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La sua attività riguarda il microcredito in India; borse di studio e stages per giovani
che intraprendono la strada del dialogo tra culture e religioni; la pubblicazione di
libri che aiutino e promuovano il dialogo tra differenti cosmovisioni; l’edizione
della collana “Tita”, dove il Bambino sia creatore poetico di cultura per gli adulti
e non consumatore della cultura degli adulti; l’edizione degli Atti dei “momenti di
riflessione” tra studiosi da tutto il mondo da Arbor creati e organizzati: Diventare
il Presente, Milano 2008/2009; L’economista mistico, Milano 2012/2013; “Quale
Europa?”, Milano, 2014; l’organizzazione e la cura di un “novenario” annuale sul
pensiero di Raimon Panikkar e, su questi temi, spettacoli teatrali: Milano Ictus, La
tragedia del grande inquisitore, Il banchiere di Dio, Pagina 40, Jannacci, il Tessa e
alter du’ sciupaà; una Stagione annuale di Poesia. Fondazione Arbor coopera fattiva-
mente con le Università di Bergamo, Torino e Urbino.
www.arborfoundation.net
LIBERARE L’EUROPA
Tra pensiero critico e nuove visioni
a cura di
Patrizia Gioia e Gianni Vacchelli
MIMESIS
Questi atti sono pubblicati grazie al contributo di Fondazione Arbor, partner di un
processo di pensiero, azione ed educazione da molti anni.
n. 3
Isbn: 9788857531274
Il continente boreale 19
Antonio Moresco
Relatori e curatori 55
LIBERARE L’EUROPA
Prologo
I curatori
1 I saggi di questo libro sono stati presentati in forma di relazione per la giornata di
studio e dialogo Quale Europa? Tra pluralismo e “buone radici”. Nuove visioni e
grandi tradizioni europee, tenutasi a Milano al Teatro Filodrammatici, il 10 marzo
2014. In occasione di questa pubblicazione i testi sono stati ripensati e completa-
mente riscritti.
Antonietta Potente
TOMMASO D’AQUINO.
UNA COMUNITÀ DI SAPERI: LA COSCIENZA
mazione. Dal 1239 al 1243 frequentò la facoltà delle arti dello Studium
generale di Napoli, dove egli venne avviato allo studio della filosofia
aristotelica e averroista. Ma anche, dove egli incontrò i Frati Domeni-
cani che volle e riuscì a seguire, nonostante la famiglia non lo gradisse,
nel 1244.
Con i frati domenicani, andò a Parigi per proseguire i suoi studi. All’U-
niversità di Parigi frequentò i corsi di teologia, sotto la guida di Alberto
Magno, che diventò il suo maestro. Quando nel 1248 questi lasciò Parigi
alla volta di Colonia, dove era stato incaricato di costituire uno Studium
generale dell’Ordine dei predicatori, portò con sé Tommaso, al fine di per-
mettergli di completare gli studi di teologia e di averlo come assistente
nell’insegnamento.
Quel periodo esercitò una forte influenza sulla formazione di Tommaso:
egli poté penetrare a fondo il pensiero filosofico e teologico del maestro, se-
guì le sue lezioni sul De divinis nominibus dello Pseudo Dionigi e sull’Etica
a Nicomaco di Aristotele. Di queste lezioni si conservano alcuni appunti.
Poi Tommaso comincia a insegnare e dalle sue lezioni nascono alcune delle
sue opere: il Super Isaiam, composto nell’ultimo periodo di soggiorno a
Colonia. In seguito, torna a Parigi, dove continua l’insegnamento, mentre
procede negli studi, per diventare maestro in teologia prima e per avere
la licentia docendi in un secondo momento. Nel febbraio del 1256 e nella
primavera dello stesso anno, infatti, conseguì il titolo di maestro in teologia.
Da quel momento in poi, Tommaso comincia a sistematizzare il suo pensie-
ro, che si dipana tra l’etica e la teologia. Un vero pensiero filosofico-teolo-
gico di tipo sapienziale. In altre parole, un amore sapienziale, alla teologia.
oggi in cui siamo sempre più carenti di metodologie di vita quotidiana sia
nella politica che nella spiritualità.
Il fatto che tra tutti i temi di cui tratta Tommaso, io abbia scelto la co-
scienza, è dovuto al fatto che considero questa tematica il punto di partenza
per una trasformazione verso la responsabilità di ciascuno e ciascuna di
noi, nella storia di oggi. Ma, d’altra parte, è una delle proposte più signifi-
cative, perché questa responsabilità sia tale, nella costruzione e nella cura
della comunità umano-cosmica.
La coscienza, infatti, secondo questa prospettiva, è a mio avviso uno
degli aspetti dell’umano più belli, attorno a cui intraprendere dialoghi in-
terdisciplinari, interculturali e interreligiosi.
Dunque – e anticipo già qualcosa – cammino comunitario e non solita-
rio come lo vedranno quei pensatori che, lungo i secoli, cominceranno a
isolarci piano piano dal DNA umano e cosmico a cui tutti apparteniamo.
