Note
I. Edizione originale: The Chalice and the Biade. Our History, Our Future.
San Francisco: HarperCollins 1987.
2. Si veda: http://all.uniud.it/?page_id= 195.
3. Parma: Pratiche.
4. Si vedano i link utili per la collana ALL ed altri testi pubblicati in
quest'area di ricerca: http://www.forumeditrice.it/percorsi/1 ingua-e-letteratura/all;
http ://www.rodopi.nl/functions/search.asp?Bookld=CC+ 122
5. Martha C. Nussbaum. Not /or Profit. Why Democracy Needs the
Humanities. Princeton: Princeton University Press 2010. Non per profitto.
Perché le democrazie hanno bisogno della cultura umanistica. Bologna: Il
Mulino 2011.
6. Raimon Panikkar. Lo spirito della parola. Torino: Bollati Boringhieri
2007.
7. Raimon Panikkar. Lo spirito della parola, p. 94.
Presentazione
di Mauro Ceruti
Note
I bivi dell'evoluzione
Caos o trasformazione
Note
1. Si vedano, per esempio, Fritjof Capra, The Turning Point: Science, So-
ciety, and the Rising Culture, Simon and Schuster, New York 1982 (trad. it. Il
punto di svolta. Scienza, società e cultura emergente, Feltrinelli, Milano
2003); Marilyn Ferguson, The Aquarian Conspiracy: Persona/ and Socia/
fransformation in the 1980s, Tarcher, Los Angeles 1980 (trad. it. la cospira-
38 Riane Eisler
cessariamente superarli (si veda, per esempio, Leslie White, The Science of
Culture, Farrar, Strauss, New York 1949, trad. it. La scienza della cultura: uno
studio sull'uomo e la civiltà, Sansoni, Firenze 1978; William Ogbum, Socia!
Change with Respect to Culture and Originai Nature, Viking, New York
1950). Un ottimo recente lavoro sulla evoluzione tecnologica è Bela Banathy,
Systems lnquiring and the Science of Complexity: Conceptual Bases, ISI Mo-
nograph 84-2, Far West Laboratory, San Francisco 1984.
15. Questi regressi sono durati diverse centinaia d'anni. I «secoli bui» del-
la Grecia durarono per più di tre secoli, pressappoco dal 1100 all'800 a.C. Il
Medioevo in Europa durò quasi un intero millennio.
16. Si veda, per esempio, Ilya Prigogine e Isabel Stengers, Order Out of
Chaos, Bantam, New York 1984 (trad. it. Le leggi del caos, Laterza, Roma-
Bari 2003); Ralph Abraham e Christopher Shaw, Dynamics: The Geometry of
Behaviour, Aerial Press, Santa Cruz, CA. 1984; Humberto Maturana e Franci-
sco Varela, Autopoiesis and Cognition: The Realization of the Living, Reidel,
Boston 1980 (trad. it. Autopoiesi e cognizione. La realizzazione del vivente,
Marsilio, Venezia 2001).
17. Fritjof Capra, The Tao of Phisics, Shambhala New Science Library,
Boston 1975 (trad. it. /l Tao della Fisica, Adelphi, Milano 2001); Id., The Tur-
ning Point ... , cit.
18. Niles Eldredge e Stephen J. Gould, «Punctuated Equilibria: An Alter-
native to Phyletic Gradualism», in T.J. Schropf (a cura di), Models of Paleobio-
logy, Freeman, Cooper, San Francisco 1972; Vilmos Csanyi, Generai Theory of
Evolution, Akademiai Kiado, Budapest 1982; Ervin Laszlo, Evolution: The
Grand Synthesis, New Science Library, Boston 1987; Erich Jantsch, The Self-
Organizing Universe, Pergamon Press, New York 1980; David Loye e Riane
Eisler, «Chaos and Transforrnation: Implications of Non-Equilibrium Theory
far Socia! Science and Society», in Behavioral Science, 1987, n. 32, pp. 53-65.
19. Questa corrispondenza fra le scoperte nei diversi campi è in accordo
con le precedenti conclusioni di teorici dei sistemi generali, come per esempio
Ludwig von Bertalanffy, Generai Systems Theory, Braziller, New York 1968
(trad. it. Teoria generale dei sistemi, Mondadori, Milano 2004), ed Ervin La-
szlo, lntroduction to Systems Philosophy, Gordon & Breach, New York 1972.
20. Niles Eldredge, Time Frames, Simon & Schuster, New York 1985
(trad. it. Strutture del tempo, Hopefulmonster, Firenze 1991 ); N. Eldredge e
S.J. Gould, Punctuated Equilibria ... , cit.
21. Si veda, per esempio, Jessie Bemard, The Female World, Free Press,
New York 1981; Ester Boserup, Woman 's Rote in Economie Development, Al-
len & Unwin, Londra 1970 (trad. it. Il lavoro delle donne: la divisione sessua-
le del lavoro nello sviluppo economico, Rosenberg & Sellier, Torino 1982);
Dale Spender, Feminist Theorists: Three Centuries of Key Women Thinkers,
Pantheon, New York 1983; Gita Sen, con Caren Grown, Development, Crisis,
and Alternative Visions: Third World Women 's Perspectives, Dawn, New
Delhi 1985; Mary Daly, Gyn/Ecology: The Metaethics of Radical Feminism,
The Women's Press, Londra 1991); Caro! Gilligan, In a Dijferent Voice, Har-
vard University Press, Cambridge, MA. 1982 (trad. it. Con voce di donna. Eti-
rn e formazione della personalità, Feltrinelli, Milano 1991 ); Catharine
42 Riane Eisler
Il Paleolitico
Il Neolitico
L'Europa Antica
Note
1. Edwin Oliver James, Prehistoric Religion, Bames & Noble, New York
1957, p. 146 (trad. it. Nascita della religione, il Saggiatore, Milano 1969). Ja-
mes fu uno dei primi storici delle religioni a criticare questa opinione. Per una
eccellente critica, più recente, della stupefacente cecità di molti studiosi verso
il significato mitico delle immagini femminili paleolitiche, si veda Marija
Gimbutas, «The Image of Woman in Prehistoric Art», in The Quarterly Re-
Viaggio in un mondo perduto: gli inizi della civiltà 63
view of Archaeology, dicembre 1981, pp. 6-9. Va notato che, per evitare un'i-
nutile complessità, vengono talvolta usati indifferentemente i tennini Paleoliti-
co e Paleolitico Superiore. Nel nostro libro abbiamo seguito questa consuetu-
dine, anche se la maggior parte degli argomenti trattati si riferisce al
Paleolitico Superiore: il periodo che va all'incirca dal 30.000 al 10.000 a.C. È
a questo periodo che risalgono la maggior parte degli straordinari dipinti di
animali nelle caverne, le statue intagliate e le figure in rilievo descritte nel te-
sto. Il Paleolitico, o Età della Pietra, probabilmente iniziò verso il 65.000 a.C.,
ma si sa molto poco sulla prima parte di questa era.
2. Edwin Oliver James, The Cult of the Mother Goddess, Thames & Hud-
son, Londra 1959, p. 19.
3. lbid., p. 16; E.O. James, Prehistoric Religion, cit., p. 148.
4. E.O. James, Cult of the Mother Goddess, cit., p. 16.
5. Vedi nota 10 all'Introduzione.
6. Si veda, per esempio, Elizabeth Fisher, Woman 's Creation, McGraw-
Hill, New York 1979, p. 140.
7. John Pfeiffer, The Emergence of Man, Harper & Row, New York 1972,
pp. 251-65 (trad. it. La nascita dell'uomo, Mondadori, Milano 1973). Per un
nuovo modello dell'evoluzione umana, più conforme ai migliori dati disponi-
bili, si veda Nancy Tanner, On Becoming Human, Cambridge University
Press, Boston 1981 (trad. it. Madri, utensili ed evoluzione umana: un modello
della transizione dalle antropomorfe al genere umano e la ricostruzione della
vita sociale degli ominidi primitivi, Zanichelli, Bologna 1985). Modelli simili
caratterizzano i lavori di Adrienne Zihlman, Jane Lancaster e di altre studiose
femministe, le cui nuove teorie non sono più vincolate al modello evolutivo
dell'«uomo cacciatore». Si veda, per esempio, Adrienne Zihlman, «Women in
Evolution, Part II: Subsistence and Socia! Organization among Early Homi-
nids», in Signs, autunno 1978, n. 4, pp. 4-20; Jane Lancaster, «Carrying and
Sharing in Human Evolution», in Human Nature, febbraio I 978, n. I, pp. 82-
9. Vedi anche Capitolo 5.
8. M. Gimbutas, art. cit.
9. Si veda, per esempio, Gertrude Rachel Levy, Religious Conceptions of
the Stone Age, Harper & Row, New York I 963, inizialmente pubblicato col ti-
tolo The Gate of the Horn, Faber & Faber, Londra I 948. La Levy nota che la
caverna era probabilmente un simbolo del grembo della Dea (la Creatrice, la
Madre, la Terra), e i rituali in essa celebrati erano manifestazioni del desiderio
di partecipare ai suoi atti creativi, e d'influenzarli. Uno di questi atti consisteva
nel dare alla luce gli animali, che nascevano dal suo grembo (e che erano un
mezzo di sostentamento per i popoli del Paleolitico). Per questo gli animali ve-
nivano spesso raffigurati sulle pareti delle caverne.
Più recentemente un'altra studiosa, Z.A. Abramova, ha pubblicato il cata-
logo ufficiale delle incisioni e delle sculture del Paleolitico Superiore rinvenu-
te nel territorio dell'Unione Sovietica. Come l'archeologo sovietico A.P. Ok-
ladnikov, I' Abramova ritiene che «i due differenti aspetti dell'immagine della
donna durante il Paleolitico [... ] non sono contraddittori, anzi, si completano
reciprocamente». La donna veniva raffigurata come «signora della casa e della
famiglia, protettrice del focolare [... ] era la sovrana degli animali, specialmen-
64 Riane Eisler
Note
31. M. Gimbutas, op. cit., p. 217, dove la Gimbutas nota che le statuette
della Dea del VII e VI millennio a.e. hanno spesso colli lunghi e cilindrici,
che ricordano un fallo, che c'erano anche raffigurazioni falliche sotto fonna di
semplici cilindri d'argilla, talvolta muniti di seno femminile, e che la combi-
nazione di caratteristiche femminili e maschili in una stessa figura non cessò
del tutto anche dopo il VI millennio a.e.
32. Edwin Oliver James, The Cult of the Mother Goddess, Thames & Hud-
son, Londra 1959, p. 87.
33. J. Mellaart, çatal HUyuk, cit., p. 184.
34. M. Gimbutas, op. cit., p. 237.
35. Si veda, per esempio, «l'ammonimento che un tale bisogno di ordine
sociale non implichi la supremazia di un sesso, che il tennine 'matriarcato',
semanticamente analogo a 'patriarcato', sembrerebbe suggerire», in Kate Mil-
lett, Sexual Politics, Doubleday, New York 1970, p. 28, n. 9 (trad. it. La politi-
ca del sesso, Bompiani, Milano 1979); o il commento di Adrienne Rich, che «i
tennini 'matriarcato', 'diritto materno' o 'ginocrazia' tendono a essere usati in
maniera imprecisa, spesso indifferentemente», in Of Woman Born, Bantam,
New York 1976, pp. 42-3 (trad. it. Nato di donna, Garzanti, Milano 2000). La
Rich nota anche che «Robert Briffault si sforza di dimostrare che il matriarca-
to nelle società primitive non era semplicemente un matriarcato con un sesso
diverso al potere» (p. 43). Per una discussione su come il tennine «gilania»
eviti questa confusione semantica, si veda il capitolo 8.
36. Abraham Maslow, Toward a Psychology of Being, Van Nostrand-
Reinhold, New York 1968, 2a ed. (trad. it. Verso una psicologia dell'essere,
Astrolabio, Roma 1971).
37. J. Mellaart, çatal HuyUk, cit., p. 184.
38. Questa distinzione verrà discussa a fondo in Riane Eisler e David
Loye, Breaking Free (di prossima pubblicazione). Si tratta di una distinzione
fondamentale per la nuova etica femminista, che onnai molte intellettuali stan-
no sviluppando. Si veda, per esempio, Jean Baker Miller, Toward a New Psy-
chology of Women, Penguin Books, Londra 1991; Caro! Gilligan, In a Dijfe-
rent Voice, Harvard University Press, Cambridge, MA., 1982 (trad. it. Con
voce di donna. Etica e formazione della personalità, Feltrinelli, Milano 1991);
Wilma Scott Heide, Feminismfor the Health of Jt, Margaretdaughters Press,
Buffalo 1985. Particolannente interessante in questo contesto è Anne Barstow,
«The Uses of Archaeology for Women's History: James Mellaart's Work on
the Neolithic Goddess at çatal Hiiyiik», in Feminist Studies, ottobre 1978, n.
4, pp. 7-18, che arrivò indipendentemente a una analoga conclusione sul modo
in cui probabilmente veniva concepito il potere nelle società che adoravano la
Dea (vedi p. 9).
3
La differenza essenziale: Creta
La bomba archeologica
tro motivo: erano intesi non solo al piacere o alla salvazione in-
dividuale, ma anche a invocare la potenza divina, per portare be-
nessere all'intera società. 23
È importante sottolineare ancora una volta che Creta non era
una società ideale o un'utopia, ma una società umana reale, con
tutti i suoi problemi e le sue imperfezioni. Era una società svi-
luppatasi migliaia d'anni fa, quando ancora non esisteva niente
di simile alla scienza che conosciamo, e i fenomeni naturali ve-
nivano spiegati, e affrontati, con credenze animistiche e riti pro-
piziatori.24 Inoltre, era una società attorniata da un mondo sem-
pre più bellicoso e a dominio maschile.
Sappiamo, per esempio, che i Cretesi avevano armi, alcune,
come le loro daghe splendidamente decorate, di altissima qua-
lità tecnica. Probabilmente, con l'aumento della guerra e della
pirateria nel Mediterraneo, anche i Cretesi combattevano batta-
glie in mare, sia per difendere il loro vasto commercio maritti-
mo che per proteggere le loro coste. Ma a differenza delle altre
grandi civiltà del periodo, l'arte cretese non idealizza la guerra.
Come abbiamo già detto, persino la famosa ascia doppia della
Dea simboleggiava la munifica fecondità della terra. La sua for-
ma ricordava quella della zappa usata per dissodare il terreno
per la semina, ed era una stilizzazione della farfalla, un simbolo
di trasformazione e rinascita della Dea.
E nulla indica che le risorse materiali di Creta fossero mas-
sicciamente investite, come avviene, ogni giorno di più, nel no-
stro mondo moderno, in tecnologie di distruzione. Al contrario,
risulta evidente che le ricchezze di Creta servivano soprattutto a
mantenere un modo di vita armonioso e raffinato.
