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IL NUOVO
CODICE ROSSO
Commento alla L. 24
novembre 2023, n. 168
recante le nuove
disposizioni per il
contrasto della violenza
sulle donne e della
violenza domestica
(Riforma Roccella)
Gli Autori
Indice sommario
Presentazione
1. Premessa
1.1. La Convenzione di Istanbul
1.2. Le condanne dell’Italia da parte della Corte Europea dei Diritti
dell’Uomo
1.3. Il monito del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa
1.4. L’evoluzione normativa
1.4.1. Il «Codice Rosso»
1.4.2. Le riforme «Cartabia»
1.4.3. La legge istitutiva della Commissione bicamerale di inchiesta sul
Femminicidio
1.5. La riforma Roccella.
1. Premessa.
La violenza contro le donne rappresenta un fenomeno
profondamente radicato nel substrato culturale e sociale sia in Italia
che nel resto del mondo.
Il 27 settembre 2012, l’Italia ha sottoscritto la Convenzione del
Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei
confronti delle donne e la violenza domestica, ovvero la cosiddetta
Convenzione di Istanbul; si tratta del primo strumento
internazionale giuridicamente vincolante volto a creare un quadro
normativo completo a tutela delle donne contro qualsiasi forma di
violenza.
La Convenzione interviene specificamente anche nell’ambito della
violenza domestica, che non colpisce solo le donne, ma anche altri
soggetti, ad esempio bambini ed anziani, ai quali altrettanto si
applicano le medesime norme di tutela.
L’art. 4 della Convenzione sancisce il principio secondo il quale
ogni individuo ha il diritto di vivere libero dalla violenza nella sfera
pubblica e in quella privata. Al centro di ogni intervento delle
istituzioni giudiziarie, la Convenzione richiede che sia posta la
sicurezza della vittima, da assicurare attraverso una rigorosa
valutazione dei rischi e una rete di operatori, adeguatamente
formati, che si dedichi alla protezione, all’accoglienza e ad evitare
ogni forma di ulteriore vittimizzazione.
Come evidenziato dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul
femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere, tutti i
femminicidi si connotano per due requisiti costitutivi:
1) il «criminale di genere» forma la sua identità su una relazione
di dominio e controllo assoluto su una donna, unico tipo di relazione
che conosce, e la violenza nei confronti di questa gli serve a
riaffermare e confermare il suo potere;
2) la donna che decide di interrompere quella relazione viene
uccisa perché, in molti casi, sottraendosi ai doveri di ruolo, non solo
viola una regola sociale e culturale, ma rende l’uomo che glielo ha
«permesso» un perdente agli occhi della collettività.
La sanzione diventa la morte.
Le donne sono uccise non perché in sé fragili o vulnerabili, ma
perché, o diventano tali nella sola relazione di dominio o, al
contrario, nella gran parte dei casi, con veri e propri atti di coraggio,
si ribellano all’intento dei loro aggressori di sfruttarle, dominarle,
possederle e controllarle.
Solo da pochi decenni – prosegue la Commissione Femminicidio –
ogni forma di violenza contro le donne è ritenuta anzitutto una
violazione dei diritti umani, una questione di salute pubblica, un
ostacolo allo sviluppo economico ed un freno ad una democrazia
compiuta.
1.
(Estratto)
Libro I
Dei reati in generale
Titolo VI
Della estinzione del reato
e della pena
Capo I
Della estinzione del reato
Libro II
Dei delitti in particolare
Titolo III
Dei delitti contro l’amministrazione
della giustizia
Capo II
Dei delitti contro l’autorità
delle decisioni giudiziarie
NOTE PROCEDURALI:
Arresto: obbligatorio in flagranza (380 lter c.p.p.).
Fermo di indiziato di delitto: non consentito.
Misure cautelari personali: non consentite.
Autorità giudiziaria competente: Tribunale monocratico (33 ter
c.p.p.).
Procedibilità: d’ufficio (50 c.p.p.).
NOTE PROCEDURALI:
Arresto: non consentito.
Fermo di indiziato di delitto: non consentito.
Misure cautelari personali: non consentite.
Autorità giudiziaria competente: Tribunale monocratico (33 ter
c.p.p.).