Mi addentro dunque in questo spazio di pensiero di Tommaso. Lo faccio
raccogliendo alcuni punti salienti della sua storia, accennata appena sopra,
soprattutto per capire ancora meglio il suo itinerario di pensiero sulla co-
scienza.
Il legame tra il suo pensiero e la realtà è così intimo che in certi momenti
le sue descrizioni teologiche o etiche potrebbero essere lette come veri e
propri quadri del comportamento di piccole porzioni di umanità, dell’e-
poca medievale: una specie di “tipi psicologici” come direbbe Carl Jung.
Ogni sua opera è cosparsa di esempi.
Così, le sue sintesi non appaiono tanto come una dottrina, ma come un
patio, su cui si affacciano tante porte da aprire e attraversare.
La sua opera è scritta quasi sempre per gli studenti che frequentavano i
suoi corsi o per coloro che volevano intraprendere – secondo una vocazio-
ne particolare – l’ordine mendicante a cui anche Tommaso apparteneva.
Dunque è un’opera scritta per chi studia e cerca; pertanto qualcosa af-
fidato all’incertezza, alla precarietà, e ad un ulteriore ricerca. La sua opera
lascia, persino nello stesso Tommaso, un senso di profonda incompiutez-
za: “sono solo paglia” dirà dei suoi scritti, alla fine della sua vita.
È un’opera che si costruisce su tante domande, in parte formulate da
lui e in parte fatte da altri. Frutto di un bellissimo viaggio introspettivo tra
i meandri dell’umano, della cultura della sua epoca, del pensiero antico e
delle Scritture Sacre.
Le sue sintesi portano il gusto della sua stessa esperienza esistenziale.
Le sue scelte di vita infatti sono state vere e proprie opzioni. Ha dovuto
sostenere le sue posizioni esistenziali, fin da giovane, anche nei confronti
della sua famiglia, che non gli permetteva vivere con dei semplici frati,
molto diversi dai monaci, dove aveva passato parte della sua infanzia.
All’epoca, essere frate domenicano non era senz’altro un privilegio;
significava appartenere a un ordine religioso di “mendicanti”, cioè quegli
ordini che in qualche modo avevano portato, pacificamente, la chiesa a
fare un cammino di progressiva autocritica, soprattutto rispetto al suo
modo di agire di fronte alle eresie e a quella ormai istituzionalizzata bra-
mosia verso i privilegi.
Era membro di un ordine che apparteneva alla “città” e la sua riflessione
è dunque da “cittadino” (anche se il termine città ha senz’altro un sapore
molto più moderno).
Ma nonostante queste risonanze con epoche più vicine a noi, tuttavia
non è conveniente chiedere alla sintesi di pensiero di Tommaso cose post-
moderne, o pretendere di trovare in lui risposte chiare alle nostre proble-
matiche attuali.
Piuttosto, io cercherei in Tommaso, quegli “universali” al di là del tem-
po e dei contesti; quegli “universali” che stanno più vicini all’archè origi-
nale dell’umano, solo perché umano, come natura, animus-anima etc., che
sono humus esistenziale di ogni evoluzione storica e cosmica.
A. Potente - Tommaso d’Aquino. Una comunità di saperi: la coscienza 13
La coscienza
La mia proposta
ascoltiamo; responsabilità e cura per ciò che nella storia e in noi è ancora
lontano dalla sintonia con il bello, il buono, il vero.
Ricerca quotidiana in una storia frammentata, che si potrà solo rifare,
ancora e tante volte, nella reciprocità di un dialogo di sapienze disperse
nella vita dei popoli; richiesta del risveglio della coscienza che è maturo
fondo dell’anima (Eckhart).
Antonio Moresco
IL CONTINENTE BOREALE
La pancia dell’Europa
L’esordio dell’Europa
La cruna dell’Europa
fallimento delle vecchie strade, può essere proprio la pancia dove nascono
quelle non ancora tentate. Bisogna spostare l’asse dello sguardo per poter
vedere questo passaggio e questa cruna, qualcosa che dia una proiezione e
un senso a questa babele di lingue e popoli e identità. Bisogna spostare il
punto focale, allargare l’orizzonte, qui, tra questi gruppi umani aggrappati
alla zattera di questo continente che galleggia sulla massa fluida di un pic-
colo pianeta che si è formato più di 4 miliardi di anni fa nella pancia del
cosmo e di cui illustri scienziati prevedono il collasso di qui a un secolo, se
questa specie avida, folle e suicida non riuscirà a rimettere in discussione
se stessa e cambiare rotta.
Cosa succederà a quel punto, se le strutture ancora fragili dell’Europa
verranno investite dalla pressione migratoria e sociale di vaste masse uma-
ne atterrite e senza prospettive per le mutazioni economiche, climatiche e
ambientali e la crescente scarsità di risorse?
