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A livello dell’Unione europea, come nel sistema delle Nazioni Unite, la necessità di garantire la
sicurezza di fronte alle minacce poste dal terrorismo si è scontrata con l’esigenza di tutelare i diritti
fondamentali. In Europa, poi, la scelta degli Stati membri di basare una parte importante della
normativa comunitaria in materia di terrorismo nell’ambito di quelli che prima erano il secondo e il
terzo pilastro, in particolare tramite l’adozione di posizioni comuni o accordi con Stati terzi, ha
privato di fatto il Parlamento europeo di qualsiasi fonte di informazione e di qualsiasi possibilità di
controllo ed ha vanificato i controlli giudiziari che, nel contesto di quelli che erano il secondo e il
terzo pilastro, risultavano infatti inadeguati. Inoltre, la maggior parte delle misure contro il
terrorismo è stata adottata per attuare obblighi di natura internazionale e, in particolar modo, quelli
derivanti dalle risoluzioni delle Nazioni Unite le quali, a loro volta, non godono di alcuna forma di
controllo di legittimità da parte di un’autorità giurisdizionale. Molte delle misure approvate
dall’Unione europea in risposta al terrorismo non sono altro che la trasposizione, a livello
comunitario, della Risoluzione 1373 del 2001 . La maggior parte di esse, inoltre, è stata approvata
in modo troppo precipitoso e, nonostante il nobile obiettivo di prevenire e combattere nuove
minacce terroristiche, non è stata concepita in modo da costituire uno strumento “proporzionato” al
fine perseguito, com’ è invece richiesto in ogni ordinamento che rispetti il principio di legalità .
L’efficacia di tali misure non può essere misurata sulla base dell’estensione delle restrizioni imposte
ai diritti umani: l’incremento della sicurezza non è, infatti, inversamente proporzionale alle
limitazioni poste ai diritti umani.
Il Trattato di Lisbona, ultimo tassello del lento processo di riforma del sistema comunitario, entrato
in vigore il 1° dicembre 2009, ha infine suggellato in una prospettiva che si potrebbe definire
“costituzionale” le più importanti evoluzioni che l’ordinamento comunitario ha subito, soprattutto
nell’ultimo decennio, anche a causa della lotta al terrorismo. Va innanzitutto rilevato che, a
differenza del Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa, il quale semplificava e
razionalizzava i trattati esistenti sostituendoli con un unico testo, il Trattato di Lisbona si limita a
modificarli ma non li rimpiazza. In particolare, la prima parte del Trattato di riforma ristruttura
profondamente il Trattato sull’Unione europea, che mantiene la stessa denominazione (TUE); la
seconda, invece, modifica il Trattato che istituisce la Comunità europea (TCE), rinominato Trattato
sul funzionamento dell’Unione (TFUE). Il termine Comunità è ovunque sostituito dalla parola
“Unione”. Il TUE è suddiviso in sei titoli: Disposizioni comuni (I), Disposizioni relative ai principi
democratici (II), Disposizioni sulle Istituzioni (III), Disposizioni su una cooperazione rafforzata
(IV), Disposizioni generali su un’azione esterna dell’Unione e disposizioni specifiche sulla politica
estera e di sicurezza comune (V) e Disposizioni finali (VI). Il contenuto dell’attuale Titolo VI del
TUE, relativo alla cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale, è stato inserito nel titolo
relativo allo “Spazio di libertà, giustizia e sicurezza” della parte terza del TFU. Quest’ultimo è
suddiviso in sette parti: Principi (parte prima), Non discriminazione e cittadinanza (Parte seconda),
Politiche e azioni interne dell’Unione (Parte terza), Associazione dei Paesi e territori d’oltremare
(Parte quarta), Azione esterna dell’Unione in ambiti diversi dalla politica estera e di sicurezza
comune (Parte quinta), Funzionamento dell’Unione (Parte sesta), Disposizioni generali e finali
(Parte settima). Tra le principali novità che il Trattato di Lisbona ha introdotto nei settori nei quali,
come si è visto, si svolge principalmente l’azione europea di contrasto al terrorismo, si segnala
l’abolizione e la conseguente unificazione dei tre pilastri . Questa innovazione, però non ha
impedito di mantenere, almeno per quanto riguarda l’attuale secondo pilastro, procedure specifiche
e atti distinti. Ma sul punto si tornerà più approfonditamente nel prossimo capitolo.
