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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PARMA

COMUNICAZIONE E MEDIA CONTEMPORANEI PER LE INDUSTRIE CREATIVE

Amori Violenti
violenza all'interno della coppia e violenza assistita

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Indice
1. Cos'è la violenza di genere contro le donne......................................................................3
2. Intimate Partner Violence..................................................................................................4
2.1. L’uomo violento.............................................................................................................4
2.2. La teoria del ciclo della violenza di Lenore E. Walker..................................................6
2.3. Tipologie di violenza......................................................................................................7
2.4. Perchè le donne continuano in relazioni violente?.........................................................8
3. Violenza assistita: i bambini che assistono alla violenza..................................................9
3.2. I danni della violenza assistita......................................................................................10
4. Conclusioni.......................................................................................................................11

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1. Cos'è la violenza di genere contro le donne
Prima di approfondire l'argomento della violenza nelle relazioni intime, è necessario
definire cosa si intende per violenza di genere contro le donne e perché il genere è alla base
di questo fenomeno.

Nell'articolo 1 della “Dichiarazione delle Nazioni Unite sull'eliminazione della violenza


contro le donne"1 del 1993, la violenza contro le donne è definita come “Ogni atto di
violenza indirizzato al genere femminile che rechi o possa recare alle donne un pregiudizio
o sofferenze fisiche, sessuali o psicologiche, compresa la minaccia di tali atti, la coercizione
o la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica che nella vita privata”.

D'altra parte, nel testo della “Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la
lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica” 2, firmata a
Istanbul a maggio 2011, la violenza nei confronti delle donne viene definita come “una
violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione contro le donne, comprendente
tutti gli atti di violenza fondati sul genere che provocano o sono suscettibili di provocare
danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica o economica, comprese le minacce
di compiere tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita
pubblica, che nella vita privata”

Sulla base di queste definizioni si può affermare che la violenza di genere è una forma di
violenza basata sul desiderio di controllo, dominio e oppressione del genere maschile sul
genere femminile.

Nelle definizioni precedenti si menziona la stessa parola genere, ma cosa c'entra il genere
con la violenza? Esistono due generi umani, femminile e maschile, che possono essere
definiti come un insieme di ruoli, attività, caratteristiche psicologiche e comportamentali
che la società ritiene appropriate per un uomo o una donna. Tuttavia, oltre a queste
rappresentazioni imposte dalla società, c'è la personalità dell'individuo che ha
predisposizioni, gusti e tendenze particolari e uniche. Quindi cosa succede quando una
donna fa qualcosa che la società non considera propria del suo genere femminile? Se si

1 La “Dichiarazione delle Nazioni Unite sull’Eliminazione della Violenza Contro le Donne” nasce durante la
terza Conferenza Mondiale sui “Diritti Umani delle Donne” tenutasi a Vienna dal 14 al 25 giugno del 1993.
2 Convenzione di Istanbul è stata aperta dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa il 7 aprile 2011 e
aperta alla firma l’11 maggio 2011.
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esaminano strutturalmente gli atti di violenza contro le donne, si trova uno schema comune:
quando una donna non rientra negli stereotipi di ciò che ci si aspetta da lei come donna,
spesso è vittima di una situazione di violenza e questo è ciò che si chiama violenza di
genere contro le donne.

Pertanto, il termine "violenza di genere" serve a riconoscere che il fenomeno non è solo una
violazione dei diritti delle donne, ma una reazione dell’uomo alla non adesione a quello che
ormai da secoli prevede la società essere giusto e corretto per il genere femminile.

2. Intimate Partner Violence


Generalmente, la violenza di genere si sviluppa all'interno di un contesto più intimo come le
relazioni di coppia. La letteratura inglese ha definito questo tipo di violenza contro il
partner come Intimate Partner Violence.

Nei media c'è la tendenza a parlare di violencia all’interno della coppia in modo molto
confuso, motivo per cui è necessario specificare cosa non è caratteristico di una relazione
violenta.

Francesca Pidoni in Amori violenti specifica che la violenza non è un conflitto, poiché nel
conflitto c'è flessibilità, cioè entrambi gli individui iniziano a negoziare e si trova una
soluzione positiva alternativa che li fa vincere entrambi, mentre nella violenza prevale la
volontà di un singolo individuo. Ci dice anche che la violenza non è il risultato di un
rapimento. L'atto violento, psicologico, verbale o fisico, non è isolato ma all'interno di
specifiche modalità relazionali. Non capita una volta sola ed è eccezionale, ma è qualcosa
che caratterizza quel rapporto nella quotidianità. Infine, afferma che la violenza non è uno
spazio comunicativo dinamico. Nella violenza non c'è confronto tra i due individui, ma ci
sono posizioni cristallizzate di entrambi.