È venuto il momento che tutte queste identità e particolarità e ricchezze
riescano a superarsi in un’identità più grande, che non sia un livellamento e
una sottrazione ma, al contrario, una moltiplicazione. Da questo dipenderà
il futuro non solo dell’Europa ma del mondo. Non c’è più tempo da per-
dere. Devono nascere i primi embrioni di strutture continentali e mondiali
– non solo politiche e civili ma anche sentimentali, psichiche e di pensiero
– mai esistite prima, proporzionali a quanto sta veramente accadendo.
Un po’ di anni fa ho letto sul giornale una notizia che mi ha colpito: alle
porte di Mantova – la città dove sono nato – gli archeologi hanno trovato
due scheletri abbracciati che risalgono al Neolitico. Tutti e due girati sul
fianco, hanno le gambe raccolte, piegate al ginocchio e incuneate le une
nelle altre, si abbracciano il collo e le spalle, le loro teste sono accostate
come per un bacio. Sono tutti e due molto giovani, un ragazzo e una ragaz-
za – lo si deduce dalla dentatura perfetta – sepolti faccia a faccia e tenera-
mente avvinghiati in un abbraccio che dura da seimila anni. Un abbraccio
europeo che viene da molto prima del Medioevo, dell’Impero Romano e
di quello di Bisanzio, di Carlo Magno, dei coraggiosi popoli scandinavi,
dei vichinghi, dei normanni, degli slavi, dei celti, dei popoli dell’Islam, di-
rettamente dal tempo che abbiamo chiamato con arroganza: Preistoria. Le
donne e gli uomini d’Europa hanno cominciato a soffrire e a sognare molto
prima che si formassero gli imperi che abbiamo imparato a conoscere dai
libri di storia.
24 Liberare l’Europa
Chi saranno stati quei due? Quale sarà stata la causa di quella particolare
sepoltura: un atto d’amore oppure una morte violenta, un sacrificio umano,
o sono due giovani amanti sorpresi, i Paolo e Francesca della Preistoria?
Oppure sono i Romeo e Giulietta, i Tristano e Isotta, gli Evgenij Onegin e
Tatiana, i Maestro e Margherita…? Chi vogliamo che siano? La storia si è
allargata, è esplosa. Gli amanti di Mantova sono diventati gli amanti d’ Eu-
ropa. Noi tutti siamo nati da lì, da quell’abbraccio. Sta a noi dire chi sono
quei due, chi saremo tutti noi, fra non molto.
Il cammino dell’Europa
L’estate scorsa, dopo avere percorso altri lunghi cammini attraverso l’I-
talia che hanno riunito fino a un migliaio di camminatori, alcuni amici e io
siamo partiti a piedi proprio dal luogo dove sono conservati i resti di que-
sti due ragazzi preistorici abbracciati, e da qui, attraverso strade bianche,
sentieri, boschi, risaie, montagne, ghiacciai, costeggiando laghi e grandi
fiumi europei come il Po, il Rodano, il Reno, dormendo su nudi pavimenti
o su brandine di rifugi antiatomici, dopo un mese e una settimana e circa
1200 chilometri di cammino, siamo arrivati fino a Strasburgo, sede del
Parlamento Europeo, dove siamo stati ricevuti dal suo Presidente Martin
Schulz, a cui abbiamo consegnato una lettera aperta elaborata insieme du-
rante il cammino, per dire che la nuova Europa da mettere al mondo è
molto diversa da quella che abbiamo sotto gli occhi, è un cammino ancora
da compiere e per il quale bisogna inventarsi nuovi modi e nuove forme di
pensiero e di vita.
In questa lettera abbiamo scritto tra l’altro: “Un nuovo totalitarismo di
tipo economico e finanziario sta restringendo ogni cosa a un’unica dimen-
sione, trasformando i cittadini europei in sudditi e pedine di un gioco che
non sono in grado di comprendere, gestito da una nuova casta di super-
esperti, i soli in grado di intenderlo e manovrarlo, riducendo ogni possibi-
lità di partecipazione civile e di trascendenza e l’esercizio democratico a
un rito di sola facciata, mentre le vere decisioni vengono prese altrove e i
veri giochi avvengono fuori da ogni possibilità di conoscenza e controllo”.
“Con questo nostro cammino abbiamo inteso compiere un gesto prefigu-
rativo, un gesto di non rassegnazione nel clima di frustrazione, cattiveria e
cinismo che si sta respirando in questi anni in Europa e dal quale è questio-
ne di vita e di morte sbarazzarsi. Anche l’Europa può essere un continente
prefigurativo che tende a un altrove”.
A. Moresco - Il continente boreale 25
Sono stato invitato qui a parlare dell’Europa. E sono uno scrittore, uno
che si ostina a credere che l’immaginario non sia solo una dimensione se-
parata e aliena, autosufficiente e autoreferenziale, ma uno spazio non meno
reale dove a volte avvengono delle proiezioni di vite, di sogni, di culture,
di nazioni, di continenti, di popoli. So bene come è stata svilita la forza ele-
mentare e respiratoria e la potenzialità della parola scritta, in questa epoca.