Scrive Platon: «Tutta la vita era permeata da una fede arden-
te nella dea Natura, sorgente di tutto il creato e dell'armonia.
Ciò spingeva all'amore per la pace, all'orrore per la tirannia, al
rispetto della legge. L'ambizione personale sembra fosse scono-
sciuta persino tra le classi dirigenti; da nessuna parte si trova il
nome dell'autore insieme a un'opera d'arte, né l'elenco delle
gesta di un sovrano». 25
La dzf/erem:.a essenziale: Creta 97
L'invisibilità dell'ovvio
Note
I. Walter Emery, citato in Merlin Stone, When God Was a Woman, Har-
court Brace Jovanovich, New York I 976, p. XXII.
2. lbid. Il pregiudizio androcentrico che la Stone ha notato nell'archeolo-
gia ha il suo corrispondente in molti altri campi. Ma è importante rilevare che
ci sono anche studiosi maschi che hanno dato importanti contributi alla cono-
scenza della donna e ai cosiddetti problemi della donna. Un notevole esempio
contemporaneo è Ashley Montagu, che in The Natural Superiority of Women,
Macmillan, New York l 968 (trad. it. La naturale superiorità della donna,
Bompiani, Milano l 956), e in altri lavori, dissipa molti giudizi misogini ed er-
ronei sulla metà femminile dell'umanità e sulla «inevitabilità del patriarcato».
Un altro è Fritjof Capra, che in The Turning Point: Science, Society, and the
Rising Culture, Simon and Schuster, New York l 982 (trad. it. Il punto di svol-
ta. Scienza, società e cultura emergente, Feltrinelli, Milano 2003) e in altri la-
vori riconosce l'importanza del femminismo nel movimento per un futuro più
umano e pacifico.
3. Nicolas Platon, Crete, Nagel Publishers, Ginevra 1966, p. 15.
4. Jbid., pp. 16, 25.
5. Jbid., pp. 16-47.
6. Jacquetta Hawkes, Dawn of the Gods: Minoan and Mycenaean Ori-
gins of Greece, Random House, New York I 968, p. 153.
7. Jbid., p. 109.
8. N. Platon, op. cit., pp. 148, 143.
9. J. Hawkes, op. cit., pp. 45, 73; N. Platon, op. cit., pp. 148, 16I.
I O. Hans-Giinther Buchholtz e Vassos Karageorghis, Prehistoric Greece
and Cyprus: an Archaeological Handbook, Phaidon, Londra 1973, p. 20; N.
Platon, op. cit., p. 148. Si veda anche J. Hawkes, op. cit., p. 186.
l l. Leonard Woolley, citato in J. Hawkes, op. cit., p. 73.
l 2. Jbid., pp. 73-4.
La differenza essenziale: Creta 105
168 (trad. it. l'origine dell'uomo, Editori Riuniti, Roma 1999). La nota si rife-
risce a J.C. Notte George R. Gliddon, Types of Mankind, Mnemosyne, Miami
1969.
36. Questa tendenza resistette fra gli egittologi fino a che il movimento
statunitense per i diritti civili degli anni Sessanta costrinse gli studiosi a un
cambiamento di mentalità. Per ragguagli sulla stirpe di sovrani neri dell'antico
Egitto si veda, per esempio, John Hope Franklin, From Slavery to Freedom,
Knopf, New York 1967, oppure, David Loye, The Healing of a Nation, Nor-
ton, New York 1971.
37. Arthur Evans, citato in R. Higgins, op. cit., p. 40.
38. H.-G. Buchholtz e V. Karageorghis, op. cit., p. 22.
39. N. Platon, op. cit., pp. 161, 167.
4
Un cupo ordine dal caos:
dal Calice alla Spada
sioni delle orde di pastori nei territori più fertili, dove l'agricol-
tura era divenuta la principale tecnologia produttiva.
Come abbiamo visto, le tecnologie distruttive non erano
priorità sociali importanti per i coltivatori del periodo Neolitico
europeo. Ma lo erano per le orde guerriere che dilagarono dagli
aridi territori settentrionali e dai deserti meridionali. E fu in que-
sto momento critico che i metalli svolsero il loro ruolo letale nel
determinare la storia dell'uomo: non come mezzi per un genera-
le progresso tecnologico, ma come armi per uccidere, saccheg-
giare, asservire.
La Gimbutas ha ricostruito accuratamente questo processo
nell'Antica Europa. La studiosa parte dalla constatazione che
nelle regioni da cui provenivano i popoli dediti alla pastorizia, le
aride steppe a nord del Mar Nero, non esisteva il rame. «Ciò fa
supporre», scrive la Gimbutas, «che i cavalieri kurgan delle
steppe conoscessero la tecnologia del metallo che esisteva nel V
e IV millennio a.C. a sud dei monti del Caucaso. Probabilmente,
non più tardi del 3500 a.C., essi avevano appreso le tecniche
metallurgiche dai Transcaucasici e, subito dopo, avevano co-
minciato a sfruttare i giacimenti del Caucaso». 16 O, più precisa-
mente, subito dopo essi iniziarono a forgiare con il metallo armi
mortali più efficaci. '7
I dati della Gimbutas si basano sugli scavi su larga scala ef-
fettuati dopo la seconda guerra mondiale, e sull'introduzione
dei nuovi metodi di datazione. In sintesi, essi indicano che il
passaggio dall'Età del Rame a quella del Bronzo (quando ap-
parvero per la prima volta le leghe rame-arsenico o rame-sta-
gno) avvenne nel periodo tra il 3500 e il 2500 a.C. È una data di
gran lunga anteriore a quella, indicata dai primi studiosi, del
2000 a.C. Inoltre, la rapida diffusione della metallurgia del
bronzo nel continente europeo coincide con le tracce di un nu-
mero sempre maggiore di incursioni da parte delle popolazioni
di pastori estremamente mobili, bellicosi, gerarchici e dominati
dal maschio che la Gimbutas chiama Kurgan. «La comparsa di
armi in bronzo - daghe e alabarde - insieme ad asce di bronzo
114 Riane Eisler
La distruzione di Creta
teorie è che la conquista achea, sia della stessa Creta che di quelli
che sembra fossero insediamenti minoici sulla terraferma greca,
avvene dopo una serie di terremoti e maremoti che indebolirono a
tal punto la civiltà minoica, che essa non potè resistere più a lun-
go ai barbari che premevano da nord. Il problema è che la data in
cui di solito si calcola siano avvenuti questi disastri è quella del
1450 a.C., e in quel periodo non ci sono tracce di un'invasione ar-
mata di Creta. 42 Comunque sia, che fosse realmente a causa di
una conquista in seguito ai terremoti, di un colpo di Stato deter-
minato da pressioni militari, o dei matrimoni di capi achei con le
regine di Creta, quel che è certo è che negli ultimi secoli della ci-
viltà cretese l'isola finì sotto il dominio dei re achei, di lingua
greca. E, sebbene questi militari abbiano adottato molti dei più
civili costumi minoici, essi portarono con sé una organizzazione
sociale e ideologica orientata più verso la morte che verso la vita.
La nostra conoscenza del periodo Miceneo deriva in parte
dalle cosiddette tavolette in lineare B, ora decifrate, rinvenute
sia a Creta che sulla terraferma greca. In quelle trovate a Cnosso
e a Pilo (un insediamento miceneo sulla punta meridionale della
Grecia) vengono elencati nomi di divinità. Con profonda soddi-
sfazione di quelli che hanno a lungo sostenuto che esisteva una
continuità tra Creta e la Grecia classica, le tavolette rivelano che
le divinità del successivo pantheon dell'Olimpo (Zeus, Era, Ate-
na, Artemide, Hermes eccetera) venivano già adorate, anche se
in forme e contesti differenti, secoli prima che Esiodo e Omero
ritornassero a occuparsi di loro. 43 Insieme alle testimonianze ar-
cheologiche, queste tavolette rivelano anche, come dice la
Hawkes, «un connubio equilibrato tra divinità cretesi e achee». 44
Ma questo connubio miceneo di cultura minoica e achea era
destinato ad avere vita breve. Dalle tavolette di Pilo, molte delle
quali erano, secondo la Hawkes, «redatte durante gli ultimi gior-
ni di pace, parte di uno sforzo vano per evitare la catastrofe»,
sappiamo che il wanax, o re miceneo, era stato preavvisato del-
1' attacco di Pilo.
«L'emergenza fu fronteggiata senza panico», scrive la
Un cupo ordine dal caos: dal Calice alla Spada 125
Si può dire che la caduta di Creta, circa tremila anni fa, segni
la fine di un'era. È una fine che, come abbiamo visto, iniziò mil-
lenni prima. A cominciare dall'Europa, pressappoco tra il 4300
e il 4200 a.C., il mondo antico fu sconvolto da ondate successive
di invasioni barbariche. Dopo il periodo iniziale di distruzione e
caos, gradualmente emersero le società che vengono celebrate
nei nostri libri di testo dei licei e delle università come caposti-
piti della civiltà occidentale.
Ma, in questo inizio fulgido e grandioso, si celava l'incrina-
tura che si sarebbe allargata nella più pericolosa voragine del
nostro tempo. Dopo millenni di progresso della nostra evoluzio-
ne tecnologica, sociale e culturale, stava verificandosi una spac-
catura funesta. Come le profonde fratture lasciate dai violenti
sommovimenti della terra di quel periodo, il divario tra la nostra
evoluzione sociale e tecnologica e quella culturale si sarebbe
esteso costantemente. Si riavviò il movimento tecnologico e so-
ciale verso una maggiore complessità strutturale e funzionale.
Ma le possibilità di sviluppo culturale erano ormai destinate a
esaurirsi - rigidamente ingabbiate in una società di tipo domina-
tore.50
La società stava ormai diventando dappertutto a dominio ma-
Un cupo ordine dal caos: dal Calice alla Spada 127
Note
37. M. Gimbutas, «Tue First Wave of Eurasian Steppe Pastoralists ... », cit.,
p. 289.
38. lbid., pp. 288, 290
39. lbid., p. 292.
40. lbid., p. 294.
41. Jacquetta Hawkes, Dawn of the Gods: Minoan and Mycenaean Ori-
gins ofGreece, Random House, New York 1968, p. 186.
42. Si veda, per esempio, Nicolas Platon, Crete, Nagel Publishers, Ginevra
1966, pp. 198-203, per una trattazione di alcune delle controversie accademi-
che sulla fine della civiltà minoica, nonché sul declino generalizzato del livel-
lo artistico e culturale durante la fase micenea.
43. J. Hawkes, op. cit., p. 233.
44. lbid, p. 235.
45. lbid., p. 236.
46. lbid., p. 241.
47. lbid.
48. N. Platon, op. cit., p. 202.
49. Omero, Odissea.
50. Ovviamente, il movimento verso una maggiore complessità sociale e
tecnologica non equivale al movimento verso una tecnologia e una società che
migliorino la condizione umana. Un secondo libro (Riane Eisler e David
Loye, Breaking Free) analizzerà dettagliatamente il rapporto tra evoluzione
sociale, tecnologica e culturale.
51. Dartmouth Bible, commento di Roy Chamberlain e Herman Feldman,
con la supervisione di un comitato consultivo di biblisti, Houghton Mifflin,
Boston 1950, pp. 78-9.
52. Giudici, 3:2, Giosuè, 23:13, Esodo, 23:29. Si veda anche il commento
dei biblisti nella Dartmouth Bible, cit., pp. 187-8.
5
Ricordi di un'età perduta:
l'eredità della Dea
Evoluzione e trasformazione
vano consigli profetici nei templi di Ishtar, alcuni dei quali sono
importanti testimonianze di eventi politici. 43
Da antichi documenti egiziani sappiamo che l'immagine di
un cobra era il geroglifico che indicava la parola Dea, e che il
cobra era conosciuto come l'Occhio, uzait, un simbolo di veg-
genza mistica e di saggezza. La dea cobra nota come Ua Zit era
la divinità femminile del Basso Egitto (il Nord) in epoca predi-
nastica. In seguito, le dee Hathor e Maat erano ancora conosciu-
te come l'Occhio. L'ureo, un serpente eretto, si trova di frequen-
te sulla fronte dei reali egizi. Inoltre, nella città egiziana di Per
Uto, si trovava un santuario profetico, forse sede di un prece-
dente tempio dedicato alla dea Ua Zit; i Greci chiamavano que-
sta città Buto, nome greco della dea cobra. 44
Anche il celebre tempio oracolare di Delfi si ergeva in un
luogo in precedenza dedicato al culto della Dea. E anche in epo-
ca greca classica, quando subentrò il culto d'Apollo, l'oracolo
continuava a parlare per bocca d'una donna. Era una sacerdotes-
sa chiamata Pizia, che sedeva su di uno sgabello a tre piedi, at-
torno al quale stava arrotolato un serpente detto Pitone. Inoltre,
leggiamo in Eschilo che in questo tempio, tra tutti il più santo,
la Dea era venerata come profetessa primeva. Ciò suggerisce
nuovamente che, anche in un'epoca tarda come quella della
Grecia classica, non era ancora stata dimenticata la tradizione,
tipica di una società mutuale, di cercare la rivelazione divina e
la saggezza profetica tramite le donne. 45
Dagli scritti di Diodoro Siculo, del I secolo a.C., si apprende
che ancora in epoca così tarda non solo la giustizia, ma anche i
metodi di guarigione erano associati alle donne. Durante un
viaggio in Egitto, egli scoprì che la dea Iside, che successe a Ua
Zit e Hathor, era ancora venerata non solo come colei che per
prima istituì legge e giustizia, ma anche come potente guaritri-
ce.46 A questo proposito, è indicativo che i serpenti intrecciati,
noti come caduceo, siano tuttora lo stemma della professione
medica. La leggenda vuole che questa tradizione derivi dalla
identificazione dei serpenti con il dio greco Asclepio. Ma si può
Ricordi di un'età perduta: l'eredità della Dea 149
Note
scientifici su questo argomento, e J.V. Luce, op. cit., per un compendio buono,
e più aggiornato.
10. lbid., p. 158. Per una panoramica delle idee contrastanti su come,
quando e perché è terminata la civiltà cretese, si vedano, per esempio, Arthur
Evans, The Palace of Minos, voll. 1-4, MacMillan, Londra 1921-35, 1964;
Leonard Palmer, Mycenaeans and Minoans, Faber & Faber, Londra 1961; N.
Platon, op. cit.
