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LA FAMIGLIA
Cento domande e cento risposte
intorno al Sinodo
Opzione preferenziale
per la famiglia
Cento domande e cento risposte intorno al Sinodo
–8–
Premessa
–9–
Ma le esigenze pastorali del momento richiedono anche che si
faccia chiarezza su punti cruciali e delicati diventati oggetto del
dibattito sinodale, che sono stati parzialmente travisati dalla in-
terpretazione di alcune scuole teologiche e soprattutto dalla mas-
siccia propaganda massmediatica che le ha supportate. Ci sembra
pertanto opportuno ribadire alcune verità dottrinali fondamentali
e alcune esigenze pastorali irrinunciabili sul problema della fami-
glia, la cui situazione reale è ben diversa da quella che si vuol far
apparire.
A chi si rivolge questo volumetto?
Si rivolge innanzitutto ai vescovi, ai presbiteri, ai religiosi,
Premessa
– 10 –
«Gli uomini si rifiutano di fare ciò che è prescritto dal-
la parola di Dio. Anzi, essi considerano nemica la parola
divina stessa, per il solo fatto che comanda. Poiché io ri-
peto questa parola, temo che anch’io sarò considerato un
nemico da alcuni. Ma dopo tutto, che me ne importa? Quel
Dio che mi rende forte mi spinge a parlare e a non temere
le proteste degli uomini. Che lo vogliano o no, io parlerò!»
S. Agostino d’Ippona, Sermone IX (sul matrimonio), n. 3.
–I–
Il Sinodo dei vescovi
e la sua autorità
01 DOMANDA: Che cosa è un Sinodo dei vescovi?
RISPOSTA:
Il Sinodo dei vescovi è una istituzione permanente della Chiesa
cattolica, istituita da Papa Paolo VI col Motu proprio Apostolica sol-
licitudo (15 settembre 1965), allo scopo di aiutare con i suoi consigli
il Papa nel governo della Chiesa universale, in modo da attuare la
maggiore «collegialità» prevista dal Concilio Vaticano II. Il Sinodo
è convocato dal Papa e si riunisce in tre forme: assemblea generale
ordinaria, assemblea generale straordinaria e assemblea speciale.
– 12 –
06 DOMANDA: Comunque sia, alcuni sostengono che non si convoca-
no ben due Sinodi sulla famiglia per ribadire l’esistente.
Siamo dunque alla vigilia di una «svolta pastorale»?
RISPOSTA:
Se è vero che non si convoca un Sinodo solo per ribadire una
dottrina, non lo si può convocare nemmeno per indebolirla. Anzi,
si deve evitare che certe forze si azzardino a fare proposte pasto-
rali che la contraddicono o avallino un linguaggio ambiguo che
nasconda i veri problemi e le rette soluzioni.
– II –
La preparazione del Sinodo
sulla famiglia del 2014
07 DOMANDA: Come nacque il progetto del Sinodo dei Vescovi sulla
famiglia?
RISPOSTA:
L’11 maggio 2013, il Pontificium Consilium pro Familia pub-
blicò il «Documento Preparatorio» riguardante la III Assemblea
Generale Straordinaria del Sinodo dei Vescovi, sull’argomento
Le sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizza-
zione, che si sarebbe svolta in Vaticano dal 5 al 19 ottobre 2014.
Quest’Assemblea Straordinaria, per volontà del Papa doveva pre-
parare quella Ordinaria, da tenersi in Vaticano dal 4 al 25 ottobre
2015. Si tratta, dunque, di un Sinodo sulla famiglia diviso in due
fasi a distanza di un anno.
RISPOSTA:
Dopo ovviamente la parola famiglia, quelle più usate sono vita,
amore, pastorale, misericordia, affettività, donna. La parola dottri-
na ricorre solo 3 volte e in contesti marginali; le parole morale, vir-
tù, fedeltà e castità suonano una sola volta. Parole importanti per la
questione familiare, come fidanzamento, adulterio, contraccezione,
aborto, sono del tutto assenti (cf. Enrico Cattaneo, Non solo famiglia. Ecco
III le parole chiave del Sinodo, su La Nuova Bussola Quotidiana, 3-2-2015).
– III –
La Chiesa e la famiglia
15 DOMANDA: In passato, più volte un Sinodo si è occupato in modo
specifico della famiglia. Perché deve tornare oggi ad
occuparsene?
RISPOSTA:
Perché la famiglia coinvolge in maniera profonda la realtà per-
sonale, sociale e storica dell’uomo; inoltre, la famiglia è non solo
la cellula-madre della società e il «santuario della vita», ma è an-
che e soprattutto la «chiesa domestica» (Lumen gentium, n. 11).
Specialmente oggi la famiglia viene sottoposta a un processo
che rischia di mutarne non solo le condizioni vitali, ma anche il
patrimonio genetico, come ammoniscono numerosi sociologi (cf.
ad esempio Pierpaolo Donati, Famiglia: il genoma che fa vivere la società,
Rubbettino, Soveria Mannelli 2013, cap. VI). Per evitare questo peri-
colo, la Chiesa ha compiuto molti sforzi insegnando e istituendo
centri di studio; ma gli osservatori più disincantati ammettono che
«sono ormai decenni che parliamo della “nuova evangelizzazio-
ne”; ma i risultati sono piuttosto scarsi. (…) La domanda urgente
che dobbiamo porci è la seguente: che cosa manca ai nostri sforzi
per evangelizzare e annunciare Gesù Cristo? Quale strada per-
correre?» (card. Velasio De Paolis, I divorziati risposati e i Sacramenti
dell’Eucaristia e della Penitenza, Prolusione cit., pp. 5 e 29).
