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METODOLOGIA 3 28 – 05 – 2021

L’INFERMIERE NEL PROCESSO DI DONAZIONE

Tale processo si intrinseca con i compiti dell’infermiere in area critica intesa come terapia intensiva: esso dà
mote soddisfazioni a livello personale, anche se dà un ritorno emotivo non indifferente. Dietro una
donazione di organi ci sono sempre delle vicissitudini umane molto importanti. Nella tragicità della
situazione, un prelievo di organi ti segna e insegna molte cose.

DIFFERENZA TRA VIGILANZA E COSCIENZA

C’è differenza tra la vigilanza e la coscienza? Esiste una differenza tra il paziente vigile e il paziente
cosciente.

 Un soggetto cosciente capisce ciò che sta accadendo attorno a lui. Un paziente cosciente realizza chi
è lui e tutto quello che gli sta attorno;
 Un soggetto vigile è invece sveglio, ma non riesce ad interagire con l’operatore. Ciò allude allo stato
vegetativo del paziente poiché esso assolve alle funzioni di base, ma non si rende conto di quello
che sta succedendo attorno e non ha nemmeno la concezione di sé stesso.

Si tratta della prima differenza neurologica da annoverare.

CHI SONO I POTENZIALI PAZIENTI CHE POSSONO ADNARE INCONTRO AD UNA MORTE ENCEFALICA?

Lo scambio dell’ossigeno a livello del cervello avviene chiaramente attraverso il circolo. A tal proposito, un
organo non irrorato va incontro ad ischemia poiché non viene ossigenato. I potenziali pazienti che possono
andare incontro ad una morte encefalica sono sostanzialmente due, così come le possibilità:

1. Per un processo traumatico: ad esempio un trauma cranico dovuto a differenti motivi;


2. Per un processo dovuto alla rottura di un aneurisma.

Al di là della causa, il problema fondamentale consiste nel fatto che in una scatola chiusa come quella della
scatola cranica, dove i volumi sono ben definiti e non c’è la possibilità che ne accolgano altri, il formarsi di
un volume non previsto all’interno di questa scatola tende a creare un aumento pressorio. Quest’ultimo
può fino ad un certo punto essere compensato. Dopodiché ciò comporta la determinazione della pressione
intracranica. Quando quest’ultima aumenta in maniera importante, essendo gli spazi occupati da un
volume importante o da una neoformazione, il cervello viene schiacciato all’interno della teca cranica. Tale
schiacciamento determina inevitabilmente delle aree ischemiche. Se l’emorragia va addirittura a
comprimere il tronco encefalico (che consente la respirazione, il controllo del battito cardiaco etc.), il
cervello va incontro ad un’ischemia totale e, quindi, viene colpito nella sua totalità. Un corpo umano non
può continuare a vivere per un determinato tempo senza le funzioni cerebrali, a meno che non venga
assistito. Essendo interrotti tutti i centri della respirazione, il paziente non avrà più facoltà di respirazione:
quest’ultima verrà garantita dal ventilatore. Successivamente si andrà ad istaurare un processo che
coinvolgerà tutti gli altri organi. Man mano si avranno degli compensi che l’organismo cercherà di
compensare, ma che poi alla fine non riuscirà più a compensare e che porteranno in definitiva alla morte (e,
quindi, anche all’arresto cardiaco). In questo caso si verificano due tipi di arresti e, quindi, due tipologie di
morte:

1. Una morte encefalica;


2. Una morte per arresto cardiaco.

Quest’ultime risultano essere sovrapponibili poiché un paziente in morte encefalica è come un paziente in
morte cardiaca: viene comunque dichiarato morto.

COSA PREVEDE LA LEGGE IN QUESTO CASO?


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Una volta accertata la morte encefalica, quest’ultima inevitabilmente determinerà la morte del soggetto. La
legge prevede che tale constatazione venga fatta da una Commissione formata da diverse figure:

 L’anestesista;
 Il neurologo;
 Un rappresentante della direzione sanitaria;
 Un medico legale.

