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Capitolo 1: Mobbing: fenomeno reale o moda?

Un po’ di storia

Il termine deriva dall’inglese to mob che significa attaccare, assalire in massa e venne
utilizzato per la prima volta in etologia per definire la reazione di attacco collettivo di
un gruppo di animali nei confronti di un singolo percepito come il più forte, il
potenziale nemico da cui difendersi. Da qui si capisce la componente aggressiva del
mobbing, ma non basta. Possibili cause:

- Organizzazione: stili di leadership, cultura organizzativa


- Gruppali: ostilità, individuazione di un capro espiatorio
- Individuali: personalità
- Manifestazioni di diversa natura: maldicenze, isolamento, aggressioni verbali o
fisiche.

Conseguenze sulla vita lavorativa e sulla salute: somatizzazione, sindrome ansiosa e


depressiva, disturbo post traumatico da stress.

La palazzina Laf dell’Ilva di Taranto:

Ad un gruppo di lavoratori che aveva rifiutato un cambio di ruolo ma con gli stessi
trattamenti economici e di anzianità venne assegnato di punto in bianco una sede di
lavoro scomoda ed inutile senza nessuna mansione da svolgere. Gli altri lavoratori,
per evitare di subire la stessa sorte, li evitavano. Anche nei momenti comuni, come la
mensa, erano isolati dal resto dei lavoratori. Ne conseguì deprivazione dell’identità
professionale e sensazione di vuoto ed inutilità. Ai lavoratori fu più volte proposto sia
il cambio di ruolo, sia il rimanere a casa con lo stipendio ma senza fare nulla. Sono
stati registrati casi di aggressività e di autolesionismo tra tali lavoratori.

Il mobbing in ambito umano è poco visibile e se le azioni sono considerate


singolarmente possono caratterizzare la normale vita lavorativa. È però la
combinazione protratta nel tempo di azioni vessatorie ed intenzionalità a
caratterizzare il mobbing negli ambienti di lavoro. Le azioni vessatorie sono anche il
sintomo di disfunzioni organizzative.

Bullismo e mobbing:

Bullismo: insieme di comportamenti aggressivi e distruttivi messi in atto da un


piccolo gruppo di bambini nei confronti di un altro gruppo o di un singolo bambino,
all’interno di una relazione in cui la vittima o le vittime non si sentono capaci di
difendersi. Provoca forte disagio nelle vittime.
Bullismo e mobbing hanno in comune il rapporto asimmetrico con la vittima che è
impossibilitata a difendersi ma cambiano le condotte vessatorie e la loro tipologia. La
componente comunicativa nei bambini è quasi assente ed è prettamente fisica ma già
negli adolescenti aumenta e negli adulti è prevalente fino alla manipolazione sociale.

Che cosa è mobbing?

Si parla di mobbing quando una persona sul luogo di lavoro viene tormentata,
vessata, offesa, deresponsabilizzata da colleghi, superiori o sottoposti. Non si parla di
mobbing quando l’episodio si verifica occasionalmente e quando le due parti in
conflitto sono di uguale forza. I casi di mobbing non sono apprezzati nelle
organizzazioni e provocano danni da molti punti di vista sia sulle persone sia sulle
organizzazioni stesse.

La storia di Angela:

Angela lavora in un Comune della provincia di Milano. Una volta assunta prova a
dare suggerimenti per migliorare la situazione lavorativa ma il relativo gruppo di
lavoro è compatto e conservatore. La donna viene stigmatizzata ed isolata. Dopo un
primo periodo di malattia con sintomi di ansia e depressione torna al lavoro e viene
ulteriormente limitata a lavori di routine e senza la possibilità di utilizzare la rete
internet ed intranet. Dopo un secondo periodo di malattia causata dal riacutizzarsi dei
sintomi precedenti viene relegata a lavori insignificanti. Le sue lamentele ai superiori
non vengono ascoltate. Parlando con colleghi di altri uffici scopre che ad altri prima
di lei è stato riservato lo stesso trattamento per lo stesso motivo e tutti hanno
manifestato gli stessi sintomi e hanno chiesto il trasferimento. I suoi suggerimenti
sono inoltre stati giudicati adeguati. Angela ora ha chiesto il trasferimento e continua
nel suo lavoro di routine quando torna al lavoro tra un periodo di malattia e l’altro.

I comportamenti di mobbing si caratterizzano per essere:

- Un’aggressione
- Protratta nel tempo
- Che in genere tende ad aumentare di intensità
- Associata alla percezione dell’impossibilità di difendersi
- L’aggressore vessa intenzionalmente col proprio comportamento e con le
proprie azioni con il preciso scopo di estrometterla dalla realtà sociale e
lavorativa.

Attualmente il periodo preso in considerazione è di 6 mesi.


I numeri:

Dati statistici.

Mobbing, stress. Bossing, straining e stalking… un problema di confini:

Stress lavorativo: una condizione, accompagnata da sofferenze o disfunzioni fisiche,


psichiche, psicologiche o sociali, che scaturisce dalla sensazione individuale di non
essere in grado di rispondere alle richieste o di non essere all’altezza delle aspettative.

Lo stress è spesso causato dal mobbing e peggiora ulteriormente la situazione in


quanto la vittima sarà più pessimista e negativa, quindi incapace di cogliere le
occasioni favorevoli e risponderà con più difficoltà ed in maniera più disfunzionale
alle situazioni di attacco. La soglia di sopportazione inoltre si abbassa.

Lo stress è anche a volte una causa di mobbing.

Bossing: tipo di mobbing frutto di un disegno aziendale, volto al ridimensionamento


del personale o all’allontanamento di una persona sgradita. Si tratta di un mobbing
dall’alto.

Straining: una situazione di stress forzato sul posto di lavoro, in cui la vittima
subisce almeno un’azione che ha come conseguenza un effetto negativo
nell’ambiente lavorativo, azione che oltre ad essere stressante è caratterizzata anche
da una durata costante. La vittima è, rispetto alla persona che attua lo straining, in
persistente inferiorità. Lo straining viene attuato appositamente contro una o più
persone ma sempre in maniera discriminante.