Ma per me la letteratura non è quella piccola, misera cosa che è stata fatta
diventare da enormi macchine che si muovono in un orizzonte ristretto e
in una prospettiva di breve respiro, che devono livellare tutto, depotenziare
tutto, non incontrare attrito, niente che possa creare inquietudine, incon-
trollabilità, pensiero. Per me quella cosa che è stata chiamata (stupidamen-
te e insiemisticamente) Letteratura continua a essere o a poter essere anche
apparizione, invasione, invenzione, prefigurazione, esplosione, visione.
Gli scrittori degni di questo nome non sono dei servitori dello spirito del
tempo e delle logiche che si presentano di volta in volta come vincenti, non
sono degli intrattenitori, dei buffoni di corte buoni solo a svagarci un po’
26 Liberare l’Europa
nel breve tempo che ci divide dalla nostra morte o al massimo delle inno-
cue figure edificanti. Non lo sono mai stati, neppure nelle epoche in cui si
sono chiusi tutti gli spazi e la parola è stato l’unico territorio sotterraneo
non controllabile, irriducibile, alieno, l’unica atmosfera, l’unico passag-
gio, l’unica cruna, da cui sono poi passati in molti. Gli scrittori, gli artisti
sono dei distruttori e dei costruttori, degli esploratori, dei pensatori, degli
inquietatori, dei prefiguratori e dei sognatori. Perciò voglio finire questo
intervento sull’Europa parlando dei suoi scrittori, dei suoi artisti, dei suoi
pensatori, dei suoi scienziati e del popolo delle sue apparizioni e visioni.
Ecco, allora a questo punto io mi immagino che, nel cuore della notte,
quando nessuno le vede, tutte queste figure si incontrino per le strade di
una delle città di questo continente boreale che sta cercando di nascere e di
rinascere. Cominciano a spostarsi a branco. Sono tanti, un fiume di donne e
uomini che si sposta di notte. Riesco a riconoscere qualche figura qua e là:
il poeta cieco che ha guardato nel calderone genetico della vita in guerra e
ha cantato l’umanità senza pace e il coraggio senza speranza, un uomo in-
cappucciato e col naso adunco che, viaggiando nell’aldilà, ci ha mostrato il
mondo che abbiamo sotto gli occhi e dove stiamo tutti vivendo, il delicato e
barbarico Shakespeare, che ci ha raccontato la storia dei due giovani aman-
ti di Verona e d’Europa e il delirio e il sangue da cui nascono i regni, i nostri
pensatori e scienziati, Copernico, Galilei, Newton, Darwin… che ci hanno
insegnato l’indomabilità e la pazienza, il sognatore in pensiero Spinoza,
che ci ha insegnato il sereno coraggio delle persone miti e ardenti, Leopardi
e Hölderlin, con la loro disperazione e la loro sete, che ci hanno mostrato il
passaggio genetico e spirituale nella cruna e nella prefigurazione del canto,
le donne orgogliose, estremistiche e dolci che erompono dalle pagine de-
gli scrittori della Russia con i suoi grandi disastri, i suoi grandi sogni e la
sua grande letteratura, le delicate e feroci scrittrici d’Europa come Emily
Brontë, Virginia Woolf… il malinconico Mefistofele, tentatore ed educato-
re, il ragazzo Julien Sorel, con la sua giovinezza tradita nella tenaglia dei
desideri e del mondo, il goffo, ardito e commovente Balzac, che ci ha fatto
vedere come nascono e come esplodono le società e i mondi… C’è anche
una figura filiforme, snodata, che però cammina con fierezza al passo con
le altre. È il burattino Pinocchio, che ci ha insegnato la difficile arte di cui
abbiamo maledettamente bisogno in questo momento: la metamorfosi. A
poca distanza da lui c’è un insetto bionico di nome Gregor Samsa, con
un’antica mela conficcata sul dorso. E c’è anche Raskolnikov, con la sua
solitudine e la sua scure, ci sono le meteore di Büchner e di Rimbaud, che
ci hanno insegnato l’intransigenza, la passione, la ribellione, la delicatezza
e il disprezzo. E poi Eloisa e Käthchen von Heilbronn, che ci hanno inse-
A. Moresco - Il continente boreale 27
Qual è l’eredità dantesca oggi, per tutti noi, specie se europei? Cos’ha da
dirci ancora Dante? Quale la sua “attualità inattuale”? E ancora: ha senso
rivolgerci (anche) a lui, per uscire dalla “selva oscura” di crisi, di asfissia,
di riduzionismo dell’umano nella quale siamo prigionieri?
Evidentemente crediamo di sì, anche se non si tratta tanto di ritornare a
Dante, quanto di farsi da lui fecondare, di ripartire da lui, dalle sue geniali
e ardite armonizzazioni.
Naturalmente non possiamo mai dimenticarci che l’Europa e l’Italia di
Dante in alcun modo possono essere lette con le categorie geopolitiche
dell’oggi. Sarebbe un ingenuo anacronismo. Si tratta piuttosto di farsi in-
terpellare dal senso simbolico, dal valore sapienziale, esistenziale che pro-
mana dall’avventura dantesca e in particolare dalla Commedia. Ma anche
dalla sua istanza profetica e critica.