1.2 Il Piano d’Azione: una “road map” nella lotta al terrorismo dopo l’11 settembre
Alcuni hanno definito le settimane comprese fra il 20 settembre e il 19 ottobre 2001, il mese della
trasformazione . Come mai in passato, gli eventi dell’11 settembre hanno accelerato il processo
decisionale all’interno dell’Unione europea, soprattutto all’interno della cooperazione giudiziaria e
di polizia in materia penale.
La risposta dell’Unione europea agli attacchi alle Twin Towers è stata dunque veloce e molto
ampia. Nell’arco di un mese sono stati organizzati numerosissimi incontri istituzionali tra questi
quelli del 20 settembre 2001, a pochi giorni di distanza dagli attentati, in occasione del quale il
Consiglio giustizia e affari interni ha raggiunto l’accordo su un pacchetto di misure contro il
terrorismo. Tale pacchetto di provvedimenti è stato poi accolto nelle conclusioni del Consiglio
europeo, riunitosi in sessione straordinaria il giorno successivo. Il Consiglio straordinario ha
identificato nella lotta al terrorismo un obiettivo più che mai prioritario per l’Unione europea e ha
predisposto un vero e proprio Piano d’Azione, una sorta di “road map” per il futuro, incentrata su
cinque aree strategiche di intervento:
1. rinforzare la cooperazione giudiziaria e di polizia tramite alcuni provvedimenti quali:
l’introduzione del Mandato d’Arresto europeo, l’adozione di una definizione comune di terrorismo,
l'identificazione dei presunti terroristi in Europa nonché delle organizzazioni che li sostengono e la
compilazione di un elenco comune delle organizzazioni terroristiche, lo scambio di informazioni fra
i servizi di intelligence, la creazione di squadre investigative comuni, il rafforzamento dei compiti
di Europol in materia di terrorismo e la conclusione di accordi di cooperazione fra Europol e Stati
Uniti;
2. sviluppare gli strumenti giuridici internazionali nella lotta al terrorismo, attuando,
quanto prima, le convenzioni esistenti ed elaborando una convenzione globale sul terrorismo
internazionale;
3. porre fine al finanziamento del terrorismo, mediante l’adozione di misure
comunitarie nell’ambito del riciclaggio, provvedendo al congelamento dei fondi a livello
comunitario e ratificando la Convenzione ONU sulla soppressione del finanziamento al terrorismo;
4. rafforzare la sicurezza aerea;
5. coordinare l’azione globale dell’Unione europea .
Come si può vedere, molte delle misure indicate nel Piano d’Azione erano già state proposte
durante il Consiglio Europeo di Tampere del 1999, altre invece sono state aggiunte nella fase di
redazione, ma la differenza rispetto al passato è che comincia a farsi strada una reale volontà
politica tra gli Stati membri di adottare le misure stesse. L’11 settembre deve essere considerato
come una sorta di catalizzatore della già programmata azione dell’Unione europea contro il
terrorismo .
Caratteristica fondamentale del Piano d’Azione è quella di costituire una strategia contro il
terrorismo a lungo termine, il che implica che le Presidenze di turno non potranno, in futuro,
stabilire gli interventi da attuare solo in base a priorità di carattere nazionale. Gli eventi dell’11
settembre hanno dunque consentito all’Unione europea di diventare un attore coerente nella lotta al
terrorismo sulla scena internazionale .
1.3 Un decisivo passo avanti nella cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale dopo l’11
settembre
Come si è rilevato, l’impatto più rilevante dell’11 settembre sul sistema normativo dell’Unione
europea si è verificato nel settore della cooperazione giudiziaria e di polizia . Dopo l’attentato alle
Twin Towers, i Ministri della giustizia e degli affari interni dell’Unione europea hanno approvato
velocemente un pacchetto di misure anti-terrorismo che, altrimenti, avrebbe richiesto parecchio
tempo per essere adottato. Ne è prova il fatto che solo alcune misure pattuite nell’autunno del 2001
(quali, per esempio, il rafforzamento della sicurezza aerea), sono state una diretta conseguenza
dell’11 settembre; le altre erano già in progetto o in corso di realizzazione. Gli attacchi dell’11
settembre hanno infatti rivitalizzato gli sforzi volti a dare attuazione all’ambizioso progetto nel
settore della cooperazione giudiziaria e affari interni, approvato durante il Consiglio di Tampere nel
1999 .
