Sei sulla pagina 1di 116

In omaggio il calendario 2022 di Pierluigi Longo

23 dic 2021/5 gen 2022 n. 1441 • anno 29 internazionale.it 4,00 €


Ogni settimana Editoriali Portfolio Fumetto
il meglio dei giornali Iraniani Noi, Pelle
di tutto il mondo oltre la storia gli altri di serpente

Storie Mohammad
Tolouei
presenta
Zoya Pirzad
Ali Khodai
Hamed Esmaeilion
Mahsa Mohebali
Bita Malakuti
Peyman Esmaeili
Alieh Atai
Arash Sadeghbeigi
Razieh Mehdizadeh
D 10,00 € • PTE CONT 7,00 € • E 7,00 €
C H 8 , 2 0 C H F • C H C T 7, 7 0 C H F
ART 1, 1 DCB VR • AUT 8,80 € • BE 7,50 €
SETTIMANALE • PI, SPED IN APDL 353/03

Un’illustrazione
di Lorenzo
Mattotti
canon.it/canon-stories/inspiring-a-world-of-change
Giochiamo un ruolo fondamentale per ridurre l’impatto
ambientale sulle preziose risorse naturali del nostro pianeta.
Dal 2008 abbiamo riciclato 40.220 tonnellate di plastica
da prodotti usati trasformandole in materie prime.

We are Canon

Scopri come
Canon sta
ispirando
il cambiamento
nel mondo
23 dicembre 2021/5 gennaio 2022 • Numero 1441 • Anno 29
L’amore è un segreto divino

Sommario RAZIEH MEHDIZADEH A PAGINA 104

La settimana
Buon anno

Giovanni De Mauro
Tornare a viaggiare
LORENZO MATTOTTI

In omaggio il calendario 2022 di Pierluigi Longo


23 dic 2021/5 gen 2022 n. 1441 • anno 29 internazionale.it 4,00 €
Ogni settimana Editoriali Portfolio Fumetto
il meglio dei giornali Iraniani Noi, Pelle

lontano, lontano. An-


di tutto il mondo oltre la storia gli altri di serpente

dare alle isole Lofoten.


Storie Divertirmi di più. Pen-
Mohammad
Tolouei

sare in grande e agire in


presenta
Zoya Pirzad
Ali Khodai
Hamed Esmaeilion
Mahsa Mohebali
Bita Malakuti
Peyman Esmaeili
Alieh Atai

piccolo. Cambiare casa


Arash Sadeghbeigi
Razieh Mehdizadeh

senza cambiare quar-

MOZHDE NOURMOHAMMADI (2)


D 10,00 € • PTE CONT 7,00 € • E 7,00 €
C H 8 , 2 0 C H F • C H C T 7, 7 0 C H F
ART 1, 1 DCB VR • AUT 8,80 € • BE 7,50 €
SETTIMANALE • PI, SPED IN APDL 353/03

Un’illustrazione
di Lorenzo
Mattotti

tiere. Comprare meno


dischi. Disdire quel contratto. Vedere fi-
nalmente il film Popeye – Braccio di ferro di
Robert Altman. Non essere frettolosa. Fa-
re ordine nelle password. Lavorare a ma-
glia tutto l’anno per confezionare maglio-
ni e sciarpe da regalare a Natale del 2022.
ZOYA PIRZAD PEYMAN ESMAEILI RAZIEH
Vedere tanti, ma proprio tanti, tanti pae-
14 Macchia di luce 60 Elefanti nella neve MEHDIZADEH
saggi diversi. Fare più attenzione. Conce- 102 Piccola morte
Disegni di Anna Disegni di Francesca
dermi qualche giorno di relax. Imparare a Disegni di Christian
Parini Ghermandi
osservare. Piantare un ulivo. Andare a un Dellavedova
concerto. Dedicarmi ai colori. Riciclare di ALI KHODAI PORTFOLIO
più e sprecare di meno. Organizzare spet- 18 La storia di Nina 68 Noi, gli altri
tacoli pazzeschi in un piccolo teatro di Disegni di Chiara Mozhde
Le rubriche
quartiere. Sciare parecchio. Fare un viag- Dattola Nourmohammadi 11 Editoriale
gio in barca a vela. Trasferirmi in una casa 111 L’oroscopo
con una lavastoviglie. Ricominciare. Leg- HAMED ALIEH ATAI 114 L’anno
gere Tacito e Plutarco. Più film, meno se- ESMAEILION 74 Trenta chilometri del New Yorker
rie. Smettere la raccolta differenziata e vi- 28 Amici per la pelle Disegni di Angelo
vere in libertà finalmente. 42,195 chilome- Disegni di Leila Monne Il prossimo numero
tri. Diventare la regina delle verticali sulla Marzocchi
FUMETTO di Internazionale
testa. Dormire in un ryokan. Lavorare me-
no e giocare di più. Preparare una serie di MAHSA MOHEBALI 82 Pelle di serpente uscirà il 6 gennaio
38 Il signor Barati Maysam Barza 2022
copertine all’uncinetto. Pistol squat. Im-
Disegni di Davide
parare a montare le cose. Leggere almeno ARASH
Bonazzi
un romanzo di fantascienza di Nnedi Oko- SADEGHBEIGI
rafor. Passare più tempo nella natura. Re- BITA MALAKUTI
92 Correre nel sogno
alizzare quello dell’anno scorso. Sempre Disegni di Gabriella
54 Questa valigia
forza Lokomotiv Prenestino (verde e gial- Giandelli
Disegno di Stefano Articoli in formato
la). Il contrario del senso dell’umorismo. Ricci mp3 per gli abbonati
Roma-Ostia, non aggiungo altro. Spegne-
internazionale.it/sommario

re il computer almeno una settimana


all’anno. Godermi lo spettacolo dei miei fi- I disegnatori di questo numero
gli che crescono. Diffondere i libri di bell
hooks. Bere più vino. Risparmiare i nervi, Davide Bonazzi è nato a Bologna, città dove vive e lavora. Chiara Dattola vive a Milano. Collabora
regolarmente con Le Monde. Christian Dellavedova è nato e vive a Milano. Francesca
e arrabbiarmi solo quando ne vale la pena.
Ghermandi è nata e vive a Bologna. Tra i suoi ultimi libri Le tagliatelle di Lucrezia (Minerva 2021).
Leggere finalmente la Recherche di Proust. Gabriella Giandelli è nata a Milano nel 1963. Nel 2013 ha pubblicato Lontano (Canicola).
Non prendere un gatto. Andare a Mosca. Leila Marzocchi è nata nel 1959 a Bologna. Il suo ultimo libro è Il mistero del ramo suicida
Approfondire. Come ogni anno, questi so- (Oblomov 2018). Angelo Monne, grafico editoriale e illustratore, è nato, vive e lavora a Dorgali
no i buoni propositi della redazione di In- (Nuoro). Anna Parini è nata a Milano nel 1984. Vive e lavora a Barcellona. Stefano Ricci è nato nel
ternazionale. E i vostri? u 1966 a Bologna. Tra i suoi ultimi libri Madre (Sigaretten 2021).

Internazionale 1441 | 23 dicembre 2021 9


Editoriali

Iraniani oltre la storia

Mohammad Tolouei per Internazionale


I racconti di questo uando mi è stato proposto di curare questo numero di Inter-
numero sono stati
scelti dallo scrittore
iraniano
Mohammad
Tolouei.
Il suo ultimo libro
Q nazionale dedicato all’Iran, mi sono chiesto se sarei riuscito a
restituire un’immagine veritiera del mio paese attraverso i
racconti e le poesie. Noi iraniani abbiamo l’impressione che
su di noi circolino le idee più distorte. È come se la nostra realtà fosse
costantemente giudicata, anziché osservata. E quando abbiamo prova-
uscito in Italia è to a raccontarla in prima persona, spesso ci siamo allontanati ancora di
Le lezioni di papà più dal tentativo di farci capire.
(Ponte33 2019). Abbiamo avuto gli imperi più longevi della storia, abbiamo alle spal-
le uno sterminato passato di cui si potrebbe parlare a lungo, ma cosa si
può dire del presente? In questo momento, se volessi descrivere gli ira-
niani con una sola frase direi che siamo un popolo sopravvissuto alle
contraddizioni.
Abbiamo pagato un prezzo altissimo di vittime durante la pandemia
di covid-19, viviamo sotto sanzioni, abbiamo tenuto in ostaggio un
gruppo di diplomatici statunitensi per 444 giorni, abbiamo combattuto
un’inutile e infinita guerra contro l’Iraq, paese il cui nome si distingue
dal nostro solo per una lettera e il resto del mondo ci confonde. E abbia-
mo fatto una rivoluzione che prima ci ha divisi e poi ha rovinato tutto.
Sono nato tre mesi dopo quella rivoluzione, un evento che ha lasciato
un’impronta indelebile sulla vita della mia famiglia. Entrambi i miei
nonni persero il lavoro, ma non per le loro posizioni politiche o per i le-
gami con il governo dello scià. Uno di loro era un sarto per donna, ma
dopo la rivoluzione islamica agli uomini fu vietato a lungo di cucire abi-
ti femminili. L’altro era il proprietario di uno stabilimento balneare, ma
le vacanze al mare furono messe al bando perché il nuovo governo le
giudicava un lusso da aristocratici. Oggi le spiagge dell’Iran pullulano
di ville e gli uomini sono tornati a cucire vestiti da donna, ma la vita dei
Internazionale 1441 | 23 dicembre 2021 11
Editoriali
miei nonni e la nostra è radicalmente cambiata. Tra le scrittrici e gli
scrittori che hanno collaborato a questo numero c’è chi ha vissuto la
guerra Iran-Iraq e la rivoluzione del 1979 ed è rimasto segnato nel pro- “Vi sono più cose in cielo e in terra, Orazio,
di quante se ne sognano nella vostra filosofia”
William Shakespeare, Amleto
fondo, ma a quei tempi quasi tutti erano dei bambini, e degli arresti, Il numero delle storie è a cura di Alberto
Notarbartolo. Consulenza di Giacomo Longhi.
della fame e della guerra oggi conservano solo dei ricordi d’infanzia, Direttore Giovanni De Mauro
Vicedirettori Elena Boille, Chiara Nielsen,
addirittura velati di tenerezza e nostalgia. La storia è capace addirit- Alberto Notarbartolo, Jacopo Zanchini
Editor Giovanni Ansaldo (opinioni), Daniele
Cassandro, Carlo Ciurlo (viaggi, visti dagli altri),
tura di creare prospettive piacevoli per ciò che un tempo era sofferen- Gabriele Crescente (Europa), Camilla Desideri
(America Latina), Simon Dunaway (attualità),
Francesca Gnetti (Medio Oriente), Alessandro
za. Siamo i superstiti di queste contraddizioni. Lubello (economia), Alessio Marchionna (Stati
Uniti), Andrea Pipino (Europa), Francesca Sibani
(Africa), Junko Terao (Asia e Pacifico), Piero Zardo
Ora, mentre scrivo, la società iraniana è nel pieno di un esaurimen- (cultura, caposervizio), Giulia Zoli
Copy editor Giovanna Chioini (web,
caposervizio), Anna Franchin, Giuseppe Rizzo,
to nervoso. I giovani vogliono lasciare il paese a tutti i costi. Molti dei Pierfrancesco Romano (coordinamento,
caporedattore)
Photo editor Giovanna D’Ascenzi (web),
migranti bloccati al confine tra Bielorussia e Polonia sono iraniani che Veronica Daltri, Mélissa Jollivet, Maysa Moroni,
Rosy Santella (web)
Impaginazione Beatrice Boncristiano,
inseguono un sogno per il quale sono disposti a morire. In Iran si Pasquale Cavorsi (caposervizio), Marta Russo
Web Annalisa Camilli, Stefania Mascetti
(caposervizio), Patrizio Ruviglioni, Giulia Testa
scherza sul fatto che alla Nasa un dipendente su cinque è di origine Internazionale Kids Alberto Emiletti, Martina
Recchiuti (caporedattrice)
Internazionale a Ferrara Luisa Ciffolilli
iraniana e che vorremmo tutti trasferirci negli Stati Uniti, il paese che Segreteria Monica Paolucci, Gabriella Piscitelli
Correzione di bozze Lulli Bertini, Sara
Esposito Traduzioni Melissa Fedi, Bianca
da decenni è il nostro nemico giurato. Viviamo immersi nelle contrad- Maria Filippini, Domenico Ingenito, Giacomo
Longhi, Faezeh Mardani, Francesco Occhetto,
Federica Ponzo, Harir Sherkat, Veronica Turrini
dizioni. Disegni Anna Keen. I ritratti dei columnist sono
di Scott Menchin Progetto grafico Mark Porter
Hanno collaborato Gian Paolo Accardo, Giulia
Una volta ho chiesto a un amico italiano se ci fossero più Maserati a Ansaldo, Cecilia Attanasio Ghezzi, Martina
Baradel, Gabriele Battaglia, Gaia Berruto,
Francesco Boille, Jacopo Bortolussi, Giorgio
Teheran o a Milano e lui, senza esitare, ha risposto che a Teheran ne Cappozzo, Catherine Cornet, Sergio Fant,
Claudia Grisanti, Ijin Hong, Anita Joshi, Alberto
Riva, Andreana Saint Amour, Francesca Spinelli,
aveva viste molte di più. Faccio davvero parte di un paese in cui il no- Laura Tonon, Pauline Valkenet, Francisco
Vilalta, Guido Vitiello
Editore Internazionale spa
vanta per cento delle persone vuole scappare e il dieci per cento vive Consiglio di amministrazione Brunetto Tini
(presidente), Giuseppe Cornetto Bourlot
(vicepresidente), Alessandro Spaventa
in un’eterna vacanza? Si può davvero descrivere un posto del genere (amministratore delegato), Antonio Abete,
Giovanni De Mauro
Sede legale via Prenestina 685, 00155 Roma
con la letteratura? Produzione e diffusione Angelo Sellitto
Amministrazione Tommasa Palumbo,
Arianna Castelli, Alessia Salvitti
Una leggenda narra che Keyumars, il primo uomo della mitologia Concessionaria esclusiva per la pubblicità
Agenzia del marketing editoriale
Tel. 06 6953 9313, 06 6953 9312
persiana, aveva tre scettri – uno d’oro, uno d’argento e uno di rame – e info@ame-online.it
Subconcessionaria Download Pubblicità srl
Stampa Elcograf spa, via Mondadori 15,
li batté a terra una volta ciascuno per estendere i confini dell’impero 37131 Verona
Distribuzione Press Di, Segrate (Mi)
Copyright Tutto il materiale scritto dalla
degli arii e far vivere le sue genti nel benessere. Le conseguenze di redazione è disponibile sotto la licenza Creative
Commons Attribuzione - Non commerciale -
Condividi allo stesso modo 4.0 Internazionale.
questi colpi sono visibili ancora oggi. Significa che può essere riprodotto a patto di
citare Internazionale, di non usarlo per fini
commerciali e di condividerlo con la stessa
Più della metà delle autrici e degli autori pubblicati in queste pagine licenza. Per questioni di diritti non possiamo
applicare questa licenza agli articoli che
compriamo dai giornali stranieri.
non vivono in Iran e anche questa è una contraddizione con cui faccia- Info: posta@internazionale.it

mo i conti e a cui sopravviviamo: persone che hanno lasciato il paese Registrazione tribunale di Roma
n. 433 del 4 ottobre 1993
ma continuano a vivere nella sua cultura. Potrei dire che l’Iran è un Iscrizione al Roc n. 3280
Direttore responsabile Giovanni De Mauro
Chiuso in redazione alle 19 di venerdì
luogo immaginario, una terra che esiste solo nella fantasia, dove gli 17 dicembre 2021
Pubblicazione a stampa ISSN 1122-2832
Pubblicazione online ISSN 2499-1600
opposti si scontrano e coesistono. PER ABBONARSI E PER
INFORMAZIONI SUL PROPRIO
In questo numero ho voluto farvi conoscere ciò che mi piace legge- ABBONAMENTO
Numero verde 800 111 103
(lun-ven 9.00-19.00),
re senza la pretesa di dare un quadro esaustivo. Vorrei comunicare la dall’estero +39 02 8689 6172
Fax 030 777 23 87
Email abbonamenti@internazionale.it
complessità di noi iraniani, ma vorrei anche dire che siamo più sem- Online internazionale.it/abbonati

plici di come ci rappresentano. Siamo persone che hanno sete di liber- LO SHOP DI INTERNAZIONALE
Numero verde 800 321 717
(lun-ven 9.00-18.00)
tà, ma che lungo la loro storia sono ripetutamente scivolate nelle ma- Online shop.internazionale.it
Fax 06 442 52718

ni di despoti che promettevano pace, gloria e speranza. Imbustato in Mater-Bi

Noi iraniani viviamo nelle contraddizioni, divisi tra ciò che siamo e
ciò che vorremmo essere, e questo ci ha resi più forti e resilienti di
quanto si possa pensare. u Traduzione di Federica Ponzo
12 Internazionale 1441 | 23 dicembre 2021
Zoya Pirzad Disegni di Anna Parini

Macchia
di luce
a donna posò il lavoro a maglia sulle gi- Nel vicolo i rumori del giorno e la quiete della

L nocchia, reclinò la testa e la ruotò lenta- notte ricoprivano quel mondo familiare come una
mente, prima da una parte e poi dall’al- sottile foglia d’oro. Erano trent’anni che la sua vita,
tra. Si massaggiò la spalla destra con la come una riga netta, come una matassa di lana or-
mano opposta. Da dove
era seduta osservava il vi- Trent’anni prima

appoggiò la testa allo schienale e chiuse il marito ed era


mai completamente srotolata sul tap-
peto, procedeva in quel modo.
colo: i bambini giocavano a pallone. era passata in mezzo Trent’anni tutti uguali, ogni mese, ogni
L’aria era calda e opprimente. La donna a quel baccano con giorno, senza variazioni, senza che
succedesse niente. Di questo la donna
gli occhi. Riconosceva i bambini, uno a entrata per la prima non si lamentava. Le novità la impauri-
uno, dalle loro voci. Questo è Ali che volta in questa vano. Andava in crisi per un semplice
grida “Passa!” mentre Mohammad ri- piccola casa. Anche raffreddore suo o del marito. Non per
de di gusto, e questo è Behruz che sbrai- paura di una malattia, ma del cambia-
quel giorno
ta “Non barare, mica era gol!” mentre mento che avrebbe portato alla routine
Khosrow urla “Graaande, tira!”. Poi si
i bambini giocavano della sua vita. Le piaceva sapere esatta-
sente piangere. È Masumeh, la sorella a pallone mente, per ogni giorno e per ogni ora,
di Mohammad, che singhiozza senza cosa l’aspettava. C’era voluto molto
sosta perché i ragazzi non le passano la palla. Si sente tempo prima che si abituasse alle novità. Una volta
lo scampanellio di una bicicletta: portano il giornale aveva comprato una pentola nuova, ma l’aveva la-
della sera. sciata per giorni in un angolo della cucina prima di
La donna sistemò il capo sul cuscino, tirò su di sé convincersi a usarla e, alla fine, quello che preparò
le voci degli abitanti del vicolo e l’aria calda dell’esta- non le parve neppure così saporito.
te, come se fossero un lenzuolo leggero, e si appisolò. L’unico avvenimento della sua vita fu il matrimo-
ZOYA PIRZAD Trent’anni prima era passata in mezzo a quel bac- nio. Ricordava a malapena ciò che era successo pri-
è nata nel 1952 ad cano con il marito ed era entrata per la prima volta ma. Aveva un ricordo sfocato del padre e della madre,
Abadan da una nella sua piccola casa. Anche quel giorno i bambini morti prima che si sposasse. Per lei la vita cominciava
famiglia armena. È giocavano a pallone. Forse erano i padri di Moham- con il giorno delle nozze. Ma ora perfino quel mo-
tra le scrittrici mad, Behruz e Ali. Una bambinetta se ne stava in di- mento non era più così vivido nella sua memoria. Era
iraniane più sparte e piangeva. Allora nel cortile il vaso di gelsomi- come se si fosse sposata il giorno in cui era nata o fos-
conosciute all’estero. ni non c’era. Nella stanza, sul ripiano, non c’erano se nata il giorno in cui si era sposata. Pensava di rado
In Italia ha pubblicato
neppure le statuette di porcellana. È apparso tutto al periodo prima del matrimonio. Era molto faticoso.
Spengo io le luci
dopo, un poco alla volta: prima un vaso, poi un secon- Come pensare a qualcosa che non era mai esistito.
(Brioschi 2019). Il
titolo originale di
do, poi una statuetta raffigurante una gazzella, un’al- Come pensare alla vita di qualcun altro. Quando os-
questo racconto è tra gazzella, e poi un piccolo elefante dalla proboscide servava le poche foto del passato, non si riconosceva.
Lakkeh. La traduzione sottile come uno spillo. Con il passare degli anni, un La pallida ragazza di quelle foto e la donna di mezza
è di Bianca Maria po’ alla volta, la donna aveva riempito la sua piccola età che le guardava, accoccolata nel tepore della sua
Filippini. casa con vasi, sculturine e altri oggetti. grassa figura, erano estranee l’una all’altra. La ragaz-

14 Internazionale 1441 | 23 dicembre 2021


Internazionale 1441 | 23 dicembre 2021 15
Zoya Pirzad
Era come se tutti i
suoi anni fossero
durati un anno e
tutti i mesi di
quell’anno non
fossero durati che
un mese, e così
tutti i giorni di
quel mese non
fossero che un
giorno, un giorno
che le era noto,
caro e familiare,
istante dopo
istante

za non risvegliava nella donna nessun sentimento. cuscino e ascoltava i rumori della strada. Poco prima
Tanto la vita prima del matrimonio le era lontana, delle sette, perlustrava con lo sguardo la strada in at-
vaga e sconosciuta, quanto facilmente e chiaramente tesa del ritorno del marito. La loro casa era in fondo al
ricordava il periodo successivo. Era come se tutti i vicolo e dalla finestra era possibile vederlo tutto, fino
suoi anni fossero durati un anno e tutti i mesi di all’incrocio con la strada principale. Di solito, alle set-
quell’anno non fossero durati che un mese, e così tut- te di sera, era buio e silenzioso. Solo quella parte di
ti i giorni di quel mese non fossero che un giorno, un strada che si riusciva a vedere dalla sua finestra era
giorno che le era noto, caro e familiare, istante dopo sempre illuminata e da lontano, dal punto in cui lei si
istante. sedeva, i neon delle insegne, le luci dei negozi e i fari
La mattina, una volta sveglia, per prima cosa ac- delle macchine si rincorrevano mescolandosi tra loro.
cendeva la radio. Poi preparava l’occorrente per la Formavano una grande macchia luminosa intorno
colazione. Il conduttore radiofonico annunciava le alla quale vorticava, come un alone, tutto il frastuono
notizie. La donna non le ascoltava mai, ma la voce della strada. Alla donna quella macchia non piaceva.
dell’annunciatore era familiare e confortante. Men- Se la fissava a lungo, assumeva strane e spaventose
tre il marito andava in ufficio, lei lavava le stoviglie. figure e un astruso frastuono le risuonava nelle orec-
Poi si versava del tè e camminava per la casa con la chie. A volte aveva l’impressione che la macchia si
tazza in mano. Ispezionava le stanze, si affacciava in facesse sempre più vicina e più grande al punto che
cortile e sorseggiando il tè passava in rassegna le co- sembrava volesse inghiottirla e in quei momenti l’in-
se da fare quel giorno. Poi si vestiva e usciva a fare la decifrabile frastuono si trasformava in una successio-
spesa. Una volta tornata, rassettava la casa, faceva il ne di risate malefiche. Ma la donna era obbligata a
bucato e stirava. Il marito non tornava mai per pran- guardare la macchia, da cui prima o poi si sarebbe
zo. Il più delle volte la donna mangiava gli avanzi staccato un punto scuro che si sarebbe diretto verso di
della sera prima. A volte, di pomeriggio, andava a far lei. Più il punto si avvicinava, più la sua paura si atte-
visita a vicine e conoscenti, come Soraya a cui era nuava. Il punto s’ingrandiva gradualmente, cambiava
morta la madre e Mahin Khanom che aveva da poco forma e la donna vedeva il marito dirigersi a piccoli
avuto un bambino. passi verso casa. Quello era il momento più bello del-
Loro non ne avevano avuti, ma la donna non si la giornata. Il momento in cui un piccolo punto nero
commiserava per questo. Forse ne era perfino con- completava il suo piccolo universo familiare. Allora la
tenta. Per lei era difficile immaginare in casa un altro grande macchia di luce non le faceva più paura.
essere vivente. Per un figlio avrebbe dovuto ango- La donna aprì gli occhi. Si era fatto buio. Dal vicolo
sciarsi o essere felice e a lei non piaceva né l’una né non proveniva nessun rumore. Guardò l’orologio.
l’altra cosa. Un figlio sconvolge la quiete della vita e lei Erano le sette di sera. Guardò la strada. Il piccolo pun-
amava quella quiete più di tutto. Il pomeriggio, dopo to nero era arrivato a metà del vicolo. La donna fece
aver preparato la cena, si accomodava su un grande un lungo respiro e si alzò. Doveva servire la cena. u

16 Internazionale 1441 | 23 dicembre 2021


Ali Khodai Disegni di Chiara Dattola

La storia
di Nina
e domeniche pomeriggio ero ospite di “Nessun problema, giovanotto! Non è facile per

L Madame Anna. Le compravo sempre lei sedere sul letto”.


un piccolo mazzo di fiori di stagione

porta mi porgeva la guancia. La bacia­


vo e le tendevo i fiori. Madame Anna li

la camera da letto, che era anche la sala


Sorrideva. Appoggiava sul tavolo le tazzine con
dal fioraio Palace. Quando apriva la vicino il bicchiere d’acqua.
“Favorisca”.
Me ne accorsi per la prima volta dopo qualche set­
prendeva esclamando: “Che belli!”, poi andava a timana, mentre rigiravo la tazzina per leggere il fon­
disporli nel vaso. do del caffè. Madame amava leggermi i fondi del
Attraversavo il breve corridoio fino a raggiungere caffè. Ne era caduta una goccia su uno dei fiori rica­
mati sulla tovaglia. Mortificato, mi mi­
dove riceveva gli ospiti. Mi sedevo al Mi accomodavo si alla ricerca di un tovagliolo.
tavolo tondo marrone su cui era stata sempre sulla sedia Madame esclamò: “Non si preoccu­
sistemata una tovaglia della stessa for­ bassa di Madame e pi, giovanotto”, e prese un fazzoletto
ma. Le tovaglie venivano cambiate guardavo la radio dal polsino della camicia. Lo inumidì
ogni settimana. Su di esse erano rica­ dai tasti d’avorio o il con la lingua e pulì la macchia. Volevo
mate o cucite a punto croce rose, viole grammofono, finché scusarmi, ma mi accorsi che quel fiore
e crisantemi o, come diceva Madame, lei non entrava con ricamato non era uguale agli altri né
chrysanthèmes. un vassoio e due era sulla stessa linea. Era un fiore mi­
Accanto al tavolo c’era un letto che nuto e sembrava servisse da rammen­
tazzine colme di
di giorno era usato come divano. Il co­ do a un piccolo strappo. Poi guardai più
priletto, sempre inamidato e dalle pie­
caffè turco bollente attentamente e scoprii che c’erano altri
ghe perfette, era pieno di cuscini colo­ fiori più piccoli.
rati e bambole di ogni tipo tra cui, a detta sua, quella “Dopo il caffè, si passa al tè e al dolce. Ho prepa­
ALI KHODAI nera era la più bella di tutte. Non mi sedevo mai sul rato anche la composta. Ho pure la marmellata. Por­
è nato a Teheran nel divano letto di Madame Anna, ogni volta temevo di to tutto”.
1958 e ha studiato rovinare il copriletto e di stropicciare la parte plisset­ Accanto alla tazzina di Madame Anna c’era il suo
medicina a Isfahan, tata che pendeva. Avrei lasciato la mia impronta e le pacchetto di sigarette e una conchiglia rotta che usa­
la città dove vive. bambole, che stavano sedute tranquille, sarebbero va come posacenere. Dietro al letto c’era una parete
Questo racconto è cadute in continuazione, finendo gambe all’aria. verde con una grande fotografia di una giovane don­
uscito sul trimestrale Mi accomodavo sempre sulla sedia bassa di Ma­ na che si diceva fosse una sua amica o non so chi.
di letteratura
dame e guardavo la radio dai tasti d’avorio o il gram­ Una volta le domandai: “È lei in quella foto?”. Lei
Zenderud, poi nella
mofono, finché lei non entrava con un vassoio e due rispose: “No, è una mia amica di gioventù, Nina, a
raccolta Tamam-e
zemestan mara garm
tazzine colme di caffè turco bollente coperto da una cui tenevo molto”. E immediatamente esclamò:
kon. Il titolo originale schiuma densa. Insieme alle tazzine portava due “Beve il tè?”, o qualcosa del genere.
è ’Asrha-ye yekshanbe. bicchieri d’acqua fredda. “È molto bella”.
La traduzione è di “Mi sono seduto di nuovo al suo posto, mi per­ “Lo era”.
Melissa Fedi. doni”. Madame aveva una casetta a due piani. Io ero

18 Internazionale 1441 | 23 dicembre 2021


Internazionale 1441 | 23 dicembre 2021 19
Ali Khodai

l’inquilino del piano superiore, ero appena arrivato a gio quando tornavo a casa. Il modo di Madame Anna
Teheran. La casa era in un vicolo di via Qavam ol- per ringraziarmi di quei piccoli favori – all’inizio era-
Soltaneh. Lei occupava il piano inferiore. Leggeva i no solo delle commissioni a cui, a poco a poco, si so-
fondi di caffè e teneva corsi di danza, di francese, di no aggiunte delle piccole riparazioni, fino a spostare
russo ma negli ultimi tempi, in cui si era ammalata, uno scatolone da una parte all’altra della stanza –
li aveva sospesi tutti. Viveva del mio esiguo affitto e erano le domeniche pomeriggio.
probabilmente anche del denaro di un paio di perso- Con il tè dovevo assolutamente mangiare la com-
ne che ogni tanto andavano a imparare il francese o posta e assaggiare le varie marmellatine. Lei mi fis-
a farsi leggere il futuro. sava finché non esclamavo: “No, ottima davvero, è
Suonavo il suo campanello ogni mattina. Non perfetta”. Sollevava le sopracciglia disegnate con la
apriva. matita. Le rughe accanto agli occhi e sulle tempie si
“Non ho un bell’aspetto”, diceva. distendevano, la chiostra della protesi dentaria ap-
“Non serve niente?”, domandavo. pariva tra il rosso delle labbra mentre diceva: “Oh”.
Se voleva qualcosa, gliela compravo nel pomerig- Dopo di che, intingendo il cucchiaino da tè in argen-

20 Internazionale 1441 | 23 dicembre 2021


Fu quel giorno che le dissi: “Madame, questi fio­ Insieme al tè
rellini sulle sue tovaglie sembrano ricamati su un ri­ dovevo
camo precedente”. assolutamente
“Come, giovanotto?”. mangiare la
“Così. Perché… sembra che… questi… non saprei! composta e poi
Come se fossero più antichi… sono stati rammen­
assaggiare le varie
dati?”.
marmellatine. Mi
“Queste tovaglie sono della mia amica Nina, ma
i fiorellini li ho ricamati io. Mi ha regalato tutti i suoi fissava finché non
strumenti e se n’è andata”. esclamavo: “No,
Poi esclamò: “Tu però non sai suonare il flauto. ottima davvero,
Un ramino a due in fin dei conti non è male”. è perfetta”
Mi ero voltato a guardare la fotografia di Nina.
La prima mano la vinsi io.
Madame prese una sigaretta dal pacchetto. Le
porsi un fiammifero. La seconda mano la vinse lei.
Mi domandò se bevessi il tè, le risposi di no.
“Vado a prendere i piroshki”.
Si alzò. Quando appoggiò la sigaretta, cadde del­
la cenere. La raccolse dalla tovaglia con il fante di
picche.
“Domani dovrò lavarla”.
Madame Anna non portava anelli. Spense la siga­
retta. Con la punta dell’unghia tolse due o tre fili di
tabacco che le erano rimasti sulla lingua e con l’altra
unghia li gettò nel posacenere.
“Vado a prendere i piroshki”.
La musica si propagava. L’acqua riempiva il bic­
chiere a metà.
Le carte da gioco erano sparse sul tavolo. La ce­
nere aveva sporcato la tovaglia. Un fumo sottile si
levava ancora dalla sigaretta, la cui carta bruciava a
intermittenza.
Si sentiva la puntina del grammofono stridere sul
disco.
Mi alzai per andare al grammofono. Vicino c’era
una fotografia incorniciata di Madame Anna o, come
diceva lei, si vedevano le ragazze del corso di foxtrot.
Sollevai la puntina. C’erano molti dischi nel cas­
setto accanto al grammofono. Li presi uno a uno:
Alberta Alberta per il foxtrot, Louisiana per chi voles­
se ballare la rumba, Mamy dream e Certeza per chi
preferisse il tango.
Madame Anna disse: “Quando si balla il tango gli
uomini pestano i piedi alle donne”.
Mi voltai.
“Suvvia, lo finisca finché è caldo. Nessuno cono­
to nella marmellata, diceva: “La provo io”. Dopo tè e sce più questi balli. Forse al giorno d’oggi solo Fred
marmellata era il turno delle solite chiacchiere. Per Astaire ed Esther Williams in quel capo del mondo,
esempio, le raccontavo di aver ricevuto una lettera e io qui in Iran”.
dalla mia famiglia, o quanto fosse freddo e gelido il Neanch’io avevo voglia di impararli e questo la
clima quell’anno, o le dicevo che film proiettavano al rallegrava. Era un’ottima cosa. Tutti gli altri pension-
cinema Mayak. Quando le nostre chiacchiere abi­ naires – come diceva Madame – volevano imparare a
tuali volgevano al termine, Madame Anna diceva: ballare, tranne me. Proprio per questo mi toccavano
“Su, giochiamo un po’ a carte. Mi sto annoiando”. le domeniche pomeriggio. Spensi il grammofono.
Si alzava, passando vicino allo specchio a figura Appoggiò un altro vassoio sul tavolo. Un piatto
intera e al grammofono sempre scintillante. Riflet­ per me, uno per lei.
teva un istante ed esclamava: “No, dopo”. Prendeva “Mangia con le mani o con le posate? Abbiamo
un mazzo di carte dall’armadio e diceva: “Adesso…”. dei piroshki al formaggio, alla carne, al formaggio e
Caricava il grammofono, sostituiva la vecchia punti­ spinaci. Prenda pure quelli che vuole. Questi tre so­
na con una nuova e metteva un disco. “Ascoltiamo”. no alla carne. Mangi, prima che si raffreddino, fuori

Internazionale 1441 | 23 dicembre 2021 21


Ali Khodai
si gela. Mangi, così poi giochiamo un’altra partita”. te orientali. Quando salirono sull’auto che doveva
“D’accordo”. portarli alla piana di Mughan, erano già sposati”.
“No, scusi”, disse, e ripose le tazzine e i bicchieri “Erano andati in chiesa?”.
nel vassoio. “Si erano sposati. Avevano un baule, ora non ri-
Prese i vassoi e li appoggiò sul letto. Raccolse le cordo bene con cosa Nina l’avesse riempito, e due
carte, tolse la tovaglia e la portò via. Dopo qualche valigie di vestiti. Addio, Nina. Ma tu, giovanotto,
istante tornò con un’altra tovaglia. mangia questi piroshki. Nel baule, a parte ciò che ho
“Chiedo scusa”. detto, c’erano del cotone bianco di Russia, del filo
La sistemò. Mise i vassoi e le carte sul tavolo. colorato, un ago, una scatola di bottoni, una siringa,
“Nina si arrabbiava. Tutti questi li ha fatti lei”. piatti, forchette e cucchiai”.
“Sembra che abbia molto a cuore Nina”. “Madame, si è fatto tardi. Con il suo permesso…”.
Addentai uno dei piroshki. “Anche se andiamo a dormire un po’ più tardi sta-
“Molto. Ho molti ricordi di lei. Finché non è notte, che vuoi che sia… Siamo arrivati a metà strada!
sparita”. Il ricordo della mia amica Nina, la sua fisionomia, le
“È sparita?”. mani con le vene blu in rilievo, è come se fosse qui
“Dopo la morte di suo marito, è scomparsa senza davanti a me adesso”.
lasciare traccia”.
“Nemmeno una lettera, un saluto, un ricordo, on dissi una parola.

