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2 Il centro nevralgico della rinascita giuridica: Bologna

La scuola che prese avvio con il Irnerio è conosciuta con il nome di “scuola dei

glossatori”, di cui Irnerio fu appunto il fondatore, la quale proseguì e rimase in auge fino

all’avvento della scuola del commento. Dopo la “lucerna iuris”67 e fino ad Accursio si

susseguirono ben cinque generazioni di studiosi che sempre in Bologna portarono avanti

il loro lavoro esegetico. Va sottolineato, perché di notevole importanza, che questa scuola

nacque per forza propria, cioè dalla semplice volontà degli studiosi del tempo, senza che

nessuno avesse preparato loro il cammino; come sappiamo infatti furono i primi a

cimentarsi nello studio vero e proprio del diritto come autonoma materia, non vi erano

prima di loro né cattedre di diritto né professori. 68 La denominazione di “glossatori”

deriva, come ben si comprende, dal principale strumento esegetico usato da questi

doctores, ossia la glossa. Questa consisteva in un chiarimento che il docente faceva alla

litera del testo durante la lectura di questo, è proprio da qui che deriva il termine lezione,

essa è una postilla volta a chiarire, con una parola o un’espressione, una parola o

un’espressione contenuta nei testi analizzati che secondo il docente deve essere

specificata in quanto ritenuta di non facile comprensione. Le glosse a seconda di come

sono poste all’interno dei testi si dividono in interlineari ovvero marginali; invece, si

distinguono in base al contenuto in grammaticali o interpretative. Le grammaticali

semplicemente chiariscono qualche contenuto del testo, come una parola a cui viene

annotato un sinonimo, le interpretative invece, di rilevanza più ampia, mettono in

relazione passi paralleli dei testi presi in esame, li comparano e rilevano la concordanza

o la discordanza tra di essi. Queste ultime sono strumento molto più importante delle

67
Così Odofredo definisce Irnerio quando scrive di lui.
68
F. C. de’ Savigny. Storia del diritto romano nel medioevo., cit., p. 349

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semplici grammaticali, in quanto legano i vari istituti presenti nei Libri legales

realizzando dei collegamenti logici all’interno del Corpus, i quali portano ad un corpo

organico di norme. Ma non solo, vi sono anche delle glosse marginali interpretative, che

prendono il nome di apparatus69, le quali non si limitano a specificare o a chiarire un

qualcosa e nemmeno a mettere in relazione le norme, queste assumono la consistenza di

un ragionamento giuridico complesso, in sostanza spiegano in via generale ciò che è

contenuto in quello specifico titolo; infatti, queste glosse di norma non si trova apposte a

singoli passi o a leggi, ma all’inizio del titolo stesso. Quelli appena descritti furono gli

strumenti utilizzati dalle prime generazioni di glossatori, ma più proseguirono con il loro

lavoro più gli strumenti utilizzati si moltiplicarono. Per meglio comprendere la differenza

dei vari strumenti andremo ad analizzarli:

• Le distinctiones, “costituiscono una scomposizione analitica del punto di diritto

esaminato in una serie articolata di sotto proposizioni speciali e autonome,

ciascuna delle quali riflette un distinto aspetto sotto cui quel punto può essere

considerato. Non raramente il procedimento di distinctio assume graficamente la

forma di tabella.”

• Le regulae iuris, o generalia o brocarda70, “racchiudono in una sintetica ed

incisiva proposizione regole, principi e dogmi giuridici fondamentali” queste sono

solitamente raggruppate in raccolte.

69
Tra quelli di cui abbiamo notizia troviamo gli apparati completi al Codice di Azone e Ugolino e
l’apparto al titolo delle Pandette, intitolato De regulis iuris, di Bulgaro, al quale vi furono fatte delle
aggiunte dal Piacentino.
70
Sono note quelle di Pillio e Azone.

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• I casus, “in partenza raffigurazioni di fattispecie pratiche, a titolo esemplificativo,

cui la norma può essere applicata; in seguito vera e propria palestra per la

costruzione di complesse configurazioni teorico interpretative.”

• Le dissensiones dominorum, “specificanti le diverse od opposte soluzioni

proposte dai vari maestri in merito ai più noti e problematici temi di discussione.”

• Le quaestiones71, “caratteristica forma letteraria del procedimento scolastico,

attraverso il quale il doctor pone il problema giuridico, enumera i testi e le ragioni

che militano a favore (pro) di una soluzione e di quella opposta (contra), espone

infine la propria conclusiva interpretazione (solutio)”.