11. S. Marinatos, op. cit.; J.V. Luce, op. cit.; N. Platon, op. cit., p. 69.
12. Merlin Stone, When God Was a Woman, Harcourt Brace Jovanovich,
New York 1982, p. 82. Nell'introduzione, la Stone racconta che mentre racco-
glieva il materiale sulle prime divinità femminili, nelle sue peregrinazioni tra
musei e biblioteche, molte delle sue fonti si trovavano solamente in scaffali
nascosti, e di quanto fosse esasperante il fatto che gran parte degli «scritti anti-
chi e della statuaria di rilievo fossero stati deliberatamente distrutti». Per giun-
ta essa dovette «affrontare il fatto che il materiale esistente nella letteratura po-
polare e nell'educazione generale è stato quasi totalmente ignorato» (pp.
XVI-XVII).
13. /bid., p. 219.
14. lbid., pp. 42-3.
15. H.W.F. Saggs, citato in ibid., p. 39. Si veda anche Walter Hinz, citato
in ibid., p. 41.
16. Ruby Rohrlich-Leavitt, «Women in Transition: Crete and Sumer», in
Renate Bridenthal e Claudia Koonz (a cura di), Becoming Vìsible, Houghton
Mifflin, Boston 1977, p. 53.
17. Si veda, per esempio, Leonard Woolley, The Sumerians, Norton, New
York 1965, p. 66; George Thompson, The Prehistoric Aegean, Citadel, New
York 1965, p. 161.
18. M. Stone, op. cit., p. 41.
19. lbid. Vedi anche R. Rohrlich-Leavitt, op. cit., p. 55.
20. M. Stone, op. cit., p. 82.
21. lbid.
22. lbid., p. 3.
23. lbid., p. 84.
24. Si veda, per esempio, Jacquetta Hawkes e Leonard Woolley, Prehi-
story and the Beginning of Civilization, Harper & Row, New York 1963, p.
265, che scrivono: «È generalmente riconosciuto che, a causa del proprio ruo-
lo ancestrale di raccoglitrice del cibo vegetale, il merito dell'invenzione dell'a-
gricoltura è della donna». Si veda anche Ester Boserup, Woman 's Rote in Eco-
nomie Development, Allen & Unwin, Londra l 970 (trad. it. Il lavoro delle
donne: la divisione sessuale del lavoro nello sviluppo economico, Rosenberg e
Sellier, Torino 1982); e M. Stone, op. cit., p. 36, ove cita Diodoro.
25. Si veda, per esempio, James Mellaart, çatal Hiiyiik, McGraw-Hill,
New York 1967, in particolare i capitoli 4 (architettura), 5 (pianta della città),
6 (templi e rilievi), 7 (dipinti murali), 8 (scultura), 10 (artigianato e commer-
cio), 11 (popolazione ed economia). Ma, come scrive Mellaart in The Neo-
lithic of the Near East, Scribner, New York 1975, «Sebbene la ricerca archeo-
logica abbia fatto grandi progressi nell'ultimo quarto di secolo,
Ricordi di un'età perduta: l'eredità della Dea 159
l'interpretazione non è stata al passo con le scoperte, e gran parte della teoria
dello sviluppo culturale appare tristemente datata» (p. 276).
26. Si veda, per esempio, J. Mellaart, çatal Hiiyiik, cit., cap. 10, ove Mel-
Iaart nota che «la ricerca di giacimenti e il commercio costituivano una parte
assai rilevante dell'economia cittadina, e senza dubbio contribuirono notevol-
mente alla ricchezza e alla prosperità della città» (p. 213).
27. Si veda, per esempio, Jane Harrison, Prolegomena. The Study of Greek
Religion, Merlin Press, Londra 1903, 1962, p. 261, che cita la poesia-preghie-
ra di Eschilo dedicata a colei che viene «prima di ogni altro dio [... ] la profe-
tessa primeva».
28. Si veda, per esempio, M. Stone, op. cit., specialmente l'Introduzione e
i capp. 2, 3.
29. Alcuni studiosi avevano già accennato al contributo decisivo dato dalle
donne alle nostre invenzioni fisiche e spirituali. Si veda Robert Briffault, The
Mothers, Johnson Reprint, New York 1969; ed Erich Neumann, The Great
Mother, Princeton University Press, Princeton, NJ. 1955 (trad. it. La Grande
Madre. Fenomenologia delle configurazioni femminili dell'inconscio, Astrola-
bio, Roma 1981).
30. Nancy Tanner, On Becoming Human, Cambridge University Press,
Boston 1981 (trad. it. Madri, utensili ed evoluzione umana, Zanichelli, Bolo-
gna 1985); Jane Lancaster, «Carrying and Sharing in Human Evolution», in
Human Nature, febbraio 1978, n. 1, pp. 82-9; Lila Leibowitz, Females, Males,
Families: A Biosocial Approach, Duxbury Press, North Scituate, MA. 1978;
Adrienne Zihlman, «Motherhood in Transition: from Ape to Human», in Wm:-
ren Miller e Lucille Newman (a cura di), The First Child and Family Forma-
tion, Carolina Population Center, Chapell Hill, N.C., 1978. Per avere un buon
compendio delle varie teorie delle nostre origini ominidi (nonché dati affasci-
nanti sulle femmine dei primati), si veda Linda Marie Fedigan, Primate Para-
digms: Sex Roles and Socia[ Bonds, Eden Press, Montreal 1982. Si veda anche
Ashley Montagu, The Nature of Human Aggression, Oxford University Press,
New York 1976, per un'eccellente panoramica sulle prove che demoliscono
l'idea, come ha scritto Robert Ardrey, che «l'uomo si è evoluto dalla condizio-
ne di antropoide per un motivo soltanto: perché era un assassino». (Robert Ar-
drey, African Genesis, Atheneum, New York 1961, p. 29; trad. it. L'istinto di
uccidere, Feltrinelli, Milano 1968.)
31. Vedi nota 30. Si veda anche Richard Leakey e Roger Lewin, People of
the Lake, Doubleday Anchor, New York 1978 (trad. it. Il popolo del lago. L'u-
manità e i suoi dintorni, Rusconi, Milano 1980).
32. N. Tanner, op. cit., p. 190.
33. lbid, capp. IO e 11. Per quanto riguarda l'uso degli attrezzi, l'aumento
della capacità cranica e la riduzione dei denti si vedano in particolare le pp.
258-62.
34. lbid., p. 268.
35. lbid., pp. 146, 268.
36. Vedi nota 25.
37. Ester Boserup, op. cit.; The State of the World's Women 1985 (redatto
per le Nazioni Unite da New Intemationalist Publications, Oxford, U.K.); Bar-
160 Riane Eisler
1922 (trad. it. Il ramo d'oro, Boringhieri, Torino 1998). Frazer era un esponen-
te di punta della scuola ottocentesca che sosteneva che nelle società matriarca-
li si sacrificavano i re. Può darsi che il sacrificio rituale fosse una pratica diffu-
sa, come riteneva Frazer. Oppure poteva trattarsi di una misura d'emergenza
per scongiurare un disastro incombente. Come abbiamo già rilevato, nel caso
dell'unico ritrovamento di un sacrificio rituale minoico è vera probabilmente
la seconda ipotesi. Un sacerdote che si accingeva a sacrificare un giovane fu
interrotto da un terremoto che uccise entrambi (Yannis e Sapouna Sakella-
rakis, «Drama of Death in a Minoan Tempie», in National Geographic, feb-
braio 1981, n. 159, pp. 205-22). Se a questo si aggiunge il fatto che non si so-
no mai trovate altre testimonianze di sacrifici rituali minoici, si è portati a
dedurre, come scrive Joseph Alsop, che a Creta il sacrificio rituale non era una
pratica abituale. Piuttosto, come in casi analoghi nel successivo periodo della
Grecia classica, sembra che «questa fosse una misura disperata per scongiura-
re quella che dovette sembrare la fine del mondo» (Joseph Alsop, «A Histori-
cal Perspective», in National Geographic, febbraio 1981, n. 159, pp. 223-4).
Sappiamo per certo che ancora nel V secolo a.e. gli antichi Greci sacrificava-
no occasionalmente un pharmakos, o «capro espiatorio» (di solito un crimina-
le condannato), come atto di purificazione rituale (vedi J. Harrison, op. cit.,
pp. 102-5).
Comunque, sul fatto che questi sacrifici fossero o meno una pratica abitua-
le, i pareri sono molto discordi. Alcuni studiosi, come Elinor Gadon, pur non
sostenendo che si trattava di una pratica universale, e neppure comune, fanno
notare che nella cultura indiana di Harappa, che fiorì pressappoco dal 3000 al
1800 a.C., si praticava il sacrificio umano rituale (colloquio privato con la Ga-
don, 1986). Altri studiosi, come Nancy Jay e Mara Keller, sostengono che le
popolazioni agricole che adoravano la Dea non praticavano neanche sacrifici
cruenti di animali. Per esempio, nella nota storia biblica di Caino e Abele, Cai-
no (che rappresenta il popolo di agricoltori di Canaan) offre a Geova frutta e
cereali. Questa offerta, tuttavia, viene rifiutata da Geova, che invece accetta il
sacrificio cruento di Abele (che rappresenta gli invasori dediti alla pastorizia).
Per uno dei primi riesami di questo mito si veda E. Ceci! Curwen, Plough and
Pasture, Cobbett Press, Londra 1946. Ci sono indicazioni che a çatal Hiiyiik
non si effettuavano sacrifici cruenti di alcun tipo. Anche il culto di Demetra,
che è precedente alle invasioni indoeuropee, in origine comportava solamente
offerte di frutta e cereali (Mara Keller, op. cit.).
61. Per la formulazione di questa definizione di razionale e irrazionale, so-
no debitrice all'analisi della ragione che fa il filosofo Herbert Marcuse nel suo
One-Dimensional Man, Beacon Press, Boston 1964, pp. 236-7 (trad. it. L'uo-
mo a una dimensione, Einaudi, Torino 1999).
62. Julian Jaynes, The Origin of Consciousness in the Breakdown of the
Ricamerai Mind, Houghton Mifflin, Boston 1977 (trad. it. Il crollo della men-
te bicamerale e l'origine della coscienza, Adelphi, Milano 2002).
63. Si veda, per esempio, C.A. Newman, The Astronomica! Significance of
Stonehenge, John Blackburn, Leeds 1972. Analogamente, Mellaart sostiene
che çatal Hiiyiik possedeva «un'avanzata tecnologia nelle arti della tessitura,
162 Riane Eisler
Note
Schoken, New York 1970, p. 64 (trad. it. Il controllo delle nascite dalle origini
ad oggi, Sugar, Milano 1965).
40. Un'opera straordinaria dell'Ottocento, che mette in discussione sia la
cultura ufficiale del suo tempo che la Bibbia stessa, è Elizabeth Cady Stanton,
The Woman's Bible, ristampato in The Originai Feminist Attack on the Bible,
introduzione di Barbara Welter, Amo Press, New York 1974. Pubblicata per la
prima volta nel 1895, contro il parere di molte altre femministe, che la consi-
deravano tremendamente sacrilega, oppure poco rilevante in un'epoca laica o
illuminata, The Woman 's Bible è frutto del lavoro di diverse studiose femmini-
ste. Anche se alcune di loro cercavano di conciliare la Bibbia con le aspirazio-
ni femministe, Elizabeth Cady Stanton, forse la più illustre femminista del
XIX secolo, andò direttamente al nocciolo della questione, identificando e op-
ponendosi ai numerosi passi in cui si afferma che le donne, per decreto divino,
sono creature inferiori. Da allora, soprattutto negli anni Settanta e Ottanta,
molte donne hanno riesaminato la Bibbia, dando un importante contributo allo
studio delle religioni. Per uno sguardo generale su questa nuova ricerca, si ve-
da Gai! Graham Yates, «Spirituality and the American Feminist Experience»,
in Signs, autunno I 983, n. 9, pp. 59-72; Anne Barstow Driver, «Review Essay:
Religion», in Signs, inverno 1976, n. 2, pp. 434-42; Rosemary Ruether, «Fe-
minist Theology in the Academy», in Christianity and Crisis, 1985, n. 45, pp.
55-62. Si veda anche Caro! P. Christ e Judith Plaskow (a cura di), Womanspirit
Rising: A Feminist Reader in Religion, Harper & Row, San Francisco 1990;
Nancy Auer Falk e Rita Gross (a cura di), Unspoken Worlds, Harper & Row,
San Francisco 1980; Charlene Spretnak (a cura di) The Politics of Women 's
Spirituality, Doubleday Anchor, New York 1982; Elisabeth Schussler Fioren-
za, In Memory of Her, Crossroad, New York 1983 (trad. it. In memoria di Lei:
una ricostruzione femminista delle origini cristiane, Claudiana, Torino 1990);
Rosemary Radford Ruether (a cura di), Religion and Sexism: lmages of Wo-
men in Jewish and Christian Traditions, Simon & Schuster, New York 1974;
Mary Daly, Beyond God the Father, Beacon, Boston 1973 (trad. it. Al di là di
Dio padre. Verso una.filosofia di liberazione della donna, Editori Riuniti, Ro-
ma 1990); Susannah Herschel (a cura di), On Being a Jewish Feminist,
Schoken Books, New York 1982. Un recente ed eccellente breve saggio è Ca-
rni P. Christ, «Toward a Paradigm Shift in the Academy and in Religious Stu-
dies», in Christy Farham (a cura di), Transforming the Consciousness of the
Academy, Indiana University Press, Bloomington, Indiana 1987. Per un'affa-
scinante reinterpretazione della storia biblica di Sara, si veda Savina J. Teubal,
Sarah the Priestess: The First Matriarch of Genesis, Swallow Press, Chicago
1984.
7
La realtà capovolta
Seconda parte
stica, rileva E.O. James, completamente assente nei testi più an-
tichi. 5
Allo stesso tempo, molte delle funzioni che prima erano pre-
rogativa di divinità femminili, furono riassegnate a deità ma-
schili. Per esempio, come fa notare l'antropologa culturale
Ruby Rohrlich-Leavitt, «Quando il patrono degli scribi divenne
un dio, nei templi e nei palazzi vennero impiegati solo scribi
maschi, e la storia iniziò a essere scritta secondo un punto di vi-
sta androcentrico». 6
Ma anche se Canaan, come la Mesopotamia, già da qualche
tempo si stava avviando verso un modello sociale dominatore,
non c'è dubbio che le invasioni delle tredici tribù ebree non solo
accelerò, ma radicalizzò questo processo di trasformazione so-
ciale e ideologica. Infatti nella Bibbia soltanto è totalmente as-
sente la Dea come potenza divina.