Comprò un
samovar, un
braciere, un paio
di bellissimi
niente?”.
“Niente. Quando arrivò in Iran trovò lavoro a
Teheran. Era giovane e bella. Lavorava in via Lalezar
dalla mattina fino alle cinque del pomeriggio come
assistente del dottor Mammadov, che era arrivato da
Badkhubeh. Lavava i malati con il permanganato o
sterilizzava gli aghi. Faceva i massaggi ad alcuni pa-
zienti, poi andava al caffè Jaleh. Là era pieno di stra-
nieri, di persiani ce n’erano pochi. C’erano bulgari,
N “Per arrivare alla piana di
Mughan la strada era lunga. Nina
appoggiava la testa sulle spalle di
Mila e si addormentava. Quando si
svegliava diceva: ‘Non siamo anco-
ra arrivati?’. Attraversarono Qazvin, Zanjan, Tabriz
e Mianeh dormendo a tratti, finché non raggiunsero
la piana di Mughan. Mila disse: ‘Siamo arrivati’. E
Nina: ‘Dove?’. Mila: ‘Dove dovevamo arrivare’. E Ni-
arazzi provenienti ungheresi e russi. Fu lì che conobbe Mila. Era un gio- na: ‘E quindi, dov’è casa nostra?’. Mila: ‘Non lo so
da Alessandria. vane ingegnere. Non gli importava di niente, si face- ancora nemmeno io’. L’auto si fermò davanti a un
Erano molto va i fatti suoi. Si era trasferito a Teheran per l’azienda edificio di legno. Mila disse: ‘Sta’ seduta qui che arri-
morbidi. “Come Škoda e non si sapeva dove dovesse andare a lavora- vo’. Scese dall’auto e s’incamminò verso la casa di
la seta”, diceva re. Nina raccontava alle amiche che si sedeva sem- legno. Dopo qualche istante un gruppetto di giovani
Nina. Avevano lo pre in fondo al caffè. Spingeva lo schienale della se- donne e bambini che ridevano, con tutto un seguito
sfondo rosso, con dia così indietro che solo le gambe posteriori poggia- di anatre, tacchini, galline e galli, si diresse verso Ni-
vano a terra. Le altre due gambe della sedia e le sue na. Le domandarono: ‘Sei tu la moglie del signor
personaggi che
restavano sospese a mezz’aria. Si accendeva una si- Nikolovski? Scendi, fatti vedere!’. Nina non sapeva
indossavano garetta e dispensava sorrisi a tutti. Specialmente a cosa fare: sistemarsi i capelli o coprirsi il volto con la
lunghe vesti Nina, che capiva la sua lingua. A poco a poco, Nina mano? Semplicemente, sorrise. Aprì la portiera e do-
bianche e fez verdi aveva cominciato a servirgli la cena. Finché una se- mandò alle donne: ‘Qui dove siamo?’. Li sistemaro-
e rossi. ra, dopo avergli appoggiato il piatto sul tavolo e chie- no in una stanza dell’edificio di legno che scricchio-
Squisitamente sto: ‘Vuole altro?’, lei stava per girarsi, ma lui le affer- lava quando camminavi e appoggiarono il baule in
orientali rò il polso. Mila si sbilanciò e le gambe anteriori della mezzo a una stanza. Una signora disse: ‘Piccioncini,
sedia picchiarono forte contro il pavimento. Un paio voi avete da fare, eh?!’, chiuse la porta e se ne andò.
di avventori seduti ai tavoli vicini si voltarono a guar- La stanza era piccola. Nina disse: ‘Ma non c’è il let-
darli. Mila le domandò: ‘Vieni con me nella piana di to!’. Mila rispose: ‘Lo farò preparare’. Nina aprì il
Mughan, Nina?’. ‘E perché dovrei?’, ribatté lei. Mila baule e tirò fuori gli arazzi dicendo: ‘Non abbiamo
le rispose: ‘Perché mi piaci’. E Nina accettò: ‘D’ac- nemmeno una credenza dove riporre i piatti, i bic-
cordo, vengo con te’. Ciò che accadde quella notte chieri e la scatola da cucito’. Richiuse il baule, ci si
fino al mattino dopo non te lo racconto perché sei sedette sopra e disse a Mila: ‘Se solo non fossimo
troppo stanco, giovanotto. I piroshki si sono pure raf- mai venuti qui’. E scoppiò a piangere a dirotto. Lui
freddati. Comunque per quella sventurata di Nina, rispose: ‘Almeno appendi gli arazzi’, e le si avvicinò.
fuggita dal suo paese, fu una grande opportunità. Le accarezzò i capelli, le prese di mano gli arazzi e li
Disse al dottore di trovare una sostituta e passò il po- stese sul pavimento. I due ci dormirono sopra ab-
meriggio a cercare le cose per il corredo tra i negozi bracciati. Furono svegliati dal cigolio della porta.
di via Naderi e via Ala od-Dowleh o – come la chia- Erano le vicine che chiedevano: ‘Nina, tesoro, anco-
mano oggi? – via Ferdowsi. E anche su viale Eslam- ra non hai visto dove sono la cucina, il lavabo e la toi-
bol. Comprò un samovar, un braciere, un paio di lette? Quando esci, colombella?’. Quando fu sera gli
bellissimi arazzi provenienti da Alessandria. Erano uomini tornarono dal lavoro. Si sedettero tutti a un
molto morbidi. ‘Come la seta’, diceva Nina. Avevano lungo tavolo di legno con le panche all’esterno dell’e-
lo sfondo rosso, con personaggi che indossavano dificio, e mangiarono e bevvero in onore dei giovani
lunghe vesti bianche e fez verdi e rossi. Squisitamen- piccioncini. Gli animi si scaldarono e così si dimen-

22 Internazionale 1441 | 23 dicembre 2021


ticarono di far rientrare nell’aia le galline e le anatre, giare, fino al rientro di Mila, la sera. Erano tutti esau-
che gli scorrazzavano tra i piedi. Venne il momento sti, faceva pure freddo. Nina disse: ‘Lavati il viso, che
della fisarmonica, del violino, dell’organetto, dei ho preparato l’occorrente per raderti’. Dopo che Mi-
sorrisi e dei balli. Tutti alzavano i calici per brindare la si fu lavato, rasato e asciugato il viso, le disse:
alla salute della giovane coppia. Dopo il kazačok e il ‘Ora raccontami cos’hai fatto tu oggi’. Nina si sedet-
rasbal, fu il turno del valzer. I bambini si erano ad- te sulle sue ginocchia e parlarono finché non andaro-
dormentati in un angolo sulle panche e le galline no a dormire”.
dormivano con gli occhi aperti. Gli uomini tenevano
il braccio sulle spalle delle mogli. Le donne fissavano Madame tacque, poi disse: “Ho parlato troppo. Ma
un punto in lontananza. Sfioravano piano le dita dei quando il ricordo di Nina mi torna davanti agli occhi
mariti. Nina disse a Mila che aveva freddo. Lui disse: è come un sipario che pian piano si apre, senza inter-
‘Balliamo ancora’. La notte era giunta a metà del suo vallo. Ti ho annoiato, giovanotto”.
corso quando ognuno tornò alla propria stanza. Tut- Risposi: “Ora questa storia interessa anche a me.
ti rivolsero delle battute a Nina e Mila, Nina sorride- Poi cos’è successo?”.
va e nascondeva la testa sul petto di Mila. Due coppie Madame riprese: “Dopo una settimana, nella
dissero che avrebbero accompagnato cantando i stanza c’erano un letto, un tavolino con due sgabelli,
piccioncini fino alla loro stanza. Mila disse: ‘Bene, una piccola credenza, una poltrona per Nina. Faceva
allora buonanotte’. Nina aprì la porta: al centro della freddo. Accanto alla parete avevano messo una stufa
stanza c’era un letto. Le coppie dissero: ‘Buonanotte con il fumo che usciva dalla finestra. La sera Nina si
piccioncini, dormite fino al mattino!’. Chiusero la sedeva sulla poltrona e ricamava il cotone di Russia
porta e se ne andarono. Nina aprì gli occhi di mattina o cuciva a punto croce alla luce della lanterna, men-
presto. Il baccano del viavai, ‘dai su, sbrigati, esci!’, tre Mila leggeva un libro steso sul letto e tossiva, al-
‘dov’è la mia colazione?’ si diffondeva dappertutto. lora lei gli dava del tè e una pomata alla canfora, che
Svegliò Mila dicendogli che era ora di andare a lavo- a quei tempi era da poco entrata in commercio, da
rare. Quando aprirono la porta, tutti gli strinsero la spalmare sul petto. La sera gli metteva un panno bol-
mano. Uno chiese, ridendo forte: ‘Allora, com’è an- lente sul torace. Da quando erano arrivati, nei primi
data?’. Quando fu servita la colazione agli uomini, giorni d’autunno, erano trascorsi due mesi. Era la fi-
Nina tornò nella sua stanza. Rifece il letto, appese gli ne della stagione. Il cotone di Russia di Nina era fini-
arazzi, chiacchierò con le vicine e preparò da man- to. Aveva ricamato tre tovaglie tonde con rose e vio-

Internazionale 1441 | 23 dicembre 2021 23


Ali Khodai

le, alcuni fazzoletti con gelsomini, sei tovagliette con sbattendo le ali. Fino a Mianeh la strada non era
fiori rosa a cinque petali, altri fazzolettini con le ini- brutta, non incontrarono grandi difficoltà. Ma Mila
ziali dei loro nomi. Non c’era più cotone. Nina disse: aveva la febbre. Nina gli bagnava continuamente il
‘Mila, fa’ qualcosa, non ne posso più’. Mentre Nina viso con un panno e gli pettinava i capelli. Si portava
ricamava sui fez degli arazzi per disperazione, a Mila al volto le mani bollenti di Mila per rinfrescarle.
venne la febbre. Adottarono tutti i rimedi di cui le Chiedeva in continuazione: ‘Stai bene, Mila? Stai
donne erano a conoscenza. Vennero persino i conta- bene, Mila?’, e premeva le sue guance bollenti contro
dini a bruciare i sali d’ammonio. Non funzionò. Mila il finestrino ghiacciato dell’auto. A Mianeh non c’era
non respirava bene. L’affanno, la tosse e la febbre un dottore. Fino a Tabriz nevicò costantemente, ri-
aumentarono. Bisognava portarlo in città”. masero in strada un giorno intero prima di arrivare.
“Dove?”. Quel giorno armeggiò con le unghie di Mila fino a
“A Teheran”. mezzogiorno: gliele tagliò, gli rimosse le cuticole.
“Sarebbe sicuramente morto prima di arrivare, in Gli massaggiò le dita delle mani. Gli disegnò occhi e
quelle condizioni”. sopracciglia con la matita. Mila sorrise, Nina do-
“Ascolta, giovanotto. Andarono a Teheran con mandò: ‘Stai bene, Mila?’, lui rispose: ‘Sto bene’. I
un’auto che un’altra coppia gli aveva messo a dispo- medici di Tabriz dissero che il posto migliore era l’o-
sizione. Se non ci fosse stata un’auto, avrebbero usa- spedale Shoravi di Teheran, lei assicurò che lo avreb-
to il camion. Lungo il percorso rimasero bloccati al be portato là e si misero nuovamente in marcia in
valico per qualche giorno. Nina disse: ‘Mila, ce ne direzione di Zanjan. Preparò il tè sul braciere. Rin-
andiamo e non torneremo più, o meglio, io non tor- graziava continuamente l’autista”.
nerò più’. Regalò i piatti, i bicchieri e il baule alle vi- “Mila morì, Madame? Sicuramente anche Nina”.
cine, il letto a una coppia. Prese gli arazzi, i ricami, “Porta pazienza. Non si sa. Vuoi che ti prepari un
alcuni effetti personali e i vestiti, e li infilò in una va- altro caffè? Vuoi che ti racconti il resto della storia
ligia. Sistemarono Mila sull’auto. Accesero un bra- un’altra domenica?”.
ciere ai suoi piedi in modo che si riscaldasse. Nina si “Porterò pazienza, Madame. Ma ho freddo, an-
sedette vicino al finestrino. L’autista mise in moto. che noi siamo in mezzo alla neve. Lo bevo volentieri,
Nina si affacciò dal finestrino e salutò con la mano le Madame”.
vicine. I bambini corsero dietro l’auto, mentre le gal- Mi scaldai.
line e i galli, i tacchini e le oche correvano qua e là “Ogni giorno Nina bagnava un panno con l’acqua

24 Internazionale 1441 | 23 dicembre 2021


che bolliva sul braciere e lo metteva sul volto di Mila. zi. Sistemò sul tavolo i due egiziani con i fez su cui
Poi preparava la schiuma con acqua, sapone e il pen- aveva ricamato. Decise di portarli a Mila perché non
nello da barba e con il rasoio gli radeva il viso. Gli provasse nostalgia. Poi tirò fuori le scarpe. Si mas-
metteva davanti lo specchio e diceva: ‘Guarda come saggiò le dita dei piedi e le si bagnarono le mani. Si
sei ringiovanito! Stai meglio, no?’. Passarono una alzò girando su se stessa. Le feste di fine anno e
notte in hotel a Qazvin. Per andare dalla loro stanza Teheran. Prese un abito dalla valigia, si tolse quello
alla sala dove servivano i pasti, lo prese sottobraccio. sgualcito che aveva tenuto per tutto il tragitto e lo
Al contatto con il calore di Mila, il viso di Nina era gettò sul letto. Indossò il vestito pulito. Affondò le
diventato rosso e bollente. Mila non mangiò nem- mani nei capelli e li raccolse con un fermaglio. Si
meno la zuppa. Non apriva neppure gli occhi, diceva sentiva più a suo agio. Si fece un’acconciatura e uscì
solo: ‘Dormiamo. Un posto fresco, Nina, tesoro’. De- dalla stanza. Scese le scale. Si fermò sull’ultimo gra-
lirò da Qazvin a Teheran, farneticava di un cane che dino. Non c’era un posto vuoto, i migliori erano già
gli abbaiava contro e che tirava la gonna di Nina: tutti occupati. L’orchestra suonava e alcuni ballava-
‘Corri, corri!’. Lei puliva con la mano il parabrezza e no. Si sedette proprio lì, sulle scale, e ai camerieri,
diceva: ‘Guarda, vedi che non c’è nessuno? Ora arri- che erano suoi amici, chiese da bere e un posto dove
viamo. È tutto innevato’. Mila batteva la testa a ogni sedersi come dio comanda. Non c’era nessuno degli
scossone dell’auto ed esclamava piano: ‘Ahi, la testa, amici di Mila. Voleva fare un salto in ospedale, ma a
Nina mia!’. Arrivarono a Teheran che era la vigilia di cosa sarebbe servito?”.
capodanno. L’auto si fermò all’ingresso dell’ospeda- “A nulla, Madame?”, dissi io.
le. Anche Teheran era innevata, come tutta la strada “Indugiò così, fino a mezzanotte e oltre. Dall’ul-
che avevano percorso. Nina aprì la portiera e affondò timo gradino, quando i tavoli si furono svuotati, rag-
nella neve fino alle caviglie. ‘Fa freddissimo’, disse”. giunse il parterre dove erano rimasti solo lei e l’or-
Il violoncellista
chestra ungherese. Il violoncellista si era seduto sul
adame si alzò, prese dall’arma- tavolo con lo strumento sulle gambe. Il flautista cer-
si era seduto sul

M dio lo scialle tessuto a mano e cava qualcosa di non meglio definito nel flauto. Il fi- tavolo con lo
se lo gettò sulle spalle dicen- sarmonicista si era addormentato. Il violinista, inve- strumento sulle
do: “L’autista andò ad aiutare ce, continuava a suonare e Nina sulla sedia a dondo- sue gambe. Il
Nina, i due fecero scendere lo di fronte a lui, con le gambe accavallate e senza flautista cercava
Mila che batteva i denti, stan- scarpe, faceva oscillare lentamente la testa. Il violi- qualcosa di non
do attenti a non farlo scivolare. Diceva in continua- nista disse: ‘Madame, non è stanca? Noi siamo esau- meglio definito nel
zione: ‘Ni-ni-ni-na, tesoro’. Finché non raggiunsero sti. Fuori dalla porta è mattina’. Nina esclamò: ‘Eh?!’, flauto. Il
l’ingresso dell’edificio si sentiva solo il battere di e guardò dietro di sé. Le sedie erano accatastate sui fisarmonicista
denti di Mila. Aperta la porta, c’era un grande abete tavoli, un cameriere si era addormentato su un tavo- si era
addobbato con lucine intermittenti rosse, gialle e lo in fondo alla sala e solo due luci erano ancora ac-
addormentato.
verdi. Sotto c’erano Gesù, gli angeli e in cima una cese. Il violinista disse: ‘Suono ancora, madame?’, e
stella sfolgorante. Arrivarono due infermiere in loro Nina rispose: ‘Mi chiami pure Nina. Sono appena
Il violinista invece
soccorso. Dopo qualche istante immersero Mila in arrivata, sto fuggendo dal gelo’”. continuava a
una vasca d’acqua bollente di colore verde per scal- Madame si strinse nello scialle. suonare
darlo e disinfettarlo. Poi lo asciugarono, gli fecero “Il musicista disse: ‘Suono ancora, madame Ni-
indossare un pigiama e lo fecero sdraiare sul letto na?’. Nina rispose: ‘Come vuole. È da tanto che non
numero 22. Disse: ‘Farò una bella dormita. Vai pure, sento suonare il violino. Stavo quasi per dimenticare
Nina mia’, e chiuse gli occhi. E Nina cosa fece, giova- com’è fatto. Meno male che l’ho visto di nuovo’. E il
notto? Prese la valigia e andò dritta al caffè Jaleh, musicista: ‘Allora suonerò per lei. Una melodia che
quello dove aveva conosciuto Mila. Si pulì i piedi sul- amo tantissimo. A volte, quando mi torna in mente
la soglia del locale. Quando aprì la porta, i tavoli ton- la mia infanzia, la fischietto sottovoce’. Nina chiese:
di del caffè erano pieni di clienti, sempre quelli. ‘Conosce la melodia del Certeza?’. E lui rispose: ‘For-
Un’orchestra ungherese suonava la ciarda. Nina se. La fischietti!’. Nina fischiettò, prima piano, poi
sentì di avere le calze bagnate per la neve e i capelli disse di aver fatto un errore e ricominciò. Due, tre
appiccicaticci e umidi. Gli uomini non la guardaro- note, una dopo l’altra. Poi arrivò il suono del violino.
no. Si rallegrò: era a Teheran e aveva portato Mila in Nina disse: ‘Adesso così’, e con le dita gesticolava
ospedale. Dio l’aveva assistita. La camera al piano di nell’aria. Il musicista domandò: ‘Ora va meglio?’.
sopra era vuota. Non appena prese la chiave corse su Nina rispose: ‘Non la conosciamo bene, né io né lei’.
per le scale. Aprì la porta, accese la luce e posò la va- Il musicista ribatté: ‘Balla, madame?’. E Nina: ‘Sono
ligia al centro della stanza. Vide un letto, un tavolino, stanca’. ‘È sola?’. ‘Sì’. Avrebbe voluto dire di Mila,
uno specchio dietro alla porta, un armadio e una fi- che le aveva parlato della piana di Mughan, di Mia-
nestra. Andò verso quest’ultima, aveva le tende neh, di Tabriz e di… ma poi si accorse che il musicista
bianche e azzurre. Dietro il vetro si vedeva la strada, stava suonando la melodia del Certeza. ‘È stanco?’.
di tanto in tanto le auto o le carrozze lasciavano sol- ‘No, madame. Le facevo compagnia. Alla fine ognu-
chi sul bianco uniforme. Si avvicinò allo specchio. no ha una storia, e l’importante è non raccontarla.
Udì un vociare e un tintinnare di bicchieri. Tirò un Mi concede un ballo, madame?’. Il musicista e Nina
sospiro di sollievo. Aprì la valigia ed estrasse gli araz- ballarono fischiettando il Certeza. ‘Mi chiamo Luca,

Internazionale 1441 | 23 dicembre 2021 25


Ali Khodai
madame Nina. Sono molto contento di ballare con va, finché non si chiusero le danze e i ballerini si ab­
lei in questa parte del mondo’. La mattina dopo, non bandonarono sulle sedie. Mancava un minuto a
appena si svegliò, Nina andò in ospedale. Prese mezzanotte. Silenzio. Dieci secondi, nove secondi…
arance, limoni e albicocche secche dai turchi di viale due secondi, un secondo. Le luci si spensero. Era ca­
Eslambol, e da madame Sheybrava, che aveva gli oc­ podanno. Tutti si stringevano le mani. Risa, sedie
chi rossi e dicevano portasse sfortuna, comprò galli­ che sbattono, movimenti di persone, bicchieri che
ne, galli e pesci di cioccolata, e il liquore all’arancia cadono a terra, grasse risate, poi silenzio. Quando si
che piaceva a Mila. accesero le luci, Luca era di fronte a Nina. ‘È arrivato
Quando salì le scale dell’ospedale e arrivò alla l’anno nuovo, madame’. ‘Buon anno’. ‘Auguri’. ‘Mila
stanza del letto 22, offrì i cioccolatini all’infermiera è morto’. ‘L’anno nuovo è arrivato, madame. Mi con­
armena. L’infermiera prese due pesciolini avvolti cede un ballo?’. Le luci si spensero alle quattro del
nella stagnola gialla e rossa. Mila dormiva. Dalla mattino. Luca aveva un sidecar sgangherato che ave­
porta disse: ‘Mila, eccomi’. S’informò sulla sua salu­ va posto per una persona, lo mise in moto e uscì con
te dall’infermiera, ma non aspettò la risposta e gli si Nina. ‘Per noi zingari, ovunque c’è amore’. Nina
avvicinò. Quando lui la vide si tirò le lenzuola sopra chiuse gli occhi e disse: ‘Però vai piano, è tutto ghiac­
la testa. Nina le scostò dicendo: ‘Mila, sono io, Nina! ciato’. E nessuno li vide mai più”.
Ho portato i cioccolatini’, poi gli baciò la fronte. ‘Non
ti sei neanche fatto la barba!’. Era bollente. Mila dis­ ra quasi mattina. Mi ero tranquillizza­

“Quanto
desideravo
raccontare questa
storia, la storia di
se: ‘Ho freddo’. Nina rispose: ‘Fa freddo dappertut­
to’, e sorrise. ‘Dell’acqua, dammi da bere piano, che
sto bruciando’. Nina chiese dell’acqua e con il cuc­
chiaio gli diede da bere lentamente. Lui le prese la
mano, scottava. Chiuse gli occhi. Entrò l’infermiera.
Nina disse: ‘Mi ha preso la mano e ha chiuso gli oc­
chi’. L’infermiera le disse di uscire. Sistemò un para­
vento intorno al letto di Mila. Quando l’infermiera
uscì dalla stanza diede a Nina l’anello di suo marito:
E to.
Madame disse: “Vedi, caro ragaz­
zo, cos’è successo alla fine? I due se ne
sono andati”.
Guardavo le fotografie di Nina.
Madame disse: “Quanto desideravo raccontare
questa storia, la storia di Nina. Solo tu ti sei accorto
dei fiori ricamati sulla tovaglia. La sera, quando fu­
mo e penso a Nina, chiudo gli occhi e la brace della
Nina. Solo tu ti sei ‘Questo è suo. È morto sereno, senza strepiti’. Nina sigaretta cade sulla tovaglia bucandola. Ma passia­
accorto dei fiori guardò la stanza, il paravento bianco: ‘Non ha nean­ mo oltre, caro, prendi del tè o un delizioso pesciolino
ricamati sulla che mangiato il pesciolino di cioccolato’. Avrebbe di cioccolato?”.
tovaglia. La sera, voluto piangere. L’infermiera le disse: ‘Non qui, non “Sì, Madame”.
quando fumo e turbi gli altri malati, non turbi se stessa. Sapeva che Madame portò il tè. Insieme ai pesciolini di cioc­
penso a Nina, sarebbe morto’. Uscì dall’ospedale, raggiunse il caffè colato ricoperti di stagnola colorata.
chiudo gli occhi e e la sua stanza. Chiuse la valigia e si lasciò cadere sul “Che bello, Madame! Come nella storia che ha
letto”. raccontato!”.
la brace della
“Ma questa storia non è ancora finita, caro”.
sigaretta cade “Quindi lei non voleva Mila?”. “Certamente, Madame”.
sulla tovaglia “Certo. Nina avrebbe voluto che Mila ci fosse. E bevvi il mio tè.
bucandola” Non aveva fatto altro che sperare che guarisse men­ Madame si aggiustò lo scialle che le era scivolato
tre andava da lui. Aveva perfino scaldato l’acqua. Gli dalle spalle.
aveva insaponato il viso con il pennello da barba e lo “No, ragazzo mio. Quando me ne andai via con
aveva rasato. Gli aveva messo lo specchio davanti Luca, vidi che nessun luogo era come quello in cui mi
dicendo: ‘Vedi, stai meglio’. Gli aveva spruzzato ero innamorata. Nessuno mi conosceva, Luca era
dell’acqua di Colonia, ma Mila era bollente. Gli ave­ uno zingaro… Prendeva il violino e se ne andava a
va premuto il volto contro il finestrino ghiacciato, ma zonzo, vicino al Volga o al Danubio. Nel bel mezzo
il suo calore scioglieva il ghiaccio. Si scioglieva. Era del viaggio, tornai indietro. Misi gli arazzi in valigia
il rumore della sedia di Mila, erano le sue mani che e sparii. Finché non divenni Madame Anna. Nessu­
avevano lasciato il polso di Nina: ‘Vieni con me nella no conosceva Nina. Allo stesso modo, nessuno co­
piana di Mughan?’. Oh, se solo non avesse detto di sì! nosce Madame Anna. Tranne te. Io questa storia non
Quando Nina riaprì gli occhi, era sera. Nella sua l’ho mai raccontata a nessuno, ragazzo mio. Mi pia­
stanza arrivavano di nuovo suoni di risate e un bru­ cerebbe, prima che tu te ne vada…”.
sio. Aprì la finestra, l’aria fredda entrò nella camera. Si alzò. Caricò il grammofono, prese un disco e ce
La musica dell’orchestra, il suono degli applausi ave­ lo sistemò sopra.
vano riempito lo spazio. Nina uscì, prima di chiudere “Alzati, balliamo”.
la porta guardò nello specchio. Chi sa che Mila è Spense la luce. Fuori nevicava.
morto? Scese le scale, si sedette sul gradino. Ordinò “Luca, dove ce ne andremo?”.
da bere. Quando glielo servirono e bevve, si scaldò. I “Ovunque tu vorrai, Nina”.
suoi occhi stavano per inumidirsi, quando una mano “Mila, dove ce ne andremo?”.
afferrò la sua dicendo: ‘Sola la notte di capodanno, “Ovunque tu vorrai, Nina”.
madame?’. Ballavano tutti. Anche Nina. Prima la La musica del grammofono risuonava dapper­
ciarda, poi tutti i balli che conosceva o non conosce­ tutto. u

26 Internazionale 1441 | 23 dicembre 2021


PROPRIO ORA
STA PORTANDO LA SUA MINI IN
MANUTENZIONE.
MINI SERVICE: GLI UNICI ORARI CHE ABBIAMO SONO I TUOI.
Grazie al servizio Pick-up & Delivery di MINI Service, puoi dirci dove e quando ritirare la tua MINI: saremo noi a
portarla in assistenza e a riportartela dopo aver fatto la manutenzione.

SCOPRI DI PIÙ SU MINI.IT/PICK-UP&DELIVERY MINI SERVICE


Hamed Esmaeilion Disegni di Leila Marzocchi

Amici
per la pelle
uei due non li ho mai visti, ma conosco Certo, dirà qualcuno, un ragazzo come Yasser sa-

Q i loro nomi. So che si chiamano Ali e rebbe potuto andare all’università. Sicuro! Come
Yasser. E questo aiuta molto. Sì, è vero, dicevo, la storia risale a vent’anni fa, e all’epoca an-
Ali è il protagonista, ma se ascolterete dare all’università era complicato. L’esplosione de-
questa storia fino in fondo capirete che mografica cominciata con la rivoluzione del 1979 era
anche Yasser è pienamente coinvolto. andata avanti per diciotto anni, e ora lo stato doveva
Su questioni del genere è difficile giudicare. Ma cer- gestire milioni di ragazzi con i baffi fulvi e i pantaloni
to la presenza di Yasser ha avuto il suo peso, soprat- cadenti, e di ragazze con la coda di cavallo che spun-
tutto se si considera fino a che punto lui ha permesso tava da sotto il velo nero a caschetto come l’eruzione
che la cosa andasse avanti. di un vulcano. Alcuni potevano essere
Yasser era alto, muscoloso e con le Si dice che fosse piazzati sul mercato del lavoro, altri in-
spalle larghe. Forse non tanto grosso originario di vece (altre, in realtà) potevano essere
da non passare da quella porta, ma da quell’altra grande destinati al matrimonio. Alcuni li si po-
adolescente di tanto in tanto avrà sol- città, e quando teva mandare al fronte, in sartoria o
levato pesi, o fatto un po’ di flessioni cominciò a venire in negli stanzini di una moschea. Comun-
sul suo copriletto di lana grezza. Oppu- questa più modesta que, c’era qualcuno che voleva andare
re lui e i suoi amici avranno avuto l’abi- città ancora non all’università, e Yasser non faceva ec-
tudine di andare al lago dietro la diga sapeva cosa fossero cezione.
della città per tuffarsi in acqua da una Yasser avrà avuto i baffi sottili. Ma-
sigarette, spipettate
collinetta alta tre o quattro metri. E poi gari, il primo giorno all’università cal-
nuotare una decina di metri sott’ac-
d’oppio e cicchetti zava delle scarpe di cuoio che gli aveva
qua, risalire e mettersi un asciugama- passato il papà e lucidate per l’occasio-
HAMED
no sfilacciato intorno alle spalle: quanto bastava ne, o forse indossava pantaloni beige a zampa d’ele-
ESMAEILION perché sentissero di avere i muscoli più torniti del fante arrotolati tre volte alle caviglie. Insomma, sì,
è nato a Kermanshah mondo o perché i loro ricci perfetti tormentassero il Yasser andava all’università e studiava psicologia,
nel 1977. È autore di sonno di centinaia di ragazze belle come la luna. un indirizzo che gli piaceva molto.
due romanzi e due Sono quasi sicuro che Yasser andasse in palestra, Si dice che fosse originario di quell’altra grande
raccolte di racconti forse perché quando era in strada e le macchine suo- città, e quando cominciò a venire in questa più mo-
che hanno vinto navano il clacson, lui si girava per vedere se erano i desta città ancora non sapeva cosa fossero sigarette,
importanti premi suoi amici della palestra o altra gente. spipettate d’oppio e cicchetti. Non sapeva neanche a
letterari in Iran. Vive
Se non era stata la borsa della palestra che gli cosa si riferissero espressioni come “cioccolato buo-
in Canada, dove
pendeva dalle spalle ad attirare l’attenzione, allora no” e “candeggina superiore”. Ma all’epoca in cui
lavora come dentista.
Il titolo originale di
di solito era una povera ragazza ferma sul ciglio della sono successi questi fatti era già adulto e vaccinato,
questo racconto è Ali strada in attesa di un taxi per andare a casa della e conosceva nome e indirizzo di tutti gli spacciatori
va Yaser. Traduzione nonna, e gli automobilisti, lupi che spogliavano con di grappa, vino e oppio.
di Domenico Arturo gli occhi ogni donna, litigavano tra loro per caricarla Ma perché parlo di questa o di quella città senza
Ingenito. in macchina a tutti i costi. dirne il nome?