Stalking o molestia assillante: ripetute e spesso crescenti intrusioni indesiderate di


varia natura che minacciano la sicurezza della vittima. Tra le due persone esiste una
relazione reale o immaginaria, i comportamenti intrusivi sono prolungati e le molestie
provocano nella vittima uno stato di allarme o di paura. Conseguenze individuali:
ansia, depressione, disturbo post-traumatico da stress, pulsione al suicidio, incapacità
di andare al lavoro e/o di svolgere le proprie mansioni. Mentre il mobbing avviene sul
posto di lavoro, lo stalking viene esercitato nella vita privata. Lo stalking non è
finalizzato al danneggiamento della vittima o al suo allontanamento dal contesto
lavorativo.
Capitolo 2: Come, quando e in che modo: le strategie per fare mobbing:

Come fare mobbing:

Sei azioni negative utilizzabili per fare mobbing:

- Misure organizzative: demansionamento, compiti al di sopra o al di sotto


delle competenze della persona, ecc.
- Isolamento sociale
- Attacchi alla vita privata: religione, cultura, ecc.
- Violenza fisica
- Aggressione verbale
- Pettegolezzi.

Cinque categorie di azioni mobbizzanti (Leymann):

- Attacchi ai rapporti umani: per limitare la possibilità di esprimersi della


vittima
- Isolamento sistematico: tagliare fuori dal gruppo la vittima
- Cambiamenti delle mansioni lavorative: dequalificazione professionale della
vittima
- Attacchi alla reputazione: per distruggere la credibilità della vittima
- Violenza o minacce di violenza: contatto fisico diretto da parte
dell’aggressore anche con scopi sessuali.

Classificazione di Maarit Vartia:

- Pettegolezzi e maldicenze
- Isolamento sociale
- Assegnazione di compiti al di sotto della propria professionalità
- Critica continua ed ingiustificata circa il lavoro svolto ed i risultati
raggiunti
- Violenza o minaccia di violenza
- Insinuazioni circa un forte disagio mentale a carico della vittima.

Due macrocategorie:

- Azioni legate al lavoro: peggioramento delle condizioni lavorative, difficoltà


nell’eseguire i compiti assegnati e nel portare a termine il proprio lavoro,
cambiamento delle mansioni
- Azioni legate agli individui: aggressione verbale, attacchi mirati alla vita
privata, gossip, ridicolizzazioni, insulti a viso aperto
- Azioni legate all’isolamento sociale: azioni che causano l’esclusione della
vittima, che viene allontanata dal gruppo di colleghi e privata del supporto
necessario per fronteggiare gli abusi
- Azioni violente: attacchi fisici aperti, aggressioni e molestie sessuali.

La storia di Josey:

Da un film tratto da una storia vera. Josey scappa da un marito violento e torna a
vivere coi genitori assieme ai suoi figli e trova un lavoro. Successivamente trova
lavoro in una miniera, così, essendo pagata di più, si può permettere di andare a
vivere da sola. La miniera è un ambiente molto maschilista nel quale Josey e le
colleghe subiscono ogni genere di angheria, dagli scherzi pesanti ed umilianti alle
scritte sui muri alla denigrazione in paese fino alla violenza sessuale. Josey tenta di
ribellarsi ma non ha il sostegno delle colleghe, che hanno paura di perdere il lavoro.
Alla fine Josey trova il coraggio di abbandonare il lavoro e con l’aiuto di un avvocato
intenta una causa per mobbing alla compagnia petrolifera, causa da lei vinta.

In generale, oltre alla violenza fisica, gli attacchi alla vita privata appaiono di
incidenza più bassa rispetto alle azioni legate al lavoro. Queste ultime,
probabilmente, sono viste come socialmente più accettabili e, di conseguenza,
perpetrate con maggiore frequenza. Infine, anche isolamento e comunicazione
sembrano caratterizzare il mobbing in maniera più costante.

Misurare le azioni per misurare il mobbing:

Due principali modalità per misurare il mobbing:

- Quantificare le azioni di mobbing: quanto i lavoratori si percepiscono esposti


ai comportamenti di mobbing
- Percezione soggettiva di essere vittima di mobbing: dopo una lettura sul
mobbing vengono presentate domande sulla frequenza e sulla durata
dell’esposizione.

Nel primo caso vengono presentati dei comportamenti mobbizzanti e si chiede di


rispondere se si è subita, per quanto tempo e da parte di chi.

- Inventario di Leymann (Leymann Inventory of Psychological Terrorism,


Lipt): 45 comportamenti mobbizzanti suddivisi in 5 categorie che classificano
gli attacchi:
o Alla persona
o Alla salute
o Alle relazioni sociali
o Alla reputazione sociale
o Alla qualità della situazione professionale.
- Negative Acts Questionnaire (Naq): misura le quattro azioni relative agli
attacchi di natura personale, alle azioni legate al compito ed al ruolo lavorativo,
all’isolamento sociale ed alla violenza fisica.
- Work Harassment Scale: 24 componenti vessatori rientranti in 2 macro-aree
denominate “bullying razionale” e “manipolazione sociale”.
Capitolo 3: Quando è il capo ad essere la vittima:

Chi è coinvolto e come interagisce:

Il mobbing si verifica più frequentemente e dura più a lungo se è più alto il numero
delle persone coinvolte. Più a lungo dura il mobbing e più è difficile restare uno
spettatore neutrale.

Tre attori coinvolti:

- Mobber: la persona che mette in atto le azioni vessatorie ai danni di qualcuno


- Mobbizzato: chi subisce
- Side-mobber o co-mobber: spettatori del processo che nasce e si sviluppa
sotto i loro occhi e del quale in taluni casi arrivano ad essere complici.
o Bystander: colleghi coscienti dell’azione di mobbing ma incapaci di
aiutare la vittima o persino di provare solidarietà
o Side-mobbers: supportano il mobber e contribuiscono in modo
marginale o sostanziale al peggioramento delle condizioni della vittima.
- Whistleblower: offre supporto alla vittima.

Il mobbing è individuale nelle conseguenze negative, di impatto anche molto forte sul
benessere e sulla salute del lavoratore, ma origina dall’interazione di processi
individuali, di gruppo ed organizzativi. Interazioni che vedono cambiamenti di
relazioni, di comportamenti e di percezioni durante l’escalation del processo.

Quattro fasi dell’escalation (Leyman):

- Conflitti e contrasti che potrebbero risolversi in breve tempo oppure sfociare


nel mobbing vero e proprio
- Definizione dei ruoli di mobber e mobbizzato, conflitto specifico e protratto
nel tempo
- Attacco ai diritti della vittima
- Disturbi psicosomatici di varia natura, angoscia, depressione ed ansia; il
mobbizzato esce dal contesto lavorativo.

Non sempre la sequenza è questa e non sempre si seguono tutte le fasi.