– 16 –
«La salvezza della persona e della società cristiana è stretta-
mente connessa a una felice situazione della comunità coniugale
e familiare» (Gaudium et spes, n. 47).
«La futura evangelizzazione dipende in gran parte dalla fa-
miglia come “chiesa domestica”. (…) Laddove una legislazione
antireligiosa pretende d’impedire perfino l’educazione alla fede,
laddove una diffusa miscredenza o un invadente secolarismo ren-
dono praticamente impossibile una vera crescita religiosa, quella
che possiamo chiamare “chiesa domestica” resta l’unico ambien-
te in cui i fanciulli e giovani possono ricevere un’autentica cate-
chesi» (s. Giovanni Paolo II, Familiaris consortio, n. 52).
16 DOMANDA: Esiste un rapporto tra la crisi della famiglia e le leggi
oggi in vigore in tutto il mondo?
RISPOSTA:
Come dice un noto motto giuridico, «la legge di oggi divente-
rà il costume di domani»; ossia, ciò che lo Stato stabilisce come
legittimo, alla lunga l’opinione pubblica lo accetterà come lecito.
Ad esempio, le leggi statali divorziste creano una tendenza che
influenza la mentalità dei fedeli contro la stabilità e indissolubilità
del matrimonio. Per evitare che il matrimonio naturale o sacra-
mentale scompaia, dunque, è necessario che i cattolici contrastino
la mentalità divorzista diffusa dalle leggi civili.
Profeticamente il Papa Leone XIII così si espresse in occasione
dell’approvazione legislativa del divorzio:
«Ora, quanta occasione di mali contengano in sé stessi i di-
vorzi, è appena il caso di ricordarlo. Per essi infatti si rendono
mutabili le nozze; si diminuisce la mutua benevolenza; si danno
pericolosi eccitamenti alla infedeltà; si reca pregiudizio al benes-
sere e all’educazione dei figli; si offre occasione allo scioglimento
delle comunità domestiche; si diffondono i semi delle discordie
tra le famiglie; si diminuisce e si abbassa la dignità delle donne,
le quali, dopo aver servito alla libidine degli uomini, corrono il
rischio di rimanere abbandonate. [...]
E questi mali appariranno anche più gravi se si considera che
non vi sarà mai alcun freno tanto potente che valga a contenere
la licenza entro certi e prestabiliti confini, una volta che sia stata
concessa la facoltà dei divorzi. È grande la forza degli esempi;
maggiore quella delle passioni. Per tali eccitamenti avverrà certa-
mente che la sfrenata voglia dei divorzi, serpeggiando ogni dì più
largamente, invaderà l’animo di moltissimi, simile a morbo che si
sparge per contagio, o come torrente che, rotti gli argini, trabocca»
(Papa Leone XIII, Arcanum divinae sapientiae, del 10-2-1880, n.156, 158).
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Infatti, 135 anni dopo, il prof. Stephan Kampowski, docente
nel Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per Studi su Matrimonio
e Famiglia, non fa che constatare: «La mera esistenza dell’istituto
giuridico del divorzio ha contribuito molto alla diffusione di que-
sto atteggiamento. Il diritto ha un effetto educativo. Il solo fatto
che nella società secolare esista una legislazione sul divorzio, in-
dica (…) che il matrimonio non sia inteso per durare, ma che si
tratti piuttosto di un accordo temporaneo» (J.J. Pérez-Soba e S. Kam-
La Chiesa e la famiglia
– IV –
La Rivoluzione sessuale
22 DOMANDA: Secondo alcuni padri sinodali, gli sviluppi storici re-
centi hanno favorito un cambiamento antropologico-
culturale che oggi influenza tutti gli aspetti della vita
e che impone di mutare profondamente la pastorale
ecclesiale e forse anche alcuni aspetti superati della
dottrina tradizionale sull’uomo e sulla famiglia. Non
sarebbe questo un segno dei tempi?
RISPOSTA:
«(…) E’ dovere permanente della Chiesa di scrutare i segni dei
tempi e di interpretarli alla luce del Vangelo» (Gaudium et Spes, n°4).
Cioè, i segni dei tempi sono da giudicare secondo il Vangelo.
Per la Chiesa, l’unico «uomo nuovo» auspicabile, l’unico cam-
biamento radicale che può avvenire nell’uomo è quello provocato
dalla Grazia santificante, che lo eleva al livello soprannaturale ren-
dendolo «simile a Dio». I fattori storico-culturali più potenti non
possono cambiare la natura umana; possono elevarla o degradarla,
ma non mutarla nella sua sostanza. I cambiamenti recenti sono di-
fatti avvenuti per colpa di una rivoluzione sessuale indotta che ha
mutato tendenze, abitudini e mentalità dapprima sociali e poi anche
individuali. Questi cambiamenti non possono essere semplicemen-
– 20 –
te accettati come se fossero un dato di fatto ingiudicabile; anzi, essi
vanno valutati in base a un giudizio morale alla luce della Legge
divina e di quella naturale, quali restano insegnate dalla Chiesa.
RISPOSTA:
Una tale concezione della libertà personale è falsa e dannosa
perché la intende come se fosse la capacità di scegliere, e non
quella di aderire al bene.
