano ontogenetico che su quello
filogenetico e necessita di un contesto di relazioni umane positive, favorevoli alla conservazione e
rivalutazione dell'Io. Se la nozione dell'Io è realistica, ovvero se vi è corrispondenza tra le capacità che il
soggetto crede di possedere e quelli che effettivamente possiede, egli sarà congruente e potrà svilupparsi in
modo unitario, autonomo e soddisfacente. In genere il cliente si trova in una situazione di incongruenza tra
l'esperienza reale dell'organismo e l'immagine di sé che egli ha quando si rappresenta l'esperienza. Lo
scompenso psicopatologico nasce quando l’individuo, durante l’età infantile, vive situazioni insolite e
anormali che comportano gravi fratture psichiche che non favoriscono il normale sviluppo.
Il compito del Counselor è, da una parte quello innescare un processo di autoconsapevolezza e di integrazione
tra il sé e l’esperienza, che porti la persona a divenire consapevole della propria condizione, dei propri stati
d’animo e dei propri bisogni; dall'altra favorire la riattivazione della "tendenza attualizzante". Per tale il
cliente una volta divenuto consapevole delle proprie problematiche e delle proprie risorse interne, grazie ad
un processo di autoregolazione, sarà in grado di far fronte alla propria vita in modo autonomo. Questo
significa che il Couselor, a differenza di altri approcci, non considera l'individuo come portatore di problemi,
ma come portatore e origine delle soluzioni. Nel promuovere questo processo, il Counselor non impiega
tecniche direttive o interpretazione, così come avviene in ambito sanitario, ma utilizza l'empatia.

Il concetto di empatia incondizionata

L'empatia (da empateia, passione; en patos, sentire insieme) viene intesa come la comprensione dell'altro
che si realizza immergendosi nella sua soggettività, senza sconfinare nella identificazione. Il Counselor è
capace di considerazione o accettazione positiva incondizionata verso il cliente, nella misura in cui sente di
accettare incondizionatamente ogni aspetto dell'altro, ogni sentimento espresso o non espresso, sia quelli
negativi, anormali che quelli buoni. É infatti proprio l’ascolto empatico che permette la libera espressione
del cliente, e crea le condizioni ottimali per la sua crescita e trasformazione, nella direzione da lui stesso
desiderata e determinata.

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Per essere capace di tale ascolto, il Counselor deve essere “congruente”, ovvero essere “integro”, in profondo
contatto con i propri pensieri, emozioni, vissuti e di averne consapevolezza durante la relazione col cliente.
Ciò favorisce la capacità di essere reali e di non attribuire erroneamente aspetti di sé alla persona che sta di
fronte. Ovviamente, a questa predisposizione d'animo si accompagnano una serie di abilità messe che
permettono di mantenere e rinnovare il contatto, ed allo stesso tempo aiutare il cliente a prendere coscienza
delle proprie emozioni. Si può citare ad esempio la tecnica della riformulazione, nella quale il Counselor,
utilizzando adeguatamente formule tipo «quindi secondo lei…» «allora lei pensa che…» ripropone al cliente
le proprie stesse dichiarazioni, evitando di giudicare, interpretare o indagare, ed offrendogli, al contrario, la
possibilità di riesaminarle sotto una luce diversa. Anche se la parola rimane il veicolo principale attraverso
cui la relazione viene canalizzata, il Counseling può avvalersi anche di competenze acquisite perché vi è la
convinzione che la comprensione non
avvenga solo e sempre sul piano mentale-
razionale, ma anche su quello emotivo e
corporeo. Spesso, su questi piani di
consapevolezza ci si imbatte nel limite del
linguaggio convenzionale e si ha la
necessità di utilizzare altri tipi di
comunicazioni non verbale che
consentano di esprimere tali vissuti.
Possiamo dire che il Counselor, dal punto
di vista delle competenze specifiche, è un
esperto di comunicazione che, mediante
questi strumenti, accompagna la persona
nel diventare cosciente della propria
condizione, comprendere i propri stati
d’animo. In questo percorso di
autoconsapevolezza ed integrazione, il
professionista non suggerisce soluzioni,
ma facilita l’emergere dei veri bisogni e
delle risorse necessarie per soddisfarli;
"aiuta la persona ad aiutarsi".

Il Counselor, una professione interdisciplinare

Il Counselor in Naturopatia Olistica è una figura catalizzatore della trasformazione umana, un facilitatore del
benessere psicosomatico e della crescita personale, quindi un educatore alla consapevolezza globale di sé e
del pianeta. L’operatore olistico si forma attraverso un percorso di apprendimento integrato e unitario delle
materie essenziali delle aree appartenenti alla nuova cultura; diventando quindi un esperto in cultura globale
con una sua specifica specializzazione in una o più delle aree suddette. L’operatore olistico grazie a questo
training formativo diventa una figura professionale interdisciplinare di notevole importanza, che utilizza
informazioni, consigli, etiche e tecniche di ricerca interiore. L’operatore olistico è un operatore socio-
culturale del benessere globale, che rivolge la sua professione individualmente sulle persone o
collettivamente nei gruppi, offrendo strumenti di consapevolezza e di crescita umana. Il naturopata olistico
è molto spesso un Counselor.
Il Counselor - colui che aiuta e orienta - è una figura professionale riconosciuta in gran parte del mondo:
dall’Europa, ai Paesi con più alto livello di cultura (Canada, USA, Australia, Giappone, ecc.). In Italia la

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figura professionale del Counselor in Naturopatia Olistica può anche non essere laureato, meglio se in
possesso di un Diploma di Qualifica Professionale, che ne attesta la qualità e la provenienza della formazione,
in cui lo stesso si è specializzano, in crescita umana e salute globale, studiando le basi della psicologia
generale, sociale, evolutiva, di medicina energetica, olistica e psicosomatica, ecc.. ll suo ruolo professionale
o olistico è di aiutare ogni singola persona a ritrovare la consapevolezza globale di sé e parallelamente
comprendere e superare gli errori (alimentari, comportamentali, energetici, emozionali, interiori) che lo
portano alla forma di affezione. L’operatore – Counselor in naturopatia olistica deve formarsi attraverso un
preciso percorso di crescita personale che lo pongano in condizione di essere un elemento catalizzatore di
entusiasmo, di ricerca della gioia, di nuova vita. I suoi strumenti sono innanzitutto la sua stessa
consapevolezza e la sua presenza capace di trasmettere energia e amore.

Tra salute globale e crescita umana

L’operatore olistico aiuta la persona a ritrovare l’armonia psicofisica attraverso l’uso di abilità naturali,
energetiche, psicosomatiche, artistiche, culturali e spirituali, stimolando un naturale processo di
trasformazione e crescita della consapevolezza di sé. L’operatore olistico non è un terapista, non fa diagnosi
e non cura malattie fisiche o psichiche, non prescrive medicine o rimedi, e quindi non si pone in conflitto
con la medicina ufficiale e con la legge per l’abuso di professione medica. Ciò che rende fondamentale
l’operatore olistico è la sua consapevolezza della situazione culturale globale e l’importanza del lavoro sulla
coscienza umana per orientare l’attuale stato della società come del singolo verso una direzione positiva e
sostenibile.

MODULO 2. LE BASI DELLA PSICOLOGIA OLISTICA

La logica del Counselor in Naturopatia

In questa parte parleremo soprattutto di Counselor e di Psicologia Olistica continuando a ricordare la


differenza tra un operatore olistico e uno psicoterapeuta psicologo o medico. Questi ultimi hanno la
possibilità di utilizzare tecniche a fini della risoluzione di patologie, che sono interventi sulla parte “malata”
della persona o supposta “malata”, mentre il vostro ruolo di Counselor che state per apprendere, è un ruolo
di sostegno, un ruolo di aiuto. La traduzione italiana più vicina del termine inglese Counselor è: “colui che
si prende cura”, “colui che da aiuto”. Quindi “prendersi cura” di una persona cui offriamo strumenti di
crescita, di salute globale e di consapevolezza. L’aiuto è offrire una modalità volta al superamento dei propri
problemi attraverso un percorso di crescita personale, attraverso tecniche di salute naturaole, energetica,
emozionale e interiore. La funzione del Counselor non è quindi, in nessun modo, quella di guarire, ma
quella di facilitare l’evoluzione personale della persona.
La logica del counseling olistico è polare a quella della medicina e della psicoterapia ufficiali e quindi non
in conflitto ma complementare ad essa.
La logica meccanicista della guarigione ufficiale è: io curo la tua patologia con una diagnosi, una serie di
prescrizioni farmacologiche e di terapie. La malattia è una parte negativa, un errore da eliminare, estirpare e
combattere con ogni mezzo, “poiché non c’è nulla di utile nella malattia”.
La logica olistica del Counselor è invece: io non curo la malattia, ma mi prendo cura di te nella tua globalità
e ti aiuto, rinforzando la tua parte sana, vitale e consapevole, con strumenti e tecniche energetiche, naturali e
psicosomatiche, al fine di ritrovare un migliore equilibrio e armonia psicofisica. La malattia spesso è una

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espressione dell’inconsapevolezza del nostro modo innaturale di vivere o di qualche parte di noi che abbiamo
negato, La malattia, quindi, può diventare un elemento di crescita e comprensione che ci aiuta ad evolvere e
a conoscere meglio noi stessi.
Tutte e due le logiche, in situazioni differenti, hanno una loro applicazione pratica e un’utilità reale. Diciamo
che lasciamo ai medici e agli psicologi il compito a volte grato e a volte ingrato di dover affrontare la parte
dura del problema che significa anche la possibilità di sbagliare, di sbilanciare la persona, la possibilità di
creare anche danni secondari come nell’uso degli psicofarmaci. Quello che dovrebbe essere l’operato di un
Counselor è invece sulla parte sana della persona, la sua vitalità, la sua coscienza. E benché la persona sia
ammalata ha comunque un potenziale vitale da cui il Counselor può attingere le risorse per facilitare una
serie di processi di crescita. Facciamo un ulteriore appunto. Quando noi parliamo di medicina olistica o di
psicologia olistica o di meditazione globale noi intendiamo essenzialmente la stessa cosa, ossia nel passato
le medicine o le psicologie olistiche erano fuse in un unico sistema, dove dal corpo fisico, alle emozioni, al
lavoro sulla psiche, al lavoro sullo spirito era inteso come un unico processo di guarigione - evoluzione. Pian
piano nelle civiltà più potenti, più numerose come numero di guaritori si venivano a creare delle scuole, per
esempio: la Scuola Ayurvedica, la Scuola Tantrica Tibetana, la Scuola Taoista Tradizionale Cinese, dove
all’interno di questo grande corpus di guarigione si venivano a creare le scuole di alimentazione, le scuole di
massaggio, le scuole di fitoterapia, le scuole di meditazione, le scuole di agopuntura e così via. Nella
Medicina Tradizionale Cinese della guarigione globale c’era una parte che trattava la guarigione mentale.
All’interno della guarigione tibetana ci sono dei libri di Tantra sulla psichiatria che sono interessantissimi, e
così anche nella parte dell’ayurveda e nelle altre scuole che hanno creato specializzazione nei processi di
guarigione. Oggi la visione unitaria è andata quasi completamente perduta. La restante formazione si è
adattata al reale campo applicativo, salvo pseudo formatori che inducono inconsapevoli e futuri professionisti
verso una errata applicazione della professione sfociando nella forma di esercizio abusivo delle professioni
sanitarie. Noi cerchiamo in questo corso di concentrarvi mediante tutte le informazioni propedeutiche di darvi
una visione il più possibile congrua e unitaria.
Se casualmente guardate sul libro della psicosomatica olistica vedete che c’è un riferimento ai corpi (nello
yoga, nel tantra), dove abbiamo sicuramente un corpo fisico, un corpo energetico-biologico, un corpo più
sottile emozionale, un corpo psichico e dove abbiamo alcuni livelli di spirito. Abbiamo sicuramente il primo
livello quello dell’Anima individuale, poi abbiamo dei livelli di Anima, di Coscienza più espansi. Alcuni li
chiamano planetario, alcuni lo chiamano cosmico, alcuni ancora nirvanico. Sottili differenze. Quello che è
sempre stato il comune denominatore è che l’intera esistenza ha questa vita cosciente che permea ogni singola
struttura. Noi ritorniamo a questi concetti rifacendoci alla cultura che si è formata in occidente. Quindi,
pensate che incredibile potenza ha questo concetto di energia intelligente. Energia intelligente come unica
forza sensibile che può avere però infiniti livelli di aggregazione o di evoluzione. Noi oggi nella prima parte
vedremo la parte fisica scientifica di questa componente di base della psicologia ossia l’evoluzione degli
esseri viventi, che portano a una complessità di organizzazione e che alla fine permettono nell’essere umano
in particolare di arrivare a questo processo delicatissimo che si chiama autocoscienza. Ossia vedremo il
percorso della coscienza che esiste già a livello atomico, che esiste già a livello cellulare, e che rimane tale e
in modo integro. Quindi ogni essere vivente ha coscienza di sé, ma non ha coscienza di essere cosciente.
Questa acquisizione avviene - che noi sappiamo - nell’essere umano. In alcuni primati c’è già un accenno,
ma il meccanismo a livello neuronale, il meccanismo di feed-back è come un’informazione “io sono
cosciente”, “io sono automatico, totalmente istintivo in questa mia coscienza”, “io sono una bestia, che sia
un ramarro o una formica e faccio la mia vita: scappo dal dolore, ricerco il piacere, ho un’intelligenza, metto
via le cose per l’inverno, creo strutture, ho una vita di relazione complessissima e ho coscienza, ovviamente,
di me.” Ma questa coscienza è diretta, istintiva e totale. Invece, crescendo, ad un certo momento, nell’essere
umano primitivo c’è questo passaggio tra i primati e gli ominidi, dove c’è questo salto di autocoscienza.

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La consapevolezza di sé

Definiamo la prima forma di autocoscienza: rendersi conto di esistere. Esisto in quanto sono cosciente di
esistere. E’ un feed-back di coscienza, un feed-back d’informazione. Questo feed-back di consapevolezza si
sviluppa in una maniera straordinaria nel cervello più evoluto dell’essere umano, dal centro del cervello che
ancora pochissimi neurofisiologi considerano il centro dell’essere. Lo considerano nella corteccia, perché
fanno il gravissimo errore di considerare l’Io della persona come il centro della persona stessa. Noi a livello
olistico consideriamo l’Io come una struttura sociale, quindi periferica, mentre il Sé è una struttura, totale,
quindi anche fisica. Questo centro del Sé deve essere ritrovato nel nucleo più primitivo del cervello, qualsiasi
animale lo possiede: il nucleo più primitivo del cervello rettile ha in sé il centro della coscienza. Poi da lì si
evolve l’emozione che è un feed-back maggiore, in seguito si evolvono i pensieri che sono ancora più
periferici, ancora più all’esterno, ma il centro di coscienza rimane sempre centrato. Questa esperienza
dell’essere, questo Sé l’abbiamo tradotto in un modello scientifico: Cyber, il primo modello olistico di
coscienza, l’Unità. (sinistra-sopra) e il suo modello energetico associato Cyber7 – la complessità. (destra-
sotto).

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In questi modelli che noi abbiamo studiato a livello neurofisiologico c’è la chiave anche per capire il processo
di crescita. Una delle cose straordinarie come forma di opportunità per un Counselor è proprio quello di
riuscire a riconoscere che il processo di crescita della consapevolezza di sé è il centro di tutto il nostro lavoro,
cioè ritornare alla presenza, è un processo assolutamente centrale del sistema umano, del sistema biologico.
Quindi, essendo un processo assolutamente naturale, è parte del nostro lavoro che può per un attimo lasciare
da parte la patologia, la guarigione ecc. e riportare la persona in uno stato di presenza, in uno stato di
centratura, perché quella è la natura della cose. Una persona che è in uno stato di presenza trasmette ad
un’altra persona questo stato in modo diretto se si crea quell’empatia che lo permette (non avviene in
automatico). Se la persona è capace di creare uno spazio di comunicazione empatica, la trasmissione della
presenza diventa automatica, istantanea, anche in chi non ha mai fatto un’ora di meditazione in tutta la vita.
Questo processo è un processo naturale. Significa riportare il sistema nervoso, il sistema biologico al suo
stato normale, al naturale stato di funzionamento e consapevolezza. Questo non implica un atto terapeutico,
implica un atto umano più che di trasmissione, di scambio di empatia o, se vogliamo, di entusiasmo. La
persona che ha uno stato di presenza ha uno stato tale di equilibrio tra energie fisiche e psichiche riunite
nell’ambito dell’unità da avere un bassissimo livello di tensione e un altissimo livello di energia. Quindi, è
come se la propria macchina funzionasse al suo meglio: è in quinta, va tantissimo e consuma pochissimo.

Il riconoscimento dell’essere, l’essere empatico

Questo stato di presenza apporta una stabile calma fisica e un’elevata attenzione e consapevolezza, quando
viene trasmessa empaticamente porta la persona istantaneamente a un equilibrio di rilassamento. Vedremo
come questo processo di riconoscimento dell’essere, di empatia, di risonanza tra un Counselor e una persona
(cliente) diventa poi il nucleo centrale della persona. E’ stata proprio la mancanza di questa presenza
empatica tra genitori e figli, agli inizi della vita, che ha portato a non sentirsi accettati e che genera la chiusura
della forma di identità, da qui nasce tutta la patologia, cioè la creazione di blocchi psicofisici. La prima azione
del Counselor è quindi quella di ricreare questa dimensione empatica che permette alle persone di sentirsi
profondamente accettate e quindi di poter superare i propri blocchi e sviluppare una coscienza di sé.
Mentre in precedenza si riteneva che era più importante il blocco della libertà fisica e sessuale delle energie,
noi oggi alziamo il tiro, perché è congruo con la nostra situazione sociale capire che quello che ad un bambino
o ad una bambina manca come punto centrale della propria crescita è il riconoscimento di se stesso/a da parte
ovviamente dei genitori o persone che gli sono vicine e che gli trasferiscono questa percezione globale
dell’essere. E’ come dire “tu sei tu”. Questo riconoscimento che di solito dovrebbe essere caricato di quella
energia che noi chiamiamo amore, affetto, presenza, e entusiasmo da parte del genitore o comunque
dell’educatore, è il principale nutrimento del senso dell’identità profonda: IO ESISTO. Esisto, perché vengo
riconosciuto. Certo che esisto, ma se non c’è il feed-back, manca il nutrimento. Allora questo punto centrale
è quello che noi vorremmo potesse essere il principale punto di azione dell’Operatore o Counselor Olistico.
Attraverso questa presenza silenziosa si manifesta l’empatia, la profonda risonanza con la persona che chiede
aiuto. La presenza empatica non richiede scambio di energia, non richiede a volte nemmeno scambio di
parole. Richiede semplicemente un training di presenza dell’Operatore/del Counselor in modo che questa
presenza passi, risuoni nell’altro. Quando questa presenza empatica si realizza, la persona si sente capita,
riconosciuta, accettata nell’animo e quindi si apre. Per essere più semplici possibili, è esattamente come noi
viviamo una situazione, magari da bambini se rammendiamo quando c’erano situazioni dove si percepiva
un’enorme tensione (il padre era sempre arrabbiato, la madre era sempre tesa) e poi c’erano delle persone
calme e tranquille. Quindi in quel momento c’era una presenza fisica, c’era calore, empatia, c’era “dai,
facciamo questo”, e questo riconoscimento avveniva e nutriva il personale senso di benessere. Questo che

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normalmente avviene a livello inconsapevole può invece diventare uno strumento cosciente di vivere e di
operare.
Vogliamo che questo sia uno strumento centrale, qualsiasi sia la vostra specializzazione.