Procedibilità: a querela di parte (336 ss. c.p.p.).
2.
(Estratto)
Titolo I
Disposizioni di coordinamento
18 bis. (1) Nei casi di cui all’articolo 165 del codice penale il giudice
dispone che il condannato svolga attività non retribuita a favore della
collettività osservando, in quanto compatibili, le disposizioni degli
articoli 44, 54, commi 2, 3, 4 e 6, e 59 del decreto legislativo 28
agosto 2000, n. 274.
Nei casi di cui all’articolo 165, quinto comma, del codice penale, la
cancelleria del giudice che ha emesso la sentenza la trasmette, al
passaggio in giudicato, all’ufficio di esecuzione penale esterna, che
accerta l’effettiva partecipazione del condannato al percorso di
recupero e ne comunica l’esito al pubblico ministero presso il giudice
che ha emesso la sentenza. Gli enti o le associazioni presso cui il
condannato svolge il percorso di recupero danno immediata
comunicazione di qualsiasi violazione ingiustificata degli obblighi
connessi allo svolgimento del percorso di recupero all’ufficio di
esecuzione penale esterna, che ne dà a sua volta immediata
comunicazione al pubblico ministero, ai fini della revoca della
sospensione ai sensi dell’articolo 168, primo comma, numero 1), del
codice penale (2).
(1) Questo articolo è stato inserito dall’art. 5 della L. 11 giugno 2004, n. 145.
(2) Questo comma è stato aggiunto dall’art. 15, comma 2, della L. 24 novembre
2023, n. 168.
3.
Libro I
Soggetti
Titolo VI
Persona offesa dal reato
Libro IV
Misure cautelari
Titolo I
Misure cautelari
personali
Capo I
Disposizioni generali
275. Criteri di scelta delle misure (1). – 1. Nel disporre le misure
(292), il giudice tiene conto della specifica idoneità di ciascuna in
relazione alla natura e al grado delle esigenze cautelari da soddisfare
nel caso concreto.
1 bis. Contestualmente a una sentenza di condanna, l’esame delle
esigenze cautelari è condotto tenendo conto anche dell’esito del
procedimento, delle modalità del fatto e degli elementi sopravvenuti,
dai quali possa emergere che, a seguito della sentenza, risulta taluna
delle esigenze indicate nell’articolo 274, comma 1, lettere b) e c) (2).
2. Ogni misura deve essere proporzionata all’entità del fatto e alla
sanzione che sia stata o (3) si ritiene possa essere irrogata.
2 bis. Non può essere applicata la misura della custodia cautelare
in carcere o quella degli arresti domiciliari se il giudice ritiene che
con la sentenza possa essere concessa la sospensione condizionale
della pena. Salvo quanto previsto dal comma 3 e ferma restando
l’applicabilità degli articoli 276, comma 1 ter, e 280, comma 3, non
può applicarsi la misura della custodia cautelare in carcere se il
giudice ritiene che, all’esito del giudizio, la pena detentiva irrogata
non sarà superiore a tre anni. Tale disposizione non si applica nei
procedimenti per i delitti di cui agli articoli 423 bis, 572, 612 bis, 612
ter (4) e 624 bis del codice penale, nonché all’articolo 4 bis della
legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, e quando,
rilevata l’inadeguatezza di ogni altra misura, gli arresti domiciliari non
possano essere disposti per mancanza di uno dei luoghi di
esecuzione indicati nell’articolo 284, comma 1, del presente codice
(5). La disposizione di cui al secondo periodo non si applica, altresì,
nei procedimenti per i delitti di cui agli articoli 387 bis e 582, nelle
ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2,
5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo comma, del
codice penale (6).
2 ter. Nei casi di condanna di appello le misure cautelari personali
sono sempre disposte, contestualmente alla sentenza, quando,
all’esito dell’esame condotto a norma del comma 1 bis, risultano
sussistere esigenze cautelari previste dall’articolo 274 e la condanna
riguarda uno dei delitti previsti dall’articolo 380, comma 1, e questo
risulta commesso da soggetto condannato nei cinque anni
precedenti per delitti della stessa indole (7).