Sesso ed economia
La morale dominatore
Note
creando nuovi ruoli, e uno dei più grandi problemi contemporanei è se quelli
più prestigiosi e rimunerativi debbano ancora essere appannaggio esclusivo
dell'uomo. Breaking Free, seguito del presente volume, analizzerà questo pro-
blema. Per una interessante discussione sulla questione della tecnologia e del-
la organizzazione sociale nella preistoria, secondo un.punto di vista pretta-
mente maschile, si veda Lewis Mumford, The Myth of the Machine: Technics
and Human Development, Harcourt, Brace & World, New York 1966 (trad. it.
Il mito della macchina, il Saggiatore, Milano 1970).
4. Vedi cap. 3, per una discussione di come una maggiore complessità tec-
nologica e sociale non porti necessariamente alla supremazia maschile, e di
come a Creta, fino a che prevalse un modello di organizzazione sociale mutua-
le, le donne conservarono le loro posizioni di potere e di dignità sociale.
5. Edwin Oliver James, The Cult of the Mother Goddess, Thames & Hud-
son, Londra 1959, p. 89. In When God Was a Woman, Harcourt Brace Jovano-
vich, New York 1976, Merlin Stone proprio a questo proposito nota quanto sia
importante distinguere le forme che il culto della Dea ha assunto prima e dopo
l'imposizione del dominio maschile. Ma sfortunatamente, in quest'opera per
altro eccellente, la Stone non distingue chiaramente questi due aspetti. Il risul-
tato è che spesso troviamo le divinità femminili venerate in epoca di dominio
maschile analizzate nello stesso contesto di quelle che rappresentavano la Dea
in precedenza, senza distinzioni tra Atena, Ishtar o Cibele (tutte divinità asso-
ciate alla guerra) e gli aspetti della Dea della preistoria, come la «Venere» gra-
vida del Paleolitico e la Grande Dea Madre di çatal Hiiyiik, che s'identificano
soprattutto con la rigenerazione della vita.
6. Ruby Rohrlich-Leavitt, Woman in Transition: Crete and Sumer, in Re-
nate Bridenthal e Claudia Koonz (a cura di), Becoming Visible, Houghton Mif-
flin, Boston 1977, p. 55. Per una eccellente raccolta di saggi scientifici sulla
più ampia questione di come le religioni successive hanno rispecchiato e per-
petrato la degradazione e la sottomissione delle donne, si veda Rosemary
Radford Ruether (a cura di), Religion and Sexism: lmages of Women in Jewish
and Christian Tradition, Simon and Schuster, New York 1974. Alcune opere
più recenti sono: Caro! P. Christ e Judith Plaskow, Womanspirit Rising: A Fe-
minist Reader in Religion, Harper & Row, San Francisco 1990; Charlene
Spretnak (a cura di), The Politics of Women 's Spirituality, Doubleday Anchor,
New York 1982; e Mary Daly, Gyn/Ecology: the Metaethics of Radical Femi-
nism, Tue Women's Press, Londra 1991. Si veda anche Riane Eisler, «Our Lo-
st Heritage: New Facts on How God Became a Man», in The Humanist, mag-
gio-giugno 1985, n. 45, pp. 26-8.
7. Raphael Patai, The Hebrew Goddess, Avon, New York 1978, pp. 12-3.
Nella stessa Bibbia si dice che il tempio di Salomone veniva usato per adorare
dèi e dee diversi da Geova.
8. lbid., pp. 48-50. Nonostante i numerosi dati sulla nostra eredità religio-
sa ginecentrica che la sua opera riporta, l'interpretazione di Patai si colloca per
lo più nel paradigma dominatore. Per un approccio differente, da un punto di
vista femminista, si veda Caro! P. Christ, «Heretics and Outsiders: Tue Strug-
gle over Female Power in Western Religion», in Soundings, autunno 1978, n.
61, pp. 260-80.
La realtà capovolta. Seconda parte 203
9. Si veda, per esempio, Geremia, 44:17. When God Was a Woman, cit.,
della Stone contiene un'eccellente analisi di questo punto. Si veda anche Eli-
zabeth Gould Davis, The First Sex, Penguin Books, New York 1971, che con-
tiene una interessante documentazione sull'enorme forza che aveva il culto
della Dea, non solo tra le donne, ma anche fra gli uomini, fino in epoca medie-
vale. Per esempio, la Davis cita le lettere di Cirillo, dove si legge che nel V se-
colo d.C., alla notizia che da quel momento la Chiesa avrebbe permesso «il
culto della Vergine Maria come Madre di Dio», la gente di Efeso si mise a bal-
lare per le strade (p. 246).
l O. Per una interessante analisi della etimologia della parola ebraica che
significa deità, Elohim, si veda S.L. MacGregor Mathers, The Kabbalah Un-
veiled, Routledge & Kegan Paul, Londra 1981, discussa in June Singer, An-
drogyny, Anchor Books, New York 1977, p. 84 (trad. it. Androginia: verso una
nuova teoria della sessualità, La salamandra, Milano 1984). Mathers non solo
fa notare che Elohim è il nome di genere femminile della deità, con una termi-
nazione maschile, ma che la parola ebraica Ruach (Spirito Santo) è femminile,
come lo è, naturalmente, Hochma (Saggezza), tutti antichi appellativi della
Dea.
11. Per una analisi esauriente di come i miti e i simboli più antichi siano
stati «presi e capovolti, contorti, distorti» (p. 75), si veda M. Daly, op. cit., in
particolare il cap. 2. Un aspetto estremamente interessante di questa e altre
analisi dell'argomento è come, attraverso itinerari indipendenti, molti studiosi
siano giunti alla stessa conclusione: l'opera di ri-mitizzazione dominatore è
stata così efficace, che le profezie di Orwell in 1984 sono «descrizioni di ciò
che è già accaduto». Non solo è stata cancellata la nostra preistoria, e con essa
la Dea; la mutilazione del pensiero ottenuta grazie alla espurgazione dalla no-
stra lingua delle parole sessualmente ugualitarie ha reso impossibile «seguire
un pensiero eretico oltre il punto in cui si capiva che esso era eretico». Come
in 1984, le parole necessarie non esistono più (M. Daly, op. cit., pp. 330-1;
George Orwell, 1984, New American Library, New York 1971, p. 252, origi-
nariamente pubblicato come Nineteen Eighty Four, Gollancz, Londra 1949,
trad. it. 1984, Mondadori, Milano, 18" ed. 1950). Per dei tentativi precedenti,
non femministi, di decifrare miti classici e religiosi che, in forma distorta, ri-
salgono a un periodo pre-dominatore, si veda, per esempio, Robert Briffault,
The Mothers, Johnson Reprint, New York 1969; Jane Harrison, Prolegomena
to the Study of Greek Religion, Merlin Press, Londra 1903, 1962; M. Esther
Harding, Woman 's Mysteries, Putnarn, New York 1971 (trad. it. 1 misteri della
donna, Astrolabio, Roma 1973); Erich Neumann, The Great Mother, Prince-
ton University Press, Princeton, N.J. 1955 (trad. it. La Grande Madre. Feno-
menologia delle configurazioni femminili dell'inconscio, Longanesi, Milano
1990); Robert Graves, The White Goddess, Vintage Books, New York 1958
(trad. it. La dea bianca, Adelphi, Milano 2003); Helen Diner, Mothers and
Amazons, Julian Press, New York 1971; Sir James Frazer, The Golden Bough,
MacMillan, New York 1922 (trad. it. ll ramo d'oro, Boringhieri, Torino 1998);
J.J. Bachofen, 1l Matriarcato. Ricerca sulla ginocrazia nel mondo antico, nei
suoi aspetti religiosi e giuridici (trad. it. Einaudi, Torino 1988). Il termine
mother-right (diritto materno), anche se talvolta viene usato in una diversa ac-
204 Riane Eisler
La Grecia antica
Ma le dee sono ancora potenti, a volte più degli dèi. Nei Misteri
Eleusini, che si celebravano annualmente a Eleusi, a pochi chi-
lometri da Atene, è facile riconoscere le stesse radici culturali.
Qui la Dea, nel suo duplice aspetto di Kore e Demetra, conti-
nuava a rivelare agli iniziati religiosi le più alte verità mistiche.
E ancor oggi possiamo vedere, in un sigillo d'oro della Beozia e
in un dipinto su vaso di Tebe, come in questi riti l'antico vaso
femminile, il Calice, o sacra fonte, fosse l'immagine centrale. 32
Si ravvisano gli elementi gilanici e androcratici della società
greca anche nella situazione paradossale delle donne ateniesi,
che, nonostante le forti restrizioni legali e sociali, era, almeno
per alcune, notevolmente migliore, rispetto alla condizione delle
donne nelle teocrazie mediorientali. Infatti, proprio perché ad
Atene le donne erano meno sottomesse, ci sono indizi che nella
città ci potesse essere qualcosa di simile a un «movimento fem-
minista».
È vero che, come gli schiavi d'ambo i sessi, tutte le donne
erano escluse dalla tanto celebrata democrazia ateniese. La sto-
ria riferita da Agostino che le donne di Atene persero il diritto di
voto nel momento in cui ci fu un passaggio dalla matrilinearità
alla patrilinearità, indica che l'imposizione dell' androcrazia se-
gnò la fine della vera democrazia. 33 Inoltre, in epoca classica, la
maggior parte delle donne di classe elevata era costretta a vivere
nella prigionia malsana e avvilente del gineceo, gli alloggi delle
donne. Ma ci sono anche prove che, sempre ad Atene - che,
scrive la storica culturale Jacquetta Hawkes, tra tutte le città-
Stato greche era quella in cui «la posizione della donna era la
peggiore (o soltanto quella in cui ci si lagnava di più?)» - alcune
donne svolgessero mansioni importanti nella vita pubblica e in-
tellettuale.34 Per esempio, Aspasia, la compagna di Pericle, lavo-
rava sia come studiosa che come statista, perorando l'istruzione
delle massaie ateniesi e, in generale, contribuendo a creare la
notevole cultura civica che gli storici chiamano «Età d'oro di
Pericle». 35
Anche se la tanto lodata educazione ateniese era abitualmen-
I.:altra metà della storia. Prima parte 221
Note
Gesù e la gilania
Le Scritture nascoste
Le eresie gilaniche
come è possibile che una simile dottrina sia stata usata per giu-
stificare tutte le torture, le conquiste e i massacri perpetrati da
devoti cristiani contro gli altri, e contro se stessi, che costitui-
scono gran parte della storia occidentale?
Perché, alla fine, nel mondo occidentale ci fu un imprevedi-
bile e drammatico mutamento dei sistemi. Dal caos della disgre-
gazione del mondo classico di Roma, prese forma una nuova
era. Quello che era iniziato come un piccolo culto misterico di-
ventò la nuova religione dell'Occidente. Ma, nonostante il suo
messaggio fosse costantemente volto alla trasformazione sia del
sé che della società, invece di cambiare quest'ultima, l' «invaso-
re periferico» fu a sua volta trasformato. Come capitò a molte
religioni del passato, e a quasi tutte quelle successive, il cristia-
nesimo divenne una religione androcratica. L'Impero romano fu
sostituito dal Sacro romano Impero.
Già nel 200 d.C., in questo caso esemplare di spiritualità ca-
povolta, il cristianesimo era ben avviato a diventare quel tipo di
sistema gerarchico e basato sulla violenza contro cui Gesù si era
ribellato. E dopo la conversione dell'imperatore Costantino, il
cristianesimo diventò un potere ufficiale, vale a dire, un servo
dello Stato. Come scrive la Pagels, «quando nel IV secolo il cri-
stianesimo divenne la religione uffi~iale, i vescovi cristiani, in
precedenza vittime della polizia, cominciarono a comandarla». 33
Le storie cristiane narrano che nel 312 d.C., il giorno prima
di sconfiggere e uccidere il suo rivale Massenzio e di essere in-
coronato imperatore, Costantino vide nel sole al tramonto una
visione mandata da Dio: una croce con l'iscrizione in hoc signo
vietar seris (in questo segno vincerai). Ciò che gli studiosi cri-
stiani di storia solitamente non riferiscono è che pare anche che
il primo imperatore cristiano abbia fatto bollire viva la moglie
Fausta e ordinato l'assassinio del figlio Crispo. 34 Ma il bagno di
sangue e la repressione che accompagnarono la cristianizzazio-
ne dell'Europa non si limitarono alle vicende private di Costan-
tino. E neppure si ridussero ai suoi atti pubblici e a quelli dei
suoi successori cristiani, come i successivi editti che dichiarava-
L'altra metà della storia. Seconda parte 247
Note
l. Leonard Swidler, «Jesus Was a Feminist», in The Catholic World, gen-
naio 1971, pp. 177-83.
2. Si veda, per esempio, Giovanni, 20: 1-18.
3. Intervista al professor S. Scott Bartchy, «Tracing the Roots of Christia-
nity», in The VCIA Monthly, novembre-dicembre 1980, n. 11, p. 5.
4. Si veda, per esempio, Elisabeth Schussler Fiorenza, «Women in the
Early Christian Movement», in Carol P. Christ e Judith Plaskow (a cura di),
Womanspirit Rising: A Feminist Reader in Religion, Harper & Row, New York
1979, pp. 91-2; Elise Boulding, The Underside of History, Westview Press,
Boulder, CO. 1976, pp. 359-60; tra gli studi sul Nuovo Testamento secondo
una prospettiva femminista è fondamentale In Memory of Her della Fiorenza
(Crossroad, New York 1983; trad. it. In memoria di Lei: una ricostruzione
femminista delle origini cristiane, Claudiana, Torino 1990).
5. James Robinson (a cura di), The Nag Hammadi Library, Harper & Row,
San Francisco 1990. Ciò non significa assolutamente che questi antichi Van-
geli cristiani non siano documenti androcratici. E difficile stabilire fino a che
punto ciò sia dovuto alle numerose traduzioni cui sono stati sottoposti. Per
esempio, l'ultima traduzione dal copto all'inglese è stata eseguita a cura del
Coptic Gnostic Library Project, dello Institute of Antiquity and Christianity.
Ma le immagini prevalenti del linguaggio rivelano chiaramente che si tratta di
documenti scritti in un'epoca in cui gli uomini e le concezioni maschili della
divinità erano già dominanti. Tuttavia, è fuori discussione che una delle princi-
pali eresie di questi Vangeli sia la frequente presenza in essi di un ritorno alla
concezione pre-androcratica dei poteri che governano l'universo in forma
femminile, con riferimenti ai poteri creativi e alla saggezza della Madre. (Si
veda, per esempio, Vangelo di Tommaso, p. 129; Vangelo di Filippo, pp. 136-
42; L'ipostasi degli Arconti, La Sofia di Gesù Cristo, p. 206; Il tuono, mente
perfetta, p. 271; Il secondo trattato del grande Seth, p. 330.) Forse l'eresia più
notevole, che accomuna questi Vangeli, tra loro piuttosto diversi (poiché attin-
gono da una varietà di tradizioni filosofiche e religiose), è la sfida al dogma
che la gerarchizzazione sia voluta da Dio. A parte temi gilanici come la rap-
presentazione simbolica femminile del potere divino, e i riferimenti a Maria
Maddalena come compagna prediletta e più fidata di Gesù, in questi Vangeli
troviamo soprattutto il rifiuto totale del concetto che la gnosis, la conoscenza
spirituale, possa essere ottenuta soltanto per il tramite della gerarchia ecclesia-
stica, papi, vescovi e preti, ciò che divenne, ed è tuttora, la caratteristica del-
1' ortodossia cristiana.
