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LEZIONE 10

Gallo cedroneFiera letteraria, 2 maggio 1949. Epoca in cui Montale aveva conosciuto la
Spaziani. Una versione inglese dello stesso testo si trova in una lettera di Montale a Contini del 7
giugno successivo, nella presunzione che sia una traduzione di Montale. Secondo qualche critico
questo testo non sarebbe una traduzione di Montale ma di un intellettuale francese: Elenir zolla che
avrebbe tradotto e mandato a Montale questa poesia. Visto che questo testo si trova in una lettera di
15 giorni dopo la pubblicazione del testo è difficile che possa essere di altri e non di Montale. in
questa lettera a Contini in cui c’è la traduzione inglese, Montale dice che la poesia è dedicata a
Guido Pyron, pittore e cuoco (questa è la dicitura con cui Montale si rivolge a Contini),
Personaggio abbastanza interessante e strano. Pyron ha un disegno nella plaquette della Casa dei
doganieri e altri versi che è proprio quello della copertina. Era uno degli amici della tavolata
dell’Antico Fattore, quindi era un amico di Montale fin dagli anni ’30 conosciuto a Firenze.
Montale lo apprezzava come pittore tanto che Pyron fece 2 ritratti di Montale stesso: abbiamo un
disegno inchiostro su carta del ‘30 quindi dell’inizio della loro conoscenza e un olio su tela
dell’inizio degli anni ‘40. Varie volte Montale nei suoi scritti parla di Pyron e della sua abilità di
cuoco, abilità che è sperimentata da diversi punti di vista, lo stesso Montale veniva invitato a casa
di Pyron. Lo stesso Pyron nel ‘56, anno della Bufera e altro a Firenze da Valletti pubblica: note
sulla cucina e altre cose, volume in parte di ricette, ma anche volume narrativo di memorie e
ricordi. Come mai Montale dedica a Pyron questa poesia? Essenzialmente perché questo gallo
cedrone di cui si parla nel titolo è un uccello che viene condito, viene ucciso e poi cucinato in un
certo modo. La poesia stessa è ricca di vocaboli di carattere culinario.

Poesia strana, scritta un anno dopo rispetto L’anguilla. Questa posticipazione in termini
cronologici, cioè l’anguilla scritta prima e messa dopo il gallo cedrone, questa anticipazione è
dovuta al fatto strutturale: Montale vuole chiudere la sezione Silvae con una poesia che avesse un
carattere conclusivo. Il gallo cedrone viene prima dell’anguilla, il titolo è rivolto a un animale. C’è
anche un elemento di connessione intertestuale fra il gallo cedrone e la poesia precedente, l’ombra
della magnolia, perché come nell’ombra della magnolia Montale aveva detto addio alla poesia
d’amore x Irma, anche qui questo fatto viene ribadito cioè che è finita questa stagione, è finita la
poesia x Irma-.Clizia. Il gallo cedrone si può identificare con il poeta stesso. Abbattuto il gallo
cedrone è abbattuta anche la poesia dedicata a Clizia. Il tentativo di tornare a volare una volta che
si è stati colpiti come il gallo cedrone, cioè il tentativo di tornare a scrivere versi x Irma è inutile. Si
prepara una nuova stagione d’amore e di poesia e la vecchia è sotterrata, come dice la poesia Giove
è sotterrato. È notevole il linguaggio culinario di questa poesia, in questa poesia ci sono elementi
basso-comici se il linguaggio culinario appartiene a un linguaggio basso in senso stilistico. Questo
linguaggio si scontra con quello di carattere alto-sublime finora utilizzato da Montale specialmente
nella sezione Silvae. Montale sta provando qui in maniera impegnativa uno stile che troveremo nei
madrigali privati e che sarà uno degli elementi caratterizzante lo stile della 4 raccolta poetica di
Montale cioè Satura che esce nel ‘71. È quello che è stato chiamato da Blasucci il sublime del
comico e noi possiamo anche rovesciare la forma, cioè parlare del comico del sublimo, cioè quello
di mescolare i due linguaggi il livello stilistico comico e il livello stilistico aulico e arrivare allo
stile alto tramite il comico, che è un’operazione non facile. Metro: 4 quartine di endecasillabi, qui
torniamo a una misura che era stata caratteristica, quella della quartina, sia di Ossi di seppia nella
sezione ossi brevi ed era stata caratteristica dei mottetti in Occasioni. Qualcuno ha detto che questo
schema è anche lo schema di una lirica di Baudelaire, l’albatros, una delle poesie più note ed è una
poesia in quartine in cui il protagonista è un uccello come qui. Qui il gallo cedrone ha un destino
infelice, ma anche in Baudlaire l’albatros è un uccello maestoso che quando viene preso dai
marinai l’uccello diventa goffo, diventa qualcos’altro. È una rappresentazione della poesia che sa
innalzarsi, ma a contatto con la terra non sa più esprimere se stessa.