La rivoluzione sessuale ha favorito non una maggiore libertà,
ma anzi una maggiore schiavitù dell’uomo ai suoi istinti più de-
gradati e ci riconduce «verso i bassifondi del paganesimo»; essa
IV ha così suscitato fra i cittadini una sorta di guerra di tutti con-
tro tutti per assicurarsi il maggior piacere sessuale possibile (cf. F.
López-Illana, Matrimonio, separazione, divorzio e coscienza, in Pontificio
Consiglio per la Famiglia, Lexicon. Termini ambigui e discussi su famiglia,
vita e questioni etiche, EDB 2006, pp. 683-700).
Dal punto di vista religioso, la rivoluzione sessuale ha allon-
tanato molte persone dall’ordine naturale creato da Dio, dalla Re-
denzione attuata da Gesù Cristo e dalla santificazione alimentata
dallo Spirito Santo mediante la Chiesa. In tal modo, la rivoluzione
sessuale ha segnato un antistorico ritorno a vecchi costumi pagani,
nei quali il soddisfacimento sessuale prevaleva sul senso del do-
vere e della responsabilità, l’atto sessuale era separato dall’amo-
re vero e dalla procreazione (cf. S. Kampowski, Annunciare il Vangelo
della Famiglia in una cultura del Pansessualismo, in J.J. Pérez-Soba e S.
Kampowski, op. cit. cap.1).
–V–
L’impostazione del Sinodo 2014:
il rapporto Chiesa-Mondo
27 DOMANDA: L’impostazione procedurale del Sinodo assegna un
ruolo primario all’ «ascolto» dei fedeli. Come valutare
questa novità?
RISPOSTA:
Nelle sue procedure, la Chiesa è sempre partita dalle Verità di
Fede, attinte dalla Parola di Dio e dalla Tradizione, per poi elabo-
rare una pastorale che le realizzasse nella vita concreta, in modo
da poter illuminare e guidare gli uomini verso la salvezza eterna.
Come dice l’antico motto: «divieni ciò che sei», ossia realizza la
tua missione. Non a caso, s. Giovanni Paolo II ha intitolato «Fa-
miglia, diventa ciò che sei!» il paragrafo della sua Familiaris con-
sortio dedicato ai compiti della famiglia cristiana.
La tendenza del Sinodo è stata quella di procedere all’inverso:
ossia partire dalla situazione concreta per elaborare una pastorale e
una disciplina accomodate ad essa. Così, secondo il grande canoni-
sta Velasio de Paolis, si rischia di scivolare nella «morale della si-
tuazione». Ma, in questo modo, si proclama implicitamente il mot-
to: «sii ciò che divieni», ossia adèguati alle tendenze prevalenti.
– 23 –
Questo metodo presuppone lo «storicismo», che parte cioè non
dalla Verità rivelata, bensì dalla concreta situazione storica, alla
Sinodo 2014: il rapporto Chiesa-Mondo
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32 DOMANDA: Quali domande bisogna allora porsi sull’attuale divor-
zio tra la Chiesa e il mondo?
RISPOSTA:
Le domande da porsi sono le seguenti: Come mai il «mondo
Dottrina morale e prassi pastorale
– VI –
Dottrina morale e
prassi pastorale
33 DOMANDA: Molti affermano che il Sinodo non vuole cambiare la
dottrina morale sulla famiglia, ma soltanto «aggior-
nare» la pastorale ecclesiale al riguardo. Ma è proprio
così?
RISPOSTA:
Alcuni vescovi sostengono che non si mira solo ad «aggiorna-
re» la pastorale ma anche a decidere cambiamenti riguardanti la
dottrina.
Questa prospettiva presuppone che la dottrina morale tradizio-
nale sia ormai contraddetta non solo dalla pratica di molti fedeli,
il che è un dato di fatto, ma anche dalle esigenze della pastorale
ecclesiale, il che pone una questione di diritto. Per risolvere questa
contraddizione, si propone di adeguare il diritto al fatto, ossia di
«approfondire» la dottrina morale adeguandola alle esigenze della
«nuova pastorale» nell’ «ascolto» del popolo di Dio.
– 26 –
Ciò di cui invece la Chiesa ha bisogno è un’autentica riforma
che riconduca il comportamento dei cristiani alla purezza dei co-
stumi e all’integrità dottrinale che sono state abbandonate.
Altri presuli hanno persino espresso una tesi che si potrebbe
riassumere così: «una relazione sessuale che è oggettivamente
peccaminosa perde in larga misura il suo carattere morale nega-
tivo se entrambi i partner intrattengono questa relazione in modo
regolare e dimostrano reciproca fedeltà». Se si applicasse questo
paralogismo ad altre materie, equivarrebbe a dire, per es.: «Se due
complici rubano regolarmente in un negozio e si mantengono fe-
deli ai patti reciproci, ciò farà diminuire notevolmente il carattere
negativo del reato».
– 29 –
38 DOMANDA: E’ vero che l’applicazione della tolleranza a situazioni
matrimoniali irregolari ha prodotto frutti positivi in al-
tre Chiese o religioni?
RISPOSTA:
Dottrina morale e prassi pastorale
40 DOMANDA: Visto che oggi molti fedeli ormai non seguono la mora-
le cattolica, non sarebbe il caso di tollerare certe situa-
zioni irregolari pur di attrarre più persone alla Chiesa?