6. Elaine Pagels, The Gnostic Gospels, Random House, New York 1979,
p. XIX (trad. it. I Vangeli gnostici, Mondadori, Milano 2005).
I.:altra metà della storia. Seconda parte 251
35. Si veda H.G. Wells, op. cit., pp. 522-6; E. Gould Davis, op. cit., cap.
14; G. Rattray Taylor, Sex in History, Ballantine, New York 1954.
36. E. Pagels, op. cit., p. 69.
37. lbid., p. 57 (il corsivo è mio).
38. Si veda, per esempio, New Columbia Encyclopedia, cit., p. 6 I; E.
Gould Davis, op. cit., p. 420.
39. New Columbia Encyclopedia, cit., pp. 705, 1302; E. Gould Davis, op.
cit., p. 420.
40. E. Pagels, op. cit., p. 68.
41. Will e Ariel Durant, The History of Civilization, Simon & Schuster,
New York, voi. 4, The Age of Faith, p. 843.
10
I modelli del passato:
gilania e storia
La storia si ripete
mente il loro era un ruolo assai diverso. Non essendo state edu-
cate alla durezza, all'aggressività e alla violenza, la vita, le azio-
ni e le idee delle donne erano peculiarmente più «dolci», vale a
dire, meno violente e più compassionevoli e gentili. Per esem-
pio, come fa notare la Beard, «una delle prime, forse la prima, a
opporsi alla innodìa della guerra, dell'odio e della vendetta resa
immortale da Omero, fu, con la sua poesia, una donna eolica,
che la sua gente chiamava Saffa, ma che fu poi universalmente
conosciuta con il nome di Saffo».53
Questa intuizione si trova anche in un'altra opera all' avan-
guardia, che descrive il ruolo della donna nella storia: The First
Sex di Elizabeth Gould Davis. 54 Come altri libri di donne che
cercavano di rivedere il proprio passato senza l'aiuto di istitu-
zioni o dotti colleghi, il libro della Davis è stato accusato di in-
dulgere in voli della fantasia stravaganti, se non addirittura eso-
terici. Ma, nonostante le loro pecche, e forse proprio perché
non si conformano alle consuete tradizioni erudite, libri come
questo prefigurano intuitivamente uno studio della storia che si
focalizzerà sulla condizione della donna e sui cosiddetti valori
femminili.
Il libro della Davis, al pari di quello della Beard, restituisce
alle donne il ruolo che era stato cancellato dagli storici andro-
cratici. Il saggio inoltre fornisce dati che consentono di consta-
tare il collegamento tra la repressione delle donne e quella dei
valori femminili in momenti storici critici. Per esempio, la Da-
vis contrappone l'età elisabettiana alla successiva regressione
puritana, caratterizzata da virulente misure di repressione delle
donne, tra cui la messa al rogo delle «streghe».
Ma è soprattutto nelle opere delle più rigorose storiche e so-
ciologhe contemporanee che possiamo trovare i dati necessari a
concretizzare e sviluppare una nuova teoria olistica della tra-
sformazione e della alternanza gilanico/androcratica. Si tratta
dei lavori di donne quali Renate Bridenthal, Gerda Lerner, Do-
rothy Dinnerstein, Eleanor Leacock, JoAnn McN amara, Donna
Haraway, Nancy Cott, Elizabeth Pleck, Carroll Smith-Rosen-
I modelli del passato: gilania e storia 273
L'ethos femminile
Il capolinea
Note
1. Ilya Prigogine e Isabel Stengers, Order Out of Chaos, Bantam, New
York 1984 (trad. it. le leggi del caos, Laterza, Roma-Bari 2003); Edward Lo-
renz, «Irregularity: A Fundamental Property of the Atmosphere», in Tellus,
1984, n. 36 A, pp. 98-11 O; Ralph Abraham e Christopher Shaw, Dynamics:
The Geometry of Behavior, Aerial Press, Santa Cruz, CA 1989.
2. I. Prigogine e I. Stengers, op. cit., pp. 169-70.
3. R. Abraham e C. Shaw, op. cit.
4. lbid.
5. I. Prigogine e I. Stengers, op. cit., pp. 189-90.
6. lbid., citazioni (nell'ordine) dalle pp. 187, 176-7.
7. Per le teorie cicliche della storia e dell'economia si veda, per esempio
Walter Kaufman, Hegel: A Reinterpretation, Doubleday, Garden City, NY
1965; Oswald Spengler, The Decline of the West, Knopf, New York 1926-1928
(trad. it. Il tramonto dell'Occidente, Guanda, Parma 2002); Pitirim Sorokin,
The Crisis of Our Time, Dutton, New York 1941; R. Hamil, «Is the Wave of
I modelli del passato: gilania e storia 281
nali di queste donne, per esempio, l'aria fresca e i bagni, che i nuovi medici
educati dalla Chiesa dichiararono dannosi. Li sostituirono invece con «rimedi
eroici» quali i salassi, le applicazioni di sanguisughe e le prescrizioni di pur-
ghe velenose. Queste «cure» venivano prescritte dai medici ancora nel XIX se-
colo.
22. Un tema dominante del Malleus Maleficarum è che il diavolo agisce
mediante la femmina, come già fece nel Paradiso terrestre. Si dichiara che
«ogni stregoneria deriva dalla lussuria carnale, che nelle donne è insaziabile»,
e si prosegue dicendo che «non stupisce che si trovino più donne che uomini
contagiati dall'eresia della stregoneria[ ... ] e sia benedetto l'Altissimo, che ha
fin qui risparmiato al sesso maschile un crimine tanto grave» (citato in B. Eh-
renreich e D. English, op. cit., p. IO). La prima opera a proporre l'idea che la
«stregoneria» rappresentasse in parte ciò che rimaneva della religione precri-
stiana è stata Alice Murray, The Witch-Cult in Western Europe, Oxford Uni-
versity Press, Londra 1921 (trad. it. Le streghe nell'Europa occidentale, Gar-
zanti, Milano 1978). Questa analisi, che ora viene accettata più diffusamente,
è in parte alla base anche di Jules Michelet, Satanism and Witchcraft, Citadel
Press, New York 1970 (trad. it. La strega, Rizzoli, Milano 1995). Per scritti
femministi più recenti sulle persecuzioni delle streghe come sistemi di repres-
sione della donna, si veda, per esempio, Elizabeth Gould Davis, The First Sex,
Penguin Books, New York 1971, cap. 18; Mary Daly, Gyn/Ecology: The Me-
taethics of Radical Feminism, The Women's Press, Londra 1991. Alcune ope-
re che danno una nuova interpretazione della religione naturale delle streghe
(Wicca) e delle loro capacità di guaritrici e levatrici, sono Starhawk, Dreaming
the Dark: Magie, Sex, and Politics, Beacon, Boston 1982; Margot Adler,
Drawing Down the Moon: Witches, Druids, Goddess Worshippers and Other
Pagans in America Today, Beacon, Boston 1981; Starhawk, The Spirai Dance,
Harper & Row, New York 1979.
23. G. Rattray Taylor, op. cit., p. 77.
24. lbid, p. 126
25. lbid., pp. 99-103. Poiché consideravano le donne come esseri umani a
pieno titolo, l'amicizia, ovvero il legame non-sessuale tra i sessi, era un capo-
saldo dei catari. Una conseguenza paradossale fu che !'«amore casto», l'aga-
pe, fu aspramente criticato dalla Chiesa ufficiale. Questi «eretici», che, se-
guendo gli insegnamenti del Cristo si proclamavano Chiesa dell'Amore,
venivano accusati di ogni sorta di perversioni sessuali, e di volere sterminare
l'umanità, rifiutando la procreazione.
26. lbid., p. 125.
27. lbid., p. 151.
28. Tra le studiose femministe è in atto un annoso dibattito sull'interroga-
tivo che pone l'articolo di Joan Kelly-Gadol, se le donne abbiano mai cono-
sciuto un Rinascimento (J. Kelly-Gadol, «Did Women Have a Renaissance?»,
in Renate Bridenthal e Claudia Koonz (a cura di), Becoming Visible, Houghton
Mifflin, Boston 1987). La prima scuola di pensiero Burckhardt-Beard vedeva
dei miglioramenti per le donne nel Rinascimento italiano (Mary Beard, Wo-
man as a Force in History, McMillan, New York 1946, p. 272). Ruth Kelso e
Joan Kelly-Gadol sostengono invece che le donne in realtà persero terreno, e
I modelli del passato: gilania e storia 283
che la loro condizione era di gran lunga migliore durante il periodo feudale.
Sicuramente alcune donne delle classi dominanti feudali, come Eleonora d' A-
quitania e sua figlia, Maria di Champagne, godevano di una certa indipenden-
za (anche se Eleonora fu imprigionata per diversi anni dal marito), ed esercita-
rono una forte influenza nello sviluppo e nella diffusione dell'ideale
trovadorico, secondo cui la donna andava venerata e non avvilita. Ma, come
hanno fatto notare E. William Monter e altri, la questione se le donne abbiano
effettivamente ottenuto qualche miglioramento sociale e legale durante il Me-
dioevo è molto controversa (si veda, per esempio, E. William Monter, «The
Pedestal and the Stake», in R. Bridenthal e C. Koonz, op. cit., p. 125). Simil-
mente, durante il Rinascimento italiano, sebbene scrittori normativi come il
Castiglione abbiano perorato la parità d'istruzione per le donne, si siano oppo-
sti alla concezione borghese del ruolo esclusivamente domestico della donna,
e in qualche modo abbiano criticato la disparità sessuale, come fa notare la
Kelly-Gadol, tranne qualche eccezione illustre, per esempio Caterina Sforza,
la signora rinascimentale difficilmente era un soggetto politico ed economico
indipendente. In altre parole, in nessun periodo troviamo mutamenti fonda-
mentali della condizione di sottomissione delle donne agli uomini. Ciò che no-
tiamo sono invece valori umanistici più «femminili», che lottano per emergere
sia durante il periodo feudale dei trovatori sia nel Rinascimento. Vediamo an-
che l'estendersi di alcuni diritti e possibilità per le donne, o, quantomeno, al-
cune sfide dirette alla loro sottomissione agli uomini (come quella alla schia-
vitù sessuale e al maltrattamento della donna). Esempi sono l'idealizzazione e
la celebrazione dell'indipendenza sessuale delle donne compiuta dai trovatori,
e l'ideale rinascimentale d'istruzione paritaria. Ma, alla fine, ciò che constatia-
mo è il fallimento del tentativo gilanico di rovesciare il ben radicato ordine an-
drocratico, sia esso feudale o statalista, del XIII o del XV secolo. Notiamo an-
che che questo continuo conflitto gilanico/androcratico, che periodicamente si
riaccende, è tuttora in corso.
29. G. Rattray Taylor, op. cit., p. 126. Storicamente la violenta restaurazio-
ne del dominio androcratico è stata particolarmente intensa ogniqualvolta si è
verificata un'alterazione del modello dei rapporti umani maschio-dominato-
re/femmina-dominato, che è il collante dell'androcrazia. In altre parole, se si
voleva conservare il carattere androcratico del sistema, non si poteva permette-
re ai tentativi storici di elevare la condizione della donna (e con essa i valori
«femminili») di spingersi oltre un certo limite. Quindi bisognava evitare a
ogni costo qualsiasi alterazione sostanziale della posizione succube delle don-
ne. Ciò non significa che la resistenza androcratica non fosse presente fin da
principio, in ogni periodo di crescita gilanica. Ovviamente Io era. Ma nell'al-
ternanza tra periodi più androcratici e periodi più gilanici constatiamo ripetu-
tamente che alla crescita gilanica corrisponde una resistenza androcratica, con
il risultato finale di un periodo, anche se breve, di dominio androcratico addi-
rittura più repressivo. Per esempio, la Riforma protestante, con la sua ribellio-
ne contro l'autorità assoluta dei Padri della Chiesa e contro l'abolizione dei
rapporti sessuali tra uomo e donna propugnata dall'ideale della castità sacer-
dotale, per un certo tempo sembrò promettere un certo miglioramento della
condizione della donna. Alcuni umanisti cattolici e progressisti come Erasmo
284 Riane Eisler
* Il termine inglese mankind significa sia «genere umano» che «sesso ma-
schile». (N.d. T.)
Liberazione: la trasformazione incompleta 295
Le ideologie laiche
* Il culto Baha'i, fondato in Iran nel XIX secolo da Bahaullah Mirza Ho-
sein Ali Nuri, propone una forma d'islamismo moderato ed ecumenista. La
setta ha subìto persecuzioni fin dalla sua nascita. (N.d. T.)
304 Riane Eisler
Avanti o indietro?
Note
I problemi insolubili
La soluzione totalitaria
Note
1. Norbert Wiener, The Human Use of Human Beings, Avon, New York
1950, 1967 (trad. it. Introduzione alla cibernetica, Boringhieri, Torino 2001).
Si vedano in particolare i capp. 2-3.
2. Come scrive Wiener, secondo la sua prospettiva dei sistemi: «Per la ci-
bernetica la struttura della macchina o dell'organismo indica la prestazione
che da essa ci si può attendere [... ] Per una società umana è assolutamente na-
turale basarsi sull'apprendimento, così come per una società di formiche è na-
turale basarsi su modelli ereditari» (ibid., pp. 79, 81). O, come ha ampiamente
Il crollo dell'evoluzione: un futuro dominatore 331
ficilmente ottengono prestiti», «si dedicano in prevalenza alle attività meno re-
tribuite» e tuttora «guadagnano tre quarti in meno della paga degli uomini che
fanno lavori analoghi» (p. I).
30. Ormai è largamente provato che le donne non solo rappresentano la
maggioranza dei poveri del mondo, ma anche quella degli affamati. Questa ve-
rità è in realtà riconosciuta implicitamente da molto tempo, come, per esem-
pio, nell'appello di Hugh Down all'UNICEF del gennaio 1981, in cui si dice
che «in Etiopia la maggioranza dei cinque milioni di vittime della siccità e
della guerra civile sono madri e bambini».
31. Si veda, per esempio, June Turner (a cura di), Latin American Women:
The Meek Speak Out, International Educational Development, Silver Springs,
MD 1981; e P. Huston, op. cit.
