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Lettura Bioe Autobio 1
Lettura Bioe Autobio 1
La storia
Hélène Bresslau sceglie di vivere una vita
disagiata al servizio dei più poveri, come moglie di
Albert Schweitzer. Insieme realizzano il loro sogno
di costruire un ospedale in Africa e di curare chi
ha bisogno.
Il luogo
In Europa, ma soprattutto a Lambaréné in Congo
(attuale Gabon).
Il tempo
Fine Ottocento – metà Novecento.
I protagonisti
• Hélène Bresslau, sensibile, idealista, consapevole della propria
responsabilità sociale.
• Albert Schweitzer, musicista, medico, studioso, con due grandi
passioni: l’amore per la musica e il prossimo.
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Durante la Seconda guerra mondiale, a causa del clima
difficile, delle privazioni e delle fatiche,
Hélène si ammala di
tubercolosi così gravemente
che deve trasferirsi in Europa
a Zurigo.
Anche da lontano continua a stare vicino al marito
e a
consigliarlo. Nel 1953 lo accompagna a Oslo per ritirare il
premio Nobel per la pace, con i soldi del quale
si finisce la
SECONDA costruzione dell’ospedale in Africa.
GUERRA Nel 1957 lo incita a intervenire pubblicamente
e a lanciare
MONDIALE “l’appello all’umanità” per far cessare
gli esperimenti delle
bombe atomiche.
Muore a Zurigo nel 1957 e viene
seppellita a Lambaréné. Albert Schweitzer muore nel 1965
nel “suo” amato villaggio africano e viene sepolto accanto
alla sua donna. La figlia Rhena ha ritrovato le lettere dei
genitori e ha scoperto gli ideali e la forza di volontà che li ha
uniti nel vivere
in Africa l’avventura della loro vita.
https://www.capitello.it/materiali/antologia-inclusiva-2/.
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Lessico
realizzare preparazione
istitutrice mettere in pratica
formazione incoraggiare e consigliare
incitare educatrice
Comprendere
Analizzare
significativi.
svolge l’azione.
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Vi è molto dialogo
scrive.
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Un ricordo incancellabile
Peppino De Filippo
Caivano è un modesto paesotto che si estende tra il nord di Napoli e il
sud di Caserta. Non è un paese ricco. Il suo commercio si basa
essenzialmente sui cereali, sulla frutta e sulla canapa. Le sue case
sono basse, di grezza fattura, in pietra di tufo o anche intonacate e
5 colorate in celeste o color fragola o in bianco calce, o semplicemente
lasciate del colore naturale della pietra con cui sono state costruite. A
Caivano mi ci portarono, da Napoli, appena in fasce; penso sia stato
intorno agli ultimi giorni del mese di agosto del 1903, poiché sono nato
il 24 di quel mese. Sotto il segno della Vergine lasciai il grembo
10 materno per trovarmi in quello della mia balia.
Restai a Caivano circa cinque anni. Un periodo sufficientemente lungo
per mettere nel mio cuore un ricordo incancellabile di quel luogo. Infatti,
ancora oggi – a distanza di oltre cinquant’anni – sento sulla mia pelle
il calore di quel sole cocente. Nell’aria vedo ancora
15 svanire i grossi polveroni che, d’estate, gli asini e i buoi sollevavano
con i loro zoccoli trainando per le strade carri e carretti. Mi sento ancora
i capelli unti di olio e mi vedo, nei dì delle prime piogge autunnali,
sguazzare con i minuscoli piedi nudi nelle pozzanghere fangose delle
stradine e dei vicoletti di Caivano. Se annuso l’aria, mi par di sentire,
20 come allora, l’acre odore di canapa marcita che, dalle campagne, si
diffondeva intorno al paese fino a penetrare nelle case e nella pelle
attraverso i pori dilatati dal calore di fine estate. Mi rivedo fermo davanti
ai grossi cesti di «taralli», a guardare le belle e croccanti ciambellette
nascoste sotto un grezzo velo di garza colorata, celeste o rosa, su cui
25 si posavano a centinaia le mosche attratte dallo zucchero che in
abbondanza era mescolato nella pasta biscottata cotta in forme
diverse: a stelle, a scalette, a rivoltelle o di pupazzi. Mi rivedo lì, fermo
come una statua, col dito in bocca a mandar giù saliva fino a quando il
“tarallaro”, mosso a compassione, mi mandava via regalandomi un
30 “croccantino” o un “filatino” di zucchero.
Non v’è primavera che spunti nel cielo ch’io non ricordi i piccoli giardini
ombrosi, gli orti ubertosi, i balconi fioriti, i terrazzi odorosi di panni e di
sole, la verde e calda campagna di Caivano, ora umida di pioggia, ora
carezzata dal fresco venticello di aprile. E rivedo l’esile alberello di
limone profilarsi nel cortile di casa. Al suo tronco ci tenevano legato
35 «Peppiniello», il piccolo agnello che avevo ricevuto in dono non ricordo
da chi e che avrei voluto tenere con me tutta la vita.
Lì lo cibavo con erba fresca di pascolo e lì, come una madre alla sua
creatura, gli dicevo il mio bene infinito. Gli assicuravo che lo avrei
protetto, che nessuno gli avrebbe mai torto un solo pelo, che
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40 quell’alberello era suo, e anche il cortile, la casa: tutto. A volte,
immobile, fissava i suoi occhi nei miei come a volermi dire qualche
cosa che io non riuscivo ad intendere; ma che poteva dirmi?
Solo la grande paura di vivere in un mondo che, per la massima parte,
45 si nutre di cadaveri.
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85 mamme ammalate». Una storia balorda a cui non ricordo se credetti;
in parte, forse, perché da quel giorno cominciai a osservare
attentamente le mucche che mi capitavano davanti per le strade del
paese o in campagna, e le guardavo negli occhi nella speranza di
scorgervi un guizzo, un lampo, qualcosa che fosse stato di Peppiniello.
Fantasie di bimbi.
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4. Completa la tabella: scrivi a quale organo di senso fanno riferimento le frasi
tratte dalla descrizione del periodo trascorso a Caivano (rr. 11-30)
5. Nella frase “Mi par di sentire.. l’acre odore…” (r. 20) l’aggettivo “acre” significa
a. Piacevole
b. Delicato
c. Nauseante
d. Pungente
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8. Quale espressione usa l’autore per indicare che l’alimentazione umana è
ancora principalmente carnivora?
……………………………………………………………………………………….
9. Con quale dei seguenti verbi puoi sostituire l’espressione “era passato per le
mani” (r. 61)?
a. Era stato preso in braccio
b. Era stato coccolato
c. Era stato ucciso
d. Era stato venduto
12. Quali tra i seguenti elementi sono caratteristici dell’autobiografia? Metti una
crocetta per ogni riga.
Si No
L’autore è anche il protagonista.
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AUTOVALUTAZIONE
Negli esercizi
Ho capito le consegne non ho capito bene le consegne
Conoscevo il significato delle parole non conoscevo il significato delle parole
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