Rime: la più numerosa è quella in –ento, sono tutte rime interne lento v3, vento v7, sento all’inizio
della terza quartina v9. Nella prima quartina abbiamo la rima sparo v1, riparo v4. Fosso v4 rima
con la prima parte della parola composta al v2 dove c’è rossonero, se ci fosse il trattino fra
rossonero capiremo meglio la rima fra rosso e fosso. Rima baciata, anche se sempre interna, volo-
solo, una quasi rima esposta consonantica: fiamma fine seconda quartina v8 che è in quasi rima con
magma.
Parafrasi e commento:
Gallo cedrone: uno degli uccelli del bestiario medievale paragonabile all’upupa che si chiama
galletto di marzo e che è un uccello di per sé bello. Il gallo cedrone si avvicina all’upupa, è quasi in
estinzione.
Dove t’abbatti dopo il breve sparoDove cadi rovinosamente dopo che ti hanno sparato (breve
dura un attimo il colpo di fucile)
anch’io riparo, brucio anch’io nel fossoAnche io cado (riparo), brucio anche io con te con la
ferita ricevuta nel fosso (immagine di un gallo cedrone appena colpito da un colpo di fucile e cade
rovinosamente e anche io, dice, ho lo stesso destino).
Parentetica: (la tua voce ribolle, rossonero salmì di cielo e terra a lento fuoco)  la tua voce
gorgoglia (ribolle= termine crudo, si riferisce all’agonia dell’animale che è stato colpito, ma anche
ribollire è un vocabolo che inizia quella metafora culinaria tipica di questo componimento).
Rossonero salmi salmi: procedimento per macerare le carni rosse, le carni che vengono messe
con il vino, lasciate lì e poi cucinate, è la carne del gallo cedrone. Si dice rossonero perché i colori
particolari del gallo cedrone sono rossonero, ma dice salmì perché alla carne del volatile viene
aggiunto il vino e le spezie (che sono prodotti della terra) mentre il gallo cedrone di per sé è un
uccello celeste che vive nel cielo. Un salmi di cielo e terra che racchiude tutti i gusti. Salmi di cielo
e terra vorrebbe probabilmente avere anche un significato più elevato, qualcosa che rappresenta il
poeta che sa unire cielo e terra. Quindi indirettamente potrebbe esserci un riferimento alla figura
del poeta. Ormai questo gallo cedrone che sta morendo è già visto come un salmi, cioè in
preparazione per la cucina.
Chiede aiuto il singultoSingulto: è quello del gallo cedrone morente, sono gli ultimi respiri di
questo uccello, ma anche gli ultimi singulti di una poesia d’amore che sta per finire, in linea con
quanto aveva detto nella poesia precedente. Questo singhiozzo ripetuto del gallo cedrone che è
anche il singhiozzo del poeta chiede aiuto, sembra un suono che chiede di essere aiutato e sollevato
dalla situazione in cui si trova.
Era più dolce vivere che affondare in questo magma, più facile disfarsi al vento che qui nel limo,
incrostati sulla fiammasembra un’interpretazione del singulto del gallo cedrone. È una sorta di
discorso diretto libero che prevede che non ci siano né i due punti né le virgolette. È come se dopo
singulto ci fossero due punti e virgolette, discorso attribuibile al gallo cedrone o meglio al poeta.
