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1.

1 La lotta al terrorismo nell’ambito dell’Unione europea


Il terrorismo internazionale ha iniziato a costituire un serio problema per l’Europa già a partire dagli
anni Sessanta. Nel corso del decennio successivo, si è assistito all’approvazione di diverse misure
finalizzate a prevenire il rischio d’attentati, inclusa la creazione del gruppo TREVI e l’adozione,
nell’ambito del Consiglio d’Europa, della Convenzione europea per la repressione del Terrorismo
del 27 gennaio 1977, di cui si è detto .
Grazie anche ai successi conseguiti negli anni Ottanta, gradualmente il terrorismo ha cessato di
essere percepito come un fenomeno di dimensioni europee. I maggiori rischi avvertiti in quegli anni
sembravano avere una portata nazionale (si pensi alla Spagna, all’Irlanda del nord e alla Francia)
come si desume dal fatto che, quando sono state redatte
la Convenzione di Schengen nel 1990 e la Convenzione Europol nel 1995, è risultato molto
difficile prevedere le proporzioni che la cooperazione di polizia giudiziaria in ambito europeo
avrebbe potuto assumere riguardo alla lotta al terrorismo .
La firma del Trattato di Maastricht (7 febbraio 1992) ha determinato un decisivo passo avanti nella
collaborazione fra gli Stati membri in materia di sicurezza . Il Trattato sull’Unione europea, infatti,
non solo ha trasformato la CEE in Comunità Europea (CE), sottolineando il carattere politico-
sociale ormai raggiunto dall’integrazione europea, ma ha sancito la nascita dell’Unione europea,
entità fondata sulle tre Comunità europee, create negli anni ’50 e che, prima dell’entrata in vigore
del Trattato di Lisbona, costituivano il c.d. primo pilastro. Ad esse sono state affiancate altre due
forme di cooperazione: la Politica Estera e Sicurezza Comune (PESC, prima del Trattato di Lisbona
denominata anche secondo pilastro) e la Giustizia e Affari Interni (GAI, prima denominato anche
terzo pilastro), due aree precedentemente di esclusiva competenza nazionale. La lotta al terrorismo
ha trovato finalmente la sua base giuridica nel Trattato, nell’ambito del terzo pilastro, essendo stata
espressamente richiamata all’ art. K 1 del Trattato di Maastricht. Nel corso degli anni, tuttavia, le
questioni legate al terrorismo hanno finito per interessare anche il secondo pilastro.
Successivamente, il Trattato di Amsterdam, firmato il 2 ottobre 1997 ed entrato in vigore il 1º
maggio 1999, ha conferito maggiore visibilità alla prevenzione e alla lotta al terrorismo poiché,
all’art. 29 TUE, ha espressamente previsto che “l’obiettivo che l’Unione si prefigge è fornire ai
cittadini un livello elevato di sicurezza in uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia, sviluppando tra
gli Stati membri un'azione in comune nel settore della cooperazione di polizia e giudiziaria in
materia penale e prevenendo e reprimendo il razzismo e la xenofobia. Tale obiettivo è perseguito
prevenendo e reprimendo la criminalità, organizzata o di altro tipo, in particolare il terrorismo , la
tratta degli esseri umani ed i reati contro i minori, il traffico illecito di droga e di armi, la corruzione
e la frode …”.
È solo, però, con il Consiglio europeo di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999 che il piano d’azione
predisposto ad Amsterdam nel settore della cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale
ha iniziato a sviluppare le sue potenzialità. Le conclusioni del Consiglio di Tampere , infatti, hanno
suggerito quattro aree di intervento strategiche:
1. l’istituzione di squadre investigative comuni;
2. la creazione di Eurojust, quale unità composta da pubblici ministeri, magistrati o funzionari
di polizia di pari competenza, distaccati da ogni Stato membro in conformità al proprio sistema
giuridico, con il compito di agevolare il buon coordinamento tra le autorità nazionali responsabili
dell'azione penale, di prestare assistenza nelle indagini riguardanti i casi di criminalità organizzata e
di cooperare strettamente con la rete giudiziaria europea, allo scopo di semplificare l'esecuzione
delle rogatorie;
3. la previsione di misure volte ad attuare il principio del mutuo riconoscimento delle decisioni
giudiziarie in materia penale;
4. l’armonizzazione delle leggi penali nazionali in diversi settori.
Anche se non immediatamente attuate, le conclusioni del Consiglio di Tampere devono essere
considerate quali pietra miliare in quel lento ma progressivo processo che ha condotto alla
“europeization ” della lotta al terrorismo. Il Piano d’Azione, adottato dall’Unione europea pochi
giorni dopo gli attentati dell’11 settembre, accoglierà infatti la maggior parte delle proposte in esso
contenute.
Il Trattato di Nizza, firmato il 26 febbraio 2001 ed entrato in vigore il 1° febbraio 2003, ha
compiuto il primo passo verso l’attuazione degli obiettivi contenuti nelle conclusioni di Tampere,
dando ufficiale investitura ad Eurojust.
Tuttavia è solo in seguito agli attentati dell’11 settembre, che la lotta al terrorismo all’interno
dell’Unione europea ha conosciuto un decisivo salto di qualità , divenendo più incisiva. In seguito
all’11 settembre, sia l’Unione europea sia i singoli Stati membri hanno reagito incrementando
notevolmente le misure legislative repressive, con l’intento di contrastare il terrorismo nella
maniera più efficace possibile, spesso però prediligendo la garanzia della sicurezza a scapito dei
diritti fondamentali.

A livello dell’Unione europea, come nel sistema delle Nazioni Unite, la necessità di garantire la
sicurezza di fronte alle minacce poste dal terrorismo si è scontrata con l’esigenza di tutelare i diritti
fondamentali. In Europa, poi, la scelta degli Stati membri di basare una parte importante della
normativa comunitaria in materia di terrorismo nell’ambito di quelli che prima erano il secondo e il
terzo pilastro, in particolare tramite l’adozione di posizioni comuni o accordi con Stati terzi, ha
privato di fatto il Parlamento europeo di qualsiasi fonte di informazione e di qualsiasi possibilità di
controllo ed ha vanificato i controlli giudiziari che, nel contesto di quelli che erano il secondo e il
terzo pilastro, risultavano infatti inadeguati. Inoltre, la maggior parte delle misure contro il
terrorismo è stata adottata per attuare obblighi di natura internazionale e, in particolar modo, quelli
derivanti dalle risoluzioni delle Nazioni Unite le quali, a loro volta, non godono di alcuna forma di
controllo di legittimità da parte di un’autorità giurisdizionale. Molte delle misure approvate
dall’Unione europea in risposta al terrorismo non sono altro che la trasposizione, a livello
comunitario, della Risoluzione 1373 del 2001 . La maggior parte di esse, inoltre, è stata approvata
in modo troppo precipitoso e, nonostante il nobile obiettivo di prevenire e combattere nuove
minacce terroristiche, non è stata concepita in modo da costituire uno strumento “proporzionato” al
fine perseguito, com’ è invece richiesto in ogni ordinamento che rispetti il principio di legalità .