RISPOSTA:
Un solo ipotetico, anzi improbabile, aumento della pratica re-
ligiosa di alcune persone in situazione irregolare, cioè illegittima
oppure immorale, non può essere ottenuto al caro prezzo di smen-
tire la morale evangelica e il Magistero ecclesiale e di indebolire
la fede dei fedeli in regola.
Se la Chiesa poi cambiasse una dottrina e una prassi bimille-
narie sul matrimonio, perderebbe credibilità su ciò che potrà inse-
gnare domani.
– 30 –
– VII –
Coscienza personale
e Magistero
41 DOMANDA: Che diritto ha la Chiesa d’intromettersi nella vita priva-
ta delle persone?
RISPOSTA:
La Chiesa non è una lobby culturale che propaganda una ideo-
logia, ma è una società di origine divina che ha ricevuto da Gesù
Cristo la missione di guidare le anime alla verità, alla santità e alla
salvezza eterna. Siccome questa salvezza dipende principalmente
dalla moralità della vita privata quotidiana, la Chiesa ha il dovere,
e quindi il diritto, di orientare questa vita in modo che essa diventi
occasione non di perdizione ma di salvezza.
42 DOMANDA: Dato che gli insegnamenti morali della Chiesa sono in-
dicazioni generiche e non assolute, non possono quin-
di ammettere molteplici eccezioni concrete?
RISPOSTA:
Le eventuali eccezioni non possono smentire la regola ma solo
confermarla, come dice il proverbio. Nel valutare un caso concre-
to, la casistica tiene conto delle circostanze aggravanti o attenuanti
o dirimenti, che però non mutano l’assolutezza dei princìpi né la
certezza del giudizio.
«Ora la ragione attesta che si danno oggetti dell’atto umano
che si configurano come “non-ordinabili” a Dio, perché contrad-
dicono radicalmente il bene della persona, fatta a sua immagine.
Sono gli atti che, nella tradizione morale della Chiesa, sono stati
denominati “intrinsecamente cattivi” (intrinsece malum): lo sono
sempre e per sé, ossia per il loro stesso oggetto, indipendente-
mente dalle ulteriori intenzioni di chi agisce e dalle circostanze»
(s. Giovanni Paolo II, enc. Veritatis Splendor, n.80, 6-8-1993).
43 DOMANDA: La «libertà dei figli di Dio» non esige forse che, come ha
detto un vescovo, «dobbiamo rispettare le decisioni che
le persone prendono seguendo la propria coscienza»?
RISPOSTA:
Le decisioni personali sono ammissibili se conformi alla verità
e alla giustizia. Perché lo siano, non basta che siano state prese con
sincera coscienza. La coscienza personale non è infallibile né la vo-
lontà è impeccabile, come pretende l’ideologia liberale e libertaria.
– 31 –
«Nella loro linea di condotta, i coniugi cristiani non possono
procedere a loro arbitrio, ma devono sempre essere retti da una
coscienza che si deve conformare alla Legge divina stessa» (Gau-
dium et spes, n. 50).
Coscienza personale e Magistero
– VIII –
Matrimonio e famiglia
MATRIMONIO:
NATURA, FINALITÀ E CARATTERISTICHE
47 DOMANDA: I precetti del diritto naturale sono davvero moralmen-
te vincolanti, anche se pesano?
RISPOSTA: I precetti del diritto naturale sono moralmente vinco-
lanti in quanto creati da Dio, Autore della natura, ed espressi nei
dieci Comandamenti.
«E’ vero: un vincolo può talora costituire un gravame, una ser-
vitù, come le catene che stringono il prigioniero. Ma può essere
anche un potente soccorso e una sicura garanzia, come la corda
che lega l’alpinista ai suoi compagni di ascensione, o come i lega-
menti che uniscono le parti del corpo umano e lo rendono spedito
e franco nei suoi movimenti» (ven. Pio XII, discorso del 22-4-1942).
– 38 –
ADULTERIO
56 DOMANDA: Non può darsi che un “approccio pastorale” porti a tol-
lerare l’adulterio, facendo sì che, in certi casi, ciò che
ieri era considerato peccaminoso non lo sarà più in fu-
turo?
RISPOSTA:
L’adulterio, cioè i rapporti carnali fra una persona sposata e
un’altra diversa dal legittimo coniuge, è un peccato condannato
da Gesù Cristo stesso. «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa
un’altra, commette adulterio verso di lei; e se lei, ripudiato il ma-
rito, ne sposa un altro, commette adulterio» (Mt 10, 11-12, 1 Cor 6,
9s, Tm 1, 8-10). La Sacra Scrittura vede l’adulterio come simbolo
della idolatria e infedeltà all’alleanza sponsale tra Dio e il suo po-
polo (cf. Os 2, 7; Ger. 5, 7; Ger 13, 27).
Nessun “approccio pastorale” può giustificare ciò che è ingiu-
sto agli occhi di Dio. La considerazione delle persone o delle cir-
costanze di un adulterio non muta la qualifica dell’atto.
«Vivere coniugalmente con un partner che non è il proprio ma-
rito o la propria moglie, è un atto intrinsecamente cattivo che non
si può mai giustificare per nessun motivo. E’ la dottrina morale
cattolica ribadita recentemente dal Sommo Pontefice Giovanni
Paolo II nella enciclica Veritatis Splendor (…) si tratta di legge
divina che per natura sua copre tutti i casi e non ammette eccezio-
ni» (card. Velasio de Paolis, Prolusione cit., p. 23).