L’attualità dantesca non è solo per l’Europa, né solo per l’oggi: come
ogni opera-mondo, la Commedia vive in quello che, con il critico russo
Bachtin, potremmo chiamare il “tempo grande”, che senza mai negare le
ragioni della storia non può essere solo ad esse ridotto. Ma per vedere l’in-
tensità al calor bianco della trasformazione rivoluzionaria di Dante (quasi
un ossimoro per tenere insieme il “granello di senape” interiore e l’istanza
esteriore di prassi e liberazione), occorre anche essere coscienti del guado
nel quale siamo. La schiavitù dalla quale esodicamente liberarsi o nella
quale passivamente perdersi. Naturalmente il passaggio che stiamo viven-
do non è solo europeo, ma di un’epoca, di una visione del mondo, di uno
stato di coscienza. Ci troviamo probabilmente in una cultura terminale, che
va radicalmente ripensata e trasformata. Dall’altra il nostro punto di vista
qui è legato anche alla peculiare situazione dell’Europa1. Necessari quindi
lo “zoom” e la contestualizzazione nell’oggi.
1 Si tratta naturalmente del tema stesso della giornata di studio e dialogo sull’Europa.
30 Liberare l’Europa
consegnato idealmente alla nostra Europa, come a ogni uomo nella sua
interiorità più segreta, che lo collega alla compagnia degli uomini tutti:
5 Cfr. ad es. Pg I, 71-72: «Libertà va cercando, ch’è sì cara, / come sa chi per lei vita
rifiuta»; e soprattutto tutta la struttura esodica del Purgatorio (cfr. Pg I, 116ss.; II,
46ss.); e della Commedia in generale (v. anche infra).
34 Liberare l’Europa
della Commedia è così descritto: removere viventes in hac vita de statu mi-
serie et perducere eos ad statum felicitatis «rimuovere (liberare) i viventi
in questa vita dallo stato di infelicità e condurli alla felicità». La liberazione
dantesca è per il compimento, per la felicità, per la pienezza dell’uomo.
Se questa antropologia è reale (e lo crediamo), come possiamo acconten-
tarci, ad esempio, di un’epoca che tutto mercifica e, nella fattispecie, di
un’Europa alienata, schiava dello spread-feticcio o dei parametri di trattati
che come minino andrebbero ridiscussi, radicalmente e democraticamente?
Non possiamo accettare un’Europa malata in se stessa, sussunta dal capi-
tale e da un’economia assolutizzata e disembedded6, oltre che scissa dalle
sue radici. La liberazione dantesca è tanto un ritrovamento di sé quanto una
radicale messa in discussione di un mondo che non corrisponde alla nostra
natura reale.
12 Cfr. «Ahi Pisa, vituperio de le genti / del bel paese là dove ‘l sì suona, / poi che
i vicini a te punir son lenti, / muovasi la Capraia e la Gorgona, / e faccian siepe
ad Arno in su la foce, / sì ch’elli annieghi in te ogne persona! / Che se ’l conte
Ugolino aveva voce / d’aver tradita te de le castella, / non dovei tu i figliuoi porre
a tal croce. / Innocenti facea l’età novella, /novella Tebe, Uguiccione e ’l Brigata
/ e li altri due che ’l canto suso appella» (If XXXIII,79-90).
13 Cfr. Mt 17, 1ss.; Mc 9, 2ss.; Lc 9, 28ss. e la cacciata dei mercanti dal tempio (Gv 2,
13-16). La Trasfigurazione è al centro della teologia mistica dantesca (cfr. ad es. Ep
XIII, xxviii, 81; Pd XXV, 30ss., Mon III, ix, 11 etc.). Dante cita la cacciata in Pd
XVIII, 121-123: «sì ch’un’altra fiata omai s’adiri / del comperare e vender dentro
al templo / che si murò di segni e di martìri». Vi allude anche in Pd XXII, 77.
14 Cfr. «Ne la profonda e chiara sussistenza / de l’alto lume parvermi tre giri / di tre
colori e d’una contenenza; / e l’un da l’altro come iri da iri / parea reflesso, e ‘l
terzo parea foco / che quinci e quindi igualmente si spiri» (Pd XXXIII, 115-120).
G. Vacchelli - Dante e la “selva oscura”dell’Europa e del nostro tempo 37
arazzo, ordito di fili e colori diversi17. Potremmo dire che molte radici eu-
ropee vi sono onorate. Certo non tutte in modo uguale, e con limiti legati al
proprio tempo: ma l’Europa dantesca non è senza Virgilio e la cultura classi-
ca, greco-latina; non è senza il frammento germanico e l’influenza bizantina
(Dante fu ravennate negli ultimi suoi anni); non è senza le teologie cristiane
(che per Dante sono plurali, diverse tra loro: per questo il Poeta arriva a
tenere insieme ad es. istanze della Grande Chiesa con il frammento cataro),
ma onora, pur se in modi complessi e più nascosti, l’escatologia islamica, un
certo ebraismo mistico (possibili influenze dalla qabbalah sul poema sacro),
etc. In Dante si dà un complesso pluralismo inter-intraculturale, certo non
privo di tensioni, condizionamenti e contraddizioni, ma reale.