28 Internazionale 1441 | 23 dicembre 2021


Internazionale 1441 | 23 dicembre 2021 29
Hamed Esmaeilion

Ovviamente so bene come si chiamano, ma per- mente veritiera? Se poi vi dirò che anche nella vostra
ché dovrei rivelarlo? Devo proprio confessare che, città un uomo può andare sia a vela sia a motore, che
anche se voi avete fiducia in me, io non mi fido trop- tutto il mondo è paese e che di donne non tanto sante
po di voi? Per esempio, se dicessi Ahvaz o Isfahan al se ne trovano ovunque, cosa risponderete? Non lo
posto di questa o quella città cambierebbe qualcosa? so. Non ho voglia di perdermi in queste discussioni.
In questa storia Se scrivessi Teheran o Tabriz si risolverebbe tutto? Scegliete voi il nome delle città.
Ali è il personaggio Oppure Mashhad o Shiraz? Hamedan o Zahedan?
principale: un Non credo proprio. Perché il racconto finisca e pos- In questa storia Ali è il personaggio principale: un
siate conoscere l’intera vicenda, per poi riprendervi giovanotto piccolino che sosteneva di venire dal ca-
giovanotto
dallo shock, sentirete la necessità di rovistare tra le poluogo di una regione nel sud dell’Iran. Eppure gli
piccolino che
mie pagine virtuali. Non proprio tutti, ma almeno amici che l’avevano visto più volte sull’autobus in
sosteneva di venire qualcuno. Se non mi incontrerete per strada, andrete partenza da quel capoluogo verso un paesino sper-
dal capoluogo di a cercarmi tra quelle pagine. Mi manderete a quel duto hanno detto spesso che aveva un accento stra-
una regione nel paese e mi coprirete d’insulti, di quelle offese a sfon- niero. “Ali mente”, sostenevano. Ora vai a sapere chi
sud dell’Iran. do sessuale o di carattere religioso che puntano drit- tra tutti noi che siamo finiti ai quattro angoli del pia-
Eppure gli amici to al cuore. Io all’inizio non me la prenderò, mi farà neta si era ritrovato su quell’autobus che porta in cu-
che l’avevano visto piacere sapere che qualcuno ha letto il racconto, e il lo al mondo. Ricordatevi che, tra l’altro, tutti questi
più volte numero di lettori alla fine s’impennerà. Alle offese dettagli non hanno nulla a che fare con la nostra sto-
sull’autobus in poi non do molto credito, perché lasciano il tempo ria. Che Ali fosse di carnagione chiara oppure oliva-
partenza da quel che trovano. Poi ci sarà una seconda ondata. stra non fa alcuna differenza. Non importa che lui
La seconda ondata sarà fatta di quelli che mi at- studiasse geografia o che Yasser fosse iscritto a psi-
capoluogo verso
taccheranno senza aver neanche letto il racconto. cologia. La muscolatura di Yasser è solo un dettaglio,
un paesino
Nonostante io dica che questa è solo una storia, e sapere da dove venissero di preciso quei due non ci è
sperduto hanno non importa di dove siano Yasser, Ali o Behjet, voi di nessun aiuto, ma è il pretesto per presentarci il si-
detto spesso che non mi crederete, e alla fine mi rimprovererete: ma gnor Jahan e sua moglie Behjet. O forse solo la signo-
aveva un accento non avevi detto che il racconto corrisponde a realtà? ra Behjet. Ma sì, parliamo di lei!
straniero Non avevi forse detto che è una storia svergognata- Behjet era una donna non particolarmente attra-

30 Internazionale 1441 | 23 dicembre 2021


ente, con un naso prominente e un neo carnoso pro- Già il primo mese in cui i due ragazzi si erano si- La signora Behjet
prio accanto all’occhio sinistro. Behjet era una don- stemati al secondo piano della casa, la signora aveva cominciato
na cresciuta in periferia, figlia di un muratore, di un Behjet aveva cominciato a salire al piano superiore a salire al piano
fruttivendolo o di un ferroviere. Era una donna rela- dopo aver portato i bambini a scuola. Non era il tipo superiore dopo
tivamente corpulenta, che spesso emanava un odore di donna da coprirsi il capo con velo e foulard. Forse aver portato i
pungente di sudore, madre di tre bambini di varia pensava di aver raggiunto l’età in cui collo e capelli
bambini a scuola.
statura che aveva portato al mondo per la felicità del scoperti e i piedi senza calze non accendono più il
Non era il tipo di
signor Jahan. Ma di certo non era entusiasta degli desiderio di nessuno. Se poi, al contrario, lasciava
insulti e delle botte del marito. Di quelle parolacce scoperta la scollatura del seno o tirava su la gonna di donna da coprirsi
articolate non dirò nulla perché non ho intenzione di proposito è una cosa su cui non posso pronunciarmi, il capo con velo e
scavare nel passato di Behjet. Non mi ricordo che soprattutto perché non ho intenzione di alimentare foulard. Forse
mestiere faceva di preciso suo padre, e se sua madre dicerie sulle mogli altrui. Provate a immaginare pensava di aver
era una casalinga. Che Behjet fosse o no una donna com’è potuta cominciare questa tresca. Agli inizi, raggiunto l’età in
esemplare (anche se non era di alti natali) e che ogni forse si trattava solo di controllare il telefono che cui collo e capelli
mattina comprasse latte e verdure fresche non erano non funzionava o dare uno sguardo alle macchie di scoperti e i piedi
dettagli che Ali e Yasser usavano nelle storie raccon- umidità sul soffitto della cucina. In seguito, renden- senza calze non
tate agli amici. dosi conto che di norma Yasser non andava all’uni- accendono più il
Finora nessuno ha sostenuto di aver sentito que- versità la mattina, a Behjet capitava di sedersi sui
desiderio di
sta storia da Ali. Anch’io, se fossi nei suoi panni, me divani di seconda mano mentre sorbiva un tè troppo
nessuno
ne starei muto come un pesce. Tutti abbiamo amici carico da una tazza rigata dalle gocce di caffè, e forse
del cuore che certe volte non sanno proprio tenere la poi si lamentava di come vanno le cose a scuola con i
bocca chiusa. È probabile allora che i fatti siano stati bambini, i compiti e tutto, e si passava a qualche do-
raccontati da Yasser. Avrà accennato un paio di cose manda più personale, proprio come nei racconti por-
agli amici e la storia ha cominciato a circolare. Poi mi nografici. Questa però non è una storia porno, nem-
è stata riportata da due tipi che andavano all’univer- meno erotica. Come ho detto, è solo un racconto
sità con lui. svergognato. E non è che mi riguardi moltissimo
Tornando alla signora Behjet, dicono che fin come si passa dalle lezioni di aritmetica di Morteza
dall’inizio lei voleva come inquilino uno studente – il figlio di Behjet di otto anni – all’improvviso smu-
maschio, possibilmente uno solo. Il motivo per cui tandarsi di sua madre, o anche dai dubbi di Showkat
Behjet non voleva una ragazza non lo so. Forse per- – sette anni – sull’ortografia alle natiche sudate della
ché la gente spettegola troppo quando si tratta di ra- signora Behjet e alle urla spaventose che fa quando
gazze, oppure perché le studenti tendono a fare le scopa.
gatte morte e i genitori telefonano molto spesso. O Come raccontavo, l’ospite speciale poco a poco
magari dipendeva dal fatto che una ragazza non diventò una presenza abituale, e Yasser diceva di
avrebbe mai messo piede in un quartiere come quel- non capire perché le regole degli incontri sessuali
lo, per non parlare di prenderci una stanza in affitto. dipendessero dai movimenti e dalle posizioni
I ragazzi poi non creano problemi, vanno e vengono dell’incontro precedente, come se fossero state le-
senza casini. Nessuno rompe i vetri della finestra per zioni di piano. Dopo due o tre volte capì che Behjet
loro, così come nessuno infila lettere d’amore sotto era una buona fumatrice: dopo un tiro profondo
la loro porta. La loro biancheria intima stesa ad d’oppio non espirava immediatamente. Se in casa
asciugare non attira sguardi lascivi, e nulla di quello avevano della grappa di contrabbando o dell’alcol
che fanno rischia di provocare vergogna o scandalo. etilico non le dispiaceva farsene un goccio.
Ho sentito anche dire che, anno dopo anno, a ca- Viene da ridere a pensare che questo racconto
sa della signora Behjet c’era un viavai costante d’in- stia prendendo una piega pornografica, perché non
quilini. È da notare che Behjet era sulla quarantina. è niente del genere, assolutamente. Inoltre, come
In tutto quell’andirivieni di ragazzi dinoccolati e sapete, non ho il controllo totale di questa storia. Se
smilzi, timidi e riservati, bassi o grassocci, nessuno l’avessi, sarei felice di fermarmi qui e non prosegui-
poteva competere con Yasser. Con molti di loro re, in modo da non essere costretto a gettare Ali nella
Behjet non era mai andata oltre il buongiorno e fossa. Ma cosa posso farci? La tresca è andata avanti
buonasera, e viene da chiedersi cos’avesse lui di di- in questo modo, e sono anche passati diversi anni dal
verso dagli altri. Tanto diverso che Behjet stessa non periodo in cui tutto cominciò.
si rese conto di come un giorno, all’improvviso, si
ritrovò sotto le lenzuola e il copriletto di Yasser. n giorno Ali torna dall’università a
Yasser diceva spesso agli amici di essere la geisha
di Behjet, e poi si scompisciava dalle risate. Ma poi
che ne sappiamo di come Behjet chiamasse quelli di
prima? Forse, con il suo livello d’istruzione non sape-
va neanche cos’era una geisha.
Quando una persona cavalca la cresta del deside-
rio con gli occhi incollati al soffitto tende a dire cose
a cui nessuno vuole dare troppo peso.
U un orario non previsto perché la le-
zione si è conclusa in anticipo oppu-
re perché ha lasciato a casa il suo
pacchetto di sigarette o per qualche
altro motivo futile. Arriva di fretta e
vede quello che non avrebbe dovuto vedere. Troppo
tardi per far finta di niente o nascondersi, ed è così
che fa il suo ingresso nel nostro gioco, la nostra storia.

Internazionale 1441 | 23 dicembre 2021 31


Hamed Esmaeilion
L’arrivo di Ali non è il punto culminante del mio tone di succo di frutta da mescolare con quell’alcol
racconto. Non ha importanza sapere come stessero etilico del cazzo. È così che ci si guadagna la fiducia
in quel momento Yasser e Behjet: sotto le coperte, degli altri.
sul divano, con una tazza di tè in mano, nel momen­ Maziar prepara i bicchieri per bene, fa un brindisi
to finale di una scopata oppure raccolti intorno al e butta giù. Fanno tutti attenzione a pronunciare le
braciere a spipettare oppio. È anche possibile che Ali parole del brindisi e se strillano frasi d’occasione ad
e Yasser si fossero messi d’accordo, in modo che Ali alta voce – tipo “alla salute della cornacchia che è ne­
arrivasse senza essere invitato e partecipasse allo ra ma tutta d’un pezzo” oppure “alla salute della vac­
scambio di piacere con Behjet. ca non dice ora ora ma muu muuu” – non fanno altro
Ho l’impressione che fu da quel momento che che aggiungere colore all’aria di sbronza in arrivo.
Yasser cominciò a condividere con gli amici il reso­ Svuotano i bicchieri uno dopo l’altro mentre muovo­
conto di alcuni dettagli di quegli eventi. Va detto che no un po’ le natiche al ritmo triviale di uno dei can­
lui forse non sapeva quali conseguenze spaventose tanti iraniani di Los Angeles e fumano qualche pac­
potessero scaturire dalle sue azioni, soprattutto se chetto di sigarette mentre da basso giungono le urla
in gioco c’era il destino imprevedibile di una relazio­ di moglie e marito che litigano, e via così, il festino
ne con una donna sposata. È anche possibile che fos­ improvvisato va per le lunghe.
se mosso da una stupida ed esasperante virilità, ca­ Pare che quella sera Ali alzi il gomito oltre misu­
pace di fargli dire: ragazzi, ci siamo scopati la moglie ra, fino a sfiorare i limiti della sbronza totale e farfu­
del vicino! gliare cose insensate che, senza nessuna ragione
Se quel giorno Ali si fosse trattenuto in facoltà più apparente, ricadranno sul signor Jahan. Prima vomi­
a lungo e se una delle compagne di classe si fosse fat­ ta nella pentola più capiente della cucina, poi senza
ta avanti con un sorrisino seducente per farsi passare neanche scomporsi troppo per via delle vertigini
i suoi appunti o ancora se i bagni dell’università non continua a ballare fino alle due del mattino. Al risve­
Era tutto in regola
fossero stati otturati e Ali non avesse deciso all’im­ glio recupera dal frigorifero quel che era rimasto del
fino a quel giovedì provviso di tornare a casa per soddisfare i suoi biso­ fiasco di alcol etilico, poi rovista qua e là e vomita di
in cui Maziar gni, oppure, che ne so, se il responsabile della mora­ nuovo, con conati secchi e improvvisi.
arrivò a casa loro le d’ateneo si fosse impuntato sui suoi jeans attillati Un’altra versione della storia che mi hanno rac­
con una bottiglia e lo avesse fatto aspettare per un paio d’ore all’in­ contato è stata sicuramente riportata da Maziar. Per
di alcol etilico e un gresso dell’università, lui non si sarebbe gettato a alcuni dettagli si discosta dalla versione di Yasser,
barattolo di capofitto nella storia e non si sarebbe reso conto ma se le mettiamo a confronto, entrambe conduco­
cetriolini dell’avventura romantica, del soffitto che gocciola o no alle stesse indicibili conseguenze. Maziar ha rac­
sottaceto. Adesso del telefono guasto. Resta il fatto che per lui, fino a contato agli amici che quel giorno Ali faticava a man­
preparatevi a quel punto, le cose non andavano male. Dopo il deli­ tenere gli occhi aperti e quando stava per buttare giù
sentire il nodo zioso scandalo a tre di cui non conosciamo tutti i det­ l’ultimo bicchierino di alcol di primo mattino era
tagli, la signora Behjet portò nella stanza dei ragazzi tutto chino sulla porta del frigo senza che nessuno
principale di tutta
il cavo del ricevitore satellitare di famiglia, cominciò osasse dirgli che non era il caso di bere ancora. Ebbe­
la faccenda, cioè a preparargli stufati e cotolette, pane appena sforna­ ne, dopo aver tracannato si era messo a urlare in un
la cosa che finora to e yogurt fatto in casa. Inoltre – fatto più importan­ modo così improvviso da far sussultare Maziar:
vi ha spinti ad te di tutti – cominciò a ridurgli l’affitto mensile, di “Yasser, sto andando da Behjet”.
ascoltare tutto il tanto in tanto e di nascosto dal marito. Quale stu­ Pare che a quel punto Yasser si limiti a scompi­
mio sproloquio dente squattrinato e fuori sede non apprezzerebbe sciarsi dal ridere, con una di quelle risate che sem­
regali del genere? brano prive di importanza. Anche Maziar ride senza
E proprio qui comincia la storia principale. neanche sapere chi sia Behjet o di cosa stiano parlan­
do gli altri due. Pensa che si tratti di qualcosa tipo il
utto bene fino a quel giovedì in cui nomignolo di una fidanzata, ma poi, tra l’altro, chi

T Maziar arriva a casa loro con una bot­


tiglia di alcol etilico e un barattolo di
cetriolini sottaceto. Adesso prepara­
tevi a sentire il nodo principale di tut­
ta la faccenda, cioè il motivo per cui
avete ascoltato il mio sproloquio.
A quanto dicono, Maziar aveva l’abitudine di pre­
sentarsi all’improvviso, senza dire nulla. Quelli che
mi hanno raccontato questa storia evidentemente
mai potrebbe farsi Ali nello stato sgraziato in cui si
trova? Di primo mattino, ubriaco, stravolto e fetente?
Forse Behjet è il nome del supermercato dietro l’an­
golo, della doccia o del cesso di casa. Conosco gente
che chiama la propria vasca da bagno Hajj Safdar e il
cesso Marinella. Da dove tirino fuori queste assurdi­
tà non ve lo so dire, sicuramente prendono spunto da
un ricordo caro e così via. Maziar, intanto, è a letto a
fumare una sigaretta e, vedendo che Ali s’innervosi­
non avevano voglia di svelarmi tutti i dettagli: pro­ sce, gli dice: “Ma sì, ciao a tutti, andiamo alla festa
vate a mettervi al mio posto. Voi lascereste fuori dal­ di Behjet”.
la porta uno che si presenta a casa vostra con una Maziar sente la porta aprirsi, ma non può sentire
bottiglia di alcol etilico e un barattolo di sottaceti? la maniglia della porta del piano inferiore. E anche
Magari la volta precedente si era presentato con se potesse sentirla, non cambierebbe nulla, perché è
un sacchetto di Fonzies e ancora prima con yogurt e all’oscuro di tutto. Tra l’altro, quando uno rovista tra
scalogno, oppure un’altra volta avrà portato un car­ le coperte per recuperare una scatoletta di tonno da

32 Internazionale 1441 | 23 dicembre 2021


usare come posacenere non presta certo attenzione sigarette. Può dimenticare gli odori e stringere a sé la
ai rumori che arrivano dal piano inferiore. Comun- signora Behjet ancora più forte, perché lei senta die-
que, Ali apre piano piano la porta di sotto e prosegue tro la schiena tutta la pressione della virilità di un
nella direzione che alcuni mesi prima lo ha condotto giovane di vent’anni. Però poi basta un attimo e la
alla stanza da letto quando gli è capitato di dover ri- signora Behjet si gira e senza urlare o fare alcun ru-
parare il cavo dell’antenna parabolica. Quando dico more guarda Ali, e anche lui la guarda, e d’improvvi-
che è entrato nella stanza da letto, non immaginate- so capisce che sta abbracciando il signor Jahan. Gli
vi una stanza regale stile Luigi XVI. Immaginate in- occhi rossi e assonnati di Jahan si posano sulla barba
vece un bilocale malmesso, con un cortile minuscolo di due giorni di Ali e sulla pelle giovane e pulita del
e un materasso matrimoniale gettato nell’angolo di suo volto olivastro. Io non so quali pensieri orrendi
una delle stanze da letto, in una casa dall’odore di abbiano attraversato in quel momento la testa di Ali
chiuso e uova sode. e del signor Jahan, ma poi qualcuno è riuscito a
strappare dalla bocca di Ali che il signor Jahan aveva
Ali dice che in corridoio o in soggiorno non c’era nes- un’espressione completamente stupita e la prima
suno. Sapeva che il signor Jahan ogni mattina alle cosa che gli era venuta da dire era questa domanda
sette andava al mattatoio. Vede la signora Behjet esclamativa: “Ma… signor ingegnere?”.
dormire di spalle sul letto, con la testa sotto la coper- Dal momento che non mi sono mai trovato in una
ta. Avanza con calma e si stende sul materasso oppu- situazione del genere, non so quali altre opzioni Ali
re sul pavimento, s’infila sotto le lenzuola e cinge la avesse a disposizione, poi a conti fatti quello che avrà
signora Behjet con le sue braccia scure e pelose. detto non sarà stato neanche troppo inopportuno,
Il corpo della signora Behjet è bello caldo, tanto forse si trattava dell’unico modo per salvarsi la vita.
da infiammare gli occhi di Ali. Poi le mani di Ali co- Mettetevi nei suoi panni: vi ritrovate a letto con un
minciano a percorrere il corpo di Behjet alla ricerca uomo che avete visto mille volte, ma solo dal vicolo
di qualcosa, palpeggiandola dappertutto. La signora di fronte con la busta della spesa in una mano e
Behjet emana un leggero odore di sangue. Ali pensa: nell’altra le chiavi di casa. Cosa potete dire? È un uo-
vuoi vedere che ha le sue cose e ha sporcato tutto? mo che incrociate qualche volta al supermercato
Lui, con la bocca impastata di sonno, puzza d’alcol e dietro l’angolo mentre prende un pacchetto di siga-

Internazionale 1441 | 23 dicembre 2021 33


Hamed Esmaeilion
rette scadenti dal piatto di una bilancia e vi sorride presenta con un pretesto all’ingresso dell’università
con tre denti mancanti. Ali ha sentito dire che il si- e gli lancia un sorriso. I buchi neri nella bocca del si-
gnor Jahan è un esperto nel separare la carne dall’os- gnor Jahan lo fanno impazzire, come l’odore di quel
so di netto e spacca i reni di una mucca in un colpo corpo peloso coperto dalle cicatrici lasciate dai colpi
solo. È da qui che capiamo che anche se Yasser era di coltello e quelle dita piccole della mano sinistra
robusto e ben messo, in realtà non poteva competere con cui giocherella fastidiosamente.
con il signor Jahan. Se non fosse stato così, la signora Ali si tormenta per tutta la settimana pensando
Behjet avrebbe già scaricato il marito. Sarebbe anda- alla schiena dei vitelli che il signor Jahan spezza ogni
ta a cercare qualcuno con tutti i denti a posto e che giorno. Tutta la settimana Yasser cerca di consolar-
non puzza di fumo. Però lui è il padre dei suoi figli, lo, mentre Ali mette in ordine tutti i libri, le stoviglie,
quindi lasciare tutto e scappare con uno studente il cuscino e il piumone e sistema tutti i suoi oggetti
squattrinato è un pensiero che non l’ha mai neanche più piccoli in una scatola di cartone senza marchio e
sfiorata. senza coperchio.
Queste sono cose che suppongo io, eh. Comun- Ovviamente la signora Behjet continua ad anda-
que Ali non poteva immaginare cosa bisogna fare re su, e non ha alcuna idea di quello che è successo e
quando hai la bocca putrida per l’alcol e il viso sfatto del perché Ali esce di casa appena lei arriva. Se è sve-
dal sonno e ti ritrovi improvvisamente ad abbraccia- glio nella stanza esce immediatamente, e se riposa
re un macellaio del mattatoio disteso nella sua stan- nel suo letto si gira verso il muro e non ricambia ne-
za che cerca di riprendersi dalla stanchezza di un anche il saluto. Behjet non chiede nulla a Yasser, si
turno di notte. Quello che gli viene da dire in quel limita a uno scambio di cenni che alludono all’indi-
momento è solo una frase per tirarsi fuori da quella sposizione di Ali. Forse pensa che è tutto dovuto a un
situazione. litigio legato al loro triangolo amoroso, culminato
con la sconfitta della passione per la pelle olivastra e
d Ali ha sempre fatto senso parlare bruciata contro quella per le spalle larghe, tanto da

A del resto della storia, e sappiamo


che Yasser una volta ha lasciato in-
tendere che ad Ali i ricchioni fanno
schifo. Quindi immagino che Ali
abbia terminato il racconto in modo
diverso, e avrà perfino evitato di parlare di come il
signor Jahan avesse accettato la sua proposta. Ma
dagli avvenimenti successivi ci rendiamo conto che
il signor Jahan non aveva dato troppa importanza
averla spinta a mostrare più affetto nei confronti
dell’amante vittorioso.
La maretta dura tutta la settimana, fino al venerdì
seguente, quando di primo mattino Ali si alza dal let-
to in fretta e furia e comincia a raccogliere le sue cose
nel corridoio davanti all’ingresso. Tutto questo lo ha
spiegato Yasser con molta precisione, proprio perché
a poco a poco l’atteggiamento di Ali lo aveva inner-
vosito tanto che avevano litigato davvero: “Ali, caro,
alla situazione di Ali, e in un istante aveva fatto due abbi pazienza, risolviamo questa cosa!”.
calcoli e aveva deciso cosa fare. Ali si dirige verso la stanza in fondo al corridoio e
Anche quello che ha da dire Maziar va ascoltato, chiude la porta. Yasser si accende una sigaretta men-
perché un’ora dopo, mentre si dimenano ancora nel tre si accovaccia accanto alle scatole di cartone.
letto e sgrullano le sigarette nella scatoletta di tonno, Quel venerdì mattina, mentre fuma una sigaretta
vedono Ali in stato comatoso che torna appoggian- con tiri decisi e vede i cartoni pieni di libri finire l’uno
dosi al muro mentre sputa e biascica parole oscene. sull’altro nella stanza in fondo al corridoio, è lui il
Vedono Ali aprire la porta del bagno con una mano e primo a sentire il campanello e ad aprire la porta.
sentono il rumore angosciante dei suoi conati di vo- Yasser racconta che dallo stupore ha spalancato la
mito. A questo punto Yasser si alza, scambia due fra- bocca, e fin quando il signor Jahan non ha smesso di
si incomplete con Maziar e corre in bagno per aiutare parlare, lui non è riuscito a credere alle sue orecchie:
Ali, e appena cominciano a parlare chiude la porta in “Scusatemi, sono venuto a risolvere il problema del
faccia a Maziar, che è ancora buttato sul letto mentre signor ingegnere”.
tamburella con una sigaretta tra le dita sul bordo del- Senza neanche aspettare una risposta da Yasser,
la scatoletta di tonno vuota. come se avesse percorso il corridoio mille volte, Ja-
Maziar dice di aver visto scorrere un filo di san- han corre ad afferrare il polso di Ali che sta sisteman-
gue dal polpaccio di Ali, poi aggiunge che, secondo do i suoi indumenti intimi nella valigia e chiude la
Yasser, Ali non si ricordava che fosse venerdì, e che porta con tre giri di chiave. Yasser racconta che du-
ogni venerdì la signora Behjet andava a trovare sua rante quella mezz’ora avrà fumato mille sigarette.
madre e quindi di sicuro non era in casa. Spesso por- Quanto di tutto questo è vero o falso sta a lui dirlo. E
tava anche i bambini con sé. Probabilmente questo qualunque cosa sia successa dopo quel venerdì sono
dettaglio non è di gran giovamento per Ali, che in solo fatti loro.
quel momento grida: “Yasser, io da questa casa me E se Yasser, per via della sua amicizia con Ali, è
ne vado. Capito?”. stato costretto a rinunciare alla signora Behjet e ad
Da quel che ho sentito dire, nell’intero corso della andarsene di lì mentre in seguito, e per molto tempo,
settimana seguente Ali rimane a letto, incaponendo- il signor Jahan ha continuato a presentarsi ogni po-
si sulla decisione di andarsene e presentando come meriggio sul percorso di Ali verso l’università, anche
motivo il fatto che il signor Jahan ogni pomeriggio si questi, sì, sono affari loro. u

34 Internazionale 1441 | 23 dicembre 2021


| Foto: Archivio Montura

S E A R C H I N G A N E W W A Y
Mahsa Mohebali Disegni di Davide Bonazzi

Il signor
Barati
essuno di noi conosceva il motivo lui ce l’aveva, era evidente. Solo che era in tasca. La

N per cui il signor Barati teneva sem- mano sinistra del signor Barati esisteva. Era lì, davan-
pre la mano sinistra nella tasca dei ti agli occhi di tutti, era solo nascosta nella tasca dei
pantaloni. Tiravamo tutti a indovi- pantaloni. E a volte in quella dell’impermeabile.
nare. Secondo le ragazze era perché Mash Karim, il custode della scuola, diceva di
sapeva che quel gesto gli conferiva averla vista e di conoscere il motivo per cui la nascon-
un fascino irresistibile. Nelle foto di gruppo d’inizio e deva. Ma teneva la bocca cucita e non sputò il rospo
fine anno scolastico il signor Barati aveva sempre la finché uno di noi non mise mano al portafoglio.
mano sinistra in tasca e un misterioso sorriso gli in-
curvava appena le labbra. Era il sosia di
Un giorno, raccontò Mash Karim, era prevista
una visita di controllo del dipartimento
Clark Gable. Il signor Barati dell’istruzione e il signor Barati aveva
Alcuni di noi vedevano in quella po- aveva sempre deciso di non tornare a casa per pran-
sa altezzosa un modo di fare per sedur- la mano sinistra zo, fosse mai che il sovrintendente ar-
re le donne. Ma non era da lui, dicevano in tasca e un rivasse proprio mentre lui non c’era.
altri. Il signor Barati non aveva bisogno misterioso Allora Mash Karim lo invitò a mangiare
di assumere certi atteggiamenti, davve- sorriso gli un piatto di kale jush e il signor Barati
ro. Con quelle spalle larghe e l’alta sta- incurvava appena accettò di buon grado. Mash Karim gli
tura, i baffi folti, gli occhiali di tartaru- le labbra. offrì addirittura un pigiama da indos-
ga, i capelli lisci e impomatati pettinati sare, sicuro del fatto che il signor Barati
Era il sosia
all’indietro e quegli abiti sartoriali blu non si sarebbe mai seduto sul suo tap-
MAHSA
scuro o grigio tortora che abbinava a
di Clark Gable petaccio da quattro soldi con i suoi
MOHEBALI
cravatte alla moda, non aveva proprio pantaloni blu di lana pettinata. Mash
è una scrittrice
iraniana nata nel
bisogno di darsi delle arie per rubare il cuore delle Karim aveva già calcolato che se il signor Barati si
1972. Vive a Teheran. maestre che lavoravano nella sua scuola. fosse tolto i pantaloni per indossare quelli del pigia-
Il suo ultimo Qualcun altro ipotizzava che un giorno il signor ma non avrebbe potuto tenere nascosta la sua mano.
romanzo pubblicato Barati avesse scommesso con se stesso di riuscire a Ma prese un granchio. Il signor Barati se li infilò fa-
in Italia è Tehran girl fare tutto con una mano sola e che si fosse poi abitua- cendoli passare sotto quelli di lana e il caso volle che
(Bompiani 2020). Il to così. Portava sempre le scarpe con le stringhe e, anche il pigiama fosse dotato di tasche. Quando mai
titolo originale di insomma, vederlo mettere prima un piede e poi l’altro i pigiami hanno le tasche?
questo racconto è sul gradino per allacciarle solo con la destra, oppure Mentre il signor Barati schiacciava un pisolino do-
Dast-e morde-ye Aqa
farsi il doppio nodo alla cravatta sempre senza usare po pranzo, Mash Karim, dispiaciuto per l’occasione
Barati, è stato scritto
la sinistra, cose che noi facevamo normalmente con perduta, gridò a tradimento che era arrivato il sovrin-
tra la fine del 2020 e
l’inizio del 2021 e la
due mani e per giunta a fatica, solleticava la nostra tendente e fece finta di guardare da uno spiraglio del-
sua versione in lingua immaginazione. la tenda. Il signor Barati si precipitò ad afferrare i pan-
originale è inedita. C’era chi diceva che il signor Barati aveva perso la taloni e a infilarli sopra il pigiama. Il tempo di un bat-
Traduzione di mano in guerra. Ma quale guerra? Erano cent’anni tito di ciglia, la mano uscì da una tasca ed entrò
Giacomo Longhi. che non ne scoppiava una. Oltre a ciò, la mano sinistra nell’altra. Era stata una frazione di secondo, eppure

38 Internazionale 1441 | 23 dicembre 2021


Internazionale 1441 | 23 dicembre 2021 39
Mahsa Mohebali

Mash Karim giurava e spergiurava di aver visto che la parte e ognuno di noi cominciò a uscirsene con qual-
mano sinistra del signor Barati era paralizzata, inerte, che buffonata.
come morta. Nessuno di noi credeva a quelle parole. Uno imitava il verso delle cornacchie, un altro can-
È mai possibile che la mano di un uomo vivo sia mor- tava le canzoni di Susan e un altro ancora si metteva a
ta? Mash Karim diceva che di morti ne aveva visti tan- ballare come Nematollah Aghasi. Il signor Barati li
ti in vita sua. Sì sentì addirittura in dovere di confessa- accompagnava canticchiando e storpiando le parole.
“Avevo cinque
re che da ragazzo aiutava suo padre a lavare i corpi Poi, a poco a poco, passammo a raccontarci vecchie
anni quando salii all’obitorio. Mash Karim diceva: “La sinistra del si- storie.
sul gelso di mio gnor Barati è morta e defunta. L’ho vista con i miei Il signor Barati, ormai più che brillo, tenne banco
nonno per occhi. È pallida, con le vene secche e bluastre. Pare con la storia del ventennale litigio tra i suoi genitori.
raccogliere le quella di un cadavere”. Sua madre e suo padre avevano passato gli ultimi anni
more. Scivolai con La maggior parte di noi non ci credeva. Però Mash senza parlarsi ed erano morti senza aver fatto pace. Il
il piede, cascai a Karim speculava alla grande su questo racconto. Gli tutto per una questione ridicola.
terra e, non so alunni della scuola gli davano la mancia per sentirlo. “Avevo cinque anni quando salii sul gelso di mio
come, mi ruppi La storia aveva avuto un merito: i ragazzi, adesso, te- nonno per raccogliere le more. Scivolai con il piede,
la mano” mevano il signor Barati ancora più di prima. cascai a terra e, non so come, mi ruppi la mano. Il me-
Già senza quella mano cadaverica, il signor Barati dico del paese me la ingessò e quando un mese dopo
faceva tremare di paura. Insegnava matematica ed mi tolsero il gesso si accorsero che era storta e non si
era anche il preside. Tra una lezione e l’altra prendeva muoveva.
la riga e passeggiava per il cortile della scuola batten- Mio padre mi portò dal medico di un paese vicino.
dosela lungo la gamba. Bastava che passasse per far Quello mi fece tener fermo da tre tizi che erano lì e mi
tacere di colpo schiamazzi e risate. Adesso che aveva saltò a piè pari sulla mano. La mano si ruppe di nuovo,
la mano di un morto, la sua autorità si elevava a quella lui la sistemò, ci spalmò una pomata e la ingessò. Do-
dell’angelo Azrael e nessun alunno in un raggio di po un mese, quando riaprirono il gesso, la mano era
venti metri da lui osava fiatare. sempre storta e ancora non si muoveva.
Il mistero durò finché, una sera, uscimmo in grup- Il medico del nostro paese mi ruppe la mano e la
po per festeggiare il compleanno di un collega e ci sistemò per una terza volta. Solo che non ci fu verso di
imbattemmo nella taverna dell’oste Avanes. Pian pia- raddrizzarla. Ci dissero che il mausoleo dell’imamza-
no l’alcol ci riscaldò, le formalità furono messe da deh Davud era il rimedio per tutti i mali. Donne steri-

40 Internazionale 1441 | 23 dicembre 2021


li rimanevano incinte, ciechi riacquistavano la vista: va giocato Mash Karim, invece di arrabbiarsi come ci Le ragazze
una mano storta cosa vuoi che fosse per l’imam?”. aspettavamo si sganasciò dalle risate. “Bene, se per dicevano che non
Il padre e la madre del signor Barati fecero salire me è stato un tiro mancino, per lui è stata una giocata avevano idea di
sul treno il loro diletto ultimogenito e si misero in vincente. Lasciategli pure raccontare quel che vuole”. come avrebbero
viaggio verso il mausoleo. Qui lo lasciarono tre gior- Fu così che le pretendenti del signor Barati si dira- reagito se il signor
ni e tre notti legato con una catena alla grata della darono all’improvviso. Le ragazze dicevano che non
Barati, un giorno,
tomba dell’imam per ottenere la grazia. La madre avevano idea di come avrebbero reagito se il signor
gli avesse mostrato
del signor Barati si raccomandò: “Se vedi una luce Barati, un giorno, gli avesse mostrato la mano. Una si
non fartela scappare, valle incontro. Devi dire: ‘Si- chiedeva se la sua futura sposa sarebbe stata obbliga- la mano. Una si
gnore mio, concedimi la grazia!’. Invoca l’interces- ta a toccarla. Un’altra era convinta che sarebbe svenu- chiedeva se la sua
sione del profeta, di’ che ti ha mandato lui, giuraglie- ta dalla paura. Insomma, le ammiratrici del signor futura sposa
lo”. E il signor Barati si chiedeva se fosse giusto men- Barati si erano scoraggiate e i giovani scapoli potero- sarebbe stata
tire al santissimo imam. no tirare un sospiro di sollievo. obbligata a
Il quarto giorno, il padre aveva ormai perso le spe- C’era anche una nutrita schiera d’insegnanti che toccarla
ranze in un miracolo e aveva anche finito la dose di dicevano che se si fossero trovati al posto del signor
oppio che si era portato da casa. Quello che vendeva- Barati, la mano non l’avrebbero mai nascosta. Soste-
no alla taverna costava un occhio della testa. Perse la nevano che bisognava fregarsene del parere altrui.
pazienza e si mise a raccogliere le loro quattro cara- Pazienza se agli altri faceva senso. Quella mano che
battole per caricarle in groppa a un mulo e raggiunge- teneva sempre in tasca era pur sempre una mano. Po-
re Teheran prima del tramonto. Il signor Barati, che teva usarla per aiutarsi a portare un vassoio. Con un
aveva cinque anni, dopo quella serie di nottate passa- po’ d’ingegno, poteva infilare un coltello tra le dita. Se
te a dormire poco e male, stava finalmente scivolando c’era da tirare su una cerniera o allacciarsi le scarpe,
in un sonno profondo, quando il padre lo chiamò per poteva essere senz’altro utile. Ma quella di tenere la
partire. La madre lo aveva pregato fino all’ultimo di mano in tasca era una decisione che il signor Barati
non svegliare il figlio e lui per mezz’ora gli aveva gira- aveva preso proprio a cinque anni. Ci aveva messo
to intorno mordendosi i baffi. Ma poi, spinto dal timo- una pietra sopra. Una mano che non può fare del bene
re d’incamminarsi con il buio, ignorò gli scongiuri è meglio che resti nascosta per non portare male.
della moglie, svegliò il bambino e lo piazzò in sella al
mulo. Il signor Barati mugugnava mezzo addormen- I problemi erano cominciati quando il signor Barati
tato: “Mi ha mandato il profeta…”. Alla madre venne- aveva deciso di fondare una scuola nazionale. Aveva
ro le lacrime agli occhi, gli chiese: “L’imam ti è appar- sempre simpatizzato per il Fronte nazionale e stima-
so in sogno?”. E il bambino rispose: “Ho visto una lu- va il dottor Mossadeq. Era convinto che fondare una
ce. L’ho seguita, ma era veloce. Gli ho tirato la tunica scuola nazionale sarebbe stato un grande passo per
e gli ho detto che mi ha mandato il profeta. Ma la luce perseguire i suoi ideali e dare senso alla sua vita.
è sparita e mi sono svegliato”. La madre ormai era Aprire una scuola di alto livello in un quartiere
convinta. L’imam stava quasi per salvare suo figlio e povero era la missione più alta a cui il signor Barati
guarirlo, quando quell’oppiomane di suo marito l’a- potesse ambire. Tramite sua madre, che era sempre
veva sottratto al sonno. pronta a sostenere il suo sfortunato figliolo, aveva
Nessuno, da allora, si sarebbe più preoccupato chiesto al fratello, che era proprietario di un negozio
della mano del signor Barati, che avrebbe smesso di di riso nel bazar di Teheran, un prestito per affittare
crescere e sarebbe rimasta piccola e atrofica. La ma- un edificio in via Anbar Naft adatto a ospitare una
dre non avrebbe mai più perdonato il padre, che con scuola. Era venuto da tutti noi e ci aveva chiesto di
la sua smania di tornare a casa a fumare aveva spezza- collaborare al suo progetto. Alla fine, grazie alla sua
to il cuore all’imam. La mano del signor Barati non determinazione e al nostro appoggio, era riuscito a
sarebbe mai più tornata a essere una mano e la lite tra trovare un insegnante per ogni grado d’istruzione,
i suoi genitori non sarebbe mai finita. dalle elementari alle superiori, per i turni diurni e
Eravamo tutti ammutoliti e ci era passata la sbor- quelli serali. Però c’erano ancora dei ruoli scoperti. Il
nia. Il signor Barati chiosò: “So che avevo fatto quel vecchio signore che avevamo visto girare intorno al-
sogno perché mia mamma non aveva fatto altro che la scuola il giorno dell’inaugurazione, e che si era
parlare dell’imam e della luce. Col senno di poi, avrei autoproclamato custode senza che nessuno gliel’a-
preferito che mi si rompesse anche l’altra mano piut- vesse chiesto, aveva suggerito al signor Barati di far-
tosto che dirglielo. Povera donna, ha passato una vita si aiutare dalla persona che l’anno prima aveva affit-
a rodersi il fegato e a tormentare mio padre”. tato l’edificio con lo stesso scopo, ma poi aveva falli-
Uno di noi ruppe quell’atmosfera pesante: “Signor to. Il signor Barati accettò il consiglio. Solo che il
Barati, fate attenzione che nessuno venga a sapere di giorno in cui la porta del suo ufficio si aprì, non cre-
questa storia. Col fatto che Mash Karim ha sparso la dette ai suoi occhi nel vedere entrare la signora
voce che la vostra mano pare quella di un morto, an- Ruhangiz Shiyani. Non l’aveva nemmeno sfiorato
che il più incorreggibile degli alunni è diventato un l’idea che una donna, prima di lui, avesse potuto
agnellino. Vi prego, non privateci di questa pace!”. Il pensare d’istituire una scuola nazionale in quel
signor Barati volle sapere com’erano andate le cose e quartiere. E il fatto che avesse fallito non influì mini-
quando gli raccontarono del tiro mancino che gli ave- mamente sui pensieri che si stavano formando nella