DIVORZIO, SEPARAZIONE,
DICHIARAZIONE DI NULLITÀ
58 DOMANDA: Quasi tutte le Chiese cristiane ammettono il divorzio.
Perché mai la Chiesa cattolica si ostina a rifiutarlo?
RISPOSTA:
La Chiesa cattolica rifiuta il divorzio perché il matrimonio di
VIII norma è indissolubile non per convenzione ma per diritto natura-
le e divino. Quanto al matrimonio sacramentale, come già detto,
esso è segno dell’alleanza tra Dio e l’umanità, e particolarmente
delle nozze tra il Redentore e la Chiesa sua sposa; pertanto tale
matrimonio dev’essere unico e indissolubile come quell’alleanza e
quelle nozze. Non è un caso se la Chiesa cattolica è l’unica ad aver
sviluppato una vera e propria teologia del matrimonio.
«Dalla valida celebrazione del matrimonio, sorge tra i coniugi
un vincolo per sua natura perpetuo ed esclusivo. (…) Il vincolo
matrimoniale è stabilito da Dio stesso, in modo tale che il ma-
trimonio concluso e consumato tra battezzati non può mai essere
sciolto. Questo vincolo (…) è una realtà ormai irrevocabile e dà
origine a un’alleanza garantita dalla fedeltà di Dio. Non è in po-
tere della Chiesa pronunciarsi contro questa disposizione della
divina sapienza» (Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 1638-1640).
– IX –
La Comunione
per i separati, divorziati e
divorziati-risposati
66 DOMANDA: Una persona separata può ricevere il Sacramento della
Comunione?
RISPOSTA:
Una persona separata dal proprio coniuge, se non ha contratto
un’unione stabile con un’altra persona, può ricevere la Comunio-
ne sacramentale, ovviamente purché sia in stato di grazia.
– 45 –
sa ed è tenuta a osservarne i precetti, come ad esempio la santa
Messa nei giorni dovuti. Comunque, la Chiesa non la abbandona
i separati, divorziati e divorziati-risposati
– 46 –
75 DOMANDA: E’ vero che, come dice il cardinale Walter Kasper, nella
Chiesa delle origini vigeva una tolleranza ammessa e
diffusa per la Comunione dei divorziati risposati?
RISPOSTA:
Nessun Concilio dell’antichità o nessun Padre della Chiesa
hanno ammesso di norma alla Comunione sacramentale i divor-
ziati civilmente risposati. Lo dimostrano alcuni studi recenti che
riprendono le conclusioni del rinomato patrologo Henri Crouzel
S.J. e che confutano la tesi del card. Kasper (cf. John M. Rist, Divor-
zio e seconde nozze nella Chiesa antica – riflessioni storiche e culturali, in
Permanere nella Verità di Cristo, Cantagalli, Siena 2014, pp. 59-85).
Le citazioni del cardinale Kasper non sono corrette e non sono
contestualizzate con altre citazioni delle stesse fonti. Scrive il p.
Pérez-Soba: «Così facendo, egli [Kasper] mette a tacere un fatto
manifesto: il numero di testi dei Padri che negano tassativamente
questa possibilità è ben più elevato e sono testi più schietti e chiari
rispetto ai brani che il cardinale cita» (J.J. Pérez-Soba, L’esperienza
della chiesa antica, fedeltà al Vangelo della Famiglia, in Pérez-Soba e Kam-
powski, op. cit. p. 97).
Comunque sia, le decisioni dei Concilii generali e dei Sinodi
locali, sia nella loro forma che nel loro contenuto, sono da rite-
nersi valide solo se corrispondono alle esigenze dell’autentica e
costante Tradizione della Chiesa, rispondente all’aurea regola di s.
Vincenzo di Lerino: «quod sempre, quod ubique, quod ab omni-
bus» (cf. card. Walter Brandmüller, Unità e indissolubilità del matrimonio,
in Aa. Vv., Permanere nella Verità di Cristo. Matrimonio e Comunione nella
Chiesa Cattolica, Cantagalli, Siena 2014, cap. V).
76 DOMANDA: Le Chiese ortodosse possono benedire con un rito par-
ticolare un secondo matrimonio che non ritengono un
sacramento ma una soluzione per evitare un peccato
maggiore e, dopo questa benedizione, possono am-
mettere i conviventi ai sacramenti. Potrebbe forse la
Chiesa Cattolica imitare il loro esempio?
RISPOSTA:
La teologia delle chiese ortodosse sul matrimonio è assai di-
versa dalla cattolica. Comunque, il caso delle citate pratiche am-
messe nelle Chiese ortodosse costituisce una deviazione storica,
provocata dalla sottomissione di quelle chiese al potere temporale,
non giustificabile né applicabile alla Chiesa Cattolica. Lo dimo-
stra mons. Cyril Vasil’ S.J., segretario della Congregazione per le
Chiese orientali, nel suo saggio su Separazione, divorzio e secon-
de nozze. Approcci teologici e pratici delle Chiese ortodosse (in
Aa. Vv., Permanere nella verità di Cristo, cit, cap. IV).
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77 DOMANDA: Come mai nel Sinodo alcuni padri hanno insistito nel
proporre di ammettere alla Comunione i divorziati ri-
sposati?