2.1. L’uomo violento


Questo tipo di relazione inizia come tutte le storie d'amore, e non è facile riconoscere a
prima vista se l'uomo con cui stiamo uscendo e che incontriamo sia un potenziale
aggressore. Tuttavia, ci sono alcune caratteristiche che sono simili tra gli uomini violenti e
che possono aiutarci a identificarli:

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• Controllo: questi individui tendono a controllare il proprio partner e ad essere
molto gelosi. Possono anche provare a controllare il comportamento del loro
partner.

• Insicurezza: gli aggressori tendono ad essere insicuri, questo gli porta a sentirsi
minacciati dal proprio partner e a mettere in atto comportamenti aggressivi.

• Difficoltà nell'esprimere le emozioni: questi individui possono avere problemi


nell'esprimere le proprie emozioni, questo può portarli a esprimersi in modo
aggressivo.

• Bassa tolleranza alla frustrazione: gli uomini violenti possono avere una bassa
tolleranza alla frustrazione e possono reagire in modo aggressivo a tutto ciò che
impedisce loro di ottenere ciò che vogliono.

• Narcisismo: i maltrattatori sono spesso narcisisti e possono aspettarsi che i loro


partner soddisfino i loro bisogni senza tener conto i bisogni dell’altra persona.

Anche, grazie ad alcune ricerche, è stato possibile raggrupare agli uomini violenti in quattro
tipi di profili psicologici.

• Family-only-batter: sono uomini aggressivi solo all'interno delle mura


domestiche, che non manifestano pubblicamente comportamenti che verrebbero
riconosciuti come aggressivi e pericolosi. Raramente da bambini sono stati
vittime di violenza. Da adulti dimostrano di avere scarse competenze sociali, di
mal tollerare lo stress e di fare uso saltuario di alcool e droghe. Il ricorrere alla
violenza provoca in loro pentimento e sofferenza

• Dysphoric o borderline-batter: sono uomini che esercitano violenza con lo scopo


di controllare e possedere. Si tratta di persone instabili, che alternano stati di
paura a stati depressivi. Rispetto alla categoria sopra presentata sono più
aggressivi e violenti anche in contesti extra familiari. I loro atti violenti vengono
giustificati da convinzioni palesemente misogine.

• Generally violent e antisocial batter: uomini violenti e antisociali, tanto da avere


già precedenti penali. Hanno una visione della sessualità estremamente rigida.
Sono manipolatori ma affascinati, totalmente manchevoli di empatia e

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competenze sociali. Non mostrano alcun pentimento per la violenza inflitta,
tanto da non assumersene nemmeno la responsabilità. Nell'infanzia sono stati
spesso testimoni o vittime di violenza.

• Low level antisocial: uomini particolarmente problematici, il cui


comportamento è mosso dal disprezzo delle regole sociali e dei sentimenti altrui.
Sono impulsivi, irritabili, aggressivi, irresponsabili e totalmente incapaci di
provare rimorso

2.2. La teoria del ciclo della violenza di Lenore E. Walker


La violenza ha una forma ciclica, poiché gli aggressori alternano momenti di dolcezza ad
abusi, questo porta la vittima a sentirsi insicura e non decide di chiudere la relazione.
Secondo la teoria di Lenore E. Walker 3, la violenza si sviluppa in tre fasi che si ripetono nel
tempo e aumentano gradualmente, diventando ogni volta più pericolose per la vittima.