Oltre all’elaborazione di una definizione di terrorismo, di cui si è già avuto modo di parlare ,
notevoli e importanti sono stati i risultati raggiunti in poco tempo nel settore della cooperazione
giudiziaria e di polizia in materia penale. Con la Decisione quadro 2002/187/GAI del 28 febbraio
2002 è stata creata Eurojust; il 13 giugno 2002 la Decisione quadro 2002/584/GAI ha introdotto
negli Stati membri il mandato d’arresto europeo; Europol ha visto ampliarsi le competenze in
materia di lotta al terrorismo, in particolare grazie alla trasformazione della relativa Convenzione
nella Decisione 2009/371/GAI, del 6 aprile 2009; il 26 ottobre 2005 è stata adottata la c.d. terza
direttiva antiriciclaggio, la n. 2005/60/CE , che mira non solo a migliorare la lotta al riciclaggio, di
cui viene ampliata la nozione, ma anche a prevenire il finanziamento del terrorismo; con la
Decisione quadro 2002/465/GAI del Consiglio si sono create le squadre investigative comuni; la
Decisione Quadro 2008/978/GAI del 18 dicembre 2008 ha istituito il mandato europeo di ricerca
delle prove diretto all’acquisizione di oggetti, documenti e dati da utilizzare nei procedimenti penali
; la Decisione quadro 2008/977/GAI del Consiglio, del 27 novembre 2008, ha finalmente
regolamentato il problema della protezione dei dati personali trattati nell’ambito della cooperazione
giudiziaria e di polizia in materia penale ; la Decisione quadro 2008/909/GAI del Consiglio, del 27
novembre 2008 ha sancito l’applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze
penali che irrogano pene detentive o misure privative della libertà personale, ai fini della loro
esecuzione nell’Unione europea ; la Decisione quadro 2008/919/GAI del Consiglio, del 28
novembre 2008, che modifica la decisione quadro 2002/475/GAI sulla lotta contro il terrorismo,
come si è visto , ha incluso tra i reati di terrorismo la pubblica provocazione per commettere reati di
terrorismo, il reclutamento a fini terroristici, l'addestramento a fini terroristici. Infine l’impatto
dell’11 settembre ha spinto le istituzioni comunitarie a sviluppare le politiche in materia di asilo,
immigrazione e visti .
Di seguito, si tenterà di fornire un quadro delle novità normative introdotte che più concretamente
hanno inciso anche sulla lotta al terrorismo ed in particolare si analizzeranno le nuove competenze
in materia di terrorismo conferite ad Europol, la creazione di Eurojust, la Decisione quadro
2008/977/GAI sulla protezione dei dati personali trattati nell’ambito della cooperazione giudiziaria
e di polizia in materia penale, il mandato d’arresto europeo e la normativa europea antiriciclaggio.
Tutta l’analisi sarà mirata a verificare fino a che punto tali strumenti incidono sui diritti e le libertà
fondamentali.
1.3.1 Europol: nuova struttura, nuovo mandato e un ruolo rafforzato nella lotta al terrorismo
La cooperazione tra gli Stati Membri a livello di polizia e giudiziario, nell’azione di contrasto al
terrorismo, è stata ritenuta per molto tempo una priorità tra gli obiettivi comunitari.
La proposta di istituire Europol, cioè l’Ufficio europeo di Polizia, ha trovato finalmente la propria
base giuridica nell’art. K 1 (9), introdotto dal Trattato di Maastricht. In forza di quest’ultima norma,
tale organismo doveva occuparsi dello scambio di informazioni nell’area del traffico di droga, del
terrorismo e di altre gravi manifestazioni del crimine organizzato. In attuazione di tale previsione,
sulla base di un accordo concluso nel corso dell’incontro dei ministri TREVI a Copenhagen il 2
giugno 1993 è stata inizialmente costituita un’unità Europol anti-droga. Successivamente, nel 1995
è stata conclusa la Convenzione Europol la quale ha attribuito al neonato organismo personalità
giuridica e una limitata capacità di concludere trattati e, gli ha conferito il mandato di “migliorare,
nel quadro della cooperazione tra gli Stati membri …, l'efficacia dei servizi competenti degli
Stati membri e la loro cooperazione, al fine di prevenire e combattere il terrorismo, il traffico
illecito di stupefacenti ed altre gravi forme di criminalità internazionale, purché esistano indizi
concreti di una struttura o di un'organizzazione criminale e purché due o più Stati membri siano lesi
dalle summenzionate forme di criminalità in modo tale da richiedere, considerate l'ampiezza, la
gravità e le conseguenze dei reati, un'azione comune degli Stati membri” (art. 2 della Convenzione).