Magma: fango del fosso in cui è caduto il gallo cedrone, ma anche il magma della vita del poeta. Al
tempo stesso questo magma ricorda il linguaggio culinario, quindi ci può ricordare il sugo del
salmi. È una parola multiforme con diversi significati. Disfarsi: sciogliersi al vento per ciò che
riguarda il gallo cedrone, ma anche la poesia. Disfarsi può essere preso come un termine culinario,
è la carne che si disfa perché è troppo cotta o si scioglie per la tenerezza. Che qui nel limo: fango.
Magma e limo sono sinonimi. Incrostati sulla fiamma: si passa dal dominio della realtà esterna a
quello della cucina= ben cotti sul fuoco (incrostati).
Sento nel petto la tua piaga, sotto un grumo d’alaPiaga: ferita dovuta allo sparo, al colpo di
fucile che ha fatto sì che l’ala diventasse un grumo di sangue e di penne, per questo si parla di
grumo e dice il poeta: anche io provo la tua stessa ferita nel mio petto. Piaga e ala rinviano a Clizia.
Il mio pesante volo tenta un muro: qui il focus della lirica è rivolto sul poeta. IL MIO pesante volo.
Non è più il volo leggiadro del gallo cedrone, ma è un volo goffo, quello del poeta. Ricordiamo che
anche nell’albatros di Baudelaire l’uccello una volta a terra diventa goffo, pesante. Il mio pesante
volo poetico tenta di sorvolare un muro, di sorvolare gli ostacoli che ci imprigionano, che ci
tolgono la vita. È il muro presente già da Meriggiare e pallido assorto, quel muro che costringe il
poeta sempre all’interno di un orto e che non riesce a superare anche perché sopra quel muro ci
sono i cocci aguzzi di bottiglia. Qui è inutile tentare di superare quel muro adesso che si è feriti,
non ce la si può fare. Quindi tenta un muro: tenta di risollevarsi in qualche modo. Ma di noi (io
poeta e il gallo cedrone) rimane qualche resto della capacità poetica di Montale, resta soltanto
qualche parvenza di poesia. sull’ilice brinata. Ilice: è il leccio, è una pianta, già utilizzata da altri
poeti con linguaggio alto per esempio da Carducci e D’Annunzio. Brinata: coperta di brina. Se è
coperta di brina siamo nella stagione fredda. Quindi il tentativo di tornare a volare è inutile, resta
qualche residuo di questo volo, qualche piuma. Ilice brinata può significare anche la vita che resta
al poeta, che è la stagione ormai finale della vita.
Zuffe di rostri, amori, nidi d’uova marmorate, divine!--> il pensiero del gallo- Montale va al
periodo primaverile quando cioè fra gli uccelli c’è una competizione per gli amori che di solito si
svolgono in primavera e questi amori che poi erano prolifici cioè provocavano nidi d’uova del gallo
cedrone che sono marmorate cioè screziate, non sono tutte dello stesso colore ma hanno delle
screziature più scure, di diverso colore. Divine: Riferimento all’aspetto culinario, sono uova buone
da mangiare. Continuo cambio di registro e di significati fra le parole. Il pensiero era andato al
passato in cui c’erano gli amori, evidentemente anche Montale pensa ai suoi amori,
Ora la gemma delle piante perenni, come il bruco, luccica al buio, Giove è sotterrato ma adesso
(ORA= avverbio che segna il presente rispetto al passato) che è freddo la gemma delle piante
perenni che sopravvivono anche d’inverno e anche il bruco (tanto la gemma come il bruco)
luccicano al buio. Questo luccicare al buio nel freddo dell’inverno: sembra quasi che si prepari
qualcosa di nuovo, infatti sta parlando di gemme quindi di qualcosa che nella primavera poi
rinascerà. Sembra che questi ultimi versi presuppongano una rinascita dell’amore ora che Giove è
sotterrato. Giove: capo degli dei, ma potrebbe anche indicare indirettamente clizia che è una dea di
per sé, ma che era anche la più bella e amata dagli dei. Quindi qui può essere sostituita da Giove,
ora che Giove non c’è più, è stato ucciso quindi è stato sotterrato. Quindi si può preparare la
rinascita di un amore diverso, di una vita che continua sotto altre spoglie e con altre persone. Se
Giove può rappresentare clizia, dobbiamo considerare meglio il fatto che qui si parla della poesia x
clizia. Giove è sotterrato perchè ormai la poesia x clizia è chiusa. Quel luccica al buio potrebbe
essere avvicinato a una poesia della sezione dei madrigali privati in DA UN LAGO SVIZZERO,
quelle dei madrigali privati sono tutte poesie dedicate alla Spaziani Sei tu che brilli al buio (v11.)