L’individuo come unità e il suo modello caratteriale

Naturalmente dobbiamo vedere sempre di più l’individuo come un’unità, e in essa cogliere i vari tipi di
percezione della realtà che egli ha. Ci sono delle caratteristiche specifiche che derivano dal tono emotivo
della persona, dal taglio che l’emozione fondamentale dà a quella persona, che consentono di vedere la
coloritura, la sua emozione di base. In base a questo l’interpretazione degli eventi di quella persona e il
contatto che essa ha con gli altri assume una caratteristica specifica di quel colore. Ed è con quel colore che
l’individuo filtra la realtà e si impedisce di guardare che cosa esiste sul serio di fronte a lui. Se noi
incominciamo a lavorare su quella coloritura non stiamo facendo una psicoterapia, ma diamo la possibilità
di rendere il nostro cliente consapevole del tipo di proiezione che sta facendo della realtà, in questo modo
stiamo già facendo un atto profondamente trasformativo, ma che non va a toccare le dinamiche profonde che
un operatore olistico non deve toccare.

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Sì, il confine è sempre molto labile, però è molto chiara la professione. Lo psicologo dice “io curo i tuoi
disagi psichici”, invece il Counselor dice “io sono qua per aiutarti in un processo di consapevolezza
globale utilizzando degli strumenti semplici nell’ambito della salute globale del benessere, mai della
guarigione, mai della medicina, della psicologia, mai della cura diretta, ma della cura indiretta, nel senso di
favorire un ripristino dell’equilibrio, ecc.” Quindi, se uno ha una formazione psicologica o medica adeguata,
allora poi entra nelle emozioni e fa quello che vuole. Si prende la sua responsabilità, mentre invece voi come
Operatori lavorate sul leggero e avete un’opportunità nuova.
Vorrei rimarcare un concetto importante: per lo psicoterapeuta la difficoltà caratteriale di un individuo o
qualsiasi conflitto o problema che egli pone riguardo alla sua incapacità di percepire la vita e se stesso diventa
un punto di partenza per andare ad approfondire il conflitto e vedere le cause e far emergere le emozioni
dolorose che spesso sono rimosse. Per un Operatore /Counselor Olistico questo materiale offre invece la
possibilità opposta, vale a dire che il conflitto ha qualcosa da insegnare al suo cliente. Il conflitto significa
“guarda, c’è tutta una modalità che tu devi imparare, cioè il conflitto ti sta mostrando che hai la possibilità
di apprendere qualcosa di importante o che hai in qualche modo dimenticato e di cui non hai voluto tenere
conto, cioè una grossa opportunità di evoluzione.” A seconda di come si tratta un conflitto, si può andare in
una situazione profonda dinamica che fa emergere l’ombra che noi come Operatori non dovremmo toccare
oppure si può mettere l’attenzione sulla la possibilità evolutiva che essa offre. Questa possibilità evolutiva
è lo scopo del Counselor Olistico.
Diciamo che ciò che tu hai definito adesso è la base di quello che noi chiamiamo la crescita umana o lo
sviluppo del potenziale umano. Significa che una persona dovrebbe vivere, questo è il nostro modello di base.
La persona vive con un centro di coscienza e con infiniti strumenti. Quindi, ha i piedi per camminare, le
gambe per correre, ha le mani per prendere e per abbracciare, ha gli occhi per vedere, ha le orecchie. Ma se
qualcosa nella vita comincia a toglierci le orecchie, toglierci gli occhi, segarci le gambe, noi ovviamente
viviamo una vita che non è piena, che non è forse poi alla fine una vita nella sua completezza. Immaginiamoci
che se noi parliamo di questa metafora a livello psicologico, noi abbiamo delle funzioni psichiche e delle
funzioni energetiche.
Abbiamo la vitalità, la sessualità, l’affettività, abbiamo la creatività, la comprensione, lo scambio, il
divertimento, la creazione. Tutto questo è parte dell’universo psichico. La complessità di queste forze ci dà
una vita piena, piena nella sua semplicità. Noi ci rendiamo conto che viviamo in una società altamente
innaturale che si è allontanata dalla natura e dagli eventi naturali sia relazione, che sia interpretata come
piacere di esistere, intelligenza emozionale. Cioè noi consideriamo che la vita ci ostacola nell’espressione o
nel funzionamento di alcune attività fisiche o psichiche e se noi prendiamo anche solo coscienza di questa
mancanza possiamo in qualche modo aiutare la persona a riprendere il gioco della vita, e quindi riprendere
possesso di un potenziale che per qualsiasi ragione è stato inutilizzato.

Gli strumenti del Counselor

Nel lavoro dell’Operatore o del Counselor Olistico lavoriamo con il processo della consapevolezza: non
utilizziamo strumenti terapeutici, ma strumenti di consapevolezza. Anche solo mettendo la persona in
contatto con quello che gli è mancato nella vita, la consapevolezza dei propri limiti, ogni evento della vita
può diventare un evento utile alla crescita. Perché ogni evento ci dà un certo senso, una comprensione, da
non intendere, come ipotizzano i New Agers, che "ogni evento ha un senso" come se tutto fosse
completamente preordinato. Questo è un punto che bisogna rimarcare, perché mentre all'interno del
meccanicismo vige il principio opposto secondo cui: "niente ha senso e tutto avviene per caso, o per causa

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effetto"; nella parte più immaginifica della New Age, tutto ha un senso. Ogni volta che vado ad una
conferenza incontro qualche signora che mi guarda con aria commossa e mi dice: “Ah, dott. Natale,
finalmente ci incontriamo e naturalmente niente avviene per caso…”. Sì, certo, esistono sicuramente nella
vita degli avvenimenti sincronici che sono dei momenti rari, non comuni. Tu incontri casualmente il
panettiere, il fornaio, incontri casualmente quattromila persone per la strada e poi, ogni tanto ne incontri una
che fa la differenza, che è sincronica con il tuo essere, e dici: ”Ah, questo è un incontro fondamentale. A
volte ti arrivano e questo diventa un evento sincronico, altamente significativo per la tua vita. Quindi noi
abbiamo una vita altamente casuale con degli eventi altamente significativi. E man mano la nostra evoluzione
cresce, man mano la nostra vita da casuale poiché siamo inconsci e per tale risulta casuale, diventa
consapevole e quindi significativa. E allora che saremo noi a scegliere la vita, la scegliamo e moltiplichiamo
la sequenza degli eventi significativi. Così come nella malattia.

L’accettazione della realtà

Questa è una grandissima comprensione, poiché la realtà ci porta verso una crescita umana enorme. Bisogna
anche dire che c’è un fatto energetico ben preciso, perché l’accettazione profonda di una sofferenza e di una
difficoltà non avviene mai attraverso una semplice presa di coscienza dell’evento (è qui la differenza del
Counselor Olistico), ma avviene perché si riesce ad attivare il livello della vera presenza e coscienza di sé
che corrisponde ad un centro dinamico di energia molto potente, che, fra le varie qualità, ha quella di
trasformare le energie che non riescono ad essere utilizzate o che si collegano su una polarità negativa.
Quindi, è importante comprendere che c’è una differenza fondamentale tra il far capire al cliente un suo
problema e far comprendere il problema, perché comprendere non tocca il livello mentale, ma quello della
sua Presenza capace di trasformare.
Questo significa che l’Operatore olistico deve conoscere un processo e seguire un percorso d’individuazione
e quindi avere una pratica meditativa, perché se non è in grado di entrare in questa percezione di presenza,
tutti questi discorsi decadono.

Transfert e controtransfert

Questo è il punto più delicato di tutta la questione ed è il punto del transfert, nel senso che comunque dopo
alcuni incontri, inevitabilmente si crea il transfert. Una delle obiezioni che viene fatta è che se si rimane lì
anche solo in accettazione avviene il transfert. Per chiarire, qualsiasi processo di cambiamento psichico ha
bisogno di una relazione, non avviene così per caso. Può accadere anche casualmente, però, si ritiene il
tramite, il mezzo attraverso il quale avviene l’inizio del cambiamento. Già uno stato di centratura, di
accettazione o di empatia dell’altro crea subito una relazione preferenziale. Quindi, l’altro viene letto come
il testimone, colui che accoglie preferenzialmente le nostre tematiche, questo legame si chiama transfert. Il
transfert è proiettivo, per cui quando inizia l’altro se è in uno stato neutro, di accoglimento, automaticamente
diventa lo specchio delle cose dette. Se il cliente ha avuto un genitore persecutorio, magari in questa posizione
di neutralità leggerà subito un’inquisizione, ovvero qualcuno che lo sta giudicando. Se il bisogno è trovare
un accoglimento, cercherà una persona che lo accoglierà. Quindi, è importante anche capire come gestire
questo transfert, cioè quel legame preferenziale che questa persona crea con noi.
Ogni volta che si instaura una relazione non neutra, immediatamente questa persona tenderà a proiettare o il
padre o la madre o l’amico o l’amante (poi ci sono le variazioni). Essenzialmente la cosa fondamentale è che
proietterà su di voi una figura che è quella che ha avuto più a cuore o che gli piacerebbe e attraverso questa
proiezione viene veicolata un’enorme quantità di emozioni. Il livello emozionale è estremamente carico, non
semplicemente “ti voglio bene, sei una cara persona, mi stai aiutando”, c’è tutta un’aspettativa che è

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conforme alla figura che sta proiettando. Escono una serie enorme di istanze, non solo, anche se questa
proiezione non avviene in modo eclatante, comunque si vengono ad instaurare una serie di proiezioni
emozionali. A titolo di esempio, se questa persona è abituata da tutta la vita ad arrabbiarsi, naturalmente si
arrabbierà anche con voi. Anche questo è parte del processo del transfert a livello emozionale. Quindi, voi
vedete che una persona vi rifiuta dicendo “ma questo io l’ho già fatto, ma cosa mi stai dicendo!” oppure vi
sorride sempre e vi dice sempre “sì, sì, sì hai ragione, certo, certo”, o fa cose a livello psicoemozionale, non
dipendenti strettamente da voi . La comprensione del transfert è fondamentale.
Per questo è importante che ognuno abbia un’idea delle strutture caratteriali. Provate ad immaginare un
Operatore olistico che di fronte ad uno psicopatico, per fargli capire delle cose, lo contraddice. o di fronte ad
un orale che quindi sta in una continua richiesta d’amore si propone come un grande seno per cercare di
soddisfare questo suo bisogno, così fa il gioco dell’orale e non se lo scolla più. Bisogna quindi sapere cosa
NON fare per evitare questi inconvenienti.
Importante è non aver paura.
Il contro-transfert, nella sua accezione più semplice, è che voi, come Operatori, avete delle aspettative o delle
proiezioni sulla persona. Un classico comune tra Operatori olistici è che la persona che ha paura di liberarsi
dall’ambito familiare.
A questo punto, secondo me, è giusto considerare lo stato di presenza. La risoluzione più facile, se si riesce,
è sempre lo stato di presenza che corrisponde anche in parte allo stato naturale dell’essere che non ha
proiezioni, non si identifica con l’ego. Quindi il cliente non ha più bisogno di proiettare quando dimora nello
stato di presenza, così come il Counselor non ha bisogno di proiettare o di avere aspettative quando è
stabilizzato nello stato di presenza.

Il Conselor come presenza empatica

Quello che di base per voi come Counselor è fondamentale, è proprio l’atteggiamento della presenza,
soprattutto ricordando il silenzio. Quando ascoltate la persona, e già dall’inizio della relazione questo
avviene, se voi entrate in uno spazio di profondissimo silenzio chiamiamola di meditazione, di silenzio
ricettivo, vi svuotate di tutto quello che accade dentro di voi e ascoltate, andate in questo spazio di relativa
saggezza, dove la persona si sente accolta e dove comincia ad accadere qualche cosa su un livello umano e
di consolazione, di prendersi cura, di aiutare una persona. Gli offrirete un contesto dove riversare le tensioni
emozionali, psichiche e c’è un’apertura, una ricettività, una presenza. Come un contenitore umano, una
persona che semplicemente è lì per te, semplicemente c’è e ti ascolta.
Bisogna dire che il silenzio sembra una cosa semplice, ma è difficile. Il non fare è spesso più difficile che il
fare. Anche perché delle volte le reattività delle persone vi portano a dover dir qualcosa e fare qualche cosa.
E indietreggiare, stare nella posizione di chi osserva e stare un passo indietro e non interferire può risultare
difficile.
Lo stato di presenza è la stessa cosa. Presenza è anche quando sei attivo, puoi farle un massaggio ed essere
molto presente. Puoi fare un massaggio e intanto pensare: “Adesso vado in automatico e intanto penso che
cosa devo fare di spesa”, ciò significa essere tutto da un’altra parte. Non è essere nel qui e ora, essere centrato
su di te perché quando sei centrato sei in uno spazio vuoto ti permette di agire in un modo particolare.
Personalmente ho puntato enormemente sull’Operatore olistico e sul Counselor in Naturopatia Olistica,
perché ritengo che siano quegli operatori che nonostante non posseggano le grandi conoscenze di sette anni
di medicina o cinque più quattro nove di psicologia, di conoscenze estesissime, abbiano invece colto il senso
umano più profondo e importante. Quindi, possono trasmettere la presenza, l’accettazione, i valori umani in
modo diretto e molto semplice e a basso costo, perché costa meno fare una consulenza da un Operatore

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olistico che non da un medico, ma in questo modo però si moltiplica la trasmissione, l’ibridazione, la
trasmissione anche del lavoro su di sé. Questo può permettere alla nostra società di accelerare il processo di
superamento della crisi che ormai è imminente.
Quello che a noi in questo momento serve è capire l’Unità umana. Poi andremo ad avere una visione più
precisa, ma quello che ci serve stabilire con molta precisione è la percezione che noi abbiamo di essere
un’Unità. Questo è il punto fondamentale, questa percezione, questa coscienza unitaria la possiamo chiamare
il Sé, l’anima, in tanti modi, ma che ha come caratteristica sempre di essere nel corpo. Questa percezione
parte dal corpo e resta nel corpo. Non sono viaggi astrali, non sono percezioni extra-corporee, non sono
andare fuori di testa, ma è una percezione che è parte del corpo ed è legata al corpo. Questo fino a un certo
punto di evoluzione oltre il quale noi non andiamo e non ci interessa toccare.

Una errata percezione di sé

Le persone normalmente non hanno la percezione di sé. Partiamo da questo punto di partenza che è
fondamentale. Se, come abbiamo visto prima, l’essere umano è fatto di tante parti, e se queste parti
corrispondono ad una psiche, se non c’è unità significa che noi siamo frammentati con un Io formato da tante
sub-personalità. Questo ormai è’ un dato assolutamente acquisito dalla psicologia moderna, le persone hanno
una serie di sub-personalità.
Il punto fondamentale da cui noi partiamo è che, quando la persona arriva (a meno che non abbia già fatto un
lavoro su di sé), non ha una percezione integra del proprio essere, né nel corpo né nella mente. Se voi gli
chiedete: “chiudi gli occhi e senti tutto il corpo”, sente tutto il corpo, se va bene, al 20-30%. Se gli dici “senti
la mano destra” la sente benissimo. Tutte le parti le sente benissimo, ma se tu gli chiedi “sentiti un’unità,
sentiti un insieme”, non ce la fa a sentirlo.
Immaginiamoci lo stato psicofisico della persona che ha somatizzato una forma di chiusura già da bambino:
i genitori non avevano presenza, non avevano coscienza, non potevano trasmetterla. Qualche volta nella vita
normale la presenza era rappresentata da un po’ di amorevolezza, un po’ di affetto, un po’ di gioco ma il
punto centrale che da bambini si chiude è il senso dell’esistere come totalità. E questo genera grandi blocchi,
il blocco della gola fra la testa e il cuore, il blocco del diaframma tra il cuore e la pancia, il blocco del bacino,
tra la pancia e il sesso, il blocco del VI° tra le energie centrali della testa e le energie di apertura verso l’alto,
i blocchi classici delle gambe (piedi e ginocchia), i blocchi delle spalle e dei polsi e delle mani perché il cuore
non può fluire in maniera naturale verso la periferia. A livello psichico questi blocchi somatici provocano
una parallela frammentazione a livello psichico.
Quindi la frammentazione dell’identità è il nostro stato acquisito a livello culturale nel nostro tempo presente.
Se noi ritorniamo attraverso un lavoro emozionale, fisico, energetico a far fluire e liberare le emozioni e i
pensieri che bloccano le varie zone del corpo, ritorniamo a un corpo sano, normale, ad uno stato di presenza
fisica integra. Da questo stato di presenza fisica noi ci auguriamo che la persona riesca a ritrovare una
centralità dell’essere ancora più forte e attraverso i processi di meditazione arrivare ad un livello dove
l’energia interna diventa assolutamente viva, esuberante, intensa.