L’Europa di Dante è fatta di poesia, di arte e bellezza, di politica, di
teologia, di filosofia, di interiorità e concretezza, come pure gli spiriti
magni che abitano il «nobile castello» del limbo o le ghirlande dei beati ben
ci ricordano (cfr. If IV, 106ss.; Pg XXII, 97ss.; Pd X, 97ss.; XII, 127ss.).
Anche la scienza del tempo non è mai trascurata.
Del resto Dante tiene sempre unite, mirabilmente, storia e meta-storia.
I riferimenti concreti alle vicende del tempo convivono, anzi sono assunti
da uno sguardo che li integra e trasfigura. Il criterio di realtà dantesco non
è solo storico, ma sub specie tempiternitatis. Per questo sono figurazione
simboliche geniali e luminose come l’aquila paradisiaca (Pd XVIII) o la
candida rosa a consegnarci armonie che vanno sì incarnate nella storia,
ma che mai sono puramente immaginarie, quanto piuttosto immaginali,
archetipiche e già sussistenti: così a questo livello la storia è anche trascesa,
il pagano è beato come il cristiano, l’ebreo o come «l’uom [che] nasce a
la riva de l’Indo» (Par XIX, 70-71). E anche l’Europa dello Spirito è già.
17 Cfr. ad es. la magnifica immagine del Convivio: «Quelle Atene celestiali, dove li
Stoici e Peripatetici e Epicurii, per la l[uc]e de la veritade etterna, in uno volere
concordevolmente concorrono» (III, xiv, 15).
G. Vacchelli - Dante e la “selva oscura”dell’Europa e del nostro tempo 39
Eccoli allora, Beatrice e Dante, gli amanti d’Europa, come quelli della
preistoria18. Dobbiamo ancora comprendere l’amore di Dante che voleva
essere intimo interiore fisico agapico erotico razionale appassionato spiri-
tuale e politico. La liliale Beatrice è forte come un ammiraglio, è teologa,
politologa, profetessa, e dolcissima amante, intelletto d’amore.
Dante è «l’amico mio / non de la ventura» (If II, 61), ci ricorda Beatrice.
E quando finalmente lui la rivede, è travolgente fenomenologia d’amore:
Volando sono gli unici terreni, sognando sono gli unici realisti e svegli,
innamorati sono gli unici veramente critici, perdendosi si ritrovano. Cono-
scendo amano e amando conoscono. Allora tutto può essere riconfigurato:
la preistoria, la storia e ciò che ci aspetta, la nuova configurazione che
abbiamo davanti…
1. Premessa
in modo non secondario, nella necessità che per l’Europa si pone di “sce-
gliere” – tra i significati decisivi del lemma chrisis figura anche la “scelta
valutativa” – se far tornare a vivere il proprio autentico telos o permanere
stabilmente nell’inautenticità in cui è precipitata.
In altri termini, agli occhi di Husserl, la chrisis si manifesta come scis-
sione letale che impone agli Europei la capacità di scegliere con fermezza
– sono parole della Krisis – “se quel telos che è innato nell’umanità euro-
pea dalla nascita della filosofia greca, e che consiste nella volontà di essere
un’umanità fondata sulla propria ragione filosofica”9, se cioè continuare il
processo avviatosi in terra greca di realizzazione delle potenzialità umane
o se, invece, con movimento opposto, assecondare lo spirito funesto del
tempo e abbandonare tale progetto, permanendo illimitatamente nella bar-
barie di cui il primo conflitto mondiale rappresenta – peraltro solo provvi-
soriamente – l’apice10.
Se si esplorano non superficialmente le pagine dei saggi raccolti su
“Kaizo”, emerge limpidamente come essi siano animati dalla volontà di
superare la scissione in cui versa l’Europa degli anni Venti, sospesa tra con-
flitti e barbarie spirituale, reimmettendola sul cammino che, idealmente,
sorge in terra greca, con lo sviluppo del concetto filosofico, di modo che il
vecchio continente torni a farsi promotore della scienza e dell’emancipa-
zione universale, portando così a compimento quel telos che è connaturato
alla sua essenza11.
Se è vero che, con le splendide parole della Krisis, nell’umanità greca si è
“rivelata quell’entelechia propria dell’umanità come tale”12, ne segue more
geometrico che la rinascita dello spirito europeo non potrà che avvenire nel
recupero di quell’entelechia di cui gli Europei si sono temporaneamente
obliati e che è, ad avviso di Husserl, compito della fenomenologia come
scienza rigorosa fare tornare a rivivere. La Grecia, infatti, scopre per prima
l’autonomia della ragione e, insieme, il suo essere al servizio dello sviluppo
9 Id., Die Krisis der europäischen Wissenschaften und die transzendentale Phäno-
menologie. Eine Einleitung in die phänomenologische Philosophie, 1936 (1950);
tr. it. a cura di W. Biemel, La crisi delle scienze europee e la fenomenologia tra-
scendentale: introduzione alla filosofia fenomenologica, Il Saggiatore, Milano
1983, pp. 44-45.