L’efficacia di tali misure non può essere misurata sulla base dell’estensione delle restrizioni imposte
ai diritti umani: l’incremento della sicurezza non è, infatti, inversamente proporzionale alle
limitazioni poste ai diritti umani.
Il Trattato di Lisbona, ultimo tassello del lento processo di riforma del sistema comunitario, entrato
in vigore il 1° dicembre 2009, ha infine suggellato in una prospettiva che si potrebbe definire
“costituzionale” le più importanti evoluzioni che l’ordinamento comunitario ha subito, soprattutto
nell’ultimo decennio, anche a causa della lotta al terrorismo. Va innanzitutto rilevato che, a
differenza del Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa, il quale semplificava e
razionalizzava i trattati esistenti sostituendoli con un unico testo, il Trattato di Lisbona si limita a
modificarli ma non li rimpiazza. In particolare, la prima parte del Trattato di riforma ristruttura
profondamente il Trattato sull’Unione europea, che mantiene la stessa denominazione (TUE); la
seconda, invece, modifica il Trattato che istituisce la Comunità europea (TCE), rinominato Trattato
sul funzionamento dell’Unione (TFUE). Il termine Comunità è ovunque sostituito dalla parola
“Unione”. Il TUE è suddiviso in sei titoli: Disposizioni comuni (I), Disposizioni relative ai principi
democratici (II), Disposizioni sulle Istituzioni (III), Disposizioni su una cooperazione rafforzata
(IV), Disposizioni generali su un’azione esterna dell’Unione e disposizioni specifiche sulla politica
estera e di sicurezza comune (V) e Disposizioni finali (VI). Il contenuto dell’attuale Titolo VI del
TUE, relativo alla cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale, è stato inserito nel titolo
relativo allo “Spazio di libertà, giustizia e sicurezza” della parte terza del TFU. Quest’ultimo è
suddiviso in sette parti: Principi (parte prima), Non discriminazione e cittadinanza (Parte seconda),
Politiche e azioni interne dell’Unione (Parte terza), Associazione dei Paesi e territori d’oltremare
(Parte quarta), Azione esterna dell’Unione in ambiti diversi dalla politica estera e di sicurezza
comune (Parte quinta), Funzionamento dell’Unione (Parte sesta), Disposizioni generali e finali
(Parte settima). Tra le principali novità che il Trattato di Lisbona ha introdotto nei settori nei quali,
come si è visto, si svolge principalmente l’azione europea di contrasto al terrorismo, si segnala
l’abolizione e la conseguente unificazione dei tre pilastri . Questa innovazione, però non ha
impedito di mantenere, almeno per quanto riguarda l’attuale secondo pilastro, procedure specifiche
e atti distinti. Ma sul punto si tornerà più approfonditamente nel prossimo capitolo.

1.2 Il Piano d’Azione: una “road map” nella lotta al terrorismo dopo l’11 settembre
Alcuni hanno definito le settimane comprese fra il 20 settembre e il 19 ottobre 2001, il mese della
trasformazione . Come mai in passato, gli eventi dell’11 settembre hanno accelerato il processo
decisionale all’interno dell’Unione europea, soprattutto all’interno della cooperazione giudiziaria e
di polizia in materia penale.
La risposta dell’Unione europea agli attacchi alle Twin Towers è stata dunque veloce e molto
ampia. Nell’arco di un mese sono stati organizzati numerosissimi incontri istituzionali tra questi
quelli del 20 settembre 2001, a pochi giorni di distanza dagli attentati, in occasione del quale il
Consiglio giustizia e affari interni ha raggiunto l’accordo su un pacchetto di misure contro il
terrorismo. Tale pacchetto di provvedimenti è stato poi accolto nelle conclusioni del Consiglio
europeo, riunitosi in sessione straordinaria il giorno successivo. Il Consiglio straordinario ha
identificato nella lotta al terrorismo un obiettivo più che mai prioritario per l’Unione europea e ha
predisposto un vero e proprio Piano d’Azione, una sorta di “road map” per il futuro, incentrata su
cinque aree strategiche di intervento:
1. rinforzare la cooperazione giudiziaria e di polizia tramite alcuni provvedimenti quali:
l’introduzione del Mandato d’Arresto europeo, l’adozione di una definizione comune di terrorismo,
l'identificazione dei presunti terroristi in Europa nonché delle organizzazioni che li sostengono e la
compilazione di un elenco comune delle organizzazioni terroristiche, lo scambio di informazioni fra
i servizi di intelligence, la creazione di squadre investigative comuni, il rafforzamento dei compiti
di Europol in materia di terrorismo e la conclusione di accordi di cooperazione fra Europol e Stati
Uniti;
2. sviluppare gli strumenti giuridici internazionali nella lotta al terrorismo, attuando,
quanto prima, le convenzioni esistenti ed elaborando una convenzione globale sul terrorismo
internazionale;
3. porre fine al finanziamento del terrorismo, mediante l’adozione di misure
comunitarie nell’ambito del riciclaggio, provvedendo al congelamento dei fondi a livello
comunitario e ratificando la Convenzione ONU sulla soppressione del finanziamento al terrorismo;
4. rafforzare la sicurezza aerea;
5. coordinare l’azione globale dell’Unione europea .
Come si può vedere, molte delle misure indicate nel Piano d’Azione erano già state proposte
durante il Consiglio Europeo di Tampere del 1999, altre invece sono state aggiunte nella fase di
redazione, ma la differenza rispetto al passato è che comincia a farsi strada una reale volontà
politica tra gli Stati membri di adottare le misure stesse. L’11 settembre deve essere considerato
come una sorta di catalizzatore della già programmata azione dell’Unione europea contro il
terrorismo .
Caratteristica fondamentale del Piano d’Azione è quella di costituire una strategia contro il
terrorismo a lungo termine, il che implica che le Presidenze di turno non potranno, in futuro,
stabilire gli interventi da attuare solo in base a priorità di carattere nazionale. Gli eventi dell’11
settembre hanno dunque consentito all’Unione europea di diventare un attore coerente nella lotta al
terrorismo sulla scena internazionale .

1.3 Un decisivo passo avanti nella cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale dopo l’11
settembre
Come si è rilevato, l’impatto più rilevante dell’11 settembre sul sistema normativo dell’Unione
europea si è verificato nel settore della cooperazione giudiziaria e di polizia . Dopo l’attentato alle
Twin Towers, i Ministri della giustizia e degli affari interni dell’Unione europea hanno approvato
velocemente un pacchetto di misure anti-terrorismo che, altrimenti, avrebbe richiesto parecchio
tempo per essere adottato. Ne è prova il fatto che solo alcune misure pattuite nell’autunno del 2001
(quali, per esempio, il rafforzamento della sicurezza aerea), sono state una diretta conseguenza
dell’11 settembre; le altre erano già in progetto o in corso di realizzazione. Gli attacchi dell’11
settembre hanno infatti rivitalizzato gli sforzi volti a dare attuazione all’ambizioso progetto nel
settore della cooperazione giudiziaria e affari interni, approvato durante il Consiglio di Tampere nel
1999 .