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MODULO 3. BLOCCHI PSICOSOMATICI

Le Energie Psicosomatiche Essenziali

La Mappa Psicosomatica Essenziale, rappresenta la sintesi della tradizione yogica e taoista classica
dell’antichità e che ci parla delle grandi energie emozionali umane. Qui entriamo proprio nel vivo della
concezione psicosomatica. I primi tre chakra sono le unità fondamentali del cervello rettile: la prima è
l’Energia rossa, viene dai piedi, dall’Energia dei Reni, dall’Energia ancestrale, quella che i Cinesi dicono
risiede nel punto di mezzo dei Reni, la carica vitale che è come quella pila che non potrà essere ricaricata,
che terminerà con la nostra morte. Una parte, invece, della nostra Energia potrà essere ricaricata, ma la parte
di Energia ancestrale è quella che è: o ce l’ha o non ce l’ha. E secondo loro dipende del grado
ergonomico/energetico con cui i due genitori interagiscono, con cui si amano o hanno una buona relazione
sessuale. Dall’insieme di queste forze fisiche ed emozionali interiori nasce questo elemento energetico.
Allora la prima Energia sale diritta dalla terra fino al Cuore: questa è la prima Energia di terra, di Reni, di
forza, è il grounding, è la forza che ti fa spostare con vigore nel corpo, è quella che ti fa sentire vivo e forte,
è quella che ti tiene sulle gambe, che ti dà quella presenza fisica. Se questa Energia è viva, ti dà calore, il
senso dell’identità e fa sì che la psiche l’anima si senta incarnata, si senta nel corpo fisico. Se questo canale
è debole, è quasi assente, la persona non ha più la parte bassa, non ha più le parti genitali (testicoli e ovaie).
Ricordatevi che a livello genetico nel feto esistono due gonadi che diventeranno o testicoli o ovaie ed esistono
due sistemi: i dotti del Muller e del Wolf, o scendono o si sviluppano quelli del Muller o si sviluppano quelli
del Wolf. Se si sviluppano quelli del Muller, diventi una donna, quindi queste due gonadi scendono e
diventano ovaie. Se si sviluppano quelle del Wolf, diventi un maschio e gli altri si atrofizzano.

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La scoperta dell’inconscio

Sicuramente il punto di partenza fondamentale è l’asserzione e la scoperta dell’inconscio. Quella che a noi
sembra una cosa quasi scontata - in realtà fu veramente una scoperta anche se le culture antiche già lo
sapevano - ed è l’idea che esiste una parte della nostra mente che non è consapevole alla nostra coscienza e
questa fu la prima asserzione fondamentale che venne fatta. Quindi l’idea che la psiche, la mente (in realtà
io uso mente e psiche come sinonimi; in realtà non sono la stessa cosa, lo faccio per semplificazione), quindi
la nostra consapevolezza non include una parte della nostra interiorità, invece ha un peso un po’ importante
nella ns, vita. Quindi l’idea che ci fosse l’inconscio che esce fuori dal pensiero consapevole, dal pensiero
razionale, ma che comunque condiziona il nostro agire. Questa scoperta venne fuori dagli studi che facevano
sull’ipnosi, per cui ipnotizzando queste persone e velando il livello di consapevolezza ordinaria emergevano
tuta una serie di vissuti, d’istanze, di ricordi che poi quando la persona ritornava al livello di coscienza
ordinaria non ricordava più. Così s’era in qualche maniera aperto un varco che va molto contestualizzato
all’epoca, perché ormai si tratta di più di un secolo fa (era il 1870, 1880). Era una situazione culturale dove
c’era una forte morale borghese, il tema centrale era la grande separazione della cultura dalla parte istintuale
e quindi sessuale. Ciò che lui andava scoprendo era sempre relativo alla grande depressione dell’energia che
lui chiamò funzionale-libidica, perché questo fu molto il tema dei suoi tempi. Diciamo che nella ns, cultura
le patologie sono molto meno relative alla depressione sessuale e toccano altri contesti, ma all’epoca quello
che veniva invece scoperto era l’agire di queste forze sessuali che venivano represse e che da canali inconsci
poi diventavano consci da questo collegamento tra l’assetto fisico della persona e del materiale che non era

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reperibile nella coscienza ordinaria che la persona aveva. Questo è un punto che poi è rimasto. La
semplificazione che Freud vedeva era che il materiale rimosso era la pulsione fondamentalmente libidica,
quindi sessualità a cui non era possibile dare corso. Invece, noi adesso sappiamo che le cose sono un po’ più
complicate. Se ragionassimo sul nostro approccio attuale diremmo che c’era un blocco di II° liv. che veniva
percepito, o un blocco di I° per quanto riguarda l’aggressività. In realtà noi adesso sappiamo che tutti i livelli
interagiscono e che ciascuno di essi ha delle componenti di cui non siamo consapevoli finchè non lavoriamo
a quel livello o su quel blocco. Quindi, l’idea iniziale era che vi è questa parte inconscia e che essa è relativa
a forze funzionali che sono a loro volta relative all’aggressività, alla libido e che negli anni successivi si
scopre che riguarda l’autoaffermazione, il narcisismo. Nella parte istintiva lui vedeva soprattutto il lato
affermatività come funzione di sopravvivenza, la libido e l’aggressività. Fece, quindi, questo corollario e
identificò tutte le patologie in relazione alle parti che venivano rimosse. Quindi, questo portò all’analisi dello
sviluppo dell’essere umano e del bambino e identificò delle fasi nelle quali il bambino evolve con delle
strutture funzionali che man mano si evolvono e identificò questa fase non natale, poi c’era la fase relativa
all’’allattamento e all’oralità e alla fase anale quando avviene il controllo degli sfinteri, la fase genitale
quando arriva la parte edipica in cui in teoria ci sarebbe una prima maturazione genitale dell’essere umano.

Il complesso di Edipo

Freud sul complesso di Edipo fissò gran parte della sua costruzione teorica. In realtà gran parte dell’approccio
dello stesso è basato sul complesso di Edipo, inteso come impossibilità da parte del bambino di avere un
accesso anche sessuale alla madre, con relativa castrazione per cui tutta una parte libidica viene rimossa.
Lo stesso vale per la bambina per tutta una serie di complicazioni che adesso non prendiamo in
considerazione.
In realtà il complesso di Edipo ha una sua valenza anche attuale. Prima si era detto no a tutta questa
considerazione sul pansessualismo (in realtà i temi sull’Edipo sono molto più complessi), però l’importanza
di questo pensiero che, a mio parere, va tenuto presente è che in qualche maniera l’uscita del complesso di
Edipo che avviene a 5, 6 anni sancisce l’entrata del bambino nel mondo della cultura. Quindi, l’idea che c’era
di fondo che era ottocentesca ma che comunque ha una sua valenza e che in qualche maniera perché ci sia
cultura, perché ci sia socializzazione occorre sacrificare una parte istintiva funzionale. Quindi, la società e la
cultura si costruisce sulla repressione di una parte di noi che è quella relativa alle pulsioni, agli istinti, una
concezione molto classica. È possibile poi che l’evoluzione socio-culturale, l’accesso alla conoscenza e alla
tecnica, sono in qualche maniera una repressione di una parte istintuale. Questo è molto importante, perché
pone le basi di una concezione di fondo quasi pessimista che c’è anche nella psicoanalisi in generale che è la
seguente: se ci deve essere una repressione delle pulsioni in qualche maniera è un dissidio insanabile. A quel
punto non potrà mai esserci una vera infiltrazione delle forze istintive della persona con la cultura e la società,
perché i due sono in conflitto. Infatti quando Freud parlava della guarigione lui era molto lucido su questi
punti e non aveva molte illusioni, diceva che una buona analisi riesce bene se porta una persona dalla
sofferenza patologica, cioè dall’avere molto materiale istintivo non espresso, rimosso, molta aggressività
rimossa, molta libido rimossa, al riconoscimento di questo, integrazione solo di una parte di questa e quindi
passare dalla sofferenza della patologia alla normale infelicità dell’essere umano.
Quindi, l’infelicità dell’essere umano è in qualche maniera data, perché è strutturale al sistema sociale.
E sottolineo questo punto, perché, secondo me, è anche importante sapere quando ci si rivolge a una terapia,
se si sceglie quella psicanalitica si entra un po’ in una valutazione di questo genere.

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Diciamo che secondo la psicoterapia tradizionale le persone che vengono trattenute, uso questo termine che
è un po’ pesante, ma reale, all’interno di una struttura psicanalitica freudiana con i tempi più lunghi in
assoluto, a volte anche 10, 12 anni.

Le varie aree della psiche

Questa concezione venne articolata nelle tre istanze psichiche che è importante segnare perché poi sono
riprese da molte condizioni:
· l’ES è il luogo delle nostre forze pulsionali, ci sono tutti i ricordi e i fantasmi, che non sono addomesticabili.
Sono in qualche maniera forze primitive che agiscono e sono parte istintiva dell’uomo e di tutti i fantasmi
legati a queste forze. Quindi, tutto il tessuto infantile che si è imparato a dominare e a rimuovere.
· L’IO che è praticamente l’istanza della consapevolezza, la nostra parte che si relaziona con il mondo e ne
siamo consapevoli, per cui vi rientra anche la personalità che si relaziona con il mondo, dove l’IO è in realtà
in contatto con l’ES, nel senso che molte delle cose che l’IO esprime derivano dalle forze dell’ES che si
muovono. Possiamo fare un esempio: una persona che ha una forte aggressività che viene rimossa che
probabilmente non ha accesso può rappresentare una persona che nella struttura, nella relazione con il mondo
si presenta incapace di agire. Quindi è una struttura apparentemente passiva, dove l’IO si presenta remissivo,
e in realtà questo atteggiamento è consapevole e questa persona si sente timida e molto bloccata e sente che
non riesce a reagire alle situazioni, è una situazione di copertura di una forza aggressiva che è completamente
inconsapevole alla quale l’Io reagisce da contraltare.
Lo schema delle varie aree della psiche:
· l’Ego come l’Io,
· l’Id, come parte profonda,
· il Super-Ego o Super Io in alto,
· la zona della Coscienza, una zona dell’Inconscio che spesso viene collocata in basso,
· la zona dei valori che sono quelli a metà dalla fase dell’Inconscio al pre-Conscio e sono istanze represse da
motivi sociali che diventano represse e quindi la base dell’Inconscio più profondo.

Il Super Io

C’è poi un’istanza che si chiama Super Io, che è quella che si forma alla fine del complesso di Edipo. Cioè,
quando il bambino sancisce questa rinuncia funzionale alla madre e accetta l’istanza culturale e sociale
reprimendo il suo desiderio verso la stessa. Questo processo di rimozione del contenuto funzionale di sé
avviene tramite l’identificazione dei genitori. Il bambino non potendo contrastare la rivalità del padre, avendo
paura della punizione che sarebbe la castrazione che il padre dà se lui ha accesso alla madre, in qualche
maniera si identifica con questa figura paterna della quale ha paura e quindi prende le caratteristiche del padre
o anche di entrambe i genitori. C’è comunque questa adesione completa, per cui fa sue le norme morali e
sociali sotto forma delle caratteristiche caratteriali dei genitori. In generale si identifica con la norma, con la
legge, con l’istanza regolatrice. Quindi, il Super Io ha questa valenza di essere istanza regolatrice, quella che
dà il senso del dovere, della moralità, il senso dell’organizzazione della propria vita. Ed è, appunto, l’ultimo
che viene costituito. Se questa è la parte inconscia e questa è la parte conscia, in realtà l’Es è completamente
inconscio, ma anche una parte del Super Io è inconscio. Questo è molto importante, perché c’è una serie di
istanze morali e del senso del dovere che in qualche maniera sono inconsapevoli, agiscono
inconsapevolmente, è quella parte di noi che rimprovera. Ad esempio se non vengono rispettate determinate
regole del dovere che si ha, scatta il senso di colpa. Quindi, è un meccanismo dell’inconscio, perché queste
identificazioni con i genitori è talmente profondo da diventare totalmente inconscio. Ora, questa struttura è

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molto importante e poi verrà ripresa da molte scuole di psicologia transazionale ed è importante anche perché
ci definisce una divisione con le strutture psicotiche, borderline e nevrotiche. Allora, diciamo che se noi
prendiamo una struttura psicotica, diciamo che è una struttura che è dominata dall’Es, dalle parti istintive.
Da tener presente che gli psicotici hanno un Io fragile, debole che di fronte agli assalti di queste forze istintive
– anche Freud lo dice – manca di connessione con la realtà, che è un mediatore molto fragile, è quello che
stabilisce il contatto con gli altri e con il reale. Sintomatologicamente quando avete uno psicotico davanti
avete dei fenomeni eclatanti: in uno psicotico conclamato si hanno, quindi, fenomeni di delirio e di
allucinazione in cui viene confuso il livello del reale. Quando lo psicotico parla che ha le allucinazioni,
effettivamente lui sente le voci, come lo schizofrenico. Lui sente delle voci, ma in realtà è la sua interiorità,
però lui le proietta sull’esterno e le sente sull’esterno. In qualche maniera il limite dell’Io fra interno ed
esterno della realtà cade anche quando si vivono stadi meditativi molto avanzati e si diventa il tutto. La
differenza è che mentre in stati meditativi avanzati c’è una consapevolezza, qui manca invece totalmente la
coscienza.
Sì, bisogna ricordare, cosa importantissima, che questo schema ottocentesco, dei primi del ‘900 è uno schema
che ha come base di riferimento una società molto chiusa e conservatrice, lo scopo della psicoterapia era di
fare rientrare una persona nella sua società e sopravvivere nella normale tristezza esistenziale. Questo
significa che in Freud e in tutta la sua scuola non c’è realmente il concetto di “cambiamento”, ma c’è
l’adeguamento e il ritorno alla norma. Man mano vedremo che già da Freud a Jung e ancora più intensamente
agli autori più moderni questo elemento del “cambiamento” e per contro del Super Io diventa molto
differente. Il Super Io non è necessario per una persona che abbia una consapevolezza risvegliata. Il Super
Io, nelle scuole spirituali degli ultimi anni, diventa chiaramente un ostacolo alla crescita, perché è ciò che la
società, i genitori, la religione ha introdotto nella tua psiche contro la tua volontà e consapevolezza, contro
la tua vera natura. E’ ciò che subdolamente “comanda” l’Io dall’interno. Il Super Io è il “giudice interiore”
che continua a massacrarti ripetendoti i giudizi negativi, i codici morali, le parole dei genitori o delle persone
a cui hai dato potere. E’ l’interiorizzazione di tutte le regole sociali, alcun e delle quali sono palesemente
vecchie, obsolete e negative. Il lavoro sul Super Io e il giudice interiore è diventata una parte obbligatoria
anche nella nostra scuola di formazione. Solo quando una persona va oltre l’Io sociale e ritrovi il Sé, il suo
Super Io si affievolisce e nel tempo si esaurisce del potere che aveva ricevuto.

Gli stati di borderline

Poi, vengono identificati gli stati di borderline in cui la persona ha l’Es, uno sviluppo dell’Io e le manca
l’istanza superiore, per cui si dice che invece di essere una struttura bipartita, con le tre istanze, manca di una
parte ed è soprattutto la parte super-egoica. Questo come lo riconoscete. Una persona borderline (significa
che cammina sul limite) è una persona apparentemente integrale, perché ha un Io che riesce a interagire, però
gli manca un’istanza di regolazione. Uno dei sintomi della persona borderline è la mancanza di etica. Di
solito sono persone che hanno una morale per conto loro, in cui esiste l’imbroglio in cui creano situazioni a
loro piacimento. Inoltre, siccome manca quest’istanza regolatrice del Super Io, quindi il senso del dovere,
hanno una funzionalità e istintività che delle volte deborda e che non viene per niente repressa. L’Io ha una
funzione di mediazione, ma ciò che veramente struttura la persona è il Super Io. Li riconoscete anche perché
quando dovrebbero prendere consapevolezza ed esserci, non ci sono. Non si responsabilizzano, si arrabbiano
subito se vengono attaccate nella loro difesa, hanno un’impulsività molto forte. Attenzione perché la
patologia borderline è in grande aumento nella nostra società, è dilagante.
Quando vedete le persone tranquille che hanno improvvisamente queste arrabbiature tremende, che
travalicano qualsiasi regola di comportamento e di relazione. In qualche maniera la nostra società sta andando

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verso una de regolarizzazione che però non è sostenuta da una centratura. È una de regolarizzazione che va
verso la licenza. Il voler tutto e subito e non rispettare le regole. Questi possono essere anche solo
comportamenti eccessivi momentanei. Il borderline è colui che sta rischiando veramente di entrare in uno
stato di alterazione della propria identità che noi chiamiamo ‘stato psicotico’ per intenderci in modo generale.
Una persona che ogni tanto si arrabbia troppo è un eccessivo, non un borderline. Non sta entrando in una
psicosi, si sta solo arrabbiando. Invece, c’è anche quello che non solo si arrabbia di brutto, ma perde proprio
la ragione e ti uccide. Allora lì c’è sotto un processo che è differente. Cioè, tutti abbiamo dei momenti di
eccesso in basso e in alto. Il borderline è una situazione che ha sotto uno stato, chiamiamolo, patologico reale
che può essere organico o psichico o avere altre origini, ma che è un reale squilibrio e quando ci entra poi è
difficile riportarlo indietro. Quando entra da tante porte diverse, può essere dalla depressione maniaco-
depressiva, dalla schizofrenia, dalla psicosi pura e semplice, dalla maniacalità spinta, è difficile riportarlo
indietro. Quindi, non è un eccesso recuperabile, è quell’eccesso che travalica i confini per cui si rompe un
sistema di equilibrio interno.

Le basi dell’evoluzione psichica; bisogni fisici, affetto e riconoscimento del sé

Non c’è la coscienza della propria auto-regolazione, auto-morale. L’adeguamento ha una morale
precostituita, per cui c’è una situazione disperante dell’individuo, cioè l’individuo è qualcuno che senza la
regola sociale si autoregola, cioè una specie di animale istintivo che fa quello che gli pare. E questa è
veramente la concezione ottocentesca secondo me abbastanza disperante.
Poi, invece, nella nevrosi le tre strutture ci sono tutte, però c’è un conflitto permanente tra ES e IO e SUPER
IO. Però quando si parla di psicanalisi bisogna distinguere che questa è la concezione classica freudiana che
ancora molti adottano, perché negli anni ’20 con Anna Freud iniziò tutto un filone di pensiero che mise
l’accento su fattori differenti che poi si sviluppò con la Klein e Winnicot che cominciarono a indagare i
bambini piccoli e scoprirono che quello che il bambino veramente cerca non è la soddisfazione libidica, ma
la relazione. Quello che veramente determina la struttura dell’individuo non è la soddisfazione degli impulsi
e degli istinti, ma la relazione. Quindi il bambino non cerca il nutrimento, ma il calore umano. Tutta la
persona si struttura sulla base della qualità delle relazioni oggettuali (padre, madre, ecc.) che definiscono dei
tratti incisi che rimangono dentro e che poi anche queste diventano inconsce. Non è che non esiste la parte
inconscia o l’Io, però non è il conflitto con la pulsione, ma la relazione con l’altro che la definisce.
E’ importante sottolineare che oggi oltre al bisogno e al piacere fisico di Freud, oltre al calore umano e alla
relazione di Klein e Winnicot dobbiamo portare il punto centrale dell’intero processo evolutivo infantile sul
riconoscimento del sé, sulla percezione che il bimbo riceve, dalla madre, di essere accettato e riconosciuto
come Io. Ho seguito molte persone che hanno superato abbastanza facilmente i limiti fisiologici della
mancanza di allattamento, o di una mamma poco affettiva, quando questa era capace di dare riconoscimento,
era presente e dava una sensazione di identità al figlio. E’ probabile che fra 50 anni il peso si sposti ancor
più in profondità, poiché è rappresentativo di un processo in evoluzione.

