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L’Arabia preislamica

L'Arabia, una penisola posta tra il Mar Rosso, il Golfo Persico e l’oceano Indiano (p. 307), era una regione
composita, abitata da gruppi sedentari e da nomadi. I territori costieri erano costellati da prospere città mercantili,
mentre le parti interne desertiche erano interrotte da oasi abitate da beduini, nomadi la cui sopravvivenza si basava
sulla pastorizia e sulle razzie ai danni delle carovane mercantili e delle città. Le terre dell’Arabia centrale erano
infatti attraversate da numerose piste carovaniere che collegavano i porti e i principali centri urbani con i grandi
mercati mediterranei e mediorientali. La religione degli Arabi era politeista e ogni città aveva le sue tradizioni e i
suoi santuari.

La nascita dell’Islam: una nuova religione

Intorno al 570, nell’importante città della Mecca, nacque Maometto, che, secondo la tradizione, nel 610
ricevette dall’arcangelo Gabriele i principi della fede in Allah (Dio, in arabo); tali rivelazioni lo portarono a iniziare
la predicazione di una nuova religione monoteista. La quale, però, non incontrò il favore dei ricchi mercanti, che
temevano di perdere i privilegi economici legati ai pellegrinaggi nella città che era il centro del politeismo pagano.
Maometto cercò appoggi fuori dalla Mecca e nel 622 fuggì a Medina, nome che significa città del profeta, questo
trasferimento fu detto ègira. Qui elaborò i precetti della fede, i cinque pilastri dell’Islam:
1) la professione di fede in Allah, unico Dio, e in Maometto, suo profeta;
2) la preghiera da recitare cinque volte al giorno rivolti verso la Mecca;
3) il versamento dell’elemosina, una tassa destinata a scopi di beneficenza e di aiuto ai poveri, che non esonera il
credente dall’elemosina personale;
4) il digiuno rituale nel mese del Ramadan, il nono mese del calendario musulmano, durante il quale dall’alba al
tramonto del sole è vietato ai fedeli mangiare, bere, fumare e avere rapporti sessuali;
5) il pellegrinaggio alla Mecca, da compiere almeno una volta nella vita.
Nel 630 Maometto si presentò alla Mecca con un esercito di 10.000 uomini, ma non fu necessario
usare la forza perché i meccani gli aprirono le porte e lo posero alla guida della città. Si rivelò una guida spirituale
ma anche politica e riuscì a unificare l’intero mondo arabo. Quando morì, nel 632, Maometto era ormai
riconosciuto come il profeta in tutta la penisola arabica e le tribù beduine abbandonarono ogni conflittualità e
costituirono una sorta di confederazione.

Le rivelazioni fatte da Allah a Maometto sono contenute nel Corano, il testo sacro dell’Islam, che è
suddiviso in 114 capitoli detti sure e, di contenuto molto vario. Il testo non è organico, perciò risulta spesso di
difficile comprensione: per risolvere i casi non definiti dal Corano e ispirare le scelte dei credenti, i dotti
musulmani raccolsero fatti e detti sulla vita di Maometto nella Sunna (consuetudine).
Uno dei precetti fondamentali è la jihad, che letteralmente significa “sforzo per affermare il messaggio di
Allah dentro se stessi“, ma che ben presto venne interpretato nell’accezione di “guerra santa“ contro gli infedeli.
L’Islam non è soltanto una religione ma anche una concezione di vita della società: lo Stato è chiamato ad attuare la
legge di Dio, perciò si presenta come una teocrazia. La religione musulmana ha una vocazione universale, poiché si
propone di realizzare la propria missione di verità in tutto il mondo. La religione musulmana non prevede sacerdoti
per celebrare i culti e i riti religiosi, che possono essere compiuti da ogni fedele, anche individualmente. Nel giorno
sacro, il venerdì, i fedeli devono recitare la preghiera in comune nella moschea, l’edificio di culto caratteristico
della religione islamica.