Oltre all’elaborazione di una definizione di terrorismo, di cui si è già avuto modo di parlare ,
notevoli e importanti sono stati i risultati raggiunti in poco tempo nel settore della cooperazione
giudiziaria e di polizia in materia penale. Con la Decisione quadro 2002/187/GAI del 28 febbraio
2002 è stata creata Eurojust; il 13 giugno 2002 la Decisione quadro 2002/584/GAI ha introdotto
negli Stati membri il mandato d’arresto europeo; Europol ha visto ampliarsi le competenze in
materia di lotta al terrorismo, in particolare grazie alla trasformazione della relativa Convenzione
nella Decisione 2009/371/GAI, del 6 aprile 2009; il 26 ottobre 2005 è stata adottata la c.d. terza
direttiva antiriciclaggio, la n. 2005/60/CE , che mira non solo a migliorare la lotta al riciclaggio, di
cui viene ampliata la nozione, ma anche a prevenire il finanziamento del terrorismo; con la
Decisione quadro 2002/465/GAI del Consiglio si sono create le squadre investigative comuni; la
Decisione Quadro 2008/978/GAI del 18 dicembre 2008 ha istituito il mandato europeo di ricerca
delle prove diretto all’acquisizione di oggetti, documenti e dati da utilizzare nei procedimenti penali
; la Decisione quadro 2008/977/GAI del Consiglio, del 27 novembre 2008, ha finalmente
regolamentato il problema della protezione dei dati personali trattati nell’ambito della cooperazione
giudiziaria e di polizia in materia penale ; la Decisione quadro 2008/909/GAI del Consiglio, del 27
novembre 2008 ha sancito l’applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze
penali che irrogano pene detentive o misure privative della libertà personale, ai fini della loro
esecuzione nell’Unione europea ; la Decisione quadro 2008/919/GAI del Consiglio, del 28
novembre 2008, che modifica la decisione quadro 2002/475/GAI sulla lotta contro il terrorismo,
come si è visto , ha incluso tra i reati di terrorismo la pubblica provocazione per commettere reati di
terrorismo, il reclutamento a fini terroristici, l'addestramento a fini terroristici. Infine l’impatto
dell’11 settembre ha spinto le istituzioni comunitarie a sviluppare le politiche in materia di asilo,
immigrazione e visti .
Di seguito, si tenterà di fornire un quadro delle novità normative introdotte che più concretamente
hanno inciso anche sulla lotta al terrorismo ed in particolare si analizzeranno le nuove competenze
in materia di terrorismo conferite ad Europol, la creazione di Eurojust, la Decisione quadro
2008/977/GAI sulla protezione dei dati personali trattati nell’ambito della cooperazione giudiziaria
e di polizia in materia penale, il mandato d’arresto europeo e la normativa europea antiriciclaggio.
Tutta l’analisi sarà mirata a verificare fino a che punto tali strumenti incidono sui diritti e le libertà
fondamentali.

1.3.1 Europol: nuova struttura, nuovo mandato e un ruolo rafforzato nella lotta al terrorismo
La cooperazione tra gli Stati Membri a livello di polizia e giudiziario, nell’azione di contrasto al
terrorismo, è stata ritenuta per molto tempo una priorità tra gli obiettivi comunitari.
La proposta di istituire Europol, cioè l’Ufficio europeo di Polizia, ha trovato finalmente la propria
base giuridica nell’art. K 1 (9), introdotto dal Trattato di Maastricht. In forza di quest’ultima norma,
tale organismo doveva occuparsi dello scambio di informazioni nell’area del traffico di droga, del
terrorismo e di altre gravi manifestazioni del crimine organizzato. In attuazione di tale previsione,
sulla base di un accordo concluso nel corso dell’incontro dei ministri TREVI a Copenhagen il 2
giugno 1993 è stata inizialmente costituita un’unità Europol anti-droga. Successivamente, nel 1995
è stata conclusa la Convenzione Europol la quale ha attribuito al neonato organismo personalità
giuridica e una limitata capacità di concludere trattati e, gli ha conferito il mandato di “migliorare,
nel quadro della cooperazione tra gli Stati membri …, l'efficacia dei servizi competenti degli
Stati membri e la loro cooperazione, al fine di prevenire e combattere il terrorismo, il traffico
illecito di stupefacenti ed altre gravi forme di criminalità internazionale, purché esistano indizi
concreti di una struttura o di un'organizzazione criminale e purché due o più Stati membri siano lesi
dalle summenzionate forme di criminalità in modo tale da richiedere, considerate l'ampiezza, la
gravità e le conseguenze dei reati, un'azione comune degli Stati membri” (art. 2 della Convenzione).
Progressivamente, l’ambito di applicazione della Convenzione è stato ampliato fino a coprire la
lotta contro il terrorismo. Per colmare quella che era stata percepita come una ridotta capacità
operativa dell’unità, sono stati adottati due protocolli di riforma, uno nel 2002 e uno nel 2003. Il
primo ha reso possibile la partecipazione di Europol alle squadre investigative comuni e gli ha
consentito di richiedere l’apertura di indagini al fine di rafforzare la lotta contro la criminalità
organizzata, mentre il secondo ha permesso ai servizi di polizia nazionali, a certe condizioni, di
contattare Europol direttamente, senza rivolgersi preventivamente alle loro unità nazionali. Infine il
Protocollo del 2003 ha fornito la possibilità agli organismi e agli Stati terzi di partecipare alla
costituzione di schedari di lavoro per fini di analisi ed ha esteso il termine di conservazione dei dati
a carattere personale contenuti negli schedari da tre a cinque anni . Le modifiche apportate dai due
protocolli sono state infine integrate nella Decisione del Consiglio 2009/371/GAI che ha
trasformato l’Europol da ufficio ad Agenzia europea migliorandone i compiti e il mandato .
Europol si compone di un’unità centrale, con sede all’Aja, e da un sistema satellitare, composto
dalle Unità nazionali, che agiscono nei singoli Stati membri cooperando con l’unità centrale
attraverso gli ufficiali di collegamento di quella sede. Europol, finora, non ha rivestito un ruolo
operativo vero e proprio, svolgendo essenzialmente funzioni di scambio di informazioni, raccolta ed
elaborazione di dati sensibili. Tuttavia, l’attività di intelligence ne costituisce, attualmente,
l’elemento caratterizzante e il valore aggiunto conferito alla lotta al terrorismo . Sia l’Europol sia gli
Stati membri sono tenuti ad un corretto trattamento dei dati personali, esercitato tramite il controllo
dell’accesso al sistema TECS, nonché della raccolta, dell’ inserimento dei dati, dell’accesso al
sistema e della trasmissione. Allo stesso modo viene garantito che l’intero sistema sia esente da
errori o da manipolazioni .