La prima fase è definita come il crescere della tensione in cui l'abusante inizia ad assumere
atteggiamenti ostili nei confronti della donna. In questa fase si riscontrano violenze verbali
e psicologiche. L'uomo giustifica il suo comportamento con lo stress dovuto a cose che
accadono nella sua vita e accusa alla donna di essere responsabile della sua insoddisfazione.
La vittima, invece, cerca di essere gentile e accomodante con tutto ciò che lui chiede,
curando il modo in cui agisce per non peggiorare la situazione. Nella seconda fase detta
l’episodio violento, l'uomo compie il primo atto di violenza fisica e ogni volta il livello di
intensità e gravità aumenta. La vittima si sente impotente, perché pur avendo cura del
proprio comportamento, non riesce a bloccare la violenza. Poco dopo si entra nell'ultima
fase definita la luna di miele, in questa fase l'aggressore diventa la persona più dolce e
tenera del mondo e, in una sottofase chiamata "pentimento amorevole", chiede scusa alla
vittima. Potrebbe fare dei regali alla vittima o dirgli che andrà tutto meglio, che andrà in
terapia. È come se la vittima si svegliasse da un incubo e si trovasse di fronte all'uomo
amorevole che aveva conosciuto al inizio dalla relazione, quell'uomo che la faceva sentire
l'unica donna importante per lui. In questa fase c'è anche una seconda sottofase, più sottile,
quella di "scarico di responsabilità", in cui lui, anche dopo aver chiesto scusa per

3 Leonore E. Walker è una psicologa americana fra i primi a studiare in maniera approfondita il fenomeno
della violenza domestica
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l'accaduto , affermerà di non essere responsabile dell'azione violenta e la colpa di quello che
è successo è della donna, del lavoro, degli amici, ecc.

Tuttavia, è importante capire che l'aggressore non si fermerà mai e ci saranno sempre meno
lune di miele e più tensione nella relazione. Solo perché un uomo è dolce e attento non
significa che non possa essere un uomo violento.

« In una relazione violenta ci può essere per molto tempo la luce ma ciò non significa che non ci
saranno più momenti di buio »

Pag 47, Amori Violenti-Francesca Pidone


2.3. Tipologie di violenza
Molte volte si tende a pensare che la violenza di coppia sia limitata solo ai litigi che
finiscono a botte, perchè è la violenza che lascia il segno ed è più facile da riconoscere, ma
non è così. Diverse sono le forme di violenza che vengono esercitate in questo tipo di
relazione: abuso fisico, abuso psicologico, violenza economica, violenza sessuale e stalking
.

Il termine abuso fisico si riferisce a tutti i comportamenti che sono dannosi per l'integrità
fisica delle donne. Ad esempio, colpire, spingere, mordere, strangolare e aggredire con le
armi. Questi atti possono portare la vittima a subire traumi reversibili o meno.

Per abuso psicologico si intende qualsiasi forma di abuso e mancanza di rispetto che leda la
dignità della donna. Esempi di abuso psicologico includono insulti, minacce, intimidazioni,
controllo eccessivo, manipolazione e isolamento sociale. Questi comportamenti possono
avere un profondo impatto sulla vittima, sia fisicamente che emotivamente. La vittima può
sentirsi insicura, inutile, ansiosa e depressa. A lungo termine, l'abuso psicologico può
influire sulla salute mentale della vittima e portarla a sviluppare ansia, depressione e
disturbi da stress posttraumatico.

La violenza economica si riferisce a tutte le strategie per limitare e controllare


l'indipendenza economica delle donne . Alcuni esempi potrebbero impedirle di andare a
lavorare, impedirle di aprire un conto in banca e impedire l'accesso alle informazioni
relative al reddito familiare .

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C'è anche l'idea che la violenza sessuale non avvenga all'interno delle mura domestiche,
invece è qualcosa che spesso accade nel letto matrimoniale. La violenza sessuale è
riconosciuta come qualsiasi pratica sessuale in cui una donna è costretta a compierla contro
la sua volontà. In questo caso si parla di stupro, tentato stupro, molestie sessuali, rapporti
con terzi, attività umilianti. Molte volte le donne "accettano" questa situazione per paura di
ciò che potrebbe accadere in seguito se rifiutano, questo provoca molti danni alla struttura
della personalità della vittima che cercherà meccanismi di difesa per affrontare questa
situazione, questi meccanismi di difesa, a parte l'ansia e depressione, può portare alla
dissociazione.

Lo stalking è un comportamento che implica il tracciamento di una persona, la sorveglianza


o ripetuti contatti indesiderati. Ciò si verifica quando l'abusante non accetta che il suo ex
partner lo abbia abbandonato. Può includere l'uso di minacce verbali, l'invio di messaggi
non richiesti, l'invasione della privacy, il bullismo online, aggressioni fisiche ed altri
comportamenti simili.

