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F.

Fronterotta - Il linguaggio nel


pensiero di Platone
[00:00:00] platone. Il rapporto tra nomi e cose nel crati lo il cra tilo di platone
può essere feconda mente letto insieme con il tet eto, pur nella differenza
strutturale che separa i due dialoghi e li rende irriducibili l'uno all'altro, si tratta
pur sempre di dialoghi nei quali platone cerca di contestare la possibilità.

di non errare se non esiste la possibilità di sbagliare, come ad esempio sosteneva


la sofistica. Allora tutti i discorsi saranno o veri o falsi. E se tutto sarà vero o
falso e non vi sarà la via di mezzo, verrà a perdere di significato l'idea stessa
della filosofia. se non si ammette l'errore, non si può ammettere la verità se non
si ammette la possibilità di sbagliare, diventa poi impossibile distinguere tra
verità ed errore e si [00:01:00] precipita nell'abisso della sofistica.

Il crati lo è un dialogo che prende il nome da un seguace di eraclito, un seguace


di eraclito che aveva per così dire radicalizzato le posizioni del maestro e le
aveva tradotte in una formula. panta rei. Tutto scorre aveva di fatto irrigidito in
questa formula un po' dogmatica l'insegnamento della filosofia di eraclito,
secondo cui il divenire è il fondamento stesso dell'essere.

Per eraclito la realtà è conflitto polhemus è un fuoco sempre vivo, che arde e
che esiste come concordia degli hawk. posti come dinamica forma del divenire,
che fa sì che gli assenti siano e non siano insieme perché divengono ebbene
grati. Lo, che aveva radicalizzato le posizioni di Eraclito, ritiene che sia
addirittura impossibile dare i nomi alle cose [00:02:00] dacché se cambiano di
continuo.

Noi chiamiamo po un certo fiume, ma non è corretto, diremmo noi. Applicando


alla lettera al discorso era clipeo di Crati. Lo non esiste qualcosa che si chiami
po perché in realtà esso cambia di continuo. eh? Abbiamo scelto l'esempio del
fiume non solo perché era già utilizzato da Eraclito nel per i fiori, che pure
ovviamente non si riferiva al po, ma perché è lampante l'esempio più lampante
di tutti a proposito del divenire, non è certo un caso che lo utilizzasse lo stesso
eraclito, il fiume, quella realtà in cui le acque mutano di continuo, in cui
scendiamo e non scendiamo, ci bagniamo e non ci bagniamo.

Siamo e non siamo, come diceva eraclito, che quindi il nome fisserebbe
artificialmente una cosa che non è fissa, abile perché in continua mutazione
crati lo con il panta rei arriva a dimostrazioni che possono tranquillamente
essere dette [00:03:00] sofistica. è impossibile conoscere qualcosa che cambia
sempre, sicché in teoria, dal momento che non si possono attribuire nomi,
bisognerebbe solo indicare le cose.

Secondo alcuni studiosi di Platone è sarebbe stato addirittura Platone stesso. Un


allievo di grati. Lo, il che può apparire strano se consideriamo la dottrina delle
idee in cui viene ammesso un essere fisso, stabile e permanente. Eppure vi è
qualcosa di plausibile in questa concezione che ci presenta Platone come allievo
redento di gratin.

O Platone deve aver constatato che nel mondo del sensibile in effetti tutto
fluisce, nulla è stabile. ed è in effetti ciò che Platone attribuisce al mondo
sensibile il carattere eraclito eh? O di divenire incessante non può esservi
scienza. Epis teme del sensibile, ma solo doxa opinione perché il sensibile,
sempre cangiante, non sta.

non sta fermo e quindi non consente una scienza. Un epis, temo sapere
[00:04:00] solido può dar luogo solo a un sapere apparente doc plastico di
opinione, perché del cangiante vi è solo opinione mutevole Platone. come
sappiamo ha contestato l'idea che tutto si risolva nel sensibile e con la dottrina
delle idea, per così dire superato.

Crati lo é. La variante era l'idea che pensa all'essere come divenire incessante
l'ha superata approdando con la seconda navigazione a una nuova variante della
dottrina parmenide a che pensa all'essere? come qualcosa di stabile fisso l'essere
è e non può non essere. E quindi in platone potremmo dire convivono
parmenide da una parte e pratico ed eraclito, dall'altra, clark, creativo ed eraclito
per quel che concerne il sensibile che divenire parmenide per quel che invece
concerne il mondo delle idee che sono e non possono non essere.