Internazionale 1441 | 23 dicembre 2021 41


Mahsa Mohebali
sua mente. Fino ad allora non aveva mai incontrato signor Barati o della dolce Ruhi, la famiglia dello spo-
una donna dotata di una tale intraprendenza. so non vide la sposa fino al giorno del matrimonio. Il
La sola idea che una giovane donna avesse deciso, signor Barati aveva predisposto ogni cosa secondo i
un anno prima di lui, di lanciarsi nella sua stessa fon- suoi piani. Le spese per il corredo, la scelta dei vestiti,
damentale impresa e che nonostante il fallimento il noleggio dei tavoli e delle sedie. Quando i parenti
fosse entrata nel suo ufficio a testa alta, aveva anneb- del signor Barati videro quella che, a loro dire, pareva
biato la vista del signor Barati, oscurando ai suoi occhi un’avvizzita cinquantenne stretta in un abito costoso
qualsiasi altro dettaglio del volto e dei modi della e scollato, tempestato di gemme che poi si scoprirono
donna. Secondo il signor Barati, Ruhangiz era un an- false, gridarono unanimemente alla tragedia.
gelo alato che era sceso dal cielo e si era manifestato Nessuno si capacitava del fatto che il signor Barati,
nella sua stanza con la maestosità di uno splendido con il suo bel volto, l’alta statura e quell’aria da Clark
pavone. In un solo istante il signor Barati era diventa- Gable, si fosse innamorato di una donna simile. Tutti
to cieco, sordo e innamorato. concordavano che Ruhi gli avesse fatto una stregone-
Ruhangiz Shiyani era una donna dalla carnagione ria. Erano state le ragazze, probabilmente, a mettere
olivastra e dalla pelle cosparsa di macchioline. Gli oc- in giro quella voce, bisognose di consolare il loro or-
chi piccoli, incavati e inespressivi erano sormontati goglio ferito. Come mai, alla fine, il signor Barati non
da un paio di spesse sopracciglia che si ricongiunge- aveva scelto una delle insegnanti che avevano lavora-
vano sul naso adunco formando un’unica linea. Le to per anni con lui? Ce n’erano per tutti i gusti. Ragaz-
labbra sottili permettevano alla dentatura storta di ze alte e slanciate oppure delicate e minute. Dai dolci
uscire allo scoperto. Ma il peggio era la sporcizia che occhi neri e dalle sopracciglia more oppure dai capel-
le pioveva dalla testa. A occhio e croce si faceva al li ramati e dalla pelle bianca e gli occhi verdi. Timide
massimo un bagno ogni due settimane, se non tre, ed o socievoli. Perché proprio la signora Shiyani?
era evidente che i suoi capelli non avevano mai cono- Tempo dopo il matrimonio, capitava che a volte il
Indossava una
sciuto il pettine né la spazzola. Legava quei grovigli signor Barati insistesse per invitare a pranzo uno di
gonna marrone e dietro la testa con un elastico e a volte portava anche noi. Le urla della sua neonata che piangeva rimbom-
una camicia da un foularino annodato sotto la gola. bavano come gli improperi di un balordo in mezzo
uomo blu, con il Indossava una gonna marrone e una camicia da alla strada.
colletto e i polsi uomo blu, con il colletto e i polsi bisunti. Le calze co-
bisunti. Le calze

S
lor carne, sgualcite qua e là, le arrivavano sotto le gi- enza ammettere discussioni, il signor Ba-
color carne, nocchia pelose, che lei lasciava impudicamente in rati ci appoggiava la mano dietro la schie-
sgualcite qua e là, bella vista ogni volta che si sedeva. na e ci spingeva dentro casa. Una casa di
le arrivavano sotto Ma agli occhi del signor Barati, tutto ciò era un in- cui ciascuno di noi aveva un’opinione,
le ginocchia pelose, canto. Era la somma della dignità, dell’onore e della ma su cui tutti concordavano nel dire che
che lei lasciava sobrietà. Nella testa infarcita d’ideali del signor Bara- non era adatta ad accogliere ospiti e da
ti, una ragazza che non si curava dell’aspetto fisico, cui volevamo uscire tutti il prima possibile. I materas-
impudicamente in
ma si dimostrava tanto audace e consapevole da fon- si della notte, non ancora arrotolati, giacevano ab-
bella vista ogni dare una scuola nazionale in un quartiere disagiato, bandonati sul tappeto. In un angolo c’era una macchi-
volta che si sedeva. era come un angelo. na da cucire con dentro le braghe del signor Barati.
Ma agli occhi del La signora Shiyani fu assunta come professoressa L’asse da stiro era aperta con sopra una camicia mez-
signor Barati, in prima media. Con quello sguardo minaccioso en- za stirata e mezza bruciacchiata. In un angolo del cor-
tutto ciò era un fatizzato dalle sopracciglia nere e dai baffi che le tile giacevano in disuso una scopa, una paletta e una
incanto. Era la spuntavano sopra il labbro, teneva così bene a bada bacinella dentro cui ammuffivano dei vestiti bagnati.
somma della quel branco di scapestrati che il signor Barati finì per Ruhi se ne stava seduta davanti al televisore, la cor-
dignità, dell’onore innamorarsene ancora di più. netta del telefono all’orecchio. Puliva il riso e sgra-
e della sobrietà Il primo anno di apertura dell’istituto non aveva nocchiava semini tostati mentre la pargoletta strilla-
portato chissà quali guadagni, ma abbastanza perché va a più non posso.
il signor Barati restituisse il prestito al fratello e tor- Non appena entravamo in casa, il signor Barati si
nasse, poco dopo, a richiedergli la stessa somma. scusava per il disordine. Noi tentavamo di aggrappar-
Questa volta era per le spese del suo matrimonio con ci a un pretesto per scappare via, ma lui era gentilissi-
la signora Shiyani, che nel frattempo aveva preso a mo. Non poteva assolutamente permettere che un
chiamare “mia dolce Ruhi”. ospite girasse i tacchi sulla soglia di casa sua. Dunque
Nessuno di noi riusciva a credere che il signor Ba- lo tirava dentro con insistenza e, mentre gli ripeteva
rati sposasse davvero la signora Shiyani. C’era chi di- di mettersi comodo, lanciava un grido alla moglie ac-
ceva che di sicuro, prima delle nozze, sarebbe succes- compagnato da occhiate minacciose. Ruhi, allora,
so qualcosa che gli avrebbe aperto gli occhi. Un altro metteva giù il telefono e con una risata allegra ci rivol-
diceva che il signor Barati non era tipo da sposarsi e geva il benvenuto.
che prima di finire in trappola se ne sarebbe tirato fuo- Il signor Barati offriva un pigiama all’ospite e s’in-
ri in qualche modo. Secondo le ragazze non appena il filava il suo con le tasche, abbracciava la sua Negin di
signor Barati avesse mandato la madre e la sorella a pochi mesi e chiedeva brontolando a Ruhi come mai
chiedere la mano della sposa, il matrimonio sarebbe non avesse cambiato la bambina. Poi apriva le fasce
andato a monte. Tuttavia, non si sa se per le trame del della piccola e la portava alla vasca in cortile. Appog-

42 Internazionale 1441 | 23 dicembre 2021


giava la piccola sul bordo e le lavava il sederino, poi lui non si aggiustavano. Dunque il signor Barati fini-
le chiudeva intorno alla vita un pannolino nuovo e va di stirare la camicia che naturalmente con il suo
tornava dentro. tocco magico diventava perfetta. Infilava le dita in
Intanto l’ospite, indossato il suo pigiama, ascolta- una bacinella, schizzava un po’ d’acqua sulla camicia
va le lamentele di Ruhi. Lei ci aveva provato a ram- e poi, presto, ripassava il ferro da stiro.
mendare le braghe del signor Barati, solo che aveva Una volta che aveva rimesso a posto la macchina
rotto il filo e la macchina da cucire si era inceppata e da cucire, il ferro da stiro e tutte le altre cianfrusaglie,
poi il marito non la portava a riparare. Il ferro da stiro, sfilava la bambina dalle braccia di Ruhi, le faceva fare
inoltre, era impazzito, la temperatura faceva su e giù, il ruttino e la posava dolcemente nella culla. Stendeva
ed ecco che la camicia del signor Barati si era bruciata la tovaglia sul tappeto, serviva il pranzo, andava a
sul petto. La figlia aveva strillato tutta la mattina e la prendere i sottaceti di sua madre dal ripostiglio e li
stava facendo uscire dalla grazia di dio, non le aveva offriva all’ospite.
nemmeno lasciato spazzare il cortile o raccogliere le Il quale, poverino, si sentiva terribilmente mortifi-
foglie secche e… E di colpo la dolce Ruhi si ricordava cato che il signor Barati avesse sgobbato così tanto da
di avere ancora addosso la camicia da notte. grondare di sudore. Al tempo stesso, però, non avreb-
Il signor Barati consegnava alla moglie la bambi- be mai avuto il coraggio di offrirsi di aiutarlo, sia mai
na avvolta nel suo nuovo fagottino per fargliela allat- che fosse preso come un insulto. Si sedeva alla tova-
tare e addormentarla, poi batteva i materassi con glia e mandava giù a forza il dopiazeh, che non era an-
una sola mano. Subito dopo recuperava il vassoio cora del tutto cotto, e i sottaceti. Poi, d’un tratto, l’oc-
con il riso, lo scuoteva un po’ e separava i sassolini. chio del signor Barati cadeva sull’orologio, si schiaffa-
Poi lavava il riso e lo metteva da parte. Poi, sempre va in bocca l’ultimo boccone, si cambiava i vestiti, si
con la stessa mano, sbucciava le cipolle e le patate e allacciava le scarpe, elencava a Ruhi i compiti della
metteva in pentola un dopiazeh come si deve. Intanto giornata e in tutta fretta tornava a scuola con il suo
che il riso cuoceva, andava in cortile e spazzava via le caro ospite prima che suonasse la campanella e lì ri-
foglie della rosa canina. Poi andava alla macchina da maneva fino a sera a istruire gli allievi.
cucire, faceva andare un po’ il pedale e scoccava Sembrava quasi che Ruhi lasciasse tutti quei lavo-
un’occhiataccia a Ruhi per farle sapere che non c’era ri incompiuti solo perché non voleva offendere il si-
nessun guasto. Lei sorrideva e diceva che le cose gnor Barati e mettere in dubbio le sue capacità. Lei
avevano paura di suo marito, finché non le toccava non lo vedeva come un uomo svantaggiato. Al signor

Internazionale 1441 | 23 dicembre 2021 43


Mahsa Mohebali

Barati non mancava niente, era perfetto. All’inizio, perché teneva la mano in tasca sia perché Negin, che
almeno, alcuni la pensavano così, ma dopo un po’ do- aveva tre anni, gli spuntava dal gomito. Ruhi, invece,
vettero ricredersi e si unirono al nostro parere. “Ma posava a braccia aperte, come se ballasse o accoglies-
guarda che moglie si è preso il signor Barati”, escla- se un ospite, e sorrideva sguaiata. Nella foto avevano
mavamo, “contento lui!”. tutti la bocca spalancata. Negin strillava per attirare
Nelle foto del compleanno della prima figlia, Ruhi l’attenzione. Ruhi sghignazzava. Le gemelle urlavano
indossava un bel vestito ed era truccata e pettinata a squarciagola. E il signor Barati gridava ancora più
come Brigitte Bardot. Era davvero in forma. Ma dopo forte nel vano tentativo di zittirle tutte.
la nascita delle gemelle, Zarrin e Simin, quel barlume Le gemelle, stufe di stare appiccicate, si dimena-
di buon gusto era di nuovo sparito e nelle foto di com- vano così tanto che sembravano un budda dalle mille
pleanno dei tre anni di Negin, Ruhi era tornata la braccia, mentre il signor Barati sembrava un acrobata
sciattona di prima. A quanto pare il signor Barati non pronto a esibirsi in un numero mozzafiato. Dalla foto
riusciva più a mandarla dalla parrucchiera. In quelle veniva spontaneo immaginarsi una delle bambine
foto Ruhi compariva con una camiciona di cotone che scivolava per terra subito dopo lo scatto, mentre
stampato e i capelli che sparavano in tutte le direzio- un vaso si rompeva, la tovaglia veniva tirata via con
ni, le sopracciglia le erano cresciute fino a sembrare violenza e l’alzata per i dolci e la frutta finiva per aria.
un paio di zampe di capra e fissava l’obiettivo con il Ma non succedeva mai niente del genere, almeno
suo solito sorriso ebete sulle labbra. finché Ruhi non toccava qualcosa. Sotto il controllo
La nascita delle gemelle, per il signor Barati, fu del signor Barati nessun piatto si rompeva, nessuna
una vera catastrofe. Se prima riusciva a raccapezzarsi bambina scivolava e l’alzata dei dolci rimaneva stabi-
di tutto quello che aveva da fare, il loro arrivo lo man- le al suo posto. Ma non appena Ruhi metteva piede in
dò totalmente nel pallone. Da solo non ce la faceva a cucina, si scatenava l’inferno. Il signor Barati la rag-
dondolarle per fare il ruttino e a metterle a nanna tut- giungeva sgomento e lei, con quell’assurdo sorriso,
te e due insieme. Nelle foto del loro primo complean- raccontava sghignazzando cos’era successo. Aveva
no, si può ammirare l’originale metodo con cui il si- servito il riso sul vassoio, ma quando aveva provato a
gnor Barati tentava di tenerle in braccio. Con una sollevarlo scottava troppo e l’aveva lasciato cadere,
gamba alzata e il piede puntato sull’altra, le faceva oppure quando stava per versare il sugo nelle zuppie-
sedere una dietro l’altra sul ginocchio piegato e le re, le grida del marito che chiamava le figlie l’avevano
stringeva a sé precariamente sbilanciato a sinistra, sia fatta sussultare e la pentola le era sfuggita di mano.

44 Internazionale 1441 | 23 dicembre 2021


Il signor Barati non era tirchio, ma odiava gli spre- tirava dritta senza ostacoli, quando era il momento di Con l’arrivo delle
chi. Detestava che si rompessero i piatti, che si sciu- passare alla terza, ecco che ripeteva la professione di gemelle capì che i
passe il sugo, che si sbeccassero cristalli e porcellane. fede. Del resto, bastava la presenza di un solo albero difetti non sempre
Ci teneva che fosse tutto perfetto. S’irritava se il ser- nel raggio di cento metri perché la macchina lo cen- dipendono dalla
vizio delle zuppiere contava cinque pezzi anziché sei. trasse in pieno. Lo stesso valeva per il muro di un giar- mancanza di
Non gli piaceva che si smarrissero le posate. Se si ac- dino o un cumulo di terra. Ruhi aveva un talento spe-
qualcosa. A volte
corgeva che ne mancava una, svuotava i sacchi ciale nell’andare incontro agli ostacoli, come se l’atti-
è il troppo a
dell’immondizia in cortile e passava ore a rovistare rassero. Ma non era colpa sua. Appena lei ingranava
nella speranza di ritrovarla. E se era fortunato, esulta- la terza si appellava a dio, schiacciava l’acceleratore, sconvolgere
va di gioia e al contempo urlava contro Ruhi, che non chiudeva gli occhi, lasciava il volante, si metteva le l’ordine. Nel caso
era stata attenta e aveva buttato due forchette e un mani in testa e gridava il nome del signor Barati. Co- specifico, erano
coltello insieme alle bucce della frutta. me poteva essere colpa sua se la macchina andava a le gemelle. Il fatto
Il signor Barati aveva l’abitudine di perfezionare sbattere contro il muro proprio quando staccava le che disponessero
ciò che era imperfetto, ma con l’arrivo delle gemelle mani dal volante e teneva gli occhi chiusi? di quattro mani e
capì che i difetti non sempre dipendono dalla man- Ruhi sveniva dopo ogni scontro e rinveniva con quattro gambe era
canza di qualcosa. A volte è il troppo a sconvolgere l’aiuto di un po’ d’acqua zuccherata. Alla fine il signor un bel guaio
l’ordine. Nel caso specifico, erano le gemelle. Il fatto Barati si era convinto che non ne valeva la pena. Prese
che disponessero di quattro mani e quattro gambe era un giorno libero e andò a scegliere le due auto che gli
un bel guaio. Il signor Barati non capiva la ragione per aveva promesso il governo con il proposito di riven-
cui una cosa dovesse sempre moltiplicarsi per due, se derle sul posto. Solo che, non appena arrivò al par-
non per quattro. Inoltre, una delle gemelle aveva un cheggio dell’Iran Khodro, notò una fila di Paykan
dito del piede in più. Totale: quarantuno dita. Il che, grigio metallizzato, fece qualche domanda e nel giro
per il signor Barati, era come se un servizio di posate di qualche secondo realizzò che una di quelle era esat-
contasse venticinque pezzi anziché ventiquattro, o tamente il destriero che faceva per lui.
come se ci fossero tre cucchiai in più. Le mancanze si Era una Paykan con il cambio automatico che nes-
potevano compensare, ma come gestire l’eccesso? suno voleva a causa del suo prezzo esorbitante. L’a-
Buttare via? Più di una volta gli era capitato di pensare zienda aveva avviato una linea di produzione speri-
che, forse, una famiglia che non riusciva ad avere figli mentale, ma l’aveva smantellata quasi subito. La
avrebbe potuto adottare Zarrin oppure Simin. Addi- Paykan era l’auto degli impiegati e se qualcuno poteva
rittura si era detto che, magari, avrebbe potuto farlo permettersi di spendere di più, di certo non andava a
sua sorella, che di figli ne aveva già sei. Quindi c’era comprare una di quelle umili utilitarie che potevano
stato un periodo in cui, pieno di ottimismo, portava anche essere dotate di tutti i comfort, ma mancavano
l’una o l’altra gemella a casa della zia, con la speranza comunque di prestigio. Tuttavia, per il signor Barati,
che quest’ultima invitasse magnanimamente la pic- la Paykan con il cambio automatico si rivelò essere il
cola a rimanere. Ma non era mai successo. La sera, destriero ideale.
puntualmente, le gemelle venivano restituite al mit- A furia di accompagnare Ruhi alla scuola guida, il
tente prima che arrivasse l’ora di andare dormire. signor Barati aveva appreso tutte le competenze ne-
Nel frattempo, il governo annunciò che avrebbe cessarie per stare al volante. Dunque prese la sua au-
concesso a ogni insegnante un’utilitaria nazionale. to, salì a bordo e tornò a casa. La settimana dopo so-
Fino ad allora il signor Barati non aveva mai pensato stenne gli esami di teoria e di pratica, e ricevette la
di comprare una macchina, ma quando uscì questa patente. Guidare, per il signor Barati, era una tale
notizia iscrisse subito Ruhi alla scuola guida. Poteva- emozione che ogni fine settimana caricava il baga-
no ricevere una Paykan a testa, e il signor Barati inten- gliaio della macchina con l’occorrente del picnic, fa-
deva venderne una e tenere l’altra. ceva salire Ruhi e le figlie, veniva a cercare qualcuno
Sorvoliamo sulle rovinose ore che il signor Barati di noi e lo costringeva a unirsi alla sua gita. Per lui era
passava a fare la spola tra casa e lavoro per sorvegliare un’opportunità per riposare la mente nella natura.
la babysitter che avevano assunto così da permettere Dopo aver preparato il riso su un fornelletto, fatto ar-
a Ruhi di andare alla scuola guida. Dopo sei mesi fu rostire degli spiedini, apparecchiato il pranzo e lavato
chiaro che Ruhi non avrebbe mai imparato a guidare. i piatti nel fiume, poteva finalmente stendersi sotto
Le venticinque lezioni e le svariate ore di pratica con un albero a rilassarsi, respirare aria pulita e guardare
le auto di amici e conoscenti si erano interrotte dopo le nuvole. Erano gli unici momenti in cui il signor Ba-
che la macchina della scuola era caduta tre volte in un rati si sentiva davvero felice.
fosso e le nostre si erano schiantate una contro un al- Tutto continuò a filare liscio come l’olio finché uno
bero e una contro un muro, mentre l’ultima era anda- di noi, che aveva smesso di insegnare e lavorava or-
ta a finire su un terrapieno. mai da un po’ per l’Ente delle proprietà fondiarie, do-
Per fare pratica sceglievano dei posti deserti, dove ve a quanto pareva si guadagnava bene, si trasferì dal
non passava mai nessuno, ma per Ruhi se c’era traffi- vecchio quartiere a una zona di recente costruzione.
co o no cambiava poco. Non appena accendeva il mo- La prima volta che quell’ex insegnante e attuale im-
tore, cominciava a sussurrare il Corano. Quando le piegato dell’ente diede una festa, c’invitò a fare un
chiedevano di mettere la seconda, partiva a recitare il giro della nuova casa prima che fosse servito il pran-
versetto del Trono e anche se la strada davanti a lei zo, proprio come si usava all’estero. Le signore, che

Internazionale 1441 | 23 dicembre 2021 45


Mahsa Mohebali
Era ancora in non vedevano l’ora di visitarla, si accodarono subito tro angoli della città a discrezione del ministero della
grado di dietro il nostro amico, che le portò a vedere tre came- pubblica istruzione o sulla base dell’atto di proprietà
fomentare gli re grandi e luminose, due bagni, uno per gli ospiti e della loro casa, e la stessa sorte toccò al signor Barati.
abitanti della l’altro completo di vasca, e la spaziosa cucina dalla Il signor Barati non era mai stato avido. Non si fa-
zona contro quale si accedeva alla sala da pranzo attraverso un ceva pagare dalle famiglie povere o numerose e chie-
cancelletto di legno. Ovviamente non mancò di mo- deva invece il doppio alle famiglie degli allievi sfati-
l’aumento del
strare il soggiorno elegantemente arredato e l’ampia cati e benestanti, che iscriveva quasi come se stesse
prezzo del latte, di
terrazza che tre gradini collegavano a un patio pieno facendo un favore ai loro padri. Era puntuale nel pa-
spingerli a di alberi e cespugli di roselline. Eravamo tutti ammi- gare gli stipendi e se alla fine dell’anno scolastico ri-
rompere le rati. Il pranzo fu servito a un tavolo da dodici posti in maneva qualche soldo in cassa, lo spendeva per
bottiglie davanti un’atmosfera assai cordiale, dopodiché passammo a comprare i libri o ricompensare gli insegnanti che si
al supermercato e giocare a tavola reale e a carte, e tra risate e chiacchie- erano dati maggiormente da fare e non avevano avu-
gridare “Morte al re tirammo fino a sera. Quelle ore gioiose, tuttavia, to alunni bocciati.
profittatore!”. non impedirono alle nostre mogli di romperci le sca-

O
Ma due settimane tole non appena arrivate a casa. rmai la scuola non era più la nostra.
dopo nessuno Cos’avevamo in meno del nostro amico? Mica era- Un giovane direttore a cui era appena
si ricordava più vamo degli imbranati! Era la metà degli anni settanta spuntata la barba aveva preso il posto
e gli insegnanti se la cavavano piuttosto bene. Molti di del signor Barati, che per via delle sue
di lui
noi avevano scelto la moglie tra le colleghe, come il tendenze politiche era stato mandato
signor Barati, dunque con due stipendi da insegnante a insegnare matematica nel distretto
potevamo chiedere un grosso prestito in banca e tra- rurale di Sulqan. Per molti il signor Barati era già stato
slocare dal vecchio quartiere a quello nuovo senza fortunato a non essere licenziato come era capitato a
sentirci in colpa per esserci imborghesiti. tanti di noi.
Il signor Barati, però, era così fissato su questo Adesso al signor Barati toccava fare tutti i giorni il
punto che aveva preferito evitare di unirsi a noi nella pendolare dal quartiere di Anbar Naft fino all’estrema
nostra piccola scalata sociale. Seguendo ancora i suoi periferia della città. E siccome i brontolii di Ruhi met-
ideali comprava solo prodotti made in Iran e ogni apri- tevano ulteriormente a dura prova il suo cuore già
le ci chiamava tutti per andare insieme ad Ahmad spezzato, si risolse a lasciare il suo vecchio quartiere
Abad, dove il dottor Mossadeq aveva finito i suoi gior- per trasferirsi vicino al lavoro.
ni in esilio, e riflettere su cosa sarebbe potuto diventa- Con l’aiuto degli amici, anche il signor Barati ot-
re l’Iran se quel maledetto scià non l’avesse tradito. tenne un prestito e diventò proprietario di una casa
L’aria della rivoluzione cominciava a sentirsi. Era- in una zona di recente costruzione. L’affare immobi-
no giorni strani. Giorni di entusiasmo e di allegria, di liare del signor Barati coincise, però, con il repentino
sommosse, grida e sangue. Tutti noi, dall’estrema si- impoverimento del ceto medio. Aveva sbagliato tut-
nistra alla destra radicale, o dalla sinistra moderata ti i calcoli. Ora era costretto a improvvisarsi tassista
alla destra intellettuale, andavamo mano nella mano per sbarcare il lunario. A volte qualcuno di noi lo ve-
alle manifestazioni insieme al signor Barati, che sim- deva che caricava i passeggeri e li portava dal quar-
patizzava per il Fronte nazionale. tiere di Shahr-e Ziba a piazza Ariashahr o da piazza
Il signor Barati era il più emozionato di tutti. Se- Ariashahr a viale Enqelab. A tutti noi veniva un nodo
guiva con attenzione le notizie della Bbc e al minimo alla gola nel vedere il signor Barati che, nonostante il
fattarello chiudeva la scuola e andava a manifestare suo portamento fiero, era costretto a fare un lavoro
facendosi seguire dagli allievi in file ordinate. tanto umile.
Il signor Barati si ricordava benissimo del colpo di Neanche noi ce la passavamo bene. Vivevamo tut-
stato del ’53 e della repressione del ’63. Allora era un ti schiacciati dai debiti con la banca. Quando aveva-
giovane irruento, ma adesso era un uomo alla soglia mo chiesto il prestito, contavamo sull’aumento dello
dei cinquant’anni e sentiva che le sue lotte venivano stipendio. Ma quello era rimasto lo stesso, mentre
finalmente ripagate. Cosa c’è di più bello che assiste- l’inflazione cresceva a dismisura. Quelli che erano
re alla caduta del dittatore del proprio tempo e veder- stati licenziati facevano gli autisti per un’agenzia di
lo sostituire dal partito che sosteniamo? Ma la sua taxi o i commessi nel negozio di un fratello o di un co-
gioia non durò a lungo. Il primo ministro Bazargan si gnato nel bazar. C’era il razionamento dei beni di pri-
dimise e pian piano la nave del signor Barati affondò. ma necessità. Ormai c’incontravamo per lo più alla
Il governo dichiarò tutte le scuole nazionali proprietà cooperativa degli insegnanti, a fare la fila per il riso,
dello stato. Per il signor Barati, che si era fatto in quat- l’olio o il pollo. Il signor Barati era ancora la nostra gui-
tro per il suo istituto, era come se gli avessero strappa- da. Appena veniva annunciato il numero di un cou-
to un pezzo di cuore. pon, ci telefonava per dircelo. Quando la cooperativa
Per un periodo provò a scrivere delle petizioni e a offriva merce di qualità a buon prezzo, si faceva tene-
raccogliere le firme dei colleghi, e quando capì che re il posto in fila e correva alla cabina telefonica più
non c’era niente da fare continuò a insistere con il mi- vicina per avvertirci.
nistero della pubblica istruzione perché mantenesse Il signor Barati pensava che la causa di tutte le sue
tutti i suoi insegnanti e il personale nella stessa scuo- disgrazie fosse aver lasciato il vecchio quartiere per
la, ma invano. I professori furono disseminati ai quat- trasferirsi in quello nuovo. Ogni tanto faceva una ca-

46 Internazionale 1441 | 23 dicembre 2021


patina ad Anbar Naft per confrontare i prezzi, e se lui a iscriversi e a imprimere nelle loro testoline la ma-
solo trovava un biscotto che costava qualche centesi- tematica, l’algebra, la trigonometria, la storia e la so-
mo in meno si lasciava prendere dallo sconforto e ciologia così che potessero andare all’università o
imprecava contro il cielo e chi aveva messo al mondo trovare lavoro in un qualche ufficio, a quest’ora si sa-
il proprietario del supermercato del posto dove abita- rebbero trovati tutti a spipettare in fondo a qualche
va adesso. lurido vicolo.
In realtà sapevamo benissimo che quegli insulti Ma chi vuoi che lo sapesse, nel nuovo quartiere?
erano diretti anche a noi, che ci eravamo lasciati infi- Nessuna fila si apriva per lui. Nessun cappello si alza-
nocchiare dalla prospettiva della scalata sociale. Il va in segno di rispetto. Nel nuovo quartiere il signor
benessere degli anni settanta ci aveva spinti a tradire Barati era un vecchio taccagno che non voleva nem-
i nostri ideali. Se fossimo rimasti nel vecchio quartie- meno pagare le merendine che le gemelle sgraffigna-
re, non ci sarebbero stati prestiti né rate né quelle case vano al supermercato.
sterminate per cui toccava vendere un rene se si vole- Il suo spirito rivoluzionario, però, era rimasto in-
va pagare il gasolio che comunque bastava a malape- tatto. Era ancora in grado di fomentare gli abitanti
na per riscaldarle. della zona contro l’aumento del prezzo del latte, di
Al signor Barati mancava la piccola stufa verde spingerli a rompere le bottiglie davanti al supermer-
Aladdin a cui bastavano un paio di bicchieri di chero- cato e gridare “Morte al profittatore!”. Ma due setti-
sene per riscaldare tutta la casa e su cui si poteva an- mane dopo nessuno si ricordava più di lui o se si ricor-
che cuocere il riso o una bella minestra. Gli mancava dava, lo malediceva a denti stretti perché ora, per
il panificio del quartiere. Quel quartiere dove tutti colpa sua, non lo facevano più entrare nel negozio.
mandavano i figli alla sua scuola e tutti avevano ri- Intanto Ruhi gli annunciò una nuova gravidanza
spetto per lui. Al suo arrivo, la fila davanti al panificio e la sola risposta che il signor Barati fu in grado di
si apriva per lasciarlo passare e prendere la sua stri- dare fu: aborto! Ruhi però non ne voleva sapere, ci
scia croccante di pane sangak prima di tutti. Gli man- teneva troppo a quell’ultima creaturina e fece perde-
cava anche Reza il droghiere, che gli teneva sempre re la faccia al signor Barati andando in giro a dire
da parte due bottiglie di latte senza che nessuno pro- dappertutto che lui voleva uccidergliela. Dopo la na-
testasse. Dopotutto era stato lui a tirar su i bambini scita delle gemelle, il signor Barati si era convinto
del quartiere. Chissà che fine avrebbero fatto, quegli che i bambini fossero degli assassini. Non poteva
sfaticati, senza la sua scuola. Se non li avesse costretti accettare il rischio che la moglie partorisse dei ge-