Dopo aver eseguito un elettroencefalogramma e avere accertato la totale assenza di onde elettriche (il
cervello in questo caso non funziona più), si ricorre a delle prove neurologiche. In caso di incertezza si
possono richiedere degli esami più completi, al fine di constatare la presenza di irrorazione a livello del
tronco encefalico (in questo caso si ricorre ad una angioTAC per verificare l’eventuale presenza di flusso e,
quindi, irrorazione). Se tutti questi dati smentiscono la presenza dell’irrorazione a livello del tronco
encefalico e, quindi, confermano la morte cerebrale del paziente, la Commissione determina l’ora della
constatazione e la morte del paziente. Il cuore continua, però, a battere nonostante la morte cerebrale: il
ventilatore continua a ventilare i polmoni e il paziente respira, per cui alla parvenza del monitor i parametri
risultano ancora essere presenti. Ciononostante, si tratta di parametri “falsificati” dalla presenza in circolo
dei farmaci che sostengono ancora l’attività cardiaca e dalle macchine che sostengono ancora la
ventilazione. Di li a poco questi processi cesseranno di funzionare e, nonostante il supporto farmacologico e
delle varie strumentazioni, il paziente andrà anche in arresto cardiocircolatorio e, di conseguenza, morirà.
Si tratta del passaggio più complicato da far capire soprattutto ai familiari. Ad un familiare che continua a
vedere il proprio caro in terapia intensiva non cosciente (però con un tracciato elettrocardiografico che
continua ad avere delle forme, con la frequenza cardiaca, gli atti respiratori e la temperatura), tutto ciò darà
la sensazione che ancora possa esserci speranza di sopravvivenza. La legge afferma che, una volta
accertata la morte encefalica, è necessario attendere 6 ore. Dopo 6 ore bisogna ripetere gli esami e,
qualora la situazione dovesse essere uguale a quella di partenza, si decreta la morte del soggetto (in
questo caso verranno staccati tutti i supporti e il paziente, da li a pochi minuti, cesserà di avere ancora
attività cardiaca e attività altre indotte dal supporto). In caso di morte encefalica, il fatto che il cuore
continui a battere non è sinonimo del fatto che il paziente sia ancora in vita: si tratta di un cuore che batte
in un paziente morto1.

CARTA DI IDENTITA’ E DONAZIONE DI ORGANI

Chi vuole potrà dire sì o no alla donazione di organi e far inserire la propria scelta sulla carta di identità al
momento della richiesta o del rinnovo del documento. La stessa dichiarazione verrà trasmessa in tempo
reale dall'Ufficio Anagrafe al Sistema Informativo Trapianti, la banca dati nazionale informatizzata del
Ministero della Salute. In tale dichiarazione ogni soggetto darà o meno il proprio consenso e nessuno potrà
decidere per lui alla sua morte. Qualora il soggetto dovesse dire sì alla donazione dei suoi organi, nessuno
potrà dire che non fosse d’accordo, tranne in caso di ripensamento dopo aver dato il consenso. In
quest’ultimo caso, l’eventuale ripensamento dovrà essere comunicato. Dovere comunicare la morte di un
paziente ad un familiare rappresenta una situazione pesante dal punto di vista emotivo che, però, fanno
comprendere quanto poi alla fine sia importante la professione infermieristica. Quest’ultima porta a dover
prendere continuamente delle decisioni, a dover fare delle scelte e a vivere dei momenti talvolta poco felici
se non drammatici.

LEGGE DEL SILENZIO ASSENSO

1
DOMANDE DEI COLLEGHI: se nell’angioTAC viene ancora riscontrata una minima circolazione a livello encefalico, cosa bisogna
fare? La Commissione che dovrà constatare la morte cerebrale del paziente dovrà occuparsi di ciò. La decisione va presa in virtù dei
dati certi che determinano, in maniera assolutamente scevra di qualunque rischio di errore la morte del paziente. Se così non fosse,
si andrebbero a prelevare degli organi in un paziente ancora in vita. Per effettuare un prelievo di organi, dunque, è necessario che
venga accertata totalmente la morte cerebrale del paziente.
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Non esprimendosi (ovvero in caso di mancato consenso o diniego), la donazione è consentita solo se i
familiari aventi diritto (il coniuge non separato, il convivente more uxorio, i figli maggiorenni, i genitori) non
si oppongono. Per la legge, dunque, un consenso non dato porta a dedurre la tacita approvazione del
soggetto in questione alla donazione degli organi. Se tu non dici niente, vuol dire che non sei contrario. Ciò
prende il nome di LEGGE DEL SILENZIO ASSENSO, per cui si è donatori. Quest’ultimo afferma, infatti, che “i
cittadini sono tenuti a dichiarare la propria libera volontà in ordine alla donazione di organi e di tessuti del
proprio corpo successivamente alla morte, e sono informati che la mancata dichiarazione di volontà è
considerata quale assenso alla donazione”.

