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Il calendario ci dice che questa è la terza domenica di Pasqua e ci informa che sono passati già 15 giorni da quando abbiamo

festeggiato la Pasqua di Risurrezione: eppure, per la Parala di Dio, sembra che il tempo si sia fermato!
Il brano del Vangelo che abbiamo appena ascoltato, infatti, racconta ancora quello che succede in quel primo giorno dopo il
sabato, quando Gesù è risorto: è sempre lo stesso giorno!
Sembra che la Chiesa non voglia smettere di raccontare ancora e ancora quella stessa stupenda giornata!
Così, due settimane fa abbiamo letto che cosa è accaduto al mattino, quando le donne sono andate prima dell’alba al
sepolcro e l’hanno trovato vuoto.
Domenica scorsa, invece, abbiamo ascoltato il racconto dell’evangelista Giovanni, che ci riferiva cosa era accaduto la sera di
quello stesso giorno, quando Gesù era entrato a porte chiuse nella casa dove erano riuniti gli apostoli, augurando loro la
pace.
Anche se per noi sono trascorsi altri sette giorni, ecco che la Chiesa ci mette sotto gli occhi di nuovo il racconto di quella
serata straordinaria, quando il Signore risorto, per la prima volta, appare ai suoi discepoli.
Solo che oggi cambia il punto di vista: non è più Giovanni a raccontare, ma l’evangelista Luca. Per noi, è una grande
ricchezza poter ascoltare quello che è avvenuto, raccontato da persone diverse, da voci differenti, perché ci permette di
cogliere molti più particolari, di comprendere sempre meglio.
Per esempio, notiamo subito che c’è un dettaglio che ritorna, identico al racconto di Giovanni: è il saluto che Gesù rivolge ai
suoi discepoli: “Pace a voi!”
Su questo non possiamo avere dubbi: Gesù ha proprio pronunciato questo saluto e l’ha detto con una tale forza d’amore
che nessuno dei presenti l’ha più dimenticato!
Possiamo essere certi che queste parole sono proprio uscite dalle labbra del Maestro Risorto: non è cosa da poco, vero?!
L’evangelista Luca, però, aggiunge molti altri particolari riguardo a quella prima sera della resurrezione. Per esempio, ci
parla della fatica a credere, da parte di tutti i presenti, i quali pensano di vedere un fantasma e non si convincono che sia
veramente Gesù: “Sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma. Ma egli disse loro: «Perché siete turbati, e
perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un
fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho». Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi.”
Poveri discepoli, come li capiamo! Certo che è difficile credere alla Risurrezione!
È difficile persino per loro, che ce l’hanno davanti agli occhi: può essere veramente Gesù? può essere veramente Lui, vivo e
risorto?
Una cosa del genere è talmente lontana dalla nostra esperienza, che risulta veramente incredibile.
Il Maestro e Signore, sempre pieno di pazienza e tenerezza, cerca in tutti i modi di rassicurarli. Mostra loro le mani e i piedi,
perché vedano i segni che i chiodi hanno lasciato: è proprio lui, è davvero il suo corpo, quello! Lo stesso corpo che è stato
inchiodato alla croce, lo stesso corpo che è stato messo nel sepolcro, ora è lì, vivo e vero, davanti a loro!
Uhmmm... niente da fare: ancora hanno dubbi, pensano che la loro sia solo un’illusione, che quello sia un fantasma o il
frutto della loro fantasia!
“Talmente grande è la nostalgia del nostro maestro – si dicono - che ora ci sembra di vederlo... ma è solo un sogno ad occhi
aperti!”
Ancora una volta, Gesù cerca di rassicurarli: “Toccatemi – dice - sentite la mia carne, le mie ossa... i sogni non si possono
afferrare! Le fantasie non si possono toccare, come invece potete fare voi con me, adesso!”
Piano piano la gioia e lo stupore prendono il posto della paura e dei dubbi: cominciano a pensare che forse... veramente...
può essere... sembra incredibile, ma...
Le emozioni si mescolano, le parole ancora non riescono a uscire e i discepoli se ne stanno muti, con gli occhi sgranati per la
meraviglia.
Ancora una volta è il Maestro Gesù a prendere la parola: “Avete qui qualche cosa da mangiare? Gli offrirono una porzione
di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro.”
