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Elettroforo perpetuo
L'elettroforo è costituito da un piatto conduttore su cui veniva
colato uno strato di resina (detta stiacciata) e da un disco,
anch'esso conduttore, detto scudo, munito di un manico isolante.
Funzione: L'elettroforo è una macchina elettrostatica basata sul
fenomeno dell'induzione.
È costituito da un disco di resina posto su un supporto isolante e
da un disco di ottone munito di un manico di vetro o di legno.
Inizialmente i due dischi vengono riscaldati per eliminare ogni
traccia di umidità; quindi si batte
fortemente la resina con una pelle di
gatto o con un panno. In questo
modo la resina si elettrizza. Si pone
allora il disco di ottone sul disco di
resina: la carenza di fluido della
resina (elettrizzazione negativa)
determina una richiesta di fluido all’ottone, il quale sposta il
fluido verso la resina e rimane carente dello stesso nella faccia
opposta.
Se uno sperimentatore, per esempio isolato dal suolo, tocca la
faccia superiore del disco di ottone con un dito, parte del suo
fluido passa sul disco; l’uomo diventa carente di fluido (si
elettrizza negativamente) e il disco rimane in eccesso di fluido (si
elettrizza positivamente). Infatti, se si solleva il disco di ottone
tenendolo per il manico isolante e gli si avvicina la mano, il fluido
in eccesso presente sul disco e quello in difetto che si trova sulla
mano si riequilibrano producendo una viva scintilla.
Poiché la resina può restare elettrizzata assai a lungo (anche per
mesi), l’esperimento può essere ripetuto molte volte, anche
senza battere la resina con la pelle; ciò significa che con una sola
operazione di elettrizzazione è possibile ricavare
dall’apparecchio quantità pressoché illimitate di fluido elettrico
positivo, da cui il nome di
elettroforo perpetuo.
Secondo l’interpretazione attuale
il disco di ottone si carica, per
induzione, con cariche dello
stesso tipo della resina sulla
faccia superiore e cariche di tipo
opposto su quella inferiore.
Toccando con il dito la faccia
superiore del disco, si prelevano le cariche presenti su di esso. Sul
disco rimangono pertanto solo le cariche di tipo opposto.
Pistola Elettroflogopneumatica
Anche detta Pistola di Volta. Nel gennaio del 1777, essendo
riuscito ad accendere l’aria infiammabile con la scintilla
provocata da una pietra focaia, pensò di costruire «una piccola
bombarda od archibuso di nuova foggia, il quale caricato in luogo
di polvere, di aria infiammabile mescolata in giusta dose colla
deflogisticata [ossigeno] potrebbe
cacciare una palla con impeto e
rimbombo, e accendersi per
mezzo d’un acciarino, proprio
come un archibuso comune.» Il
progetto gli riuscì ancora meglio
quando scoprì che la miscela
tonante poteva essere infiammata
direttamente da una scintilla
elettrica prodotta all’interno del recipiente che la conteneva e
non solo alla bocca della caraffa, come precedentemente
osservato.
Nacque così la pistola elettrico-flogopneumatica. Le prime
pistole erano fatte di legno, le successive di vetro o di metallo e
avevano forme diverse. Esse divennero presto un oggetto di
grande interesse e curiosità. Volta provò a far funzionare la sua
invenzione anche trasportando l’elettricità mediante due fili
conduttori: non è difficile vedere in questo progetto l’idea della
trasmissione di un segnale a
distanza, ovvero una
anticipazione del telegrafo. Le
applicazioni però non si
fermarono qui: nella terza lettera
al Marchese Francesco Castelli,
ipotizzava un particolare utilizzo
della pistola come “avvisatore di
temporali”, mentre in una lettera
a lord Cowper del 21 Luglio 1778, Volta presentava una dettagliata
descrizione di una bomba ad aria infiammabile.