32. Per esempio nel 19821' Agenzia per lo Sviluppo Internazionale (AID)
ha investito solo il quattro per cento dei suoi aiuti per lo sviluppo in program-
mi a favore delle donne (Ruth Sivard, Women ... A World Survey, 1985, World
Priorities, Washington, D.C., p. 17.
33. Si veda, per esempio, Barbara Bergmann, «The Share of Women and
Men in the Economie Support of Children», in Human Rights Quarterly, pri-
mavera 1981, n. 3, sulla povertà causata dall'abitudine degli uomini di non pa-
gare gli alimenti per i figli.
34. Si veda, per esempio, Law and the Status of Women: an lntemational
Symposium, U.N. Centre for Socia! Development & Humanitarian Affairs,
New York 1977, per dati specifici su come, secondo i codici legali tradizionali
e moderni, in molte società africane l'uomo non è obbligato, legalmente o in
altro modo, a prendersi cura della moglie e dei figli. Si veda anche l'intervista
a Fran Hosken, direttrice di Women 's lntemational News, che discute questo
problema in Riane Eisler e David Loye, «Fran Hosken: Global Humanita-
rian», in The Humanist, settembre-ottobre 1982.
35. Si veda, per esempio, State of the World's Women 1985; Review and
Appraisal: Health and Nutrition, World Conference to Review and Appraise
the Achievements of the U.N. Decade of the Women, NConf. 116/5/Add. 3;
B. Rogers, op. cit.; R. Sivard, Women ... a World Survey, cit.
36. lbid., p. 25.
37. Jacques Ellul, The Technological Society, Knopf, New York 1964.
38. Si veda, per esempio, Herman Kahn e Anthony Weiner, The Year
2000, MacMillan, New York 1967, p. 189.
39. Si veda, per esempio, Hannah Arendt, The Origins of Totalitarianism,
Meridian Books, New York 1958 (trad. it. Le origini del totalitarismo, Edizio-
ni di Comunità, Milano 1997); Robert A. Brady, The Spirit and Structure of
German Fascism, Citadel Press, New York 1971; Ernst Nolte, Three Faces of
Fascism, Weidenfeld e Nicolson, Londra 1965; George Mosse, Nazi Culture,
Tue University of Wisconsin Press, Madison 2003.
40. Lewis Mumford, The Myth of the Machine: Technics and Human De-
velopment, Harcourt, Brace, & World, New York 1966.
41. L'analisi del carattere androcratico della Germania di Hitler e della
Russia di Stalin verrà sviluppata in Riane Eisler e David Loye, Breaking Free.
42. Per una vivace descrizione di questi avvenimenti medievali, si veda
Il crollo dell'evoluzione: un futuro dominatore 335
Marion Meade, Eleanor of Aquitane, Hawthom Books, New York 1977. Una
interessante caratteristica. comune alle orocessioni medievali e alle oarate na-
ziste, è che entrambe duravano per ore e ore, e usavano canti ripetitivi per sfi-
nire la gente, rendendola così più suggestionabile.
43. Alburey Castell, An lntroduction to Modern Philosophy, McMillan,
New York 1946, p. 357.
44. Claudia Koonz, «Mothers in the Fatherland: Women in Nazi Ger-
many», in Renate Bridenthal e Claudia Koonz (a cura di), Becoming Visible,
cit., p. 469.
45. Studiosi come Cari Jung, Lewis Mumford, Robert Graves e Mircea
Eliade, hanno rivelato il bisogno di equilibrare le nostre percezioni «intuitive»
e «razionali». Più recentemente in The Psychology of Consciousness, Robert
Omstein ha cercato di comprendere e riconciliare questi due tipi di percezio-
ne. Egli nota che il tipo intuitivo è di solito sottovalutato, essendo di natura più
«femminile», e dunque inferiore (The Psychology of Consciousness, Freeman,
San Francisco 1972, p. 51; trad. it. La psicologia della coscienza, Franco An-
geli, Milano 1978). Una delle più forti argomentazioni a favore della necessità
di quello che egli definisce il «ricupero della coscienza partecipe» viene pro-
dotta da Morris Bennan in The Reenchantment of the World, Comell Univer-
sity Press, Ithaca, N.Y. 1981, che nota che femminismo, ecologia e rinnova-
mento spirituale, che apparentemente non hanno nulla in comune,
politicamente, sembrano convergere verso un fine comune. Si veda anche Gre-
gory Bateson, Steps to an Ecology of Mind, Ballantine, New York 1972 (trad.
it. Verso un 'ecologia della mente, Adelphi, Milano 2004), un altro importante
lavoro sulla necessità di una concezione più olistica, che non sottovaluti il no-
stro lato «femminile», più intuitivo e sognatore.
13
Il balzo in avanti dell'evoluzione:
verso un futuro mutuale
Trasformazione
Note
1. Frank Herbert, Dune, Chilton, Filadelfia 1965 (trad. it. La rifondazione,
Sperling & Kupfer, Milano 2000).
2. Charlotte Gilman, Herland, Pantheon Books, New York 1979 (ristam-
pa) (trad. it. Terra di lei, La Tartaruga, Milano 1980).
3. Per esempio, E.O. Wilson descrive il «comportamento aggressivo» co-
me una «forma di tecnica competitiva» dell'evoluzione, e cita le colonie di
formiche, che definisce «notoriamente in competizione reciproca». Si veda
E.O. Wilson, Sociobiology: The New Synthesis, Harvard University Press,
Cambridge I 975, p. 244 (trad. it. Sociobiologia: la nuova sintesi, Zanichelli,
Bologna 1983). Egli utilizza le società d'insetti per dimostrare la teoria della
«selezione intra-sessuale», che secondo lo scienziato «si basa sulla esclusione
aggressiva all'interno del sesso corteggiatore», e afferma che in alcune specie
di scarafaggi c'è un «violento machismo» (p. 320). Wilson prosegue poi con
alcuni esempi di violento dominio maschile tra gli insetti, per esempio nella
mosca gialla del letame, il cui maschio immobilizza con la forza la femmina
per lunghi periodi di tempo, per evitare che la montino i maschi rivali (pp.
321-4). In alcuni suoi scritti Wilson dà molta importanza alla distinzione tra il
comportamento degli insetti e quello umano. Per esempio, egli scrive che «la
zanzara è un automa», in cui «una sequenza di comportamenti rigidi, program-
mati dai geni» deve «fin dalla nascita manifestarsi rapidamente e invariabil-
mente», mentre «più che specificare una singola caratteristica, i geni umani re-
golano una capacità di sviluppare una serie di caratteristiche» (E.O. Wilson,
On Human Nature, Harvard University Press, Cambridge 1978, p. 56; trad. it.
Sulla natura umana, Zanichelli, Bologna 1980; corsivo nell'originale). Ma il
significato complessivo di ciò che afferma Wilson è molto chiaro, e non è dif-
ficile capire perché egli venga tanto spesso citato per dimostrare i concetti del-
l'inevitabilità dell'aggressività e del dominio maschile. Per esempio, per spie-
gare la sua teoria evoluzionista dell' «investimento paterno», Wilson scrive che
«siccome i maschi investono relativamente poco in ogni tentativo di accoppia-
mento [... ] conviene loro raggruppare il maggior numero possibile d'investi-
menti femminili», cosa che presumibilmente solo i maschi più aggressivi rie-
scono a fare, eliminando così i geni dei maschi «inferiori» (Sociobiology, cit.,
pp. 324-5). Egli descrive di nuovo la teoria sociobiologica per cui l'evoluzione
privilegia l'aggressività maschile con un esperimento prediletto dai sociobio-
logi: l'esperimento di Bateman del 1948, sull'accoppiamento di dieci Dro-
sophilae melanogaster, una razza di mosche (p. 325). Segue poi una discussio-
ne in cui si afferma che gli animali sono sostanzialmente poligami, perché
l'accoppiamento dei maschi «più forti» con più di una femmina dà un vantag-
gio evolutivo all'intera specie (p. 327). Altrove Wilson sostiene che «i vantag-
gi riproduttivi conferiti dal predominio» valgono anche per la nostra specie.
Per convalidare questa tesi egli cita un solo esempio: gli indiani Yanomana del
Brasile, una tribù estremamente bellicosa, rigidamente a dominio maschile,
che pratica l'infanticidio femminile. Qui «i maschi politicamente dominanti
generano un'incredibile quantità di figli». E, riferisce Wilson, l'impressione
degli antropologi nel descrivere quella che definiscono una sorta di «selezione
364 Riane Eisler
naturale» è che «gli indiani poligami, specialmente i capi, tendono a essere più
intelligenti dei non-poligami». Su questa base, Wilson fa intendere che la sua
ipotesi di «vantaggio del predominio nella competizione riproduttiva» si basa
su prove «convincenti».
4. Si veda, per esempio, Vilmos Csanyi, Generai Theory of Evolution,
Akademiai Kiado, Budapest 1982; Ervin Laszlo, Evolution: The Grand
Synthesis, New Science Library, Boston 1987; Niles Eldredge, Time Frames,
Simon & Schuster, New York 1985 (trad. it. Strutture del tempo, Hopefulmon-
ster, Firenze 1991). Come ha sintetizzato Margaret Mead, «Lungo tutto il cor-
so dell'evoluzione cosmica e biologica ci sono state opzioni e punti critici. Se
si considera attentamente il processo evolutivo, nulla indica che esso dovesse
imboccare il corso attuale. Poteva prenderne mille altri» (Our Open Ended Fu-
ture, The Next Billion Years, Lecture Series, UCLA, 1973).
5. Sherwood Washburn, «Tools and Human Evolution», in Scientific
American, settembre 1960, n. 203, p. 62.
6. Ilya Prigogine e !sabei Stengers, Order Out of Chaos, Bantam, New
York 1984, in particolare pp. 160-76 (trad. it. Le leggi del caos, Laterza, Ro-
ma-Bari 2003); N. Eldredge, op. cit., p. 189.
7. Ervin Laszlo, «The Crociai Epoch», in Futures, febbraio 1985, n. 17,
p. 16.
8. Jonas Salk, Anatomy of Reality, Columbia University Press, New York
1983, pp. 12-5.
9. Si veda, per esempio, Marija Gimbutas, The Goddesses and Gods of
Old Europe, 6500-3500 B. C., University of California Press, Berkeley and Los
Angeles 1982, p. 91.
10. Durante le Crociate e l'Inquisizione, la croce tornò a essere associata
alla tortura e all'assassinio. Essa viene ancora usata negli Stati Uniti dal Ku
Klux Klan come orrendo simbolo di oppressione e di morte.
11. Si veda, per esempio, Liberty, novembre-dicembre 1985, n. 80, p. 4,
ove si cita il presidente Reagan, che in almeno undici occasioni ha suggerito
l'idea che la fine del mondo sia prossima, un'affermazione rassicurante, consi-
derato che chi la fa è un uomo che può scatenarla.
12. Questa rimitizzazione è contrastata anche da una regressione globale
nel «fondamentalismo», una parola chiave della mitologia religiosa androcra-
tica. Questa regressione è così forte proprio a causa della fortissima tendenza
mondiale a creare nuovi miti e a reinterpretare quelli vecchi in modo maggior-
mente gilanico.
13. Esiste anche un nuovo genere contemporaneo di arte della Dea. Si ve-
da, per esempio, Gloria Orenstein, Female Creation: The Quest for the Great
Mythic Mother, conferenza con proiezioni; e Gloria Orenstein, Artist as a Sha-
man, mostra d'arte alla Women's Building Gallery, Los Angeles, California,
4-28 novembre 1985.
14. È significativo anche che la nascita del movimento ecologista si faccia
spesso risalire alla pubblicazione di un libro scritto da una donna: The Silent
Spring di Rachel Carson (Houghton Miftlin, Boston 1962; trad. it. Primavera
silenziosa, Feltrinelli, Milano 1999). Come scrisse James Udall, già segretario
Il balzo in avanti del!' evoluzione: verso un futuro mutuale 365
agli Interni degli Stati Uniti, «Una grande donna ha risvegliato la nazione con
la sua vivida descrizione del pericolo che ci sovrasta».
15. Alcuni lavori che collegano la nostra crisi ecologica e il nostro sistema
dominato dal maschio e dai valori maschili, sono, per esempio, Françoise
D'Eaubonne, Le Feminism ou la Mort, Pierre Horay, Parigi 1974; Elizabeth
Dodson-Gray, «Psycho-Sexual Roots of Our Ecologica! Crises», articolo di-
stribuito dalla Roundtable Press, Wellesley, MA 1974; e Susan Griffin, Woman
and Nature, The Women's Press, Londra 1984.
16. Shirley e John McConahay, «Sexual Permissiveness, Sex Role Rigi-
dity, and Violence Across Cultures», in Journal of Socia! lssues, 1977, n. 33,
pp. 134-43.
17. Per maggiori dettagli si veda Riane Eisler e David Loye, Breaking
Free. Si veda anche Eisler, «Violence and Male Dominance: The Ticking Time
Bomb», in Humanities in Society, inverno-primavera 1984, n. 7, pp. 3-18.
18. Il termine «aumento della consapevolezza» è stato un contributo del
movimento femminista della fine degli anni Sessanta, quando le donne si riu-
nivano in gruppi, per condividere la crescente consapevolezza di quanti dei lo-
ro presunti problemi personali fossero in realtà problemi sociali, comuni a
metà dell'umanità, in una società androcratica.
19. La questione verrà approfondita in R. Eisler e D. Loye, Breaking Free,
in preparazione.
20. Si veda anche Riane Eisler e David Loye, «Peace and Feminist
Theory: New Directions», in Bulletin of Peace Proposals, 1986, n. l; Riane
Eisler, «Women and Peace», in Women Speaking, ottobre-dicembre 1982, n. 5,
pp. 16-8; Id., «Our Lost Heritage: New Facts on How God Became a Man», in
The Humanist, maggio-giugno 1985, n. 45, pp. 26-8.
21. Per esempio, nel dicembre 1985 dei veterani della guerra del Vietnam
hanno fatto volantinaggio davanti ai negozi di giocattoli, per aumentare la con-
sapevolezza di quanto siano pericolose le armi giocattolo. Come ha detto un
veterano in un'intervista televisiva, se vendono dei pupazzi di Rambo e di GI
Joe, che rendono affascinante la guerra, dovrebbero almeno fame qualcuno
menomato, per mostrare ciò che la guerra significa veramente.