Piacere-espansione e dolore-contrazione

Reich realizzò il sogno di Freud che aveva il desiderio di trovare la base biologica della libido. Con semplici
esperimenti dimostrò che la percezione del piacere è legata alla maggiore o minore capacità del corpo di
espandersi o di contrarsi. Ciò significa che laddove ci sono dei punti del corpo più contratti muscolarmente
la sensazione del piacere è ridotta o assente, quando invece nel corpo c’è una maggiore distensione

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muscolare, è consentito un flusso maggiore della libido (del piacere) che viene percepita chiaramente. Questo
fenomeno è fondamentale, perché oggettiva nel corpo la funzione di controllo e di repressione che Freud
chiama Super Io. L’introiezione delle regole morali e dei divieti si manifesta nel corpo come contrazione.
I blocchi muscolari hanno lo scopo di trattenere le emozioni che altrimenti fluirebbero liberamente (dall’Es)
in barba ad ogni regola sociale. Stiamo entrando nel vivo del corpo. Se repressione è uguale a contrazione
muscolare, liberazione non è un fatto ideologico, ma è la possibilità di sentire il flusso energetico-vitale che
scorre in sé. Questa affermazione ci conduce ad un altro enunciato basilare: il recupero di una libera funzione
sessuale è la conseguenza dello sblocco dell’energia vitale a livello totale dell’individuo, inteso come unico
biosistema.
Allora, andiamo sugli elementi fondamentali. Reich era uno degli allievi più promettenti di Freud. Anch’egli
quindi assume il concetto di Es, ma ne evidenzia l’aspetto qualitativo: l’Inconscio è uno stato di non
consapevolezza; tutto quello che non viene percepito, non viene vissuto e che non viene conosciuto (non è
consapevole) è Inconscio. Quindi, ci sono le emozioni inconsce, le strutture inconsce del Super Io e tutti i
modelli stereotipati e culturali di cui non si è consapevoli. Tutto questo materiale represso, rimosso e
compresso lo si può incominciare a leggere nello sviluppo del bambino nelle fasi di sviluppo libidico di cui
Freud parlava – nel percorso della formazione della corazza caratteriale che si struttura gradualmente dagli
occhi alla bocca (fase orale – allattamento) e successivamente nella fase anale o meglio, fase muscolare
(controllo della muscolatura), fino alla fase genitale (Edipica). Tutta la storia individuale la si può leggere
quindi nel corpo. Reich dice chiaramente che il corpo è il serbatoio dell’inconscio nel senso che realmente
nel nostro corpo bloccato c’è tutto il materiale rimosso che ha una valenza energetica e emotiva reale e che
determina anche la struttura non solo muscolare, ma anche la struttura psichica. Un’altra delle scoperte di
Reich è l’identità funzionale ovvero l’energia è unica pur manifestandosi a livello psichico e somatico. Cosa
vuol dire questo? Lo psichico ed il somatico hanno come fonte la stessa energia vitale. Questa unità Reich
la chiama Identità funzionale. Quindi, un blocco corporeo è anche un blocco psicologico. E il blocco
psicologico è anche il blocco corporeo, cioè non ci sono due blocchi. E’ lo stesso blocco che deve essere
visto nella sua modalità energetica e nella sua modalità psichica.

L’analisi del carattere

Quando Reich comincia a concepire e strutturare l’analisi del carattere, fa un discorso incredibilmente
articolato, perché l’analisi del carattere comprende diversi piani di lettura, secondo un principio sistemico:
l’analisi del funzionamento dei sette livelli e la loro correlazione, i comportamenti e gli atteggiamenti nei
confronti del mondo che corrispondono al modo corporeo di funzionare, le strutture difensive
comportamentali e i loro agganci muscolari. E’ evidente ancora di più che psichico e somatico sono l’uno lo
specchio dell’altro. Nella visione di Freud il superamento della nevrosi consiste nel sapersi reinserire e
adattare, nella vita sociale, aderendo alla logica di quel sistema, altrimenti non c’è la possibilità di avere
veramente un Io solido. Con Reich si ribalta veramente tutto: le ideologie sociali sono il prodotto del carattere
nevrotico ed esprimono la logica di questa repressione. Quando la natura dell’uomo si struttura in maniera
disfunzionale non può che generare una cultura che avvalla la repressione stessa della natura.
Ma nel corpo esiste un principio di autoregolazione che viene attivato dalla terapia e che contribuisce a
recuperare la percezione del proprio corpo, sbloccando le emozioni e a liberando il rimosso attraverso un
reale sentire e non attraverso l’atto cognitivo. Il paziente impara fisicamente ad entrare in contatto con la sua
ombra (termine junghiano), a conoscerla e a non averne paura e libera le forze vitali al servizio dell’io che
stimolano il processo di autoregolazione di se stessi e della propria la realtà. In tal modo accade un fatto
singolare, ovvero che l’individuo che attiva il processo di autoregolazione, sciogliendo le catene del super-

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io ed entra in contatto con se stesso, sviluppa un funzionamento etico. Questo è il senso profondo
dell’anarchia. La repressione e la necessità di una legge è necessaria per frenare gli impulsi. Ma quali
parametri si assumono per decidere quali impulsi e come devono essere frenati, cioè chi decide se quell’
impulso è cattivo o buono? Allora facciamo dell’ironia: la sessualità è un impulso “cattivo”… per carità,
bisogna gestirlo bene, perché se uno gode troppo non riesce a fare più il suo dovere! Invece il presupposto
è quello contrario e cioè che gli impulsi naturali hanno una loro logica vitale e un loro senso profondo di
realizzazione. Chi fa un lavoro su di sé psicocorporeo. non ha bisogno di leggere Reich, ma sentendo se
stesso, percepisce anche con l’altro come essere vivente e individuo reale. Se io vedo te e sento te non posso
più vederti in maniera virtuale, perché ti rispetto, non perché c’è un’ideologia che mi fa pensare che è giusto
rispettarti, ma perché tu sei come me, ti sento. E ciò vale anche per la natura, ma se io non sono più natura,
perché non sono più in contatto con la mia natura e temo la percezione vegetativa del mio flusso vitale, come
posso rispettare qualche cosa che io temo?
Il grosso impedimento alla relazione con la natura sussiste perché nella repressione sessuale e quindi nella
repressione degli impulsi naturali c’è la paura di sentire il piacere. Perché tutti questi divieti ai bambini, tutta
questa necessità di imbrigliarli? Perché il bambino ricorda profondamente quella libertà vitale che l‘adulto
nella sua repressione ormai si è negato. Gli crea quasi un problema, fa paura, ti fa vedere quello che hai
perduto. Lo devi controllare, lo devi di nuovo inscatolare per rassicurarti profondamente e non entrare in
contatto con ciò che ti sei negato. Quindi, chi ha paura della vita è perché non ha il contatto con la vita e
naturalmente la uccide per poter rientrare in una sua rassicurazione. Questo è il motivo per cui una società si
fonda sulla repressione.
E’ inutile creare delle strutture sociali, anche ben congegnate, che dovrebbero funzionare sulla carta
benissimo, quando poi le strutture caratteriali delle persone che le gestiscono sono esse stesse ammalate,
appestate, e sono strutture di potere che negano la vita.
Reich cominciò a lavorare sul corpo, infrangendo un tabù grandissimo della psicoanalisi: non si deve toccare
il paziente. Il corpo non poteva essere toccato, perché subito si presentava il mostro della sessualità.

MODULO 4. LA PSICOSINTESI RELAZIONALE

Seduti, occhi chiusi, sentiamo il respiro calmo e regolare e lasciamo andare totalmente tutte le tensioni
muscolari. Cerchiamo di aprirci completamente all’esperienza che faremo insieme e apriamo il cuore
cercando di trattenere quello che per noi sarà necessario e funzionale alla nostra crescita. Cerchiamo di farlo
in una modalità rilassata.
Io tratterò due argomenti molto belli che sono la Psicosintesi e il Dialogo delle Voci. Inizio dalla Psicosintesi,
perché in essa ci sono già dei postulati che poi ritroviamo come base anche in altre scuole psicologiche.
Roberto Assagioli, il fondatore della Psicosintesi, nasce a Venezia alla fine dell’ottocento, nel 1988, e muore
a Capolona (AR) nel 1974, dopo aver passato gran parte della sua vita tra Firenze e Roma. Diciamo che
Assagioli è stato un pioniere di quella che poi è stata definita la corrente olistica e che si è sviluppata in anni
più recenti. E’ interessante considerare il contesto storico nel quale lui ha portato queste idee e ha mosso i
primi passi. All’inizio del ‘900 già parlava di Psicosintesi, della confluenza di più approcci per la crescita
umana. In Italia la Psicosintesi non è molto conosciuta e soprattutto non ne è stata riconosciuta nella sua
accezione trasformativa. Invece, negli Stati Uniti e nei Paesi anglosassoni la Psicosintesi è tenuta in grande
considerazione. Ad esempio, nelle nostre università o non è conosciuta o si sta affacciando da pochi anni.
Possiamo invece dire che Assagioli si è rivelato essere un uomo con un notevole spessore sia umano che
culturale. Se voi siete interessati ad approfondire, ci sono dei testi che parlano della sua biografia e dei suoi

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anni di formazione, di come lui avesse relazioni in tutto il mondo, in tutte quelle correnti culturali emergenti.
Ha partecipato alle riviste fiorentine dell’inizio ‘900 e al fervore innovativo di quegli anni . Era medico
psichiatra, aveva fatto laa sua tesi sulla psicoanalisi e immaginate in quali anni lui ha avvicinato la psicanalisi.
E’ stato veramente il pioniere che ha portato la psicoanalisi in Italia. Tra l’altro, aveva preparato la sua tesi
all’ospedale psichiatrico di Zurigo, sotto la supervisione di Jung ed era stato incaricato da Freud di diffondere
le sue idee in Italia. Quindi, è estremamente interessante seguire il cammino di quest’uomo che ha precorso
un po’ tutte quelle correnti che poi sono andate ad affermarsi negli anni successivi.
Diciamo che nella Psicosintesi noi abbiamo quella che è una concezione olistica, perché è presente in essa
una visione bio-psico-spirituale dell’essere umano. Ciò significa vedere un individuo sotto il profilo fisico-
biologico, sotto quello emozionale-psicologico e dare molta importanza e spazio alle sue possibilità di
espressione ed espansione sul piano spirituale. Adesso può apparire del tutto normale, ma immaginate quale
poteva essere la situazione 70 anni fa.
Egli era in contatto con Alice Bailey, teosofa prima e poi fondatrice della scuola esoterica Arcana, ispirata
da un maestro di saggezza tibetano, ha conosciuto, come detto, Freud e Jung, ha collaborato con Dane
Rudyard alla diffusione dell’astrologia esoterica e era in rapporto diretto con molti altri personaggi di grande
rilevanza dell’epoca. A vederlo fisicamente era così minuto, quasi etereo, ma, al contrario, era un personaggio
di un grande spessore. Era ebreo, per cui aveva vissuto tutte le persecuzioni razziali della seconda guerra
mondiale, conoscendo anche la dura prova della prigionia. Nell’occasione, aveva trovato la forza e l’ironia
per uno scritto sulla libertà in prigione, nel senso che era talmente forte questo suo sentire che l’essere umano
è una creazione a molti livelli, e non è solo un’identificazione con il corpo, che lui riusciva sentirsi libero
anche in prigione. E’ vero che si possono rinchiudere i corpi, ma non si possono uccidere le idee.
Tutta la Psicosintesi rientra in quella che è considerata la corrente della psicologia transpersonale. Quindi, è
una psicologia con direzione. Chi è che dà la direzione? Ciò significa che con questo concetto di direzione
c’è già un’enfasi sull’essere umano nella sua accezione più profonda che è lui che può dare la direzione alla
propria esistenza. Questo è un punto molto importante.
E’ anche un punto che ci chiama ad una grande assunzione di responsabilità, perché se io so, che io posso
dare la direzione alla mia esistenza, significa che devo uscire da quell’atteggiamento un po’ paranoico di
vedere tutte le colpe all’esterno. La persona si mette in una posizione in cui si interroga e si chiede: “Io, cosa
sto facendo per direzionare la mia vita là dove vorrei che andasse?” per cui uscire da quel ruolo di vittima di
essere la persona che si prende tutto quello che gli piove addosso e incominciare a dire: “Io posso scegliere
dove voglio mettere la mia energia e dove voglio andare.” Questo è un punto di fondamentale importanza.
Adesso mi piacerebbe soffermarmi su alcuni postulati base della Psicosintesi, poiché vorrei darvi degli
schemi di riferimento in modo che possiate utilizzarli.

Rappresentata mediante un uovo diviso in tre parti che si chiama ovoide di Assagioli. La parte bassa è l’area
dell’inconscio inferiore che corrisponde al numero 1; l’area centrale contrassegnata con il 2 è l’inconscio
medio, e l’area superiore n. 3 corrisponde all’inconscio superiore. Una piccola area rotonda centrale che si
sovrappone sull’area 2 è la n. 4 che è il campo della coscienza, accanto c’è un’altra piccola area rotonda, la
n. 5 che è l’Io o il Sé personale; sul punto superiore dell’ovoide sta il n. 6 che corrisponde al Sé transpersonale,
e il n. 7, esterno a tutto l’ovoide è l’inconscio collettivo. Noterete che tutte queste linee sono tratteggiate e
non a caso, perché sono delle divisioni didascaliche utili allo studio. In realtà questi campi non sono divisi in
maniera così netta perché esiste un’osmosi tra tutte queste energie.
Parliamo di Inconscio inferiore n. 1, medio n. 2 e superiore n.3. L’inconscio inferiore è relazionato a tutti
quei complessi psichici che sono più lontani dall’accesso della nostra coscienza. Quello è un contenitore dove

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hanno sede e luogo i nostri complessi relativi al passato, che hanno colorazioni emozionali molto forti che
rimangono dentro di noi e si imprimono dentro di noi. In questo inconscio ci saranno tutte le parti istintuali
che sono meno accessibili alla coscienza, tipo un’aggressività non riconosciuta, oppure una sessualità tenuta
molto compressa. Tutti complessi che si lasciano arrivare al campo della coscienza con più difficoltà.
L’inconscio medio, invece, è un inconscio più plastico, c’è quella fase di “ricordodimentico”, di certe cose
che arrivano alla nostra consapevolezza e che poi se ne rivanno via, perché non riusciamo a fermarle né
trattenerle. Significa che è più facile che i contenuti dell’inconscio medio arrivino nel nostro campo della
coscienza o possiamo richiamarli più facilmente rispetto a quelli che sono immagazzinati in un inconscio
molto più profondo. E poi, abbiamo l’inconscio superiore, dov’è la sede delle nostre potenzialità, le
intuizioni, le aspirazioni, gli slanci altruistici. Però, attenzione, stiamo sempre parlando di inconscio. Quindi,
significa che come sono inconsce certe istintualità tipo l’aggressività o la sessualità, sono inconsce anche le
nostre potenzialità creative. E questo, ripeto, è l’inconscio superiore.
Ripeto, tutto ciò è diviso in maniera didascalica perché in realtà esiste un’osmosi tra tutte queste parti, non ci
sono questi scompartimenti stagni. Il n. 4, il campo della coscienza è quello che Jung chiamava l’isoletta nel
Mare Magnum dell’inconscio. Ciò significa che e lo vediamo anche graficamente il campo della coscienza è
veramente uno spazio, una quantità di consapevolezza molto ridotta rispetto a quello invece che è tutto il
nostro inconscio. Più noi portiamo del materiale che ha sede nel nostro inconscio sia inferiore sia medio che
superiore a livello della coscienza. Quindi, possiamo dire che è il campo dominato dall’Io, il n. 5, invece, è
l’Io o Sé personale. Ci sono delle studi dove con l’Io intendono l’Ego, altri lo intendono il Sé. Qui, vorrei
dire che nella psicosintesi il Sé personale è quella parte di superiore dentro di noi, quella parte che potremmo
chiamare il Testimone dentro di noi, quella parte che non si identifica con alcun contenuto, è proprio
l’Osservatore. Il n. 6 è invece il Sé transpersonale. Ognuno di noi ha il proprio modo per identificarlo, tuttavia
affermiamo che il 6 è il Sé in assoluto, tuttavia esiste un collegamento tra il 5 e il 6. Il 7, invece, è l’inconscio
collettivo, questo patrimonio inconscio dell’umanità che si è strutturato nei secoli con il contenuto inconscio
dell’umanità che ritroviamo sotto forma di simboli, di archetipi che pur trovandosi agli antipodi
geograficamente usano gli stessi simboli. Questo è spiegabile proprio attraverso questo concetto di inconscio
collettivo.

Il Sé personale e il Sé superiore

Nella psicosintesi c’è una cosa molto interessante; il Sé personale, questo nostro Sé interiore che è poi il
riflesso del Sé transpersonale, è preesistente alla strutturazione della personalità. Ciò è importante, poiché
significa che dal momento che io nasco, io sono portatore di questo Sé. Poi, può verificarsi che io posso
passare tutta la vita senza riuscire mai a contattarlo per tutte le diverse sovrastrutture, le mie impostazioni
mentali, per i miei credi, perché il mio livello evolutivo mi porta altrove. Però, è estremamente importante,
perché questo fa molta differenza. Infatti, provate a pensare cosa significa in tutto il discorso del counseling
trovarmi ad esempio di fronte ad una persona che strutturalmente è a pezzi, che ha mille problemi e vederlo
come persona oppure riuscire a vederlo come anima. Quindi, è molto significativo, nella forma cui si ritene
che questo “quid” evolutivo esiste in ogni essere umano ed è preesistente per tutta la strutturazione della
personalità. Può trattarsi quindi di una persona portatrice di handicap fisici o mentali, ma è sempre portatrice
di un’anima.
Oppure potremmo dire che è un’anima che ha scelto di fare quel tipo di percorso servendosi di quel corpo.
Questa strutturazione ci fa capire subito che ci sono vari livelli cui noi possiamo giungere in contatto,
attraverso tante tecniche. Nella Psicosintesi vengono usate moltissime meditazioni, visualizzazioni proprio
per arrivare allo scopo che ci siamo prefissi, quello di parlare, contattare, sentire, entrare in contatto con il

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nostro Sé interiore. Forse una delle meditazioni più interessanti della Psicosintesi è la meditazione della
”disidentificazione”. Poi ci sono delle meditazioni che vengono fatte a proposito di simboli e molto lavoro
viene fatto sui sogni. Sono tutte competenti che possono adoperare a nostra disposizione per poter sentire in
maniera esperienziale questi vari livelli. Credo che sia interessante riuscire a percepirli, a farli diventare
esperienze, affinché non rimangano solo a livello della nostra mente concreta.