Modelli successivi: modello in sei fasi che formano un circolo vizioso:

- Episodio di conflitto
- Sanzione del mobbizzato
- Vessazione nel tempo
- L’organizzazione viene a conoscenza del problema ed ha l’occasione di
intervenire ed interrompere il ciclo.
- Se non interviene, la vittima viene isolata
- La vittima lascia l’organizzazione, aumentando l’ansia dei colleghi e
preparando il terreno per un nuovo incidente che potrebbe dar vita ad una
nuova fase 1.

Mobbing emotivo: nasce da un conflitto interpersonale non adeguatamente gestito


che degenera fino a diventare mobbing vero e proprio. Elevato coinvolgimento
emotivo da parte di entrambi. Il conflitto degenera dando l’avvio ad un’escalation
negativa verso la vittima.

Mobbing predatorio: assenza di un conflitto reale. La vittima non ha scatenato


comportamenti negativi ma senza motivi apparenti è la destinataria. Può scaturire da
dinamiche di gruppo non adeguatamente gestite.

Mobbing strategico: la direzione aziendale opera intenzionalmente al fine di


estromettere una o più persone dal contesto lavorativo.

Il caso di Carlo:

Carlo lavora in una ditta metalmeccanica del nord Italia e riceve una promozione ma
in contemporanea vengono licenziati 2 collaboratori. Questa situazione porterà ad una
spirale negativa nei suoi confronti fatta di sospetti da parte dei collaboratori rimasti,
lavoro extra a causa dei due licenziamenti e intermediazioni fallite coi sindacati al
punto che Carlo, non ricevendo supporto, dopo diversi mesi dà le dimissioni.

Relazioni gerarchiche e tipo di mobbing:

La classificazione è in genere sulla base del tipo di relazione tra gli attori coinvolti
nel processo:

- Verticale discendente o mobbing dall’alto: vessazioni esercitate da una


persona in posizione gerarchica superiore rispetto alla vittima che occupa una
posizione inferiore. Le azioni tipiche sono di tipo disciplinare e legittimate
dall’autorità e dal potere formale detenuto dal superiore. Tipico è l’abuso di
potere. I collaboratori possono essere osservatori silenti oppure vessatori a
fianco del capo.
- Verticale ascendente o mobbing dal basso: la vittima è il capo. Le azioni
sono di tipo relazionale e comunicativo.
Il caso di Roberta:

Roberta è stata messa a capo di un servizio di rapporto con il pubblico di un ente


locale. Osservando il lavoro, le lamentele del pubblico e parlando coi collaboratori
trova un modo per sistemare le cose che tuttavia i suoi collaboratori non approvano e
non mettono in atto, anzi, Roberta, per non incappare in richiami e multe, si trova a
completare i lavori non svolti dai suoi collaboratori. La situazione peggiora
ulteriormente a causa di scherzi, maldicenze e periodi di malattia dei collaboratori
fino a che Roberta non accusa i classici sintomi quali nausee, insonnia, tachicardia e
perdita di peso. Il rapporto coi collaboratori si incrina ma lei non vuole mettersi in
malattia per poter rispettare le scadenze.

Una degli esiti più gravi del mobbing è la capacità di minare l’immagine di sé e la
percezione di non poter uscire dalla situazione estremamente negativa che si è venuta
a creare al punto che anche cambiando posto di lavoro, senza un adeguato
trattamento, queste percezioni rimangono anche se il mobbing è sparito. Modello:

o Prima fase: razionalità e controllo: il conflitto viene affrontato


evitando di attaccare direttamente le persone coinvolte e si rimane
ancorati al problema concreto ed alle relative cause cercando una
risoluzione ragionevole ed efficace.
o Seconda fase: aggravamento della relazione: la collaborazione iniziale
lascia spazio a sentimenti di sospetto ed ostilità reciproci e la risoluzione
è impossibile perché entrambe le parti cercano supporti per difendere la
propria posizione
o Terza fase: aggressione e distruzione: l’unico obiettivo diventa quello
di distruggere l’altra parte anche a costo di subire delle perdite.
Degenera in ambienti di lavoro ad alto livello di stress, in presenza di
un’elevata conflittualità non gestita e di una percezione diffusa di
iniquità e di ingiustizia organizzativa e nelle interazioni.
- Orizzontale o tra pari: gli attori coinvolti si trovano allo stesso livello
gerarchico e la forma più diffusa è quella di gruppo. Si tratta di azioni di tipo
relazionale e comunicativo.

Altre classificazioni meno note:

- Mobbing individuale / collettivo: a seconda che sia rivolto ad un solo


individuo o ad un gruppo.
- Mobbing diretto/indiretto: se le azioni sono direttamente sulla vittima oppure
rivolte anche alla sfera familiare o degli amici.
- Mobbing leggero/pesante: nel primo caso le vessazioni sono nascoste,
subdole e di difficile individuazione, nel secondo caso invece sono evidenti
fino alla violenza vera e propria.
- False accuse di mobbing: essendo difficile documentare cosa sia esattamente
mobbing, c’è chi se ne approfitta, arrecando danni all’azienda in attesa della
dimostrazione dell’innocenza delle persone coinvolte.

Relazioni gerarchiche e genere:

Nel mondo del lavoro le donne si trovano in misura molto inferiore rispetto agli
uomini in una posizione gerarchica elevata o comunque di maggiore potere.

Non esistono differenze tra uomini e donne per quanto riguarda l’essere vittima di
mobbing. Il mobber con maggiore probabilità è uomo ed il mobbizzato sembra invece
essere indifferentemente maschio o femmina. Anche gli esiti negativi emergono come
pressoché analoghi negli uomini e nelle donne. Per quanto riguarda le molestie
sessuali, le donne sono maggiormente soggette, ma non c’è accordo se considerarle
azioni mobbizzanti o meno.

Per quanto riguarda i gruppi minoritari, differiscono dal gruppo principale per
caratteristiche salienti e presentano rischio elevato di esclusione sociale dal gruppo,
questa è una precondizione che può favorire il mobbing oltre ad essere un modo di
metterlo in atto.
Capitolo 4: Le cause del mobbing: personalità o ambiente di lavoro?

Di chi è la colpa?

Sensemaking: costruzione e rappresentazione del proprio ambiente.

Si nota in caso di mobbing la tendenza ad attribuire la responsabilità alle persone e


non all’ambiente di lavoro o all’organizzazione.

La personalità del mobber e del mobbizzato:

Personalità della vittima: bassa autostima, alti nervosismo, estroversione ed


impulsività. Secondo altre ricerche: bassa estroversione, coscienziosità e capacità di
accordo. Timidezza, sintomi ansiosi, depressione e skills sociali scarse, paranoia.