Sempre per quanto concerne la lotta al terrorismo, negli anni Europol ha visto accrescere il suo
ruolo. Innanzitutto, può chiedere alle forze di polizia di uno Stato membro di iniziare un’indagine e
può scambiare informazioni con gli Stati Uniti e con terze parti . In secondo luogo, gli è stato
affidato il compito di elaborare i c.d. “terrorist profile”. Si tratta di una sorta di analisi che si
incentrano sull’individuazione dei comportamenti e le abitudini dei terroristi, dei loro obiettivi e
delle organizzazioni attive sul territorio comunitario. Nonostante l’urgente necessità di approfondire
lo studio del reato di terrorismo, l’introduzione di tali “profile” apre la strada ad una serie di
minacce alle libertà fondamentali, che non possono essere ovviate con una semplice promessa di
compatibilità con i diritti fondamentali. Lo sviluppo di analisi fondate su caratteristiche quali la
nazionalità, l’età, il luogo di nascita, elementi psico-sociologici, la situazione familiare (dati che
dovrebbero servire per identificare i terroristi prima dell’esecuzione di atti terroristici, in
cooperazione con i servizi di immigrazione e la polizia, al fine di prevenire o scoprire la presenza di
presunti terroristi nel territorio degli Stati membri), presenta forti rischi di discriminazione. Siffatte
analisi potrebbero infatti essere giustificate solo alla luce di una significativa dimostrazione
statistica della stretta relazione fra tali caratteristiche in questione e il rischio di terrorismo . Il
Consiglio straordinario del 21 settembre 2001 ha inoltre introdotto numerose innovazioni strutturali
nel sistema Europol, inclusa la creazione di un centro operativo di allerta attivo ventiquattro ore su
ventiquattro, il c.d. “Counter-Terrorism Unit”. Prima conosciuta come Counter-Terrorism Task
Force (CTTF), l’unità comprendeva collegamenti fra ufficiali di polizia e servizi di intelligence.
Essa aveva il compito di scambiare e coordinare le informazioni di intelligence e di redigere
bollettini di informazione, inviati settimanalmente agli Stati . La CTTF è stata criticata perché non
in grado di effettuare un trattamento dei dati in tempo reale . Di conseguenza, quando il suo
originario mandato è cessato, nella primavera del 2003, tutti gli incarichi relativi alla lotta al
terrorismo sono passati alla Serious Crime Unit . Dopo gli attentati di Madrid del 2004, il consiglio
d’amministrazione dell’Europol tuttavia ha deciso di riattivare la Counter-Terrorism Task Force,
per mettere a disposizione degli Stati membri una équipe più forte in caso di crisi, anche se le
informazioni veramente strategiche non sono ancora condivisibili fra gli Stati membri . Europol
infatti, nonostante secondo alcuni rivesta un ruolo sempre più importante nella lotta al terrorismo ,
ha suscitato molte critiche dal momento che, nonostante i ripetuti incrementi del personale e di
risorse economiche, rimaneva una struttura troppo piccola e poco consolidata .
Così, alla fine del 2006, il Consiglio GAI ha raggiunto un accordo sulla opportunità di sostituire la
Convenzione Europol con una decisione del Consiglio con l’intento di rafforzarne il ruolo e i
poteri. Il 6 aprile 2009, il Consiglio ha quindi adottato la Decisione 2009/371/GAI che istituisce
l’ufficio europeo di polizia (Europol) e che si applica a decorrere dal 1° gennaio 2010. Essa
sostituisce le disposizioni della precedente Convenzione , comportando una parziale
“communautarisation ” di Europol e un allontanamento da un concetto di funzionamento puramente
intergovernativo di questo organismo. Anche se la Commissione non ha raggiunto l’obiettivo di
trasformare Europol in una’agenzia dell’Unione , sono state introdotte importanti novità che si
inseriscono in un processo di accresciuto controllo dell’operato di Europol da parte delle istituzioni
comunitarie. Innanzitutto l’organo sarà finanziato dal bilancio comunitario, valorizzando così il
ruolo del Parlamento europeo che eserciterà il controllo sui bilanci (artt. 42 e ss); agli agenti
Europol sarà poi applicato lo statuto del personale della Comunità (art. 39); inoltre la Commissione
prenderà parte del Consiglio di amministrazione di Europol . Infine, un decisivo coinvolgimento
delle istituzioni dell’Unione nell’operato di Europol è rappresentato dal controllo giurisdizionale
operato della Corte di giustizia, ai sensi dell’art. 35 TUE .
Insieme ai nuovi poteri di controllo sui bilanci di Europol, il ruolo del Parlamento europeo è in
generale rafforzato. Esso infatti ha ottenuto poteri di informazione più vincolanti e più estesi,
tuttavia ancora limitati. Ai sensi dell’art. 48 della Decisione, infatti, la Presidenza del Consiglio, il
presidente del consiglio di amministrazione e il direttore possono essere convocati a comparire
dinanzi al Parlamento europeo, su richiesta di quest’ultimo, per discutere questioni inerenti a
Europol tenendo conto degli obblighi di segreto e riservatezza. Dall’altro lato, tuttavia, diverse
previsioni della Decisione delegano ulteriori poteri normativi ad Europol all’interno di procedure
dalle quali il Parlamento è completamente escluso. È il caso delle questioni legate alla tutela dei
diritti fondamentali, come ad esempio, la creazione di un nuovo sistema di trattamento dei dati che,
ai sensi dell’art. 10, deve avvenire tramite una decisione del Consiglio di Amministrazione di
Europol, semplicemente approvata dal Consiglio; oppure al caso dell’adozione di norme di
attuazione relative alle relazioni di Europol con Paesi e organizzazioni terzi, che sono approvate dal
Consiglio a maggioranza qualificata, previa una mera consultazione del Parlamento europeo . È
d’uopo rilevare che tali previsioni mal si conciliano con il diritto comunitario dopo l’entrata in
vigore del Trattato di Lisbona, che ha attribuito al Parlamento europeo un potere di codecisione in
materia.
Insieme alle altre modifiche relative alla base giuridica, la Decisione Europol ha introdotto una serie
di novità sull’organizzazione, sul mandato e sui poteri di tale organismo. Innanzitutto, l’art. 4 della
Decisione estende il mandato di Europol a tutte le forme gravi di criminalità, definite dall’Allegato
I. Il nuovo elenco dei reati riprende la criminalità organizzata e il terrorismo, aggiungendovi
l’omicidio volontario, il furto organizzato o a mano armata, la truffa e lo stupro. L’ampliamento del
mandato di Europol ha suscitato preoccupazioni negli Stati membri, che lo hanno interpretato come
uno sconfinamento delle competenze di Europol nel campo delle indagini con una portata
puramente nazionale. Tali preoccupazioni sorgono infatti dal confronto tra il testo precedente della
Convenzione che parlava di forme “gravi forme di criminalità internazionale, purché esistano indizi
concreti di una struttura o di un'organizzazione criminale ” e il testo dell’attuale Decisione che si
limita a parlare di “gravi forme di criminalità” in generale. Ciò significa che per l’intervento di
Europol non è più richiesto che si tratti di una fattispecie relativa al crimine organizzato.
Per quanto riguarda i compiti, oltre a quelli tradizionali di raccolta, trattamento, analisi e scambio di
informazioni, uno dei maggiori miglioramenti introdotti dalla Decisione consiste nel prevedere che
Europol possa assistere le autorità competenti degli Stati membri nella lotta contro determinate
forme gravi di criminalità, senza che debbano sussistere gli indizi concreti di una struttura o di una
organizzazione criminale richiesti attualmente. Potrà quindi chiedere alle autorità competenti degli
Stati membri interessati di avviare, svolgere o coordinare indagini e di proporre squadre
investigative comuni; fornire supporto agli Stati membri in relazione ad eventi internazionali di
primo piano; preparare valutazioni alle minacce (art. 5).