2.4. Perchè le donne continuano in relazioni violente?


Cerchiamo di non farlo, ma quando vediamo alcuni casi di omicidi di donne per mano dei
loro partner o ex partner, a volte è inevitabile chiedersi perché non hanno fermato quei
colpi, perché non sono andati a chiedere aiuto, perché non li hanno segnalati. Domande
facili da rispondere se sei una persona che sta bene, che non ha problemi, che si sente amata
e protetta dalla sua famiglia. Ma è una delle domande più difficili a cui rispondere se la
persona che viene posta è una donna abusata, dominata, spaventata e la cui autostima è
letteralmente a terra. Possiamo comunque ipotizzare alcuni motivi per cui le donne non
denunciano e restano con i loro partner violenti.

Il motivo più comune è che le vittime pensano di poter cambiare al partner. Vivere momenti
di felicità con il suo partner fa credere alla vittima che lui la ama veramente e che questi
momenti di aggressività sono temporanei e che insieme possono superare questa difficoltà.
Tuttavia, l'unico modo in cui un uomo violento può cambiare è riconoscere di avere una
patologia e decidere di sottoporsi a una seduta di terapia con uno psicologo o uno
psichiatra.

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Il secondo motivo è che gli aggressori fanno credere alle vittime che sia la loro colpa.
Quindi le vittime pensano che gli atti di violenza siano causati da qualcosa che hanno fatto,
e se non riescono ad adattare il loro comportamento a ciò che vuole l'uomo, saranno
colpevoli della distruzione della relazione.

C'è anche un'idea molto comune tra le donne vittime di violenza ed è la paura di non sapere
se riusciranno ad affrontare la vita da sole, la paura di quello che può succedere loro al di
fuori della relazione violenta è molto più grande di quello che sta già accadendo loro
all'interno della relazione violenta.

Come previsto, avere figli in una relazione violenta peggiora la situazione, poiché la donna
non pensa più solo alla sua sofferenza ma anche a quella dei suoi figli. Questo può portare
la donna a sentirsi responsabile di non poter proteggere i propri figli e di non poter dare loro
una famiglia che li faccia sentire protetti. La vittima può avere dei dubbi quando si tratta di
allontanare l'aggressore dai suoi figli, perché pensa che gli toglierebbe la figura paterna. La
vittima può temere che i suoi figli si schierino dalla parte dell'aggressore, perché
quest'ultimo cambia costantemente il suo ruolo da aggressore a vittima. La vittima può
anche avere difficoltà a gestire l'economia domestica per il futuro dei propri figli. Tutti
questi dubbi, paure e difficoltà portano la vittima a sperare in un domani migliore e non
decidere di lasciare all’uomo.

Uno dei motivi più cruciali è che la vittima della violenza trova difficile ricevere aiuto delle
persone che gli stanno vicino. Questa mancanza di sostegno sociale, parentale e persino
istituzionale è ciò che impedisce alle donne di lasciare quel rapporto che le fa tanto male.
Molte volte sono gli stessi familiari o amici stretti a giudicarli o ad incolparli per aver
voluto distruggere una relazione. Si continua ad evidenziare l'idea che la vittima non è una
vittima e che deve esserci sempre un motivo per cui l'aggressore ha agito violentemente,
giustificando chi è veramente responsabile.

3. Violenza assistita: i bambini che assistono alla violenza


Finora il problema della violenza da parte del partner è stato presentato soffermandosi sulle
donne maltrattate, ma non sono le uniche vittime di questo problema, anche i figli di queste
donne ne sono vittime. La violenza assistita implica i traumi che possono essere verificati
essendo ripetutamente esposti a episodi di violenza. I danni causati dalla violenza assistita

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sono meno notevoli degli atti di violenza commessi direttamente sui bambini: percosse,
abusi sessuali. È importante comprendere e prendere coscienza che la crescita dei bambini e
la loro stabilità da adulti è direttamente legata alla stabilità e serenità del loro ambiente
familiare. Così come è importante sottolineare che aver avuto un padre violento non
significa necessariamente essere un uomo violento da adulto, come abbiamo visto prima nel
paragrafo degli perfili psicologiche degli uomini violenti. Secondo l'ISTAT 4 2007, solo il
30% degli uomini violenti aveva un padre che picchiava la madre, cioè 3 su 10.