AIDO – ASSOCIAZIONE ITALIANA DONATORI ORGANI

Anche l’AIDO può recepire in vita un’eventuale volontà di donare. Tutti questi dati verranno inseriti
all’interno di in un cervello elettronico (nonché una sorta di banca dati) in cui, una volta inserito il nome, è
presente il consenso (in vita) o l’eventuale diniego del soggetto in questione alla donazione di organi.

RUOLI DELL’INFERMIERE NEL PROCESSO DI DONAZIONE DEGLI ORGANI

Avendo constatato la Commissione la morte encefalica del paziente, che ruolo ha l’infermiere? L’infermiere
ha il ruolo di:

1. Identificare il paziente in morte encefalica . Come viene identificato il paziente in morte encefalica?
Dovendo sospendere qualunque forma di sedazione ad un paziente (per cui quest’ultimo dovrebbe
cominciare a rispondere gli stimoli), talvolta mediante l’aspirazione si tende a determinare nel
paziente il riflesso della tosse. Se questo non avviene, la mancanza di risposta agli stimoli è indice di
morte cerebrale (al cervello, infatti, non arrivano gli stimoli). Per l’infermiere ciò rappresenta il
campanello d’allarme.
2. Collaborare nel mantenimento delle funzioni cardiache : dopo avere constatato la morte cerebrale,
il ruolo dell’infermiere è quello di provvedere e collaborare al sostentamento e all’apporto degli
altri organi che sono ancora di condizioni di potere essere poi impiantati in altri pazienti.
3. Prendere parte al colloquio con i familiari e mantenere i contatti con il CRT : Si tratta di situazioni
estremamente pesanti in cui ne l’infermiere, ne il medico ne tutti gli altri componenti dell’equipe
sanitaria hanno la conoscenza dei meccanismi. Ci si affida, in questo caso, alla figura di uno
psicologo in grado di fare da tramite in questi momenti tra l’equipe sanitaria (nonché il medico
anestesista) e i familiari, cercando di fare da mediatore in una situazione che acquisisce livelli di
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tragicità alta. Lo psicologo è in grado di trattare e impostare il discorso. Al di là dell’evoluzione della


morte encefalica nelle successive 6 ore, la legge afferma che bisogna dichiarare di stare accertando
la morte cerebrale nel paziente. In questo frangente, tale situazione viene comunicata anche al
centro regionale trapianti (detto anche CRT).
4. Collaborare nell’effettuazione delle procedure diagnostiche: in base a come evolve la situazione:
 Se il paziente dà il consenso per la donazione, si effettuerà un tipo di percorso;
 Se il paziente non dà il consenso per la donazione, alle 6 ore vengono staccati tutti i
supporti per poi essere trasferito in camera mortuaria.

Non vi è alcuna differenza tra l’arresto cardiocircolatorio e la morte encefalica. Per quanto riguarda
la morte in caso di arresto cardiaco, il processo di donazione non potrà essere fatto poiché viene a
mancare la perfusione a livello di tutti gli organi che da lì a poco cesseranno la loro funzione (a
meno che il paziente non venga messo in extracircolo e venga fatto un altro tipo di procedimento;
n questo caso il paziente viene agganciato ad una macchina che mantiene il circolo e che, quindi,
irrora gli organi). La donazione degli organi può essere fatta solamente in caso di accertamento di
morte encefalica.
5. Raccogliere la documentazione e trasporto in sala operatoria del donatore .

LA DONAZIONE DEGLI ORGANI DEVE NECESSARIAMENTE ESSERE FATTA A CUORE BATTENTE?