[riferito a Volpe]..c’è una gemma che luccica al buio può già rappresentare un indizio del rapporto
nuovo d’amore che avrà con la Spaziani. Il che conforta l’interpretazione che qui Montale stia
pensando a un futuro diverso rispetto a quello precedente, quindi la chiusura della poesia per Irma e
l’apertura di un altro tipo di poesia per un’altra donna. Comincia già a insinuarsi la figura di
Marialuisa.
L’anguilla
Poesia pubblicata in Botteghe oscure, rivista gettonata da Montale in questo periodo, nel luglio del
’48. È una poesia di grande sapienza costruttiva, montata in maniera intelligente e perfetta. È un
unico periodo che si regge sul verbo finale che troviamo negli ultimi due versi: puoi tu non crederla
sorella questo tu è rivolto a qualcuno che evidentemente è una donna. Puoi tu non credere,
l’anguilla, sorella tua? con una costruzione capovolta perché l’anguilla del v1 che poi è reiterata
come l’anguilla al v15, ci sono poi varie apposizioni dell’anguilla (la sirena, l’anguilla torcia
d’amore, la scintilla, iride breve) sono riferimenti all’anguilla che non è soggetto, ma complemento
oggetto. Puoi tu non (crederla) credere lei anguilla sorella? Quindi il soggetto è sempre un tu che si
rivolge a una donna, con questa domanda che è una domanda retorica perchè tutta la lirica non fa
altro che fondarsi su questa domanda finale. Puoi tu non credere che l’anguilla sia tua sorella?
Domanda retorica sì, l’anguilla è tua sorella. Tutto il periodo fatto da una serie di accumulazioni,
cioè di aggiunte di particolari su quello che è l’anguilla per il poeta, tutto il componimento si
scarica sulla domanda retorica. Quindi di fatto la lirica è fatta da una serie di accumulazioni che si
risolve in una similitudine tu sei come un’anguilla, questo è l’enunciato di partenza
fondamentale di questa poesia. Si tratta di capire che cosa rappresenta qui in questa poesia
l’anguilla. Intanto è un oggetto povero (linguaggio di Blasucci), oggetto in senso molto generale, è
una creatura del fango perché l’anguilla vive anche nel fango. Il fango abbiamo visto citato anche
nella poesia precedente ed è una creatura, un essere vivente legato fin dalle origini alla poesia di
Montale perché se noi prendiamo la prima poesia dopo quella introduttiva degli Ossi di seppia
intitolata i Limoni troviamo alla fine della prima lassa i vv 4-7 montale dice “io per me amo le
strade che fuoriescono…anguilla” Questa immagine dei ragazzi che prendono le anguille con le
mani in qualche fosso è un’immagine quasi simbolo della poesia di Montale.
La prima sezione della poesia, cioè i primi 14 versi, presentano la vita dell’anguilla con il ricordo
delle anguille che vivono nei fossatelli, nelle pozze fangose, però da adulte lasciano i luoghi in cui
sono vissute e raggiungono il luogo di riproduzione: le anguille si riproducono nel mare dei
sargassi, mare all’interno dell’Oceano Atlantico verso settentrione, è una zona temperata del nord
atlantico dove arrivano da tutte le parti del globo le varie anguille che si riproducono e dopo essersi
riprodotte muoiono. Le loro larve, i loro figli, fanno a ritroso lo stesso percorso che hanno fatto i
genitori: quindi tornano indietro e rivanno, passando dall’Oceano, dai fiumi, dai torrenti e dai fossi
alle pozzanghere, vanno di nuovo ad abitare più o meno negli stessi luoghi in cui hanno abitato i
loro genitori. Qualche critico ha notato che Montale fa un po’ di confusione: ad un certo punto lui
parla del mar Baltico, come se le anguille partissero dal Baltico e poi andassero nel mar dei
Sargassi. La cosa può essere anche possibile, però di solito quello che dal nord arrivano nel Mar dei
Sargassi o comunque arrivano a risalire i fiumi per poter riprodursi sono i salmoni, quindi c’è una
sorta di confusione fra le caratteristiche dell’anguilla e dei salmoni.