L’espansione islamica
Gli anni successivi alla morte di Maometto furono segnati dalla lotta per il potere, poiché egli non aveva
designato alcun erede. Inizialmente prevalse il criterio elettivo e il primo ad assumere il titolo di califfo
(successore) fu Abu Bakr, seguito da Omar e Othman. Durante i primi califfati i musulmani conquistarono l’Egitto
la Mesopotamia, la Siria, la Palestina e, più tardi, s'impadronirono dell’Africa settentrionale, rompendo così l’unità
del Mediterraneo stabilita dai bizantini. L'espansione riprese nell’VIII secolo, con l’assedio di Costantinopoli e
l’invasione della penisola iberica, mentre a est raggiunsero i confini dell’impero cinese.
Alla morte di Othman, divenne califfo Alì, cugino e genero di Maometto. Il suo califfato incontrò però
l’opposizione della potente famiglia degli Omayyadi, i potenti della Mecca che resero la successione ereditaria. I
seguaci di Alì fondarono una corrente autonoma dell’Islam, quella degli Sciiti, che è giunta fino ai giorni nostri, in
contrapposizione con i sunniti, legati agli Omayyadi. Dopo il 750 ad essi subentrò la famiglia degli Abbasidi, che
non riuscì a mantenere l’unità del territorio e spostò il centro dell'impero verso la Persia, fondando una nuova
capitale, Baghdad. Un superstite della dinastia omayyade si rifugiò in Spagna dove fondò il califfato di Cordoba.
La loro espansione fu fermata in Francia da Carlo Martello a Poitier nel 732.

La civiltà islamica
I territori conquistati furono affidati a un governatore, l’emiro, che solitamente delegava l’amministrazione
ai funzionari locali (bizantini e persiani). La maggior parte dei territori conquistati dagli Arabi conobbe una
notevole crescita economica e culturale: anche l’agricoltura fu favorita dalla costruzione di canali e
dall’introduzione di nuove coltivazioni. La divisione in classi sociali era determinata dalla religione: al vertice della
società islamica si trovavano i musulmani di antica conversione, seguiti dai nuovi convertiti; i non convertiti erano
tollerati, ma a patto che pagassero una tassa supplementare e non opponessero resistenza attiva. Le donne erano
poste in una condizione di inferiorità rispetto agli uomini. Infine c’erano gli schiavi, generalmente prigionieri di
guerra.
L’età abbaside rappresentò un periodo aureo per il mondo musulmano dal punto di vista culturale, artistico
ed economico, tanto da essere chiamato "Rinascimento arabo", ma segnò la fine dell’espansione e, nella parte
occidentale dell’impero, si affermarono regni autonomi da Baghdad, mentre i saraceni (pirati musulmani)
conquistarono la Sicilia, la Sardegna e le Baleari.

La cultura islamica
L’arte islamica si è diffusa con finalità religiose: il divieto di raffigurare la divinità con sembianze umane
ha fatto sì che l’arte islamica si esprimesse moltissimo attraverso figure geometriche astratte, note come
“arabeschi“. La lingua araba era ormai ampiamente diffusa nel mondo mediterraneo, persiano e indiano e l'Impero
arabo raccolse l'enorme bagaglio culturale di queste civiltà. Fulcro di questo fermento culturale e intellettuale fu
Baghdad, dove nell’832 i califfi fondarono la Casa della sapienza, una sorta di nuova biblioteca di Alessandria, in
cui tradurre, conservare e studiare i testi antichi greci, persiani e indiani. Qui furono tradotte in arabo migliaia di
opere, soprattutto classici greci, sia scientifici che filosofici. Dopo la chiusura dell’Accademia platonica di Atene,
molti scienziati e filosofi greci avevano trovato rifugio in Persia, portando con sé le opere dei maestri; in questo
modo la cultura islamica entrò in contatto con quella greca: infatti, il più importante testo arabo di astronomia,
l’Almagesto, altro non è che la traduzione dell’opera del geografo greco Tolomeo vissuto nel II secolo d.C.
Straordinari progressi furono raggiunti anche in matematica, gli arabi, infatti, svilupparono dagli indiani il sistema
di numerazione decimale che usiamo ancora oggi e l’introduzione della cifra zero; approfondirono la geometria e
l'astronomia; avviarono anche l’alchimia, disciplina da cui nacque la chimica. Fecero progressi in medicina e
anatomia, a tal proposito ricordiamo il medico Avicenna, autore di un trattato il Canone, che restò in uso per
secoli, e, infine, il grande filosofo Averroè, vissuto nel XII secolo, che diede impulso alla riscoperta di Aristotele
con traduzioni e commenti di opere che in Occidente erano state quasi completamente dimenticate.

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