Volta diede quindi una spettacolare dimostrazione della forte
detonazione che si ottiene facendo scoccare una scintilla in una
miscela di aria comune e di aria infiammabile (idrogeno o
metano). Un tubo di vetro contenente due elettrodi viene
riempito in parte di gas infiammabile e per il resto di aria, poi
chiuso con un tappo di sughero. Tenendo in mano un elettrodo e
toccando l’altro con un elettroforo carico, si innesca una
esplosione che espelle con violenza il tappo. Avendo per primo
ottenuto la combustione in vasi chiusi, mediante scintilla
elettrica, di miscele di gas infiammabili e aria, Volta può essere
considerato il precursore dei sistemi di accensione dei moderni
motori a benzina.
L'Eudiometro
Se in un miscuglio di aria infiammabile e di aria comune si fa
scoccare una scarica elettrica si ottiene una deflagrazione. Per
studiare il fenomeno Volta realizzò un eudiometro, costituito da
un tubo di vetro con una imboccatura posta in una bacinella
d’acqua e l’altra imboccatura chiusa da
un turacciolo di sughero e sigillata con
mastice. Attraverso il turacciolo passano
due fili metallici che terminano
all’esterno del tubo con due sferette
metalliche. Riempito il tubo con aria e
aria infiammabile, Volta faceva scoccare
una scintilla, ottenendo uno scoppio, in
seguito al quale il livello dell’acqua nella
parte inferiore del tubo saliva
sensibilmente; ciò mostrava che l’aria
infiammabile e anche una parte dell’aria
comune “svaniva”, lasciando nel tubo
solo aria “flogistizzata”, ossia priva di ossigeno.
Quando Volta realizzava questi esperimenti, non era ancora noto
che l’aria è un miscuglio di ossigeno e azoto e che la combustione
avviene quando il carbonio presente nel combustibile si combina
con l’ossigeno dell’aria. Volta realizza questi esperimenti anche
con idrogeno ed ossigeno. Nel 1782, a Parigi, li mostra a
Lavoisier. Un anno più tardi lo scienziato francese scoprirà la
composizione chimica dell’acqua. Durante le sue esperienze sulla
combustione dell’idrogeno con l’ossigeno
Volta aveva più volte osservato
l’apparizione sul vetro del contenitore di
una forma di rugiada. Tuttavia non
sospettò mai che potesse trattarsi di
acqua prodottasi dalla sintesi dell’acqua,
in quanto questa idea era abbastanza
lontana da quelle che erano in quegli anni
le sue conoscenze chimiche.
Durante i suoi esperimenti con
l’eudiometro, Volta realizza quindi la sintesi dell’acqua,
ma non può accorgersene perché il suo strumento
contiene acqua; la formazione di acqua in seguito alla
combustione dell’idrogeno non sfuggirà invece a
Lavoisier (1743-1794), che ripeterà gli esperimenti di
Volta con un eudiometro contenente mercurio.
Elettroscopio Condensatore
Si tratta di un elettroscopio a pagliuzze reso più sensibile
dall’aggiunta di due dischi condensatori.
L’asta di ottone che porta le pagliuzze sostiene un disco, pure di
ottone, ricoperto sulla faccia superiore da uno strato di vernice
isolante.
Un secondo disco d’ottone, fornito di un manico di vetro, viene
appoggiato sui primo, dal quale risulta isolato per mezzo della
vernice. L’elettrizzazione dello strumento avviene dapprima
ponendo un corpo elettrizzato a contatto con il disco superiore A
e toccando con un dito bagnato il disco inferiore B. Se il corpo è
elettrizzato positivamente (ossia è in eccesso di fluido), anche A
si elettrizza positivamente. Attraverso lo strato isolante, il fluido
presente in A respinge quello presente in B. Pertanto il disco
inferiore B si elettrizzerà negativamente nella faccia a contatto
con la resina e positivamente nella parte inferiore; attraverso lo
sperimentatore, non isolato da terra, il fluido elettrico viene
disperso a terra. Rimossi quindi il dito e il
corpo elettrizzato, le due facce a contatto con
la vernice isolante dei dischi dell’elettroscopio
restano elettrizzate di segno opposto le
pagliuzze dell’elettroscopio restano immobili
perché l’eccesso di fluido in A impedisce che la
carenza in B sia compensata dal fluido
presente nelle pagliuzze. Se però il disco A
viene allontanato, cessa questo vincolo. Il
fluido si ridistribuisce nell’elettroscopio e le
pagliuzze divergono. Con questo strumento
Volta rileva le deboli elettrizzazioni opposte
che si manifestano su due metalli di diversa
natura quando vengono posti a contatto fra loro e tale scoperta
rappresenta il punto di partenza delle ricerche che porteranno
all’invenzione della pila.