Progressivamente, l’ambito di applicazione della Convenzione è stato ampliato fino a coprire la
lotta contro il terrorismo. Per colmare quella che era stata percepita come una ridotta capacità
operativa dell’unità, sono stati adottati due protocolli di riforma, uno nel 2002 e uno nel 2003. Il
primo ha reso possibile la partecipazione di Europol alle squadre investigative comuni e gli ha
consentito di richiedere l’apertura di indagini al fine di rafforzare la lotta contro la criminalità
organizzata, mentre il secondo ha permesso ai servizi di polizia nazionali, a certe condizioni, di
contattare Europol direttamente, senza rivolgersi preventivamente alle loro unità nazionali. Infine il
Protocollo del 2003 ha fornito la possibilità agli organismi e agli Stati terzi di partecipare alla
costituzione di schedari di lavoro per fini di analisi ed ha esteso il termine di conservazione dei dati
a carattere personale contenuti negli schedari da tre a cinque anni . Le modifiche apportate dai due
protocolli sono state infine integrate nella Decisione del Consiglio 2009/371/GAI che ha
trasformato l’Europol da ufficio ad Agenzia europea migliorandone i compiti e il mandato .
Europol si compone di un’unità centrale, con sede all’Aja, e da un sistema satellitare, composto
dalle Unità nazionali, che agiscono nei singoli Stati membri cooperando con l’unità centrale
attraverso gli ufficiali di collegamento di quella sede. Europol, finora, non ha rivestito un ruolo
operativo vero e proprio, svolgendo essenzialmente funzioni di scambio di informazioni, raccolta ed
elaborazione di dati sensibili. Tuttavia, l’attività di intelligence ne costituisce, attualmente,
l’elemento caratterizzante e il valore aggiunto conferito alla lotta al terrorismo . Sia l’Europol sia gli
Stati membri sono tenuti ad un corretto trattamento dei dati personali, esercitato tramite il controllo
dell’accesso al sistema TECS, nonché della raccolta, dell’ inserimento dei dati, dell’accesso al
sistema e della trasmissione. Allo stesso modo viene garantito che l’intero sistema sia esente da
errori o da manipolazioni .
Sempre per quanto concerne la lotta al terrorismo, negli anni Europol ha visto accrescere il suo
ruolo. Innanzitutto, può chiedere alle forze di polizia di uno Stato membro di iniziare un’indagine e
può scambiare informazioni con gli Stati Uniti e con terze parti . In secondo luogo, gli è stato
affidato il compito di elaborare i c.d. “terrorist profile”. Si tratta di una sorta di analisi che si
incentrano sull’individuazione dei comportamenti e le abitudini dei terroristi, dei loro obiettivi e
delle organizzazioni attive sul territorio comunitario. Nonostante l’urgente necessità di approfondire
lo studio del reato di terrorismo, l’introduzione di tali “profile” apre la strada ad una serie di
minacce alle libertà fondamentali, che non possono essere ovviate con una semplice promessa di
compatibilità con i diritti fondamentali. Lo sviluppo di analisi fondate su caratteristiche quali la
nazionalità, l’età, il luogo di nascita, elementi psico-sociologici, la situazione familiare (dati che
dovrebbero servire per identificare i terroristi prima dell’esecuzione di atti terroristici, in
cooperazione con i servizi di immigrazione e la polizia, al fine di prevenire o scoprire la presenza di
presunti terroristi nel territorio degli Stati membri), presenta forti rischi di discriminazione. Siffatte
analisi potrebbero infatti essere giustificate solo alla luce di una significativa dimostrazione
statistica della stretta relazione fra tali caratteristiche in questione e il rischio di terrorismo . Il
Consiglio straordinario del 21 settembre 2001 ha inoltre introdotto numerose innovazioni strutturali
nel sistema Europol, inclusa la creazione di un centro operativo di allerta attivo ventiquattro ore su
ventiquattro, il c.d. “Counter-Terrorism Unit”. Prima conosciuta come Counter-Terrorism Task
Force (CTTF), l’unità comprendeva collegamenti fra ufficiali di polizia e servizi di intelligence.