La donazione degli organi deve in alcuni casi essere fatta necessariamente a cuore battente, mentre in altri
casi no. Le cornee, ad esempio, possono anche essere donate a cuore non battente. Un altro tipo di
donazione è quella dei tessuti e della cute.

DIAGNOSI E ACCERTAMENTO DI
MORTE CON CRITERI
NEUROLOGICI

Le leggi che regolano i passaggi


descritti precedentemente
risultano essere le seguenti:

 L. 29/12/1993 n° 578 – NORME


PER L'ACCERTAMENTO E LA CERTIFICAZIONE DI MORTE;
 D.M. 11/04/2008 – AGGIORNAMENTO DEL D.M 22/08/1994 N°582 "REGOLAMENTO RECANTE MODALITA'
PER L'ACCERTAMENTO E LA CERTIFICAZIONE DI MORTE".

Le condizioni che impongono immediata comunicazione alla Direzione Sanitaria, sono:

 L’assenza dello stato di vigilanza e di coscienza, dei riflessi del tronco e del respiro spontaneo;
 L’assenza di attività elettrica cerebrale: in questo caso il paziente non risponde agli stimoli, tranne nel
caso della mossa di Lazzaro. Si tratta di un riflesso spinale terminale in cui il cuore ricomincia a battere
dopo che un paziente è stato dichiarato morto.
 L’assenza di flusso ematico encefalico.

Si rende necessario informare la direzione sanitaria di quanto scritto precedentemente. Si tratta di


caratteristiche che confermano, dunque, la morte encefalica di un paziente.

LE CAUSE
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Le cause possono essere di diverso tipo. La Commissione, prima di iniziare l'accertamento, dovrà quindi
esaminare i seguenti dati:

o Causa della morte (vascolare, trauma, neoplasia, post-anossico);


o Somministrazione di farmaci depressori del SNC (farmaco, dosaggio, durata, via di somministrazione);
o Condizioni emodinamiche (PA >90-100 mmHg);
o Temperatura corporea (>34°C);
o Alterazione dell'omeostasi respiratoria, endocrina-metabolica.

Una volta effettuati i controlli, si procederà con gli esami clinici e strumentali (EEG) per un periodo di
osservazione NON INFERIORE A 6 ORE. Se si constata la morte alle ore 11:00, la Commissione ricontrollerà il
paziente alle ore 17:00 (ovvero 6 ore dopo). Se alle ore 17:00 la risposta è ancora la stessa, il paziente viene
dichiarato morto alle ore 11:00 (poiché in questo arco di tempo non è cambiato nulla e, quindi, il paziente era
già morto alle 11).

INTERFERENZE FARMACOLOGICHE

I farmaci possono interferire, però,


con la constatazione di alcuni
aspetti. Farmaci quali
Barbiturici, Benzodiazepine,
Morfinici, Curari e il Propofol
(quest’ultimo viene
comunemente chiamato
Diprivan; si tratta di una
sostanza di colore biancastro che
viene somministrato in sala
operatoria o in terapia intensiva
come sedativo).

In considerazione delle particolari caratteristiche del Propofol (Diprivan) e della difficoltà connessa con la
valutazione dei livelli plasmatici di questo farmaco, è necessario valutare caso per caso la possibilità o meno di
attivare la CAM. La somministrazione di tali farmaci deve essere interrotta da almeno 12 ore. Questa decisione
viene, però, presa dalla Commissione.

ESAME CLINICO NEUROLOGICO

L’esame clinico neurologico consentirà di stabilire l’eventuale assenza


di alcuni segni che determinano la funzione cerebrale. I criteri clinici
devono essere chiari, univoci, comprensibili, condivisi, infallibili,
riproducibili. Procedendo in senso rostro-caudale, i riflessi da
esplorare sono:

 Riflesso fotomotore: quest’ultimo consente di constatare


l’eventuale contrazione della pupilla.
 Riflesso corneale;
 Reazione a stimoli dolorifici (innervazione del trigemino):
schiacciando il nervo trigemino e non avendo stimoli dolorifici, non si avrà un riflesso che di solito è
normale. Il trigemino è il 5° nervo cranico, che si dirama simmetricamente sia a destra che a sinistra
nella testa, innervando il volto, la parte anteriore del cranio e la cavità orale.
 Risposta motoria nel territorio del facciale;
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 Riflesso oculovestibolare: se in un soggetto vivo viene iniettata con una siringa dell'acqua fredda nel
condotto uditivo si osserva come reazione la deviazione oculare dallo stesso lato di iniezione. Nel
soggetto in morte cerebrale i bulbi oculari rimangono fissi senza alcuna deviazione. Gli occhi si
muovono solitamente “a bambola”, andando a destra e a sinistra contemporaneamente.
 Riflesso faringeo;
 Riflesso carenale;
 Assenza di respiro spontaneo.