La Decisione prevede inoltre un decisivo accrescimento del ruolo di Europol nel trattamento dei
dati, evidente già nell’art. 10 che facoltizza, per quanto necessario al conseguimento degli obiettivi
di Europol, alla gestione di nuovi sistemi per il trattamento delle informazioni come, ad esempio,
nuove banche dati in materia di gruppi terroristici. In tal caso, la relativa decisione viene adottata
dal consiglio di amministrazione di Europol, su proposta del direttore, ed è poi sottoposta al
Consiglio dell’Unione europea per l’approvazione. Inoltre, per quanto riguarda l’accesso al sistema
di informazioni dell’Europol (SIE), mentre l’art. 7 della Convenzione prevedeva che le Unità
nazionali potessero consultarlo solo per le esigenze di una indagine determinata e tramite ufficiali di
collegamento, la Decisione Europol estende l’accesso anche alle altre autorità designate dagli Stati
membri (art. 13).
Per quanto concerne gli archivi di lavoro per fini di analisi, Europol sarebbe obbligato ad eliminarli
trascorsi tre anni salvo che, alla fine di tale periodo, ne ritenga strettamente necessaria la
conservazione, nel qual caso l’archivio potrebbe essere tenuto in vita per un periodo di ulteriori tre
anni (art. 20). Come per la Convenzione Europol, gli archivi sono costituiti “a fini di analisi”,
quest’ultima definita come la raccolta, il trattamento e l’uso dei dati a sostegno di una indagine
penale (art. 14). La decisione Europol prevede anche un potenziamento dei meccanismi di controllo
che consentono di verificare la legittimità delle operazioni di recupero dati dagli archivi
automatizzati per trattare dati personali, estendendo la durata della conservazione dei dati così
raccolti da 6 a 18 mesi (art. 18).
In relazione al compito di raccogliere dati e informazioni, analizzarli e scambiarli, a mio avviso, la
Decisione si presenta sul punto alquanto innovativa in quanto consente ad Europol di instaurare e
mantenere relazioni di cooperazione con le istituzioni, gli organi, gli uffici e le agenzie comunitarie,
come ad esempio, FRONTEX, la Banca Centrale europea, l’Ufficio europeo anti-frode (OLAF),
Eurojust e il Collegio europeo di polizia (CEPOL), l’Accademia europea di polizia (AEP) (art. 22),
ma anche con i Paesi terzi e organizzazioni terze (artt. 22-23). Infatti, qualora fosse necessario per
lo svolgimento dei suoi compiti, Europol può stipulare accordi con tali entità, accordi che abbiano
come fine lo scambio di informazioni operative, strategiche o tecniche. Infine, sempre se
necessario, Europol può trattare informazioni provenienti da privati, alle condizioni indicate
nell’art. 25.
Per tutto quello che riguarda la raccolta, il trattamento e l’uso dei dati, il capo V della Decisione si
preoccupa di garantire un adeguato livello di tutela e di sicurezza dei dati trattati, almeno
equivalente a quello risultante dall’applicazione dei principi della Convenzione del Consiglio
d’Europa sulla protezione delle persone rispetto al trattamento automatizzato dei dati di carattere
personale, firmata a Strasburgo il 28 gennaio 1981 (art. 27). La Decisione Europol lascia inoltre
impregiudicata la Decisione quadro 2008/977/GAI del Consiglio del 27 novembre 2008 , sulla
protezione dei dati personali trattati nell’ambito della cooperazione giudiziaria e di polizia in
materia penale in quanto, a differenza di quest’ultima, contiene disposizioni specifiche sulla
protezione dei dati personali, a motivo delle funzioni e competenze particolari di Europol
(Considerando n. 12 Decisione Europol). In particolare, si prevede la creazione della nuova figura
del Responsabile della protezione dati (art. 28) dotato di compiti indipendenti e libero di accedere a
tutti i dati e a tutti i locali di Europol. Egli è incaricato di garantire il rispetto delle disposizioni della
Decisione, comprese quelle relative al trattamento dei dati personali in possesso di Europol. A
chiunque vi abbia interesse, inoltre, la Decisione Europol riconosce un diritto di accesso ai dati
trattati che lo riguardano e, a tal fine, gli consente di presentare una domanda di accesso, nello Stato
membro di sua scelta, all’autorità designata, alla quale Europol senza ritardo e comunque non oltre
tre mesi dal ricevimento, dà risposta. La comunicazione delle informazioni richieste dall’interessato
può essere negata solo per motivi di sicurezza e ordine pubblico, per consentire lo svolgimento dei
compiti di Europol, per garantire che nessuna indagine nazionale sia compromessa e per proteggere
i diritti e le libertà di terzi (art. 30). L’interessato ha inoltre diritto a chiedere che i dati che lo
riguardano siano rettificati o cancellati (art. 31). Nella risposta ad una domanda di verifica o di
accesso ai dati oppure di rettifica o cancellazione, Europol informa l’interessato che nel caso in cui
la riposta non lo soddisfi, può rivolgere un ricorso all’autorità di controllo comune (art. 32), che ha
il compito precipuo di controllare la legittimità della trasmissione e del trattamento di dati effettuata
da Europol. L’Autorità d controllo si compone di un massimo di due membri o rappresentanti di
provenienti da ciascuna autorità di controllo nazionale indipendente (art. 34). Ogni Stato infatti
designa una Autorità di controllo nazionale incaricata di monitorare, in modo indipendente e nel
rispetto della legislazione nazionale, che l’introduzione, il recupero e la comunicazione a Europol di
dati personali da parte dello Stato membro interessato avvengano in modo lecito e non ledano i
diritti delle persone a cui si riferiscono (art. 33).
Le riforme introdotte dalla Decisione 2009/371/GAI hanno cercato di rispondere alle critiche
sollevate in passato relative alla efficienza e alla struttura di Europol . A tali critiche si potrebbe
aggiungere che il ruolo e i precisi scopi di Europol restano ancora poco chiari, nonostante il fato
che Europol sia ormai operativo da diversi anni. Si può rilevare che la Decisione Europol non è
stata in grado di colmare tutte le lacune di funzionamento rilevate. Sulla carta, Europol infatti non
ha ancora “poteri esecutivi ”. Tuttavia può essere considerata come un organismo “operativo”. Ha
infatti il potere di chiedere alle autorità competenti degli Stati membri interessati di avviare,
svolgere o coordinare indagini e di proporre l’istituzione di squadre investigative comuni in casi
specifici (art. 5, lett. d); può partecipare, con funzioni di supporto, alle squadre investigative comuni
(art. 6). Tutti poteri che, in un certo senso, comportano che il personale di Europol possa operare nel
territorio di uno Stato membro. In questo contesto, il confine tra mera assistenza e reale operatività
può divenire ancora più indefinito. Inoltre, l’estensione dei poteri di raccolta, analisi e trattamento
dei dati in capo ad Europol rappresenta una minaccia non indifferente per la tutela dei diritti
fondamentali, in particolare per il diritto alla privacy. Alla luce di queste minacce, e nonostante i
miglioramenti introdotti dalla Decisione Europol nel sistema di tutela, l’adeguatezza dell’attuale
quadro normativo di Europol in relazione alla protezione della privacy, del controllo giurisdizionale
e della trasparenza lascia ancora molto a desiderare.