Ebbene, nel crati lo platone effettua [00:05:00] un'ampia discussione sulla


problematica della lingua e segnatamente del rap. porto tra nomi e cose o come
dirà fuco nel Novecento, le parole e le cose. al tempo dei sofisti vi erano state
interessanti considerazioni sul tema, che oggi chiameremo linguistico. In
particolare si era sviluppato un dibattito che vedeva contrapposte due posizioni.

Quella legata al nomos alla convenzione è quella legata alla physis alla natura è
alcuni sofisti erano del parere che noi attribuiamo i nomi in maniera spontanea,
secondo natura. Cat ha fuso come se la natura stessa ci suggerisse i nomi di cui
servirsi per chiamarla. Altri avevano invece suggerito la tesi opposta.
Gli uomini attribuiscono alle cose i nomi in maniera assolutamente artificiale.
Secondo convenzione. capitano mon. Questa diatriba, invero, è ancora in corso
al [00:06:00] giorno nostro. Platone, dal canto suo, sostiene che attribuiamo i
nomi per certi versi Catfish Rising, secondo natura e per certi versi Catan
omone.

Secondo convenzione. Questo è uno dei punti fondamentali che Platone fa


emergere nel Crati lo una sorta di soluzione intermedia rispetto a quella polare
di nomos Convenzione versus. causis natura esiste certo una derivazione
naturale dei nomi, quasi come se fossero le cose stesse a suggerirci i nomi da
attribuire ad esse.

Ma le lingue parlate sono molteplici. Una componente di arbitrarietà e di


convenzionalità deve dunque esistere. Le cose certo tendono a suggerirci, per
così dire, il nome con cui chiamarle, ma poi l'uomo opera col concetto lavora
sulle cose e corregge. con la ragione, con la Convenzione è bensì vero che vi
sono [00:07:00] nomi che sembrano esprimere l'essenza stessa della cosa che
appellano.

La zanzara, per esempio, richiama nel nome evidentemente la cosa a cui si


riferisce, proprio come la cornacchia. Platone, dicevo, intraprende una via
mediana tra i sostenitori del No Muos della Convenzione e i sostenitori della
physis della natura. Perché Crati lo affronta. Il Crati lo affronta questo tema in
relazione alla discussione sul rapporto tra vero e falso.

La ragione è chiara, in verità per Platone entrambe le possibilità. finiscono per


negare la possibilità dell'errore. Se le parole, come sostengono i fautori della
Fusi, se corrispondessero semplicemente alle cose come sono e quindi si
limitassero a dire le cose chiamandole con i nomi che le cose stesse
suggeriscono, allora sarebbe impossibile sbagliare.[00:08:00]

ugualmente se le parole fossero totalmente artificiali e quindi puramente


convenzionali, sarebbe ugualmente impossibile sbagliare, perché la
convenzione è qualcosa che non dipende dal vero, dal falso, ma appunto da una
arbitraria decisione. In entrambi i casi si arriverebbe alla conclusione, per cui è
impossibile al giungere all'errore.

se è la natura stessa delle cose a impormi il nome, non posso sbagliare


ugualmente. Se la convenzione ugualmente non posso sbagliare. Se mi attengo
alla teoria secondo natura, un libro mi suggerisce la parola con cui chiamarlo,
ed è solo quella. Non vi è possibilità di errore. se viceversa mi attengo al Catan
omone, secondo convenzione i nomi sono del tutto artificiali e quindi vanno
egualmente bene tutti posso chiamarlo libro, ma ugualmente tavolo, scarpa e
così via.

In ogni caso sarà corretto e non vi è possibilità di sbaglio. Infatti, in assenza di


un [00:09:00] arbitrio generale, tutti i nomi risultano corretti. il far
corrispondere al meglio con un misto di lavoro naturale e artificiale. Il nome
all'essenza delle cose consente di affermare che l'errore esiste e che la retorica,
quella vera e la filosofia.

Per questo platone nel tet eto e anche, come dicevo nel cretino, insiste tanto
sull'importanza di far emergere la possibilità dell'errore che è la sola via. per
fare salva anche la possibilità della verità. Può esservi il vero solo dovevi anche
il falso e c'è solo la distinzione dialettica tra vero e falso, a rendere possibile
l'esistenza della verità e la confutazione dell'errore.

Per questo nel crati lo dicevo, Platone prova a mostrare come il nostro modo di
intendere il rapporto fra nomi e cose è basato su una via mediana. tra nomos e
physis, tale per cui si dà la possibilità dell'errore possiamo chiamare con nomi
sbagliati le cose e quindi [00:10:00] in ciò sta la possibilità dell'errore e quindi
anche della confutazione dell'errore.

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