Omosessualità e unioni omosessuali
RISPOSTA:
Anche nella Chiesa, molti sono sedotti dall’idea soggettiva se-
condo cui tutti hanno eguale diritto a tutto, e negare una facoltà
concessa ad altri costituisce una inammissibile discriminazione;
ricevere la Comunione non costituisce un «diritto umano», per cui
la Chiesa può negarlo a chi non ne ha diritto essendone incapace
o indegno.
Anche se per una vera e piena partecipazione alla Messa è vi-
vamente raccomandabile la ricezione della Comunione (cf. Concilio
di Trento, cap. VI; cf. anche Concilio Vaticano II, Sacrosantum Concilium,
55), non si può asserire che chi non l’ha fatto non abbia adempiuto
X
al precetto.
–X–
Omosessualità e
unioni omosessuali
78 DOMANDA: Le tendenze omosessuali sembrano essere naturali;
la loro soddisfazione non costituisce, quindi, un atto
lecito?
RISPOSTA:
La inclinazione omosessuale, benché non sia peccaminosa, co-
stituisce «tuttavia una tendenza, più o meno forte, verso un com-
portamento intrinsecamente cattivo dal punto di vista morale. Per
questo motivo l’inclinazione stessa dev’essere considerata come
oggettivamente disordinata» (Congregazione per la Dottrina della Fede,
Alcune considerazioni concernenti la risposta a proposte di legge sulla non
discriminazione delle persone omosessuali, 2, 1992). Le persone con
questa inclinazione vanno trattate con delicatezza e compassione
e stimolate alla pratica della castità (cf. Catechismo della Chiesa Cat-
tolica, nn. 2358-2359).
Invece, gli atti omosessuali comportano un uso della sessualità
contro il suo fine naturale e, se sono liberamente compiuti, vanno
riprovati perché sono imputabili come moralmente colpevoli.
«La Sacra Scrittura presenta le relazioni omosessuali come
gravi depravazioni (cf. Gn. 19, 1-29; Rm 1, 24-27; 1 Cor 6, 9-
– 48 –
10; 1 Tim 1, 10). La tradizione ha sempre dichiarato che gli atti
omosessuali sono intrinsecamente disordinati; essi infatti sono
contrari alla Legge naturale, precludono all’atto sessuale il dono
della vita, non sono frutto di una vera complementarità affettiva e
sessuale; pertanto, non possono essere approvati in nessun caso»
(Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2357).
79 DOMANDA: Non possiamo forse dire che l’amore tra due persone
dello stesso sesso è, se non identico, almeno simile a
quello fra un uomo e una donna?
RISPOSTA:
«Il termine “amore” è oggi diventato una delle parole più
usate ed anche abusate, alla quale annettiamo accezioni del tut-
to differenti», affermò molto appropriatamente il Papa Benedetto
XVI (enc. Deus caritas est, n. 2). Nel caso specifico della domanda,
essa comprende due realtà diverse: l’attrazione erotica (o «amore
di concupiscenza») e una forma di amore più elevata denomina-
ta «amore di dilezione», che può esistere senza nessuna conno-
tazione sessuale tra persone dello stesso o diverso sesso (per es.,
l’amore paterno, materno, filiale, fraterno o tra amici). Oltre alla
mera attrazione erotica, è questo amore di dilezione che porta un
uomo e una donna a scegliersi vicendevolmente come coniugi, al
fine di generare una prole, e per praticare «la carità coniugale, che
è il modo proprio e specifico con cui gli sposi partecipano e sono
chiamati a vivere la carità stessa di Cristo che si dona sulla Cro-
ce» (s. Giovanni Paolo II, Familiaris consortio, n. 13). Essendo le unioni
omosessuali incapaci di compiere il fine procreativo della natura
e, pertanto, gravemente peccaminose, esse non possono servire
oggettivamente da fondamento a questa superiore forma di amore
che è la carità coniugale.
80 DOMANDA: Due persone dello stesso sesso che convivono non po-
trebbero forse ufficializzare la loro unione contraendo
matrimonio?
RISPOSTA:
Essendo per natura unione tra due persone di sesso diverso fi-
nalizzata a procreare figli di entrambi, il matrimonio può essere
celebrato solo fra un maschio e una femmina.
Due persone dello stesso sesso non possono contrarre un matri-
monio valido e la loro convivenza non può costituire una famiglia
nel senso proprio della parola. La loro unione non è secondo natu-
ra né aperta alla vita e, come tale, è moralmente illecita.
– 49 –
81 DOMANDA: Un vescovo ha sostenuto che riconoscere le coppie
omosessuali costituisca «un discorso di civiltà». Un al-
tro si è azzardato perfino a proporre che l’unione omo-
Omosessualità e unioni omosessuali
– 50 –
– XI –
Alcune parole-chiavi
del dibattito sinodale
LE PAROLETALISMANI
83 DOMANDA: Un documento del Sinodo ha accennato al fatto che la
pastorale ecclesiale deve realizzare anche una «conver-
sione del linguaggio» (Relatio post disceptationem, n. 29).
Prima, durante e dopo il Sinodo, il dibattito sulla situa-
zione della famiglia ha visto l’imporsi di alcune paro-
le-chiavi che hanno dato una certa impostazione alla
problematica trattata. Ad esempio, fin dal suo Docu-
mento Preparatorio (n. 1), il Sinodo ha evidenziato «la
vasta accoglienza che sta avendo ai nostri giorni l’inse-
gnamento sulla misericordia divina e sulla tenerezza nei
confronti delle persone ferite…». Come valutare queste
parole-chiavi?