La teoria dei sistemi in psicologia

Cercherò di dare alcuni concetti di base fondamentali sulla teoria dei sistemi. Si cerca di dare una struttura
scientifica a quella che è la psicologia relazionale, la psicologia dei gruppi. Si parte, quindi, da una nozione
scientifica che è il concetto di sistema, ripreso da Von Bertalanffy che negli anni ’30 del ‘900 elabora la
cosiddetta teoria generale dei sistemi.
Allora, cos’è un sistema? Se ne sente parlare da tutte le parti, ma spesso senza aver chiarezza. Definiamo un
sistema come un insieme di elementi che interagiscono secondo determinate regole. E’ chiaro che questo
concetto ci permette di affrontare qualsiasi contesto di studio scientifico. Si può parlare di un sistema solo
quando i singoli elementi che lo compongono interagiscano tra di loro, cioè siano connessi tra loro
funzionalmente e abbiano determinate regole. Un orologio smontato è un insieme di elementi, ma non è un
sistema. Il discorso interessante della teoria dei sistemi è che risponde a determinate leggi che valgono per
qualsiasi sistema. Ci sono alcune regole che sono uguali per tutti, come se l’universo fosse strutturato per cui
tende a formare dei dati che interagiscono secondo regole uguali. Questo è interessante nella teoria dei
sistemi.
Esistono tanti sistemi: quello meccanico, chimico, ecc., ma per quanto ci riguarda prenderemo in
considerazione quello relazionale umano. Questo sistema relazionale ci condiziona così fortemente che noi
ci comportiamo in una data maniera e non in un’altra. Infatti, in questo momento a nessuno di voi verrebbe
in mente di giocare a pallone o mettersi a cantare. Se lo facesse sarebbe un comportamento anomalo per noi
ora e quindi appartenente ad un altro sistema. O la persona lo spiega e quindi noi sappiamo che il suo
comportamento rientra in un altro sistema che in questo momento interpreta il nostro, oppure è un
comportamento anomalo e incomprensibile per gli altri. Infatti, molti dei comportamenti della patologia
mentale vengono interpretati secondo la teoria dei sistemi come dei comportamenti difformi dal contesto,
perché è come se la persona agisse legata ad un contesto che non è quello presente.
La prima caratteristica è la totalità, Questo concetto è conosciuto sin dall’antichità. Diceva Lao Tse nel VI°
sec. A.C. che la somma delle parti non costituisce il tutto, cioè la somma dei pezzettini dell’orologio non ci
aiuta a capire il senso dell’orologio. Se noi prendiamo un quadrante o una lancetta, non ci fa capire nulla
sulla misurazione dell’ora. L’orologio ha delle caratteristiche in più che non sono contenute in nessuna delle
parti che lo compongono. Noi, all’interno di questo sistema abbiamo delle capacità o delle proprietà in più
che non sono proprie di nessuno di noi presi singolarmente, ma che messi insieme realizziamo in questo
punto.
Il secondo concetto: la struttura. Ogni sistema ha una sua struttura, cioè si suddivide in sottosistemi.
Prendendo il nostro sistema in questo momento, i sottosistemi sono i docenti e gli allievi. Volendo ci sono
tanti sottosistemi: allievi maschi e femmine, quelli seduti sulle sedie o seduti per terra e così via. Anche se
questi ultimi sottosistemi hanno poco significato ai fini del funzionamento di questo sistema. I sottosistemi
che più saltano alla luce nell’organizzazione del nostro sistema sono gli allievi e i docenti. Comunque se si
entra nell’analisi dei gruppetti, di come sono seduti potremmo scoprire tanti sottosistemi che stanno
interagendo senza che ce ne rendiamo conto.

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Il terzo concetto: i confini. E’ un sistema aperto che scambia informazioni con altri sistemi esterni che
ciascuno di noi ha: con la famiglia, con l’ambiente di lavoro, con la reception e altri che influenzano il nostro
sistema di ora.
Il quarto concetto: la progettualità. Si è detto che ogni sistema interagisce secondo determinate regole. Ogni
sistema tende a perseguire un proprio progetto. Il progetto dell’orologio è segnare l’ora, dell’automobile lo
spostarsi, il nostro progetto di questo sistema ‘qui e ora’ è quello di focalizzare e apprendere alcune nozioni
su un inquadramento olistico sulle principali correnti e tecniche psicologiche e psicoterapeutiche. La
progettualità è uguale alla funzionalità. Se un orologio non persegue il suo compito di segnare l’ora,
l’orologio non funziona. Si dice che è disfunzionale, non persegue il proprio progetto. A livello individuale
può essere un progetto di vita, in questo nostro contesto il nostro progetto di apprendimento. Quindi, se alla
fine del nostro incontro non si fosse appreso alcune nozioni relative a quello che ci proponevamo, vorrebbe
dire che questo è stato un sistema disfunzionale. Quanto più riusciamo ad apprendere ed a focalizzare meglio
queste nozioni, tanto più funzionale è il sistema.

Altro concetto importante è la finalità. Consiste semplicemente in questo: se si prendono due sistemi non è
che conoscendo la situazione iniziale sappiamo di conseguenza quale sarà l’esito finale. Due sistemi
inizialmente uguali possono andare incontro ad esiti differenti o sistemi differenti possono avere un esito
simile. Cioè, l’effetto non è legato alla causa in maniera determinata, ma al come interagiscono nel tempo i
vari elementi e i vari sistemi confinanti. Ad esempio prendiamo una famiglia, non è che tutti i bambini
soffocati da una madre soffocante sviluppano la tendenza all’alcolismo. In alcuni casi possono svilupparlo,
in altri no. Quindi, vuol dire che dipende da come si interagisce. Questa è una nozione molto importante,
perché modifica una visione meccanicistica legata a molte correnti della psicologia, sicuramente alle correnti
del primo comportamentismo che vedeva causa ed effetto in maniera lineare. Ma anche della psicanalisi
iniziale che diceva se c’è un trauma infantile di conseguenza ci sarà una nevrosi nell’ adulto. Non è così
semplice e lineare, dipende da tutta una miriade di fattori che interagiscono, il che rende più complesso lo
studio.

Altro concetto è la storia che è l’ultimo concetto fondamentale della teoria dei sistemi. Ogni sistema ha una
sua evoluzione storica, quello che si dice un suo ciclo vitale. Ci sono dei sistemi che hanno una vita breve: il
nostro gruppo ha un ciclo che dura pochi giorni o poche settimane. Ci sono dei sistemi che possono essere
momentanei, per esempio il sistema di un gruppo di persone a cena che al momento della cena o di una festa
si crea un particolare sistema con determinate regole che poi si scioglie. L’Ultima Cena non si è limitata
all’ultima cena. Lì ha stabilito il rituale che stabilisce le regole p.es l’eucarestia che è collegato con l’Ultima
Cena, si è mantenuto nel tempo stabilendo una storia millenaria. Quindi, non è una cena che è finita lì.
Tipico è il sistema familiare che ha una durata lunghissima. Una famiglia dura almeno quanto la vita di un
individuo, anzi di più della vita di un individuo perché uno nasce appartenendo a una famiglia in senso lato,
visto come sistema di figure relazionali significative. Il minimo di una famiglia è una madre con il padre e il
figlio e poi altre figure che possono esserci o no. Se voi pensate quanto ci condiziona un sistema
psicologicamente. Basta entrare in una chiesa e ci sentiamo condizionati dal nostro comportamento. In una
chiesa non ci riesce avere lo stesso comportamento che avremmo se fossimo assieme a dei tifosi allo stadio
a fare il tifo per la squadra del cuore. Anche se proviamo a farlo non ci viene nella stessa maniera oppure non
abbiamo lo stesso stato d’animo, lo stesso comportamento o modo d’interagire di quando siamo a cena con
degli amici. Insomma il sistema ci condiziona fondamentalmente. Figuriamoci un sistema come la famiglia
che dura tutta la nostra vita.

E’ tipico un lavoro spesso efficace è collegato con le disfunzioni del comportamento alimentare.
Le anoressiche spesso hanno un loro comportamento che viene perpetuato da una serie di dinamiche

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relazionali a livello familiare. Modificandole, si può arrivare anche a modificare radicalmente il
comportamento anoressico. Quindi, spesso ci sono anche dei risultati fondamentali.

Le sub personalità

E’ una tecnica che viene usata per capire cosa succede dentro di noi, e per capire cosa succede rispetto alle
dinamiche tra tutte queste nostre subpersonalità.
Partiamo dal concetto che dentro di noi esistono molti personaggi, molte “voci”. Secondo questo metodo
possiamo asserire che esistono delle “voci primarie” e delle “voci rinnegate”. Quindi, vediamo questo
discorso come un’asse polare, dove noi siamo molto identificati con molte sub-personalità o “voci” (c’è
un’analogia tra i due termini). Se noi lavoriamo con delle “voci primarie”, significa che dalla polarità opposta
ci sono delle “voci rinnegate”. Questo ci rimanda di nuovo alla stella di Assagioli già vista precedentemente.
Il concetto è lo stesso dell’asse polare: se da un lato c’è una parte iper-trofica, dall’altro lato ci sarà
sicuramente una parte ipo-trofica.
Noi abbiamo molti personaggi interni e la nostra tendenza è di identificarci o di rappresentarci di più con
qualcuno di questi personaggi che sono definiti “voci primarie”. Quasi sempre questi personaggi sono quelle
parti che ci proteggono, le parti con le quali noi ci sentiamo più a nostro agio, sono dei ruoli con i quali siamo
più abituati a stare e ci sentiamo più sicuri. Le “voci rinnegate”, invece, sono le nostre parti rimaste più
nell’ombra o nell’inconscio medio o inconscio profondo, di cui potremmo non conoscerne proprio
l’esistenza.

Quali sono le parti:

· le “voci primarie” in cui ci identifichiamo di più


· le “voci rinnegate” che sono in noi, ma che rimangono più in ombra, sono più inconsce
· un “ego operativo” che è la parte di noi che si identifica nei ruoli (ad es. mi identifico con il mio ruolo di
insegnante)
· un “ego consapevole” che è il nostro testimone, la parte di noi che non si identifica con le varie voci, ma
semplicemente le osserva
· “la visione lucida” o “awareness” che è il momento in cui noi possiamo vedere attraverso l’ego consapevole.

Essendo il “dialogo delle voci” un metodo molto poco invasivo e rispettoso, può essere usato con chiunque
tranne in casi di psicosi conclamate. E’ una tecnica che si svolge in maniera energetica e si sente quando
invitiamo a parlare una “voce” se parla solo a un livello mentale o con la propria parte energetica.
Vediamo come si svolge.
Quando il cliente arriva si chiede cosa vorrebbe andare a investigare o chiarire assieme a noi, cerchiamo
dunque di definire un ambito. Nella descrizione iniziale, il facilitatore può già farsi una mappa di cosa sta
succedendo nell’altra persona, e a seconda di come si esprimerà, potrà individuare quali sono le “voci” che
stanno parlando. Chiaramente questo non si rivela all’altra persona per non influenzarla, però si invita l’altro
a spostarsi usando la modalità gestaltica. La persona si muove in un’area e anche in una posizione a sua scelta
dello spazio. Entriamo in una condizione più meditativa invitandola ad entrare più in profondità. Da questo

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momento le facciamo una sorta di intervista per indagare, conoscere, raccogliere dettagli sulla voce che sta
parlando.
Quindi, facciamo l’intervista alla persona per capire al massimo questa “voce”, per capire da quanto tempo
c’è, che spazio ha nella vita della persona, come si relaziona con gli altri personaggi dentro di noi, e come
condiziona la nostra esistenza.
Le voci più importanti che ritroviamo un po’ tutti noi sono il “critico”, il “giudice”, il “patriarca” o la
“matriarca” per le donne, il “bambino” fragile e vulnerabile, e il bambino giocoso che ha voglia di vivere e
di esprimersi ma che quasi sempre rimane soffocato. Altrettanto interessante e bello è quando vengono fuori
la forza o la rabbia e le persone riescono a sentire che ci sono queste energie potenti dentro di loro. La “voce”
parla attraverso la persona finché esprime la propria energia, e poi sentiamo che si scarica, e comincia a
subentrare la noia oppure un calo energetico. A quel punto si sente che non c’è altro da dire, per cui
ringraziamo la “voce” qualunque essa sia stata, anche se è stata distruttiva, perché dobbiamo onorare tutte le
parti dentro di noi. E dobbiamo farlo senza giudizio. Quindi, ringraziamo la “voce” che è venuta e chiediamo
alla persona di ritornare al centro. Ritornare al centro significa ritornare nella posizione dell’ego consapevole.
Qui riparliamo con la persona chiedendo come ha vissuto l’esperienza, se ha scoperto parti nuove di se stessa,
se ha sentito le diverse energie che portavano le voci, se ha sentito energeticamente, emozionalmente che
relazione avevano con il corpo, come queste voci abbiano trovato spazio o rinnego nella vita della persona
ecc. Molte volte mi sono trovata con delle persone apparentemente deboli che scoprivano quanta forza
avevano soffocato dentro e quanta voglia avevano di farla venir fuori. Vi ho dato una piccola idea?
Qual è l’obiettivo del “Dialogo delle voci”? Il punto centrale è poter prendere coscienza di queste parti e
attraverso il nostro ego consapevole portare sempre più terra all’isoletta della coscienza, perché più noi siamo
consapevoli, meno ombre ci sono, più siamo liberi. E’ lo stesso discorso del “direttore d’orchestra” che fa
suonare gli strumenti quando decide e in quale modo decide di farli suonare, e non lascia ad ogni strumento
la possibilità di agire fuori da un progetto. Ricordiamoci sempre che nessuna energia va condannata, perché
sono tutte parti di noi che dobbiamo integrare comprendendole per portarle alla luce.

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Lo sviluppo del potenziale umano

C’è una parte iniziale sul concetto del funzionamento del cervello. Tanti neuroscienziati dicono che usiamo
il 10% del nostro cervello, mentre secondo me ne usiamo il 150% (come lo intendono gli scienziati), mentre
usiamo soltanto il 10% della nostra sensibilità, il 10% della nostra coscienza, della ns. consapevolezza del
ns. essere. Quindi, noi stiamo iperutilizzando la mente e sottoutilizzando la ns. consapevolezza. In questa
prima parte c’è una certa impostazione sull’ego e sul sé, sulla difficoltà di capire queste due identità,
sull’andare oltre il sé e sulle difficoltà di riuscire a fermare l’ego e trascenderlo. E infine, c’è una parte finale
dove vengono citate esperienze a volte anche semplici.
Adesso entreremo nelle quattro fasi del processo di crescita. Le abbiamo chiamate molto brevemente:
I° fase - La consapevolezza, dello stato di frammentazione in cui ci troviamo
II° fase - Il decondizionamento, o liberazione da ciò che non è nostro
III° fase - La riappropriazione, o sviluppo del potenziale umano
IV° fase - La realizzazione, o consapevolezza globale di sé
Queste quattro fasi hanno una certa sequenza temporale anche se in realtà vanno tutte insieme.

La consapevolezza

La prima fase - la consapevolezza - è fondamentale. Significa la consapevolezza del male. “Sto male”. Vai
dal medico o dal counselor e dici dove ti fa male. Questa è una consapevolezza del male esteriore. Ogni cosa
avviene dentro di noi, non fuori. Ciò che a noi interessa, invece, è quello che avviene dentro. Per iniziare il
cammino per lo sviluppo del potenziale umano ovviamene è necessario una consapevolezza del proprio stato.
Può anche essere una consapevolezza positiva p.es. la lettura di un libro. Ci sono dei libri che ispirano le
persone. Oppure la consapevolezza del negativo: “Sto male e voglio crescere” oppure la consapevolezza che
c’è qualcosa “oltre”. “Io ho tutto, sto bene, ma sono in un momento di crisi. Sento che devo cambiare vita,
fare qualcosa di nuovo. Non so che cosa.”
In questa consapevolezza voi potete avere un ruolo importantissimo. Se voi trasmettete il senso che avete
acquisito facendo esperienze di meditazione, di respiro o altro ad altre persone, influenzate lo stato positivo,
Fate comprendere, date consapevolezza che esiste uno stato di unità più bello, più maturo, più umano.
E d’altra parte, che è possibile liberarsi dal negativo.

Il lavoro sul negativo

La seconda fase la potremmo definire disinquinamento, decondizionamento. E’ il lavoro sul negativo, è il


lavoro sull’ombra. Detto semplicemente, è la fase di disinquinamento globale del corpo, delle emozioni, della
psiche da tutti i veleni, le tossine, le inibizioni, le informazioni negative che ci hanno destabilizzato e
condizionato fino ad ora. E’ chiaro che se noi non nettiamo il sistema e togliamo queste tossine psichiche
(es. le paure) lavorandoci, sappiamo che lì c’è sicuramente qualchecosa da profittare se ci entriamo con
consapevolezza. La paura è come un tappo su qualchecosa, solitamente si ha paura di qualcosa che è nella
realtà. Bene guardiamola!! Cosa ci può succedere? Al massimo ci spaventiamo ancora di più. Normalmente

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dietro la paura non c’è un’altra paura, c’è unicamente uno stato di emozioni che non vogliamo o desideriamo
vedere. Lo consideriamo come grande, ma poi non succede niente. Al di là di qualche ora tutto si risolve.
E’ come se ci trovassimo al buio dove i fantasmi emergono, diventano grandi. Alla fine è successo a tutti che
ogni volta che si accende la luce non rimane più niente. Anche se avete paura, riconoscetela. Questo è
estremamente importante, ovviamente la paura c’è, però ci siete anche voi con la vostra compagine di forza.
Sentite la rabbia, ma allo stesso tempo sentite anche la parte di amore e sentite le varie emozioni presenti.
Allora, la parte del disinquinamento e decondizionamento è metà del grandissimo lavoro che viene fatto
partendo da qualsiasi punto del corpo.