Oh, fermiamoci un momento qui, davanti a questa scena che l’evangelista ci descrive con poche parole.
Quando Gesù Risorto compare davanti a loro, i discepoli stavano cenando: la tavola è ancora apparecchiata, ma si sono
alzati tutti in piedi per vedere da vicino il Maestro apparso così misteriosamente.
Per togliere loro ogni dubbio, il Signore compie un gesto semplice ed efficace: chiede da mangiare. I fantasmi e i sogni non
mangiano, le persone sì. Proprio per questo Gesù chiede se hanno qualcosa da offrirgli: per dimostrare che il suo corpo è
vivo, vero, concreto, proprio come il nostro. Non è un fantasma e neppure un’allucinazione: è proprio lui, vivo.
Per cena, i discepoli, hanno pronto del pesce arrostito: gli offrono quello. Più avanti, diversi giorni dopo la Risurrezione, in
un’altra apparizione sulla spiaggia, sarà Gesù stesso ad arrostire il pesce per gli Apostoli.
Quando ero bambina, questo particolare del pesce arrostito mi era rimasto impresso, mi aveva proprio colpita. Ogni volta
che mangiavo il pesce arrostito, mi ricordavo del Vangelo.
Sono nata in un paese di mare, quindi il pesce capitava di mangiarlo spesso: quell’odore intenso mentre si arrostiva sul
fuoco, a me faceva venire in mente il Vangelo. Pensavo, gustando la mia porzione ben cotta, che il Signore Risorto aveva
avuto in bocca lo stesso sapore di mare. Questo piccolo particolare mi faceva sentire Gesù più vicino, in modo tutto
speciale.
Non è una cosa da poco, poter sentire Gesù vicino a noi, nelle cose di ogni giorno. Specialmente nei gesti più quotidiani, nel
sapore di una pietanza, nel profumo che porta il vento, nel tepore di un tessuto... sentire che quello che viviamo e
sperimentiamo ci mette in comunione con Gesù, vero uomo come noi, è un dono enorme, che rende luminosa e bella la
nostra vita!
Ma torniamo al racconto dell’evangelista Luca: dopo aver mangiato, il Signore Risorto prende la parola e ritorna al suo
compito di Maestro. Spiega che dai tempi antichi la Scrittura Sacra aveva già annunciato che il Cristo, cioè il Messia, l’inviato
da Dio a portare la Salvezza, doveva soffrire, per poi risorgere.
Questo è esattamente quello che accaduto, afferma il Maestro Risorto: quanto era stato predetto dalle Scritture Sacre, è
avvenuto, è successo, qui, ora, in questi giorni.
Quello che i profeti avevano annunciato, ora è presente, realtà: “Di questo voi siete testimoni.”
Questa breve frase è ricchissima di conseguenze, sapete?
Sì, gli Apostoli e i discepoli sono i testimoni di ciò che è avvenuto quasi 2000 anni fa.
Questa missione di testimonianza che Gesù affida loro, è un regalo prezioso che arriva fino a noi.
La testimonianza di chi lo ha incontrato, vivo e risorto, è un dono destinato a noi, a noi che non c’eravamo quella sera; a noi
che non abbiamo visto il volto di Gesù, che non abbiamo mangiato il pesce arrostito insieme a Lui.
A distanza di così tanto tempo, dentro ciascuno di noi potrebbe affiorare il dubbio: ma tutto questo, è successo davvero?
Gesù è proprio risorto, o questa è solo una bella favola?
Quando il dubbio ci afferra, possiamo contare sulla parola dei testimoni: sì, è successo veramente ed abbiamo la loro voce a
raccontarcelo, attraverso il tempo. Chi c’era ha visto, toccato, compreso e dice la verità.
Grazie alla loro testimonianza la fede si è diffusa nel mondo.
Grazie alla loro testimonianza anche noi crediamo, attraverso il tempo, che Gesù è risorto, è vivo, è tra noi.
Custodiamo questa stupenda certezza lungo tutta la settimana che oggi comincia. Al mattino, svegliandoci, nella nostra
preghiera, diciamocelo con gioia: Gesù è risorto!
La sera, nel nostro letto, prima di abbandonarci al sonno, ripetiamo nella mente e nel cuore questa certezza che i testimoni
di Gesù ci hanno consegnato: è risorto! È veramente risorto!
Vedrete che allora, tutti i gesti quotidiani che ritmano la nostra vita avranno un altro sapore, tutti i nostri impegni saranno
illuminati da una luce più calda e limpida. Perché avremo nel cuore la certezza che Gesù è risorto!
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Il brano del Vangelo riporta l'incontro di Gesù Risorto con il gruppo dei

