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Un po’ di storia
Il termine deriva dall’inglese to mob che significa attaccare, assalire in massa e venne
utilizzato per la prima volta in etologia per definire la reazione di attacco collettivo di
un gruppo di animali nei confronti di un singolo percepito come il più forte, il
potenziale nemico da cui difendersi. Da qui si capisce la componente aggressiva del
mobbing, ma non basta. Possibili cause:
Ad un gruppo di lavoratori che aveva rifiutato un cambio di ruolo ma con gli stessi
trattamenti economici e di anzianità venne assegnato di punto in bianco una sede di
lavoro scomoda ed inutile senza nessuna mansione da svolgere. Gli altri lavoratori,
per evitare di subire la stessa sorte, li evitavano. Anche nei momenti comuni, come la
mensa, erano isolati dal resto dei lavoratori. Ne conseguì deprivazione dell’identità
professionale e sensazione di vuoto ed inutilità. Ai lavoratori fu più volte proposto sia
il cambio di ruolo, sia il rimanere a casa con lo stipendio ma senza fare nulla. Sono
stati registrati casi di aggressività e di autolesionismo tra tali lavoratori.
Bullismo e mobbing:
Si parla di mobbing quando una persona sul luogo di lavoro viene tormentata,
vessata, offesa, deresponsabilizzata da colleghi, superiori o sottoposti. Non si parla di
mobbing quando l’episodio si verifica occasionalmente e quando le due parti in
conflitto sono di uguale forza. I casi di mobbing non sono apprezzati nelle
organizzazioni e provocano danni da molti punti di vista sia sulle persone sia sulle
organizzazioni stesse.
La storia di Angela:
Angela lavora in un Comune della provincia di Milano. Una volta assunta prova a
dare suggerimenti per migliorare la situazione lavorativa ma il relativo gruppo di
lavoro è compatto e conservatore. La donna viene stigmatizzata ed isolata. Dopo un
primo periodo di malattia con sintomi di ansia e depressione torna al lavoro e viene
ulteriormente limitata a lavori di routine e senza la possibilità di utilizzare la rete
internet ed intranet. Dopo un secondo periodo di malattia causata dal riacutizzarsi dei
sintomi precedenti viene relegata a lavori insignificanti. Le sue lamentele ai superiori
non vengono ascoltate. Parlando con colleghi di altri uffici scopre che ad altri prima
di lei è stato riservato lo stesso trattamento per lo stesso motivo e tutti hanno
manifestato gli stessi sintomi e hanno chiesto il trasferimento. I suoi suggerimenti
sono inoltre stati giudicati adeguati. Angela ora ha chiesto il trasferimento e continua
nel suo lavoro di routine quando torna al lavoro tra un periodo di malattia e l’altro.
- Un’aggressione
- Protratta nel tempo
- Che in genere tende ad aumentare di intensità
- Associata alla percezione dell’impossibilità di difendersi
- L’aggressore vessa intenzionalmente col proprio comportamento e con le
proprie azioni con il preciso scopo di estrometterla dalla realtà sociale e
lavorativa.
Dati statistici.
Straining: una situazione di stress forzato sul posto di lavoro, in cui la vittima
subisce almeno un’azione che ha come conseguenza un effetto negativo
nell’ambiente lavorativo, azione che oltre ad essere stressante è caratterizzata anche
da una durata costante. La vittima è, rispetto alla persona che attua lo straining, in
persistente inferiorità. Lo straining viene attuato appositamente contro una o più
persone ma sempre in maniera discriminante.
- Pettegolezzi e maldicenze
- Isolamento sociale
- Assegnazione di compiti al di sotto della propria professionalità
- Critica continua ed ingiustificata circa il lavoro svolto ed i risultati
raggiunti
- Violenza o minaccia di violenza
- Insinuazioni circa un forte disagio mentale a carico della vittima.