• Infine, le summae72, “si tratta di opere in cui viene condensata in modo pregnante

l’intera sostanza di un titolo, di un libro o di un argomento. Nella loro forma più

robusta le summae dei glossatori imbrigliano addirittura una parte della

compilazione giustinianea, di preferenza il Codice. In particolare, in questa

operazione, il Codex presta una intelaiatura precostituita nella quale viene però

racchiusa una vera e propria trattazione generale che deriva dalla messa a frutto

dell’intero Corpus iuris.”73

Da ciò ben si comprende che lo scopo dei glossatori e della loro scuola non era quello di

rappresentare la pratica dei loro tempi, non vollero creare una scuola per i pratici del

diritto ma per i teorici, essi difatti concentrarono il loro lavoro e il loro insegnamento

sull’analisi dei testi giustinianei e sull’interpretazione di questi, alla pratica, cioè a tutti

quei soggetti che applicavano alle fattispecie concrete il diritto romano, quali giudici e

71
Tali furono le Quaestione DD. Bononiensium e il Liber magnus quaestionum.
72
Summae al Codice furono redatte da Rogerio, dal Piacentino e da Azone; alle Istituzioni dal
Piacentino e da Azone; ai Digesti da Ugolino; ai Tres Libri da il Piacentino e da il Pillio; all’Authenticum
da Giovanni.
73
Cavanna A., Storia del diritto moderno in Europa., cit pp. 109-111

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notai, spettava il compito di volgere a propria utilità il lavoro dottrinale portato avanti

dagli studiosi. Anche se i glossatori focalizzarono la loro opera sul testo, ossia sulla

spiegazione, interpretazione e comparazione, non si discostarono mai completamente

dalla giurisprudenza, essendo tuttavia uomini che spesso rivestivano anche pubbliche

cariche.74

Intorno alla metà del secolo XIII la fama di Bologna in qualità di centro internazionale di

studi superiori di diritto sia civile che canonico aveva raggiunto l’apice e il lavoro

scientifico svolto aveva portato alla produzione di innumerevoli opere. Fu così che

all’inizio degli anni 20 il doctor legum Accursio decise di raccogliere il meglio del lavoro

esegetico compiuto sulle diverse partizioni del Corpus iuris civilis dalla scuola bolognese.

Siffatto lavoro di raccolta prese il nome di Glossa ordinaria o Magna Glossa, fu terminata

nel 1234 con il commento alle Istituzioni e divenne da quel momento in avanti l’unica

opera utilizzata, oscurando a poco a poco praticamente tutte quelle precedentemente

redatte.75

Questa nuova scientia iursi attira innumerevoli studenti in Italia provenienti da tutta

Europa, in prima battuta verso Bologna, successivamente anche nelle altre città italiane

che seguendo il modello bolognese crearono delle proprie università di diritto. Le prime

lezioni non erano svolte in aule vere e proprie, come è noto i “quattro dottori”

insegnavano ognuno nella propria casa adibendo una stanza allo svolgimento dello studio,

a poco a poco però le scuole si moltiplicarono e divennero organizzazioni vere e proprie

e la prima fra tutte fu Bologna. Con il moltiplicarsi delle scuole si moltiplicò anche il

numero degli studenti, i quali iniziano a riunirsi in gruppi, primariamente gli studenti

74
F. C. de’ Savigny. Storia del diritto romano nel medioevo., cit., p. 350
75
Arnaldi G., L’università di Bologna, in Le università dell’Europa. La nascita delle università.,
Milano, Amilcare Pizzi Editore, 1990 pp. 85

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forestieri, formando quella che prenderà il nome di natio, ossia una associazione di

studenti volta a creare una vita comune nella diversa realtà sociale in cui questi studenti

si trovano. Vennero così a formarsi numerose nationes di studenti che a loro volta diedero

vita a un organo comprensivo di stampo corporativo, le univeritas scholarium. Inizia pian

piano a configurarsi l’università, ossia questo nuovo organismo che rappresenta la massa

studentesca di Bologna, il quale decide di darsi una struttura organizzativa eleggendo sia

un rectores sia degli organi di governo minori. Nei primi decenni del XIII secolo vengono

a configurarsi due distinte universitates, una che riunisce le nationes d’oltr’Alpe, al cui

interno troviamo studenti spagnoli, francesi, tedeschi, inglesi e molti altri, che prenderà

il nome di universitas ultramontanorum, e l’altra, universitas citramontanorum, che

raggruppa invece gli studenti italiani, divisi in quattro nationes, cioè quella dei Campani,

dei Romani, dei Toscani e dei Lombardi. La carica di rettore diviene un vero e proprio

pilastro all’interno dell’organizzazione universitaria, in quanto figura preposta al

controllo dei rapporti tra studenti e professori assume di fatto il pieno controllo,

accogliendo le iniziative degli studenti, trattando e concludendo per loro contratti di

carattere generale, ma non solo, concordando con i docenti i corsi da svolgere, la loro

durata, gli orari, i periodi di vacanza e anche quelli concessi ai professori per potersi

assentare dalla scuola per motivi privati, oltre all’onorario.76

Il compito dei professori consisteva nel tenere prelezioni, ripetizioni e dispute. Il corso

regolare di studio era di un anno, il 19 ottobre iniziavano i corsi sui decreti e il giorno

seguente tutti gli altri. L’inizio dell’anno accademico prendeva avvio con una messa

solenne e una prolusione dettata da uno degli studenti o da un professore. Le vacanze