Dalle varie definizioni di Montale: l’anguilla è chiamata in vari modi, da queste definizioni
ricaviamo che l’anguilla è simbolo di vitalità, di voglia di vivere perché questa fa un percorso
lunghissimo per poter riprodursi. Quindi è simbolo di amore della vita, della fecondazione, della
fertilità. È quella che dopo una grande fatica durante la sua vita si riproduce e muore. Quindi da
una parte l’anguilla rappresenta quello che può essere la donna in generale simbolo di vitalità,
amore della vita e fertilità. Nella parte successiva, cioè dalla seconda parte della lirica, l’anguilla è
detta la creatura che cerca la vita nella desolazione, un po’ come fa non un animale, ma una pianta
ovvero la Ginestra in Leopardi la ginestra che vive nei deserti e cerca la vita dove la vita non
sembra essere possibile. Questo riferimento indiretto alla ginestra di Leopardi fa sì che si possa dire
che l’anguilla di Montale è anche simbolo della poesia, quindi non solo della donna e della vitalità.
Quindi anche simbolo della poesia che è essa stessa simbolo di vitalità. L’anguilla nella seconda
parte è detta scintilla che accende il fuoco laddove sembra che sia tutto bruciato con una metafora
dell’amore come fiamma che brucia laddove meno te lo aspettavi, che nasce quando meno te lo
aspetti quindi diventa simbolo dell’amore e poi soprattutto per quello che riguarda la poesia di
Montale e clizia, l’anguilla è chiamata Iride. Quindi l’anguilla si confonde con le iridi di lei, quindi
con gli occhi di clizia, come dire che se questa poesia può essere una poesia in generale che canta
l’amore, che canta la donna, che canta la poesia, dietro ai simboli c’è ancora una volta clizia. Il
pensiero del poeta va ancora una volta a lei. Quindi il tu finale pare evidentemente interpretabile
come un tu cliziano che però non rappresenta più un angelo, un nuovo Cristo, non si avvale più di
tutti gli elementi simbolici che Montale aveva usato nella prima parte della bufera e nel periodo di
mitizzazione, esaltazione e angelizzazione di Irma come Cristo, ma adesso Irma ha la proprietà di
un’anguilla, cioè di un animale terrestre e marino al tempo stesso, è vista come una creatura che
vive la vita di tutti, che non ha caratteristiche particolari, simbolo anche lei dell’attaccamento alla
vita, simbolo dell’amore e anche del sesso, quel sesso che è visto anche in prospettiva riproduttiva.
Quella donna che continua a essere fonte di poesia nonostante tutti gli addii visti prima. Questa
clizia diventata anguilla è a un passo per aprire la strada a un’altra donna che diventa volpe, quindi
siamo sempre con animali terresti che vivono in luoghi bassi.
L’anguilla ha un valore strutturale, è stata messa per ultima pur non essendo l’ultima in ordine di
composizione. La sezione dedicata a Irma clizia, Silvae, si chiude con l’esaltazione di lei in quanto
donna, non più con l’immagine simbolica-metafisica che aveva altrove. Nel gallo cedrone c’era un
abbassamento di tono, qui l’abbassamento di tono è nella scelta dell’anguilla come referente di una
donna, di un animale che vive nel fango. L’abbassamento di tono presente nel gallo cedrone qui
non c’è, qui c’è semmai un innalzamento di tono per cui l’anguilla è una sorta di inno all’amore e
alla poesia in uno stile che torna a essere sublime.
Metro: unica strofa di 30 versi, in maggioranza endecasillabi e settenari. L’addio è un addio
particolare: primo verso è un settenario, secondo verso è un decasillabo sdrucciolo, terzo è
ottonario, quarto è un settenario, quinto è un doppio settenario. Non ci sono troppe rime e molte di
queste o parole chiave sono legate alla doppia l dell’anguilla. L’anguiLLa è un fonema che si
ripete, abbiamo un’ anguilla che torna due volte, gorielli, ruscelli, capello, scintilla, gemella, quella,
sorella. Il fonema dominante di questa poesia è quello della l raddoppiata. La lirica è costruita su
una serie di accumulazioni fatte di apposizioni e spesso legate a ripetizioni anaforiche. È un tipo di
struttura che ritroveremo presto nella sezione dei Madrigali privati. L’ultimo accenno agli ultimi
due versi: v29 è lungo, dodecasillabo. Comincia con un settenario e finisce con un settenario.