discepoli a Gerusalemme. L'incontro con il Risorto non è facile. Gli

apostoli passano da un atteggiamento all'altro: stupiti, spaventati,

turbati, una grande gioia..., ma «ancora non credevano». Non è facile

credere per chi ha visto Gesù catturato, condannato, messo a morte sulla croce. Non è facile credere dopo gli avvenimenti
drammatici che sono accaduti. Ecco perché Gesù appare ai suoi, ecco perché lui stesso dice, mostrando loro le mani e i
piedi: «Toccate e vedete».

Gesù è preoccupato che lo stupore e loro spavento dei discepoli non

diventino devianti, non li portino su una strada sbagliata. Egli non è un

fantasma. Ha carne e ossa e può mangiare il pesce che gli viene offerto. E' preoccupato dal fatto che i suoi discepoli non
riescano a comprendere bene il suo mistero di morte e risurrezione. Già coi discepoli di Emmaus aveva dovuto ripercorrere
le Scritture per spiegare loro il significato del suo mistero pasquale. Ora Gesù riprende lo stesso argomento e mostra come
la Parola di Dio avesse profetizzato sia il suo mistero di morte e risurrezione, sia la missione della predicazione alle genti, la
loro conversione e il perdono dei peccati, cioè la salvezza di Dio.

No, non è un fantasma quello che appare loro. Non è un miraggio,

un'illusione quello che stanno provando. È proprio Gesù, quel Gesù che

avevano ascoltato, che avevano visto agire, compiendo gesti straordinari di bontà, di guarigione, di liberazione, di perdono.
È una persona viva quella che stanno incontrando, la stessa persona con la quale erano stati per tre anni, la stessa persona
che avevano seguito per le strade della Palestina e che avevano tanto amato.
Ciò che è accaduto è troppo bello perché possano crederci subito. Comunque Gesù non fa delle sue apparizioni un
momento di ricordi, di ritorno al passato, a ciò che hanno vissuto insieme. Tutt'altro! Una volta che li ha convinti della sua
risurrezione, una volta che ha ripristinato con loro un contatto vivo, Gesù li spinge decisamente in avanti. In che modo?

Attraverso le Scritture, perché vi trovino una luce nuova che permetta loro di cogliere in profondità il senso di ciò che è
avvenuto. La sua passione, morte e risurrezione è un compimento: c'è un disegno, dunque, un progetto che si è realizzato e
questo progetto non si ferma qui. Ecco dunque una missione, un impegno che viene affidato a loro e a quelli che verranno
dopo di loro: predicare a tutte le genti «la conversione e il perdono dei peccati».

Ma... ne saranno capaci questi uomini fragili che sono tutti scappati via al momento della cattura di Gesù? Il compito è
troppo grande perché possano farcela solo con le loro forze. Per questo viene donato loro lo Spirito Santo, perché li guidi, li
sostenga, infonda loro coraggio ed energia. La strada, però, non dovranno dimenticarlo, è la stessa di Gesù: è fatta di
passione, di morte e di risurrezione...

L'incontro con Gesù può essere anche oggi, a distanza di duemila anni, un incontro con un «fantasma», con il Gesù che ci
siamo fabbricati a nostro uso e consumo. E' la Scrittura, la Parola di Dio che ci strappa questo inganno; è la partecipazione
all'Eucarestia, il mangiare con Gesù, che ci tiene uniti al popolo di Dio che cammina lungo la storia. E la prova che siamo
autentici discepoli del Risorto è che non ci chiudiamo nel nostro piccolo cerchio di amici, ma ci apriamo continuamente agli
altri, al mondo, realizzando la missione di Gesù che è diventata la nostra stessa missione: andare a tutte le genti.

"A tutte le genti, cominciando da Gerusalemme". Il modo di portare avanti la missione a tutte le genti, non deve essere
fatto di parole e vaghe aperture al mondo "lontano", ma deve essere un modo molto concreto: non fermarci e
accontentarci della preghiera, della messa, ma fuori della chiesa, aprirci agli altri, andare agli altri, salutare, offrire amicizia
discreta, ma vera; andare agli altri cominciando dai vicini, vivere con semplicità, rispetto, amore, cercare e instaurare
relazioni di fraternità. C'è qualcuno che chiama tutto questo "la santità dei rapporti" o spiritualità di comunione, come ci ha
indicato Giovanni Paolo II. Andare agli altri cercando solo il loro bene, nulla per noi, evitando ogni forma di proselitismo;
cercando di leggere, stimare, valorizzare il bene che le persone già vivono e fanno nella loro ricerca di onestà e poi
cercando noi e loro in Gesù Cristo e nel suo vangelo il senso pieno della vita e la salvezza terrena ed eterna. Nelle case,
nelle

strade, nelle scuole, negli ambienti di lavoro e del tempo libero, nei

luoghi della sofferenza siamo chiamati a realizzare il volto missionario

della parrocchia. Sarebbe molto bello avere davanti agli occhi i tanti

esempi che ci sono in questi campi, per non ridursi sempre a dire "ma è

difficile...", ma per guardare con fiducia alle persone e alle situazioni

della vita sociale e portare nel cuore quel fervore che sa dare lo Spirito
del Signore.

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