76
Bellomo M., Breve storia della scienza giuridica., cit., pp. 65-67

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erano previste per due settimane a Pasqua e undici giorni a Natale, oltre i giovedì77, giorno

in cui non si tenevano lezioni, a meno che nella stessa settimana non cadesse altra

festività, in quel caso il giovedì perdeva il suo privilegio. Le grandi ferie iniziavano il 7

settembre, nelle quali non si poteva tenere o prorogare nessuna prelezione, ma era

permesso invece spiegare una legge o un trattato speciale. Le prelezioni si svolgevano in

parte la mattina e in parte la sera, la mattina dovevano iniziare dopo l’alba e finire alle

ore 9, la sera, le lezioni iniziavano secondo le materie e le stagioni, alle 19, alle 20, alle

21 e alle 22 e potevano durare anche due ore, ma sicuramente un’ora e mezzo. In queste

ore era fatto obbligo ai professori di spiegare, non potevano cioè semplicemente

consegnare quaderni o far leggere altri.78 Argomento delle prelezioni erano le cinque parti

del Corpus Iuris, infatti si tenevano cinque prelezioni principali, due considerate ordinarie

e le altre sempre straordinarie. La durata del corso, come anticipato, era di un anno per

ogni parte del Corpus. Ciascuno dei tre Digesti e il Codice venivano spiegati

contemporaneamente da due professori; uno esponeva la prima metà e l’altro la seconda,

così ogni professore compiva la sua mezza prelezione nello stesso corso di un anno, che

prima era destinato all’intera prelezione. In questo modo il tempo della prelezione era

raddoppiato, per questo fu previsto che gli studenti potessero udire in un anno tutto il

Digestum vetus e così via. Il Volume, invece, doveva essere letto da un solo professore e

per interno, se a fine corso non fosse stato spiegato tutto, il professore avrebbe dovuto

finirlo all’inizio del corso successivo. Le stesse procedure erano previste per le lezioni di

Diritto canonico. Entrando nello specifico svolgimento delle prelezioni i professori

iniziavano la lezione con l’esposizione sommaria del contenuto di tutto un titolo, Summa,

77
Il giovedì secondo un antico costume era il giorno destinato alla cura della propria persona.
78
F. C. de’ Savigny. Storia del diritto romano nel medioevo. Volume I, cit., pp. 589-590

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dopodiché passavano alla lettura delle parti del testo che ritenevano meglio scritte ed

esponevano il caso. Una volta esposto il caso scioglievano le apparenti antinomie con gli

altri passi del testo, ricordavano le regole generali di diritto, brocarda, ed esponevano i

casi di diritto veri o figurati, quaestiones, che con queste potevano essere risolti. Se tale

ultima parte avesse richiesto troppo tempo sarebbe stata riservata alle ripetizioni.

Dall’altro lato gli studenti prendevano appunti durante la spiegazione e durante le

prelezioni straordinarie, quelle che si tenevano il pomeriggio, gli studenti potevano

interrompere e interrogare il professore ogni volta che ne avevano necessità, al contrario

in quelle mattutine, cioè quelle ordinarie, potevano interrompere solo qualche volta.79

La differenza tra le prelezioni ordinarie e straordinarie non stava solo nel fatto che si

tenessero in due distinti momenti della giornata, ma stava nel diverso contenuto oggetto

della lezione; infatti, i libri oggetto di studio si dividevano in ordinari e straordinari, per

il diritto romano erano ordinari il Digestum vetus e il Codex, per quello canonico, il

Decreto e le decretali, tutti gli altri erano appunto considerati straordinari. Le prelezioni

inerenti ai libri straordinari erano sempre prelezioni straordinarie, quelle invece inerenti

ai libri ordinari potevano essere sia ordinarie che straordinarie, a seconda che si tenessero

la mattina o la sera. Tutto questo meccanismo di divisione delle prelezioni portava anche

ad un’altra distinzione quella tra i lettori ordinari e straordinari, i primi erano quelli che

avevano il diritto di tenere prelazioni ordinarie e anche straordinarie, di solito riservate ai

bolognesi, i secondi invece erano coloro che potevano tenere solo prelezioni straordinarie.