Parafrasi e commento:
L’anguilla: è il complemento oggetto. La sirena dei mari freddi: la serena è qui la sirena mitologica
che ha una duplice natura: di pesce e di donna. La duplice natura di questa anguilla sirena è
evidente nel suo significato anche metaforico legato alla donna amata. Mari freddi: in particolare il
Mare di nord, in questo caso il Baltico. Il viaggio qui più che quello delle sirene è quello dei
salmoni. Per giungere ai nostri mari, ai nostri estuari, Nostri mari: nostri estuari in effetti non è
il Baltico, è il Mare dei Sargassi, quello che avrebbe dovuto citare Montale, si sta parlando del
viaggio a ritroso, dal Mar dei Sargassi verso i nostri porti, i nostri lidi. Infatti dice: lascia il Baltico
(leggiamo Mar dei Sargassi) per giungere ai nostri mari, ai nostri estuari quindi ai nostri fiumi
(estuari: punto in cui un fiume si getta nel mare, quindi dal mare alle foci, poi entra nei fiumi, risale
in profondo i vari fiumi).
Sotto la piena avversa: è un risalire i fiumi controcorrente, la piena avversa perché le anguille
vanno controcorrente. Di ramo in ramo (le diverse diramazioni dei fiumi) e poi di capello in
capello (quindi anche dei fiumiciattoli, dei torrentelli, dei fossati)
assottigliati sempre più addentro, sempre più nel cuore cioè entra sempre più addentro ai monti,
cioè ai luoghi dove nascono i fiumi, alle sorgenti. Quindi è un percorso difficile che parte dal
grande Oceano o dal mar Baltico come dice lui e poi arriva attraverso i fiumi, torrenti, fossi fino al
cuore delle montagne filtrando fra piccoli fossi (gorielli) di melma, di fango. Gorielli: abbiamo una
nota di Contini su questo termine, dice Contini: sono fossatelli. La forma gorielli essendo versiliese
e più generalmente lucchese deriverà da Pea. Cioè è un vocabolo che probabilmente Montale ha
preso da Pea, scrittore nato nella Lucchesia e poi si era spostato ad Alessandria d’Egitto dove aveva
fondato una sorta di circolo dove si ritrovavano gli intellettuali presenti ad Alessandria. Dice
Contini che probabilmente gorielli deriva da Pea perché ha usato questa forma nel volto santo che è
un romanzo di Pea, è l’immagine sacra che rappresenta Lucca. Il vocabolo gorielli muove da gora
anziché goria, quindi la forma normale italiana sarebbe gora, nel versiliese e nel lucchese si usa
goria e da goria deriva goriello e non gorello.-->Filtrando fra questi fossatelli di fango.
Finché un giorno una luce scoccata dai castagni ne accende il guizzo in pozze d’acquamorta
Improvvisamente una luce che penetra dall’alto in un bosco di castagni, questo raggio di sole va,
rende quasi visibile l’anguilla che si muove e si fa vedere in alcune pozzanghere di acqua
stagnante. L’anguilla è capace anche di strisciare sull’erba per arrivare a delle pozzanghere di
acqua stagnante. Nei fossi che declinano: nei fossi che scendono dai salti rocciosi, dirupi (balzi:
termine dantesco, Inferno 11, 115, è un dirupo). D’Appennino alla Romagna: Montale pensa a un
luogo famoso per le anguille come per esempio Comacchio. Qui i riferimenti geografici sono
abbastanza casuali. Finisce qui la prima parte della poesia in cui descrive la lunga vicissitudine
dell’anguilla che parte dall’Oceano e penetra fin dentro le montagne, i monti e qualche
pozzanghera d’acqua.