Essa aveva il compito di scambiare e coordinare le informazioni di intelligence e di redigere
bollettini di informazione, inviati settimanalmente agli Stati . La CTTF è stata criticata perché non
in grado di effettuare un trattamento dei dati in tempo reale . Di conseguenza, quando il suo
originario mandato è cessato, nella primavera del 2003, tutti gli incarichi relativi alla lotta al
terrorismo sono passati alla Serious Crime Unit . Dopo gli attentati di Madrid del 2004, il consiglio
d’amministrazione dell’Europol tuttavia ha deciso di riattivare la Counter-Terrorism Task Force,
per mettere a disposizione degli Stati membri una équipe più forte in caso di crisi, anche se le
informazioni veramente strategiche non sono ancora condivisibili fra gli Stati membri . Europol
infatti, nonostante secondo alcuni rivesta un ruolo sempre più importante nella lotta al terrorismo ,
ha suscitato molte critiche dal momento che, nonostante i ripetuti incrementi del personale e di
risorse economiche, rimaneva una struttura troppo piccola e poco consolidata .
Così, alla fine del 2006, il Consiglio GAI ha raggiunto un accordo sulla opportunità di sostituire la
Convenzione Europol con una decisione del Consiglio con l’intento di rafforzarne il ruolo e i
poteri. Il 6 aprile 2009, il Consiglio ha quindi adottato la Decisione 2009/371/GAI che istituisce
l’ufficio europeo di polizia (Europol) e che si applica a decorrere dal 1° gennaio 2010. Essa
sostituisce le disposizioni della precedente Convenzione , comportando una parziale
“communautarisation ” di Europol e un allontanamento da un concetto di funzionamento puramente
intergovernativo di questo organismo. Anche se la Commissione non ha raggiunto l’obiettivo di
trasformare Europol in una’agenzia dell’Unione , sono state introdotte importanti novità che si
inseriscono in un processo di accresciuto controllo dell’operato di Europol da parte delle istituzioni
comunitarie. Innanzitutto l’organo sarà finanziato dal bilancio comunitario, valorizzando così il
ruolo del Parlamento europeo che eserciterà il controllo sui bilanci (artt. 42 e ss); agli agenti
Europol sarà poi applicato lo statuto del personale della Comunità (art. 39); inoltre la Commissione
prenderà parte del Consiglio di amministrazione di Europol . Infine, un decisivo coinvolgimento
delle istituzioni dell’Unione nell’operato di Europol è rappresentato dal controllo giurisdizionale
operato della Corte di giustizia, ai sensi dell’art. 35 TUE .
Insieme ai nuovi poteri di controllo sui bilanci di Europol, il ruolo del Parlamento europeo è in
generale rafforzato. Esso infatti ha ottenuto poteri di informazione più vincolanti e più estesi,
tuttavia ancora limitati. Ai sensi dell’art. 48 della Decisione, infatti, la Presidenza del Consiglio, il
presidente del consiglio di amministrazione e il direttore possono essere convocati a comparire
dinanzi al Parlamento europeo, su richiesta di quest’ultimo, per discutere questioni inerenti a
Europol tenendo conto degli obblighi di segreto e riservatezza. Dall’altro lato, tuttavia, diverse
previsioni della Decisione delegano ulteriori poteri normativi ad Europol all’interno di procedure
dalle quali il Parlamento è completamente escluso. È il caso delle questioni legate alla tutela dei
diritti fondamentali, come ad esempio, la creazione di un nuovo sistema di trattamento dei dati che,
ai sensi dell’art. 10, deve avvenire tramite una decisione del Consiglio di Amministrazione di
Europol, semplicemente approvata dal Consiglio; oppure al caso dell’adozione di norme di
attuazione relative alle relazioni di Europol con Paesi e organizzazioni terzi, che sono approvate dal
Consiglio a maggioranza qualificata, previa una mera consultazione del Parlamento europeo . È
d’uopo rilevare che tali previsioni mal si conciliano con il diritto comunitario dopo l’entrata in
vigore del Trattato di Lisbona, che ha attribuito al Parlamento europeo un potere di codecisione in
materia.
Insieme alle altre modifiche relative alla base giuridica, la Decisione Europol ha introdotto una serie
di novità sull’organizzazione, sul mandato e sui poteri di tale organismo. Innanzitutto, l’art. 4 della
Decisione estende il mandato di Europol a tutte le forme gravi di criminalità, definite dall’Allegato
I. Il nuovo elenco dei reati riprende la criminalità organizzata e il terrorismo, aggiungendovi
l’omicidio volontario, il furto organizzato o a mano armata, la truffa e lo stupro. L’ampliamento del
mandato di Europol ha suscitato preoccupazioni negli Stati membri, che lo hanno interpretato come
uno sconfinamento delle competenze di Europol nel campo delle indagini con una portata
puramente nazionale. Tali preoccupazioni sorgono infatti dal confronto tra il testo precedente della
Convenzione che parlava di forme “gravi forme di criminalità internazionale, purché esistano indizi
concreti di una struttura o di un'organizzazione criminale ” e il testo dell’attuale Decisione che si
limita a parlare di “gravi forme di criminalità” in generale. Ciò significa che per l’intervento di
Europol non è più richiesto che si tratti di una fattispecie relativa al crimine organizzato.