RISPOSTA:
«Persone ferite», «misericordia», «accoglienza», «tenerezza»,
«approfondimento», sono esempi di parole che potrebbero subire
un uso unilaterale, semplificatorio e in questo senso potrebbero
avere una sorta di effetto talismanico.
– 51 –
Questo procedimento può essere applicato facilmente anche
Alcune parole-chiavi del dibattito sinodale
L’ APPROFONDIMENTO
85 DOMANDA: Che esempi ci sono di “parole talismani” usate nel di-
battito attorno al Sinodo?
RISPOSTA:
Abbiamo il caso della parola «approfondimento». Nel lin-
guaggio comune, essa significa una maggiore comprensione di
XI un concetto o di una realtà, in modo da chiarirne i fondamenti.
Invece, nella propaganda mass-mediatica, essa viene usata per
favorire un cambiamento di giudizio su quel concetto o su quel-
la realtà, ovviamente in senso permissivo, fino a negarla nel suo
fondamento.
«Questi che sono etichettati come “approfondimenti” sono
dunque, nelle intenzioni di chi li sponsorizza, mutamenti sostan-
ziali della dottrina fin qui insegnata dal Magistero, e andrebbero
pertanto etichettati piuttosto come rottura con la Tradizione. Si
tratta infatti di piccoli passi nella direzione di una normativa che
andrebbe a rivoluzionare la struttura stessa della disciplina ec-
clesiastica, a tal punto che (…) comporterebbero (…) una vera e
propria rottura con la dottrina del Magistero. (…) Trovo alquanto
ipocrita l’uso dell’etichetta dell’ “approfondimento” per propa-
gandare una riforma della Chiesa che finisca per abolire i fon-
damenti dogmatici della sua fede e della sua disciplina» (mons.
Antonio Livi, già decano della Facoltà di Filosofia della Pontificia Università
Lateranense, Approfondimento della dottrina? No, è tradimento, su La Nuo-
va Bussola Quotidiana, 21-12-2014).
LE PERSONE FERITE
87 DOMANDA: Chi sarebbero allora le «persone ferite»?
RISPOSTA:
Nell’attuale discussione, questa formula allude a persone che
vivono in stato di peccato grave e pubblico: conviventi, divorziati
risposati, coppie omosessuali e via dicendo. Chiamandoli «perso-
ne ferite», si evita di esprimere un giudizio morale e si risalta un
aspetto, vero ma secondario, della loro concreta situazione, usando
nei loro confronti un termine atto a suscitare compassione: sono
solo «persone ferite», forse vittime incolpevoli, alle quali non si
può imputare una mancanza grave.
Di fronte a una «persona ferita», ovviamente la reazione nor-
male è quella di venirle incontro per soccorrerla. Nel nostro caso,
per non aggravare la sofferenza psicologica della persona, ogni
giudizio morale su di lei viene evitato, in quanto inopportuno. Al
contrario, il sentimento di «misericordia» e di «tenerezza» nei suoi
confronti è raccomandato in quanto è ritenuto l’unico ammissibile
nel valutare la sua situazione e, quindi, nel progettare una pastora-
le adatta a lei. Alla fine di questo processo, il sentimento compas-
sionevole però rischia di giustificare la condizione peccaminosa,
cambiando quindi il giudizio dottrinale del Magistero pur di non
far soffrire ulteriormente la «persona ferita».
LA MISERICORDIA
89 DOMANDA: Un’altra parola-chiave usata attorno al dibattito sino-
dale è stata “misericordia”. Se Dio perdona sempre i
peccatori, non dovrebbe la Chiesa usare misericordia
XI attenuando il proprio rigore sulle situazioni irregola-
ri, ad esempio togliendo il divieto di accesso ai Sacra-
menti?
RISPOSTA:
«E’ un argomento debole in materia teologico-sacramentaria,
anche perché tutto l’ordine sacramentale è esattamente opera del-
la misericordia divina e non può essere revocato richiamandosi
allo stesso principio che lo sostiene (…) Attraverso quello che
oggettivamente suona come un falso richiamo alla misericordia,
s’incorre nel rischio della banalizzazione dell’immagine stessa di
Dio, secondo la quale Egli non potrebbe fare altro che perdonare.
Al mistero di Dio appartengono, oltre alla misericordia, anche la
santità e la giustizia; se si nascondono queste perfezioni di Dio e
non si prende sul serio la realtà del peccato, non si può nemmeno
mediare alle persone la Sua misericordia. (…) La misericordia
non è una dispensa dai Comandamenti di Dio e dalle istruzioni
della Chiesa» (card. Gerhard Müller, Indissolubilità del matrimonio e di-
battito sui divorziati risposati e i Sacramenti, in Aa. Vv., Permanere nella
verità di Cristo. Matrimonio e Comunione nella Chiesa Cattolica, Cantagal-
li, Siena 2014, pp. 151-152).
«“Misericordia” è un’altra parola facilmente esposta agli equi-
voci. (…) Poiché essa è collegata all’amore, essa, come l’amore,
viene presentata in contrasto con il diritto e la giustizia. Ma si sa
bene che non esiste amore senza giustizia e senza verità e operan-
do contro la legge, sia umana che divina. San Paolo dirà che la
regola è “l’amore che compie le opere della Legge” (Gal 5, 13-
18). (…) Davanti alla Legge divina, non si può porre il contrasto
– 54 –
tra misericordia e giustizia, tra rigore della Legge e misericordia
del perdono. (…) L’adempimento di un Comandamento divino non
è e non può essere visto opposto all’amore e alla misericordia.