Si tratta dei segni neurologici che il neurologo indaga al fine di accertare l’eventuale presenza di morte
cerebrale del paziente. Sono tutti riflessi di tronco.

L’ATTIVITA’ MOTORIA SPINALE

L’attività motoria spinale in caso di morte cerebrale del paziente non comporta
riflessi plantari, riflessi alla rotazione ne riflessi alla rotazione etc. Il segno di
Lazzaro rappresenta l’unico
segnale: esso non è dettato
dalla risposta ad uno
stimolo, ma è proprio un
riflesso elettrico.
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Se il paziente in morte cerebrale viene sostenuto mediante il ventilatore, una volta staccato quest’ultimo il
paziente andrà in apnea. Non si ha, dunque, atto respiratorio e ciò determinerà inevitabilmente un
aumento della CO2 con un abbassamento del pH. Se ciò avviene, costituisce un altro segno che consente di
determinare la morte cerebrale del paziente. Il test dell’apnea viene, dunque, fatto mediante
emogasanalisi.

MORTE ENCEFALICA

La prassi per l’accertamento della morte encefalica prevede di effettuare un elettroencefalogramma (EEG).
Quest’ultimo dovrà essere eseguito per 30 minuti e ripetuto 2 volte durante il periodo di osservazione .
Risultato ottenuto in caso di morte è dato dalla registrazione del SILENZIO ELETTRICO CEREBRALE.

SITUAZIONI CHE RICHIEDONO INDAGINE DI FLUSSO

Le situazioni che richiedono indagine di flusso risultano essere differenti. Essere richiedono una angioTAC
per verificare l’eventuale presenza di flusso. Essa va fatta:

Sui bambini di età inferiore a 1 anno;


Se il paziente assume farmaci depressori del SNC;
In caso di ipotermia severa;
Nei traumatismi cranio facciali;
Negli artefatti EEG: qualora l’EEG dovesse presentare degli artefatti va fatto ciò;
In presenza di alternazioni anatomiche;
In presenza di alterazioni endocrino-metaboliche;
In situazioni cliniche che impediscono l'esecuzione dei riflessi del tronco e del test di apnea.

Si tratta delle situazioni in cui è obbligatorio effettuare questo tipo di accertamento.

ELETTROENCEFALOGRAMMA (EEG)
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L’elettroencefalogramma (detto anche EEG) consente di


constatare il silenzio elettrico cerebrale. Un paziente
cerebralmente morto ha un elettroencefalogramma piatto, e
ad un esame neurologico
non dà alcun segno di
funzioni cerebrali: nessuna
risposta al dolore, niente
riflessi dei nervi cranici
(pupille fisse, niente riflesso
oculocefalico né corneale) e niente respirazione spontanea.

VALUTAZIONE DEL FLUSSO EMATICO – ANGIOGRAFIA CEREBRALE

L’angioTAC consente di distinguere un flusso normale dalla morte encefalica.

VALUTAZIONE DEL FLUSSO EMATICO ATTRAVERSO IL DOPPLER TRANSCRANICO

Il doppler consente di capire se il flusso nei vasi è normale. Qualora non dovesse
essere presente alcuna forma di flusso nella zona temporale, occipitale,
retromandibolareo sottomascellare e orbitaria, molto probabilmente il flusso è
stato interrotto. Tale esame non viene spesso richiesto, mentre quelli descritti
precedentemente
risultano essere gli
esami che talvolta la
Commissione tende a
richiedere. Il flusso sarà più forte in diastole.
Non ottenendo alcuna risposta, si avrà assenza
di segnale.

COSA ACCADE DOPO AVERE ACCERTATO LA MORTE CEREBRALE DEL PAZIENTE?