Per quanto riguarda i compiti, oltre a quelli tradizionali di raccolta, trattamento, analisi e scambio di
informazioni, uno dei maggiori miglioramenti introdotti dalla Decisione consiste nel prevedere che
Europol possa assistere le autorità competenti degli Stati membri nella lotta contro determinate
forme gravi di criminalità, senza che debbano sussistere gli indizi concreti di una struttura o di una
organizzazione criminale richiesti attualmente. Potrà quindi chiedere alle autorità competenti degli
Stati membri interessati di avviare, svolgere o coordinare indagini e di proporre squadre
investigative comuni; fornire supporto agli Stati membri in relazione ad eventi internazionali di
primo piano; preparare valutazioni alle minacce (art. 5).
La Decisione prevede inoltre un decisivo accrescimento del ruolo di Europol nel trattamento dei
dati, evidente già nell’art. 10 che facoltizza, per quanto necessario al conseguimento degli obiettivi
di Europol, alla gestione di nuovi sistemi per il trattamento delle informazioni come, ad esempio,
nuove banche dati in materia di gruppi terroristici. In tal caso, la relativa decisione viene adottata
dal consiglio di amministrazione di Europol, su proposta del direttore, ed è poi sottoposta al
Consiglio dell’Unione europea per l’approvazione. Inoltre, per quanto riguarda l’accesso al sistema
di informazioni dell’Europol (SIE), mentre l’art. 7 della Convenzione prevedeva che le Unità
nazionali potessero consultarlo solo per le esigenze di una indagine determinata e tramite ufficiali di
collegamento, la Decisione Europol estende l’accesso anche alle altre autorità designate dagli Stati
membri (art. 13).
Per quanto concerne gli archivi di lavoro per fini di analisi, Europol sarebbe obbligato ad eliminarli
trascorsi tre anni salvo che, alla fine di tale periodo, ne ritenga strettamente necessaria la
conservazione, nel qual caso l’archivio potrebbe essere tenuto in vita per un periodo di ulteriori tre
anni (art. 20). Come per la Convenzione Europol, gli archivi sono costituiti “a fini di analisi”,
quest’ultima definita come la raccolta, il trattamento e l’uso dei dati a sostegno di una indagine
penale (art. 14). La decisione Europol prevede anche un potenziamento dei meccanismi di controllo
che consentono di verificare la legittimità delle operazioni di recupero dati dagli archivi
automatizzati per trattare dati personali, estendendo la durata della conservazione dei dati così
raccolti da 6 a 18 mesi (art. 18).
In relazione al compito di raccogliere dati e informazioni, analizzarli e scambiarli, a mio avviso, la
Decisione si presenta sul punto alquanto innovativa in quanto consente ad Europol di instaurare e
mantenere relazioni di cooperazione con le istituzioni, gli organi, gli uffici e le agenzie comunitarie,
come ad esempio, FRONTEX, la Banca Centrale europea, l’Ufficio europeo anti-frode (OLAF),
Eurojust e il Collegio europeo di polizia (CEPOL), l’Accademia europea di polizia (AEP) (art. 22),
ma anche con i Paesi terzi e organizzazioni terze (artt. 22-23). Infatti, qualora fosse necessario per
lo svolgimento dei suoi compiti, Europol può stipulare accordi con tali entità, accordi che abbiano
come fine lo scambio di informazioni operative, strategiche o tecniche. Infine, sempre se
necessario, Europol può trattare informazioni provenienti da privati, alle condizioni indicate
nell’art. 25.