Anzi, ogni comandamento di Dio, anche il più severo, ha il volto
dell’amore divino, anche se non dell’amore misericordioso. Il co-
mandamento della indissolubilità del matrimonio e della castità
matrimoniale è dono di Dio e non lo si può opporre alla miseri-
cordia di Dio. (…) Nel caso concreto, il ricorso alla misericordia
non sarebbe altro che violazione diretta della Legge divina» (card.
Velasio De Paolis, Prolusione cit. pp. 27 e 22).
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91 DOMANDA: Nel dibattito sinodale, la «misericordia» è il criterio-
Alcune parole-chiavi del dibattito sinodale
– 56 –
92 DOMANDA: Ma, in fin dei conti, come potrebbe apparire la Chiesa
solo come una Maestra e Giudice severa?
RISPOSTA:
«Anche nel campo della morale coniugale, la Chiesa è ed agi-
sce come Maestra e Madre. Come Maestra, essa non si stanca di
proclamare la norma morale che deve guidare la responsabile tra-
smissione della vita. Di tale norma, la Chiesa non è affatto autrice
né arbitra. In obbedienza alla Verità, che è Cristo, (…) la Chiesa
interpreta la norma morale e la propone a tutti gli uomini di buona
volontà, senza nasconderne le esigenze di radicalità e di perfezio-
ne. Come Madre, la Chiesa si fa vicina alle molte coppie di sposi
che si trovano in difficoltà su questo punto importante della vita
morale. (…) Ma è la stessa e unica Chiesa a essere insieme Mae-
stra e Madre! Per questo, essa non smette mai d’invitare e d’in-
coraggiare, affinché le eventuali difficoltà coniugali siano risolte
senza mai falsificare e compromettere la verità. (…) Per questo, la
pedagogia concreta della Chiesa dev’essere sempre connessa alla
sua dottrina e mai separata da questa. (…) Non sminuire in nulla
la salutare dottrina di Cristo “è eminente forma di carità verso le
anime”» (s. Giovanni Paolo II, Familiaris consortio, n. 33).
«Non sminuire in nulla la salutare dottrina di Cristo è eminente
forma di carità verso le anime. Ma ciò deve sempre accompagnar-
si con la pazienza e la bontà di cui il Redentore stesso ha dato
l’esempio nel trattare gli uomini. Venuto non per giudicare, ma per
salvare, egli fu certo intransigente con il male, ma paziente e mise-
ricordioso verso i peccatori» (b. Paolo VI, enc. Humanae Vitae, 29).
– XII –
Applicazioni della misericordia
alla situazione familiare
93 DOMANDA: Oggi c’è tanta ignoranza sul matrimonio; ciò non signi-
fica forse che la maggior parte dei matrimoni sono da
considerarsi nulli?
RISPOSTA:
Alla ignoranza si deve rimediare con una preparazione seria al
matrimonio, la quale comporta l’insegnamento della dottrina. È
davvero curioso che molte persone che oggi, davanti al fatto del-
l’ignoranza, richiedono un allentamento della disciplina morale del-
la Chiesa, siano le stesse che prima avevano difeso proprio quell’al-
lentamento dell’educazione morale che ha causato tale ignoranza.
– 57 –
Applicazioni della misericordia alla situazione familiare
– XIII –
Il ruolo della grazia soprannaturale
nell’impegno per la castità familiare
95 DOMANDA: L’uomo d’oggi sembra incapace di assumere impegni
definitivi, da rispettare per tutta la vita; il matrimonio
monogamico e indissolubile sembra quindi imprati-
cabile dalla maggioranza delle persone. Ma allora, la
Chiesa non risulta forse utopistica nel pretendere che i
familiari pratichino le virtù della fedeltà e della castità?
RISPOSTA:
Dio non chiede all’uomo di raggiungere un fine impraticabile,
di rispettare un impegno superiore alle sue forze. Se le forze natu-
rali sono insufficienti, allora la Provvidenza dona forze sopranna-
turali adeguate a compiere la sua missione. Nostro Signore Gesù
Cristo non chiede niente d’impossibile ai coniugi, ai genitori, ai
figli; perciò Egli dona a loro la grazia sufficiente.
«La dignità e la responsabilità della famiglia cristiana come
“chiesa domestica” possono essere vissute solo con l’incessante
aiuto divino, che immancabilmente sarà concesso se sarà implo-
rato con umiltà e fiducia nella preghiera» (s. Giovanni Paolo II, Fa-
miliaris consortio, n. 59).
– 61 –
— «Ritengo che questo volume, per la chiarezza dell’impostazione
teologica, per la singolare chiarezza e lealtà della lettura della tradizione
magisteriale sulla famiglia, può rappresentare uno strumento validissimo
per aiutare il popolo cristiano a vivere la prova di questo dibattito interno
alla Chiesa, non sempre libero e sensato, come una occasione di matura-
zione della fede. La maturazione della fede infatti, è l’unica ragione delle
prove che Dio permette per tutto il popolo cristiano, cominciando dai più
umili cioè dai più santi. Con gli auguri di un’ampia e felice diffusione».
Mons. Luigi Negri, Arcivescovo di Ferrara-Comacchio,
Abate di Pomposa, Italia