1.3.2 La creazione di Eurojust e il progressivo rafforzamento del suo mandato.


In Europa non esiste un sistema investigativo comune, ma tanti modelli quanti sono i sistemi
processuali in vigore nei singoli Stati membri. In un’epoca di globalizzazione, le diversità esistenti
fra i diversi sistemi processuali possono favorire un tipo di criminalità senza frontiere, che tende ad
agire a livello transnazionale. Di conseguenza, l’unico strumento efficace di lotta non può che
essere rappresentato da un rafforzamento della cooperazione giudiziaria internazionale, quale
elemento primario per la costruzione di quello spazio di libertà, giustizia e sicurezza, tratteggiato
nel Trattato di Maastricht. Eurojust è stata creata con Decisione del Consiglio 2002/187/GAI del
28 febbraio del 2002, proprio per rispondere a questa esigenza anche se, come si è visto, la
decisione di stabilire una cooperazione giudiziaria permanente era già stata assunta in precedenza,
in occasione del Consiglio europeo di Tampere del 1999. Il Trattato di Nizza, nel recepire il punto
45 delle Conclusioni di Tampere aveva previsto di procedere ad una cooperazione rafforzata
attraverso la modifica del testo dell’art. 31 del Trattato di Amsterdam , sulla cui base il Consiglio
aveva creato un’unità provvisoria, denominata Pre-Eurojust .
Inizialmente, Eurojust è stata concepita come una sorta di precursore di una futura Procura europea,
ma i suoi poteri non si sono spinti così lontano . Trattandosi di un organismo con propria personalità
giuridica, composto da pubblici ministeri, magistrati o funzionari di polizia di pari competenza,
distaccati da ciascuno Stato membro, suo compito primario è quello di fornire assistenza legale e
supporto agli investigatori, pubblici ministeri e giudici, nelle indagini e azioni penali che riguardano
almeno due Stati membri. Tuttavia, Eurojust non ha alcun potere giuridico autonomo di
intraprendere o eseguire un’indagine penale. Essa è basata infatti su un sistema di collegamento
collaterale tra le autorità degli Stati membri. Si tratta sostanzialmente di un gruppo di alto livello di
magistrati, giudici, pubblici ministri e di altri esperti legali, distaccati da ciascuno Stato membro. In
pratica, il vantaggio maggiore di un tale sistema consiste nella possibilità di poter accedere
immediatamente alle informazioni e di poter consultare gli esperti in materia penale provenienti da
altri Stati comunitari . Eurojust inoltre può stabilire rapporti di collaborazione formali con Stati od
organizzazioni terze. Gli Stati Uniti, per esempio, hanno previsto che un specifico magistrato di
collegamento possa partecipare alle sue attività .
Eurojust è una istituzione abbastanza giovane, che ha cercato progressivamente di definire le
procedure e i meccanismi di funzionamento. Tuttavia, negli ultimi anni, è riuscita a mettere a
disposizioni degli inquirenti europei tutte le proprie risorse nell’azione di contrasto al terrorismo: ha
organizzato numerose riunioni di coordinamento con la partecipazione dei magistrati inquirenti,
titolari delle indagini; ha creato, mediante accordi diretti, punti di contatto con gli Stati Uniti,
Israele, Russia, Turchia ed altri Paesi extracomunitari; ha promosso lo scambio in tempo reale, tra le
diverse autorità giudiziarie, di importanti informazioni spesso determinanti per la prosecuzione
dell’indagine e la realizzazione di azioni comuni e coordinate . Infine, dopo l’attentato di Madrid
dell’11 marzo 2004, su iniziativa di Eurojust è stato avviato uno studio per la creazione di una
“banca dati europea” sul terrorismo. Per garantire stabilità a questo tipo di attività è stato costituito
un Comitato ad hoc, con il compito di provvedere allo scambio tempestivo di informazioni su
attentati e di proporre, se necessario, il coordinamento delle indagini anche attraverso coordination
meeting.
Tuttavia le carenze operative presenti nel sistema Eurojust in continua evoluzione non le hanno
consentito di rivestire un ruolo più decisivo nella lotta al crimine transazionale. Proprio al fine di
migliorare le potenzialità operative di Eurojust, per lungo tempo è stata in discussione al Consiglio
una proposta di Decisione volta a rafforzarne il ruolo attraverso una serie di importanti interventi,
tra i quali si menzionano: la creazione di una base comune di poteri in capo ai membri nazionali, la
previsione di un meccanismo di coordinamento in caso di emergenza, il miglioramento della
trasmissione di informazioni ad Eurojust, il rafforzamento della cooperazione giudiziaria, anche con
i Paesi terzi, autorizzando Eurojust a creare collegamenti con i magistrati di quei Paesi . Dopo una
gestazione protratta a lungo, dovuta ad un contrasto sugli aspetti più controversi della proposta, il
Consiglio giustizia e affari interni, nel luglio del 2008, ha finalmente raggiunto un accordo. Il testo
della Decisione, che modifica ma non abroga la precedente Decisione Eurojust del 2002, è stato
infine pubblicato a giugno 2009 , venti giorni dopo la pubblicazione della Decisione Europol. Il
motivo di questa sfasatura temporale è stato determinata dalla volontà degli Stati membri di
allineare il mandato di Eurojust a quello di Europol in relazione alle fattispecie criminose che
rientrano nelle rispettive sfere di competenza. La nuova Decisione Eurojust introduce importanti
modifiche al testo della precedente, in particolare riguardo alla chiarificazione e, in un certo senso,
alla estensione dei poteri dei membri di Eurojust. Leggendo il considerando n. 2 della Decisione,
“sulla base di una valutazione dell’esperienza acquisita dall’Eurojust, è necessario rafforzarne
ulteriormente l’efficacia operativa tenendo conto di tale esperienza” ed è arrivato quindi il
momento “di assicurare una maggiore operatività dell’Eurojust e un ravvicinamento dello statuto
dei membri nazionali ”.
Numerose norme della nuova Decsione Eurojust sono infatti dedicate alla chiarificazione e alla
definizione dei poteri dei membri nazionali distaccati all’Eurojust. A differenza della precedente
Decisione, che demandava la soluzione della questione agli Stati membri, la durata del mandato dei
membri nazionali è ora fissata, per tutti, in quattro anni . La nuova Decisione, inoltre, accorda ai
membri nazionali “un accesso almeno equivalente” alle informazioni che sarebbero a loro
disposizione a livello nazionale in quanto magistrati del pubblico ministero oppure giudici o
funzionari di polizia, informazioni contenute in una serie di database, tra i quali: casellario
giudiziario, registri delle persone arrestate, registri relativi alle indagini, registri del DNA e altri
registri del proprio Stato membro contenenti informazioni ritenute necessarie all’assolvimento dei
relativi compiti .