Per tutto quello che riguarda la raccolta, il trattamento e l’uso dei dati, il capo V della Decisione si
preoccupa di garantire un adeguato livello di tutela e di sicurezza dei dati trattati, almeno
equivalente a quello risultante dall’applicazione dei principi della Convenzione del Consiglio
d’Europa sulla protezione delle persone rispetto al trattamento automatizzato dei dati di carattere
personale, firmata a Strasburgo il 28 gennaio 1981 (art. 27). La Decisione Europol lascia inoltre
impregiudicata la Decisione quadro 2008/977/GAI del Consiglio del 27 novembre 2008 , sulla
protezione dei dati personali trattati nell’ambito della cooperazione giudiziaria e di polizia in
materia penale in quanto, a differenza di quest’ultima, contiene disposizioni specifiche sulla
protezione dei dati personali, a motivo delle funzioni e competenze particolari di Europol
(Considerando n. 12 Decisione Europol). In particolare, si prevede la creazione della nuova figura
del Responsabile della protezione dati (art. 28) dotato di compiti indipendenti e libero di accedere a
tutti i dati e a tutti i locali di Europol. Egli è incaricato di garantire il rispetto delle disposizioni della
Decisione, comprese quelle relative al trattamento dei dati personali in possesso di Europol. A
chiunque vi abbia interesse, inoltre, la Decisione Europol riconosce un diritto di accesso ai dati
trattati che lo riguardano e, a tal fine, gli consente di presentare una domanda di accesso, nello Stato
membro di sua scelta, all’autorità designata, alla quale Europol senza ritardo e comunque non oltre
tre mesi dal ricevimento, dà risposta. La comunicazione delle informazioni richieste dall’interessato
può essere negata solo per motivi di sicurezza e ordine pubblico, per consentire lo svolgimento dei
compiti di Europol, per garantire che nessuna indagine nazionale sia compromessa e per proteggere
i diritti e le libertà di terzi (art. 30). L’interessato ha inoltre diritto a chiedere che i dati che lo
riguardano siano rettificati o cancellati (art. 31). Nella risposta ad una domanda di verifica o di
accesso ai dati oppure di rettifica o cancellazione, Europol informa l’interessato che nel caso in cui
la riposta non lo soddisfi, può rivolgere un ricorso all’autorità di controllo comune (art. 32), che ha
il compito precipuo di controllare la legittimità della trasmissione e del trattamento di dati effettuata
da Europol. L’Autorità d controllo si compone di un massimo di due membri o rappresentanti di
provenienti da ciascuna autorità di controllo nazionale indipendente (art. 34). Ogni Stato infatti
designa una Autorità di controllo nazionale incaricata di monitorare, in modo indipendente e nel
rispetto della legislazione nazionale, che l’introduzione, il recupero e la comunicazione a Europol di
dati personali da parte dello Stato membro interessato avvengano in modo lecito e non ledano i
diritti delle persone a cui si riferiscono (art. 33).
Le riforme introdotte dalla Decisione 2009/371/GAI hanno cercato di rispondere alle critiche
sollevate in passato relative alla efficienza e alla struttura di Europol . A tali critiche si potrebbe
aggiungere che il ruolo e i precisi scopi di Europol restano ancora poco chiari, nonostante il fato
che Europol sia ormai operativo da diversi anni. Si può rilevare che la Decisione Europol non è
stata in grado di colmare tutte le lacune di funzionamento rilevate. Sulla carta, Europol infatti non
ha ancora “poteri esecutivi ”. Tuttavia può essere considerata come un organismo “operativo”. Ha
infatti il potere di chiedere alle autorità competenti degli Stati membri interessati di avviare,
svolgere o coordinare indagini e di proporre l’istituzione di squadre investigative comuni in casi
specifici (art. 5, lett. d); può partecipare, con funzioni di supporto, alle squadre investigative comuni
(art. 6). Tutti poteri che, in un certo senso, comportano che il personale di Europol possa operare nel
territorio di uno Stato membro. In questo contesto, il confine tra mera assistenza e reale operatività
può divenire ancora più indefinito. Inoltre, l’estensione dei poteri di raccolta, analisi e trattamento
dei dati in capo ad Europol rappresenta una minaccia non indifferente per la tutela dei diritti
fondamentali, in particolare per il diritto alla privacy. Alla luce di queste minacce, e nonostante i
miglioramenti introdotti dalla Decisione Europol nel sistema di tutela, l’adeguatezza dell’attuale
quadro normativo di Europol in relazione alla protezione della privacy, del controllo giurisdizionale
e della trasparenza lascia ancora molto a desiderare.
1.3.3 La nuova disciplina sulla protezione dei dati personali nell’ambito della cooperazione
giudiziaria e di polizia in materia penale
Le recenti riforme introdotte nei sistemi Europol ed Eurojust mostrano chiaramente che in Europa il
nuovo trend in materia di cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale consiste
nell’incremento della raccolta, del trattamento e nello scambio dei dati personali. Le principali
caratteristiche di questa nuova tendenza sono: una proliferazione di banche dati a livello
dell’Unione europea; la richiesta di promuovere l’interconnessione delle stesse e di consentire
l’accesso alle forze di polizia alle banche dati nate non per scopi penali (come ad esempio il VIS o
il SISII); il cambiamento in relazione alla quantità e alla qualità dei dati personali raccolti ed
analizzati nei diversi database; un maggiore coinvolgimento del settore privato nella raccolta di tali
dati e nel trasferimenti di questi ultimi alle competenti autorità statali (si pensi ad esempio al ruolo
svolto dalle compagnie aeree in relazione ai dati conservati nel Passenger Name Record- PNR ).
