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Le prospettive di Benito Mussolini e Antonio Gramsci

Benito Mussolini, personaggio storico del ‘900 nato il 29 luglio 1883 a Forlì, inizialmente
membro del partito socialista italiano, successivamente fondatore del movimento Fasci di
Combattimento, e dunque del Partito Fascista. Antonio Gramsci, filosofo, giornalista e
politico italiano nato il 22 gennaio 1891 ad Ales, in Sardegna, fondatore del PCI (Partito
Comunista Italiano).
Due figure di nota rilevanza appartenenti a due gruppi politici differenti e, di conseguenza,
spesso in contrasto tra loro. Da un lato vi è Mussolini, che il 16 novembre 1922 intervenne
alla Camera dei deputati utilizzando toni chiaramente provocatori verso il Parlamento,
evento oggi ricordato come “il discorso del bivacco”, con l’obiettivo di ottenere l’assenso e
la fiducia dei parlamentari stessi; dall’altro lato, Gramsci decide di farsi notare nel suo
discorso accusando la tirannia fascista che, nonostante gli atti cruenti compiuti nei sei mesi
in cui fu incaricata come militante, mai sarebbe stata punita finché questa avrebbe incusso
timore.
Come già accennato, Mussolini utilizzò diversi metodi per ottenere il consenso, dicendo
che, avendo a disposizione un elevatissimo numero di giovani militari armati, avrebbe
potuto castigare tutti coloro che tentarono di infangare il suo partito, che avrebbe potuto
impossessarsi dell’intero Parlamento e costituire un Governo di soli fascisti, ma tentò di
farsi riconoscere proprio per essere stato prudente e per aver evitato di causare situazioni del
genere. Gramsci evidenzia, invece, come le grandi masse non intervengano al colpo di Stato
fascista, e come la potenza sempre più affermata di questo partito, possa incombere sulla
legislatura. Egli pone diverse domande riguardanti le intenzioni dei socialisti per impedire
che la tirannia considerata possa prendere il sopravvento.

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