In sostanza tutta la distinzione tra prelazioni ordinarie e non si fondava sulla

considerazione che i libri ordinari erano più importanti e necessari degli altri e come tali

a loro dovevano essere dedicate le migliori ore del giorno. Queste prelezioni erano poi

79
F. C. de’ Savigny. Storia del diritto romano nel medioevo. Volume I, cit., pp. 728-735

31
quelle più frequentate essendo appunto le più importanti, le altre erano frequentati a

discrezione degli studenti. Come anticipato oltre alle prelezioni si tenevano anche

ripetizioni e dispute.

Le dispute ruotavano intorno ad una particolare tesi giuridica posta sottoforma di quesito,

sia che fossero ipotetiche sia che fossero casi concreti presi dal foro e riportati nelle scuole

queste questioni avevano sempre carattere pratico. Le ripetizioni duravano da inizio anno

fino a carnevale, dopo si sospendevano e si tenevano le dispute fino a Pentecoste, ogni

settimana doveva tenersene almeno una. Il testo oggetto di queste doveva essere

consegnato agli studenti alcuni giorni prima e la trattazione completa, che veniva fatta

per iscritto, veniva consegnata dopo un mese.80

Per concludere la trattazione di questo argomento passiamo a spiegare come si otteneva

al tempo il titolo di dottore. Agli inizi della scuola di Bologna il titolo di dottore, maestro

o signore non rappresentava l’ufficio di uno specifico insegnamento ma erano appellativi

che venivano utilizzati nei confronti dei primi professori, dopo qualche tempo tale

appellativo, cioè quello di dottore veniva assegnato al candidato considerato degno dopo

il superamento dell’esame, il quale diveniva nuovo membro del novero dei professori.

Questo aspetto crediamo vada sottolineato, in quando il percorso di studi universitari non

portava come oggi al conseguimento di un titolo idoneo alla pratica forense, bensì al

conseguimento del titolo idoneo all’insegnamento, infatti per la pratica, come quella del

notariato furono create delle apposite scuole, quello che gli studenti apprendevano negli

anni di studio serviva a poter successivamente insegnare a loro volta. Dottori si poteva

diventare sia in diritto romano che in diritto canonico. I canonisti avevano un percorso di

studi della durata di 6 anni, mentre i civilisti della durata di 8, nei quali potevano rientrare

80
F. C. de’ Savigny. Storia del diritto romano nel medioevo. Volume I, cit., pp. 595-599

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anche tre o quattro anni di studio di ius canonico. Gli esami previsti erano due, uno

privato, privata examinatio, e l’altro pubblico, publica examinatio o conventus, in ognuno

dei quali gli veniva conferito un diverso grado. Per quanto concerne l’esame privato al

candidato venivano sottoposti due testi da svolgere, o entrambi di diritto romano, o di

diritto canonico, oppure uno di diritto romano e uno di canonico, a seconda che il

candidato volesse essere promosso in entrambe le facoltà o in una sola di esse. Il dottore

presentava il candidato ad una commissione, la quale poneva delle domande sui testi

elaborati, finito l’esame, i dottori votavano e se il candidato fosse stato dichiarato idoneo,

avrebbe preso il nome di licenziato. Dopo l’esame privato, si passava a quello pubblico,

idoneo per ricevere il grado di dottore, il quale si teneva presso il Duomo, dove ci si

recava in processione con molta solennità. Il licenziato teneva un discorso e una

prelezione di diritto con la quale argomentavano direttamente gli studenti. A ciò seguiva

il sermone dell’arcidiacono in cui veniva proclamato dottore. Infine, si presentavano i

simboli del dottorato, ossia il libro, l’anello e la berretta, gli si assegnava un posto sulla

cattedra e sempre con gran solennità si lasciava la chiesa.81

Dopo che presero avvio le università vennero appoggiate anche dai Comuni, a

dimostrazione di ciò sta il fatto che l’onere economico degli stipendi passerà appunto

dalle universitates al Commune civitatis, attestando così l’importanza che venne

riconosciuta all’università, sia per quando riguarda i docenti affermati, sia per gli studenti,

futuri docenti. Avendo infatti moltissima fama i professori universitari molto spesso

venivano interrogati su svariate questioni, dalle sentenze alle liti private, si chiedeva loro

81
F. C. de’ Savigny. Storia del diritto romano nel medioevo. Volume I, cit., pp. 571-573

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il consilium, cioè il parere giuridico su una determinata fattispecie, denominato appunto

sapientis in quanto depositari della sapientia iuris e civilis.82

In un breve lasso di tempo, pochi decenni, le scuole si moltiplicarono e si diversificarono

e il movimento universitario nato a Bologna si allargò a macchia d’olio.

82
Bellomo M., Breve storia della scienza giuridica., cit., pp. 67-68

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