Inoltre, la Decisione contempla una serie di disposizioni relative ai poteri dei membri nazionali in
qualità di autorità nazionali competenti . Anche se la definizione dell’estensione e della natura dei
membri nazionali compete ancora ai singoli Stati, la nuova Decisione non solo conferisce loro
poteri minimi di carattere ordinario volti a facilitare l’assistenza giuridica reciproca (inclusa
l’esecuzione nel proprio Stato membro di richieste e di decisioni in materia di cooperazione
giudiziaria, anche con riferimento agli strumenti che applicano il principio del riconoscimento
reciproco ) ma attribuisce loro anche alcuni poteri più incisivi nei casi urgenti, poteri che vanno
dall’autorizzazione e coordinazione delle consegne controllate nel proprio Stato membro
all’esecuzione di una richiesta o decisione in materia di cooperazione giudiziaria, anche con
riferimento agli strumenti che applicano il principio del riconoscimento reciproco . Tuttavia, questi
ultimi poteri non possono essere esercitati nel caso in cui siano contrari alle norme costituzionali,
ovvero agli aspetti fondamentali del sistema giudiziario penale nazionale relativi alla suddivisione
dei poteri tra polizia, magistrati del pubblico ministero e giudici, alla divisione funzionale dei
compiti tra procure o alla struttura federale dello Stato membro interessato .
Un’altra previsione che, rispetto al passato, appare confezionata un po’ più nel dettaglio, riguarda
l’operato dei membri di Eurojust quando agiscono come un collegio. È stata infatti inserita nella
Decisione una nuova norma che riguarda i conflitti di giurisdizione, qualora due o più membri
nazionali non siano d’accordo sulle modalità relative all’avvio di indagini o di azioni penali. In tal
caso, solo se non sia stato possibile risolvere la questione di comune accordo tra le autorità
nazionali competenti interessate, l’art. 7, n. 2, richiede al collegio di esprimere un parere scritto non
vincolante sul caso. Il parere del collegio è trasmesso senza indugio agli Stati membri interessati.
Al di là di queste importanti riforme, il settore nel quale Eurojust ha visto maggiormente ampliati i
poteri è quello relativo alla raccolta, al trattamento e allo scambio dei dati personali. La Decisione
contempla infatti una vasta gamma di dati che possono essere trattati da Eurojust, inclusi i numeri
telefonici, gli indirizzi e-mail, i dati citati all’articolo 2, paragrafo 2, lettera a), della direttiva
2006/24/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2006, riguardante la
conservazione di dati generati o trattati nell’ambito della fornitura di servizi di comunicazione
elettronica accessibili al pubblico o di reti pubbliche di comunicazione, i dati relativi
all’immatricolazione dei veicoli, profili DNA ottenuti a partire dalla parte non codificante del
DNA, fotografie e impronte digitali . Analogamente a Europol, Eurojust è inoltre tenuto a creare un
Sistema automatico di gestione dei fascicoli, indice e archivi di lavoro temporanei . La Decisione
istituzionalizza anche rapporti di collaborazione fra Eurojust e altre istituzioni, organi e agenzie
dell’Unione. Europol, Frontex, OLAF , SitCen e Interpol, tutti espressamente menzionati nella
Decisione come potenziali partner di Eurojust . A proposito di Europol, va rilevato che il testo
dell’art. 26 della Decisione in esame non contempla più, come invece era stato previsto nella
proposta, la possibilità per Eurojust di avere un accesso diretto al sistema automatico di gestione dei
file di Europol. Dall’altro lato, la Decisione Europol prevede che tale organismo possa invitare
esperti di Eurojust ad accedere alle proprie banche dati. Il coordinatore anti-terrorismo, al riguardo,
nelle ultime relazioni sull’attuazione della strategia e del piano d'azione dell’UE per la lotta al
terrorismo, ha ripetutamente invitato a migliorare la coerenza della condivisione delle informazioni,
ponendo l’accento sul principio di disponibilità delle informazioni di polizia e auspicando, a tale
riguardo, la nascita di una collaborazione rafforzata fra Europol ed Eurojust, per raggiungere
l’obiettivo dell’interconnessione delle loro banche dati. Secondo il coordinatore antiterrorismo
infatti l’interconnessione rappresenta il valore aggiunto che può essere conferito nella lotta al
terrorismo. Recependo i suggerimenti del coordinatore, il Consiglio GAI del 27 e 28 novembre
2008 ha preso atto del raggiungimento dell’accordo fra Europol e Eurojust per lo scambio di
informazioni e, successivamente, in occasione della riunione del 4-5 giugno 2009 , il Consiglio ha
approvato una versione riveduta dell’accordo di cooperazione tra Eurojust ed Europol, che era già
stato a sua volta approvato dal collegio di Eurojust, nonché dall'autorità di controllo comune.
L’accordo mira a istituire e mantenere una stretta collaborazione tra Eurojust ed Europol per
aumentare l’efficacia della loro azione nella lotta a gravi forme di criminalità internazionale. Tale
obiettivo sarà perseguito, in particolare, mediante lo scambio di informazioni operative, strategiche
e tecniche, nonché coordinando le attività. La cooperazione si realizzerà tenendo debito conto della
trasparenza, della complementarietà delle funzioni e del coordinamento degli sforzi.
Oltre ad un tipo di collaborazione che riguarda lo scambio di dati, il collegio dell’Eurojust può
distaccare magistrati di collegamento presso uno Stato terzo . Eurojust, infine, con l’accordo degli
Stati membri interessati, può coordinare l’esecuzione di richieste di cooperazione giudiziaria di uno
Stato terzo qualora tali richieste rientrino in una stessa indagine e debbano essere eseguite in
almeno due Stati membri .
Va infine rilevato che nessuna norma della Decisione istitutiva del 2002 subordinava l’operato di
Eurojust al rispetto dei diritti umani, come tutelati nell’art. 6 del TUE . Lo stesso dicasi per la nuova
Decisione. Inoltre, prima dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, nessuna previsione
disponeva un controllo giurisdizionale sulle sue decisioni, sicché quando agiva come organismo
collettivo la Corte di giustizia della Comunità europea non aveva la competenza a sindacare la
legittimità dei suoi atti . L’unica forma di responsabilità prevista nei suoi confronti era di tipo
politico ed era contenuta nell’art. 3 della Decisione istitutiva, in forza del quale Eurojust era tenuto
a redigere, annualmente, una relazione sul proprio operato, relazione che doveva essere inviata sia
al Consiglio sia al Parlamento. Per rispondere alle critiche mosse, in forza dell’art. 23 della
Decisione 2002, era stata istituita una autorità di controllo comune di Eurojust , composta da un
pubblico ministero, da un giudice, o da un funzionario di polizia, proveniente da ciascuno Stato
membro o, se il regime costituzionale o nazionale lo richiede, una persona che eserciti funzioni che
le conferiscano un'indipendenza adeguata. Compito di questa nuova autorità era quello di
monitorare il trattamento dei dati effettuato da Eurojust, per assicurare che avvenisse nel rispetto
della normativa europea sulla protezione dei dati personali . Come si diceva, il Trattato di Lisbona,
entrato in vigore dal 1° dicembre 2009, ha infine previsto il principio generale del controllo di
legittimità sugli atti anche degli organi e organismi dell’Unione come Eurojust, quando tali atti
siano destinati a produrre effetti giuridici nei confronti dei terzi. Gli atti istitutivi di tali organismi
potranno prevedere condizioni e modalità specifiche per i ricorsi a favore delle persone fisiche . Già
l’Avvocato Generale Maduro, nelle conclusioni rese nel caso Eurojust aveva anticipato questa
previsione .