10 Cfr. P. Bucci, La crisi delle scienze europee di Husserl, Carocci, Roma 2013.
11 G. Ferrara, La verità dell’Europa e l’idea di comunità: la lezione di Husserl,
Filema, Napoli 1998.
12 E. Husserl, La crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale: in-
troduzione alla filosofia fenomenologica, cit., pp. 44-45.
D. Fusaro - Ripensare l’Europa. A partire da Edmund Husserl 45
dell’umanità fine a se stessa, ossia ciò che può con diritto essere assunto
come il telos della missione del genere umano:
Una nazione, un’umanità, vive e opera nella pienezza delle forze soltanto
se sorretta nel suo slancio da una fede in se stessa e nella bellezza e bontà
della vita della propria cultura; se, dunque, non si limita a vivere, ma aspira a
qualcosa che considera grande, e trova appagamento solo quando riesce pro-
gressivamente a realizzare valori genuini e sempre più elevati. Essere degno
di appartenere a un’umanità simile, cooperare a una tale cultura, contribuire ai
suoi valori edificanti, rappresenta la felicità di ogni uomo operoso e lo solleva
dalle preoccupazioni e dalle sventure individuali14.
In riferimento al tempo della crisi che attraversa la prima metà del ‘900,
dopo il primo conflitto mondiale e la decadenza spirituale che l’ha contrad-
distinto, Husserl adombra senza esitazioni l’allontanamento dell’Europa
dal proprio telos originario:
20 Cfr. P. Polizzi, Husserl e la crisi dell’uomo europeo. Die philosophie in der Krisis
der Europaeischen Menschheit, Ila-Palma, Palermo 1990.
21 E. Husserl, L’idea di Europa: cinque saggi sul rinnovamento, cit., p. 136.
22 A. Gramsci, Quaderni del carcere, edizione critica dell’Istituto Gramsci, a cura di
V. Gerratana, Einaudi, Torino 1975, VII, § 13, p. 864.
23 Cfr. J. Habermas, Im Sog der Technokratie, 2013; tr. it. a cura di L. Ceppa, Nella
spirale tecnocratica, Laterza, Roma-Bari 2014.
48 Liberare l’Europa
24 Cfr. A. Bagnai, Il tramonto dell’euro. Come e perché la fine della moneta unica
salverebbe democrazia e benessere in Europa, Imprimatur, Reggio Emilia 2012;
A.M. Rinaldi, Europa Kaputt: (s)venduti all’euro, Piscopo, Roma 2013.
25 Ci permettiamo di rinviare al nostro Minima mercatalia. Filosofia e capitalismo,
Bompiani, Milano 2012, con saggio introduttivo di A. Tagliapietra.
26 Cfr. M. Della Luna, Cimit[e]uro. Uscirne e risorgere. Signoraggio, golpe banca-
rio, debito infinito: come ripartire dopo il collasso finale dell’economia, Arianna,
Bologna 2012.
27 Si veda J. Habermas, Nella spirale tecnocratica, cit., pp. 22 ss.
28 Cfr. M. Benini, La guerra dell’Europa, Nexus, Battaglia Terme 2012.
D. Fusaro - Ripensare l’Europa. A partire da Edmund Husserl 49
missariare gli Stati non più sovrani32. I popoli e le nazioni sono il frutto
della storia, della tradizione culturale e linguistica, con buona pace delle
oligarchie finanziarie e dei loro intellettuali al guinzaglio; i quali aspirano
oggi a negarne l’esistenza, con il segreto obiettivo di distruggere, con essi,
ogni residua resistenza al flusso internazionale, spoliticizzato e deregola-
mentato del mercato33.
La realtà del regno eurocratico non solo non corrisponde all’irenica im-
magine diffusa dal clero giornalistico e all’irrealtà mostrata sugli schermi
televisivi dal circo mediatico: ne è il rovesciamento. Di qui la situazione
kafkiana per cui, al cospetto delle privatizzazioni sempre più selvagge, del
taglio della spesa pubblica, dei sacrifici sempre più spietati imposti alle
classi dominate e, ancora, dell’irresistibile flessibilizzazione dei lavoratori,
delle masse e dei giovani, i partiti euroservi al servizio delle caste finan-
ziarie continuano a ripetere compulsivamente il mantra “ci vuole più Eu-
ropa!”, proprio quando questa Europa è la causa principale delle tragedie
nell’etico poc’anzi menzionate. Le stesse “necessarie riforme” presentate
come via necessaria per una futura e concreta possibilità di rinascita delle
economie non sono che manovre neoliberiste imposte autoritariamente agli
Stati in fase di disgregazione da parte del grande capitale finanziario.