- Vittima vulnerabile: bassa autostima cronica


- Vittima provocatoria: estroversione, basso grado di accordo con i colleghi,
comportamenti irritanti e modalità relazionali inadeguate.

Tutti questi precursori sono anche esiti del mobbing in un circolo vizioso che li fa
aumentare a causa del mobbing stesso.

Personalità del mobber: tendente al controllo, ansioso ed avido di potere,


disposizione all’aggressione verso gli altri, limitata capacità di comprendere gli effetti
che le proprie azioni ed atteggiamenti hanno sui colleghi ed i collaboratori.
Antisociale, è inosservante e viola i diritti degli altri. La maggior parte sono di sesso
maschile e se sono stati a loro volta mobbizzati è più probabile che lo diventino a loro
volta. La consapevolezza di poter trovare lavoro altrove in caso di problemi
diminuisce l’inibizione ad attuare comportamenti rischiosi. Mancanza di competenze
sociali e risultato di comportamenti micropolitici all’interno dell’organizzazione,
percezione di trattamento iniquo sul posto di lavoro, stress sul posto di lavoro.

Come interviene il gruppo:

Si parla di capro espiatorio, conflitti interpersonali e percezione di giustizia


organizzativa. Alcune dinamiche sociali, spontanee e fisiologiche nella vita dei
gruppi sociali, fa sì che la vittima diventi oggetto di vessazioni e persecuzioni.

Spesso le persone che si trovano in mezzo tra le due figure direttamente interessate
spesso prendono le parti del carnefice per paura di diventare a loro volta vittima e
questo ha un effetto sia sulla coesione sia sulle norme di gruppo ed incoraggia
l’aggressore a persistere nel suo comportamento. Sono stati inoltre rilevati episodi di
imitazione. Può anche capitare che il gruppo supporti l’azione di mobbing a causa di
una tendenza dei gruppi a trovare un “capro espiatorio” per determinati problemi
all’interno del posto di lavoro. Altra situazione a rischio è lo status inconsistente,
quando la differenza di potere all’interno di un gruppo si basa su aspetti come età,
genere ed etnia. Alti livelli di conflitto sul compito e scarsa apertura comunicativa
sono fattori in grado di predire elevati livelli di mobbing.

Il caso di Luigi:

Luigi lavora nel pronto soccorso di una città del nord dopo essersi trasferito dal sud
per studio. Appena inizia a lavorare si dimostra disponibile ad aiutare e a sostituire i
colleghi assenti, questo però lo mette in cattiva luce di fronte ai colleghi, che lo
pensano un opportunista in cerca di carriera. Comincia quindi a notare piccoli
dispetti, maldicenze che rovinano il suo rapporto coi medici, in precedenza ottimo,
distanza dai colleghi, anche da quelli neoassunti, derisione ed insulti nei corridoi.
Inoltre gli vengono addossate le responsabilità dello scarso rendimento del reparto.

Si può notare nella storia, oltre alle azioni vessatorie, la scelta della vittima come
capro espiatorio degli errori.

Sono le organizzazioni che causano il mobbing?

Leadership: è uno dei più importanti antecedenti organizzativi in grado di predire la


messa in atto di azioni negative, soprattutto una leadership passiva e debole,
soprattutto se unita ad una incapacità del superiore di riconoscere le situazioni di
disagio. Anche una leadership autoritaria, che blocca gli scambi, favorisce il mobbing
perché sostiene indirettamente i superiori a mostrare la loro autorità mettendo in
pratica forme di mobbing. Una leadership attenta, presente, che presidia l’ambiente e
che quindi svolge il proprio lavoro può gestire il conflitto prima che degeneri ed
intervenire con strumenti anche formali.

Conflitti di ruolo e clima organizzativo povero e poco supportivo.

Elevata interdipendenza tra i colleghi e forte necessità di cooperazione nello


svolgimento del lavoro.

Fattore comunicazione: flusso di comunicazione accentrato, scarso coinvolgimento


dei lavoratori nella discussione degli obiettivi da raggiungere e delle procedure
operative.

Politiche organizzative: l’accettazione o la tolleranza zero nei confronti di una


gamma di comportamenti impropri possono creare o prevenire situazioni di mobbing.
La mancanza di chiare sanzioni può portare a pensare che certi comportamenti siano
legittimi.

Condotta di colleghi e collaboratori che restano spettatori neutrali: possono


essere favorite dalla cultura aziendale.

Caratteristiche del lavoro: richiesta lavorativa non adeguata, scarsa autonomia


nell’esecuzione, attività ripetitive , poco supporto sociale da parte di colleghi e
superiori.

Fattori contestuali: cambiamenti e ristrutturazioni.

Gli ambienti di lavoro più ostili sono associati alle forme più severe di mobbing.

Verso un modello multi-causale:

Si tratta di modelli in cui caratteristiche di personalità, processi di gruppo e


caratteristiche organizzative concorrono nel determinare la situazione e rendere
possibile l’attuazione delle vessazioni con le relative conseguenze su individuo ed
organizzazione. Su queste caratteristiche non è possibile intervenire, né a posteriori,
né in termini preventivi.

“Mi piace lavorare” (film, 2003):

Nel film Anna è una impiegata modello di una ditta che ha appena subito una fusione.
Dopo un promo periodo di entusiasmo, però, cominciano a sentirsi i cambiamenti
post-fusione. Anna ha una vita lavorativa appagante ma le colleghe, da sempre
invidiose di le, cominciano a dimostrarle aggressività. La situazione peggiora quando
Anna viene assegnata all’archivio fatture per poi essere continuamente spostata su
ruoli sempre meno qualificanti. Gli effetti sulla sua salute sono devastanti: attacchi di
panico, ansia e depressione. Dopo un periodo di malattia, al rientro al lavoro le cose
peggiorano ulteriormente. Alla fine viene invitata a firmare le dimissioni. Grazie al
supporto del sindacato vincerà la causa per mobbing ottenendo un risarcimento ma
non verrà reintegrata al lavoro.

Si tratta di un esempio di mobbing strategico.

Antecedenti: fusione, nuovo management deciso a ridurre il personale e ad instaurare


una cultura organizzativa competitiva ed individualista. Leadership inefficace e poco
supportiva.

Cause sociali: fenomeno del “capro espiatorio”.


Cause individuali: personalità fragile di Anna, introversa ed eccessivamente dedita
al lavoro.
Capitolo 5: Una pratica che lascia i segni: le conseguenze del mobbing:

Quali conseguenze?