Due macrocategorie:
La storia di Josey:
Da un film tratto da una storia vera. Josey scappa da un marito violento e torna a
vivere coi genitori assieme ai suoi figli e trova un lavoro. Successivamente trova
lavoro in una miniera, così, essendo pagata di più, si può permettere di andare a
vivere da sola. La miniera è un ambiente molto maschilista nel quale Josey e le
colleghe subiscono ogni genere di angheria, dagli scherzi pesanti ed umilianti alle
scritte sui muri alla denigrazione in paese fino alla violenza sessuale. Josey tenta di
ribellarsi ma non ha il sostegno delle colleghe, che hanno paura di perdere il lavoro.
Alla fine Josey trova il coraggio di abbandonare il lavoro e con l’aiuto di un avvocato
intenta una causa per mobbing alla compagnia petrolifera, causa da lei vinta.
In generale, oltre alla violenza fisica, gli attacchi alla vita privata appaiono di
incidenza più bassa rispetto alle azioni legate al lavoro. Queste ultime,
probabilmente, sono viste come socialmente più accettabili e, di conseguenza,
perpetrate con maggiore frequenza. Infine, anche isolamento e comunicazione
sembrano caratterizzare il mobbing in maniera più costante.
Il mobbing si verifica più frequentemente e dura più a lungo se è più alto il numero
delle persone coinvolte. Più a lungo dura il mobbing e più è difficile restare uno
spettatore neutrale.
Il mobbing è individuale nelle conseguenze negative, di impatto anche molto forte sul
benessere e sulla salute del lavoratore, ma origina dall’interazione di processi
individuali, di gruppo ed organizzativi. Interazioni che vedono cambiamenti di
relazioni, di comportamenti e di percezioni durante l’escalation del processo.
- Episodio di conflitto
- Sanzione del mobbizzato
- Vessazione nel tempo
- L’organizzazione viene a conoscenza del problema ed ha l’occasione di
intervenire ed interrompere il ciclo.
- Se non interviene, la vittima viene isolata
- La vittima lascia l’organizzazione, aumentando l’ansia dei colleghi e
preparando il terreno per un nuovo incidente che potrebbe dar vita ad una
nuova fase 1.
Il caso di Carlo:
Carlo lavora in una ditta metalmeccanica del nord Italia e riceve una promozione ma
in contemporanea vengono licenziati 2 collaboratori. Questa situazione porterà ad una
spirale negativa nei suoi confronti fatta di sospetti da parte dei collaboratori rimasti,
lavoro extra a causa dei due licenziamenti e intermediazioni fallite coi sindacati al
punto che Carlo, non ricevendo supporto, dopo diversi mesi dà le dimissioni.
La classificazione è in genere sulla base del tipo di relazione tra gli attori coinvolti
nel processo:
Una degli esiti più gravi del mobbing è la capacità di minare l’immagine di sé e la
percezione di non poter uscire dalla situazione estremamente negativa che si è venuta
a creare al punto che anche cambiando posto di lavoro, senza un adeguato
trattamento, queste percezioni rimangono anche se il mobbing è sparito. Modello:
Nel mondo del lavoro le donne si trovano in misura molto inferiore rispetto agli
uomini in una posizione gerarchica elevata o comunque di maggiore potere.
Non esistono differenze tra uomini e donne per quanto riguarda l’essere vittima di
mobbing. Il mobber con maggiore probabilità è uomo ed il mobbizzato sembra invece
essere indifferentemente maschio o femmina. Anche gli esiti negativi emergono come
pressoché analoghi negli uomini e nelle donne. Per quanto riguarda le molestie
sessuali, le donne sono maggiormente soggette, ma non c’è accordo se considerarle
azioni mobbizzanti o meno.
Per quanto riguarda i gruppi minoritari, differiscono dal gruppo principale per
caratteristiche salienti e presentano rischio elevato di esclusione sociale dal gruppo,
questa è una precondizione che può favorire il mobbing oltre ad essere un modo di
metterlo in atto.
Capitolo 4: Le cause del mobbing: personalità o ambiente di lavoro?
Di chi è la colpa?
Tutti questi precursori sono anche esiti del mobbing in un circolo vizioso che li fa
aumentare a causa del mobbing stesso.