Pila
La pila di Volta è il primo generatore di corrente continua nella
storia dell’umanità che diede grande
spinta alla fisica e alla chimica
dell’Ottocento, è rivoluzionaria in
quanto diede inizio alla moderna era
dell’elettricità.
Oggi non tutti i manuali di fisica
pongono in evidenza l’importanza che
Volta, ideatore della pila, ha avuto
nella storia della scienza: nel testo di
Feynman (1918-1988), classico del
Novecento di didattica della fisica, il nome di Volta non è
nemmeno citato; mentre nella maggior parte degli altri è
ricordato per la scoperta del potenziale di contatto tra metalli e
perché l’unità di misura del potenziale elettrico (il Volt) prende il
nome da lui. È fuori di dubbio tuttavia che nessuno degli
esperimenti che nella prima metà dell’Ottocento porteranno alla
scoperta delle leggi dell’elettricità e del magnetismo sarebbe
possibile senza questo piccolo apparecchio, in apparenza così
semplice.
L’Effetto Volta
Lo studio della tensione di contatto tra due o più
metalli tra loro collegati in circolo condusse
Volta a scoprire quello che oggi noi chiamiamo
Effetto Volta. Lo scienziato stabilì poi una
distinzione tra i conduttori di prima classe
(conduttori secchi, ovvero metalli) e di seconda
classe (conduttori umidi, ovvero soluzioni di
acidi, basi e sali).
Volta durante la disputa con Galvani acquisisce
questi risultati fondamentali:
● Il primo riguarda lo squilibrio elettrico al
contatto tra due conduttori metallici
diversi, ossia l’ultimo scoperto; nella sua corretta
interpretazione, esso è riconducibile al cosiddetto “effetto
Volta” ossia, in termini di oggi, al fatto che si stabilisce una
differenza di potenziale elettrico tra i punti esterni di due
metalli diversi a contatto tra loro.
● Il secondo, riguarda l’impossibilità di produrre una corrente
elettrica permanente nelle catene chiuse costituite da soli
metalli diversi e in numero a priori qualsiasi.
● Il terzo, che quando si inserisce un conduttore umido (per
es. cartone imbevuto di acqua salata) tra due metalli diversi
– o, reciprocamente, se ne inserisce uno metallico tra due
umidi diversi – ossia si realizza un sistema di tre conduttori
diversi a contatto così da formare un “singolo elemento
voltaico” aperto e poi si portano a contatto tra loro i due
metalli (per es. mediante un filo della natura di uno dei
due), si stabilisce, nell’arco chiuso così costituito, una
corrente elettrica permanente.
Da queste osservazioni si ricavano le tre leggi:
● prima legge: il contatto tra due metalli diversi alla stessa
temperatura fa sì che si stabilisca una differenza di
potenziale caratteristica della natura dei metalli che non
dipende dall’estensione del contatto (effetto Volta).
● seconda legge: in una catena di conduttori metallici diversi
tra loro e posti alla stessa temperatura, la differenza di
potenziale tra i due metalli estremi è la stessa che si avrebbe
se essi fossero a contatto diretto.
● terza legge: tra due metalli della stessa natura si ha una
differenza di potenziale se essi sono gli estremi di una
catena di conduttori della quale fanno parte due metalli
diversi con interposto un conduttore di seconda classe.