Anche se la nuova Decisione Eurojust non si spinge fino al punto di attribuire carattere obbligatorio
alle richieste delle autorità nazionale relative all’inizio di un’indagine penale o di un procedimento,
il suo potenziale impatto sulla sovranità nazionale e sul rapporto tra Unione europea e Stati membri,
nell’ambito della cooperazione in materia penale, non deve essere sottovalutato. Le norme
dettagliate relative ai membri nazionali possono potenzialmente trasformare tale rapporto. La
Decisione infatti vuole fare in modo che gli Stati nazionali conferiscano ai loro membri nazionali
una serie di poteri connotati da una natura di “equivalenza” rispetto a quelli degli ufficiali nazionali,
in modo da aumentare l’impatto dell’Unione sui sistemi penali nazionali. D’altro canto, l’estensione
dei poteri in capo ad Eurojust ne può comportare una trasformazione ontologica. Anche se la
Decisione conferma la precedente cornice normativa di Eurojust, evidente sia nel titolo sia in una
serie di previsioni sulla sua responsabilità, oggi i suoi membri, oltre ai compiti propri di autorità
giurisdizionali, hanno visto attribuirsi poteri largamente correlati alle indagini di polizia. Questa
nuova dimensione è da subito evidente nella possibilità per Eurojust di partecipare alle squadre
investigative comuni e negli aumentati poteri in materia di trattamento dei dati personali. Queste
novità hanno contribuito ad accrescere la sinergia fra Europol ed Eurojust in relazione ai rispettivi
compiti e, nonostante la diversa composizione dei due organi, hanno portato ad un considerevole
rafforzamento del ramo investigativo del diritto penale europeo.

1.3.3 La nuova disciplina sulla protezione dei dati personali nell’ambito della cooperazione
giudiziaria e di polizia in materia penale
Le recenti riforme introdotte nei sistemi Europol ed Eurojust mostrano chiaramente che in Europa il
nuovo trend in materia di cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale consiste
nell’incremento della raccolta, del trattamento e nello scambio dei dati personali. Le principali
caratteristiche di questa nuova tendenza sono: una proliferazione di banche dati a livello
dell’Unione europea; la richiesta di promuovere l’interconnessione delle stesse e di consentire
l’accesso alle forze di polizia alle banche dati nate non per scopi penali (come ad esempio il VIS o
il SISII); il cambiamento in relazione alla quantità e alla qualità dei dati personali raccolti ed
analizzati nei diversi database; un maggiore coinvolgimento del settore privato nella raccolta di tali
dati e nel trasferimenti di questi ultimi alle competenti autorità statali (si pensi ad esempio al ruolo
svolto dalle compagnie aeree in relazione ai dati conservati nel Passenger Name Record- PNR ).
Tuttavia la proliferazione di questi meccanismi di raccolta dati, finora, non era stata accompagnata
da una coerente ed organica disciplina sulla protezione dei dati personali nel contesto del terzo
pilastro. La Direttiva del 1995 sulla protezione dei dati, infatti, esclude esplicitamente dal suo
ambito di applicazione le attività che ricadevano nell’ambito del terzo pilastro. Ciò aveva condotto
ad una regolamentazione piuttosto frammentaria della materia. Si possono infatti trovare norme
relative alla tutela dei dati personali nel contesto della cooperazione giudiziaria e di polizia in
materia penale in diversi atti giuridici come, ad esempio, in quelli che hanno istituto organismi
comunitari (come la Convenzione Europol), oppure in quelli che hanno creato nuove banche dati
(come SIS II).
Per risolvere l’annosa questione dell’assenza di uno strumento a tutela dei dati personali in
quest’ambito, dopo una gestazione durata tre anni, è stata infine adottata la Decisione quadro
2008/977/GAI sulla protezione dei dati personali trattati nell’ambito della cooperazione giudiziaria
e di polizia in materia penale . Ai sensi dell’art. 1, scopo della Decisione quadro è quello di “
assicurare un elevato livello di protezione dei diritti e delle libertà fondamentali delle persone
fisiche, in particolare del diritto alla vita privata, riguardo al trattamento dei dati personali
nell’ambito della cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale”. Il testo contiene diverse
previsioni in materia dei principi che regolano la protezione dei dati (art. 3), la rettifica, la
cancellazione e il blocco (art. 4), il trattamento di categorie particolari di dati (art. 6), la verifica
della qualità dei dati trasmessi o resi disponibili (art. 8), i termini per la loro conservazione (art. 9),
il trattamento dei dati personali trasmessi (artt. 11-12), il trasferimento alle autorità competenti di
Paesi terzi o a organismi internazionali (art. 13), la trasmissione a privati negli stati membri (art.
14), il diritto di accesso (art. 17), il diritto di rettifica, di cancellazione o di blocco (art. 18), il diritto
a compensazione (art. 19), i mezzi di ricorso (art. 20) e la consultazione preliminare (art. 23). Le
lunghe negoziazioni che hanno preceduto l’adozione del testo definitivo della decisione quadro,
hanno condotto ad un indebolimento dell’ambito di applicazione. Essa infatti si applica
esclusivamente ai dati trasmessi o resi disponibili dagli Stati membri, da autorità o sistemi
d’informazione istituiti in base al trattato sull’Unione europea o al trattato che istituisce la Comunità
europea . La Decisione inoltre lascia impregiudicate le disposizioni sulla protezione dei dati già
presenti in diversi settori della cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale, segnatamente
quelle che disciplinano il funzionamento dell’Europol, di Eurojust, del sistema d’informazione
Schengen (SIS) e del sistema informativo doganale (SID) e quelle che introducono l’accesso diretto
delle autorità degli Stati membri a taluni sistemi di dati di altri Stati membri. Lo stesso vale per
quanto riguarda le disposizioni di protezione dei dati che disciplinano il trasferimento automatizzato
tra Stati membri dei profili DNA, dei dati dattiloscopici e dei dati nazionali di immatricolazione dei
veicoli a norma della Decisione 2008/615/GAI del Consiglio del 23 giugno 2008 sul potenziamento
della cooperazione transfrontaliera, soprattutto nella lotta al terrorismo e alla criminalità
transfrontaliera , la quale ha comunitarizzato il Trattato di Prüm .
Dall’esame della Decisione quadro si desume quindi che il suo ambito di applicazione così limitato
non ha consentito di raggiungere il tanto auspicato obiettivo di una disciplina coerente e uniforme
della protezione dei dati anche nel contesto della cooperazione giudiziaria e di polizia in materia
penale. L’impianto normativo che ne risulta non solo è frammentario e carente di trasparenza, ma è
sicuramente inadeguato a rispondere all’aumentata richiesta di tutela della privacy in un contesto
nel quale si è assistito negli ultimi anni ad un proliferare di banche dati.

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