Spesso le persone che si trovano in mezzo tra le due figure direttamente interessate
spesso prendono le parti del carnefice per paura di diventare a loro volta vittima e
questo ha un effetto sia sulla coesione sia sulle norme di gruppo ed incoraggia
l’aggressore a persistere nel suo comportamento. Sono stati inoltre rilevati episodi di
imitazione. Può anche capitare che il gruppo supporti l’azione di mobbing a causa di
una tendenza dei gruppi a trovare un “capro espiatorio” per determinati problemi
all’interno del posto di lavoro. Altra situazione a rischio è lo status inconsistente,
quando la differenza di potere all’interno di un gruppo si basa su aspetti come età,
genere ed etnia. Alti livelli di conflitto sul compito e scarsa apertura comunicativa
sono fattori in grado di predire elevati livelli di mobbing.
Il caso di Luigi:
Luigi lavora nel pronto soccorso di una città del nord dopo essersi trasferito dal sud
per studio. Appena inizia a lavorare si dimostra disponibile ad aiutare e a sostituire i
colleghi assenti, questo però lo mette in cattiva luce di fronte ai colleghi, che lo
pensano un opportunista in cerca di carriera. Comincia quindi a notare piccoli
dispetti, maldicenze che rovinano il suo rapporto coi medici, in precedenza ottimo,
distanza dai colleghi, anche da quelli neoassunti, derisione ed insulti nei corridoi.
Inoltre gli vengono addossate le responsabilità dello scarso rendimento del reparto.
Si può notare nella storia, oltre alle azioni vessatorie, la scelta della vittima come
capro espiatorio degli errori.
Gli ambienti di lavoro più ostili sono associati alle forme più severe di mobbing.
Nel film Anna è una impiegata modello di una ditta che ha appena subito una fusione.
Dopo un promo periodo di entusiasmo, però, cominciano a sentirsi i cambiamenti
post-fusione. Anna ha una vita lavorativa appagante ma le colleghe, da sempre
invidiose di le, cominciano a dimostrarle aggressività. La situazione peggiora quando
Anna viene assegnata all’archivio fatture per poi essere continuamente spostata su
ruoli sempre meno qualificanti. Gli effetti sulla sua salute sono devastanti: attacchi di
panico, ansia e depressione. Dopo un periodo di malattia, al rientro al lavoro le cose
peggiorano ulteriormente. Alla fine viene invitata a firmare le dimissioni. Grazie al
supporto del sindacato vincerà la causa per mobbing ottenendo un risarcimento ma
non verrà reintegrata al lavoro.
Quali conseguenze?
Conseguenze sull’individuo:
Esiste una soglia individuale di resistenza alla violenza psicologica che dipende
dall’intensità della violenza, dal tempo di esposizione e da fattori personali. Individui
diversi possono reagire differentemente a situazioni simili e lo stesso individuo piò
reagire diversamente di fronte a situazioni simili in momenti diversi della propria
vita.
Dopo essersi accorto del trattamento da parte dei colleghi si sforza di essere il più
amichevole possibile ma inutilmente. Dopo 6 mesi è sempre più isolato ed anche i
medici non gli danno più pareri. Comincia ad accusare mal di testa, insonnia e
capogiri. Mostra ansia all’idea di tornare al lavoro. Dopo due anni soffre anche di
problemi di natura gastrica e digestiva. I medici che lo seguono sono concordi che sia
necessario un cambiamento nel lavoro e Luigi dà le dimissioni ma dopo un mese a
casa ancora soffre dei sintomi e non ha la forza di cercare un nuovo lavoro.
Purtroppo la persona in genere arriva a chiedere aiuto in una fase molto avanzata del
processo persecutorio, quando ormai le conseguenze sulla propria salute psicofisica
hanno già raggiunto un’elevata gravità e risulta quindi impossibile effettuare
interventi di tipo preventivo.
Agire come mobber può essere una strategia focalizzata al fronteggiamento della
situazione per difendere se stessi da ulteriori maltrattamenti.
La famiglia può diventare essa stessa vittima delle conseguenze del mobbing a causa
dell’aumento dell’irritabilità, del cambiamento nella comunicazione all’interno del
nucleo familiare e del generale senso di negatività.
Sia la vittima che l’aggressore tendono ad essere isolati dal resto del gruppo, la cui
efficienza è negativamente influenzata dagli episodi di mobbing. Generale
deterioramento del clima lavorativo con formazione di sottogruppi, relazioni
interpersonali non aperte e trasparenti, comunicazione informale limitata.