3. La custodia cautelare in carcere può essere disposta soltanto
quando le altre misure coercitive o interdittive, anche se applicate
cumulativamente, risultino inadeguate (8). Quando sussistono gravi
indizi di colpevolezza in ordine ai delitti di cui agli articoli 270, 270
bis e 416 bis del codice penale, è applicata la custodia cautelare in
carcere, salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non
sussistono esigenze cautelari (9). Salvo quanto previsto dal secondo
periodo del presente comma, quando sussistono gravi indizi di
colpevolezza in ordine ai delitti di cui all’articolo 51, commi 3 bis e 3
quater, del presente codice nonché in ordine ai delitti di cui agli
articoli 575, 600 bis, primo comma, 600 ter, escluso il quarto
comma, 600 quinquies e, quando non ricorrano le circostanze
attenuanti contemplate, 609 bis, 609 quater e 609 octies del codice
penale, è applicata la custodia cautelare in carcere, salvo che siano
acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze
cautelari o che, in relazione al caso concreto, le esigenze cautelari
possono essere soddisfatte con altre misure (9). [Le disposizioni di
cui al periodo precedente si applicano anche in ordine ai delitti
previsti dagli articoli 609 bis, 609 quater e 609 octies del codice
penale, salvo che ricorrano le circostanze attenuanti dagli stessi
contemplate] (10) (11).
3 bis. Nel disporre la custodia cautelare in carcere il giudice deve
indicare le specifiche ragioni per cui ritiene inidonea, nel caso
concreto, la misura degli arresti domiciliari con le procedure di
controllo di cui all’articolo 275 bis, comma 1 (12).
4. Quando imputati siano donna incinta o madre di prole di età
non superiore a sei anni con lei convivente, ovvero padre, qualora la
madre sia deceduta o assolutamente impossibilitata a dare
assistenza alla prole, non può essere disposta nè mantenuta la
custodia cautelare in carcere, salvo che sussistano esigenze cautelari
di eccezionale rilevanza. Non può essere disposta la custodia
cautelare in carcere, salvo che sussistano esigenze cautelari di
eccezionale rilevanza, quando imputato sia persona che ha superato
l’età di settanta anni (13).
4 bis. Non può essere disposta né mantenuta la custodia
cautelare in carcere quando l’imputato è persona affetta da AIDS
conclamata o da grave deficienza immunitaria accertate ai sensi
dell’articolo 286 bis, comma 2, ovvero da altra malattia
particolarmente grave, per effetto della quale le sue condizioni di
salute risultano incompatibili con lo stato di detenzione e comunque
tali da non consentire adeguate cure in caso di detenzione in carcere
(14).
4 ter. Nell’ipotesi di cui al comma 4 bis, se sussistono esigenze
cautelari di eccezionale rilevanza e la custodia cautelare presso
idonee strutture sanitarie penitenziarie non è possibile senza
pregiudizio per la salute dell’imputato o di quella degli altri detenuti,
il giudice dispone la misura degli arresti domiciliari presso un luogo
di cura o di assistenza o di accoglienza. Se l’imputato è persona
affetta da AIDS conclamata o da grave deficienza immunitaria, gli
arresti domiciliari possono essere disposti presso le unità operative di
malattie infettive ospedaliere ed universitarie o altre unità operative
prevalentemente impegnate secondo i piani regionali nell’assistenza
ai casi di AIDS, ovvero presso una residenza collettiva o casa
alloggio di cui all’articolo 1, comma 2, della legge 5 giugno 1990, n.
135 (14).
4 quater. Il giudice può comunque disporre la custodia cautelare
in carcere qualora il soggetto risulti imputato o sia stato sottoposto
ad altra misura cautelare per uno dei delitti previsti dall’articolo 380,
relativamente a fatti commessi dopo l’applicazione delle misure
disposte ai sensi dei commi 4 bis e 4 ter. In tal caso il giudice
dispone che l’imputato venga condotto in un istituto dotato di
reparto attrezzato per la cura e l’assistenza necessarie (14).
4 quinquies. La custodia cautelare in carcere non può comunque
essere disposta o mantenuta quando la malattia si trova in una fase
così avanzata da non rispondere più, secondo le certificazioni del
servizio sanitario penitenziario o esterno, ai trattamenti disponibili e
alle terapie curative (14).