Questo è un fenomeno da non sottovalutare, ma i genitori sono i primi a sottovalutare i


danni della violenza subita dai propri figli. Molti genitori, alla domanda sulla percezione
dei propri figli di eventi conflittuali e violenti, tendono a rispondere in modo difensivo che i
bambini non sono presenti durante i litigi, o che non sentono nulla perché dormono, o che
non capiscono.

In realtà i bambini sono sempre attenti a ciò che accade intorno a loro, non hanno bisogno
di vedere direttamente la violenza, ogni segno, lo sguardo triste della mamma, le labbra
gonfie, il braccio rotto, tutto questo crea allarme e paura dentro il bambino.

3.1. Tipi di bambini che assistono alla violenza

Non tutti i bambini che assistono alla violenza hanno le stesse reazioni. Sono stati osservati
tre possibili diversi tipi di minori vittime di violenza assistita:

• Il ragazzo spaventato: È timoroso e insicuro. Preferisce stare da solo e non è


interessato ai rapporti con i suoi coetanei. Non gli piacciono le nuove situazioni in
cui si sente difficile: È sempre attento e controlla tutto ciò che lo circonda senza
sperimentare l'esplorazione di nuovi ambienti.

• Il bambino arrabbiato. Reagisce all'aggressività o alla rabbia degli altri con la


violenza. Non sa gestire la sua rabbia e la esprime anche in situazioni tranquille e
con altre persone come insegnanti e compagni di classe. È aggressivo con i suoi
fratelli e sorelle e anche con sua madre.

• Il bambino modello. Cerca sempre di non sbagliare perché pensa che se è bravo
eviterà la violenza. Molte volte si sente in colpa per quello che è successo. Si

4 L' Istituto nazionale di statistica


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comporta come un piccolo adulto con sua madre e i suoi fratelli. Bravo a scuola e
nelle attività che svolge.

3.2. I danni della violenza assistita


La violenza assistita ha degli effetti dal punto di vista fisico, cognitivo, comportamentale e
sulle capacità di socializzazione dei bambini e degli adolescenti:

• Impatto sullo sviluppo fisico: il bambino sottoposto a forte stress e violenza


psicologica può manifestare deficit nella crescita staturo ponderale e ritardi nello
sviluppo psico motorio e deficit visivi.

• Impatto sullo sviluppo cognitivo: l’esposizione alla violenza può danneggiare lo


sviluppo neuro cognitivo del bambino con effetti negativi sull’autostima, sulla
capacità di empatia e sulle competenze intellettive.

• Impatto sul comportamento: la paura costante, il senso di colpa nel sentirsi in un


qualche modo privilegiato di non essere la vittima diretta della violenza, la
tristezza e la rabbia dovute al senso d’impotenza e all’incapacità di reagire sono
conseguenze che hanno un impatto sul bambino esposto a violenza. Sul lungo
periodo si identificano casi più o meno gravi di depressione, tendenze suicide,
disturbi del sonno e disordini nell’alimentazione.

• Impatto sulle capacità di socializzazione: subire violenza assistita influenza le


capacità dei bambini di stringere e mantenere relazioni sociali.

4. Conclusioni
Deve essere chiaro che l'amore non sarà mai legato alla violenza . L’uomo violento non
ama, l’uomo violento è consapevole della violenza e il danno, sia fisico che psicologico,
che fa contro la persona che dice di amare. E così come la violenza lascia tracce in una
vittima donna, lo stesso accade con i bambini che assistono alla violenza, la differenza è
che questi bambini soffrono in silenzio, perché nemmeno i loro genitori sono a conoscenza
del danno causato.

Il nostro compito come società è fare uno sforzo per comprendere la gravità del problema e
riuscire finalmente a cambiare le nostre idee sulle vittime attraverso l’educazione.

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È molto importante iniziare a capire che la vittima non sarà mai responsabile di ciò che è
accaduto e che l'autore dell'abuso sarà sempre responsabile delle proprie azioni.

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Bibliografia

Amori violenti. Riconoscere, prevenire, contrastare la violenza sulle donne - Francesca


Pidone

Femminicidio. Capire, educare, cambiare - Paola Vinciguerra e Eleonora Iacobelli

Sitografia

https://unipd-centrodirittiumani.it/it/strumenti_internazionali/
Dichiarazionesulleliminazione-della-violenza-contro-le-donne-1993/27

https://www.savethechildren.it/blog-notizie/cos-e-la-violenza-assistita-e-quali-

leconseguenze-sui-bambini https://www.istat.it/it/archivio/8961

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