Il lavoro sul positivo

La terza fase è quella della crescita umana è la riappropriazione. Corrisponde al parallelo lavoro sulla
riapertura del corpo, delle energie, delle sensazioni, degli affetti, della mente, delle percezioni sottili e
dell’esperienza del ns. essere in modo positivo. La riappropriazione significa che siamo o non siamo
veramente tutto quello che siamo realmente. Questo concetto di riappropriazione è sviluppo del potenziale
umano. Significa che hai un potenziale che non conosci, a cui non hai accesso. La cosa fondamentale da
capire è che noi abbiamo dei potenziali positivi che non sono stati espressi e dei potenziali negativi che sono
diventate paure. La paura è quello che ti va a bloccare. In realtà la paura non ti lascia tirar fuori l’energia
ormonale (il testosterone, l’adrenalina). La paura è quella che ti frega, ti cancella l’adrenalina, ti cancella la
forza. Ecco che il processo di disinquinamento e decondizionamento viaggiano in parallelo. Io preferisco
nella mia realtà professionale sempre prima il lavoro sul negativo, e poi il lavoro sul positivo, perché mi fido
molto del potenziale umano. Però potrebbe essere che su alcuni clienti prima dovete fare il lavoro della
riappropriazione e dopo quello del disinquinamento. Perché? Perché ha un Io fragile. Questo è il punto
determinante, la percezione dell’Io della persona. Se vi fidate di questa persona e lei di voi, se sentite che c’è
una parte di solidità, e per tale cominciate con il negativo. Se sentite che c’è molta fragilità, anche magari in
quel momento (ad es. sta passando il momento di collasso dell’identità per crearsi un Sé), allora lavorate sul
disinquinamento partendo dal corpo fisico. I veleni attuali sono i film dell’orrore, di violenza, i messaggi
mediatici che inducono ad acquisire stereotipi che non creano alcuna crescita della propria identità. Evitateli,
sono devastanti. Piuttosto preferite film emozionali, letture scritte con passionalità, film spirituali come
l’Attimo fuggente” (si parla di libertà che è già un concetto spirituale).
La tecnica è elementare, voi dovete sentire quella persona a piano ponendogli fiducia. Se non avete fiducia
in quella persona, non dategliela. Guardatelo bene e a volte capite se non ce la può fare. Lo potete anche
stimolare, ma sempre rimanendo molto sinceri. Basta mettersi nei suoi panni.

La realizzazione di Se’

L’ultimo punto dello sviluppo del potenziale umano si chiama realizzazione. E’ l’opera di riconoscimento
della nostra natura profonda, la riscoperta dell’anima e del sé e degli stati di coscienza. Qui il sé in realtà non
è un vero stato di coscienza spirituale, ma è uno stato di identità spirituale. Quando senti il corpo libero e tu
ci sei, sei in uno stato di presenza. Questo è il minimo che viene richiesto ad un operatore o Counselor
Olistico, ma non è l’essere. L’essere è quando rompi questa condizione e perdi l’ego, perdi anche il sé.
Per noi, invece, il sé è fondamentale, perché le persone meno evolute nello spazio non ci vanno o se ci vanno
ci stanno giusto un po’ e poi ritornano all’io. E’ ancora una struttura parzialmente illusoria. Abbiamo ancora
una nostra energia e una nostra pelle, però possiamo anche aprirla. Il campo in fisica è una delle cose più

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straordinarie che siano mai state inventate. Il campo è un centro che può essere un qualsiasi corpuscolo
energetico elementare. Qualsiasi particella subatomica è un campo di energia, genera un campo di energia.
Il campo ha una sua densità, può essere isolato, può avere una sua raffigurazione, ma in realtà entro il suo
limite c’è il suo confine, dove c’è un irraggiamento che va all’infinito. Il campo è fuso con l’unità di tutti i
campi, l’awarness di tutto l’universo. Quindi, tu hai il campo che è l’illusione parziale di essere un’unità, un
qualcosa di concentrato, ma parallelamente il paradosso è che ti senti anche nell’infinito. E’ un’unità non
isolata. Vi sembrerà strano, ma è così. E’ paradossale. E’ come se tu stai dentro la funzione della particella
come corpuscolo, come onda su se stessa e hai la sensazione del sé. Il che è vero, perché sei una particella,
ma dovresti vivere anche con la consapevolezza parallela che sei parte di un tutto. “Cyber”. Io esisto, Io sono
cosciente perché esisto.

Il carattere “schizoide”, il “distacco” del corpo

Tra le tante visioni molto diverse nella nostra concezione energetico-sistemica una situazione di allarme che
avviene in un periodo intrauterino, ma che non è così prolungata e devastante, può portare ad una situazione
schizoide. Schizoide vuol dire che c’è una separazione di una parte di sé. Quindi, quando la parte fisica e la
parte emozionale non viene ben integrata. Nella persona schizoide la separazione avviene soprattutto nella
parte emozionale. Una persona schizoide si riconosce, perché è una persona ritirata e sente il corpo a pezzi.
Spesso si ritira psichicamente e diventa una persona che vive in un mondo tutto suo. Anzi, è una persona che
sceglie deliberatamente di vivere in questo mondo interiore fantastico, rifiutando il contatto con gli altri. Il
contatto con gli altri lo metterebbe di fronte al dover relazionarsi con tutti i suoi livelli: con la fisicità, con
l’emotività e con tutta la parte intellettiva. Questa persona non può mettersi in relazione, perché l’altro gli fa
da specchio e quindi vedrebbe nell’altro la propria separazione. Questa separazione inizia prima dal corpo,
poi nell’emotività e infine nella psiche.
Non è una persona psicotica. Quello che, però, si trova più frequentemente è il tratto schizoide. Le persone
presentano delle caratteristiche che rimandano all’essere schizoide in compresenza di altri fattori. Il tratto
schizoide è molto in espansione nella nostra cultura, perché la mancanza di integrazione viene vissuta fin dal
periodo intrauterino porta questa separazione e incapacità di sentirsi sia fisicamente che emozionalmente.
Quindi, isuoi rapporti non sono veramente di contatto.
La patologia schizoide è sempre riferita ad un allarme – minaccia di morte - che in questo caso si riferisce al
periodo prenatale. Tuttavia è importante tenere presente che la patologia su tutti i livelli è sempre collegata
alla paura, perché è la paura che determina la contrazione. Infatti, molte tradizioni ??? dicono quello che
bisogna fare per recuperare la propria integrità e la propria ombra per entrare e diventare in qualche maniera
lo spettatore della propria paura, scendere nella propria paura. Questo è fondamentale.

Il carattere orale

Il bambino vive i momenti più delicati della sua vita fuori dalla pancia della mamma che non dentro, dove è
molto più protetto, dove le condizioni di alimentazione sono lineari. Inoltre abbiamo visto come la carenza
o la relativa privazione del latte materno, o della presenza materna amorevole può creare tutta una serie di
bisogni psicologici nel bambino che poi si manifestano genericamente nel carattere orale.

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Il carattere masochista

Nella crescita, se tutto va bene, noi osserviamo un secondo periodo critico. In realtà quello che accade molto
comunemente è che la rigidità della struttura familiare che può essere della mamma o del padre o della nonna
che vive più nel passato che nel presente in casa, condiziona la crescita del bambino. Comunemente viene a
crearsi questa polarizzazione dove il bambino nella sua crescita comincia a venire fortemente condizionato
dalle ansie, dalle paure, dal controllo della struttura materna o familiare. Che cosa succede normalmente? La
mamma ha paura che si muova e non lo lascia muovere, ha il terrore del controllo e lo continua a controllare,
è tendenzialmente ansiosa e continua trasmettere questo senso di incertezza e insicurezza in tutte le cose.
Quindi, tendenzialmente creano nel bambino un bisogno di controllo, un meccanismo che, purtroppo, è molto
comune. Non è tanto il controllo sfinterico che adesso è prevalente (pensiamo alla sostituzione dei moderni
pannolini usa e getta); molto di più, invece, nelle giovani generazioni è il controllo generale. Sul controllo
generale noi abbiamo una civiltà che, mentre prima i bambini potevano essere relativamente liberi con spazi
maggiori o avevano tempi più dilatati, ora vivono tra le macchine, la televisione, in case sempre più piccole
e con tempi sempre più stretti, con un’ansia di controllo maggiore. Il tipo di meccanismo che passa genera
una tipologia ampiamente molto comune del carattere chiamato carattere masochista.
Il masochista è ovviamente un termine molto grosso. Una volta comprendeva il carattere anale, ma dato che
negli ultimi due, tre decenni si è visto calare fortemente questo tipo di controllo, ma è stato come sostituito
con un altro, per cui una certa tipologia comunque continua a sottostare. La mia sensazione è che più del
controllo anale che era un’identificazione precisa che Freud aveva messo in evidenza, eso è più un carattere
della mamma o della famiglia che continua ad interferire con l’apertura psicofisica del bambino.

Quindi, la struttura del masochista è una struttura carica di energia. Il suo corpo, al contrario del corpo
dell’orale, che ha un corpo più esile con un torace scarico e ha una dimensione di richiesta, è un corpo che è
capace di contenere e assorbire grosse cariche di energia e di sostenere molte responsabilità.
Fondamentalmente nella dinamica familiare c’è una madre che ha il potere, ha la direzione e il comando, e
c’è un padre sottomesso o assente. Questo tipo di madre induce nella relazione con il bambino questo
messaggio: tu devi fare come ti dico io!

Il tratto nevrotico, iperreattività da stress e incapacità di relax

Direi, che un’altra delle caratteristiche fondamentali che è molto importante verificare è il carattere
nevrotico. Il carattere nevrotico è una personalità caratterizzata da uno stato cronico di stress, di tensione e
ipereccitazione del sistema globale, in particolare del sistema nervoso. La tipologia nevrotica nasce quando
non vengono rispettati i ritmi naturali di equilibrio tra il sistema nervoso, il sistema cardiaco e il sistema
fisico, per tale il sistema nervoso subisce un condizionamento verso l’iperattività. Comunemente si definisce
la persona ‘nervosa’. Questa caratteristica nervosa è una caratteristica che prevale enormemente nelle donne
negli ultimi trent’anni. Da quando le donne, grazie al processo di emancipazione che ha portato avanti il
femminismo verso i dovuti diritti, si sono accordate ad una tipologia sociale che è assolutamente maschile e
quindi sono diventate come gli uomini per ottenere gli eguali diritti. Quindi hanno cominciato a fumare come
gli uomini e l’incremento della crescita della libertà delle donne è parallela al numero di sigarette fumate ed
al numero di cancro che si è divulgato tra loro e molto vicina alla diminuzione del seno. Tutto questo è stato
in qualche maniera cancellato e quindi le donne hanno sviluppato il nervosismo, una struttura rigida, che è
diventata comunissima. Questo è anche parallelo alla diminuzione del numero di lattazione delle donne
industrializzate. Lo stress era prima una caratteristica molto più maschile, perché l’uomo si trovava a gestire

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il mondo del lavoro, l’economia, un mondo in rivoluzione. Man mano che le donne si sono avvicinate al
modello maschile hanno assunto anche loro una sottile nevrosi, perché non procedevano più come in
precedenza, non più il linea con i tempi biologici come dovrebbero andare. Se nella tipologia del bambino/a
che nasce c’è una mamma che non li allatta, una mamma che li controlla e uno ha una tipologia
particolarmente nervosa, uno degli elementi che viene fuori fortemente dominante è il nervosismo. C’è
sempre un meccanismo di sottile conflitto interno. Questo conflitto sia nelle donne che negli uomini, ma
nelle donne diventa relativamente gravoso perché sono poi quelle che gestiscono i figli e questo meccanismo
passa inevitabilmente ai figli.
I figli, le famiglie che hanno un livello intellettuale nella media o superiore o che abbiano genitori che abbiano
studiato o che fanno gli imprenditori assumono un carattere molto comune: sono nervosi. Notate che sotto
qualsiasi cosa si dice c’è sempre un filo di rabbia. Uno parla e di nuovo c’è seppur in forma minore del
carattere schizoide, una tendenza ad avere una rigidità della spina dorsale e ha vivere le cose con una sottile
negatività, con una sottile conflittualità. Non hanno particolari problemi, basta talvolta appoggiare una mano
sulla fronte e loro si lasciano andare. Sono quelli che si appassionano, ci stanno, giocano con te, sono in
qualche nodo intraprendenti. Sono quelli che ti danno maggiori soddisfazioni, perché non essendo tanto gravi
hai dei risultati più in fretta.
Invece, questa caratteristica sfocia in altre caratteristiche come il rigido o altre, lì allora diventa più difficile.
Aggiungo ancora qualche dato sulla struttura fisica dello schizoide. Innanzitutto che gli schizoidi hanno una
grossa padronanza del loro corpo, proprio perché non lo sentono. Il corpo è un robot in cui loro abitano.
Hanno una percezione smembrata di se stessi. Se gli si fa sentire il proprio corpo dopo un certo lavoro,
sentono il braccio staccato dalle spalle, le gambe staccate dal tronco, non hanno assolutamente la percezione
unitaria di sé. Normalmente, invece, non lo sentono proprio. Hanno anche una grossa resistenza per il dolore.
Sono strutture che hanno una profonda tensione interna, sono magri e dritti. E grazie a questa grossa
padronanza del proprio corpo possono fare cose incredibili. Molti ballerini/e classiche sono schizoidi, capaci
di stare alla sbarra per ore, giorni, anni con una disciplina rigidissima.

Il carattere psicopatico

Passiamo ora allo psicopatico. Vediamo la differenziazione tra il masochista e lo psicopatico per vedere
meglio la dinamica che avviene. Abbiamo detto che il masochista deve accontentare la madre. Una madre
che gli impone la sua autorità e, quindi, è una madre castrante. Lo psicopatico ha una relazione
importantissima con la madre, ma di altro tipo. Lo psicopatico è una struttura che viene montata da una madre
che vede nel figlio veramente la possibilità di realizzare il sogno della sua vita. Suo figlio è meraviglioso, è
intelligentissimo, è un figlio che la riscatterà dal padre o addirittura che prende il posto del padre. Questo
accade quando il padre muore e il bambino è ancora in tenera età e lei si trova sola con lui che diventa il suo
mondo. Allora, anche qui c’è un bambino che impara a soddisfare la madre, ma non è la madre imperativa e
castrante, bensì una madre che si allea con il figlio e gli fa credere di essere speciale. Al contrario della madre
castrante del masochista gli dà un sacco di possibilità: gli fa fare nuoto, il pianoforte, scherma e sviluppa una
grande intelligenza. Ora dobbiamo immaginare che questo meccanismo è un meccanismo vincente nel senso
che realmente poi questo bambino comincia a ricevere delle conferme. Infatti, gli psicopatici hanno sempre
successo in tutte queste caratteristiche enunciate. Ma qual è l’aspetto fondamentale dello psicopatico?
Lo psicopatico è talmente centrato su se stesso, perché ovviamente tutta la sua realizzazione è dimostrare il
suo grande valore con la complicità della madre, che tutto il resto del mondo è semplicemente uno strumento.
Lo psicopatico non sa amare, lui vede gli altri come oggetti che può usare a piacimento. Egli può addirittura
in forme psicotiche molto più gravi tagliare le persone a pezzi, perché per lui sono realmente degli oggetti da
rompere.

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La mia lettura è che hanno di base una forte mancanza di apertura affettiva.
“Mentre lo schizoide si tiene insieme per non andare in pezzi, l’orale si tiene stretto per non sentirsi
abbandonato, il masochista tiene fuori resistendo alle invasioni e ai soprusi e tiene dentro rinunciando
all’autoespressione per non perdere l’oggetto d’amore, lo psicopatico si tiene su per sentirsi all’altezza della
situazione, il rigido si tiene indietro per non farsi coinvolgere nell’amore.” Spero che vi sia più chiaro.

I caratteri e la sessualità; il rigido, il narcisista e l’isterico

Ora vediamo la differenza tra un carattere psicopatico e un rigido come indicazioni di massima, non
reichiane. Nella nomenclatura rigido fondamentalmente si inseriscono due strutture caratteriali che è la
struttura del fallico narcisista o dell’isterica. Vediamone la differenza. Mentre lo psicopatico ha una relazione
con la madre ed è una relazione ovviamente edipica, in un’alleanza emozionale e proiettiva che ha il fine di
realizzare il successo e il potere, nella relazione edipica del rigido o del fallico narcisista non c’è da parte
della madre la richiesta “ tu sei quello che deve diventare grande nella vita”, ma è una vera e propria relazione
seduttiva sul piano dell’affettività e non del progetto di realizzazione. La madre riversa la sua affettività sul
figlio, amoreggia (che può essere anche bello e sano, se è misurato e senza richieste implicite), senza la
richiesta di essere speciale o superiore a tutti quanti. Quindi, c’è la relazione edipica, ma è più sull’affettività
e sulla seduttività.
Il vero grande problema del carattere rigido o fallico narcisista è che questa struttura ha passato abbastanza
indenne tutte le altre fasi e incontra finalmente la madre come oggetto d’amore. A questo punto tenete
presente una cosa importantissima che, però, permane la difficoltà in termini di presenza del genitore di sesso
opposto, il bambino non fa differenza tra amore e sessualità. Egli ama totalmente, per cui il suo desiderio di
contatto e la sua manifestazione di sessualità che non è di genitalità è un contatto innocente e pulito, se ha
fatto gli altri percorsi con semplicità. E’ la madre o il padre che si spaventa di questo tipo di relazione, perché
ovviamente c’è la sessualità in questo contatto. Ed è il timore del genitore che invece si vive il senso di colpa
della sessualità a metterlo in allarme e a mettere in allarme il figlio.
Nel caso del rigido o fallico narcisista la madre propone l’incontro manifestando la seduttività nei confronti
del figlio, però a condizione che non ci siano manifestazioni sessuali. Ed è veramente il dramma del fallico
o dell’isterica (quindi, del rigido e della rigida) che ha accesso ai sentimenti erotici e sentimentali, ma vuole
avere una relazione con la madre, e deve scindere i sentimenti erotici da quelli affettivi. Poiché la sessualità
non è consentita. Qui nasce un fatto culturale negli uomini e che adesso è sempre più frequente nelle donne,
ovvero che gli uomini possono avere rapporti sessuali forti ed eccitanti con donne che non amano e la donna
che amano non può essere oggetto di desiderio. Si trovano ad essere meno potenti quando sono innamorati e
potenti quando non c’è un impiego d’amore.
Una situazione molto comune che viene definita come una delle caratteristiche ormai molto importanti del
nostro sistema sociale è questo investimento della madre sul figlio che diventa ad un certo punto
simbolicamente il padre. Il padre viene privato della funzione sessuale che viene successivamente trasferita
sul figlio. C’è una situazione collettiva di screditamento del ruolo dell’uomo, perché c’è un’assenza del padre.
Per quanto riguarda le donne, sarebbe più facile parlare dell’isterica secondo Freud, ma in questa sede
preferisco parlare in maniera più semplice del carattere vero e proprio isterico e della ragazza che è arrivata
al primo sviluppo genitale, il che avviene intorno ai 5,6 anni. A tale proposito c’è un’ipotesi molto
interessante da questo punto di vista che dice che in realtà filogeneticamente lo sviluppo dell’essere umano
sarebbe completo entro i 5, 6 anni ed entro i 10 lo sarebbe per una maturazione genitale. In realtà se non ci
fosse stato uno sviluppo del sistema della corteccia si sarebbe pronti a 5,6 anni. Poi, però, c’è tutto un periodo

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di latenza fino alla pre-adolescenza, cui lo sviluppo è stato rimandato, perché subentra lo sviluppo di tutte le
facoltà.
Infatti, nello sviluppo dell’uomo c’è questa doppia fase che in realtà non c’è negli animali. E’ come se ci
fosse uno slittamento della maturazione sessuale per permettere lo sviluppo di tutte le facoltà cognitive e
intellettive che altrimenti non si sarebbero potute sviluppare. In realtà si arriverebbe almeno dal punto di vista
energetico ad una maturazione intorno ai 5,6 anni e quindi c’è tutta la triangolazione edipica.
E’ una fase in cui si scoprono, si toccano, se non gli dici niente non fanno niente, girano nudi disinvolti. Dopo
gli otto anni, tabù.
Questo per darvi solo degli accenni per farvi capire com’è importante leggere le varie situazioni come tratti
che si combinano. Quindi, a seconda di come si mettono i tratti si legge la persona. Nell’isteria è
particolarmente semplice, perché quasi tutte le donne hanno tratti isterici ad eccezione delle donne ossessive,
ed intellettuali.