Internazionale 1441 | 23 dicembre 2021 47


Mahsa Mohebali
melli anche stavolta. Come sempre Ruhi piangeva e gnor Barati che aveva comprato così tante verdure.
lui gridava, ma alla fine lasciò perdere. Ma nella casa di adesso il signor Barati doveva an-
Quando nacque la piccola Tala, fu il caos. Nel dare fino al mercato principale per prendere le erbe e
quartiere dove abitavano prima avrebbero potuto tro- le verdure, e quando tornava non c’era nessuna vicina
vare una balia, una bambinaia, una vicina di casa che che aiutasse Ruhi. Le erbe aromatiche rimanevano a
gli desse una mano. Ma nel nuovo quartiere non c’era ingiallire nel patio finché il signor Barati non era co-
niente del genere. Lì le famiglie avevano la servitù da stretto a buttarne via la metà e a pulire il resto per con-
generazioni e non la condividevano con nessuno. Op- to suo, maledicendo la moglie.
pure c’erano gli impiegati che badavano solo ai fatti Le gemelle non facevano altro che mangiare ed
loro. Nella vecchia casa se il signor Barati lanciava un erano quelle che, più di tutte, mettevano alla prova i
urlo, i vicini accorrevano subito per vedere se aveva nervi del signor Barati. Perché mai di una figlia dove-
bisogno d’aiuto. La nuova casa, invece, era così gran- va circolare in casa anche la copia? Una era già troppo.
de che nessuno lo sentiva, e se lo sentiva, comunque, Le gemelle, per il signor Barati, erano il più grande
preferiva non intervenire. scherzo che gli avesse riservato il destino. Lui, con la
Nonostante l’arrivo di Tala in famiglia e i problemi sua mentalità da matematico, cercava di risolvere i
economici, il signor Barati si teneva lo stesso aggior- problemi della vita. Prendeva sempre nota delle spe-
nato su tutto. La notte andava sul tetto con la sua ra- se e ogni volta che arrivava a quelle delle gemelle sob-
dio a onde corte ad ascoltare la Bbc o la Voce della li- balzava sulla sedia: tutto raddoppiava. Ormai era di-
bertà o qualsiasi altra frequenza che riusciva a pren- ventato bravo a moltiplicare per due. Anche a scuola,
dere, e non appena sentiva di un’operazione bellica, lo diceva sempre ai suoi studenti: “Se imparate a mol-
una vittoria, un ritiro o l’esplosione di una bomba, tiplicare per due, potete moltiplicare tutti i numeri”.
ecco che correva a chiamarci per diffondere la noti- Uno per due, due. Due per due, quattro. Quattro per
zia. Come quella volta che, in preda all’entusiasmo, quattro, sedici. Pensava ai prezzi delle borse, delle
Il signor Barati
aveva fatto squillare i nostri telefoni uno dopo l’altro scarpe, dei libri e dei quaderni e, in fondo, sperava che
non aveva altra perché la radio aveva trasmesso per sbaglio il vecchio tutte quelle operazioni di matematica potessero por-
scelta che portare inno nazionale Oh, Iran!. tare a un miracolo. I problemi delle verifiche avevano
a scuola con sé la Agli annuali pellegrinaggi alla tomba di Mossadeq sempre a che fare con il prezzo di qualcosa, fossero
piccolina, che, erano subentrati gli incontri ai funerali dei leader del vestiti, torte o gelati.
cosa incredibile, Fronte nazionale. Il signor Barati si fermava davanti Quando si trattava delle spese per le gemelle, cer-
era bella, e alla moschea con la mano infilata in tasca e controlla- cava di tirare la cinghia il più possibile. Secondo lui,
affidarla alla va il viavai di persone per distinguere i nemici dagli Ruhi le aveva messe al mondo per colpa della sua ne-
segretaria o alla amici. Ormai i suoi capelli brizzolati si erano incanu- gligenza assoluta. Dunque, si aspettava che almeno le
bidella. Il signor titi del tutto, ma non aveva perso niente del suo fasci- due bambine si adattassero alla situazione. Per esem-
Barati era no. Era diventato un anziano signore dalle guance pio avevano il righello, la gomma, il temperamatite,
rubizze e il ciuffo argenteo, che indossava ancora i l’album da disegno e i pastelli in comune. Dei libri ne
contento perché
suoi completi acquistati prima della rivoluzione e cu- comprava solo una copia per titolo. Ma le gemelle ve-
Tala stava stodiva le sue variopinte cravatte nell’armadio per nivano sempre separate a scuola perché insieme face-
simpatica a tutti e quel giorno che forse sarebbe arrivato. vano le monelle e così i calcoli del signor Barati alla
veniva rimpinzata Quando, nella vecchia casa, l’ortolano passava fine non tornavano.
a dovere dalla per il vicolo, il signor Barati usciva a fare la scorta di Il signor Barati passava le notti a tracciare le linee
segretaria e dalle erbe aromatiche per un mese. Ruhi, che aveva il con il righello sulle pagine dei quaderni delle gemelle
insegnanti. Una compito di pulirle, si piazzava davanti alla tv a guar- e poi, a seconda del loro programma, divideva l’oc-
bocca in meno da dare uno sceneggiato o il telegiornale e, di tanto in corrente. Per esempio, se Simin aveva matematica
sfamare! tanto, afferrava un gambo e lo spezzava in due. Solo alla prima ora, le metteva nello zaino il righello, la
che si confondeva e infilava le radici nel sacchetto squadra e il compasso, mentre la gomma e il tempe-
delle erbe pulite e viceversa. Vedendo che passavano ramatite li infilava nello zaino di Zarrin, che aveva il
le ore e la montagnola verde di fianco alla moglie dettato. Capitava però che le gemelle, siccome erano
non si riduceva, il signor Barati andava a chiedere identiche come due gocce d’acqua e di solito erano
una mano a una vicina. Mosse dal rispetto che aveva- distratte, prendessero lo zaino sbagliato oppure si
no per il signor Barati, le vicine prendevano le erbe, scambiassero le lezioni. Nessuno era in grado di di-
le risciacquavano tre volte nella vasca del cortile, le stinguerle e anche loro si divertivano a confondere gli
tagliavano, le mettevano in dei sacchettini su cui ap- insegnanti. Certi giorni facevano tutte e due finta di
piccicavano l’etichetta con il nome e poi le riponeva- essere Zarrin e altri dicevano di chiamarsi entram-
no nel congelatore. Il tutto accompagnato da mor- be Simin, soprattutto se c’erano interrogazioni o veri-
morii e commenti su quanto Ruhi fosse sciatta e in- fiche.
capace. Si comportava sempre come se fosse lei a L’ultimogenita, Tala, era un po’ più tranquilla. Lì
non avere una mano. L’aiuto degli altri non la offen- dove vivevano non c’erano più vicini da cui poterla
deva, anzi lo gradiva moltissimo, e non se la prende- mandare e Ruhi non era assolutamente in grado di
va se la cognata o le vicine la sbeffeggiavano mentre portarla con sé al lavoro. Il signor Barati accompagna-
facevano i lavori di casa al posto suo. Faceva finta di va tutti i giorni la moglie fin davanti all’istituto dove
niente e, con il suo solito sorriso, dava la colpa al si- insegnava, la faceva scendere e il pomeriggio tornava

48 Internazionale 1441 | 23 dicembre 2021


a riprenderla. Ma perfino quei pochi metri che sepa- se mensile, ma il signor Barati non si faceva intortare
ravano la macchina dal portone d’ingresso, per Ruhi facilmente. I giorni festivi, quelli in cui Negin aveva le
rappresentavano un problema. O prendeva una stor- mestruazioni o il raffreddore e quindi non andava a
ta al piede, o inciampava in qualcosa e cadeva nel fos- scuola, rappresentavano tutti dei meno che dovevano
so, o calpestava il chador e finiva a terra. rientrare in cassa e che il signor Barati non intendeva
Il signor Barati non aveva altra scelta che portare a ignorare per nessun motivo.
scuola con sé la piccolina, che, cosa incredibile, era Pian piano, il signor Barati scoprì che i numeri ne-
bella, e affidarla alla segretaria o alla bidella. Il signor gativi erano la soluzione di tutti i suoi problemi. In
Barati era contento perché Tala stava simpatica a tut- genere, con il suo stipendio e quello di Ruhi si poteva
ti e veniva rimpinzata a dovere dalla segretaria e dalle arrivare al massimo a metà mese. Con i soldi che
insegnanti. Una bocca in meno da sfamare! Quando prendeva come tassista, tirava fino alla terza setti-
faceva i conti delle spese mensili, di fianco alle voci mana. Per la quarta settimana, allora, doveva ricor-
“colazione” e “pranzo” della piccola metteva un bel rere alle sottrazioni. E se anche con quelle non ci ri-
segno meno a indicare il risparmio. Fu così che s’in- usciva, l’ultimo venerdì del mese lui, che nelle prime
namorò dei numeri negativi. Fu un periodo sfiancan- due settimane elargiva generosamente pranzi e ce-
te per i suoi studenti. Moltiplicava quelle sottrazioni ne, si autoinvitava da noi con la famiglia. Sapevamo
per il numero dei giorni lavorativi della segretaria che già che ci avrebbe chiamato e che ce lo saremmo ri-
portava sempre merendine e manicaretti per la sua trovati in casa. Ovviamente il primo o il secondo gio-
Tala, l’unica il cui nome si accompagnava al segno vedì del mese successivo ci invitava per sdebitarsi,
meno nel bilancio familiare. E questo piaceva molto anche se i danni che Ruhi e le sue figlie lasciavano al
al signor Barati. loro passaggio non erano paragonabili al disturbo
In seguito, l’amore del signor Barati per i numeri dato da noi. A parte questo, eravamo contenti di fre-
negativi si fece ancora più ardente. Per esempio con- quentare il signor Barati e, per quel che potevamo,
tava i giorni festivi e li moltiplicava per la somma del- cercavamo di alleviare un po’ il peso che portava sul-
la paghetta quotidiana di Negin e delle gemelle così le spalle. Decidemmo così di trovare un marito per le
da arrivare a un numero negativo bello grosso che sue figlie. Il primo scoglio era Negin. Se si sposava
veniva sottratto alle spese. Il segno meno dava grandi lei, le gemelle avrebbero avuto la strada spianata e
soddisfazioni al signor Barati. quanto a Tala, non c’era dubbio che qualcuno se la
Negin ci provava a chiedere la sua paghetta su ba- sarebbe presa al volo.

Internazionale 1441 | 23 dicembre 2021 49


Mahsa Mohebali

Tutti noi, almeno una volta, avevamo provato a saliva sopra le ginocchia facendo vedere tutto, ecco
portare un pretendente in casa sua, ma ne uscivamo che una goccia di vergogna cominciava a scivolarci
sempre così imbarazzati da non poter nemmeno più sulla fronte.
guardare negli occhi il ragazzo e la sua famiglia. Se Non ancora terminati i saluti, gli insulti triviali di
conoscevamo un giovanotto, provavamo subito a Simin e Zarrin che si prendevano a botte per una calza
convincere i suoi genitori a seguirci a casa del signor attiravano l’attenzione. Ruhi si faceva una grassa risa-
Barati. Gli telefonavamo fiduciosi e organizzavamo la ta e commentava: “Ma guarda un po’ queste ragaz-
cerimonia per la proposta di matrimonio senza pre- ze!”. Il signor Barati spariva all’improvviso e poco
stare il minimo ascolto alle nostre mogli, che bronto- dopo lo si sentiva gridare alle gemelle di smetterla,
lavano: “Te ne pentirai!”. E così, la settimana succes- mentre sulla nostra fronte una seconda goccia di su-
siva, ci presentavamo a casa del signor Barati con un dore si aggiungeva alla prima.
enorme mazzo di fiori, il giovanotto e i suoi genitori, Il signor Barati entrava con il vassoio del tè. Negin
tutti a chiedere la mano di Negin. era troppo altezzosa per portarlo lei. Il signor Barati
Già all’arrivo, il patio pieno di foglie secche, le versava il tè nelle tazzine scheggiate appoggiate sui
aiuole con le erbacce e i cespugli di rose appassiti piattini dal bordo d’oro scrostato, offriva le meda-
smorzavano le aspettative. A Ruhi sarebbe anche gliette di zucchero e subito dopo passava con la
piaciuto passare i pomeriggi fuori a giocare con la fruttiera infilando a forza qualcosa nel piatto di
canna dell’acqua e a innaffiare le piante, ma poi chi ogni ospite.
pagava le bollette? Allora, finalmente, Negin faceva il suo ingresso in
Entrando in casa, venivamo investiti da una zaffa- soggiorno. Era alta, magra e chiara come il padre.
ta rancida. Noi lo sapevamo, quell’odore l’avevamo Tutto sommato non era brutta, ma camminava come
già sentito prima, ma che potevamo farci? Facevamo Pinocchio, quasi non sapesse bene che fare con le
finta di non vedere lo sporco sugli scaffali della cre- braccia e le gambe. Nel vederla apparire, tiravamo un
denza che separava l’androne dal soggiorno, i vasi sospiro di sollievo sperando che la sua bellezza faces-
con i fiori di plastica impolverati, i mobili mezzi sfa- se un po’ di effetto sul ragazzo e facesse passare in
sciati, i tavolini di vetro macchiati e sporchi, e quando secondo piano i modi poco raffinati della suocera e la
Ruhi ci dava il benvenuto con il suo sorriso spalanca- miseria di quella casa mezza distrutta.
to, quasi sentivamo di poter tirare un sospiro di sollie- Dopo che Negin si era seduta, qualche istante tra-
vo. Ma non appena si sedeva in poltrona e la gonna le scorreva in pace. Il signor Barati, tuttavia, era costret-

50 Internazionale 1441 | 23 dicembre 2021


to a comprarle dei vestiti nuovi ogni volta che qualcu- sempre addio al pretendente e alla sua famiglia. An-
no veniva a chiederle la mano. Appena Negin beveva che noi, che volevamo sprofondare per l’imbarazzo,
un sorso di sciroppo succedeva un disastro. Manco ci congedavamo e fino a due giorni dopo ci toccava
avesse un buco nel mento, si sbrodolava sempre sul sentire le nostre mogli maledirci ripetendo: “Ma chi
petto. Allora lanciava un acuto e scoppiava nella tipi- cavolo porterebbe mai un pretendente alle figlie del
ca risata cavallina ereditata dalla madre. signor Barati?”.
Tutti saltavano in piedi. Uno afferrava il bicchiere
di sciroppo, l’altro portava un fazzoletto, e Negin cor- n realtà, noi eravamo in buona fede. Ci sen-
reva in bagno. Quando tornava, partiva in quarta a
raccontare il perché e il percome le era caduto il bic-
chiere e rideva ancora.
Qualche pausa di silenzio, qualche accenno alla
politica, qualche discorso sull’inquinamento, e Negin
si alzava per prendere un cetriolo dalla fruttiera, dava
un morso e poi si sedeva di nuovo al suo posto ad
ascoltare. Nessuno riusciva più a seguire il discorso
mentre lei sgranocchiava rumorosamente. Quando
I tivamo tutti in debito con lui. Quando stu-
diavamo all’università e non avevamo una
lira, era stato lui a chiamarci a insegnare alla
sua scuola nazionale. Ci faceva dare lezioni
private. Le programmava in modo che non
coincidessero con quelle dell’università. Ci dava dei
libri da leggere e organizzava degli incontri a casa
sua per discuterne.
Negli ultimi tempi il signor Barati aveva proibito a
aveva finito, cercava di lanciare il fondo del cetriolo Ruhi di entrare in cucina: dopo una volta che l’aveva
nel cestino, ma siccome le mancava la mira, sorrideva vista buttare per sbaglio lo zafferano nella pattumie-
e si piegava a raccoglierlo da terra con la gonna che si ra, si era convinto che fosse buona solo a sprecare gli
sollevava tutta. ingredienti. La sera cucinava lui il riso con le lentic-
Finito il cetriolo, tiravamo un sospiro di sollievo e chie o i fagiolini. La pentola rimaneva sul fornello, le
E alla fine,
rivolgevamo gli occhi al ragazzo per vedere la sua re- stoviglie erano sempre sporche e chi aveva fame an-
azione, speranzosi che la disinvoltura di Negin fosse dava a servirsi direttamente con il cucchiaio. Era così
quando eravamo
stata di suo gradimento. Al contrario, intercettavamo a pranzo, a cena, a merenda o a colazione. Nessuno ormai in un bagno
la faccia della madre del ragazzo che era diventata li- aveva voglia di apparecchiare la tavola, mettere i piat- di sudore per la
vida dalla rabbia. Il padre, nel frattempo, continuava ti e le posate. Mangiavano tutti dalla pentola. vergogna, la
a discutere cordialmente di politica con il signor Ba- Il venerdì il signor Barati pretendeva a suon di cerimonia si
rati. Negin sceglieva un’arancia, la sbucciava e la di- minacce che tutta la famiglia facesse la doccia. Ma concludeva.
vorava in soli due bocconi sputacchiando i semini. quando il bagno si riempiva di vapore e il signor Ba- Negin, con gli
Infine, si ripuliva le mani nella gonna completando rati finiva il suo turno, le figlie una dopo l’altra fuggi- occhi gonfi e il
l’opera che aveva inaugurato con le macchie di scirop- vano con una scusa. Ogni settimana, a Negin veniva- naso rosso,
po. Se poi qualcuno raccontava una barzelletta o face- no le mestruazioni all’improvviso e a Zarrin e Simin accettava di uscire
va una battuta, Negin scoppiava a nitrire facendo la diarrea. Solo Tala si faceva volentieri la doccia
dal bagno, faceva
tremare le finestre. tutti i giorni, venerdì compreso.
A quel punto arrivava il momento in cui facevano In quella casa lei era l’unica a non avere una stan-
una smorfia a
irruzione le gemelle buttandosi sui dolci e sulla frut- za tutta per sé. Zarrin e Simin avevano sequestrato la Tala, biascicava
ta, bisbigliandosi nelle orecchie, ridacchiando, liti- camera più grande, Negin quella più luminosa. L’al- un paio di
gando, scambiandosi le peggiori parolacce a denti tra camera era quella matrimoniale e l’ultima stanza parolacce contro
stretti e pizzicandosi finché il signor Barati non ne era la biblioteca personale del signor Barati, a cui era le gemelle, e diceva
poteva più, le fulminava con un’occhiataccia e met- affezionatissimo. Quando Tala aveva compiuto tre per sempre addio
teva su una faccia greve. Allora Ruhi partiva a la- anni e non poteva più dormire nel lettone dei genito- al pretendente e
mentarsi del fatto che dio le aveva donato quattro ri, le avevano sistemato un letto in un angolo della alla sua famiglia
figlie una più pigra dell’altra, tanto che i piatti pote- biblioteca e il signor Barati le aveva regalato il suo
vano rimanere nel lavello per un mese e nessuna li comodino.
toccava, e qui era Negin a mordersi le labbra e a lan- Messo alle strette da tutti quegli alti e bassi, o co-
ciare occhiatacce alla madre. me diceva lui “i più e i meno”, il signor Barati ebbe un
All’ingresso di Tala, invece, con quegli occhi dolci infarto e morì. Al funerale ci sentivamo tutti in colpa,
color miele, la figura sinuosa e i vestiti puliti, tutti gli ma non sapevamo esattamente perché. Di ritorno dal
sguardi si rivolgevano a lei. Peccato che fosse l’ultima cimitero, ci ritrovammo a casa di un amico che non si
figlia. Negin chiaramente s’innervosiva. Se per esem- era ancora sposato ed era rimasto a vivere nella casa
pio la madre del ragazzo domandava qualcosa alla paterna nel vecchio quartiere. Brindammo al passato
sorella minore, tipo “bella figliola, a che scuola vai?”, e ciascuno di noi raccontò un aneddoto o una storiella
correva in bagno stizzita e sbatteva la porta riempien- sul signor Barati. Uno ricordò l’entusiasmo con cui ci
do di insulti quella sfacciata di Tala che voleva soffiar- invitava a pranzo. Un altro ricordò quando aveva fo-
le i pretendenti. mentato la rivolta del latte. Un altro parlò delle sue
E alla fine, quando eravamo ormai in un bagno di telefonate all’alba. Un altro dei soldi che il signor Ba-
sudore per la vergogna, la cerimonia si concludeva. rati gli aveva preso in prestito e non gli aveva mai più
Negin, con gli occhi gonfi e il naso rosso, accettava di restituito. Ma pace all’anima sua, non era certo un
uscire dal bagno, faceva una smorfia a Tala, biascica- problema. E così, riscaldati dal vino, continuammo a
va un paio di parolacce contro le gemelle, e diceva per chiacchierare. u

Internazionale 1441 | 23 dicembre 2021 51


Bita Malakuti Disegno di Stefano Ricci

Questa
valigia
“Questa valigia è la mia patria”
ovunque la apro
si sparge il profumo dei tulipani appassiti al confine
l’odore della secca dello stagno di Anzali
l’odore dei sali vaganti
l’odore delle nevi impallidite di Dena
l’odore tuo che scivola via

Ovunque vado
dalla valigia torna la voce cantilenante
di mia madre
la voce dei suoi lunghi capelli sciolti nella notte
la voce livida del vento
la voce ripida del ghiaccio
la voce delle mie vene danzanti

Sulla superficie dell’oceano la mia valigia s’infiamma


e anche noi tre prendiamo fuoco,
io, Nassim e Fatemeh
BITA MALAKUTI
Nella mia valigia
è nata a Teheran nel
1973 e ha studiato arti Nassim attende ancora dietro la finestra
drammatiche Io inseguo la morte
all’Università e Fatemeh fuma una sigaretta
islamica Azad. Ha
negli abissi del fiume Arvand
pubblicato tre
raccolte di racconti e
due libri di poesia. Di quante estati
Oggi vive a Praga. Il sono in debito con noi
titolo originale di le spalle nude di violaciocca?
questa poesia, In
chamedan, vatan-e
Quante forche appese
man ast, è ispirato a sempre più cupe ci separano?
un verso del poeta Di quante gocce di sangue
palestinese Mahmud fu quell’ultimo bacio sulla più vicina sponda del confine?
Darwish. Traduzione
Quanti anni ha
dal persiano di
Faezeh Mardani e questa notte
Francesco Occhetto. che non smette di graffiare la luna?

54 Internazionale 1441 | 23 dicembre 2021


Internazionale 1441 | 23 dicembre 2021 55
Bita Malakuti
Nella mia valigia
è imprigionato un pioppo
e una farfalla sbatte le ali tra le sue pareti
Nella mia valigia
la tua infanzia
dondola su una storia d’amore
e un profeta invoca sure senza baci

Il pane
o la libertà?

Io chiedevo alla mia patria quelle piogge equatoriali nascoste tra i tuoi capelli
non queste palme mozzate
e le fredde suole degli stivali dei soldati
Quella sincerità ondeggiante nella ripetuta battaglia
col pesce della tua bocca
che sapeva di pane fresco
e fu inghiottito dalla rivolta degli affamati

Nella mia valigia proiettile e parola


stanno insieme, umidi
e il treno abbandonato di Nishapur
con un carico di turchesi al collo
canta in fondo al burrone

Nella mia valigia


ogni notte
il ragazzo che amavo
scrive luna sulle mie mani
scrive Leyla
e ogni giorno
sotto il ponte di Seyyed Khandan
conta le ferite sul corpo dell’arcata
Io dal lurido versante delle masse
ti ho portato due parole rosse
dietro cui sorride un sepolcro
Quel ti amo che inizia da un passato remoto
e giunge al futuro inquieto delle montagne
e giunge ai bronzi e ai gerani
con un rammarico colmo di libertà
e una tazza piena di mare
è un sogno che attraversa il muro
Nella mia valigia
ci sono gocce di dubbio e lacrime,
nella mia valigia
c’è un cavallo imbizzarrito

In ogni aeroporto
cercate l’orma rossa della polvere da sparo
Ovunque vado
la costellazione del sangue
è il mio indirizzo

56 Internazionale 1441 | 23 dicembre 2021


Hai tra le mani
il regalo dell’anno
e non lo sai
A Natale regala
un abbonamento
a Internazionale,
a Internazionale Kids
Foto di Francesca Leonardi

o all’Essenziale.
Seguendo le istruzioni puoi
far diventare questa copia
un anticipo del tuo regalo.

Fino al
12 gennaio
un anno di
Internazionale

99 euro
invece di 109

Scopri tutte le offerte su internazionale.it/natale

1 Apri la pagina centrale 2 Piega il giornale al 3 Completa il pacchetto


del giornale, compila e contrario partendo dalla con un nastro e mettilo
spedisci la cartolina con i doppia pagina centrale sotto l’albero come
dati della persona a cui vuoi e ripiega in dentro i anticipo del tuo regalo.
fare il regalo, o vai su punti metallici nel caso
internazionale.it/natale sporgessero.

Quest’anno regalati o regala un abbonamento a


ILLUSTRAZIONE DI YULIIA KHVYSHCHUK
Peyman Esmaeili Disegni di Francesca Ghermandi

Elefanti
nella neve
ina staccò la mano dalla mia e te. Avrei voluto che dicesse qualcosa, ma mi fissava e

M salì le scale strisciando il lem- basta. Sapevo che era triste. Quando era triste abbas-
bo della sciarpa sulla neve. sava leggermente la testa come se stesse cercando
Lassù, attraverso la porta soc- per terra qualcosa che aveva perso.
chiusa, vidi passare veloce la

sembrava inseguisse qualcuno come quando si gioca

essermi pulito bene le scarpe all’ingresso. Lei, prima


di varcare la porta, si fermò e si girò
“Dobbiamo organizzare una festa per la tua par-
sagoma di uno dei ragazzi, tenza”, disse.
“No, non mi piace. Così sembra che poi non torno
a guardie e ladri. Salii le scale dietro Mina dopo più”, risposi.
Sorrise e portò le dita tra i capelli neri sparsi intor-
no al collo snello. “Infatti resterai lì,
verso di me, fece pochi passi e appog- Erano mesi che mi tornare sarebbe una follia”, ribadì.
giò il viso sui miei jeans congelati dal domandavo: perché Chinai la testa e borbottai: “Non lo
freddo. Poi corse tra le braccia della si- vado via? Per Mina o so. Se non fosse per Mina non partirei
gnora Salami lasciando sulla neve l’im- per Katayun? affatto”. Chiuse gli occhi e scuotendo
pronta delle sue piccole scarpe. Il soffio Katayun aveva la testa bisbigliò: “Che peccato, io e
del vento freddo condensava la neve. chiamato e si era te…”.
Erano anni che a Teheran non nevica- raccomandata: oggi Erano mesi che mi domandavo:
va tanto. Mi fermai sulle scale e mi vol- non uscire, resta a perché vado via? Per Mina o per Ka-
tai per guardare il cortile del Centro. tayun? Katayun aveva chiamato e si era
casa con Mina, ha
Tutto era coperto di neve: la ruota ros- raccomandata: oggi non uscire, resta a
sa nell’angolo, le sedie e i tavolini nel
nevicato tanto casa con Mina, ha nevicato tanto, ci so-
mezzo, e la fascia del giardino che co- no incidenti e tamponamenti, mando
steggiava i bordi del cortile e circondava il noce. mia madre a stare insieme a Mina e dopo tu puoi an-
Sentii la voce di Leila: “Vieni dentro, sennò ti dare dove vuoi.
congeli”. “Mi mancherai”, disse Leila.
PEYMAN Leila, alta e snella, era come un’immagine fissa Non sapevo più cosa dire. In questi momenti non
ESMAEILI nella cornice della porta. La voce, il sorriso, i suoi riesco più a parlare, non mi viene in mente nemme-
è uno scrittore e movimenti e il profumo dei suoi capelli mi facevano no una frase o una parola d’affetto e fisso il vuoto co-
ingegnere nato a stare bene. E non solo, qualcosa di lei mi faceva tre- me un bue. Leila abbassò la testa. Aveva il magone.
Teheran nel 1977. mare dentro e, d’un tratto, mi sentivo un altro. Continuò: “Non ti preoccupare, quello che provo ora
Vive in Australia dal
Il Centro era ben riscaldato. Seguendo Leila at- non è molto reale, lo so”.
2011. Questo
traversai il corridoio ed entrai nella sua stanza dove Qualche giorno prima ero andato a Tajrish con
racconto è uscito su
Dastan. Il titolo
due grandi finestre si affacciavano sul cortile ghiac- Mina e Katayun. Soffiava il vento e c’erano nuvoloni
originale è Galle-i az ciato. Mentre sbottonavo il cappotto mi sedetti sul scuri. La luce sfumata tra il cielo e la terra aveva tinto
filha-ye sefid. La davanzale interno di una delle due finestre dando la ogni cosa di grigio e nero. Sentivo l’angoscia salire. Il
traduzione è di schiena al vetro. Leila si appoggiò la sciarpa sulle marciapiede era pieno di venditori ambulanti. D’im-
Faezeh Mardani. spalle e si mise dietro la scrivania. Non diceva nien- provviso Mina era scappata in mezzo alla gente, tra i

60 Internazionale 1441 | 23 dicembre 2021


Internazionale 1441 | 23 dicembre 2021 61
Peyman Esmaeili

soldati e le ragazze che uscivano da scuola e qualche se Leila. Poi alzò il barattolo e continuò: “Vieni a
turista cinese. Non l’avevo più vista. Katayun, attira- sentire. Questo aroma ti farà pensare a me”.
ta dalle bancarelle, era presa dalle borse, dalle bam- Mi alzai fissando il biancore oltre la finestra, an-
bole e dagli abiti contraffatti. Avevo cercato con gli dai incontro a lei, presi il barattolo e lo posai sul tavo-
occhi tra la folla. Più lontano un soldato parlava in lo. Afferrai le sue dita lunghe e sottili e sussurrai:
inglese con dei turisti cinesi. Coglievo giusto qual- “Non ti angosciare, non è per sempre”. Lasciò le ma-
che parola persa nel vento. Mina non c’era e i fioc- ni tra le mie e mi fissò negli occhi, mi piegai in avanti
chi di neve volteggiavano lenti fino a posarsi sulla e l’abbracciai stringendola forte. Sentivo i suoi picco-
mia faccia. li seni stretti contro di me.
Bisbigliò: “E io? Mi abbandoni così?”.
Leila sussurrò: “Ti faccio il caffè, caffè arabo”. E Qualcuno bussò alla porta diverse volte. Leila si
sorrise. allontanò e si coprì la testa con la sciarpa. Una donna
Risposi: “Mi mancherai anche tu. Non è solo la diceva: “Mahdieh non sta bene, è peggiorata ancora,
nostalgia, è molto di più”. bisogna portarla in ospedale”.
Sorrise ancora. Tirò fuori il barattolo del caffè dal Tornai al pallore bianco della finestra, lei uscì dal-
cassetto della scrivania, l’aroma intenso riempì la la stanza in punta di piedi, ma nell’aria si sentiva an-
stanza, ondeggiò nel tepore dell’aria e si unì al profu- cora l’aroma del caffè. Sentii Leila che bisbigliava
mo delicato del riso appena cotto che arrivava da insieme a qualcuno dietro la porta. Anche la settima-
non so dove. na prima faceva molto freddo, ma non nevicava. Io e
“Il mio uomo di latta ha parlato, finalmente”, dis- lei eravamo seduti proprio qui. Mi aveva detto: “Non

62 Internazionale 1441 | 23 dicembre 2021


preoccuparti per me, so badare a me stessa”. La ca- i capelli bianchi sparsi come piume sulle spalle. L’accesi e tirai una
pivo ma non riuscivo a dire nulla. Non potevo. Non Stringeva una sigaretta tra le dita, la bagnò con la lin- lunga boccata
ero nessuno. Potevo dire “ti capisco” e aggiungere: gua e ne girò la punta delicatamente. Mi chiese: trattenendo il
“Qualcuno potrà mai sostituirmi nella tua vita?”. “Vuoi fare un tiro?”. fumo per un po’
E lei avrebbe risposto: “Non essere geloso, non è “Che roba è?”, risposi. nei polmoni.
da te”. Sorrise mostrando una fila di denti sani e intatti.
Volevo mi
Guardai il cupo cortile dietro ai vetri appannati. Il Sembrava più una dentiera.
lacerasse e
noce piantato al centro sembrava una sagoma bian- “Non avere paura! Non hai mai fumato l’erba? È
ca. Con le dita tracciai sul vetro il suo grosso tronco e già legale in mezzo mondo, se aspetti un po’ vedrai bruciasse il petto
le sue fronde sottili. Poi toccai le fronde. Sentii cade- che lo sarà anche nell’altro mezzo”. La presi, la por- così a fondo da
re la neve, toccai di nuovo e vidi cadere la neve tai alle labbra e feci un gesto con le mani per chiede- farmi uscire dalla
dai rami. re l’accendino. mente, come anelli
L’accesi e tirai una lunga boccata trattenendo il di fumo, le lunghe
Fuori, per strada, faceva molto freddo. Avevo allac- fumo per un po’ nei polmoni. Volevo mi lacerasse e e affusolate dita
ciato i bottoni del giaccone fin sotto il collo, ma per- bruciasse il petto così a fondo da farmi uscire dalla di Leila
cepivo ancora il vento freddo che s’intrufolava den- mente, come anelli di fumo, le lunghe e affusolate
tro il pullover di lana e mi punzecchiava la pelle. Le dita di Leila.
auto erano ferme in coda sotto la neve che scendeva Commentò: “Mi sembri preoccupato, peggio di
ininterrottamente. Un uomo anziano aveva aperto me”. Allungò la mano per prendere la sigaretta.
lo sportello della sua Samand e la spingeva a fatica “Non hai paura? Qui in mezzo alla strada?”, gli
verso il centro del viale. Con lo sguardo mi supplica- chiesi.
va di dargli una mano. Non mi sentivo bene. Le nu- Sorrise e buttò la cenere sulla neve: “Metà della
vole si erano abbassate e mi entravano nel respiro città è già sotto la neve e, se continua così, presto sa-
con il loro grigiore. rà sepolto anche il resto, insieme a tutti noi. A chi
Mi avvicinai a guardare le gomme che avevano vuoi che interessi se io e te fumiamo l’erba?”.
lasciato tracce a zig zag sulla neve fangosa. Gli dissi: Mi grattai le braccia e avvertii un leggero piacere
“Devi mettere le catene”. Poi mi sfregai le mani e di fumo nelle tempie. Gli dissi: “Ho accompagnato
appoggiai la schiena al portabagagli. Lui rispose: “A mia figlia al Centro di riabilitazione, qui vicino, in via
buon rendere. Non ho le catene”. Kheradmand”.
Contò: tre, due, uno. La macchina si mosse appe- Scuotendo la testa, chiese: “Con questo tempo
na. Per un paio di volte sembrò che stesse per ripar- non lo hanno chiuso?”.
tire, ma poi restava ferma. Borbottò: “Niente, non “Che nevichi o no, non chiudono mai, se no dove
serve. Ormai siamo rimasti bloccati, con questo vanno i pazienti?”.
freddo”. Fece un sorriso e si sedette sul sedile in pel- Mi passò la sigaretta. “Cosa dicono, guarirà?”,
le. Era un uomo anziano e magro che indossava un chiese ancora. Mi limitai a fissarlo, lui abbassò gli
maglione bianco con le trecce fatto a mano. Dall’abi- occhi e non disse più niente.
tacolo si sentiva un profumo di colonia mescolato al “Non riesce più a muovere le mani, dalle braccia
fumo di sigaretta. in giù non le sente. Ha perso tutti i capelli per la che-
“Se troviamo altre due o tre persone riusciamo a mio”, dissi.
farla ripartire”, gli dissi. I fiocchi di neve mi scendevano sul viso, sentivo
Poi mi avvicinai a lui mettendo la mano sul tet- freddo. Mi tremava la mano e feci scivolare distratto
tuccio pieno di neve. Sul cruscotto c’era la foto di una la sigaretta sulla neve. Guardai il cielo: era livido e
giovane vestita di rosso che teneva le mani sulle gi- sinistro.
nocchia e rideva sporgendosi in avanti. Seguendo la Ne accese un’altra, fece un tiro forte e affermò
linea invisibile del mio sguardo prese la foto e la mise sicuro: “Stanotte il ponte di Karim Khan sarà som-
in tasca. merso dalla neve”.
“È buona quest’erba”, gli dissi.
Quella mattina avevo visto la madre di Katayun che “Non mi credi? Aspetta e vedrai. Si sono tutti bar-
trascinava il corpo gonfio e grasso lungo il nostro vi- ricati in casa convinti di salvarsi la vita, ma non ci ri-
colo. Aveva avuto la gotta e dovevano amputarle l’al- usciranno, ragazzo mio. Hai mai visto questa strada
luce. Avanzava lenta in mezzo alla neve. Era ancora così deserta? Guarda, non c’è anima viva”.
lontana, ma ci aveva visti di sicuro. Mina era corsa Guardai la strada. Fino alla rotonda era comple-
avanti, si era buttata nella neve ed era rimasta im- tamente vuota, non c’erano macchine né persone
mobile con le braccia in su. Forse con il freddo della intirizzite dal freddo. Anche sotto e oltre il ponte
neve sentiva meno dolore alle braccia. Quel dolore nessun segno di vita.
che si muoveva tra i suoi piccoli muscoli e immobi- “Ci stiamo congelando, vieni dentro che accen-
lizzava le braccia dal gomito in giù. Due stecche sot- diamo il riscaldamento”, mi disse.
tili di legno che le pendevano dalle spalle. “No, devo andare, ho da fare”.
Il vecchio disse: “Se continua così, tra un’ora avrò “Sotto il ponte si sono formati dei coni di ghiac-
una montagna di neve sopra la testa e sarò sepolto cio, frecce lunghe due metri, stai attento, se si stac-
insieme alla mia macchina”. Aveva gli occhi piccoli e cano e ti cadono sulla testa sei finito”.