Conseguenze sull’individuo:

Ansia, attacchi di panico, depressione, calo dell’autostima, stress, problemi del


sonno, sbalzi d’umore, idee suicide, maggiore disponibilità a lasciare
l’organizzazione, assenteismo, diminuzione della soddisfazione lavorativa.

Esiste una soglia individuale di resistenza alla violenza psicologica che dipende
dall’intensità della violenza, dal tempo di esposizione e da fattori personali. Individui
diversi possono reagire differentemente a situazioni simili e lo stesso individuo piò
reagire diversamente di fronte a situazioni simili in momenti diversi della propria
vita.

Disturbo post traumatico da stress: insieme di forti sofferenze psicologiche che


conseguono ad un evento traumatico, catastrofico o violento. Rivivere nella memoria
l’evento traumatico, incubi, forte angoscia in presenza di stimoli che possano
ricordare le vicende vissute in passato, difficoltà a prendere sonno, irritabilità,
difficoltà a concentrarsi, ipervigilanza ed eccessiva risposta ad eventi che causano
trasalimento.

Posttraumatic embitteerment disorder (Pted): persistente sensazione di


esasperazione, rabbia, impotenza, memorie intrusive, pensieri di vendetta, tristezza.
Ha origine a seguito di eventi negativi avvenuti nella vita normale, come un
licenziamento, il divorzio o un conflitto di lavoro.

La sintomatologia sembra seguire tre fasi:

- Prima fase: la persona è ancora in grado di affrontare ed opporsi alla


situazione ma compaiono i primi sintomi psicosomatici
- Seconda fase (6-24 mesi): disturbi psicopatologici quali ansia e depressione,
incapacità di opporsi alle vessazioni e di modificare la situazione negativa
- Terza fase (oltre i 24 mesi): cronicizzazione dei sintomi, distacco relazionale
ed affettivo, depersonalizzazione.

La storia di Luigi (segue):

Dopo essersi accorto del trattamento da parte dei colleghi si sforza di essere il più
amichevole possibile ma inutilmente. Dopo 6 mesi è sempre più isolato ed anche i
medici non gli danno più pareri. Comincia ad accusare mal di testa, insonnia e
capogiri. Mostra ansia all’idea di tornare al lavoro. Dopo due anni soffre anche di
problemi di natura gastrica e digestiva. I medici che lo seguono sono concordi che sia
necessario un cambiamento nel lavoro e Luigi dà le dimissioni ma dopo un mese a
casa ancora soffre dei sintomi e non ha la forza di cercare un nuovo lavoro.

Purtroppo la persona in genere arriva a chiedere aiuto in una fase molto avanzata del
processo persecutorio, quando ormai le conseguenze sulla propria salute psicofisica
hanno già raggiunto un’elevata gravità e risulta quindi impossibile effettuare
interventi di tipo preventivo.

Agire come mobber può essere una strategia focalizzata al fronteggiamento della
situazione per difendere se stessi da ulteriori maltrattamenti.

Disturbi sociali: difficoltà ad intrattenere normali relazioni sociali, difficoltà a


mantenere spontaneità, vicinanza ed intimità.

La famiglia può diventare essa stessa vittima delle conseguenze del mobbing a causa
dell’aumento dell’irritabilità, del cambiamento nella comunicazione all’interno del
nucleo familiare e del generale senso di negatività.

Sul gruppo di lavoro:

Sia la vittima che l’aggressore tendono ad essere isolati dal resto del gruppo, la cui
efficienza è negativamente influenzata dagli episodi di mobbing. Generale
deterioramento del clima lavorativo con formazione di sottogruppi, relazioni
interpersonali non aperte e trasparenti, comunicazione informale limitata.
Cambiamento nelle norme implicite relative ai comportamenti considerati accettabili
o meno.

In sintesi: perdita di efficienza e cambiamento delle norme che regolano la vita del
gruppo.

E a livello organizzativo:

Assenteismo ed abbassamento della qualità del lavoro, abbassamento della


motivazione dei lavoratori e della loro soddisfazione, riduzione dell’attaccamento
emotivo all’organizzazione, mancanza di fiducia, sentimento di impotenza, aumento
del turnover.

Cittadinanza organizzativa: azioni o comportamenti attuati dai lavoratori in favore


dell’organizzazione senza che ve ne sia indicazione, esplicita o implicita, nel ruolo o
nel contratto di lavoro.
Componente affettiva: gradi di attaccamento affettivo, identificazione e
coinvolgimento con l’organizzazione

Continuità: presa di coscienza che lasciare l’organizzazione rappresenterebbe un


costo o sacrificio eccessivo per il lavoratore.

Componente normativa: sensazione di lealtà ed obbligo nei confronti


dell’organizzazione.

Il mobbing cambia tutte queste componenti.

L’impatto del mobbing a livello organizzativo si sostanzia in una riduzione della


qualità delle prestazioni da un lato e delle relazioni dall’altro. La riduzione della
qualità delle relazioni si sostanzia principalmente in un peggioramento del clima, in
particolare a livello delle relazioni all’interno del gruppo di lavoro. Anche la
relazione tra i lavoratori e l’organizzazione può uscirne deteriorata.

Se attuata da chi ha posizioni di rilievo e ha grande visibilità, l’aggressività può finire


per essere accettata ed influenzare comportamenti negativi all’interno di tutta
l’organizzazione.

In termini economici risulterebbero molto meno onerose le azioni per prevenire tali
situazioni rispetto ai costi diretti ed indiretti relativi alle conseguenze negative, tra cui
anche il danno all’immagine esterna o sul brand dell’azienda. È stato stimato che una
persona colpita da mobbing costi il 180% in più rendendo il 40% in meno rispetto ad
un lavoratore non mobbizzato.
Capitolo 6: Cosa dice la legge: la regolamentazione in Italia ed in Europa:

Partiamo dall’Italia:

Prima sentenza relativa al danno biologico da mobbing (Tribunale di Torino, 16


novembre 1999): è mobbizzato il dipendente “oggetto ripetuto di soprusi da parte dei
superiori” o dei colleghi, nei cui confronti vengono poste in essere “pratiche dirette
ad isolarlo dall’ambiente di lavoro e, nei casi più gravi, ad espellerlo; pratiche il cui
effetto è di intaccare gravemente l’equilibrio psichico del prestatore, menomandone
la capacità lavorativa e la fiducia in se stesso e provocandone catastrofe emotiva,
depressione e talora persino suicidio”.

Si può parlare di mobbing solo in presenza di: condotta diretta a danneggiare il


lavoratore, molteplicità dei comportamenti a carattere persecutorio, illeciti attuati in
modo miratamente sistematico e prolungato contro il dipendente con una chiara
volontà sottostante di vessarlo o emarginarlo e la conseguente lesione della sfera
fisica o professionale o sessuale o morale o psicologica.