Dopo avere accertato la morte cerebrale del paziente, l’infermiere si occuperà di supportare il
funzionamento degli organi. Se il paziente è un donatore, l’infermiere dovrà accertare alcune situazioni che
servono a capire:

1. Se gli organi del paziente sono in condizioni ottimali per essere donati.
2. Chi può essere il ricevente;
3. Se c’è un potenziale rischio per il ricevente: di ciò se ne occupa il CRT che poi demanda ai laboratori.
Ciononostante, i prelievi vanno fatti dall’infermiere. Quest’ultimo deve sapere cosa si indaga per
andare ad eseguire quegli esami che daranno poi la risposta alle indagini. Ad esempio, le provette
da preparare per le prove di compatibilità sono 18.

EQUILIBRIO IDRO – ELETTROLITICO

Possono verificarsi alterazioni di Na+, K+, Cl+, Mg++,


Ca++, P, che possono, a loro volta, determinare una
diminuzione della funzionalità degli organi:

 Aritmie;
 Alterazioni emodinamiche;
 Difficoltà mantenimento bilancio idrico.
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Il paziente può andare incontro a degli squilibri dettati dalla morte encefalica, quali ad esempio sbalzi
pressori, poliuria etc. Da un lato si cerca di equilibrare le perdite elettrolitiche, mentre dall’altro
somministrare farmaci che riducano la possibilità che il paziente urini tanto e che quindi perda molti liquidi.
Un paziente in morte encefalica NON produce temperatura poiché non è in grado di autoriscaldarsi, per cui
qualunque forma di riscaldamento (e, quindi, il rischio di ipotermia è molto elevato) è dettata da un
riscaldamento passivo che avviene attraverso dei riscaldatori. Si è spesso portati a scoprire il paziente:
nell’operazione di copertura e scopertura del paziente bisogna stare molto attenti poiché perdere la
temperatura è facile, ma riguadagnarla un po’ meno. Uno degli organi che riporta maggiori danni da una
situazione di ipotermia risultano essere i reni, nonché gli organi maggiormente trapiantati.

ESAMI DA SVOLGERE NEL CASO IN CUI IL PAZIENTE SIA UN DONATORE

Al di là degli esami ematochimici, è possibile annoverare gli strumentali quali l’ RX torace, l’ecoaddome
superiore e inferiore (in questo caso subentra a figura del radiologo). Si è soliti ricorrere, inoltre,
all’ecocardiogramma (in questo caso subentra a figura del cardiologo). Un altro esame che viene richiesto è
la broncoscopia. Gli organi e gli esami presi in considerazione risultano essere il torace per l’osservazione
dei polmoni, la broncoscopia per il parenchima polmonare (si tratta di un esame più invasivo) e
l’ecoaddome superiore e inferiore per le funzionalità cardiache. Tutto ciò consente anche di verificare la
funzionalità dei reni e del fegato. Per capire la possibilità che il ricevente subisca dei danni e non profitto da
tutto ciò occorre eseguire degli esami sierologici primari e secondari. Ciò consente di escludere l’eventuale
presenza di patologie quali HIV, epatite B o C, morbillo, varicella etc. Tutti questi esami verranno poi spediti
al centro regionale trapianti che, a sua volta, li trasferirà ai centri dei possibili riceventi (a Palermo, ad
esempio, l’ISMETT; quest’ultimo eseguirà tutti gli esami descritti precedentemente prima di effettuare un
trapianto). Ad essere comunicato è inoltre il gruppo sanguigno (quest’ultimo determina un primo
screening del ricevente). Le misure antropometriche, inoltre, danno l’idea di chi può essere il possibile
donatore (ad esempio, quanto è alto, quanto pesa etc.) 2.