Internazionale 1441 | 23 dicembre 2021 63


Peyman Esmaeili
Poi, mentre tirava un’altra profonda boccata, sor- sotto la neve. Aspettai qualche secondo per poter
rise ancora, scosse la testa e mi guardò teneramente. uscire da quell’incubo, chiusi la finestra e vidi Leila
sulla porta del corridoio che mi guardava. Indossava
Katayun aveva chiamato tre volte. Di solito telefona- una giacca bianca di lana e aveva una sciarpa di
va al Centro per avere notizie di Mina. Quando ri- cashmere color verde scuro legata al collo.
spondeva Leila, passava la cornetta a qualcun altro, “Sei tornato presto”, mi disse.
non si parlavano. Alla quarta chiamata risposi e la la- Quel verde, abbinato alla sua carnagione scura e ai
sciai parlare: “State bene voi due? Non dovevi rima- capelli neri, le donava molto. Mi piaceva e mi faceva
nere in casa?”. sembrare un po’ malinconico l’alone che spesso le
“Dovevamo andare al Centro”. cerchiava il viso. Chiesi: “Stai andando via?”.
“Ci è andata mia madre. Ha fatto tutta quella stra- “Da domani restiamo chiusi. Gli assistenti sociali
da, nelle sue condizioni. Se volevi andarci tu, almeno non vengono più”, rispose.
potevi dirmelo”. “Fammi prendere Mina, che andiamo via”, le
“Non l’ho vista, se no non ci andavo”. dissi.
“Non importa. Hai visto le strade come sono?”. Avrei voluto che mi dicesse: “Aspetta, vieni den-
“Ho lasciato Mina al Centro. Tra un’ora vado a ri- tro, ti offro da bere qualcosa di caldo e parliamo un
prenderla e torniamo a casa”. po’”. Venne vicino, mi tolse la neve dai capelli con le
“Non è che prende freddo? Mia madre dice che dita e sparse polvere d’argento nell’aria. Disse: “Non
l’ha vista giocare con la neve”. chiamare, né scrivere, niente. Se voglio, ti scrivo io”.
Aveva chiamato proprio per questo. Sua madre Persi di nuovo la parola e restai muto scuotendo
aveva visto Mina in mezzo alla neve e l’aveva infor- solo la testa. Appoggiò l’indice sulla mia camicia e,
mata subito. L’aveva vista mentre affondava le mani e muovendolo tra due bottoni, disse: “C’era qualcosa
le braccia nella neve fresca. dall’inizio, c’era qualcosa in questa piccola distanza,
Avrei voluto che
“Cosa c’entra tua madre? Avrei dovuto chiedere a tra me e te, qualcosa di vivo”.
mi dicesse: lei il permesso per far giocare mia figlia con la neve?”. Tolse il dito e sistemò la sciarpa sulla testa. Prose-
“Aspetta, vieni “No, non te la prendere, si era solo preoccupata un guì: “Invece di guardare te guardavo la distanza che ci
dentro, ti offro da po’”. impediva di stare vicini”.
bere qualcosa di Poi rimase in silenzio e qualche secondo dopo Non disse più nulla. Mi posò il palmo della mano
caldo e parliamo chiese: “Stasera andiamo da lei? In questi giorni mi sul petto per pochi secondi e poi, veloce, si voltò e an-
un po’”. Venne sembra che si senta più sola del solito. Io esco un po’ dò verso il cortile. Appoggiai le mani ai lati del viso per
vicino, mi tolse la prima”. guardarla dalla finestra. Passò sotto il noce e dai rami
neve dai capelli Appena attaccò, ripresi a pensare al nostro viag- cadde la neve. Una densa nebbia la inghiottì.
con le dita e sparse gio. Tolsi la neve dai blocchi di cemento sul bordo
della strada e mi misi a sedere. C’era ghiaccio dapper- ina, piegata davanti alla ruota

M
polvere d’argento
tutto, sarei voluto tornare dall’uomo in macchina e in cortile, aveva affondato nel-
nell’aria. Disse:
sedermi al calduccio con il riscaldamento acceso. la neve le braccia fino ai gomiti
“Non chiamare, L’edicola era chiusa, le finestre erano coperte con e non si muoveva. La signora
né scrivere, niente. pannelli arrugginiti di lamiera azzurra. La neve si Salami chiuse la porta del Cen-
Se voglio, ti staccò d’improvviso da un albero del marciapiede e tro da sopra e salutò Mina con
scrivo io” cadde giù. Dovevamo partire per la Norvegia e fer- una mano. Scendendo le scale mi guardò di sottecchi
marci da Mahya, la sorella di Katayun, in una città vi- e disse: “Ripari la bambina con un ombrello, così
cina al polo nord, con il freddo, il ghiaccio e un cielo prende freddo, è pericoloso”. Scuotendo la testa, le
scuro per dodici mesi all’anno. Mahya aveva descritto risposi: “Non ce l’ho, adesso andiamo subito a casa”.
dettagliatamente le condizioni di Mina ai medici, Ka- Non commentò, andò verso la ruota vicino a Mina, le
tayun le aveva inviato tutti i documenti delle terapie sue gambe corte sprofondavano nella neve e sembra-
fatte in questi due anni. Perché continuavo a restare va ancora più bassa del solito. Si abbassò e baciò la
insieme a lei? Per quanti anni ancora potevo conti- guancia di Mina.
nuare così? Toccai i miei capelli e dei pulviscoli d’ar- Uscii dalla porta del Centro e aspettai che Mina si
gento caddero nell’aria. Lì i medici dicevano che accorgesse di me e mi venisse dietro. Lei alzò la testa
avrebbero potuto rallentare la malattia. Solo questo. e non vedendomi si spaventò. Si tirò su a fatica e tra-
A Katayun bastava. In lontananza, in piazza Haft-e scinò le gambe in avanti verso di me. Sembrava che
Tir, si sentiva il rombo del motore di un’automobile. zoppicasse. Quando era piccola, Katayun le faceva
Mi alzai per vedere meglio. Non si vedeva nulla. Il due codine ai lati della testa che parevano un paio di
suono si alzava e si abbassava e ogni volta sembrava antenne. Ma ora le era rimasto in testa solo il cappello
più vicino. di lana che incorniciava il suo piccolo viso. Avrei volu-
to vedere ancora i suoi capelli, le ciglia e le sopracci-
Nel corridoio del Centro faceva freddo. Non c’era più glia nere che non c’erano più. D’un tratto odiai la neve
il tepore di prima, non si sentiva il chiasso dei bambi- che continuava a cadere sui rami degli alberi, il fred-
ni e, in fondo, una finestra aperta sbatteva. Mi sem- do, la signora Salami con le sue gambe corte, il vec-
brava che fossero andati via tutti lasciandomi solo, in chio con il pullover bianco seduto serafico e spensie-
un edificio fatiscente che presto sarebbe stato sepolto rato nell’auto in attesa di essere sepolto dalla neve,

64 Internazionale 1441 | 23 dicembre 2021


questa via deserta, la piazza vuota e Katayun che spe- fine, poi mi avvicinai e sentii qualcuno da dentro che
rava in un miracolo. Mina arrivò da me zoppicando e picchiava sulla montagna di neve ammassata. Tre
allacciò le braccia molli alla mia gamba. La tirai su e la colpi, poi silenzio e tre colpi ancora.
baciai. Le tolsi le piccole scarpe bagnate e le massag- Il vento soffiava forte e la neve turbinava. La Sa-
giai i piedi congelati dal freddo come se fossero cri- mand campeggiava in mezzo alla strada con i vetri
stalli di neve. tirati su e appannati. Più lontano, vicino alla rotonda,
Mi disse: “Andiamo al parco?”. uno spazzaneve gigante graffiava la strada. Sembrava
Katayun mi aveva raccontato che diverse volte al un mammut riemerso dal ghiaccio all’improvviso.
parco i bambini l’avevano presa in giro per la sua testa Teneva giù le zanne che ogni tanto, quando ci passava
pelata. Disse: “Giuro che non mi tolgo il cappello. sopra la spirale di luce, brillavano come diamanti.
Promesso, promesso”. Le strinsi la testa al petto e le Lassù, sulla groppa di quel mastodontico elefante,
baciai il collo. Continuò: “Dai, vieni, giochiamo con c’era una cabina buia, non si riusciva a vedere l’inter-
la neve”. no. Sembrava una portantina sulla schiena di un cam-
Le guardai le mani per accertarmi che avesse an- mello che oscillava lenta a ritmo dell’andatura. Mina
cora addosso i guanti. Poi le infilai le scarpe e la lasciai corse e appiccicò il viso alla mia gamba. Sicuramente
scendere e camminare sulla neve. Più avanti, una si era spaventata alla vista dello spazzaneve gigante.
mucchio di neve ruzzolò giù dal tetto di una casa pro- Teneva gli occhi chiusi e il cappello di lana le era sci-
prio davanti alla porta d’ingresso e continuò a scen- volato giù.
dere fino a coprire completamente la porta. Ora si La sera prima Katayun era di turno e Mina e io era-
vedeva solo un gran cumulo bianco. Attesi fino alla vamo in cucina a guardare la tv che trasmetteva le

Internazionale 1441 | 23 dicembre 2021 65


Peyman Esmaeili
immagini di una chiesa in fiamme in Norvegia. La brava ancora più enorme. Le grosse catene sotto le
gente, ferma sotto la neve, guardava il rogo salire dal- ruote tritavano e mescolavano tutto. Era bianco e
le pareti bianche dell’edificio. Qualcuno ci aveva but- mentre avanzava lo stridore delle cinghie somigliava
tato dentro una bomba a mano ed era scappato via. Lo al lungo gemito di un animale ferito. Lassù, nell’abi-
stavano ancora inseguendo. Avevo preparato la mi- tacolo, tra le strisce bianche di neve che cadeva e con-
nestra e gliela avevo messa davanti ma lei continuava fuso nella nebbia, vedevo il volto di qualcuno. Ora le
a fissare le alte fiamme sullo schermo. Allora avevo zanne solcavano la terra e il gemito si trasformava nel
spento il televisore, aspettando che afferrasse il cuc- rumore del ghiaccio tritato e frantumato. Lontano,
chiaio da sola, ma lei non si muoveva. Katayun diceva altri spazzaneve, gemendo e strisciando le catene sul
sempre: “Devi imboccarla, se no la bambina muore ghiaccio, venivano verso di me.
di fame”. Ma io volevo che lo facesse da sola, anche a Andai avanti e appoggiai piano la mano sul corpo
fatica e con le dita molli. Dopo un po’ si era alzata ed dell’animale. Non era freddo come il tocco del nudo
era andata in camera sua. Dalla porta socchiusa, ave- metallo. Era caldo, come la pelle di un animale vivo.
vo visto che si era messa davanti all’armadio colorato Da lassù, una voce gridò: “Ehi fratello, ma che fai? Va’
di rosso e di verde. Avevo preso la minestra ed ero an- via prima di finire schiacciato sotto le ruote”. Alzai la
dato da lei. Seduta davanti all’armadio, era rimasta in testa per guardarlo. Si vedevano il cappello di lana ti-
silenzio. Aveva mangiato due o tre cucchiai di mine- rato giù fino agli occhi, un paio di occhiali spessi e un
stra e mi aveva chiesto: “Perché non sei al lavoro?”. grosso cappotto scuro, poi delle nuvole dietro la testa.
Sembrava stesse parlando Katayun. Avevo rispo- Gridai facendo cenno agli altri spazzaneve che si
sto: “Perché stiamo andando dalla zia”. Aveva abbas- muovevano verso il ponte: “Tutte queste macchine
sato la testa come se avesse capito qualcosa e aveva solo per il ponte di Karim Khan?”. Non mi rispose. Le
continuato: “Io non voglio andare in ospedale”. Ave- catene ripresero lo straziante cigolio sulla neve. Feci
vo preso dall’armadio la sua parrucca e gliel’avevo un passo indietro e lo lasciai passare.
messa in testa. Una parrucca dai capelli neri e lunghi Leila diceva: “Dove vuoi andare tu per sei mesi
che le scendevano fin sulle spalle. Poi avevo aperto all’anno è notte, per altri sei è giorno, e ci sono le mon-
l’anta con lo specchio. Si era guardata e si era messa a tagne innevate dappertutto”. Io rispondevo: “Almeno
ridere scuotendo la testa e facendo muovere i capelli lì ci sono sei mesi di luce, qui invece?”. Si rabbuiava e
nell’aria. Aveva chiesto: “Fammi vedere la foto della il suo corpo snello si piegava un po’ in avanti: “Tu non
zia”. Avevo tirato fuori dal cassetto l’album delle foto- ne hai idea. Quando la lunga notte comincia, ti pren-
grafie e lo avevo appoggiato sulle gambe. Poi avevo de il terrore”.
picchiato due tre volte sulla coscia chiamandola a se- Mi voltai e vidi Mina attraversare la strada e passa-
dersi sulle mie ginocchia. Era felice ma non capivo re dall’altra parte sotto i lunghi coni di ghiaccio appe-
per che cosa. Si era adagiata sulle mie gambe e aveva si ai lati del ponte. Frecce taglienti di cristallo. Feci
appoggiato la testa al mio petto. Sfogliando l’album, pochi passi in avanti e mi fermai sotto l’arco del ponte.
ero arrivato alla foto di Mahya. Nella foto Katayun Se il cielo non fosse stato così plumbeo, se fosse spun-
stava in piedi vicino a Mahya e teneva in braccio Mi- tato un raggio di sole, la luce avrebbe volteggiato sul
na. L’avevo scattata quando Mahya era tornata in Iran ghiaccio e infrangendosi avrebbe sparso mille colori
e aveva parlato con Katayun per portare Mina in Nor- nell’aria. Ora però non c’era il sole. Il cielo era tetro e
vegia. Eravamo a casa del padre di Katayun, a Babol- la neve cadeva lenta dai due lati del ponte, come la
sar, per fotografarle mi ero appoggiato al muro. C’era scena di un vecchio film in bianco e nero proiettato al
un raggio di sole che illuminava in diagonale Mina, rallentatore. Dall’altra parte della strada Mina era fer-
Katayun e Mahya. Io stavo nell’ombra. Ricordo bene, ma in piedi in mezzo alla neve. Per qualche secondo
l’aria era calda e afosa, il vento faceva precipitare le vidi la sagoma delle sue braccia alzate verso il cielo tra
onde una sopra l’altra e io, distante, sentivo il tonfo i fiocchi di neve, quasi stesse pregando. Si trattò di un
del mare. Avevo tirato fuori la foto dalla fodera di pla- attimo, poi cominciò a camminare e sparì in fondo
stica e le avevo chiesto: “La vuoi?”. Non mi aveva ri- alla strada.
sposto, ma mi aveva fissato a lungo negli occhi. Avevo
messo la foto nello zaino che portava sempre al Cen- Un cono di ghiaccio si staccò dal ponte e cadde giù
tro e le avevo detto: “È tua, non darla a nessuno”. Ave- frantumandosi in mille schegge di cristallo. Una pol-
va aggrappato le dita al mio pollice. Non avevano for- vere di vetro mi schizzò in faccia. Il vento soffiava tra
za, ma le sentivo. Le avevo baciato le guance. Erano i lampioni sospesi e sfiorava i cristalli di ghiaccio co-
così gelide… Katayun diceva che la sorella aveva sen- me se qualcuno suonasse un antico strumento prei-
tito vari medici a Oslo dire che molti guariscono dopo storico che emette solo suoni soffusi e note esanimi.
un anno. La mia bambina lì potrebbe guarire. E qui Mina non c’era, era rimasta sola da qualche parte in
invece? mezzo alla neve. Avrei dovuto attraversare il ponte e
andare a cercarla. Avrei dovuto sistemarle il cappel-
Vedendomi, l’uomo nell’auto ingolfata tirò giù il fine- lo di lana sulla pelle nuda della testa. Ma mi fermai e
strino e agitò la mano. Passai insieme a Mina davanti fissai i lampioni. Le acute lance di ghiaccio tremaro-
alle librerie chiuse. Le vetrine erano coperte di neve no. Una fila di spazzaneve passò lentamente ai lati,
fino a metà. Un po’ più avanti un altro spazzaneve im- sulla veduta del ponte, come un branco di elefanti
boccò il ponte di Karim Khan. Era più vicino e sem- bianchi. u

66 Internazionale 1441 | 23 dicembre 2021


Portfolio

Noi, gli altri


Siamo il frutto dei nostri geni e dell’ambiente
in cui viviamo. Se eliminiamo il contesto cosa
resta di noi? È quello che si chiede la fotografa
Mozhde Nourmohammadi
Portfolio

70 Internazionale 1441 | 23 dicembre 2021


Internazionale 1441 | 23 dicembre 2021 71
Portfolio
osa ci rende ciò che siamo? a inscenare un istante di vita quotidiana a maginato e poi eliminato, per concentra-

C È l’ambiente a definire le
persone o l’identità pre-
scinde dal luogo in cui si
trovano? È la domanda da
cui è partita l’artista ira-
niana Mozhde Nourmohammadi per rea-
lizzare il suo progetto We… Others, in cui
ha provato a indagare sul rapporto tra l’in-
dividuo e il suo luogo d’origine.
Teheran. Le fotografie li ritraggono in un
breve momento di tregua dal caos della
città, come se si fossero fermati vicino a
un lampione e stessero aspettando il ver-
de del semaforo.
Ma Teheran è solo immaginata, è nella
testa dell’artista e delle persone ritratte
(tutte iraniane tranne due), che in quel
momento si trovavano a Bologna, dove
re l’attenzione sull’espressione dei corpi e
dei volti. E provare a capire cosa rimane di
noi lontano dall’ambiente che ha contri-
buito a definire chi siamo. u

Mozhde Nourmohammadi è
un’artista visiva nata a Teheran nel 1982.
Vive e lavora tra la Spagna e l’Italia.
Laureata in regia cinematografica
Per farlo Nourmohammadi ha chiesto sono stati scattati questi ritratti. Niente all’università Soureh di Teheran, si è poi
a un gruppo di dodici donne e uomini auto né lampioni, nessun passante né specializzata in fotografia all’Accademia
d’interpretare dei personaggi, invitandoli mercato né negozio, il contesto è tutto im- di belle arti di Bologna.

72 Internazionale 1441 | 23 dicembre 2021


Internazionale 1441 | 23 dicembre 2021 73
Alieh Atai Disegni di Angelo Monne

Trenta
chilometri
autobus si ferma. Apro gli occhi a fati- se si sono complicate. Yasser Samavat veniva da Karaj

L’ ca. C’è scritto: “Stop. Punto di control- e, tutto sommato, poteva essere considerato un ra-
lo Sharif Abad”. Posso dormire ancora gazzo della capitale: viziato e caciarone. Ho pensato:
una mezz’ora prima di arrivare. Mi ri- “Ora che l’ha scoperto, lo saprà tutta l’università!”. Mi
giro sul sedile e chiudo gli occhi, ma la aspettavo che il giorno dopo avrebbe spifferato a qual-
passeggera di fianco mi dà un colpet- cuno la notizia e che tutti i ragazzi sarebbero venuti a
to. Alzo lo sguardo e vedo un vigile che sta dicendo saperlo nel giro di poco tempo. Tre giorni dopo mi ha
qualcosa. Non sento. Scosto il velo dall’orecchio. Fa chiesto: “Marjan, ti va di andare al cinema? Al
un cenno indicando l’uscita dell’autobus. Avevo mes- Farhang fanno un film di Tarkovskij, cavolo!”.
so gli apparecchi acustici in valigia per Scendo dall’autobus. Accanto al vi-
dormire senza farmi disturbare dai ru- Andavo al secondo gile c’è anche un ragazzo afgano. Non lo
mori. Papà aveva una strana fissazione anno di università vedo bene in faccia, ma sta parlando.
riguardo agli apparecchi acustici. Mi e nessuno si era Che sia afgano lo capisco dal taglio de-
aveva comprato un modello tedesco, ancora accorto che gli occhi. Se vivi a Birjand ci metti un
trecentomila toman più caro di quello non ci sento. Con attimo a distinguere un afgano da un
cinese, ma continuava a ripetere: “Mi l’apparecchio iraniano. Penso tra me e me: “Non è che
raccomando, usali solo quando sono percepisco i suoni pensano che sia afgana anch’io?”.
indispensabili, e solo sotto il maghnae”. ma, senza, il mio Il vigile indica il cancello del com-
Andavo al secondo anno di universi- missariato di Sharif Abad. È verde e ab-
orecchio sinistro
tà e nessuno si era ancora accorto che bastanza ampio da far passare un ca-
non ci sento. In realtà con l’apparecchio
è sordo mion. Lì mi riceve una donna che m’in-
percepisco i suoni, anche se con qual- dica l’ingresso dell’edificio. Sono as-
che difficoltà, ma – senza – il mio orecchio sinistro è sonnata e confusa. Dev’essere quasi l’ora della pre-
completamente sordo. Quando sono stata ammessa ghiera del pomeriggio, o forse hanno già recitato l’a-
all’università, ho scoperto che il signor Abtahi, l’auti- zan mentre dormivo. All’interno dell’edificio c’è un
sta dell’autobus, era un conoscente di mio padre, al- corridoio su cui affacciano diverse stanze con porte
lora ci siamo messi d’accordo che una volta al mese color crema. La prima a destra è aperta.
ALIEH ATAI avremmo fatto insieme il viaggio da Teheran a La donna mi tiene una mano sulla spalla. Un’altra,
è nata nel 1981 a Birjand, così mi avrebbe dato una mano. Tenendo seduta lì con una fascia colorata sul braccio, dice:
Zahedan da una conto delle soste per il pranzo, la cena e le preghiere, “Entra”. La prima donna mi toglie la sciarpa dalla te-
famiglia afgana. Vive
ci volevano ventidue ore per coprire quel tratto. sta, mi tasta il collo e mi fruga tra i capelli, poi mi muo-
e lavora a Teheran.
Erano passate due settimane dall’inizio del seme- ve i lobi delle orecchie a destra e a sinistra. Quel mo-
Questo racconto è
uscito sulla rivista
stre. Stavo riempiendo un bicchiere d’acqua, quando vimento produce un ronzio tanto forte da togliermi
Dastan con il titolo Yasser Samavat ha notato l’apparecchio. Il mio orec- l’udito anche all’orecchio destro. Le si muovono le
Si kilometr. La chio sinistro spuntava dalla sciarpa. L’università non labbra. Sta parlando anche la donna seduta dietro la
traduzione è di Harir obbligava le studentesse di arte a portare il maghnae. scrivania. Sento solo il ronzio.
Sherkat. Una semplice sciarpa bastava per coprirsi. Da lì le co- “Mi scusi, come? Non sento!”. Non risponde. La

74 Internazionale 1441 | 23 dicembre 2021


Internazionale 1441 | 23 dicembre 2021 75
Alieh Atai

La sera in cui donna di fronte a me mi apre i bottoni a pressione del posto più bello di Teheran. Mi era piaciuto fin dalla
siamo andati a manteau e mi perquisisce frettolosa. La donna con la prima volta che ero andata a casa di zia Jari. Yasser
vedere Tarkovskij, fascia colorata si alza in piedi e questa volta mi chie- Samavat si girava ogni tanto verso di me e probabil-
Yasser Samavat de: “Che sostanze hai assunto?”. mente mi sbirciava l’orecchio sinistro. Avevo la sciar-
Non fumavo sigarette. La sera in cui siamo andati pa ben stretta intorno alla testa, ma l’apparecchio era
mi ha passato il
a vedere Tarkovskij, Yasser Samavat mi ha passato il acceso. Papà diceva: “Se qualcuno lo scoprisse, ti
suo pacchetto, ma
suo pacchetto, ma ho rifiutato. Lui si è fatto una grassa prenderebbero in giro. Non è bene per il tuo futuro”.
ho rifiutato. Lui si risata e ha detto: “Una studente di teatro che non fu- Il problema, però, non era solo essere presa in giro.
è fatto una grassa ma? Non c’è più religione!”. Mi ero sentita costretta Non c’era posto per parcheggiare di fronte al cinema
risata e ha detto: ad accettare l’invito per il cinema perché avevo paura. e abbiamo girato a vuoto per mezz’ora. Oltre ad aver
“Una studente di Avevo pensato che se non ci fossi andata avrebbe rac- vinto le olimpiadi letterarie, Yasser Samavat era an-
teatro che non contato a tutti dell’apparecchio acustico. Lui stava che bravo a guidare. Andava forte ma padroneggiava
fuma? Non c’è più studiando per una doppia laurea. Era stato ammesso la macchina. Gli è suonato il cellulare e ha risposto.
religione!” alla facoltà di letteratura persiana perché aveva vinto Ha detto due carinerie a qualcuno e ha riattaccato, poi
le olimpiadi letterarie e in più studiava teatro. Il suo ha commentato: “Queste ragazze hanno fiuto! Conti-
dipartimento non era tanto lontano da quello di belle nuano a chiamarmi come se avessero scoperto che
arti, solo trecento metri, e a uno come Yasser Samavat sto uscendo con una!”. E ha aggiunto: “Non sanno
non ci voleva niente per raccontarlo a tutti. Quando che possono stare tranquille, tanto è solo la nostra
sono uscita dal dormitorio, lui era seduto in macchina Marjan, la tontolona”.
dall’altra parte della strada. “Ehi, Marjan!”, ha grida-
to, “Marjan tontolona! Da questa parte!”. Ho fatto Mi portano la valigia con un po’ di ritardo. Rispondo
finta di niente. Tanto avrebbe pensato che era perché alla vigilessa: “Niente, non assumo niente”. Dice, in
non ci sentivo. Però, “Marjan tontolona”, che uscita… modo che sentano tutti: “Ora lo scopriremo!”. Un
Ha fatto inversione e ha accostato. Sono salita in mac- soldato annoiato lancia la valigia sul tavolo. Le due
china. Mi ha chiesto: “Come stai?”. “Bene, grazie”. donne cominciano a perquisirla. Tirano fuori il ba-
Ha tirato fuori dal cruscotto una merendina Ranga- rattolo di sottaceti di stagione. Lo aprono. L’odore
rang e ha detto: “Mangia che ti fa bene!”. Mi ha strap- dell’aglio pervade la stanza e mi riaccende un po’ i
pato la carta della merenda dalle mani, l’ha lanciata sensi, ma ho ancora sonno. A Birjand ho preso tre
dal finestrino e ha riso senza un motivo. Siamo partiti compresse di diazepam per non svegliarmi fino a
diretti al cinema Farhang. Per me viale Shariati è il Teheran. Dico: “Ho preso del diazepam”. Tirano

76 Internazionale 1441 | 23 dicembre 2021


fuori i miei vestiti e le sceneggiature. L’altro vigile è do il dramma Lo scimmione di Eugene O’Neill. Yasser Samavat si
in piedi in un angolo e guarda il mio bagaglio. L’appa- Mercoledì, alle due del pomeriggio, avevamo le- era messo una
recchio acustico è lì dentro. Lo trovano. La donna mi zione di analisi della sceneggiatura e dovevo presen- maglia rosso scuro
fa un cenno e io rispondo indicando il mio orecchio. tare la mia ricerca. Yasser Samavat si era messo una che gli dava
Appoggia freddamente l’apparecchio sul tavolo. maglia rosso scuro che gli dava un’aria molto affasci- un’aria molto
Sembra che non le importi se sono sorda. Le interes- nante. Le ragazze avevano cominciato a provarci dai
affascinante. Le
sa solo trovare tracce di droga. primi momenti della lezione e ridevano sguaiate alle
ragazze avevano
“Visto che dici di aver preso delle pasticche, dov’è sue battute banali. Appena è arrivato il professore, ho
la confezione?”. cominciato. Samavat, seduto in fondo all’aula, non ha cominciato a
“Non ce l’ho. Erano rimaste solo tre compresse e fatto altro che smanettare con il cellulare per tutto il provarci dai primi
ho buttato la confezione nel bidone della stazione di tempo. Ho concluso la mia presentazione dicendo: momenti della
Birjand”. “Dunque, Lo scimmione può considerarsi il più impor- lezione e ridevano
Le due donne parlottano tra loro. Forse ridacchia- tante dramma espressionista della storia della lette- sguaiate alle sue
no. Non capisco. Le voci si confondono. Lascio l’orec- ratura teatrale contemporanea”. Mehraneh, che era battute banali.
chio sinistro fuori dalla sciarpa per poter rispondere seduta nella seconda fila, ha fatto una domanda su Appena è arrivato
tempestiva. A un cenno dell’agente, il vigile prende come si poteva interpretare il colore del ponte della il professore, ho
l’apparecchio dal tavolo e me lo porge. Il suo sguardo nave. Anche se aveva una voce bassa, l’avevo sentita cominciato.
mi dice che dovrei ringraziarlo. Annuisco. e le ho risposto. Il professore ha sentenziato: “Ma
Samavat, seduto
questa è una visione molto formale, dogmatica e par-
in fondo all’aula,
Dopo la serata passata al cinema, Yasser Samavat era ziale”. Marciando a grandi falcate, ha raggiunto il fon-
diventato antipatico. A malapena ricambiava il mio do dell’aula, si è fermato accanto a Yassar Samavat e non ha fatto altro
saluto e scherzava con tutti tranne che con me. Gli si è voltato di colpo verso di me: “Sto parlando con lei, che smanettare
avevo detto: “Signor Samavat, il mio nome è Marjan ha sentito?”. con il cellulare per
Moghimi”. Forse gli aveva dato fastidio. Ma mentre Mi si è incendiato il viso. Non avevo sentito. Yasser tutto il tempo
eravamo al cinema aveva riso e mi aveva chiesto: “Sì, Samavat si è messo a tossire così forte che sembrava
signora Moghimi, desidera un po’ di patatine?”. E io stesse per soffocare. Il professore gli ha dato dei colpi
avevo detto di no, così, senza motivo. Il film di Tar- sulla schiena con il palmo della mano, ma lui non
kovskij sembrava un dipinto. Lui ha evitato di girarsi smetteva. Ogni secondo diventava sempre più rosso.
verso di me per tutta la durata del film e non ha nep- In aula si è creato un tale scompiglio che il professore
pure mangiato le patatine. Il film era un po’ noioso, si è dimenticato della mia risposta. Per la prima volta
ma doveva essere senz’altro molto importante. L’au- mi sono sentita in debito con lui. Yasser Samavat ave-
dio era buono e l’apparecchio acustico non serviva. va avuto la prontezza di ricordarsi che uno dei requi-
Mi sono seduta alla sua sinistra in modo da poter la- siti di ammissione alla facoltà di teatro era essere do-
sciar fuori l’orecchio senza preoccuparmi, ma alla fi- tati di una perfetta salute fisica e io avevo un deficit
ne non è stato necessario. La musica fluiva e il salone uditivo. Un deficit che avevo tenuto nascosto. A quan-
buio del cinema era l’unico posto in cui desideravo to pare Yasser Samavat sapeva che se l’ufficio ammi-
che il mio orecchio uscisse dal velo. Intorno alla metà nistravo avesse ricevuto un resoconto sulla mia sordi-
del film ho pensato che forse avevo sbagliato a farmi tà, per me sarebbe stata la fine. Il mio cuore batteva
problemi fino a quel momento. Cosa cambia a Yasser tanto forte da rimbombarmi nella testa. Non potevo
Samavat se ho l’apparecchio? È uno che non ha pro- buttare via così la passione della mia vita. Il giorno
blemi, che gli importa se un altro ha o non ha i requi- dopo, finita la lezione, gli ho detto: “Grazie che mi hai
siti per essere ammesso alla facoltà di teatro? Anzi, salvata”. Lui mi ha dato una pacca sulla spalla. “Do-
non avrei proprio dovuto accettare l’appuntamento. mani andiamo a fare una passeggiata in montagna a
Quando siamo usciti dalla sala, ho detto: “L’audio era Darakeh? Vieni?”.
buono, non ho avuto nessun bisogno dell’apparec- Il soldato mi porge l’apparecchio. Ormai sono anni
chio”. Lui si è limitato a rispondere: “Sì, è un buon ci- che il mio orecchio è abituato a questo corpo estra-
nema”. Ha detto solo questo e siamo usciti. Ho sco- neo, ma adesso mi sembra più pesante che mai. Una
perto entrambe le orecchie e sono salita in macchina. guardia donna apre la porta e dice: “Il laboratorio è
“È una sordità congenita, ma mi sta simpatica. Io chiuso, questa notte deve rimanere qui”. Di fianco a
sono fatta così e non me ne frega niente del parere de- me il soldato fa spallucce e mi dice: “Anch’io ho un
gli altri”. problema, guarda!”. Spalanca la bocca e mi mostra
“Mmm… sì, fai bene. E a me stai simpatica tu”. qualcosa in fondo alla gola. Non capisco. Continua:
“Vedi? Non sento i gusti. Tu sei messa meglio di me,
Metto l’apparecchio nell’orecchio. Il vigile fa un sor- almeno c’è qualcosa che puoi mettere nell’orecchio e
risetto: “Niente da fare, devi andare al laboratorio”. sentirci, per me invece niente”. Ho il voltastomaco. Il
La porta si apre un po’. Dalla fessura posso vedere il suo viso cambia colore. Sul suo petto c’è scritto “Man-
cognato del signor Abtahi che tutto preoccupato sta sur Behmanesh”. La nonna diceva: “Se Dio ti toglie
discutendo con qualcuno. Il vigile se ne va e io e le qualcosa, ti dona qualcos’altro. Confida nel destino”.
donne rimaniamo sole. Una di loro mi fa cenno di Il signor Abtahi mi raggiunge con il mio sacchet-
prendere posto su una fila di sedie gialle. Il coperchio tino dei viveri. Devo per forza passare la notte qui,
dei sottaceti è ancora aperto e la donna sta sfoglian- neanche lui può farci niente. Gli dico che non impor-

Internazionale 1441 | 23 dicembre 2021 77


Alieh Atai
ta e gli chiedo di non dire niente a papà. L’autobus, re costretta a lasciare la disciplina che amavo non era
dopo un’ora di attesa, riparte. Vedo svanire il suo roba da poco. Dovevo dirgli che gli ero grata per la sua
fondo arancione da sopra il cancello del centro di gentilezza, ma non sopportavo la sua pietà. Già basta
detenzione. e avanza essere sordi, ci manca solo che qualcuno ti
compatisca. Al primo tè sono rimasta in silenzio. Cer-
Darakeh era molto affollato. All’inizio della salita, il cavo di fare ordine nella mia testa tra le cose che vole-
chiosco a sinistra vendeva sottaceti. Mi sono affaccia- vo dirgli. Al secondo tè, lui ha appoggiato la sua mano
ta su uno dei bidoni per annusare e capire che tipo di sulla mia. Mi ha presa alla sprovvista. Aveva il palmo
frutta contenesse. Quando sono riemersa mi è sem- caldo e umido. Avrei voluto dire qualcosa, ma le paro-
brato che il vecchio venditore somigliasse a Yaqub, il le mi morivano in gola. Stava facendo buio e dovevo
bottegaio del quartiere della nonna a Birjand. Da pic- tornare al dormitorio entro le nove di sera. Dovevo
cola, quando tornavo da scuola e mia madre era al dirglielo. Che pasticcio. Ho scostato il velo dalle orec-
lavoro, andavo a casa della nonna e per strada com- chie e ho tolto l’apparecchio. Mi ero decisa, gliel’avrei
pravo sempre del kashk. La stradina alle spalle della detto senza sentire la sua risposta. Ho fatto un bel re-
bottega pareva l’entrata della casa della nonna, con le spiro e ho detto: “Guarda, io non ci ho mai sentito in
stesse piante e lo stesso canale per l’acqua. La bocca vita mia, anche adesso non sento, ma amo il teatro. È
del vecchio venditore si è mossa. Stava dicendo qual- l’unica cosa che ho qui. Sono uscita con te perché mi
cosa, ma non riuscivo a capire. L’apparecchio era fuo- sono sentita costretta. Avevo paura che dicessi a qual-
ri posto e non sentivo niente. L’odore dei sottaceti mi cuno del mio difetto e così finiva tutto. Per favore, non
aveva fatto venire l’acquolina in bocca. Ho riposizio- pensare male di me”. Lui ha toccato l’apparecchio sul
nato l’apparecchio. Quando la nonna aveva saputo vassoio e l’ha spinto verso di me. Insisteva che lo met-
che ero stata ammessa all’università, aveva detto: tessi. Aveva gli occhi sbarrati.
“Una ragazza che non trova marito, tanto vale che “Sei uscita con me solo perché avevi paura?”.
Essere cacciata
continui a studiare”. “Sì”.
dall’università Yasser Samavat mi ha tirato la mano. “Dai, andia- “Le confessioni di una sorda a Darakeh! Domani
ed essere costretta mo!”. Ho continuato a spostare l’apparecchio finché mattina sarà il titolo di tutti i giornali di Teheran. Con
a lasciare la non ho ripreso a sentire le voci. Darakeh non sembra- tutto questo coraggio, meno male che non sei diven-
disciplina che va più Birjand. Un uomo di mezza età e un ragazzo tata una partigiana di sinistra. Che onore che tu ti sia
amavo non era stavano litigando per il parcheggio. Il venditore mi ha mischiata con noi del teatro…”.
roba da poco. chiesto: “Signorina, mi senti? Ne vuoi? Ti faccio un Rideva talmente forte che tutti i clienti del bar ci
Dovevo dirgli che pacchettino?”. Non ne volevo. Ci siamo incamminati guardavano. Io non riuscivo a ridere neanche se mi
gli ero grata per in direzione della montagna. Dopo dieci minuti di sforzavo. Continuava a ripetere: “La partigiana sor-
la sua gentilezza, passeggiata ci siamo seduti in un bar. Yasser Samavat, da, la partigiana sorda…”.
ma non a differenza del solito, era tranquillo e non aveva fret-
ta. Aveva la solita maglia rossa e si era messo una cuf- a notte di fermo non ha inizio e non ha

L
sopportavo la sua
fia nera. Non sapevo da dove cominciare ma dovevo fine. Un corridoio di cemento si affaccia
pietà. Già basta e dirglielo. Ero agitata. Ho pensato: “Avremmo dovuto su qualche squallida cella, spoglia e po-
avanza essere comprare almeno qualche striscia di pelle di frutta”. co illuminata. Ne superiamo sei ed en-
sordi, ci manca Tutto d’un tratto ho cominciato a parlare del kashk, triamo nella settima. L’agente mi fa
solo che qualcuno della pelle di frutta e della nonna. Del fatto che si è svestire, mi lascia una coperta sottile
ti compatisca sposata quattro volte, che adora i figli del primo mari- sopra il letto di ferro ed esce senza dire una parola. È
to e non si ricorda mai la mia data di nascita né è mai una cella d’isolamento. La porta si chiude. Non provo
stata a una mia festa di compleanno. Non ho mai visto niente, penso solo a quanto sia assurda questa situa-
un’altra donna così impassibile e risoluta. Ogni anno, zione. “Che figata!”, mi dico, “sarebbe una scena per-
alle feste di Nowruz, ribadisce: “Se devo voler bene a fetta per il palcoscenico! Potrei passare la notte ad
tutti, come faccio a prendermi cura di me? L’amore va analizzare Il processo di Kafka e domani sarò giustizia-
dosato e misurato”. ta per aver assunto del diazepam”. Sento dei rumori
Sorrideva e mi ascoltava. Non so cosa pensasse di confusi. Schiaccio forte l’apparecchio. Sono le risate
me. Forse diceva tra sé e sé: “E allora tu perché sei dei vigili che chiacchierano. Non capisco niente di
così fifona?”. Oppure si stava immaginando il volto cosa dicono. Mi avvolgo nella coperta e mi sdraio sul
della nonna, assai più bella e forte di me. Non so. Non letto di ferro. Come diavolo fanno a pensare che io sia
avevo idea di come apparivo agli altri, tantomeno co- una drogata? Proprio io, una studente di teatro dell’u-
me mi vedesse lui. La nonna non si sarebbe mai trova- niversità di Teheran, la trentaquattresima classificata
ta in una situazione simile, lei era molto forte e so- al concorso nazionale di ammissione. Cosa dirò a pa-
prattutto non era sorda. pà? Qui siamo in mezzo al deserto. Davvero non ho
Ero arrivata a raccontare della mia adolescenza nessuno che può venire a liberarmi da questo inferno.
quando, di colpo, è scoppiato a ridere. Si è indicato le Qualcuno bussa alla cella. Dallo spioncino vedo Man-
orecchie: “Perché gridi? Il tuo aggeggio è a posto?”. Sì, sur Behmanesh. Mi porge un bicchiere di tè.
lo era. Dovevo andare dritta al sodo. Mi vergognavo “Ti va?”.
come una ladra per aver mentito, ma avevo i miei Incorniciato così, in questo riquadro buio di me-
buoni motivi. Essere cacciata dall’università ed esse- tallo, m’inquieta ancora di più.