Articolo 32 della Costituzione: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale


diritto dell’individuo ed interesse della collettività”.

Articolo 41 2° comma della Costituzione: l’iniziativa economica privata “non può


svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza,
alla libertà, alla dignità umana”.

Articolo 2087 del Codice civile: impone al datore di lavoro di “adottare


nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro,
l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità
morale del prestatore di lavoro”. Il datore di lavoro è tenuto al rispetto dell’integrità
fisica e della personalità morale del lavoratore sia in relazione alle azioni compiute
direttamente, sia ad opera di altri collaboratori, dato il dovere di prevenire e
scoraggiare simili condotte nell’ambito dello svolgimento dell’attività lavorativa.

Sentenza 18093 del 25 luglio 2013 della Cassazione civile, sez. lavoro: ha
confermato la sentenza della Corte d’appello di Torino che annullava il licenziamento
di un lavoratore e contemporaneamente condannava l’azienda a pagare, oltre alle
relative retribuzioni maturate, anche un risarcimento per il danno morale subito. Il
datore di lavoro è stato accusato di omessa responsabilità civile e penale (artt. 2087 e
2049 cc) ovvero per la mancata predisposizione di misure volte a tutelare l’integrità
fisica e la personalità morale del proprio dipendente. Il datore di lavoro è tenuto ad
implementare e strutturare un’organizzazione del lavoro volta a prevenire e
scoraggiare condotte che possano danneggiare l’integrità fisica o morale dei
dipendenti.

Dalla tutela della libertà e dignità del lavoratore alla sicurezza e prevenzione sul
lavoro:

D.lgs. 626 del 1994 e d.lgs. 81 del 2008: riguardano la salute e la sicurezza negli
ambienti di lavoro, il secondo in particolare impone obblighi ai datori di lavoro,
preposti e lavoratori a salvaguardia dell’ambiente di lavoro, prevedendo anche la
presenza di organismi specifici di controllo della salute ed integrità fisica dei
dipendenti, quali il medico competente ed il rappresentante dei lavoratori per la
sicurezza. Il mobbing può essere fatto rientrare all’interno dell’ampia categoria
“rischio professionale per la salute e sicurezza”. L’articolo 28 del d.lgs. 81 obbliga il
datore di lavoro a valutare tutti i rischi ivi compresi quelli stress lavoro-correlati.

Obbligo di rispettare i principi ergonomici nell’assetto dei posti di lavoro e


produzione, limitare il lavoro monotono e ripetitivo. Valutazione dei rischi. Obbligo
di aggiornare le misure di prevenzione in relazione ai mutamenti organizzativi
rilevanti ai fini della salute e della sicurezza.

Articolo 2103 del Codice civile: ”il prestatore di lavoro deve essere adibito alle
mansioni per le quali è stato assunto”, fine della norma è tutelare la professionalità
del lavoratore quale espressione della sua libertà e dignità.

La molestia sessuale:

Sentenza 143 dell’8 gennaio 2000 della Corte di Cassazione: tali atti “costituiscono
uno dei comportamenti più detestabili fra quelli che possono ledere la personalità
morale e, come conseguenza, l’integrità psicofisica dei prestatori d’opera
subordinati”.

Il datore di lavoro può essere accusato di non avere attuato tutte le misure
organizzative possibili per prevenire ed assicurare la necessaria protezione alle
vittime di molestie sessuali nella propria azienda.

Come dimostrare il mobbing e risarcire il danno?

Varie tipologie di danno:

- Danno patrimoniale: lucro cessante, difficoltà occupazionali


- Danno morale
- Danno alla vita di relazione
- Danno biologico e psichico.
Sentenza del 1° febbraio 2005 del Tribunale di Agrigento: condanna del dirigente
di un istituto scolastico al risarcimento del danno patrimoniale e di quello non
patrimoniale (biologico, morale ed esistenziale) per la condotta mobbizzante tenuta
nei confronti di un dipendente.

Non è facile dimostrare che i danni subiti di qualsiasi natura siano una diretta
conseguenza delle azioni mobbizzanti: non basta documentare la consequenzialità tra
comportamento ed evento, ma è necessario che l’evento rappresenti, secondo un
criterio di regolarità statistica, una conseguenza normale del comportamento.

Cosa succede negli altri paesi europei?

Svezia, Ente nazionale per la salute e la sicurezza (1993): ordinanza contenente


misure contro il mobbing denominata Swedish Act, un codice comportamentale per
la gestione delle relazioni all’interno dei luoghi di lavoro e delle (ri)soluzioni
possibili. Definisce per la prima volta il mobbing come persecuzione sul posto di
lavoro fornendo una definizione della problematica tuttora condivisa.

Norvegia, legge 21 del 24 giugno 1994: “i lavoratori non devono essere esposti a
molestie o ad altri comportamenti sconvenienti”.

Regno Unito, 1996, istituita la UK Workplace Bullying Advice Line: per assistere
le vittime e raccogliere informazioni sul fenomeno.

Regno Unito, 1997, Protection from Harassment Act.

Regno Unito, 2001: consultazione sulla parità e non discriminazione sul lavoro.

Francia, legge 73 del 17 gennaio 2002 sulla modernizzazione sociale (sezione


Lutte contre le harcelement moral au travail): nessuno può subire
ridimensionamenti e demansionamenti per aver testimoniato o riferito comportamenti
mobbizzanti. Inserisce nel codice penale una norma che sanziona “il fatto di
molestare gli altri attraverso comportamenti ripetuti aventi per oggetto o per effetto
una degradazione delle condizioni di lavoro suscettibili di ledere i diritti e la dignità
del lavoratore, di alterarne la salute fisica o mentale o di comprometterne l’avvenire
professionale”.

Altre nazioni: situazione simile all’Italia: manca l’approvazione di una normativa


specifica per il mobbing e la tutela giuridica è garantita attraverso l’applicazione di
norme di carattere più generale.
Unione europea e mobbing:

Risoluzione del Consiglio del 29 maggio 1990: protezione della dignità della donna
e dell’uomo al lavoro. Fa riferimento anche alla creazione di un “ambiente di lavoro
intimidatorio, ostile o umiliante” (molestia ambientale).

Direttiva 2000/43/Ce del Consiglio del 29 giugno 2000: applicazione del principio
di uguaglianza di trattamento delle persone indipendentemente dall’origine razziale o
etnica.