5. (Omissis) (15).
(1) Per la disciplina delle misure cautelari con riferimento ad imputati minorenni si
vedano gli artt. 19 ss. del D.P.R. 22 settembre 1988, n. 448, sul processo penale a
carico di imputati minorenni, e gli artt. 36 ss. del D.L.vo 14 gennaio 1991, n. 12,
recante norme integrative e correttive del processo penale.
Per i provvedimenti restrittivi nei confronti dei tossico o alcool/dipendenti che
abbiano in corso programmi terapeutici si veda l’art. 89 T.U. 9 ottobre 1990, n.
309, sugli stupefacenti.
(2) Questo comma è stato inserito dall’art. 16, comma 1, del D.L. 24 novembre
2000, n. 341, convertito, con modificazioni, nella L. 19 gennaio 2001, n. 4, e poi
così sostituito dall’art. 14, comma 1, lett. a), della L. 26 marzo 2001, n. 128.
(3) Le parole: «sia stata o» sono state inserite dall’art. 14, comma 1, lett. b),
della L. 26 marzo 2001, n. 128.
(4) La parola: «, 612 ter» è stata inserita dall’art. 16, comma 1, della L. 19 luglio
2019, n. 69.
(5) Questo comma, inserito dall’art. 4, comma 2, della L. 8 agosto 1995, n. 332,
è stato così sostituito dall’art. 8 del D.L. 26 giugno 2014, n. 92, convertito, con
modificazioni, nella L. 11 agosto 2014, n. 117.
(6) Questo periodo è stato aggiunto dall’art. 13, comma 1, lett. a), della L. 24
novembre 2023, n. 168.
(7) Questo comma è stato inserito dall’art. 14, comma 1, lett. c), della L. 26
marzo 2001, n. 128.
(8) Il primo periodo di questo comma è stato così sostituito dall’attuale, dall’art.
3 della L. 16 aprile 2015, n. 47.
(9) Il secondo periodo di questo comma è stato così sostituito dagli attuali
secondo e terzo, dall’art. 4, comma 1, della L. 16 aprile 2015, n. 47.
(10) Questo periodo è stato soppresso dall’art. 4, comma 2, della L. 16 aprile
2015, n. 47.
(11) Questo comma era stato dapprima modificato dall’art. 5 del D.L. 13 maggio
1991, n. 152, convertito, con modificazioni, nella L. 12 luglio 1991, n. 203 e poi
sostituito dall’art. 5, comma 1, della L. 8 agosto 1995, n. 332. A norma degli artt.
3 e 4, commi 1 e 2, della L. 16 aprile 2015, n. 47, questo comma è stato da ultimo
completamente riformulato.
Per il procedimento minorile si veda l’art. 192 del D.P.R. 22 settembre 1988, n.
448, sul processo penale a carico di imputati minorenni, come modificato dall’art.
54 del D.L. n. 152/1991.
(12) Questo comma è stato inserito dall’art. 4, comma 3, della L. 16 aprile 2015,
n. 47.
(13) Questo comma, dapprima sostituito dall’art. 1 del D.L. 9 settembre 1991, n.
292, convertito, con modificazioni, nella L. 8 novembre 1991, n. 356, è stato da
ultimo così sostituito dall’art. 1, comma 1, della L. 21 aprile 2011, n. 62. A norma
dell’art. 1, comma 4, della medesima legge, tali disposizioni si applicano a far data
dalla completa attuazione del piano straordinario penitenziario, e comunque a
decorrere dal 1° gennaio 2014, fatta salva la possibilità di utilizzare i posti già
disponibili a legislazione vigente presso gli istituti a custodia attenuata.
Si riporta il testo previgente: «Non può essere disposta la custodia cautelare in
carcere, salvo che sussistano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, quando
imputati siano donna incinta o madre di prole di età inferiore a tre anni con lei
convivente, ovvero padre, qualora la madre sia deceduta o assolutamente
impossibilitata a dare assistenza alla prole, ovvero persona che ha superato l’età di
settanta anni [o che si trovi in condizioni di salute particolarmente gravi
incompatibili con lo stato di detenzione e comunque tali da non consentire
adeguate cure in caso di detenzione in carcere].».