Tuttavia la proliferazione di questi meccanismi di raccolta dati, finora, non era stata accompagnata
da una coerente ed organica disciplina sulla protezione dei dati personali nel contesto del terzo
pilastro. La Direttiva del 1995 sulla protezione dei dati, infatti, esclude esplicitamente dal suo
ambito di applicazione le attività che ricadevano nell’ambito del terzo pilastro. Ciò aveva condotto
ad una regolamentazione piuttosto frammentaria della materia. Si possono infatti trovare norme
relative alla tutela dei dati personali nel contesto della cooperazione giudiziaria e di polizia in
materia penale in diversi atti giuridici come, ad esempio, in quelli che hanno istituto organismi
comunitari (come la Convenzione Europol), oppure in quelli che hanno creato nuove banche dati
(come SIS II).
Per risolvere l’annosa questione dell’assenza di uno strumento a tutela dei dati personali in
quest’ambito, dopo una gestazione durata tre anni, è stata infine adottata la Decisione quadro
2008/977/GAI sulla protezione dei dati personali trattati nell’ambito della cooperazione giudiziaria
e di polizia in materia penale . Ai sensi dell’art. 1, scopo della Decisione quadro è quello di “
assicurare un elevato livello di protezione dei diritti e delle libertà fondamentali delle persone
fisiche, in particolare del diritto alla vita privata, riguardo al trattamento dei dati personali
nell’ambito della cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale”. Il testo contiene diverse
previsioni in materia dei principi che regolano la protezione dei dati (art. 3), la rettifica, la
cancellazione e il blocco (art. 4), il trattamento di categorie particolari di dati (art. 6), la verifica
della qualità dei dati trasmessi o resi disponibili (art. 8), i termini per la loro conservazione (art. 9),
il trattamento dei dati personali trasmessi (artt. 11-12), il trasferimento alle autorità competenti di
Paesi terzi o a organismi internazionali (art. 13), la trasmissione a privati negli stati membri (art.
14), il diritto di accesso (art. 17), il diritto di rettifica, di cancellazione o di blocco (art. 18), il diritto
a compensazione (art. 19), i mezzi di ricorso (art. 20) e la consultazione preliminare (art. 23). Le
lunghe negoziazioni che hanno preceduto l’adozione del testo definitivo della decisione quadro,
hanno condotto ad un indebolimento dell’ambito di applicazione. Essa infatti si applica
esclusivamente ai dati trasmessi o resi disponibili dagli Stati membri, da autorità o sistemi
d’informazione istituiti in base al trattato sull’Unione europea o al trattato che istituisce la Comunità
europea . La Decisione inoltre lascia impregiudicate le disposizioni sulla protezione dei dati già
presenti in diversi settori della cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale, segnatamente
quelle che disciplinano il funzionamento dell’Europol, di Eurojust, del sistema d’informazione
Schengen (SIS) e del sistema informativo doganale (SID) e quelle che introducono l’accesso diretto
delle autorità degli Stati membri a taluni sistemi di dati di altri Stati membri. Lo stesso vale per
quanto riguarda le disposizioni di protezione dei dati che disciplinano il trasferimento automatizzato
tra Stati membri dei profili DNA, dei dati dattiloscopici e dei dati nazionali di immatricolazione dei
veicoli a norma della Decisione 2008/615/GAI del Consiglio del 23 giugno 2008 sul potenziamento
della cooperazione transfrontaliera, soprattutto nella lotta al terrorismo e alla criminalità
transfrontaliera , la quale ha comunitarizzato il Trattato di Prüm .
Dall’esame della Decisione quadro si desume quindi che il suo ambito di applicazione così limitato
non ha consentito di raggiungere il tanto auspicato obiettivo di una disciplina coerente e uniforme
della protezione dei dati anche nel contesto della cooperazione giudiziaria e di polizia in materia
penale. L’impianto normativo che ne risulta non solo è frammentario e carente di trasparenza, ma è
sicuramente inadeguato a rispondere all’aumentata richiesta di tutela della privacy in un contesto
nel quale si è assistito negli ultimi anni ad un proliferare di banche dati.