Direttiva 2000/78/Ce del Consiglio del 27 novembre 2000: quadro generale per la
parità di trattamento in materia di occupazione e condizioni di lavoro: le molestie
sono da considerarsi una discriminazione in caso di comportamento indesiderato
adottato sulla base della religione o delle convinzioni personali, degli handicap,
dell’età o delle tendenze sessuali ed avente lo scopo o l’effetto di violare la dignità di
una persona e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante ed
offensivo.

Risoluzione 2001/2339 (INI) del parlamento europeo: invita gli stati membri ad
una revisione della normativa interna in materia di mobbing e molestie sessuali.

Risoluzione sulla promozione della salute e della sicurezza sul lavoro 2004/2205
(INI) del parlamento europeo: invita la Commissione ad includere nel suo
programma di azione alcuni dei problemi di genere con i quali le donne e gli uomini
si confrontano, come stress, violenza, mobbing e altre molestie sul luogo del lavoro.
Necessità di approfondire ulteriormente l’indagine sulle malattie professionali e la
loro prevenzione attribuendo a quelle di tipo psicosociale l’importanza che meritano.

Terzo rapporto europeo sulle condizioni di lavoro nei paesi della Comunità: il
9% dei lavoratori ha segnalato di aver ricevuto intimidazioni sul luogo di lavoro
nell’ultimo anno.
Capitolo 7: Mobbing: che fare?

Dalla prevenzione al recupero:

Risulta più semplice fare prevenzione sugli antecedenti di carattere organizzativo.

Gli interventi di prevenzione primaria (per ridurre l’incidenza):

Interventi attuati prima che il problema specifico si verifichi al fine di evitare, o


ridurre al minimo, l’esposizione ai diversi fattori di rischio che possono favorirne o
innescarne l’insorgenza. Sono finalizzati a migliorare la qualità della vita lavorativa
ed anche per la prevenzione del mobbing.

Rischi emergenti: rischi di natura psicosociale legati alla qualità dell’ambiente di


lavoro.

Le indicazioni della Commissione consultiva permanente per la valutazione dello


stress lavoro-correlato richiedono di monitorare:

- Eventi sentinella: assenze, infortuni


- Fattori di contesto: relazioni sul lavoro, cultura organizzativa
- Fattori di contenuto: carico di lavoro, orario di lavoro.

Implementazione di diverse misure organizzative per il monitoraggio del sistema di


gestione delle risorse umane. Creazione di un adeguato job design, mantenimento di
una buona qualità della leadership e dei sistemi di gestione, buona gestione delle
discrepanze e dei conflitti.

Rendere chiaro a tutti la tolleranza zero verso le vessazioni e le discriminazioni.


Codice etico reale, specifica delle punizioni previste per chi disattiene i codici di
condotta ritenuti accettabili.

Investire in formazione, cioè:

- Interventi di sensibilizzazione/informazione: forte centratura su cosa sia il


mobbing, come riconoscerlo, come contrastarlo, ecc. Aiuta a riconoscere i
primi segnali di rischio e di difficoltà. Aumentare la conoscenza e la sensibilità
verso la problematica è già un’azione di prevenzione.
- Interventi formativi volti al miglioramento delle modalità di gestione delle
situazioni di mobbing e più in generale del personale all’interno degli
ambienti di lavoro: si basa sulla creazione di un ambiente di lavoro non
favorevole al mobbing. Ha un effetto diretto ed uno indiretto, di rafforzare i
processi generali di buona gestione e di buon funzionamento dei gruppi di
lavoro. Si formano le figure che si occupano di risorse umane sia rispetto
all’identificazione e alla gestione del mobbing sia riguardo alle pratiche di
gestione efficace delle risorse umane.

Comitati unici di garanzia (Cug): previsti dalla legge 183 del 2010 e con
composizione paritetica, hanno l’obiettivo di assicurare il benessere lavorativo dei
dipendenti, sono preposti all’eliminazione di qualsiasi forma di violenza sociale, alla
garanzia delle pari opportunità di genere e dell’assenza di discriminazione,
supportando l’organizzazione in termini di ottimizzazione della produttività.
Raccolgono dati, individuano cause possibili di malessere, propongono buone
pratiche o codici di condotta. Effettuano interventi formativi di sensibilizzazione al
personale. Hanno compiti di tipo:

- Propositivo: pianificazione di azioni concrete volte a migliorare, direttamente


o indirettamente, il benessere dei lavoratori
- Consultivo: formulazione di pareri
- Verifica: analisi dell’efficienza delle azioni promosse o implementate, verifica
dell’assenza di discriminazioni o abuso.

Gli interventi di prevenzione secondaria (per ridurre la prevalenza):

Tutti gli interventi specifici sui comportamenti di mobbing orientati a ridurne la


prevalenza. Si tratta di situazioni in cui il mobbing è già presente ma la prevenzione
può evitare le conseguenze nefaste dell’escalation.

Istituzione di organismi appositi: prima istanza fiduciaria per analizzare la


situazione senza giungere direttamente a strumenti giudiziari. Possono dare sostegno
alla vittima o consulenza all’organizzazione in merito a come gestire il caso e come
uscire in modo efficace dalla situazione problematica che si è venuta a creare.

Consigliere di fiducia (Raccomandazione della Commissione europea 92/13):


deve attuare il Codice di condotta dell’ente che ne richiede la collaborazione per
affrontare i casi di molestie, discriminazione e mobbing. Ha funzioni di ascolto,
mediazione e consulenza e tratta individualmente i casi. Ha conoscenze giuridiche e
relative ai codici di condotta, ma anche relative alle tecniche di ascolto, di colloqui e
di mediazione, oltre a conoscenza gestionali. Può anche intervenire in ambito di
formazione o proporre progetti volti a supportare la sua attività. Lavora a stretto
contatto con i Cug.

Istanze di ascolto (sportello mobbing, sportello antimobbing, sportello ascolto,


sportello assistenza e ascolto sul mobbing)): manca un censimento del numero e del
funzionamento di queste forme di ascolto o supporto, ma è evidente che in alcuni casi
sono attivate con personale qualificato, ma in altri casi, in assenza di competenze
specifiche, forniscono informazioni e consulenza generica.

Politiche organizzative antimobbing: forme di risarcimento alle vittime.

Altro: tempestività di intervento sugli eventi critici e capacità di imparare dagli


errori.

Politica amministrativa chiara rispetto al tema delle aggressioni e mobbing:


interventi tempestivi. Forte tendenza a considerare il mobbing responsabilità delle
persone coinvolte e delle loro caratteristiche e non dei processi organizzativi
sottostanti e rende difficile imparare dai propri errori.