l’anguilla, torcia (anguilla definita torcia quindi fiaccola legata al sentimento amoroso) frusta
(l’anguilla quando si muove sembra quasi uno schiocco di frusta) freccia d’Amore in terra (freccia
d’amore è soprattutto amor vite quindi la spinta alla riproduzione, è l’eros nell’uomo e istinto
riproduttivo negli animali) che solo i nostri botri (pozzanghere) o i disseccati ruscelli pirenaici
(ruscelli dei Pirenei, quindi un altro luogo per indicare quasi il fatto che quest’anguilla sta
dappertutto) riconducono a paradisi di fecondazione (quindi parte da luoghi interni della terra e poi
si muove verso paradisi di fecondazione cioè i luoghi di riproduzione, in questo caso il Mare dei
Sargassi). Qui si accenna al viaggio contrario: prima fa riferimento al fatto che le nuove anguille
appena nate fanno il viaggio dal mare verso l’interno della terra adesso è il contrario, è il viaggio a
ritroso: vanno a riprodursi rifacendo la strada che hanno fatto i loro genitori. L’anima verde: altro
modo di chiamare l’anguilla, verde è il colore dell’anguilla quando giunge al mare. e che cerca vita
là dove solo morde l’arsura e la desolazione, che cerca la vita dove c’è soltanto mancanza
d’acqua (arsura) ed è tutto desolato. Quindi parte dai luoghi desolati per cercare la vita come la
ginestra che anche lei vive in luoghi desolati dove morde la desolazione e l’arsura. La scintilla che
dice tutto comincia quando tutto pare incarbonirsi Scintilla: altro modo di chiamare l’anguilla.
La scintilla che fa scoppiare il fuoco d’amore e sembra quell’amore che dice improvvisamente tutto
comincia, cioè la vita ricomincia proprio là proprio quando si pensava che fosse tutto bruciato
(incarbonito) e non dare fiamma (non potesse più accendersi) come capita a uno steppo (bronco)
seppellito (bronco: dantismo per indicare gli alberi della selva dei suicidi, Inferno 13, v26)
v26: ultima apposizione di anguilla L’Iride breve. Iride potremmo renderla come piccolo
arcobaleno che si rivolge agli occhi di lei, di clizia a cui è dedicata la poesia iride e quindi qui il
segnale potrebbe essere più chiaro. Gemella di quella che incastonano i tuoi cigliQuesto piccolo
arcobaleno, questa luce che è simile alla luce che i tuoi occhi (cigli: sineddoche) racchiudono
(incastonano). Il verbo incastonare ci riporta a un linguaggio dell’oreficeria, una gemma
incastonata, quindi è come se i suoi occhi fossero dei gioielli di luce. Quindi quest’iride è gemella,
è uguale, a quella dei tuoi occhi. E fai brillare intatta in mezzo ai figli dell’uomoQuegli occhi
che tu fai brillare di luce pura, intatta in mezzo agli uomini (figli dell’uomo, termine biblico sono i
figli di Adamo nati dal fango perché Adamo è stato preso dal fango e Dio gli ha dato la vita
sospirando su di esso), immersi nel tuo fango (che sono immersi nel tuo stesso fango, cioè che
vivono la tua stessa vita, designazione che qui non è positiva però nonostante vivano nel fango
sono capaci di tutto quello che è capace l’anguilla, di questa vitalità, di questo amore per la vita, di
questo attaccamento, di questa volontà di riproduzione e fecondazione. Puoi tu non crederla
sorella?-->Puoi tu donna Irma non credere che lei, l’anguilla, sia tua sorella? L’anguilla è sorella
di clizia, cioè l’anguilla è clizia come la donna è l’anguilla, come la poesia è l’anguilla. Clizia
finalmente terrestre che qui è designata al pari delle altre donne ma con un ricordo speciale dei suoi
occhi.