Lo schema generale della struttura della personalità

Per riassumere quanto dello fino ad ora sui caratteri e le qualità umane, diciamo che la comprensione delle
varie identità è una parte particolarmente utile e interessante, è uno schema globale, composto da almeno 5
schemi sottostanti, con cui voi disgiungete le persone:

1. l’identità: quanto la persona ha realizzato il suo centro, la sua essenza


2. la polarità: quanto la persona è polarizzata sul maschile-yang o sul femminile-yin
3. le tre strutture: quanto la persona è polarizzata su pancia-istinti, cuore-emozioni o testapensieri
4. i Chakra - Shen: quanto la persona è polarizzata sulle sette energie essenziali dei centriorgani
5. Le personalità secondo la bioenergetica, l’enneagramma, la psicologia transpersonale, l’astrologia, ecc..

Riassumiamo le informazioni relative ai caratteri secondo Reich e Lowen e proviamo ad integrarle con le
moderne conoscenze di psicosomatica e di neuroscienze. La struttura globale della personalità è derivata da
tre principali fattori che interagiscono profondamente tra loro:
1) La componente genetica (ossia il DNA) una parte della quale è assolutamente immodificabile
(colore pelle, strutture ossee, organi alterati, ecc.) mentre una seconda parte (metabolismo, neurotrasmetitori,
alterazioni fisiologiche, ecc.) è modificabile da 2) e 3),
2) I condizionamenti esterni ossia le l'influenze famigliari, ambientali e sociali, che modificano la
struttura genetica.
3) L'anima, ossia la coscienza globale, che può risvegliarsi e manifestarsi come Sé o dimenticarsi di
sé e identificarsi con una sua struttura genetica o con un condizionamento famigliare o sociale diventando
un ego, un io della mente, una personalità (da persona = maschera). Secondo l’ipotesi coscienza l’anima può
rientrare almeno in tre maggiori livelli di evoluzione: basso: la persona è essenzialmente identificata con i
bisogni esterni (fisici, emozionali e mentali), media: la persona è identificata con i valori e della libertà
anche se non riesce ad focalizzarli e realizzarli concretamente, alta: la persona è poco identificata coi bisogni
esterni ha una forte sensibilità interiore e dedica la sua vita alla ricerca spirituale di sé e alla realizzazione
dei suoi valori profondi.

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L'influenza genetica

L'influenza genetica è la principale base della personalità, ed è dovuta ai codici genetici derivati dall'unione
dei geni del padre e della madre. In particolare è importante la struttura genetica espressa dallo sviluppo del
tre foglietti embrionali, con le loro specifiche tendenze impronte neuro-ormonali. Una parte di queste
tendenze sono plausibilmente genetiche-immodificabili, una parte (sempre più vasta secondo le ricerche
internazionali) sono geneticamente modificate dagli influssi psico-neuro-endocrini della madre.
Al momento del concepimento nel preciso momento in cui il codice genetico materno e paterno si fonde,
ipotizziamo possa sovrapporsi (per “superimposizione”) l'influenza dell'anima, la quale potrebbe agire
stimolando o inibendo i sette centri energetici (chakra) e più in generale lo sviluppo dei tre foglietti
embrionali. Partendo da questa ipotesi appare interessante puntualizzare che, nelle ultime generazioni, si è
osservato un evidente sviluppo cognitivo e di personalità dei neonati, già nelle primissime fasi della vita.
Questi bimbi appaiono come particolarmente svegli, vivaci, determinati, sicuri dei propri sentimenti, e
difficilmente condizionabili, come se la loro “anima” o “Sé” fosse particolarmente forte, evoluto e maturo.
Queste testimonianze, associate ed osservazioni energetiche sottili, hanno portato a definire questi “bambini
e bambine indaco”.

La struttura emozionale-affettiva

Se la principale struttura genetica sarà quella mesodermica, quella di fatto più comune, avremo un bimbo o
una bimba di proporzioni equilibrate e particolarmente identificato con la dimensione delle emozioni, che
evidenzierà una particolare sensibilità ai bisogni affettivi e relazionali, all’amore e alla comunicazione
affettiva e sociale, ossia con le funzioni principali del cervello emozionale. La persona con una armonica
proporzione del corpo, spesso associata ad una “bella” struttura fisica, benché risenta dell'influenza degli
ormoni fisici che rappresentano la comunque la base, sarà ovviamente più suscettibile alle influenze affettive,
emozionali famigliari e sociali relative all'apprezzamento, all'amore e spesso alla bellezza (i figli belli sono
statisticamente più amati); fattori che generano sicurezza emozionale, e, nel caso siano sostenuti dagli ormoni
dell'attività fisica, ad una fiducia in sé stessi e ad un certo carisma. Le persone emozionali saranno
particolarmente sensibili all’attenzione affettiva (e alle relative privazioni), all’accettazione personale, ai
contrasti emotivi, alle tensioni relazionali. Se il lato emozionale non viene sufficientemente rinforzato e
“amato”, si sviluppa una caratteristica di evidente dipendenza affettiva (ma spesso anche fisica e intellettuale)
che, nel codice bioenergetico va sotto il termine di personalità “orale”.

La struttura nervosa-psichica

Se la principale struttura genetica è esodermica, avremo un bimbo o una bimba che evidenziano una struttura
fisica longilinea e delicata, maggiormente identificati con la propria dimensione psichica, con un’evidente
espressione del cervello mentale-neocorticale, spesso associata ad una particolare sensibilità (o
ipersensibilità) del sistema sensoriale-nervoso-cognitivo. Le persone mentali saranno particolarmente
sensibili alle privazioni cognitive e psicologiche, alla mancanza di comprensione personale e di
riconoscimento intellettivo, alla carenza di stimoli culturali.
Questa sensibilità psichica se sostenuta da un'adeguata spinta di forze (ormonali-psicologiche
comportamentali) fisiche ed emozionali, genera una persona mentalmente sicura e forte, mentre se non viene
sostenuta dall'asse delle energie ormonali attive, genera una persona spesso vaga, strana, sognante. La
persona fisicamente concreta e attiva ha a disposizione il proprio emisfero razionale e intuitivo, che può

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utilizzare in modo molto reale e quindi realizzare i propri pensieri razionali o di fantasia. Un sognatore
concreto diventa un Quasimodo, un amante della musica un Jim Morrison, un analitico diventa un Einstein,
se è legato all'intelligenza finanziaria diventa un Bill Gate.
Queste tre personalità genetiche possono anche essere bilanciate ed armoniche tra fisico, emotivo e mentale.
Questo schema presuppone anche la possibilità di bilanciare gli assi. Possiamo ipotizzare che l'anima, più o
meno polarizzata o se vogliamo identificata, con le sue componenti energetiche, emozionali e mentali, possa
influenzare il maggiore o minore sviluppo delle strutture fetali dei tre foglietti embrionali.

MODULO 5. ELEMENTI DI PSICOPATOLOGIA

Ansia, angoscia, paura e panico

Quando si deve affrontare una situazione nuova c’è sempre un’aspettativa e un fondo di paura.
Questo sentimento è detto ANSIA. Cerchiamo di dare una prima definizione psicopatologica di ANSIA.
Che differenza c’è tra PAURA e ANSIA? Entrambi sono sentimenti di aspettativa verso qualcosa nel futuro.
L’ANSIA è un sentimento penoso, di disagio, di attesa o di aspettativa verso qualcosa di spiacevole che
potrebbe accadere. Oppure, potrebbe esserci lo stesso sentimento anche verso qualcosa di piacevole.
Nell’ANSIA c’è sempre un timore, un qualcosa che potrebbe accadere e che non si è in grado di gestire e
quindi che potrebbe far paura. In altri casi ANSIA è un sentimento spiacevole proporzionato rispetto
all’evento che sta per accadere. Tale condizione può presentarsi mediante manifestazioni fisiologiche divere,
pur se appartenenti alla stessa forma di base come; l’angoscia, la paura, il panico, attacchi di panico
agorafobia, nevrosi d’ansia.

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Fobie, ossessioni e compulsioni

Passiamo al concetto di FOBIA. La FOBIA è una paura esagerata e immotivata per un particolare oggetto o
situazione, p.es. la fobia per gli insetti. E’ una vera e propria emozione archetipica, perché l’insetto ha delle
forti valenze simboliche sul quale proiettiamo tutta una serie di parti nostre represse: l’aggressività, la
vergogna, il terrore, la paura, tutte le parti con cui non vogliamo avere a che fare, le rimuoviamo
nell’inconscio e poi le proiettiamo sugli esseri a noi così lontani, diversi e subdoli. L’insetto diventa così un
ricettacolo di queste nostre proiezioni. Infatti, gli esercizi sull’insetto consistono nell’identificarsi nell’insetto
e quindi modificare la ns. struttura, rimuovere questi blocchi e riattivare un percorso di crescita.
Ci sono FOBIE per oggetti, animali e situazioni. Per quanto riguarda gli oggetti, possono essere degli oggetti
acuminati, spilli o coltelli e uno quando li vede entra in uno stato di terrore. Oppure ci può essere la fobia
degli spazi chiusi (claustrofobia) o degli spazi aperti (agorafobia).
Un altro concetto è quello di OSSESSIONI o COMPULSIONI.
Cosa sono le ossessioni? Sono pensieri e idee che si impongono alla nostra mente in maniera iperattiva,
ripetitiva contro la ns. volontà.
Un esempio di compulsione è quando una persona continua ad acquistare lo stesso oggetto cinque, dieci
volte. Tipico fenomeno ossessivo-compulsivo dell’infanzia quando il bambino deve camminare lungo le
linee del marciapiede o della mattonella. Un altro esempio di comportamento ossessivo-compulsivo è di colui
che prima di andare a letto va a controllare mille volte se ha chiuso bene il gas.
Anche la CLEPTOMANIA fa parte della stessa serie ed è un impulso a compiere un’azione e realizzata
l’azione si scarica la tensione, mentre la compulsione è ripetitiva e continua.

Psicosi e nevrosi

Passiamo adesso ai disturbi maggiori che nelle loro forme più gravi possono essere definiti PSICOSI. La
differenza tra NEVROSI e psicosi è che le nevrosi hanno quadri più leggeri, per cui si parlava di nevrosi
d’ansia, o di nevrosi ossessiva/compulsiva, Le PSICOSI sono stati mentali più gravi che alterano
profondamente il nostro contatto con la realtà.
Noi prenderemo in esame i seguenti quadri fondamentali:

· la DEPRESSIONE
· l’ECCITAMENTO MANIACALE
· la SCHIZZOFRENIA
· il DISTURBO PARANOIDE o PARANOIA.

La depressione

Cos’è la DEPRESSIONE? E’ l’abbassamento del tono dell’umore. Cos’è il tono dell’umore? E’ lo stato
affettivo in cui ci troviamo in un determinato momento. Lo stato affettivo è l’insieme dei sentimenti, delle

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passioni, delle emozioni che si muovono dentro di noi. Quando questo aspetto affettivo-emozionale è scarico,
il tono dell’umore è più basso, si parla di depressione.
Si può parlare di depressione come sintomo o di depressione come di vera e propria malattia. Un esempio di
depressione come sintomo è quando uno ha litigato con il suo più caro amico, ci rimane male e si sente
abbattuto. Invece, nella depressione vera e propria l’abbassamento del tono dell’umore è intenso e costante.
Esistono ovviamente molti tipi di depressioni, Ci sono forme di depressione leggera e forme di depressione
molto gravi. Una volta si diceva di depressioni nevrotiche e depressioni psicotiche. Oggi si parla di
depressioni minori e depressioni maggiori.

Allora parliamo della DEPRESSIONE MAGGIORE che è il quadro più intenso. Abbiamo un abbassamento
del tono dell’umore con profonda tristezza, noia, sentimenti di vuoto, tutte le funzioni fisiologiche sono
alterate p.es. l’appetito è diminuito fino alla disappetenza, oppure in qualche caso, specialmente se è associata
con una quota ansiosa, ci può essere un aumento dell’appetito con iperfagia, un’alterazione del ritmo
sonno/veglia, insonnia.
Per la depressione il momento più terribile è la mattina, quando uno deve affrontare la giornata. La sera,
invece, uno va a rifugiarsi nel sonno, anche se può svegliarsi dopo qualche ora e rimanere lì con gli occhi in
preda di questa sofferenza. Nella NEVROSI d’ANSIA, invece, si sta peggio la sera, alla mattina uno si
sveglia rilassato e nel corso della giornata accumula le tensioni e lo stress, facendogli aumentare le quote
d’ansia, sicché la sera risulterà ansiosissimo, quando va a letto fatica a prendere sonno, si addormenta in
genere molto tardi con dei picchi di ansia serali.
Le depressioni che si sintonizzano con i ritmi circadiani del giorno o con i ritmi stagionali non sono delle
vere e proprie depressioni, ma sono più forme di depressioni lievi secondarie all’ansia, altra forma è la
depressione naturale è periodica e episodica.

Mania ed eccitamento maniacale

Passiamo alla MANIA o ECCITAMENTO MANIACALE. Abbiamo l’innalzamento del tono dell’umore.
La persona si sente allegra, euforica, parla troppo, è logorroica, esageratamente piena di energia. Però non è
la semplice euforia o allegria, la persona viene trascinata, non controllata, scherza sempre, cioè in un continuo
fluire di idee senza freno come se fosse preso da una corrente senza possibilità di controllo di se stesso. Per
questo motivo sono molto disturbanti verso gli altri. Non riescono a progettare nulla in questo vortice di idee,
di parole, spendono tutto facendo regali inutili. Se qualcuno vuole frenarli diventano aggressivi, si arrabbiano,
rispondono male, offendono senza controllare quello che dicono, esagerano, infastidiscono. Hanno questa
carica energetica enorme, mangiano molto, senza limite, la notte dormono pochissimo, spaventano gli altri
perché molto minacciosi, anche se sono meno pericolosi dei depressi. Passano dalla logorrea alla disporia,
all’umore nero.

La schizofrenia, allucinazioni e deliri

Passiamo ad un altro quadro: la SCHIZOFRENIA. Dal greco significa mente divisa o mente dissociata. Alla
base della schizofrenia c’è un distacco dalla realtà. Quotidianamente, viviamo una miriade di microminacce:
la minaccia dell’esame, la minaccia del professore, del padre, dei compagni che ci giudicano, del capoufficio.
Viviamo il rischio di non essere compresi, di essere disprezzati, di perdere la stima, sentiamo l’ostilità, la

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diffidenza, la vergogna, il rifiuto, l’indifferenza degli altri. Nella schizofrenia si stacca. Si staccano i contatti
dal mondo reale, come se di fronte a questo mondo tremendo che ci minaccia, ma che può essere anche il
frutto di tante minacce che ci succedono dall’infanzia. Allora, se l’io non controlla più i propri pensieri, cosa
succede? Cosa succede in un’orchestra se manca un direttore d’orchestra. Ognuno suona gli strumenti senza
ascoltare gli altri e anziché una sinfonia si realizza una cacofonia di suoni in conflitto fra loro. Questa è la
schizofrenia. Nella schizofrenia abbiamo un’incapacità di entrare in contatto con gli altri. Il soggetto è chiuso,
artistico. Il pensiero è dissociato, cioè le frasi sono sconclusionate, senza senso. Nelle forme più gravi c’è la
cosiddetta SCHIZOFASIA, cioè linguaggio dissociato. Oppure ci può essere la cosiddetta PARANIMIA,
cioè esprime le emozioni in contrasto con quel che dice.
Un altro sintomo tipico della schizofrenia è il DELIRIO. Il delirio è una convinzione errata di cui il soggetto
è estremamente e saldamente convinto, una convenzione errata in cui il soggetto è saldamente radicato e che
non recede né alla critica né alla dimostrazione del contrario.
Poi, un altro sintomo tipico della schizofrenia sono le ALLUCINAZIONI. Le allucinazioni sono percezioni
di oggetti o situazioni che non esistono e che il soggetto è convinto che siano reali. Possono essere
allucinazioni visive, uditive, tattili, gustative. Le allucinazioni sono le percezioni senza oggetto. Le più
frequenti sono quelle uditive: sentono le voci. Tipiche sono le voci che commentano i suoi atti. E’ come se
fosse il pensiero che commenta me stesso, ma è un pensiero sonorizzato, come se fosse una voce. Sente la
voce: “Sto camminando, sto parlando, ecc.” oppure sono voci che criticano se stesso: “Guarda che scemo
che sei, guarda che non sei all’altezza ecc.”