Gli interventi di prevenzione terziaria (per ridurre il danno):

Interventi di recupero per limitare le conseguenze del mobbing in casi in cui il


mobbing è conclamato ed il malessere ed il disagio della persona sono molto forti.

Interventi organizzativi: dichiarazioni esplicite sui principi e riservatezza sui casi


particolari. Efficace ed affidabile procedura informale per analizzare la situazione
raccogliendo informazioni ed analizzando l’accaduto da più punti di vista, in questo
modo si coinvolgono poche persone ed evita ulteriori ripercussioni sul gruppo di
lavoro ed aumenta la possibilità di recupero della vittima. Presenza o immissione se
assenti di adeguate capacità organizzative per individuare, gestire e trattare le
situazioni di mobbing.

Mediazione: non sempre chi se ne occupa è qualificato per farlo e conosce la


dinamica del mobbing in maniera adeguata. La differenza di potere tra le due parti
coinvolte potrebbe rendere impari la mediazione. Potrebbe essere influenzata anche
dal vissuto psicologico.

Interventi individuali: interventi sulla salute tramite medici e psicologi, intervento


sindacale e legale.

Il caso di Paola:

Paola lavora in una filiale di una grande banca dove è arrivato un nuovo direttore che
lei affianca ed aiuta ad inserirsi. Successivamente però il ruolo di Paola viene
eliminato e lei si sente inutile, perde la propria identità professionale. La psicologa
alla quale si rivolge le consiglia un percorso di counselling.
Il caso di Riccardo:

Riccardo lavora in una grande azienda metalmeccanica dove, grazie al suo impegno e
dedizione, ha fatto carriera. A seguito di una fusione con una multinazionale viene
arretrato ad operaio. Le sue proteste sono inutili e cominciano le azioni vessatorie.
Riccardo comincia ad accusare i sintomi del mobbing fino al punto di agire in modo
autolesionistico. Psicologa e psicoterapeuta decidono per un intervento farmacologico
e per 6 mesi di astensione dal lavoro. Successivamente la Consigliera di parità
patteggia un’uscita dall’azienda con un’indennità economica.

Alcune esperienze: dall’Irlanda alla Norvegia, passando per la Danimarca…

Il caso task force del governo irlandese:

La task force ha l’obiettivo di indagare l’entità del fenomeno e sviluppare strategie di


contrasto preventivo. Hanno definito in modo univoco la questione e predisposto un
questionario. Hanno poi stilato la Carta della dignità sul lavoro contenente
raccomandazioni sui rischi collegati al mobbing ed esempi di politiche organizzative
volte al contrasto del fenomeno. Fornisce suggerimenti per la realizzazione di una
risposta coordinata da parte delle agenzie statali in grado di facilitare la gestione e la
prevenzione del fenomeno nei luoghi di lavoro. Formazione di un comitato
consuntivo per il mobbing sul lavoro all’interno dell’authority pubblica per la salute e
la sicurezza per vigilare sull’accoglimento delle raccomandazioni sviluppate dalla
task force ed eseguire un follow-up dell’indagine nazionale a 7 anni di distanza.

La Danish working environment authority(Dwea):

Istituita per contribuire alla creazione di condizioni di lavoro sicure, agisce anche
nell’ambito degli abusi sui luoghi di lavoro. Effettua ispezioni nelle aziende, propone
regole di condotta e diffonde informazioni riguardo alla salute sul lavoro. Può
penalizzare le aziende. Esiste inoltre un centro di ricerca per l’ambiente di lavoro che
pubblica articoli, anche di carattere psicologico, e copre una vasta gamma di
problematiche legate al mondo del lavoro.

Working without bullying in Norvegia (2005-2007):

Attività di divulgazione, stesura di linee guida ed organizzazione di eventi di


sensibilizzazione verso le tematiche del mobbing.
… e arrivando in Italia:

Il caso Atm-Satti a Torino (2001):

Hanno sottoscritto un accordo “di clima” con i rappresentanti delle organizzazioni


sindacali con l’obiettivo di stabilire un clima di rispetto reciproco e di soddisfazione
nelle relazioni sociali all’interno dell’ambiente di lavoro. In caso di condotte
discutibili era possibile rivolgersi alla “commissione di clima” composta da membri
esterni all’organizzazione che proponeva all’azienda una soluzione vincolante.
L’iniziativa ha contribuito ad accrescere la consapevolezza del fenomeno delle
vessazioni sul luogo di lavoro.

Il contributo delle Regioni: la regione Veneto:

Osservatorio regionale sul mobbing, disagio lavorativo e stress psicosociale sui


luoghi di lavoro: ricerca, consulenza, monitoraggio nei luoghi di lavoro, promuove
protocolli d’intesa e collaborazioni con organismi di vigilanza.

Centri di riferimento locali con psicologo, psicoterapeuta e medico, coi seguenti


compiti:

- Accertamento dello stato di disagio psicosociale o di malattia del lavoratore ed


eventuale indicazione del percorso terapeutico di sostegno, cura e riabilitazione
- Individuazione delle eventuali misure di tutela da adottarsi da parte dei datori
di lavoro nelle ipotesi di rilevati casi di disagio lavorativo
- Supporto ai Servizi di prevenzione, igiene, sicurezza ambienti di lavoro
(Spisal) nelle verifiche sui luoghi di lavoro per la valutazione dei rischi
psicosociali.

Sportelli di assistenza ed ascolto sul mobbing, sul disagio lavorativo e sullo stress
psicosociale; per fornire informazioni ed indicazioni sui diritti dei lavoratori e sulle
forme di tutela; orientamento alle strutture di supporto.

Formazione su mobbing e stress psicosociale ai medici di medicina generale, agli


operatori di sportelli di assistenza ed ascolto, agli operatori dei servizi di
prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro e di salute mentale.
Per concludere:

Progetto Prima-Ef (Psychosocial Risk Management-European Framework):


obiettivo di sviluppare un framework europeo per la gestione dei rischi psicosociali
con particolare riferimento allo stress lavoro-correlato ed alla violenza nei luoghi di
lavoro. Studio dello sviluppo, implementazione e valutazione delle politiche di
intervento nell’ambito del rischio psicosociale a livello nazionale, europeo ed
internazionale.

Creazione di una cultura fondata sul rispetto.

Sviluppare le competenze e le abilità sia dei lavoratori sia dei dirigenti; quando si
verifica un caso di mobbing sono necessarie una gestione ed una risoluzione
immediate, con la diretta partecipazione delle persone coinvolte.

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