22. The Futurist, febbraio 1981, p. 2.
23. La crescita del movimento internazionale delle donne si è enormemen-
te incrementata nel Primo Decennio per la Donna delle Nazioni Unite (1975-
1985), durante il quale sempre più uomini hanno cominciato a riconoscere che
non ci può essere un vero sviluppo sociale o economico senza mutamenti so-
stanziali nella condizione della donna. Per esempio, all'apertura della Confe-
renza conclusiva delle Nazioni Unite per la Donna, tenutasi a Nairobi, in
Kenya, nel luglio del 1985, il presidente keniota Daniel Arap Moi ha detto che
«un XXI secolo di pace e di sviluppo e il rispetto universale dei diritti umani,
rimarranno un miraggio senza la piena partecipazione delle donne». Il vice-
presidente del Kenya Mwai Kibaki ha recentemente detto che le donne africa-
ne, che spesso partoriscono ogni tredici mesi, «sono senz'aiuto, deboli e mise-
rande nel loro difficile compito di allattare e far da mangiare per tre o quattro
bambini [... ] con un altro in arrivo [... ] e devono essere liberate» (Moi e Kibaki
366 Riane Eisler
sono citati in David Loye, «Men at the U.N. Women's Conference», in The
Humanist, novembre-dicembre I 985, n. 45, pp. 28, 32).
24. Si veda, per esempio, Mary Daly, Gyn/Ecology: The Metaethics of Ra-
dical Feminism, The Women's Press, Londra 1991; e Wilma Scott Heide, Fe-
minismfor the Health of lt, Margaretdaughters Press, Buffalo 1985.
25. Si veda Louise Bruyn, Feminism: The Hope far a Future, American
Friends Service Committee, Cambridge, MA., maggio I 98 I, per una efficace
descrizione di quelle che la Daly definisce «le radici misogine dell'aggressi-
vità androcratica» (Gyn!Ecology, cit., p. 357). Si veda anche Riane Eisler e
David Loye, «Peace and Feminist Theories: New Directions, e Peace and Fe-
minist Thought: New Directions», in Ervin Laszlo e Yoo (a cura di), World
Encyclopedia of Peace, Pergarnon Press, Londra I 986.
26. Jean Baker Miller, Toward a New Psychology of Women, Beacon, Bo-
ston I 976, p. 86.
27. Jbid., p. 69.
28. Jbid. Citazioni, nell'ordine, dalle pp. 83, 87 e 69.
29. Jbid. Citazioni, nell'ordine, dalle pp. 95 e 83 (corsivo nell'originale).
30. Abraham Maslow, Toward a Psychology of Being, Van Nostrand-
Reinhold, New York 1968 (trad. it. Verso una psicologia dell'essere, Astrola-
bio, Roma I 97 I).
31. Alfred Adler, Understanding Human Nature, Fawcett, Greenwich,
CT., I 954 (trad. it. Conoscenza del! 'uomo, Mondadori, Milano-Venezia I 954 ).
32. Una ricerca sulle differenti caratteristiche dei tipi psicologici androcra-
tici e gilanici viene riportata in R. Eisler e D. Loye, Breaking Free, in prepara-
zione. Si veda anche Riane Eisler, «Gylany: The Balanced Future», in Futures,
dicembre 1981, n. 13, pp. 499-507.
33. A. Maslow, op. cii.
34. Fritjof Capra, The Turning Point: Science, Society, and the Rising Cul-
ture, Simon & Schuster, New York I 982 (trad. it. Il punto di svolta. Scienza,
società e cultura emergente, Feltrinelli, Milano 2003).
35. Paradossalmente, solo ora che gli scienziati maschi stanno scoprendo
quanto limitato sia il tradizionale approccio lineare «maschile», c'è una mag-
giore apertura all'idea che entrambi i sessi abbiano probabilmente analoghe
facoltà innate di pensiero. Anche se ci sono alcune differenze biologiche, la
capacità delle donne di elaborare l'informazione in maniera più olistica è do-
vuta principalmente a un'educazione e a dei ruoli sessualmente stereotipati.
Per esempio, a differenza degli uomini, le donne sono state educate a conside-
rare la loro vita soprattutto in termini di relazione, e a essere più sensibili ai bi-
sogni degli altri.
36. J. Salk, op. cit., pp. I 1-9
37. L'opera più esauriente sulla McClintock è Evelyn Fox Keller, A Fee-
ling far the Organism: The life and Work of Barbara McClintock, W.H. Free-
man, San Francisco 1983 (trad. it. In sintonia con l'organismo: la vita e l'ope-
ra di Barbara McClintock, La Salamandra, Milano 1987).
38. Ashley Montagu, citato dal Woodstock Times, 7 agosto 1986.
39. Hillary Rose, «Hand, Brain, and Heart: A Feminist Epistemology for
the Natural Sciences», in Science, autunno 1983, n. 9, p. 81.
Il balzo in avanti dell'evoluzione: verso un futuro mutuale 367
40. Si veda, per esempio, Evelyn Fox Keller, Reflections on Gender and
Science, Yale University Press, New Haven 1985 (trad. it. Sul genere e la
scienza, Garzanti, Milano 1987); Caro! Christ, «Toward a Paradigm Shift in
the Academy and in Religious Studies», in Christie Farnham (a cura di), Tran-
sforming the Consciousness of the Academy, Indiana University Press, Bloo-
mington, Indiana 1987; Rita Arditti, «Feminism and Science», in Rita Arditti,
Pat Brennan e Steve Cavrak (a cura di), Science and Liberation, South End
Press, Boston 1979.
41. J. Salk, op. cit., p. 22.
42. J. Baker Miller, op. cit., cap. 11.
43. lbid, p. 130.
44. Per una visione d'insieme della battaglia per il voto svolta dalle fem-
ministe del XIX secolo, si veda Eleanor Flexer, A Century of Struggle, Belk-
nap Press of Harvard University Press, Cambridge 1959. Sulla lotta per l'ac-
cesso all'istruzione superiore, si veda Mabel Newcomer, A Century of Higher
Education far Women, Harper & Brothers, New York 1959. Alcune fonti sul
movimento per la liberazione della donna del nostro secolo sono Vivian Gor-
nick e Barbara Moran, Woman in Sexist Society, Basic Books, New York 1971
(trad. it. La donna in una società sessista, Einaudi, Torino 1982); Robin Mor-
gan (a cura di), Sisterhood is Powe,ful, Random House, New York 1970; So-
nia Johnson, From Housewife to Heretic, Doubleday Anchor, Garden City,
New York 1983; Riane Eisler, The Equa! Rights Handbook, Avon Books, New
York 1978.
45. Per una discussione dell'approccio gandhiano, si veda Marilyn Fergu-
son, The Aquarian Conspiracy: Persona! and Socia! Transformation in the
1980s, Tarcher, Los Angeles 1980, pp. 119-200 (trad. it. La cospirazione del-
l'Acquario, Tropea, Milano 1999). Si veda anche Louis Fisher, The Life ofthe
Mahatma Gandhi, Harper & Brothers, New York 1950.
46. J. Baker Miller, op. cit., p. 116. La distinzione tra potere per e potere
su è simboleggiata dal Calice e dalla Spada.
47. Si veda, per esempio, R. Morgan (a cura di), op. cit.; Marilyn French,
Beyond Power: On Women, Men, and Morals, Ballantine, New York 1985;
Adrienne Rich, Of Woman Born, Bantam, New York 1976 (trad. it. Nato di
donna, Garzanti, Milano 1979); Devaki Jain, Woman 's Quest far Power: Five
lndian Case Studies, Vikas Publishing House, Ghanziabad 1980; Marie Loui-
se Janssen-Jurreit, Sexism: The Male Monopoly on History and Thought trad.
ingl. di Veme Moberg, Farrar, Straus & Giroux, New York 1982.
48. Erich Neumann, The Great Mother, Princeton University Press, Prin-
ceton, N.J 1955, pp. 333-4 (trad. it. La Grande Madre. Fenomenologia delle
configurazioni femminili dell'inconscio, Longanesi, Milano 1990).
49. Alvin Toffler, The Third Wave, Bantam, New York 1980 (trad. it. La
terza ondata, Sperling & Kupfer, Milano 1987).
50. Ruth Sivard, World Military and Socia/ Expenditures 1983, World
Priorities, Washington, DC 1983, pp. 5, 26.
51. Willis Harman, «Tue Coming Transformation», in The Futurist, feb-
braio 1977, pp. 5-11.
52. Mihajlo Mesarovic e Eduard Peste!, Mankind at the Turning Point,
368 Riane Eisler
Dutton, New York 1974, p. 157 (trad. it. Strategie per sopravvivere, Edizioni
Scientifiche e Tecniche Mondadori, Milano 1979).
53. lbid., pp. 146-7.
54. John McHale, The Future of the Future, Ballantine, New York 1969,
p. 11.
55. Si veda, per esempio, T.W. Adorno, Else Frenkel-Brunswik, Daniel
Levinson, R. Nevitt Sanford, The Authoritarian Personality, Harper & Row,
New York 1950, in particolare il lavoro della Frenkel-Brunswik su come gli
individui allevati in famiglie rigidamente gerarchiche siano particolarmente
inclini a sostituire con l'acquisizione materiale i rapporti emotivamente appa-
ganti che non sono in grado di avere. Queste dinamiche sociali e della perso-
nalità vengono esaminate approfonditamente in R. Eisler e D. Loye, Breaking
Free (in preparazione).
56. John Stuart Mili, Principles of Politica/ Economy, a cura di W.J. Ash-
ley, nuova edizione del 1909 basata sulla settima edizione del 1871, Longman,
Green, New York 1929 (trad. it. Principi di economia politica, UTET, Torino
1983). Si veda anche Robert Heilbroner, The Worldly Philosophers, Penguin,
Harmondsworth 1983.
57. State of the World's Women 1985 (redatto per le Nazioni Unite da New
Intemationalist Publications, Oxford, UK).
58. lbid.
59. Hazel Henderson, The Politics of the Solar Age, Anchor Books, New
York 1981, p. 171.
60. lbid. Le citazioni sono, nell'ordine, dalle pp. 337, 364 e 373.
61. James Robertson, The Sane Alternative, River Basin Publishing, St.
Paul, MN., 1979.
62. Joseph Huber, Socia/ Ecology and Dual Economy, un estratto in ingle-
se da Arbeiten-Anders Wirtshaften, Fisher-Verlag, Francoforte 1979.
63. Sono debitrice a Hillary Rose e al suo Hand, Brain, and Heart: A Fe-
minist Epistemology far the Natural Sciences, cit., per la sua efficace esposi-
zione di questo punto fondamentale (vedi nota 39).
64. Questa trasformazione economica viene discussa più approfondita-
mente in R. Eisler e D. Loye, Breaking Free, e Riane Eisler, Emergence (in
preparazione).
65. Si veda R. Eisler, «Pragmatopia: Women's Utopias and Scenarios fora
Possible Future», articolo presentato all'undicesimo congresso della Society
for Utopian Studies, Asilomar, California, 2-5 ottobre 1986, per presentare il
concetto di pragmatopia (che in greco significa luogo reale, futuro realizzabi-
le, a differenza del termine consueto utopia, che letteralmente significa «non
luogo»).
66. Poiché il sistema ecologico della terra non può sopportare gli attuali
tassi d'incremento demografico, il problema non è se l'aumento della popola-
zione si stabilizzerà, ma come. Si veda, per esempio Jonas Salk, World Popula-
tion and Human Values: A New Reality, Harper & Row, New York 1981. Si
veda anche Riane Eisler, «Peace, Population, and Women's Roles», in E. La-
szlo e Yoo (a cura di), op. cit.
67. Questo problema verrà approfondito in R. Eisler, Emergence. Si veda
Il balzo in avanti dell'evoluzione: verso un futuro mutuale 369
GOLFO DI
BISCAGLIA
.
t)
MEDITERRANEO
5.000 -
-
-
-
-
TARDO MAGDALENIANO
10.000 -
V-VI CLASSICO
-
(STILE IV)
- MEDIO MAGDALENIANO
III-IV
-
- PRIMO MAGDALENIANO
I-II
15.000 - ARCAICO
- (STILE III)
SOLUTREANO
-
-
- INTER-GRAVETTIANO
SOLUTREANO PRIMITIVO
20.000 -
(STILE Il)
-
-
-
GRAVETTIANO
-
25.000 -
-
PRIMITIVO
-
(STILE I)
-
- AURIGNACIANO
30.000 -
HACILAR
c. 5000 a.C. ................................................ .
Id
- le
la 5247 ± 119
c.5250
Datazioni al radiocarbonio in corsivo
Ilb
Ila 5434 ± 131 - margine massimo d'errore.
c.5435 Tutte le date sono calcolate con il semi-
III decadimento del 5730.
IV Le date dubbie tra parentesi.
c.5500
V
c. 5600
VI 5620 ± 79
VII çATALHÙYÙK
VIII o
IX 5614 ± 92 I
-5706
c.5700
II 5797 ± 79
c.5750
III
5807 ± 94
c.5790
IV (6329 ± 99)
c.5830
V 5920 ± 94
c.5880
VI A 5781 ± 96 distruzione
5800 ± 93
5815 ± 92 inizio
5850 ± 94
c.5950
VI B 5908 ± 93
5986 ± 94 inizio
c. 6050/6070
VII 6200 ± 97 (?)
c.6200
VIII
c.6280
IX 6486 ± 102
c.6380?
X 6385 ± 101
c.6500
Livelli precedenti al X
(non ancora datati)
•
caverna di • ç;i
Franchthl ~Knosl09
~·'
I T~Gawra
2 Teli M'lefut
3 Nineveh
4 Arpachiyah
S Hassuna
• Tepe Slyalk
e Anank
Prima ondata kurgan (dal 4300 a.C. circa al 4200 a.e. circa). Le frecce
mostrano i principali itinerari della primissima invasione kurgan, che
interessò soprattutto le culture antico-europee di Karanova, Vinca,
Lengyel e Tiszapolgar. (Fonte: revisione del 1986 di Marija Gimbutas,
per il presente volume, della mappa apparsa originariamente in The
Joumal of Jndo-European Studies, inverno 1977, 5, n. 4, p. 283.)
Terza ondata kurgan (dal 3000 a.C. circa al 2800 a.C. circa). Le frecce e
le aree tratteggiate indicano le successive incursioni dei Kurgan delle
steppe (parte orientale delle linee più scure) e di culture ibride (area
oblunga al centro della mappa). La freccia tratteggiata mostra una possi-
bile rotta verso l'Irlanda. (Fonte: revisione del 1986 di Marija Gimbutas,
per il presente volume, della mappa apparsa originariamente in The Jndo-
European in the Fourth and Third Millennia, Karoma Publishers, 1982.)
380 Riane Eisler
Cultura
del'Antica Europa Cultura kurgan
MARE DI CRETA
MEDITERRANEO
Memphil
EGITTO
5000 Primo Neolitico II Medio Neolitico Colonizzazione delle pianure alluvionali della Mesopotamia.
Sviluppo degli insediamenti agrari in Egitto.