Anche la pratica dell’enumerazione delle fonti culturali dell’identità eu-
ropea (cristiana, illuministica, greca, romana, ecc.) è solo la vernice che
occulta e legittima il processo – condotto e reso possibile tramite la moneta
unica – di smantellamento dei diritti sociali, di abbassamento vertiginoso
dei salari, di precarizzazione del lavoro, di produzione sempre più mas-
siccia di disoccupazione e di indebitamento degli Stati volto a giustificare
una governance dall’alto. Per ironia della storia, il progetto della decrescita
felice di Latouche cede il passo alla “decrescita infelice” – dei diritti e
dell’occupazione, del benessere sociale e della stabilità – imposta dal regi-
me eurocratico tramite i sacri dogmi dell’austerity e della spending review.
La funzione della moneta unica privata e sovranazionale non è servire i po-
poli, ma asservirli34, rinsaldando il potere dell’apolide oligarchia finanziaria
e del grande capitale europeo, cifra macabra di un’Europa finanziaria in cui
i popoli e le nazioni non contano più nulla né come soggetto politico, né
come soggetto sociale.
glofono e senza cultura, incapace di parlare una lingua che non sia quel-
la dell’economia. L’ideale di un’Europa di Stati nazionali democratizzati,
liberi e uguali, in cui siano rispettate le culture e le tradizioni nazionali, le
comunità etniche e religiose, è reso impossibile dalla finanziarizzazione
del vecchio continente, dall’imposizione della sola cultura anglofona del
mercato e dalla sottomissione dei popoli sovrani alla giunta militare di tipo
economico propria della dittatura finanziaria37.
Il sogno kantiano cede il passo all’incubo eurocratico, alla follia – perse-
guita con metodo – dell’imposizione coattiva di quelle politiche neoliberali
che debbono di necessità essere mediate dalla neutralizzazione della resi-
dua forza del politico. Il processo di americanizzazione dell’Europa è con-
dotto nelle tre direzioni a) dell’imposizione del modello anglosassone del
mercato all’insegna della privatizzazione senza limiti, b) della subalternità
geopolitica alla monarchia universale e c) della omologazione culturale
all’impero, quale si registra nell’imposizione onnipervasiva dell’inglese
operazionale dei mercati, nell’american way of life, nell’abbandono delle
culture nazionali e di ogni forma in grado di prospettare modelli alternativi
alla desertificazione simbolica in atto. In nome del teologumeno “ce lo
chiede l’Europa”, ogni diritto sociale è destinato a essere soppresso a favo-
re della liberalizzazione selvaggia promossa dal pensiero unico neoliberale
e dall’egemonia finanziaria38.
Se non si organizza una reazione, la “carica del rinoceronte”39 neolibera-
le, recentemente abbattutasi sulla Grecia, è destinata a travolgere tutti gli
Stati europei. L’adattamento coatto al paradigma americano del capitalismo
globalizzato neoliberale strenuamente difeso dall’insieme delle classi diri-
genti europee (senza alcuna differenza tra centro, destra e sinistra) risulta
strutturalmente incompatibile con il mantenimento di un secolo di con-
quiste del movimento operaio organizzato e con i diritti sociali propri del
modello europeo di capitalismo sociale. Il presente modello dell’eurolager
ha il solo obiettivo di distruggere del tutto lo jus publicum europaeum,
azzerare la sovranità politica e sostituire il capitalismo europeo con quello
americano, nella forma di un’americanizzazione integrale dell’Europa. Lo
si evince, oltretutto, dalle sempre nuove ondate di liberalizzazioni e priva-
tizzazioni, di erosione dei diritti sociali e di distruzione di ogni garanzia
37 Cfr. B. Brown, Euro Crash: the Exit Route from Monetary Failure in Europe,
Palgrave Macmillan, Basingstoke 2012.
38 Si veda, ad esempio, L. Canfora, È l’Europa che ce lo chiede! (falso!), Laterza,
Roma-Bari 2012.
39 C. Preve e L. Tedeschi, Lineamenti per una nuova filosofia della storia. La passio-
ne dell’anticapitalismo, Il Prato, Padova 2013, pp. 77-92.
D. Fusaro - Ripensare l’Europa. A partire da Edmund Husserl 53
40 Cfr. S. Lash e J. Urry, The End of Organized Capitalism, Polity Press, Cambridge
1987.
CURATORI E RELATORI
I relatori
I curatori
neutica simbolica. Tra filosofia, religione e poesia, Ed. Simple (2012). Del
2012 è Arcobaleni, primo romanzo della Trilogia dell’Infanzia, uscito per
Marietti. Del settembre 2013, Eutopia (scritto con Maristella Bellosta), un
romanzo sulla scuola (Mimesis). L’idea di fondo è quella di una letteratu-
ra che torni ad affrontare coraggiosamente “i grandi temi”, tra risveglio,
bellezza e impegno. È appena uscito per Mimesis il suo saggio dantesco:
L’«attualità» dell’esperienza di Dante. Un’iniziazione alla Commedia.
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Finito di stampare
nel mese di luglio 2015
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