(14) Questo comma è stato aggiunto dall’art. 1, lett. b), della L. 12 luglio 1999,
n. 231.
(15) Questo comma è stato abrogato dall’art. 5, secondo comma, del D.L. 14
maggio 1993, n. 139, recante disposizioni urgenti relative al trattamento di
persone affette da HIV, convertito, con modificazioni, nella L. 14 luglio 1993, n.
222. Si veda ora l’art. 89 del D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, in tema di stupefacenti.
Capo II
Misure coercitive
Capo V
Estinzione delle misure
Libro V
Indagini preliminari
e udienza preliminare
Titolo V
Attività del pubblico ministero
Titolo VI
Arresto in flagranza e fermo
Libro X
Esecuzione
Titolo II
Esecuzione dei provvedimenti
giurisdizionali
4.
Titolo I
Norme di attuazione
Capo VIII
Disposizioni relative
alle indagini preliminari
5.
D.L.vo 20 febbraio 2006, n. 106. Disposizioni in materia di
riorganizzazione dell’ufficio del pubblico ministero, a
norma dell’articolo 1, comma 1, lettera d), della legge 25
luglio 2005, n. 150 (Gazzetta Ufficiale Serie gen. - n. 66 del 20
marzo 2006).
(Estratto)
6.
(Estratto)
Capo II
Disposizioni in materia di atti persecutori
7.
(1) Ai fini dell’applicazione del presente decreto, a norma dell’art. 6, comma 7, del
D.L.vo 12 maggio 2015, n. 72, è acquisita, anche a campione, la comunicazione
antimafia nei confronti dei soggetti di cui agli articoli 13 e 14 del decreto legislativo
24 febbraio 1998, n. 58. La Banca d’Italia e la Consob hanno accesso diretto al
Sistema informativo del Casellario e alla Banca dati nazionale unica della
documentazione antimafia.
(2) Ai sensi dell’art. 36, comma 1, della L. 17 ottobre 2017, n. 161, le modifiche
alle disposizioni sulla competenza dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la
destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata non si
applicano ai casi nei quali l’amministrazione è stata assunta ai sensi delle
disposizioni di questo provvedimento, vigenti fino alla data di entrata in vigore
della presente legge (Gazzetta Ufficiale Serie gen. - n. 258 del 4 novembre 2017).
(Estratto)
Libro I
Le misure di prevenzione
Titolo I
Le misure di prevenzione personali
Capo II
Le misure di prevenzione personali
applicate dall’autorità giudiziaria
Sezione I
Il procedimento applicativo
Titolo V
Effetti, sanzioni e disposizioni finali
Capo III
Le sanzioni
8.
(Estratto)
Capo I
Prevenzione e contrasto
della violenza di genere
9.
(1) Le parole: «Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie» sono state così
sostituite dalle attuali: «Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle
infrastrutture stradali e autostradali (ANSFISA)» dall’art. 12, comma 20, del D.L.
28 settembre 2018, n. 109, convertito, con modificazioni, nella L. 16 novembre
2018, n. 130.
(Estratto)
Capo III
Disposizioni in materia di giustizia e sicurezza
Sezione II (1)
(1) Si vedano i commi 2 e 3 dell’art. 6 della L. 20 novembre 2017, n. 167, che si
riportano:
«2. L’indennizzo previsto dalla sezione II del capo III della legge 7 luglio 2016,
n. 122, come modificata, da ultimo, dal presente articolo, spetta anche a chi è
vittima di un reato intenzionale violento commesso successivamente al 30 giugno
2005 e prima della entrata in vigore della medesima legge.
3. La domanda di concessione dell’indennizzo ai sensi del comma 2 del presente
articolo è presentata, a pena di decadenza, entro il termine di centoventi giorni
dalla data di entrata in vigore della presente legge, alle condizioni e secondo le
modalità di accesso all’indennizzo previste dagli articoli 11, 12, 13, comma 1, e 14
della legge 7 luglio 2016, n. 122, come modificati, da ultimo, dal presente
articolo».