Cambiamento nelle norme implicite relative ai comportamenti considerati accettabili
o meno.
In sintesi: perdita di efficienza e cambiamento delle norme che regolano la vita del
gruppo.
E a livello organizzativo:
In termini economici risulterebbero molto meno onerose le azioni per prevenire tali
situazioni rispetto ai costi diretti ed indiretti relativi alle conseguenze negative, tra cui
anche il danno all’immagine esterna o sul brand dell’azienda. È stato stimato che una
persona colpita da mobbing costi il 180% in più rendendo il 40% in meno rispetto ad
un lavoratore non mobbizzato.
Capitolo 6: Cosa dice la legge: la regolamentazione in Italia ed in Europa:
Partiamo dall’Italia:
Sentenza 18093 del 25 luglio 2013 della Cassazione civile, sez. lavoro: ha
confermato la sentenza della Corte d’appello di Torino che annullava il licenziamento
di un lavoratore e contemporaneamente condannava l’azienda a pagare, oltre alle
relative retribuzioni maturate, anche un risarcimento per il danno morale subito. Il
datore di lavoro è stato accusato di omessa responsabilità civile e penale (artt. 2087 e
2049 cc) ovvero per la mancata predisposizione di misure volte a tutelare l’integrità
fisica e la personalità morale del proprio dipendente. Il datore di lavoro è tenuto ad
implementare e strutturare un’organizzazione del lavoro volta a prevenire e
scoraggiare condotte che possano danneggiare l’integrità fisica o morale dei
dipendenti.
Dalla tutela della libertà e dignità del lavoratore alla sicurezza e prevenzione sul
lavoro:
D.lgs. 626 del 1994 e d.lgs. 81 del 2008: riguardano la salute e la sicurezza negli
ambienti di lavoro, il secondo in particolare impone obblighi ai datori di lavoro,
preposti e lavoratori a salvaguardia dell’ambiente di lavoro, prevedendo anche la
presenza di organismi specifici di controllo della salute ed integrità fisica dei
dipendenti, quali il medico competente ed il rappresentante dei lavoratori per la
sicurezza. Il mobbing può essere fatto rientrare all’interno dell’ampia categoria
“rischio professionale per la salute e sicurezza”. L’articolo 28 del d.lgs. 81 obbliga il
datore di lavoro a valutare tutti i rischi ivi compresi quelli stress lavoro-correlati.
Articolo 2103 del Codice civile: ”il prestatore di lavoro deve essere adibito alle
mansioni per le quali è stato assunto”, fine della norma è tutelare la professionalità
del lavoratore quale espressione della sua libertà e dignità.
La molestia sessuale:
Sentenza 143 dell’8 gennaio 2000 della Corte di Cassazione: tali atti “costituiscono
uno dei comportamenti più detestabili fra quelli che possono ledere la personalità
morale e, come conseguenza, l’integrità psicofisica dei prestatori d’opera
subordinati”.
Il datore di lavoro può essere accusato di non avere attuato tutte le misure
organizzative possibili per prevenire ed assicurare la necessaria protezione alle
vittime di molestie sessuali nella propria azienda.
Non è facile dimostrare che i danni subiti di qualsiasi natura siano una diretta
conseguenza delle azioni mobbizzanti: non basta documentare la consequenzialità tra
comportamento ed evento, ma è necessario che l’evento rappresenti, secondo un
criterio di regolarità statistica, una conseguenza normale del comportamento.
Norvegia, legge 21 del 24 giugno 1994: “i lavoratori non devono essere esposti a
molestie o ad altri comportamenti sconvenienti”.
Regno Unito, 1996, istituita la UK Workplace Bullying Advice Line: per assistere
le vittime e raccogliere informazioni sul fenomeno.
Regno Unito, 2001: consultazione sulla parità e non discriminazione sul lavoro.
Risoluzione del Consiglio del 29 maggio 1990: protezione della dignità della donna
e dell’uomo al lavoro. Fa riferimento anche alla creazione di un “ambiente di lavoro
intimidatorio, ostile o umiliante” (molestia ambientale).