Madrigali privati
Sono passati 16 anni da quando Montale aveva pubblicato Le Occasioni, è passata la guerra e sono
passate varie conoscenze. Ora la sezione è quella dei Madrigali privati: sono 8 liriche, quindi è una
sezione breve. Nella prima edizione della Bufera e altro questa sezione aveva solo 5 poesie e sono
state aggiunte nel tempo le prime tre. Sono tutte poesie posteriori al gennaio del ‘49, cioè al mese
fatale dell’incontro di Montale con Marialuisa Spaziani. Marialuisa Spaziani è la protagonista di
questa sezione. Clizia lo era in Silvae, marialuisa lo è nei madrigali privati. Il titolo è composto da
un aggettivo e sostantivo. Il sostantivo madrigali ci riconduce ad altri titoli analoghi utilizzati da
Montale, ricordiamo ad esempio i madrigali fiorentini. Questo è un titolo con il quale Montale si
rifà alla tradizione lirica italiana soprattutto al madrigale antico, quello petrarchesco, fino alla fine
del’400. Dall’inizio del ‘500 subentra un madrigale che ha più significati di carattere musicale. È il
madrigale un componimento atto a esprimere dei sentimenti così come il mottetto caratteristico
delle Occasioni. Ed è Montale stesso che dice che il madrigale è il corrispondente profano del
mottetto, almeno in musica. Il mottetto aveva più le caratteristiche della musica sacra e il madrigale
invece più da musica profana. Questo profano è espresso dall’aggettivo privati. Probabilmente
Montale non voleva dire: sono affari miei, ma privati: è un privato da intendersi in senso amoroso.
Quindi madrigali amorosi e madrigali erotici. Qui c’è come ultima sezione della Bufera un
restringimento dell’angolo di visuale perché dalla Bufera del titolo e della prima sezione in cui la
bufera indicava soprattutto la guerra, qui si passa a fatti minimi privati, a un restringimento della
prospettiva in cui si parla di un amore che è un amore spesso dipinto in termini sessuali-erotici. In
Romanzo, la versione del ’49 della Bufera e altro, com’era nella mente di Montale, c’era la sezione
l’angelo e la volpe con una sottosezione che era intitolata nel segno del trifoglio. Nel segno del
trifoglio è un segnale di Marialuisa è anche un segnale erotico, presentava già nel ’48 4 poesie che
sono le prime 4 di questa sezione. Poesie che Montale poi non volle pubblicare subito nel ’56
perché di contenuto molto privato nel senso di molto erotico. Ciò non toglie che ci sia anche altro:
anche qui ci sono alcune poesie metapoetiche cioè che riflettono sul fare poesia di Montale, su
quello che è fare poesia per Montale all’altezza del rapporto con Marialuisa Spaziani. Uno dei temi
metapoetici toccati è quello della convenzionalità del linguaggio, nel senso della crisi della parola
poetica, tema che poi sarà tipico di Satura, la raccolta successiva. Infatti questa sezione è un ponte
fra la Bufera e Satura dal punto di vista del linguaggio e stilistico in generale. I primi due pezzi
sono entrati nella Bufera soltanto nel ’77, 21 anni dopo la prima edizione della Bufera. La terza
poesia: se t’hanno assomigliato, entra nel ’61 nella seconda edizione Mondadori. Tutte e tre queste
poesie entrate più tardi erano già presenti sia nell’abbozzo in Nel segno del trifoglio, sia in rivista.
Negli appunti che noi possediamo e nelle lettere che Montale scrisse alla Spazianiè il cosiddetto
fondo Spaziani che si trova nel fondo manoscritti all’Università di Pavia. Qui spesso Montale
scriveva a Marialuisa e inviava a lei delle poesie. Nel fondo Spaziani si trovano delle poesie che
Montale intitolò carmina sacra di cui fanno parte queste prime tre poesie. Carmina sacra: sacra
perchè forse perché consacrati a una nuova divinità che sarebbe Marialuisa, ma sacra potrebbe
significare anche esecandro. Potrebbero essere dei carmina sacra, quindi delle poesie da fuggire, da
non leggere, riservati a pochi, appunto privati. Questo progetto di scrivere dei carmina sacra per
Marialuisa avrebbe dovuto contenere addirittura 12 liriche e furono tutte scritte nel ’49, cioè nel
primo anno dell’incontro con Marialuisa.
Primo madrigale: non c’è nessun titolo. Nell’Opera in Versi, Montale non ha voluto nemmeno che
la lirica fosse riconoscibile dall’incipit. Anche questo ci riconduce alla particolarità di questi due
primi componimenti. Si parla di un bacio o di una serie di baci fra i due, lei lo bacia quindi lascia
intendere che è lei a prendere l’iniziativa.

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