78 Internazionale 1441 | 23 dicembre 2021


Gli chiedo: “Stanotte resti qui? Che paura!”. Nireh, Rojan e Mahbubeh, ma come fanno ad arriva-
“Restare qui è il mio lavoro. Tu non fare queste re fin qui?
cavolate, così non ti metti nei guai. Adesso sta tran- Nireh mi ha detto di aver visto Yasser Samavat
quilla. Spaventarsi non serve. Domani ti lasciano che camminava mano nella mano con una ragazza
andare”. alta e bella in via Amir Abad. Ci ha proprio tenuto a
“Ma cosa dici? Io non ho fatto proprio niente. Però dirmi che erano mano nella mano. Mi voleva far ca-
non so chi può venire a salvarmi domani”. pire che mi ero fatta sfuggire il ragazzo più figo di
“Pensavo fossi di Teheran! Non hai un parente, tutta l’università. Non mi aspettavo che una notizia
un amico?”. simile potesse darmi fastidio, invece l’ha fatto. L’a-
Non aspetta la risposta. Si allontana e torna dopo vevo deluso e l’avevo lasciato andare con quella ra-
qualche secondo. Infila la mano tra le sbarre. Sul pal- gazza alta e bella che non sapevo chi fosse, avevo
mo ha tre zollette di zucchero e una lunga linea della fatto tutto da sola. Sono uscita dal dormitorio con la
vita. Gira la testa e dice: “Poi ridammi il bicchiere. scusa di comprare del pane. Mi veniva da piangere.
Qui mi annoio da morire. Tu ci resti solo una notte, io Nireh, con quel tono, mi aveva fatto capire che sono
ho ancora otto mesi. Pensa come sto io!”. una fallita. Già è una sofferenza non farsi notare da
Avvicino il bicchiere alle labbra e bevo un sorso. Il nessuno, ma se succede e poi ti bruci l’occasione…
calore del tè si diffonde nel mio corpo. Sento la testa Le lacrime mi rigavano il viso. Ho dovuto togliere
più leggera. Lo ringrazio. Mi lascia in mano una zol- l’apparecchio. Se lo tengo mentre piango, le voci mi
letta attraverso le sbarre, se ne mette una in bocca e rimbombano in testa. Teheran era diventata di nuo-
beve il suo tè tutto d’un fiato. vo Birjand. Mi sentivo immersa nel suo bazar, solo
“Evita di far vedere la gola agli altri, tanto non si che era pieno di luci e le persone erano più eleganti.
vede niente. È solo disgustoso. Che senso ha?”. Non vedevo le insegne dei negozi. Birjand era diven-
Gli restituisco il bicchiere vuoto e se ne va senza tata molto affollata, ma neppure Teheran era più la
aggiungere niente. Avrei voluto vedere la sua faccia stessa. Senza rumori, la città aveva perso la sua ani-
attraverso le sbarre, ma il corridoio è troppo buio. ma di metropoli. Era diventata una piccola città di
Sento caldo dietro le orecchie. provincia, con la differenza che nessuno faceva caso
Mi sdraio sul letto. Sembro uno di quegli afgani alle mie lacrime.
che vengono ingabbiati e cercano qualcuno che li Il giorno dopo, a lezione, per caso ci siamo seduti
aiuti. Non ci voglio pensare. Chiudo gli occhi. Non vicini. Scarabocchiava un foglio senza seguire. Non
ho proprio nessuno! Sì, ci sono le mie coinquiline, ero in me. Sentivo un nodo alla gola e mi faceva rab-

Internazionale 1441 | 23 dicembre 2021 79


Alieh Atai

bia. Cosa c’entravo io? Non mi piaceva nemmeno! me che sono il più sbruffone di tutti? Non avevo una
Ancora una volta avevo reagito d’impulso. Nireh ave- risposta, ma un dubbio mi stringeva la gola. Non sa-
va detto una fesseria. Yasser Samavat non era mai pevo se fosse il momento giusto per chiedergli di
stato la persona giusta per me. A fine lezione il profes- quella ragazza alta e bella. E lui ha continuato: “Hai
sore ha detto qualcosa che non ho sentito, ma tutti capito cosa ti ho detto? Non farti intimidire!”. Poi ha
hanno cominciato a lamentarsi. Mi sono girata verso acceso una sigaretta e si è allontanato veloce. Avevo
Samavat e gli ho chiesto: “Cos’ha detto?”. La sua un nodo in gola. Una sensazione sconosciuta, che non
espressione apatica piano piano si è trasformata in un dipendeva dalla mia volontà. Quel giorno, per la pri-
sorriso. ma volta durante quei semestri, ho avuto la netta sen-
“Signorina partigiana! Hai l’apparecchio sazione che Yasser Samavat fosse una persona di cui
spento?”. ci si può fidare. Anche se aveva preferito quella ragaz-
“Smettila di prendermi in giro. Sì, sono una fifona. za alta e bella a me.
Lasciami stare, fa’ come ti pare!”.
Lui è arrossito e si è rabbuiato. Ha raccolto le sue a guardia donna mi porta in una stanza
cose dal tavolo ed è sgusciato fuori dall’aula di fretta.
Qualche minuto dopo ho sceso le scale e lui, lì in fon-
do, mi ha tirato per un braccio e mi ha spinto sotto la
rampa.
“Ricordati Marjan, io non andrò mai in giro a dire
che porti l’apparecchio. Anche se non importa a nes-
suno. Comunque c’è una sola ragione se non lo dico,
una ragione che per te non è importante”.
Quella sua reazione improvvisa mi aveva spiazza-
L che sembra un laboratorio. Il medico
mi controlla gli occhi. Mi prende un
campione di sangue e ci dice che l’esito
sarà pronto in una mezz’ora. Usciamo
dal laboratorio e ci sediamo sulla prima
panchina in giardino. Mansur Behmanesh ci sta
aspettando. Da ieri gli è già cresciuta la barba e sem-
bra un po’ più vecchio. La donna mi porge il telefono.
“Chiama qualcuno e digli di venire. Il risultato
ta, ero rimasta ammutolita. Mi sono liberata il braccio dell’esame sarà pronto tra mezz’ora”.
e, con un filo di voce, gli ho detto: “Grazie”. Lui, inve- Mio fratello ha lasciato l’Iran sei mesi fa. Sembra
ce, ha alzato il tono: “Senti, ragazzina, non frega nien- che Abtahi mi abbia dato retta, infatti papà non si ve-
te a nessuno se non ci senti, nemmeno a me. Devi es- de. Non ho altre soluzioni. Ho pensato a Yasser Sa-
sere sicura di te stessa, non sentirti in difetto e non mavat tutta la notte. Da quel giorno ho capito che è il
farti intimidire da nessuno, manco da me che…”. più affidabile di tutti. Magari non è innamorato come
Ha lasciato la frase a metà. Da me che ti amo? Da il marito di Rojan, o non vuole sposarmi, oppure una

80 Internazionale 1441 | 23 dicembre 2021


ragazza sorda come me non gli piace neanche, men- vat. Noto che mentre firma gli trema la mano.
tre quell’altra ragazza… Ma comunque ha dimostra- Non mi guarda. Mi fa un cenno per dirmi di an-
to che su di lui si può contare. Faccio il suo numero. darcene. Sono più agitata di prima.
“Ciao, sono Marjan”. Usciamo dalla stanza e dopo qualche minuto un
Ride e risponde con il tono di un operatore: soldato mi riporta la valigia, da cui spunta un lembo
“Ciao, sono Yasser”. della mia sciarpa rossa. Yasser Samavat non dice
“Senti, sono bloccata al commissariato di Sharif niente e controlla il cellulare di continuo. Arrivati
Abad. Ho bisogno di un garante. Potresti venire?”. all’ingresso dell’edificio, gli suona il telefono. Ri-
Rimane in silenzio. Sento le risate e gli schiamaz- sponde: “Amore, non sono a Teheran, ti chiamo tra
zi di ragazzi e ragazze intorno a lui. A quest’ora sarà mezz’ora”. Sento una stretta al cuore e il montare di
sicuramente all’università. una rabbia incontenibile. Mansur Behmanesh viene
“E Sharif Abad dove sarebbe?”. verso di noi.
“All’entrata della provincia, a trenta chilometri “Auguri! Te ne vai?”.
da Teheran”. “Sì, grazie per ieri sera e per oggi. Vedrai che que-
Gli racconto il resto della storia e riattacco. La sti otto mesi voleranno. Coraggio! Non buttarti giù”.
donna prende il cellulare e si alza. Di nuovo il pensie- Faccio come se fossimo più in confidenza di
ro che possa dirlo a qualcuno mi riempie la testa. quanto siamo davvero. Così, senza motivo. Yasser
La donna mi consegna al soldato e si dirige al labora- Samavat mi prende di mano la valigia e comincia a
torio. camminare veloce davanti a me. Usciamo dal can-
Behmanesh sta giocando con il calcio del fucile. cello verde. Saluto in fretta Behmanesh. Per raggiun-
Prende una cosa da terra e si siede dall’altra parte gere Samavat devo quasi correre. Lui si ferma dopo
della panchina. pochi passi.
“Ricordati
“Pensavo che a Teheran non avessi nessuno. Vo- “Scusa! La valigia è pesante. Lascia che la
levo farti da garante io, così magari potevamo rive- porti io”.
Marjan, io non
derci”. “Bello! Hai anche trovato nuovi amici! Oggi in andrò mai in giro
“Grazie. Viene un mio amico. I risultati dell’esa- generale mi stupisci, brava! Stai migliorando!”. a dire che porti
me non sono ancora arrivati. Non ti conviene fare da Mi ritrovo a balbettare. l’apparecchio.
garante per una tossica. Ti allungherebbero la leva!”. “Ah… Sì. È un bravo ragazzo. Non sente i gusti. Un Anche se non
“Hai qualcuno? Intendo un ragazzo, fidanzato…”. giorno gli è venuta una brutta febbre. Gli bruciava la importa a
Mi giro dall’altra parte e non rispondo. Due sol- gola e poi ha smesso di sentire i sapori. Ma non mi nessuno.
dati vengono ridendo verso di noi con dei succhi di fa pena. Il destino ricambierà con qualcos’altro an- Comunque c’è una
frutta in mano. Uno butta a terra il cartoncino del che lui”. sola ragione se non
succo e lo calpesta. Ci passano davanti indifferenti. “Lo so che non ti fa pena. Ma la nonna non ti ha lo dico, una
Seguo lo sguardo di Behmanesh, che è rimasto fisso mai detto che mica tutti quelli che hanno un proble-
ragione che per te
sul succo. Lo va a prendere e legge qualcosa sul retro ma sono come te? Comunque, non serve che mi spie-
della confezione. Gli dico: “Questi succhi sono terri- ghi, so che l’amore lo sai dosare e misurare, così puoi
non è importante”
bilmente dolci e sono pieni di aromi. Non ti sei perso lasciare un po’ di spazio anche al tuo destino”.
niente, è robaccia”. Non riconosco quel tono. A differenza del solito
Mi ignora e butta la confezione nel cestino della non ride. Ora dovrei trovare le parole giuste per far-
spazzatura. La guardia donna arriva con un foglio e mi perdonare. Dovrei ringraziarlo e fargli capire
ci fa cenno di seguirla. Arriviamo a un edificio di re- quanto apprezzo il suo gesto. Ma non le trovo. Ho la
cente costruzione nella parte centrale della stazione bocca secca e le mie labbra faticano a muoversi. Mi
di polizia. Superata la porta, troviamo una fila di per- sforzo e gli dico: “Grazie per essere venuto fin qui.
sone ma noi la saltiamo. Rispetto agli altri, il colon- Veramente, non sapevo di chi avrei potuto fidarmi se
nello ha un fare più pacato e rispettoso. Mi siedo. non ci fossi stato tu”.
Comincia l’interrogatorio: “Da quando?”, “Dove?”, Non so come continuare. Preferisco tacere. Yas-
“Quante volte?”. Io ripeto le stesse cose che avevo ser Samavat mi fissa. Forse sta aspettando di sentire
detto il giorno prima. Dice: “Cara, l’esame è negati- il resto. Ho perso il filo del discorso. Gli compare un
vo con riserva. Vuol dire che non è proprio chiaro sorriso sulle labbra. Un sorriso che non conosco. Il
cosa tu abbia fatto. Adesso che facciamo?”. sibilo del vento mi rimbomba nell’orecchio. Sto per
Un soldato bussa alla porta e Yasser Samavat en- dire qualcosa, quando lui apre la bocca. Non sento!
tra insieme a lui. È pallido e sorpreso. Sembra che Lui continua. Scosto il velo. Fa una piccola pausa, mi
durante le vacanze sia dimagrito. Lo saluto con un si avvicina all’orecchio e dice: “Qui di macchine ce
cenno del capo. Il colonnello chiede qual è la nostra ne sono. Io ho un impegno, devo andare. Prendi un
relazione e lo presento come un amico di famiglia. taxi e torna al dormitorio”.
Sono contenta che Behmanesh sia dietro di me, così Nel freddo, il suo respiro avvolge il mio collo
mi risparmio la vista della sua faccia stupita. Il colon- come una nuvola. Appoggia per terra la mia valigia.
nello comincia a parlare con Yasser Samavat e gli Non so se devo ringraziarlo. Lo guardo allontanarsi,
spiega quali sono le conseguenze se il reato viene passo dopo passo. Sento un sapore dolce salato in
reiterato. Io non riesco ancora a capire cosa ho fatto fondo alla gola. Il vento continua a soffiare e un lem-
di sbagliato, ma firmo tutto. Poi tocca a Yasser Sama- bo della mia sciarpa rossa fluttua sospeso nell’aria. u

Internazionale 1441 | 23 dicembre 2021 81


Maysam Barza Pelle di serpente

VORREI
UNA CAMERA PER
QUATTRO O CINQUE
NOTTI.

UN ATTIMO
DI PAZIENZA, CARO.
QUANTA FRETTA!

È UN BEL PO’
CHE NESSUNO
METTE PIEDE
OLTRE A NOI DUE QUI.
E AL PADRONE
DI QUESTA CASA NON
C’È NESSUN ALTRO.

PER ME
È MOLTO MEGLIO COSÌ.
SONO UN INCANTATORE DI
SERPENTI. QUI CON ME
HO SOLO QUALCHE VESTITO
E UN SERPENTE.
QUINDI NON
CI SONO ALTRI
OSPITI?

82 Internazionale 1441 | 23 dicembre 2021


QUALCHE MINUTO DOPO, NELLA
STANZA DEL PADRONE…

SIGNORE! SIGNORE!
NON APRITE GLI OCCHI,
POTRESTE SPAVENTARVI!
LE SI È ATTORCIGLIATO
AL BRACCIO UN SERPENTE.

Internazionale 1441 | 23 dicembre 2021 83


Maysam Barza

MA QUESTO
È LO STESSO SERPENTE
CHE STAVO SOGNANDO.

È STATO UN ERRORE.
È DA TANTO CHE NON ABBIAMO
CLIENTI, HO AFFITTATO
UNA STANZA PER GUADAGNARE
QUALCOSA. MA ORA LI SBATTO
FUORI SUBITO, LUI E IL SUO
SERPENTE.

SCIAGURATO! NON LO TOCCATE,


DOVE HAI LA TESTA? NON LO SPAVENTATE
QUELLO STUPIDO DEL TUO E NON GUARDATELO
SERPENTE È STRISCIATO FINO NEGLI OCCHI.
ALLA STANZA DEL PADRONE
E GUARDA COSA HA
COMBINATO!

AL MOMENTO
GIUSTO CI
PENSERÒ IO
A FARLO
USCIRE.

84 Internazionale 1441 | 23 dicembre 2021


LUI SEMBRAVA SICURO
CHE FOSSE INNOCUO,
IO INVECE DEL MIO
SERPENTE NON MI
FIDO MOLTO.

SEI SICURO CHE


IL SERPENTE NON SIA
UN PERICOLO PER
IL SIGNORE?

NON CAPITA SPESSO


CHE QUALCUNO ABBIA
COSÌ POCA PAURA DI IL SIGNORE
UN SERPENTE. È CORAGGIOSO.

SE MI FOSSI
TROVATO AL POSTO SUO,
MI SAREBBE VENUTO UN INFARTO. UNA LOTTA DI
MA SE IL PADRONE NON HA PAURA, SERPENTI?!
PERCHÉ NON ORGANIZZATE UNA
LOTTA DI SERPENTI?

CERTO,
CI SI PUÒ FARE
UN SACCO DI
SOLDI.

SIGNORE, A PATTO
QUEST’UOMO DICE CHE IL SERPENTE
CHE SE LEI ORGANIZZASSE DIVENTI MIO.
UNA LOTTA DI SERPENTI
NELLA FONTANA POTREBBE
GUADAGNARCI
BENE.

Internazionale 1441 | 23 dicembre 2021 85


Maysam Barza

PER LA LOTTA
DEI SERPENTI IL PADRONE
È D’ACCORDO, A PATTO
CHE IL SERPENTE
DIVENTI SUO.

FATTA QUESTA GARA,


QUEL SERPENTE SARÀ FINITO.
QUINDI, VIVO O MORTO,
POI SARÀ DEL PADRONE.

SIGNORE,
COS’HA DI SPECIALE
QUEL SERPENTE CHE
VI CI SIETE COSÌ
AFFEZIONATO?

NON LO SO,
SO SOLO CHE DEV’ESSERE
MIO, È COME SE LO
CONOSCESSI DA SEMPRE.

AL MIO TRE,
CHE LA LOTTA
DEI SERPENTI ABBIA
INIZIO: UNO…
DUE…

86 Internazionale 1441 | 23 dicembre 2021


NEL FRATTEMPO, NELLA STANZA
DEL PADRONE…

ADESSO
QUESTA LA FACCIAMO
MALEDETTA GUERRA
NON È ANCORA FINIRE.
FINITA?

Internazionale 1441 | 23 dicembre 2021 87


Maysam Barza

MIO SIGNORE,
MI CERCAVATE?

FA’ VENIRE QUI


L’INCANTATORE.

PER LA GARA
DI OGGI HO UN BRUTTO
PRESENTIMENTO. VOGLIO CHE
IL SERPENTE DIVENTI MIO
PRIMA CHE COMINCI.

NON SI PUÒ.
ABBIAMO FATTO UN PATTO:
VIVO O MORTO, IL SERPENTE
SARÀ TUO ALLA FINE DELLA
GARA DI OGGI.

AL TRAMONTO,
QUEL SERPENTE AVRÀ
UNA PROVA MOLTO
IMPORTANTE DA
AFFRONTARE.

88 Internazionale 1441 | 23 dicembre 2021


HAI FATTO BENE
A SVEGLIARMI. STAVO
FACENDO UN INCUBO.

MANGIA,
DEVI VINCERE
QUESTA GARA.
COSÌ CI APPARTERREMO
PER SEMPRE.

SIGNORE,
È ARRIVATO IL SE GLI SUCCEDE
MOMENTO DELLA QUALCOSA, SARANNO
GARA. AFFARI VOSTRI.

Internazionale 1441 | 23 dicembre 2021 89


Maysam Barza

IN TANTI ANNI SE GLI SUCCEDE SIGNORE,


CHE VI CONOSCO, NON QUALCOSA DI MALE PER ME PERCHÉ STATE
VI HO MAI VISTO TENERE SARÀ COME PERDERE
TANTO A QUALCOSA COME SIBILANDO COME
UN PADRE, UNA MADRE, UN SERPENTE!?
A QUEL SERPENTE. UN FIGLIO O UNA MOGLIE.

90 Internazionale 1441 | 23 dicembre 2021


DEVI VENDICARTI
DI QUEI FARABUTTI!
NESSUNO DOVRÀ
RIMANERE VIVO!

Maysam Barza è nato nel 1984 a Teheran. Lavora in Iran e all’estero, in particolare con IDW negli Stati Uniti. Il titolo di
questo fumetto è Pelle di serpente, estratto dal libro Gorbezad. Il testo è di Rambod Khanlari, nato a Teheran nel 1983,
vincitore del premio Mehregan per la migliore raccolta di racconti. Traduzione di Federica Ponzo.

Internazionale 1441 | 23 dicembre 2021 91


Arash Sadeghbeigi Disegni di Gabriella Giandelli

Correre
nel sogno
arà assurdo, ma quando il figlio di Panahi se del giorno dopo. M’illudevo. Non erano cose da

S ha chiamato per dirmi che casa nostra papà. Nel corso degli anni si era sempre tenuto alla
aveva preso fuoco, non ho battuto ciglio. larga da qualsiasi tipo di dipendenza.
Quando i brutti pensieri diventano croni- Tornavo a trovarlo dopo tanto tempo e non avevo
ci, tutto ti scivola addosso. E in questi due voglia di sorbirmi le sue lamentele, se no sarebbe sta-
anni a Teheran non c’è stata mattina che to senz’altro più semplice comprare una lastra da due
io non abbia aperto gli occhi senza che i brutti pensie- metri direttamente a Isfahan. Ho preso un taxi e sono
ri mi facessero compagnia. Che io vada a letto tardi o andato fino all’incrocio Sabalan. Papà aveva già avvi-
che crolli dal sonno, mi tornano comunque in mente sato la zia. Loro vivevano ancora a casa del nonno.
i guai in cui si caccia mio padre ed ecco Sono sceso in cantina e ho portato su la
che mi viene lo sconforto. È peggio di Quando i brutti lastra. Avevo dovuto posarla più volte
mille sveglie del cellulare di primo mat- pensieri diventano sui gradini e riprendere fiato sul piane-
tino. Erano anni che papà si era trasfor- cronici, tutto rottolo. Era una lastra di granito scuro
mato in una carcassa imputridita e non ti scivola addosso. di un metro per un metro e cinquanta.
mi aspettavo più niente da lui. In questi due anni Sempre a fatica l’ho infilata nel taxi e
Non gli parlavo da tre mesi. Quando a Teheran non poi l’ho caricata sull’autobus quando
ha alzato la cornetta, gli ho detto che c’è stata mattina siamo arrivati al terminal, ignorando i
stavo venendo a Isfahan e lui: “Ti han- senza che brontolii degli autisti.
no avvisato troppo presto! Volevo im- Sono arrivato al tramonto. Avevo la
mi facessero
biancare casa domani”. Ho tirato un fronte sudata. L’ingresso del vicolo era
sospiro di sollievo. Non mi ci vedevo a
compagnia pieno di macchine. Avevo trasportato la
preparargli le medicine e cambiargli le lastra fino al cancello trascinando un
ARASH
lenzuola. “L’avresti già fatto in questi quindici anni, piede dopo l’altro a gambe divaricate e con fare peri-
SADEGHBEIGI se ci tenevi tanto”, l’ho rimbrottato. Lui ha risposto: colante, come un vecchio con i reumatismi. L’ho ap-
è nato a Isfahan nel “Va’ a recuperare quel piano cucina di pietra che c’è poggiata al muro. Ho tirato fuori la chiave dallo zaino
1982 e vive a Teheran. da tuo zio e portalo qui”, e sbam!, ha buttato giù il te- bianco e ho aperto il cancello. La Renault 21 di papà
Giornalista e lefono. Mi sono detto: “Qualsiasi pasticcio abbia stazionava nel parcheggio impiastrata di fango come
scrittore, ha combinato sarà stato in cucina. Si sarà dato all’oppio. al solito. Ho fatto le scale abbracciato alla lastra.
pubblicato libri per Avrà tolto le pinze per il carbone dai fornelli e, com- Quando ho aperto la porta, nell’aria si sentiva ancora
ragazzi e due raccolte pletamente fatto, si sarà dimenticato di riappoggiarle l’odore acre e penetrante del fumo. A sorpresa la cu-
di racconti. Questo
sul piano cottura. Poi, mentre si faceva una fumatina, cina era rimasta indenne, invece il resto della casa era
racconto è uscito
gli sarà caduto per terra un pezzetto di carbone che ha coperto da una coltre di fuliggine. I muri e le chinca-
sulla rivista Dastan,
con il titolo Dovidan
dato fuoco al tavolo e a tutta la casa”. L’idea non mi glierie in disordine sugli scaffali erano anneriti. Si
dar khab. La dispiaceva. Dopotutto, un vecchio oppiomane non capiva che le fiamme erano state più alte in prossimità
traduzione è di Harir avrà chissà quale obiettivo nella vita, ma almeno a fi- della finestra. Una pallida luce filtrava tra le persiane
Sherkat e Giacomo ne giornata una piccola speranza quotidiana ce l’ha. abbassate e creava un’atmosfera soffocante. Ho ap-
Longhi. La mattina, quando fa il primo tiro, pensa già alla do- poggiato la lastra per terra.

92 Internazionale 1441 | 23 dicembre 2021


Internazionale 1441 | 23 dicembre 2021 93
Arash Sadeghbeigi

Gli utensili che usavamo da piccoli per fare i suffu- do sorriso, ma con la faccia gonfia che aveva anche
migi giacevano in mezzo al salotto. Ho dato un calcio quel tentativo era fallito. Ho cominciato a riordinare
al bollitore carbonizzato e sono andato avanti. La sua la casa senza salutarlo. Sentivo che mi fissava, con
resistenza elettrica aveva la forma di due nove allo quei suoi occhi senza ciglia. Gli ho chiesto: “La lastra
specchio, la sommità era collegata a un cavo che si a che ti serviva? Non ci sono danni in cucina”. Ha ba-
attaccava alla presa. Il cavo si era sciolto e dalla presa gnato un pezzo di carta vetrata, si è messo a levigare
partiva un alone nero che saliva lungo la parete. La la lastra e ha detto: “Questa ha un bel taglio. Sai quan-
pelliccia di zibellino appesa al muro era bruciacchiata to costa adesso se ne vuoi comprare una così al cimi-
qua e là e da marroncina era diventata nera come la tero?”. Le sue uscite le conoscevo a memoria, ma
pece. Ho posato lo zaino accanto alla porta e ho chia- questa volta ci ho messo un po’ a capire cosa gli pas-
mato papà. Nessuna risposta. Sono entrato nella stan- sava per la testa. Mi è salito il sangue al cervello. Non
za. L’ho trovato raggomitolato sul letto, in canottiera. ci potevo credere. Gli ho detto: “Cosa? Mi hai chiesto
Si era buttato sulla testa i suoi due pesanti cuscini. Le di trascinare fin qui ’sto catafalco per farci una lapi-
mani e le piante dei piedi erano esangui. Le braccia de?!”. Avevo la schiena a pezzi. “Era per farti rispar-
rinsecchite lasciavano intendere che negli ultimi due miare”, ha replicato lui. Non ci vedevo più dalla rab-
anni era molto dimagrito. Sono sceso. Ho misurato il bia. Volevo strapparmi i capelli. Dall’ultima volta che
montante rotto della porta e sono andato dal vetraio l’avevo visto era regredito. Gli ho detto: “Come lar-
all’inizio della via. Sono tornato che ormai era buio. ghezza ci entri, ma di lunghezza spunti fuori di venti
Ho acceso la luce dell’ingresso e sono entrato. centimetri”. Ha continuato a guardarmi senza dire
Aveva appeso il mio zaino sull’attaccapanni niente. Poi si è alzato, ha infilato la mano tra le persia-
dell’ingresso. Aveva appoggiato la lastra al muro e la ne e ha aperto un po’ la finestra. Stava per dire ancora
stava pulendo con uno straccio e una bacinella d’ac- qualcosa, ma non gli ho più dato retta. Sono andato a
qua. Neanche i capelli lunghi e disordinati riuscivano prendere la sedia, i resti bruciati del kilim e altre cian-
a camuffare la magrezza del suo viso. La pelle sotto il frusaglie annerite e ho buttato fuori tutto. Poi sono
mento gli pendeva come il bargiglio di un gallo e gli si passato al bollitore con la resistenza elettrica e ho
potevano contare le costole sotto la canottiera. vendicato la mia infanzia. L’ho preso e l’ho lanciato
Quando mi ha visto ha cercato di abbozzare un timi- con rabbia. Era con simili aggeggi che ci faceva fare i

94 Internazionale 1441 | 23 dicembre 2021


suffumigi. Prima era toccato a Hamid, poi ero nato io degli anni precedenti, aveva rimescolato i pensieri di La pelliccia di
ed era arrivato anche il mio turno. Come se soffrissi- papà. Il maestro di quarta elementare era tornato più zibellino appesa al
mo tutti e due di sinusite. Odiavo i suffumigi. Papà mi energico che mai. Anni dopo avevo conosciuto altri muro era
obbligava a sedere, riempiva quel vecchio bollitore ragazzi che avevano avuto il padre come insegnante e bruciacchiata qua
d’acciaio grande come un pentolone, ci metteva den- si lamentavano di come quella situazione aveva influ- e là e da
tro la resistenza elettrica e ci versava qualche goccia ito sul loro rapporto. Padri che appena arrivati a scuo-
marroncina era
di essenza all’eucalipto, menta e camomilla. Poi mi la diventavano un’altra persona, interrogavano il fi-
diventata nera
costringeva a rimanere sotto l’asciugamano per due glio per primo e poi, tornati a casa, gli rinfacciavano la
ore, seduto come su un gabinetto alla turca, a respira- bravura dei compagni. A me, che frequentavo la scuo- come la pece. Ho
re quel vapore ustionante. Papà si è alzato ed è andato la Nur-e Jahan, non era mai successo niente del gene- posato lo zaino
in camera sua. Mi sa che non ce la faceva a veder but- re. Anzi, papà non mi aveva mai interrogato. Addirit- accanto alla porta
tare via tutta quella roba. tura una volta, durante il primo quadrimestre, mi e ho chiamato
Ho tolto la pelliccia dalla parete e l’ho portata in aveva fatto avere le domande della verifica di storia la papà. Nessuna
bagno. Fino a quindici anni fa la mamma, che era an- sera prima. Ma questo totale appoggio da parte sua risposta
cora con noi, la lavava due volte all’anno. Finivano non era durato più di qualche mese. Poi un martedì, il
sempre per litigare. Quello zibellino lo aveva cacciato 25 dicembre 1991, era cominciato il periodo buio della
di frodo lui sui monti della contea di Faridan ed era nostra vita.
preoccupato che a furia di lavarlo si rovinasse. Ho ste- A lezione, papà si distraeva e proprio per questo
so la pelliccia nella vasca, ci ho passato sopra il docci- era il maestro più amato della scuola. Quando tocca-
no e l’ho lavata con lo shampoo, proprio come faceva va a lui fare il discorso tra le due preghiere di mezzo-
la mamma. Il tempo non aveva risparmiato nemme- giorno, il cortile si riempiva di studenti. Secondo lui la
no lo zibellino, che si era tutto spelacchiato. Dopo vera università era la vita, non studiare o andare a
aver lavato via la cenere e le sporcizie di questi anni, scuola. Anche quel maledetto giorno, all’ora di mate-
ho dovuto raccogliere un’abbondante manciata di matica o non ricordo cosa, papà non aveva ancora
peli che intasavano lo scarico. cominciato la lezione che già si era messo a imbastire
Un’ora dopo sono uscito dal bagno e ho steso la un predicozzo, provocato sicuramente dalla puzza di
pelliccia a testa in giù. Papà si era rimesso a dormire. sudore o dei cappelli sporchi di uno dei ragazzi. Men-
Era la sua attività principale durante i periodi di de- tre concionava sui benefici dell’igiene personale,
pressione. Fuggiva la vita con il sonno. Non ascoltava hanno bussato alla porta e l’hanno chiamato. Sono
nessuno. Non prendeva medicine né andava a farsi passati quindici, venti minuti, poi mezz’ora, ma papà
vedere da uno psicologo, una fattucchiera o un diavo- non tornava. Dopo circa tre quarti d’ora il vicediretto-
lo di qualcuno come gli consigliava la mamma. Aveva re è arrivato a dirci di uscire. Tutta la scuola era nel
continuato a fare di testa sua finché anche mamma cortile. Poco dopo, anche i maestri e alcuni militari
Farkhondeh non l’aveva lasciato e se n’era andata. sono usciti uno a uno con il cappello in mano, il volto
chino e lo sguardo cupo e sono andati a disporsi in fila
apà non aveva sempre sofferto di questi sul terrazzo dell’edificio. Il signor Sedeizadeh, il di-