Coltivazione del mais in Messico.
3000 Tardo Neolitico Tardo Neolitico Nel Mediterraneo si sviluppa la cultura cicladica.
Le tecniche di aratura si diffondono nell'Africa Centrale.
Prima ceramica nelle Americhe. Prima dinastia egizia.
2600 Pre-palazzi, Fase I Primo Minoico 1 Sviluppo della civiltà della valle dell'Indo.
Prima dinastia di Ur. ~
Costruzione della piramide di Cheope in Egitto.
.
~
tT1
u;·
2400 Pre-palazzi, Fase II Primo Minoico II Periodo accadico a Sumer.
Quinta dinastia egizia. "..,
2200 Pre-palazzi, Fase III Primo Minoico III Settima dinastia egizia. Periodo Neo-sumero.
::i:.
2000 Primi palazzi, Fase I Medio Minoico I Domesticazione dell'elefante nella valle dell'Indo. ~
Terza dinastia di Ur. !::--
.....
Regno Medio d'Egitto. "'
1900 Primi Palazzi, Fase II Medio Minoico II Prima dinastia di Babilonia.
1700 Secondi Palazzi, Fase I Medio Minoico III Invasione hyksos dell'Egitto.
1600 Secondi Palazzi, Fase II Tardo Minoico I In Cina si sviluppa la civiltà Shang.
1450 Secondi Palazzi, Fase III Tardo Minoico II Popolazioni di lingua ariana conquistano l'India.
Fonti: Sir Arthur Evans, The Palace of Minos at Knossos, voli. I-IV, MacMillan & Company Ltd., Londra, 1921-1935; Nicolas Platon,
Crete, Nagel Publishers, Ginevra 1966; James Mellaart, The Neolithic of the Near East, Thames and Hudson, Londra 1975; enciclopedie e ""'
e;
atlanti di storia mondiale.
Postfazione per la nuova
edizione italiana
di Riane Eisler
1
Le parole usate da Riane Eisler per definire due modelli molto precisi nella
sua Cultura! Transformation Theory sono: dominator model e partnership
model. Dominator viene tradotto con dominatore e partnership con mutuale.
A volte si è scelto di lasciare la seconda parola in inglese per sottolineare il
riferimento al rapporto fra partner, in particolare fra uomo e donna, che Riane
Eisler considera il nucleo fondante e il punto di partenza di una possibile e
auspicabile trasformazione culturale del mondo. Dominatore, dominio, predo-
minio definiscono il dominator model, mentre mutuale, di partnership, coop-
erativo si riferiscono al partnership model. [NdTJ
2 La prima edizione americana: The Chalice and the Biade, Our History, Our
3
Vedi nota 10, pp. 39-40.
Postfazione per la nuova edizione italiana 389
Punto-contrappunto
Rimane comunque da verificare se tutto questo porterà a reali cam-
biamenti strutturali, anche se è confortante vedere come alcune
multinazionali che già controllano una parte maggioritaria della
ricchezza del mondo stiano mettendo in atto delle politiche soste-
nibili per l'ambiente. Molto di ciò, però, è spesso pura retorica che
vanta le virtù di pratiche ecologicamente valide, di un lavoro di
gruppo più ampio, di stili direzionali più mutuali e di cura consi-
derati in modo stereotipato 'femminili'.
Ovunque ci volgiamo vediamo il punto-contrappunto della spinta
in avanti verso la partnership e la forte resistenza del modello
dominatore. Di particolare importanza è la diversa attenzione
rispetto all'esplosione demografica mondiale, così come si può
notare dal cambiamento su questo tema dal primo incontro inter-
nazionale sulla popolazione a Bucarest nel 1974 ad oggi. Si rico-
nosce sempre di più che una qualche speranza rispetto alla stabi-
lizzazione della popolazione mondiale viene dall'attenzione verso
le cosiddette questioni femminili: non solo il libero accesso per le
donne alla pianificazione delle nascite, ma anche l'accesso a pari
opportunità nell'educazione e nell'occupazione, affinché la loro
sicurezza e il loro status non dipendano in modo così considerevo-
le dal fatto di avere figli maschi.
Purtroppo il Vaticano e diverse nazioni hanno costruito una forte
azione contraria, che è stata poi rafforzata dalla convinzione che il
controllo delle nascite è una cospirazione imperialista
dell'Occidente che mira al genocidio delle nazioni più povere e
popolose. Così, mentre scrivo, la questione demografica è quasi un
tabù nella maggior parte dei circoli ambientalisti - nonostante che
dati scientifici riportati dal Worldwatch Institute e da altre autore-
396 Riane Eisler
4
Prima edizione americana: Sacred Pleasure. Sex, Myth, and the Politics of the
Body. New Paths to Power and Love, San Francisco, HarperCollins, 1996. La
traduzione italiana, Il piacere è sacro, sarà ripubblicata nel 2012 da Forum.
[NdT]
398 Riane Eisler
5 Per i molti volumi pubblicati sul tema si vedano i link a pagina 415.
400 Riane Eisler
6
Si veda Riane Eisler: The Real Wealth of Nations, San Francisco: Berrett-
Koehler, 2007. [NdT]
402 Riane Eisler
1
Mutuale traduce la parola partnership. Si veda in proposito la nota 1 a pagina 387.
404 Stefano Mercanti
duale', caratterizzata dal dominio maschile che ottiene denaro, posizione socia-
le e potere attraverso lo 'sfruttamento' come fonna strutturata di guadagno
all'interno del sistema sociale ed economico.
Educazione mutuale (o di 'partnership'): approccio multi e interdisciplinare
per promuovere l'acquisizione di strumenti, conoscenze, competenze e com-
portamenti e permettere l'esl?ressione di rapporti empatici e di uguaglianza tra
gli esseri umani e la natura. E costituito da tre componenti principali: contenu-
to (cosa si insegna), struttura (dove si insegna) e processo (come si insegna).
Era comune: nel rispetto delle diverse religioni del mondo, è preferibile utiliz-
zare i tennini neutrali E.C. (Era Comune) e P.E.C. (Prima dell'Era Comune) a
quelli giudaico-cristiani a.C. (avanti Cristo) e d.C (dopo Cristo) che pongono
l'evento della nascita di Gesù Cristo come unico spartiacque della storia.
Femminile: tennine che non ha nessun collegamento con i tratti del sesso fem-
minile o maschile, ma sta a indicare gli stereotipi sessuali socialmente costrui-
ti in una società basata sul modello dominatore in cui il maschio è identificato
con il dominio e la conquista mentre il femminile viene fatto corrispondere alla
passività e alla sottomissione.
Gaia: dea primordiale della Terra dell'antica religione greca (nota anche con il
nome di Gea), e secondo gli studiosi James Mellaart, Marija Gimbutas e
Barbara Walker, manifestazione più tarda della Dea Madre pre-indoeuropea. Si
riferisce anche alla teoria di Gaia fonnulata dal chimico britannico James
Lovelock basata sull'assunto che tutte le componenti geofisiche del pianeta
sono strettamente collegate e costituiscono un unico sistema di auto-regolazio-
ne complessa in grado di mantenere le condizioni di vita.
Genere umano: in base al modello gilanico di partnership, il tennine descrive
più accuratamente le due metà dell'umanità a differenza dei termini
'uomo/uomini'. Lo stesso in inglese: 'humankind' invece di 'mankind', o
'human kin' invece di 'fellow man'.
Genere/'gender': si riferisce alle differenze e ai vari significati socio-culturali
della sessualità e dell'identità di genere, da intendersi diversamente rispetto alla
tradizionale divisione in uomini e donne sulla base delle loro differenze biolo-
giche, così come maschio e femmina non corrispondono a maschilità e femmi-
nilità poiché sono una costruzione sociale dinamica e relativa.
Gerarchia: tennine comunemente utilizzato per indicare la struttura di un siste-
ma sociale dell'umanità basato sulla forza o sulla minaccia della forza. Poiché
tutti i sistemi (famiglie, scuole, governi, ecc.), in quanto gerarchici, richiedono
dei foci di responsabilità, Riane Eisler distingue tra gerarchie di dominio (auto-
ritarie e androcratiche) e gerarchie di attuazione (cooperative e gilaniche).
Gerarchie di attuazione: gerarchie di sistemi sociali basate sul potere di crea-
re, sostenere e nutrire, 'potere con' (per realizzare insieme), offrendo maggiori
possibilità di un futuro evolutivo di gran lunga più sostenibile rispetto a quello
Glossario mutuale 407
rato dagli altri, ma riconosce che tutti fanno parte della stessa rete interdipen-
dente di relazioni la quale costituisce fonte di arricchimento. Ciò favorisce lo
sviluppo di capacità volte al bene degli altri invece che a loro discapito (intelli-
genza di dominio).
Lavoro da donna: nel modello di dominio, si riferisce, in modo dispregiativo,
a valori femminili stereotipati e alle attività comunemente attribuite alle donne
quali la cura dei figli, degli anziani, della salute e dell'ambiente; le stesse atti-
vità sono invece valorizzate e rispettate in società basate sul modello mutuale
come lavoro di cura riguardante entrambi i sessi.
Linguaggio mutuale: un linguaggio alternativo a quello androcratico (sessista,
razzista, classista) attraverso cui i valori mutuali del rispetto, della cura e del-
1'amore trovano espressione per valorizzare l'uguaglianza in tutti i sistemi
sociali. Le parole sono usate per descrivere e promuovere il legame tra i sessi
(donna/uomo, uomo/uomo, donna/donna) in modo da attuare un passaggio dal
modello di dominio a quello mutuale come ad esempio nelle seguenti coppie di
termini: target, termine/data; sesso opposto/altro sesso; regola/linee guida;
razza/popolo; leadership/partnership; gentil sesso, sesso debole/donne; coman-
do, controllo, govemance/guida, amministrazione; a buon cavaliere non manca
lanciala buon cavaliere non manca l'ingegno.
Mascolinità: nei sistemi sociali organizzati sulla base del modello di dominio,
il termina indica gli stereotipi sessuali androcratici comunemente associati al
maschio quali la forza, il predominio e la conquista. Ciò impone ai 'veri uomi-
ni' di non essere 'effemminati', vale a dire gentili, pacifici e affettuosi, crean-
do sofferenza soprattutto a chi non aderisce allo stereotipo violento e aggressi-
vo della mascolinità.
Matriarcato: si riferisce ad un sistema sociale organizzato in base al modello
di dominio in cui le donne rivestono un ruolo centrale autocratico. Per Riane
Eisler sia il matriarcato che il patriarcato corrispondono alle due facce della
stessa medaglia, poiché in entrambi i rapporti sono basati sul predominio di una
metà dell'umanità sull'altra, e non sono pertanto auspicabili. Queste due pola-
rità convenzionali sono invece superate con i termini partnership e gilania, a
indicare l'uguaglianza dei due sessi basata sull'unione.
Matrilineare: si riferisce a un sistema sociale in cui l'eredità e la discendenza
della prole viene trasmessa per via della propria madre, come ad esempio nella
cultura dei Nair o Nayar del Kerala (India) caratterizzata da forme di discen-
denza matrilineari (Marumakkathayam).
Modello di dominio: generalmente detto patriarcale (o matriarcale), si riferi-
sce ad un sistema di organizzazione caratterizzato da una struttura economica
e sociale autoritaria e non ugualitaria basata su rigide gerarchie di dominio in
cui prevalgono un alto grado di paura, abuso e violenza sociale, e la suprema-
zia di una metà dell'umanità sull'altra. Secondo questo modello sociale, il
mondo delle donne è considerato subordinato o sussidiario a quello degli uomi-
Glossario mutuale 409
dominio (rigido, piramidale; gerarchie dal basso verso l'alto) sia sul modello
mutuale (flessibile, ugualitario; gerarchie di attuazione). Questi due modelli di
sistema sociale trascendono le categorie convenzionali binarie come destra/sini-
stra, religioso/laico, antico/moderno, capitalista/socialista e orientale/occiden-
tale.
Spiritualità: nel modello di dominio, l'uomo e la spiritualità- intesa nel senso
di idealizzazione del 'Paradiso' e demonizzazione della 'Terra' - occupano una
posizione di supremazia rispetto alla donna e alla natura, e questo giustifica il
predominio e lo sfruttamento di entrambe. I poteri che governano l'universo
sono immaginati come entità punitive che richiedono di essere ritualmente pla-
cate. Nel modello mutuale sono invece valorizzati gli aspetti spirituali della
donna (e della Terra) legati al donare e al sostenere la vita e la natura, ugual-
mente riconosciuti anche negli uomini; la spiritualità è caratterizzata dall'em-
patia e dall'uguaglianza in cui il divino appare attraverso simboli e miti basati
sull'amore incondizionato.
Sviluppo delle capacità umane: un mezzo per promuovere lo sviluppo e la
costruzione sostenibile di abilità, relazioni e valori che consentono a gruppi,
organizzazioni e individui di migliorare la capacità di esprimere cura, empatia,
conoscenza e creatività, insita negli esseri umani.
Teoria della trasformazione culturale: secondo Riane Eisler, la storia è il
risultato dell'interazione tra due movimenti evolutivi. Il primo è la tendenza dei
sistemi sociali a svilupparsi da uno stato primitivo verso forme organizzative
più complesse, attraverso fasi legate a cambiamenti tecnologici; il secondo è il
movimento di cambiamenti culturali generati dall'interazione tra due modelli
fondamentali alla base dell'organizzazione di un sistema sociale e ideologico,
da lei definito androcrazia (di dominio) e gilania (mutuale o di partnership).
La sua teoria si affianca all'analisi di filosofi della scienza e della teoria dei
sistemi come Ervin Lazio. Questi studiosi ritengono che il mondo ha oggi rag-
giunto un punto di biforcazione cruciale della storia e che un ulteriore cambio
di direzione verso un modello di partnership possa contribuire efficacemente
ad una svolta e ad un significativo cambiamento del sistema attuale.
Ugualitario: indica le relazioni sociali in una società mutuale, in cui si attri-
buisce uguale importanza alle donne e agli uomini (nonché al 'femminile' o al
'maschile'), a differenza del termine più comune egualitario, tradizionalmente
legato solo al concetto di uguaglianza tra uomo e uomo, come testimoniano,
oltre alla storia moderna, gli scritti di Locke, Rousseau, e altri filosofi dei 'dirit-
ti dell'uomo'.
Valori mutuali (o di 'partnership'): valori sociali e culturali, coltivati come
auspicabili e interiorizzati come norma sociale, che promuovono lo sviluppo
delle potenzialità umane come l'empatia, il dare e ricevere cura, l'amore, la non-
violenza e il benessere da condividere con tutti i sistemi di vita del pianeta.
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