ACCORGIMENTI

Tra gli accorgimenti durante un trapianto di organi bisogna annoverare i seguenti:

o Uno dei passaggi più importanti e delicati è il passaggio dalla terapia intensiva alla sala operatoria.
Nonostante il cuore continui a battere, si tratta pur sempre di un paziente deceduto. Bisogna in questo
caso fare molta attenzione, controllando i fissaggi dei device etc. L’intervento comporta un’apertura sia
della gabbia toracica che dell’addome. Per effettuare monitoraggio in sala operatoria, gli elettrodi non
vanno posizionati sul petto ma nella parte posteriore (a livello delle spalle). Una volta posizionato sul letto
operatorio, il paziente non può più essere mosso: perdendo una derivazione, quest’ultima non potrà più
essere recuperata. A tal proposito tutti i dispositivi vanno fissati in maniera tale da determinare una certa
stabilità. Sopra ogni elettrodo adesivo vanno, infatti, fissati dei cerotti in maniera incrociata in maniera tale
da aumentarne l’aderenza e l’impossibilità che questi si sposizionino.
o Bisogna mantenere il calore durante il trasporto;
o Una volta arrivati in sala operatoria occorre aiutare l’equipe a posizionare il paziente sul tavolo
operatorio.

Il ruolo dell’infermiere cessa nel momento in cui i chirurghi si occupano del prelievo degli organi e di tutto ciò
che ne consegue: va, quindi, dal momento dell’accertamento al momento in cui il paziente viene trasferito in

2
DOMANDE DEI COLLEGHI: esiste un limite di tempo entro quanto deve essere fatta tutta questa procedura, altrimenti gli organi
non possono più essere trapiantati? Sì. Bisogna andare veloci poiché, nonostante il supporto dato, non si sa in quanto tempo può
avvenire l’arresto cardiaco del paziente. Meno tempo si impiega, meno gli organi vengono messi sotto stress e più si ha la
probabilità di salvare altre vite. Dopo aver eseguito tutti gli accertamenti, si ha un momento di stallo determinato dal fatto che tutti
i centri verificano il punto in cui gli organi devono essere allocati (ad esempio, il fegato a Milano e altri organi in altri posti).
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sala operatoria per la donazione degli organi. Una volta prelevato l’organo, dopo averne constatato l’integrità
e la funzionalità, verrà poi trasferito nel centro in cui verrà trapiantato.

“ESPIANTO” e “PRELIEVO” DEGLI ORGANI

Talvolta si è soliti utilizzare il termine “espianto”: per “espianto” si intende l’asportazione di un organo che era
già precedentemente stato impiantato. Un organo viene, invece, “prelevato” quando appartiene ad un
soggetto e non è mai stato impiantato . 34

Un ulteriore aspetto risulta essere l’umanizzazione delle cure. In questo caso la componente umana raggiunge
dei livelli altissimi. Ci si chiede spesso come comportarsi. Al di là della situazione temporale dettata dalla
pandemia da Covid – 19, si cerca di ottimizzare il più possibile il fatto che i cari stiano vicini al paziente. Si rende
necessario, dunque, mettere a disposizione uno specialista (nonché uno psicologo) che lungo il periodo della
donazione sia di supporto alle dinamiche dei cari del paziente. Nel ricomporre la salma dopo l’intervento,
bisogna riconsegnarla alla camera mortuaria nel miglior modo possibile. Il corpo sarà inevitabilmente
martoriato, per cui bisogna cercare di nascondere il più possibile gli esiti dell’intervento chirurgico (ad esempio
mediante un camice o delle medicazioni). Si tratta di un aspetto da non sottovalutare. Finora è stato, dunque,
descritto il ruolo dell’infermiere in terapia intensiva nel processo di donazione.

3
DOMANDE COLLEGHI: esiste un’età in cui non è più possibile donare gli organi? L’età è aumentata. Il compito dell’allocazione e
della limitazione nell’ambito della donazione di organo non avviene, all’interno dell’equipe (e, quindi, all’interno della terapia
intensiva), ma viene deciso dal CRT. Alcune forme tumorali, ad esempio, consentono la donazione degli organi. Dinnanzi ad alcune
situazioni molto complesse, alcuni esperti sul settore ricorrono ad una prima e ad una seconda opinion per potere ricorrere alla
donazione degli organi.
4
DOMANDE COLLEGHI: esiste un range fisiologico di diuresi nelle prime ore post trapianto? Essendo dei pazienti immunodepressi,
per facilitare l’impianto degli organi essi vanno incontro a una terapia contro il rigetto dell’organo. Prima di effettuare un trapianto
di reni, si valuta la percentuale di riuscita dell’intervento.

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