Direttiva 2000/43/Ce del Consiglio del 29 giugno 2000: applicazione del principio
di uguaglianza di trattamento delle persone indipendentemente dall’origine razziale o
etnica.
Direttiva 2000/78/Ce del Consiglio del 27 novembre 2000: quadro generale per la
parità di trattamento in materia di occupazione e condizioni di lavoro: le molestie
sono da considerarsi una discriminazione in caso di comportamento indesiderato
adottato sulla base della religione o delle convinzioni personali, degli handicap,
dell’età o delle tendenze sessuali ed avente lo scopo o l’effetto di violare la dignità di
una persona e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante ed
offensivo.
Risoluzione 2001/2339 (INI) del parlamento europeo: invita gli stati membri ad
una revisione della normativa interna in materia di mobbing e molestie sessuali.
Risoluzione sulla promozione della salute e della sicurezza sul lavoro 2004/2205
(INI) del parlamento europeo: invita la Commissione ad includere nel suo
programma di azione alcuni dei problemi di genere con i quali le donne e gli uomini
si confrontano, come stress, violenza, mobbing e altre molestie sul luogo del lavoro.
Necessità di approfondire ulteriormente l’indagine sulle malattie professionali e la
loro prevenzione attribuendo a quelle di tipo psicosociale l’importanza che meritano.
Terzo rapporto europeo sulle condizioni di lavoro nei paesi della Comunità: il
9% dei lavoratori ha segnalato di aver ricevuto intimidazioni sul luogo di lavoro
nell’ultimo anno.
Capitolo 7: Mobbing: che fare?
Comitati unici di garanzia (Cug): previsti dalla legge 183 del 2010 e con
composizione paritetica, hanno l’obiettivo di assicurare il benessere lavorativo dei
dipendenti, sono preposti all’eliminazione di qualsiasi forma di violenza sociale, alla
garanzia delle pari opportunità di genere e dell’assenza di discriminazione,
supportando l’organizzazione in termini di ottimizzazione della produttività.
Raccolgono dati, individuano cause possibili di malessere, propongono buone
pratiche o codici di condotta. Effettuano interventi formativi di sensibilizzazione al
personale. Hanno compiti di tipo:
Il caso di Paola:
Paola lavora in una filiale di una grande banca dove è arrivato un nuovo direttore che
lei affianca ed aiuta ad inserirsi. Successivamente però il ruolo di Paola viene
eliminato e lei si sente inutile, perde la propria identità professionale. La psicologa
alla quale si rivolge le consiglia un percorso di counselling.
Il caso di Riccardo:
Riccardo lavora in una grande azienda metalmeccanica dove, grazie al suo impegno e
dedizione, ha fatto carriera. A seguito di una fusione con una multinazionale viene
arretrato ad operaio. Le sue proteste sono inutili e cominciano le azioni vessatorie.
Riccardo comincia ad accusare i sintomi del mobbing fino al punto di agire in modo
autolesionistico. Psicologa e psicoterapeuta decidono per un intervento farmacologico
e per 6 mesi di astensione dal lavoro. Successivamente la Consigliera di parità
patteggia un’uscita dall’azienda con un’indennità economica.
Istituita per contribuire alla creazione di condizioni di lavoro sicure, agisce anche
nell’ambito degli abusi sui luoghi di lavoro. Effettua ispezioni nelle aziende, propone
regole di condotta e diffonde informazioni riguardo alla salute sul lavoro. Può
penalizzare le aziende. Esiste inoltre un centro di ricerca per l’ambiente di lavoro che
pubblica articoli, anche di carattere psicologico, e copre una vasta gamma di
problematiche legate al mondo del lavoro.
Sportelli di assistenza ed ascolto sul mobbing, sul disagio lavorativo e sullo stress
psicosociale; per fornire informazioni ed indicazioni sui diritti dei lavoratori e sulle
forme di tutela; orientamento alle strutture di supporto.
Sviluppare le competenze e le abilità sia dei lavoratori sia dei dirigenti; quando si
verifica un caso di mobbing sono necessarie una gestione ed una risoluzione
immediate, con la diretta partecipazione delle persone coinvolte.