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MODULO 6. L'APPROCCIO OLISTICO DEL COUNSELOR

Il Setting minimo

Se volete fare la prima sessione facendovi pagare, allora dovete utilizzare un setting formalizzato. Ciò
significa che dovete avere uno studio che sia uno studio, dovete avere un approccio che sia un approccio
professionale. La realtà sociale impone che dobbiamo formalizzare ogni intervento, perché altrimenti non
siamo credibili. Se riceverete le persone in casa sulle poltrone del salotto non sarete credibili e non sarete
pagati. Dovrete indossare un abito congruo per ciò che farete, altrimenti non sarete credibili. Potremmo essere
creduti come amici, ma non pagati come professionisti. Invece noi dobbiamo essere credibili e per tale pagati,
perché questo è un lavoro che diamo, in una società dove tutto ha un prezzo, e quello che possiamo trasmettere
alle persone ha un valore. Per me la consapevolezza e la crescita umana sono le cose più preziose anche se
poi decidiamo di “venderle” ad un prezzo accessibile a tutti.
Quando avete una persona davanti e le fate una serie di domande sin dal primo colloquio voi entrate in
contatto con la persona ed è fondamentale che questo avvenga con delle regole e una modalità precisa e
funzionale, che chiamiamo setting. Il minimo setting comprende quindi tutte le modalità di una seduta, dal
modo che avete di salutarla quando arriva, al modo in cui la fate sedere e la invitate a parlare di sé, alle
caratteristiche di empatia e presenza che riuscite a creare tra voi, alla capacità di dare e ricevere fiducia, al
modo in cui vi fate pagare, prendete un successivo appuntamento e concludete l’incontro accompagnando la
persona alla porta, racchiude una forma utile alla fidelizzazione.
Quindi, avete delle precise competenze, una forte deontologia professionale, ascoltate i problemi di questa
persona, gli fornite delle nuove prospettive ed opportunità, se tutto questo avviene all’interno di una struttura
di setting formalizzato, è un grandissimo punto di partenza.

L’ambiente di lavoro; essenziale, accogliente e personale

Se siete andati qualche volta a farvi una sessione da uno shiatsuka o altri naturopati avrete notato che questi
studi hanno queste due principali caratteristiche: la prima è che sono molto conformati “naturale”.
Solitamente hanno un arredamento composto da due tavolini in legno naturale stile Ikea, due soprammobili,
sedie standard e un lettino o un futon per terra. Quello potrebbe anche essere il minimo se fosse essenziale e
non banale. Io in un ambiente del genere ci posso lavorare ma preferisco un’ambiente magari povero ma più
personale, meno standardizzato. Non è che l’essenzialità Zen debba confondersi con il banale. Ci sono dei
tavoli dell’Ikea che costano due lire in più che sono già belli. Altre cose che noto in questi posti sono: cristalli,
collanine, immaginette, amuleti, incensi che fanno molto “ambiente” o “New Age”. Io personalmente non
ve lo consiglio. Evitate anche, con estrema attenzione, di non trasformare una stanza da letto in uno studio,
lasciando il divano letto e altri mobili e mettendoci una scrivania, è un compromesso poco professionale e
persone lo percepiscono, togliendovi valore professionale. Ancora, non infilate un armadio nello studio solo
perché a voi fa comodo. Non è assolutamente piacevole entrare in uno studio e sentirsi a casa dell’altro. Lo
studio deve essere un’ambiente impersonale, non una casa.
La mia visione, avendo lavorato in grossi centri di medicina olistica ci vuole una grossa presenza
professionale per far capire che tu hai un valore se entra in uno studio. Non servono tante cose. L’ambiente
può essere anche vuoto, “povero”, ma bello, personale. Fate attenzione nella scelta dei quadri o dei mobili,
che siano congrui con l’ambiente. Se poi avete una bella pietra, un bell’oggetto che vi piace, mettetelo, ma

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deve far parte di uno studio e non di una camera di casa. Per quanto riguarda la luce se mai potete scegliete
una stanza luminosa, non buia o illuminata non con un neon dall’alto, ma almeno con una luce alogena anche
se consuma di più. Quindi, una luce tale da non render uno studio troppo buio né troppo abbagliante per cui
non c’è intimità. Questi sono elementi di prossemica, cioè studio dell’uso che l’uomo fa dello spazio per cui
a seconda di come lo si struttura si può avvicinare o allontanare gli altri nei rapporti quotidiani. E’ importante,
quindi, entrare in uno studio e dove c’è immediatamente un buon contesto, c’è una buona energia. Sarebbe
ideale avere una piccola sala d’aspetto, possibilmente con un’entrata ed un’uscita separate, oppure voi abbiate
l’abilità di mantenere la precisione del tempo con le vostre sessioni.
Se un cliente povero entra in uno studio troppo bello e ricco quando entrerà si chiederà quanto gli costerà la
sessione. Ma se voi il prezzo della sessione lo tenete nella media, che normalmente si attesta attorno ai trenta,
quaranta euro, tutta la preoccupazione rientra. Mettetevi allora nel contesto di queste due persone che entrano
nel vostro ambiente e si trovano bene, perché è molto accogliente anche se semplice. Riflettete su questo,
fate in modo che quest’entrata sia congrua al vostro lavoro.
Se pensate di mettere qualche profumo nella stanza, o sono profumi reali che si trovano difficilmente o quasi
tutti sono a base di benzine e altri aggreganti chimici per cui personalmente appena li sento mi viene l’asma.
Piuttosto prendete degli olii essenziali naturali, ne mettete una goccia da qualsiasi parte nella stanza, e vi
creano un ambiente gradevole.
Un altro degli elementi chiave è la musica. Va benissimo la musica New Age, ma state attenti che non sia
quella troppo indiana, troppo ritmata o troppo sdolcinata, perché se le musiche sono troppo caratterizzanti: o
gli piacciono tanto o gli piacciono poco. Invece una musica tipo filodiffusione di fondo, una musica gradevole
che non si sente, non si impone, ha toni bassi per permettere di parlare. E’ importante creare uno spazio in
cui è piacevole entrare e di cui anche la musica fa parte.
Quando avete finito di arredare vi consiglio di far venire due amici, e chiedete le loro sensazioni. Può darsi
che vi possano veramente dare dei buoni suggerimenti.

La relazione con il cliente, avere una buona “prima impressione”

Fatte queste prime due premesse sulla VOSTRA IMMAGINE e sul VOSTRO AMBIENTE, entriamo nel
vivo della RELAZIONE. Diamo per scontato che all’inizio, quello che vi consigliamo di fare è di inaugurare
lo studio con una serie di sessioni per prendere la mano sul counseling, ma soprattutto per sciogliere
l’imbarazzo iniziale. Affrontiamo i punti base della prima sessione.
Allora, voi incontrate una persona. Le prime sessioni sono imbarazzanti. Non si sa per quale strana ragione,
il proporsi verso un altro rappresenta una personalità che molti temono, su cui molti hanno forti proiezioni.
A volte si entra in uno studio, il terapista fa delle cose bellissime e c’è sempre questo atteggiamento del “sì,
sì, però io non sono mai abbastanza, sono un povero tapino” che crea una sottile tensione che è meglio non
ci sia. Vi consiglio di fare gratuite le prime sessioni anche per imparare l’arte dell’incontro, oltre che l’arte
del lavoro. Lavorando all’inizio vi accorgerete che dallo schema che avete imparato poi pian piano vi
trasformerete in uno schema che è il vostro.
Quando una nostra collaboratrice ha iniziato a lavorare da noi si è lamentata che non le insegnassi veramente
come si lavora, perché essendo reduce di una scuola dove insegnavano tutto lo schema, si aspettava la stessa
cosa anche qui. All’inizio non capiva che era molto meglio non avere il mio schema, bensì tanti strumenti di
cui poter usufruire. Ha iniziato a lavorare, ha fatto esperienza e adesso ha uno stile del tutto suo personale.
Di tutti questi strumenti dato che ognuno di noi ha una propria energia, ne userà alcuni e alcuni gli

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funzioneranno benissimo e altri no. Quindi, è inutile spiegare tutto, perché è la persona stessa che deve sentire
e scegliere cos’è meglio per lei.
Per es. io sono un tipo molto Yang per cui la mia energia stimola il movimento energetico attivo. Ovviamente,
lavorando funziona bene nel movimento. Se, invece, avessi un’energia molto Yin, non farei questo lavoro,
oppure avrei degli altri risultati. Allora, è chiaro che se voi avete un’energia più attivante direte alle persone
“io sono in grado di aiutarti in alcune forme di disagio, perché ti posso dare energia”. Ma se la persona che
si rivolge a voi è già molto Yang - è molto nervoso, irascibile ecc. potete aiutarla meno. Ci si può anche
modificare l’energia se la situazione lo richiede, però non ci si può stravolgere la propria energia di base.
Quindi, a seconda di qual è la nostra energia, le persone vi raccontano di sesso, altri raccontano di relazioni,
altri ancora raccontano di lavoro, chi si mette a piangere o altro, perché ognuno di noi catalizza forme diverse
di energia. E non possiamo sapere prima cosa catalizziamo. Quindi, bisogna provarci per un po’ di tempo
gratuitamente, facendo il lavoro di base di addestramento e una volta che abbiamo un minimo di chiarezza e
di sicurezza, cominciamo a lavorare.

Negli USA si dice che: “Non c’è una seconda occasione di avere una buona prima impressione”; può essere
l’abito, l’ambiente, ma soprattutto voi. Quello che vi giocate siete proprio voi. Quando la persona suona ed
entra e vi salutate, già in quei primi minuti voi state entrando direttamente in contatto con una persona che vi
sta chiedendo aiuto e che quindi è in un ruolo estremamente delicato. Se io sono quello che dà mi sento forte,
se io ho dei problemi e ti devo far vedere la mia parte più fragile dai problemi fisici alle mie paure o la mia
impotenza caratteriale io sono in un ruolo veramente molto delicato. Se vengo da te per fare un massaggio è
basta, senza counseling, tutto si risolve con il massaggio. Ma se anche come massaggiatore voglio fare del
counseling, faccio sedere la persona e le faccio fare un colloquio durante il quale devo essere attentissimo
che qualsiasi forma di giudizio o di durezza che io ho dentro bloccherà questa persona nelle sue parti più
femminili, più intime, più delicate. Se sento questo disagio, se entro in empatia, posso accedere a queste
informazioni che diventano preziosissime. Allora divento veramente suo amico. La tecnica di base che io
insegno a tutti quelli che sono già usciti dall’Accademia è la seguente. Prendetevi almeno cinque minuti
prima che entri la persona, entrate nella vostra stanza ed entrate in meditazione e fate la meditazione di Atisha,
il respiro nel cuore. La persona arriva e tu hai addosso questo tipo di energia. Puoi essere anche vigoroso,
puoi essere anche forte, ma dentro c’è questo spazio. La persona si siede e soprattutto la prima volta la
incontri. A volte si fanno quelle tre parole di convenevoli e a seconda della vostra specializzazione la riportate
sul motivo della sua venuta e pian piano cominciate ad ascoltarla. La persona si siede di fronte a voi e voi
siete in uno spazio di presenza, ascoltate e sentite immediatamente cos’è la persona. La persona entra come
un mondo in una bolla, nella sua bolla. Per fare un buon lavoro dovreste centrarvi, semplicemente
svuotandovi. Se avete qualche problema e sapete fare bene il terapista, alla fine della giornata di lavoro non
l’avete più, perché nell’arte dell’ascolto degli altri, devi necessariamente mettere da parte le cose contingenti.
Nemmeno un medico o uno psicologo non può esimersi dal farlo, deve ascoltarti. A maggior ragione un
Counselor Olistico: tu devi essere lì. In quel momento metti da parte te stesso (i tuoi pensieri o i tuoi problemi)
e sei sull’attenzione dell’altra persona.

La scheda di crescita personale

Ora entriamo nella pratica del contatto diretto con la persona. Iniziamo utilizzando una “scheda di crescita
personale”, che la persona porterà a casa e riporterà sempre con sé a tutte le successive sessioni. In modo da
non infrangere né le leggi sulla privacy né quelle sul possesso di materiale con dati personali sensibili. La
scheda di crescita personale è uno strumento molto professionale e quindi prezioso, che, essendo complesso,

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eventualmente si può anche non utilizzare all’inizio. Il mio consiglio è tuttavia di imparare ad utilizzarla da
subito perché vi da immediatamente un’immagine di buon livello professionale e di serietà nella modalità di
lavoro.

LA SCHEDA DI CRESCITA PERSONALE.


1) Data di nascita e accanto io metto l’età. L’età è fondamentale, perché dall’età voi vedete la congruenza, il
suo modo di viversi il corpo, le energie, le emozioni e la mente rispetto all’età che ha. A volte vedete tipi
molto giovanili, a volte vedete persone vecchie a quarant’anni.
2) La residenza: è interessante vedere se coincide con il luogo di nascita.
3) Il livello psicobiologico, lo status familiare (single, divorziato, con chi vive o altro).
4) La professione
5) Numero di figli; di solito scrivo l’età dei figli.
6) Storia personale
6) Storia familiare
7) Osservazioni
8) Di informare il proprio medico di famiglia, circa quanto sta per intraprendere.
9) Percorso consigliato (che è alla fine del lavoro).

Quindi, date sempre informazioni chiare: dite che lavorando come Counselor prima di proporre un
programma di lavoro avete bisogno di acquisire una visione olistica della persona.
Questo è un questionario olistico specifico, intestato, in modo che diventi un documento importante e non
due appunti presi al volo.
Se voi stessi date importanza, anche il cliente darà importanza e sarete pagati.
Se voi stessi non date importanza alle cose che fate, non saranno viste come importanti e non saranno valutate
e quindi pagate.

I motivi per cui il Counselor non deve dare consigli

Una delle caratteristiche del Counselor riconosciute a livello internazionale è quella di non dare conscigli.
I motivi per cui il Counselor non deve dare consigli sono molteplici: il primo è di non influenzare,
psicologicamente, emotivamente, con giudizi o con una propria visione personale le scelte della persona
(cliente) che è venuto per ricevere un aiuto. Il lavoro del Counselor è di “educare” le persone, nel puro senso
del termine latino di ex ducere, ossia di “portare fuori”, le loro potenzialità e risorse. I clienti devono essere
aiutati dal Counselor a scoprire e contare sulle loro risorse personali e sentire che le loro esperienze ed abilità
sono positivamente riconosciute dal Counselor.

· Non deve dare consigli, ossia non deve influenzare la persona.


· Può indicare le opzioni di cui il cliente dispone e aiutarlo a seguire quello che sceglierà.

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· Può aiutare il cliente a esaminare dettagliatamente le situazioni o i comportamenti che si sono rivelati
problematici e trovare un punto piccolo ma cruciale da cui sia possibile originare qualche cambiamento.
· Lo scopo fondamentale è l’autonomia del cliente, che possa fare le sue scelte prendere le sue decisioni e
porle in essere.
· Dovrà essere sufficientemente fiducioso e autoconsapevole da essere una presenza di supporto e non
giudicante.
· Non è emotivamente coinvolto.
L’arte di non imporre la propria visione, di non consigliare ma di dare consapevolezza e di educare, ossia di
aiutare le persone ad esprimere i propri reali bisogni, progetti, desideri, decisioni è alla base di tutto il lavoro
del counseling olistico e tradizionale. Questo è il processo di induzione. Contrariamente alla deduzione che
usa maggiormente la logica e i processi di causa-effetto che noi proponiamo alla persona per arrivare ad una
conclusione, il processo di induzione tende a far sviluppare una risposta autonoma alla persona, portandola
con opportune domande ad una chiara visione del suo problema o situazione e a comprendere le sue reali
necessità e desideri. Se una persona ci racconta che il suo malessere dipende da una situazione di relazione
molto pesante, dove il partner è ovviamente implicato, noi abbiamo due possibilità: o diamo dei consigli
diretti “ma perché non lo pianti?” o “secondo me faresti meglio a chiudere” oppure possiamo portare la
persona a chiarire la sua situazione chiedendole: “ma che cosa senti realmente rispetto a questa relazione” o
“ma se ti ascolti bene ritieni di poter sostenere a lungo questa situazione”, o ancora “quali sono i sentimenti,
anche contrastanti tra loro, che provi?” e lentamente la persona, se si sente sostenuta e supportata dalla vostra
presenza empatica, dirà quello che realmente vuole e voi la sosterrete in queste sue scelte.

I limiti etici e deontologici del Counselor

Uno dei primi campi di applicazione di tipo prescrittivo è svolto da psicoterapeuti ed è un lavoro sulle
patologie, psicosi e nevrosi. Definiamo ulteriormente la differenza tra le categorie. Quindi il Counseling
psicoterapico si rivolge a psicosi, nevrosi, psicosomatosi. Teniamo sempre presente che questo lavoro viene
svolto dallo psicoterapeuta, oppure in alcuni casi dallo psichiatra, mentre ci sono gli altri due campi molto
interessanti quello esistenziale e quello di crescita che possiamo gestire noi come Couselor perché il
counseling esistenziale è rivolto a tutte le professioni di aiuto. Quindi, pensiamo quanto può diventare ampio
l’ambito di applicazione. Non dimentichiamo che come Counselor lavoriamo su tutti i piani. Se la persona
che viene da me ha un disagio fisico io devo essere in grado di valutare se devo immediatamente indirizzarla
ad un medico.

Dobbiamo dichiarare con la massima chiarezza che noi non curiamo nessuno, ma siamo degli aiuti, dei
supporti, per attivare al processo di trasformazione nell’altra persona.

Per tale dichiarare con certezza la propria professionalità, operando nel rispetto deontologico del
cliente e delle diverse figure professionali preposte, di non essere dei proscrittori, di non fare alcuna
diagnosi, né alcuna forma di terapia che sia finalizzata alla cura della persona, e di non sostituirci
alla figura sanitaria medica o specialistica

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Il Counselor Olistico, in qualità di socio iscritto nel registro professionale si impegna ad accettare e a
rispettare lo Statuto dell’Associazione, il Regolamento Interno, nonché le norme riportate nel presente
Codice Deontologico. II Codice Deontologico, fa riferimento alla Legge n° 4 del 14-01-2013previsto dall'art.
4,7,8, e dal Codice Civile art. 2222, ha lo scopo di precisare l'etica professionale e le norme a cui il Counselor
deve attenersi nell'esercizio della propria professione. Oltre ad essere uno strumento di tutela e di trasparenza
dell’Associazione Professionale, che rappresenta al tempo stesso un insieme di indicatori di
autoregolamentazione, di identificazione e di appartenenza, per ciascun socio.

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Appunti di studio

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Edizione 2021

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