P malumori. Ricordo che l’anno della


quarta elementare, fino all’inverno, era
stato il più bello della mia vita. Papà,
dopo aver chiesto a destra e a manca,
aveva saputo che la quattordicesima
divisione Imam Hossein stava facendo delle ricerche
sui campi di battaglia delle operazioni Karbala 4 e
Karbala 5. Aveva trovato un commilitone di mio fra-
tello e aveva scoperto che su nessuna delle milledue-
rettore, si è avvicinato lentamente al microfono, mi
ha fatto un cenno e mi ha detto con tono gentile: “Ma-
sud caro, sali, mettiti vicino a tuo papà”. Non capivo
cosa stesse succedendo. Ho salito le scale, ho alzato la
testa e guardato papà. La sua faccia era diventata
bianca come il gesso e dura come una pietra. Sedeiza-
deh si è fatto scuro in volto e ha iniziato a parlare. Ha
detto che avevano ricevuto la triste notizia che il cor-
po del figlio martire del signor Kakai era stato ritrova-
cento piastrine che avevano ritrovato di recente c’era- to a cinque anni dalla scomparsa. Poi mi ha guardato.
no incisi il nome e la matricola di Hamid Kakai. Io di Hamid avevo un solo ricordo. Era pomeriggio,
Quando Hamid era scomparso durante l’opera- indossava un maglione blu ed era seduto al volante
zione Karbala 4, avevo quattro anni. Dai miei vaghi della Paykan di papà. Piangeva. Solo questo. Ancora
ricordi d’infanzia e dai racconti ripetuti negli anni so adesso però, se ripenso a quella scena, sento lo stesso
che non passava giorno senza che papà cercasse un brivido che mi attraversa le vene e ogni cellula del
qualche indizio su di lui. Il nome di Hamid non è mai corpo. Sentivo un groppo in gola come se dovessi
stato sulla lista dei prigionieri della Croce rossa, tut- piangere per tutti. Mi sentivo soffocare e non riuscivo
tavia sia papà sia i commilitoni di mio fratello erano a deglutire. Uno dei colonnelli ha battuto i tacchi e ha
dell’idea che fosse tra i soldati che l’esercito baathi- fatto il saluto militare. Due maestri si sono avvicinati
sta aveva rapito e imprigionato senza dichiararlo. al microfono e hanno fatto le condoglianze a me e a
Hamid non aveva la patente, però mio padre gli ave- papà. Poi si sono fatti da parte in modo che papà po-
va insegnato a guidare e quindi, quando a sedici anni tesse dire qualcosa per sfogarsi. Ma lui aveva lo sguar-
aveva raggiunto il fronte, era diventato subito uno do perso nel vuoto. Dopo un lungo silenzio, ha infilato
degli autisti del comandante Haj Hossein Kharrazi. la mano in tasca, ha tirato fuori il suo solito pacchetto
Quella nuova speranza, che si accumulava a quelle di Winston rosse e si è acceso una sigaretta. Ha china-

Internazionale 1441 | 23 dicembre 2021 95


Arash Sadeghbeigi
to lentamente il capo ed è andato al microfono. Ha
aspirato un’intensa boccata e ha alzato l’indice verso
gli studenti. Per ogni parola che gli usciva dalla bocca
compariva nell’aria un cerchio di fumo. “Stavo dicen-
do, mettiamo anche che vi piaccia l’odore dei vostri
piedi o delle vostre flatulenze, ciò non vuol dire che
valga lo stesso per il vostro compagno di banco, è
chiaro? Si chiama igiene personale”. Poi ha sceso le
scale a due a due, è salito in macchina e se n’è andato
lasciandomi lì da solo.
Mancavano pochi giorni ai funerali dei caduti di
guerra. Gli zii ci avevano invitati a casa loro per parla-
re dell’organizzazione della cerimonia, della mo-
schea e tutto il resto. Ma il vero scopo era un altro.
Avevano preparato il braciere e altre cose per intratte-
nere gli ospiti, ma solo ripensandoci anni dopo mi
sono reso conto che, in realtà, volevano far sedere il
cognato a fumare con loro per poi convincerlo a par-
tecipare al funerale. Da quel martedì alla scuola Nur-
e Jahan fino alla settimana dopo, quando è arrivata la
salma di mio fratello, papà è rimasto la stessa persona
di prima, come se non fosse successo nulla. Andava-
mo tutti i giorni insieme a lezione e lui chiacchierava
A volte ancora
e rideva come al solito. E se uno dei maestri gli faceva
adesso, per le condoglianze o accennava all’argomento, subito lui
esempio mentre tagliava corto. Per quanto questo suo atteggiamento
sto facendo una mi riempisse di speranza, per la mamma era veleno.
passeggiata, È stato allora che qualcosa tra loro ha cominciato a
i singhiozzi rompersi. Papà non voleva credere alla morte del fi-
disperati della glio e faceva di tutto per illudere anche me, ma non
mamma, che riusciva a fare lo stesso con una madre afflitta. A volte
aveva pianto tutta ancora adesso, per esempio mentre sto facendo una
la notte, mi passeggiata, i singhiozzi disperati della mamma, che
rimbombano aveva pianto tutta la notte, mi rimbombano nella te-
sta all’improvviso e sento una fitta di dolore che mi
nella testa
trafigge le spalle. Quanto era sola la mamma. Si sede-
all’improvviso e va nell’armadio di Hamid e gli occhi le diventavano
sento una fitta di rossi. Sento ancora l’odore delle scarpe Kickers di
dolore che mi Hamid che mi passava dopo averle annusate. Oppure
trafigge le spalle mi ricordo che si stringeva al petto il suo rasoio elettri-
co e piangeva a dirotto per essersi arrabbiata con lui il
giorno in cui l’aveva comprato. Mi chiedo come faces-
se papà a tenere il cuore sgombro da qualsiasi pensie-
ro e a ignorare tutto durante quelle notti. Chiudeva la
porta di camera sua, seppelliva la testa tra due cuscini
e probabilmente si addormentava in un secondo.
Le donne erano rimaste fuori dalla stanza. Lo zio
maggiore ha sfilato la pipa da sotto il materassino,
l’ha tolta dal fodero, l’ha preparata, ci ha attaccato
una pallina d’oppio e l’ha offerta a papà tendendo il
cannello di legno di quercia verso di lui. Papà non era
così volubile da cadere in quella tentazione. Gli ha
detto che non fumava. Ha allungato una sigaretta
sulle braci, se l’è accesa e ha appoggiato la schiena al
muro senza dare nemmeno una boccata di fumo. Lo
zio stava bruciacchiando un po’ d’oppio per fare il
primo tiro, quando papà, ancora prima che qualcuno
avesse l’occasione di aprire bocca, ha sentenziato:
“Farkhondeh già lo sa. Non verrò né al cimitero né in
moschea e non ho nemmeno soldi da sprecare per
queste spese inutili”.

96 Internazionale 1441 | 23 dicembre 2021


Internazionale 1441 | 23 dicembre 2021 97
Arash Sadeghbeigi

La sua fermezza non ammetteva repliche. Lo zio, hanno aspettato mezz’ora sotto le telecamere, hanno
amareggiato, ha posato le pinze e la pipa e gli ha rispo- assistito alla parata e ascoltato i discorsi, prima del
sto: “Però, fratello mio, tu sei un maestro, sei un si- sindaco e poi di questo e quell’altro, ma poi, quando il
gnore, hai studiato. Ti rendi conto che hanno ritrova- gelo si è sommato alla tensione dell’attesa, hanno
to la salma, lo capisci?”. Papà ha preso il pacchetto di perso la pazienza. In due o tre si sono precipitati a
sigarette e lo ha appoggiato davanti a lui fissandolo rompere la serratura del portone di ferro e il resto del-
negli occhi. “Senti, questo è un pacchetto di Winston, la folla si è riversato nel salone con l’impeto di un get-
questo ti do e questo rivoglio, punto”. Quindi, senza to d’acqua quando aprono una diga. Il pianto e i gemi-
averla fumata, ha spento la sigaretta nella cenere del ti riecheggiavano nel salone. Tutti correvano alla
braciere e si è alzato. È stata l’ultima sigaretta che pa- cieca. Calpestavamo terra battuta, ma la ressa aveva
pà si è acceso. Da allora non ha più fumato. alzato un polverone che arrivava fino al tetto. Era il
La maggior parte dei soldati della quattordicesima finimondo. Le bare avvolte nelle bandiere erano im-
divisione Imam Hossein era di Isfahan e le loro salme pilate a gruppi di sei. Tre in basso, due sopra e un’altra
erano state distribuite tra i cimiteri nei dintorni della in cima. Ma il disastro era appena cominciato. I nomi
città. L’appuntamento era per le undici. Ciò nono- sulle bare non erano in ordine alfabetico. Le persone
stante, io, la mamma, gli zii, i vari parenti e più di altre erano costrette a fare avanti e indietro in un salone di
mille persone eravamo arrivati lì per dare l’addio agli tremila metri quadrati per trovare la bara dei loro cari.
ottanta dispersi già dalle dieci di mattina e aspettava- Decidere di non cercare la salma di mio fratello è sta-
mo dietro al cancello di un capannone all’estremità ta l’unica cosa saggia che ho fatto in quel momento.
del cimitero, ai piedi del monte Seyyed Mamad. Sof- Prima o poi ogni famiglia avrebbe trovato il proprio
fiava un vento gelido che ci penetrava nelle ossa dopo caro e piano piano la folla si sarebbe placata. Dovevo
aver girato intorno all’altura. Ai tempi non si usava badare alla mamma.
caricare le bare dei caduti su dei camion e portarle in In quel via vai ho visto arrivare mio cugino, ma con
processione per le strade della città. Avevano allestito quel rumore non riuscivamo a parlarci. Ci ha preso
una struttura temporanea all’entrata del cimitero e per mano e ci ha portato da Hamid. Gli uomini di fa-
abbiamo scoperto che i corpi erano lì dentro dalla miglia hanno tirato fuori la sua bara dalla seconda fila
notte prima. Solo che non aprivano il portone. Tutti e l’hanno trasportata fino a un angolo meno affollato

98 Internazionale 1441 | 23 dicembre 2021


del salone recitando benedizioni. Solo in quel mo- spesso a papà. A come quell’uomo, di giorno in gior-
mento ho notato quant’era lunga la bara. Era di circa no, si stesse trasformando in un essere brutale. Stava
tre metri. La mamma ci si è buttata sopra in lacrime. diventando così anche con la mamma. Al contrario di
Dopo un paio di minuti, l’hanno aiutata a staccarsi lui, che non aveva mai chiesto del funerale a nessuno
sollevandola per le braccia. Quindi abbiamo tolto la tra parenti e vicini, si era completamente arresa alla
bandiera e aperto il coperchio. Sono rimasto di stuc- realtà dei fatti. Aveva preso le foto del figlio che erano
co. Sembrava uno di quegli scherzi ormai passati di sulla tessera della piscina e della biblioteca e una do-
moda per cui ti regalano un pacco enorme con dentro ve suonava il tombak in campagna nel tredicesimo
giusto un paio di calze o un accendino. La bara di tre giorno di capodanno, le aveva fatte ingrandire e le
metri conteneva solo un sudario bianco delle dimen- aveva appese in tutta la casa. E dopo cinque anni reci-
sioni di un neonato. Non arrivava neanche a mezzo tava ancora l’Aprente per la beatitudine della sua ani-
metro. Gli zii hanno sciolto il nodo. C’erano un te- ma quando entrava in una stanza. Era ovvio che pri-
schio, un perone, una tibia, due clavicole di cui una ma o poi quel lupo avrebbe cominciato a odiare la sua
sana e una rotta, due avambracci di cui uno incrinato, femmina.
una manciata di costole e vertebre, una falange, la ca-
tena con la piastrina di Hamid, un paio di mutande a polvere dei miei due anni di assenza
arancioni e basta. Il tutto non doveva pesare nemme-
no un chilo. La mamma si è seduta dentro la bara. Or-
mai le sue lacrime erano un filo unico. Si è sdraiata
sulle ossa impolverate, le ha sollevate e le ha riempite
di baci una a una. Hanno lasciato che si sfogasse. Era-
vamo rimasti in piedi accanto a lei. Al suo pianto si
univa il nostro e quello dell’intero salone. Dopo un
quarto d’ora l’abbiamo fatta sedere in un angolo.
Ognuno ha preso un osso, ci ha posato sopra il dito e
L si era annidata tra le lenzuola del mio
letto. Non appena ho aperto gli occhi,
ho sentito di essermi raffreddato. Però
non era stato il bruciore alla gola a sve-
gliarmi, ma il baccano che stava facen-
do papà in cucina.
Ho detto: “Vestiti che andiamo dal dottore”.
“Perché?”.
“Fai i suffumigi perché stai male? Hai qualche
Ha fatto uscire il
cucciolo di
sciacallo, gli ha
ha recitato la prima sura del Corano. Dei resti di mio problema ai polmoni? Non riesci a respirare? O sollevato la zampa
fratello, a me era rimasta la clavicola rotta. Mentre cosa?”. fasciata, ha
recitavo la sura ho strofinato il dito sui suoi bordi an- Ha appoggiato il bollitore capovolto sullo scola- aperto le bende, ha
neriti. Quando sono andati ad alzare la mamma, lei piatti e ha chiuso l’acqua. Ha risposto: “Vestiti tu, imbevuto del
ha preso la piastrina di Hamid. Lo zio ha richiuso il che abbiamo cose più importanti da fare”. cotone con la
sudario come un fagotto e ha ricoperto la bara con il Gli ho chiesto: “Non è che hai ripreso a fumare?”. soluzione, ha
coperchio. Siamo partiti per il cimitero ripetendo be- Siamo saliti in macchina. Al semaforo di via Ta- tamponato la
nedizioni per il Profeta e la sua famiglia. Non appena yeb, ho scorso un guizzo di anzianità nei suoi occhi. ferita, l’ha
rialzata, la mamma si era appesa la piastrina al collo Un vecchio che aveva concluso un lavoro dopo tanto
richiusa e ha
sopra il chador. tempo. Mentre ero intento a decifrare quel suo atteg-
Siamo arrivati a casa nel pomeriggio. Papà non giamento, siamo arrivati in fondo a via Masjed
rimesso il cucciolo
c’era. Non è rientrato neanche la sera. Non si è pre- Seyyed, ma invece di svoltare in via Panj-e Ramezan nella gabbia. Ogni
sentato neppure due giorni dopo per la cerimonia in è entrato direttamente in autostrada. Gli ho detto: giorno gli dava un
moschea. Si è rifatto vivo solo dopo la cerimonia del “Perché vai di qui?”. pezzo di carne
settimo giorno. Eravamo appena tornati a casa dal “Dobbiamo arrivare su prima che faccia buio”. cruda e lo
cimitero. Non era da solo, aveva con sé un cucciolo di “Cosa? Su dove?”. medicava. Dieci
sciacallo in una gabbia e teneva un berretto appeso Da come gesticolava e alzava le sopracciglia, ave- giorni dopo,
alla spalla. Se n’è andato sul terrazzo senza chiederci vo capito. Ho protestato: “Fammi scendere. Non mi quando l’animale
com’erano andate le cose. Come se fosse tutto nor- va di accompagnarti in queste tue stronzate!”. Lui ha è guarito, l’ha
male. Mi ha fatto paura. Mi sono affacciato alla fine- allungato la mano sotto il sedile, ha tirato fuori il suo portato via
stra. Si era portato la scatola delle medicine. Ha preso fucile avvolto in mille stracci e ha detto: “Ho appena
una fiala di penicillina, ci ha versato un po’ d’acqua rinnovato il permesso”. “Al massimo questo fucile lo
distillata e l’ha agitata vigorosamente. Ha fatto uscire posso prendere in eredità”, gli ho fatto. Ha inserito la
il cucciolo di sciacallo, gli ha sollevato la zampa fa- marcia e ha pigiato l’acceleratore. “Ho tutto nel ba-
sciata, ha aperto le bende, ha imbevuto del cotone gagliaio”. Ho replicato: “Fammi scendere. Lo sai che
con la soluzione, ha tamponato la ferita, l’ha richiusa va sempre meglio quando non ti do retta”. Era inuti-
e ha rimesso il cucciolo nella gabbia. Ogni giorno gli le. Chi poteva conoscere i suoi modi testardi meglio
dava un pezzo di carne cruda e lo medicava. Dieci di me? Alla fine faceva quello che voleva. Non ho più
giorni dopo, quando l’animale è guarito, l’ha portato detto niente. Cosa potevo dire a un padre che rimette
via. Più avanti, quando ha cominciato ad assentarsi per la prima volta il naso fuori di casa dopo mesi?
ogni mese, abbiamo scoperto che era diventato un Non mi capacitavo che papà, dopo tutti quegli an-
cacciatore. Addirittura, una volta è uscito di casa tre ni passati quasi senza uscire, fosse in grado di portar-
giorni prima della festa del Nowruz ed è tornato più di mi in montagna durante quel tramonto. Anche se
due settimane dopo, quando ormai le festività erano c’era ancora il sole nel cielo, la luna era già sorta.
finite. Qualche mese dopo mi ha portato con sé e da Abbiamo percorso tutta la strada in macchina fino al
quel giorno ho cominciato a odiare la caccia. Pensavo pendio. Era una strada sterrata. Quando siamo arri-

Internazionale 1441 | 23 dicembre 2021 99


Arash Sadeghbeigi
vati, delle grandi nuvole color perla gravitavano so- venuto a caccia fino a oggi, è una settimana che lo
pra la campagna. Mentre scaricavamo l’attrezzatura sogno tutte le notti”.
ho guardato la montagna. L’aria pulita era sempre Avevo ancora una mezza risata sulle labbra. “Hai
rigenerante. Il vento s’infilava tra l’umidità delle nu- pensato che se mi portavi con te l’avresti preso?”.
vole e ci avvolgeva danzandoci tra le gambe. È uscito arrancando da sotto la paglia. Ha recupe-
“Non potevamo partire di mattina presto?”. rato lo zaino e ha tirato fuori la borraccia. Si è affac-
“Le prede escono prima del sorgere del sole, non ciato alla finestra e l’ha bevuta tutto d’un fiato. Alla
avremmo potuto fare questa strada al buio”. Ha ap- luce della luna, il pomo d’Adamo gli s’illuminava a
poggiato per terra il fornelletto da campeggio e indi- intermittenza a ogni sorso. Ha detto: “Nel sogno non
cando una casetta di legno in mezzo alla campagna, importa dove sono, lui viene sempre a volteggiarmi
ha detto: “Dobbiamo andare lì”. Poi mi ha passato sopra la testa. Prima sale, vola altissimo in cielo e poi
una stuoia e il sacco a pelo. Gli ho chiesto: “Tu come scende e si siede a cinque metri da me. Poi fa cadere
fai a venire?”. dal becco un osso rotto e annerito, grande quanto la
“Perché? Che problema avrei?”. larghezza delle tue spalle, e di nuovo vola via. Appe-
“Riesci? Non ti manca il fiato?”. na provo a prendere l’osso sento che mi manca il fia-
Ha annuito, si è caricato in spalla il fucile e si è to e non riesco più a respirare”. Di colpo, a quelle
incamminato con il fornelletto in una mano e il cesto parole ho sudato freddo. C’era un dettaglio nel suo
nell’altra. Mi sono messo lo zaino in spalla anch’io, racconto che non potevo ignorare. Cosa significava
ho imbracciato il fagotto e gli sono andato dietro. Ci quell’osso rotto e annerito? Cosa dovevo dirgli? Era
abbiamo messo dieci minuti per arrivare. Avevano un segno per me? Avrei dovuto svelargli quel mistero
già mietuto i campi, ma qua e là si vedevano ancora che aveva tenuto nascosto a se stesso per anni? Avrei
delle spighe di grano che non erano state raccolte. Io dovuto dire qualcosa tipo: “Non avere paura, forse
avevo il fiatone, papà invece non aveva fatto nemme- non è l’osso di uno sconosciuto”? No, non ce la face-
Quando papà si è
no un sospiro. vo, non avevo la forza di dirglielo. E allora ho detto:
messo a bollire La casetta di cui parlava era un fienile. Sul tetto “Non hanno funzionato neanche i suffumigi?”.
una scatoletta di c’era uno spaventapasseri e dentro c’erano monta- Lui si è ricoricato nel fieno senza guardarmi, co-
tonno in un gne di grano macinato grossolanamente e balle di me se fosse posseduto. Non ha detto niente. Se la
pentolino con poca fieno pronte per il trasporto. Quando papà si è messo paglia non si muoveva, avrei detto che era stata la
acqua, ormai era a bollire una scatoletta di tonno in un pentolino con mano di uno spirito a uscire dalla coperta per coprir-
notte. Abbiamo poca acqua, ormai era notte. Abbiamo usato le co- gli il collo e la testa. Non era la stessa persona di pri-
usato le coperte perte come cuscini, mentre per coprirci è bastata la ma. Mi dava le spalle e non saprei dire se abbia chiu-
come cuscini, paglia. Eravamo comodi come bambini in fasce. Una so occhio fino al mattino.
mentre per brezza leggera aveva spazzato via le nuvole e dalla Mi ha svegliato alle cinque. Aveva già riempito il
coprirci è bastata finestra si potevano ammirare le stelle, che erano vi- thermos di acqua calda. Siamo usciti con il cannoc-
cinissime. Ho detto: “Ora che i tuoi amici non ti ac- chiale, il fucile e le altre attrezzature. Il biancore del-
la paglia.
compagnano più, perché non ci vieni da solo?”. la tarda notte non era ancora sfumato nel rossore
Eravamo comodi “Ho continuato a venirci per un anno, poi ho dell’alba. Ha acceso la torcia. Siamo saliti fino a un
come bambini smesso, cioè, ho avuto paura, mi sono spaventato”. orrido in mezzo alla montagna, un sasso dopo l’altro,
in fasce Ho liberato la mano da sotto la coperta e mi sono e lì ci siamo acquattati. Sorgendo, il sole ha inondato
girato nella paglia verso di lui. Gli ho detto: “Hai avu- la campagna e una piccola nuvola all’orizzonte. Per
to paura di questo posto?”. le prime due ore, papà non ha lasciato il cannocchia-
“No, ho avuto paura di me stesso. Una volta, le un secondo e ha tenuto d’occhio le colline e gli al-
mentre stavo dando la caccia a una preda, un uccello beri dal pendio alla cima senza un attimo di pausa.
grande quanto un grifone ha preso a inseguirmi. Poi, quando si è stancato, me l’ha passato. Ci ho gio-
Aveva l’ala che era grande quanto questa capanna. cato per una mezz’oretta anch’io, poi sono tornato a
Ho provato a sparargli, ma non riuscivo a prenderlo. dormire nel fienile.
Mi scapicollavo giù dalla montagna e lui m’insegui- Quando mi sono svegliato in mezzo alla paglia
va. Sono entrato nella capanna e me lo sono ritrovato erano le quattro del pomeriggio. Non mi ero accorto
che mi volava sopra la testa”. di quanto avessi dormito. Papà non era ancora torna-
Adesso aveva gli occhi spalancati che brillavano to. Mi sono preoccupato. Mi sono alzato e sono usci-
per l’emozione. Mi veniva da fare lo stupido. Sono to. Ho guardato tra le montagne. Non si vedeva nien-
scoppiato a ridere: “Ma che cavolo dici? Il grifone te, allora mi sono incamminato. Ho girato intorno a
non esiste, è una leggenda”. una collina e sono arrivato all’orrido. Non c’erano
“Guarda che non mento, sono tornato la settima- tracce né di papà né delle attrezzature. Ho cercato
na dopo e la mattina presto è ricomparso. Teneva un nei dintorni, ma non ho trovato niente. Mi sono se-
osso nel becco e mi volteggiava proprio sopra la te- duto su una roccia rivolto alla campagna. Le foglie
sta. Il battito delle sue ali era così forte che mi ha degli alberi sotto la luce obliqua del tardo pomerig-
sbattuto a terra. Ho fatto passare due mesi prima di gio erano cariche di colori. “È sempre papà”, mi sono
tornarci un’altra volta, e si è ripetuta ancora la stessa detto, “ovunque sia, prima o poi ritorna”. Dietro una
scena. Sono tornato a casa e mi sono addormentato, grande nuvola in cielo volava uno stormo di uccelli
ma mi ha inseguito anche nel sonno. Non sono più migratori. u

100 Internazionale 1441 | 23 dicembre 2021


Razieh Mehdizadeh Disegni di Christian Dellavedova

Piccola
morte
o letto il suo messaggio nel dormi- za, ricadeva sui suoi grandi occhi color miele, che si

H veglia. Era scritto metà in persiano diceva cambiassero colore all’alba e al tramonto. Ma
e metà in arabo. Nel crepuscolo si diceva anche che non possedevano un millesimo
mattutino ho teso l’orecchio al della bellezza e dell’intensità dello sguardo di una
suono della chiamata alla preghie- nostra antenata di cui in famiglia si tramandavano
ra. Quando è stata intonata la for- leggende e racconti.
mula “Ashhadu anna Aliyyan waliu Allah” (testimo- Mi sono allontanata di un passo dalla cornice. Ri-
nio che Ali è il vicario di Dio) mi sono guardata intor- cordavo poco la bisnonna. Quando era morta ero una
no e mi sono ricordata dov’ero. Ero in Iran, a Isfahan, bambina. Era la nonna di mia madre. Tutte le volte
in quella vecchia casa di cui mia madre che venivamo a Isfahan ci raccontava
non aveva mai amato molto parlare. Un fascio di luce delle città in cui aveva viaggiato. Rac-
Ho risposto a Mazen. Gli ho risposto ricadeva sulla foto contava le sue avventure all’università
perché mi sentivo in dovere di ricam- impolverata di Al Azhar in Egitto, dove aveva stu-
biare la sua gentilezza. Annegavo nel della bisnonna, diato, ma non appena arrivava il mo-
suo affetto, che per me era quasi un ricadeva sui suoi mento di parlare della sua antenata,
ostacolo. grandi occhi color mia madre mi allontanava dalla stanza
Ho scritto una sola frase: “Mi sento miele, che si diceva con una scusa. Non voleva che cono-
smarrita”. cambiassero scessi le misteriose leggende della no-
Non ho aggiunto che quel senso di stra discendenza.
colore all’alba
smarrimento scorreva nel nostro san- Anche se dopo la morte della nonna
gue da generazioni. Almeno sette, se-
e al tramonto mia madre aveva ereditato questa ca-
condo la mia bisnonna. Sosteneva che sa, nei nostri viaggi a Isfahan non ci
RAZIEH
già da allora i confini della nostra vita si estendevano stavamo mai. Eravamo sempre ospiti di questo o
MEHDIZADEH ben oltre Isfahan, per arrivare fino alla Mecca, a quel parente.
è nata nel 1988. Si è Baghdad e all’Andalusia. Diceva che era stata una Mi sono allontanata dalla fotografia, dallo sguar-
laureata in filosofia nostra antenata, la cui bellezza instillava la follia ne- do e dalla bellezza abbacinante della bisnonna. Ho
all’Università di gli occhi e nei cuori di chiunque, a spargere per la pri- attraversato la stanza diretta verso una grande fine-
Teheran e vive a New ma volta il seme dello smarrimento dentro di noi. stra che occupava una parete intera. Ho scostato la
York. Ha pubblicato Mi sono guardata intorno, fino a quando non ho tenda di pizzo. La stanza si è illuminata. Sono apparsi
due raccolte di messo a fuoco la stanza dove mi ero addormentata. un portapenne e un quadro smaltato in minakari.
racconti e collabora
La risposta di Mazen è stata: Tuba liman hara, beato Quando ero arrivata la sera precedente, tutto era av-
regolarmente con le
chi si smarrisce. volto nell’oscurità. Ero partita dall’aeroporto di Bei-
riviste iraniane Saan
e Nadastan. Il titolo
Gli ho scritto: “Mazen, sapevi che qui la chiamata rut, avevo fatto scalo a Doha e poi ero atterrata a Isfa-
originale di questo alla preghiera è diversa da quella di Baalbek?”. han. Avevo aperto la porta di casa al buio, avevo salito
racconto è Marg-e Mi sono alzata e ho fatto qualche passo. Un fascio tre piani di scale ed ero crollata sul letto. Avevo detto
kuchak. La traduzione di luce ricadeva sulla foto impolverata della bisnonna a mia madre che mi sarei fermata a Isfahan solo un
è di Veronica Turrini. che qualcuno aveva incorniciato e appeso nella stan- giorno, perché non c’era un volo diretto per Teheran.

102 Internazionale 1441 | 23 dicembre 2021


Internazionale 1441 | 23 dicembre 2021 103
Razieh Mehdizadeh

Anche la mia
bisnonna era
sepolta in quel
cimitero. Aveva
vissuto fino a
novantanove anni
e i suoi occhi
avevano brillato Non aveva detto nulla, sapeva che la casa di Teheran schiarata. La grande finestra è rimasta nuda e il cimi-
fino all’ultimo. non era la stessa senza di loro, che sarebbero dovuti tero, come un mare infinito, ha occupato l’intero ri-
Il suo volto aveva rimanere in Canada per altre tre settimane, nell’atte- quadro. Le cupole azzurre e i minareti grandi e picco-
sa che mio padre firmasse dei contratti per alcuni la- li di alcuni mausolei sono apparsi tra i rettangoli
conservato i suoi
vori di oreficeria. bianchi e lisci.
tratti delicati e
Prima di mettermi in viaggio, Mazen mi aveva po- Ho provato una grande serenità. Dalla finestra si
gentili fino alla sato una mano sul cuore e aveva detto: “Sapevi che poteva scorgere un lato del cimitero di Takht-e Fulad,
vecchiaia queste due città sono gemellate? Perfino le nostre la ragione del mio viaggio.
città sono sorelle, e chi è più affidabile di una sorella Mentre osservavo assorta il panorama, mi sono
per custodire vita e segreti?”. Aveva pronunciato tut- ricordata che non avevo ancora risposto al suggeri-
to in arabo, senza una parola di persiano. mento di Mazen. Non gli avevo detto che non m’inte-
Gli avevo chiesto: “Perché mi ami?”. ressava lavorare su Ibn Arabi. Non avevo letto molto
Il suo volto si era rabbuiato. Era perché avevo par- su di lui. Aspettavo solo di raggiungere questa casa e
lato in arabo, lo sapevo. Fin dall’inizio, eravamo questa finestra per cominciare la ricerca per la mia
d’accordo che gli avrei sempre parlato in persiano, tesi. Dovevo realizzare un repertorio delle lastre fu-
poiché desiderava molto impararlo. Per me, tuttavia, nerarie del cimitero di Takht-e Fulad per fare uno
parlare arabo o persiano non faceva nessuna diffe- studio approfondito delle epigrafi tombali, dei mau-
renza. Così come la bellezza e il senso di smarrimen- solei di famiglia e dei monasteri dei dervisci, i
to, anche questa lingua scorreva nel nostro sangue khanqah. Avrei studiato incisioni i cui primi esempla-
da generazioni. ri risalivano all’epoca preislamica e alla tomba del
Aveva risposto: “Perché ti amo? Come afferma il profeta Giosuè, fino al periodo dei saggi sufi.
custode dell’amore, al-hubb sirr ilahi, l’amore è un Anche la mia bisnonna era sepolta in quel cimite-
segreto divino. Per questo semplice, banale motivo”. ro. Aveva vissuto fino a novantanove anni e i suoi
Ho scostato la tenda della finestra per metà. L’al- occhi avevano brillato fino all’ultimo. Il suo volto
tro lembo era rimasto incastrato. Ho tirato di nuovo aveva conservato i suoi tratti delicati e gentili fino
la tenda con fatica, finché tutta la stanza non si è ri- alla vecchiaia.

104 Internazionale 1441 | 23 dicembre 2021


Dopo tre anni
vissuti in un paese
lontano, dopo aver
studiato nella
stessa facoltà ed
essere stata sua
compagna di
corso, non era mai
accaduto che gli
rispondessi: “Ti
amo anch’io”. Gli
chiedevo sempre
“perché?”

Ho preso il telefono e ho sceso le scale, su cui cor- hanno cambiato l’umore. Quanto avrei desiderato
reva un tappeto di seta fatto a mano. Mi sono fermata rispondere a Mazen con entusiasmo: “Anch’io”.
sul pianerottolo del secondo piano e ho ripulito dalla Sul frigorifero era stato appeso il volantino di una
polvere le foglie di una pianta in un vaso. Al centro gastronomia da asporto. Ho telefonato e ho ordinato
del salotto c’era un grande tavolo intarsiato, su cui da mangiare a sufficienza per qualche giorno. Riso
erano stati disposti dei contenitori grandi e piccoli, beriyani, stufato allo yogurt, halim di melanzane e
d’argento e di rame. Al loro interno, medagliette di una zuppa kale jush.
zucchero incollate tra loro erano diventate preda del- Ho vagato tra il salotto e il lungo corridoio. Sono
le formiche. Ho aperto una scatolina placcata d’ar- arrivata a una stanza più piccola delle altre. Sulla pa-
gento piena di torroncini ormai rinsecchiti. Non c’era rete era appeso un quadro con un ritratto a grandezza
niente di commestibile. naturale della bisnonna, della nonna e di mia madre.
Mi aggiravo tra le stanze, quando Mazen mi ha Tre generazioni in piedi di fronte al fiume Zayande-
mandato un messaggio: Ana uhibbuki. Anche se era rud. Ho alitato sul vetro e l’ho strofinato con la mani-
innamorato della lingua persiana, non la usava mai ca. I loro occhi rilucevano sotto il chiaroscuro delle
né per scrivere né per pronunciare questa frase. Era luci del ponte Khaju. C’era uno specchio d’argento a
convinto che dire “ti amo” avesse valore solo nella figura intera posizionato in un angolo. Mi ci sono
sua lingua madre, l’arabo. messa di fronte. Mi sono legata i capelli in uno chi-
Come d’abitudine, gli ho risposto: “Perché?”. gnon alto e ho fatto ricadere la frangia sul viso. Ho
Dopo tre anni vissuti in un paese lontano, dopo modellato le ciglia con la mano. Erano più belli i miei
aver studiato nella stessa facoltà ed essere stata sua occhi o quelli della bisnonna?
compagna di corso, non era mai successo che gli ri- In quello stesso istante, Mazen ha risposto al mio
spondessi: “Ti amo anch’io”. Gli chiedevo sempre “perché”: “Per le tue languide palpebre”. Era come
“perché?” e lui, ogni volta, mi rispondeva con una se fosse costantemente presente nel mio spirito e nel-
nuova ragione. la mia anima. La volta precedente, quando avevo ri-
Sono entrata nella cucina che era invasa da piatti sposto “perché?” al suo “ti amo”, aveva dichiarato:
impolverati. I loro motivi a goccia e ad arabeschi mi “È prerogativa dell’amore che l’amore stesso ne sia la

Internazionale 1441 | 23 dicembre 2021 105


Razieh Mehdizadeh

sola ragione”. In un’altra occasione mi aveva detto: meh broccato d’oro. Ho scostato la spessa tenda per
“Qualsiasi devozione di cui sia noto il movente pro- far entrare la luce. Mi sono seduta sul baule. Il legno
voca sfiducia e separazione”. ha cigolato. Mi sono alzata e ho spalancato del tutto
E io? Io amavo Mazen? Non lo sapevo. E cos’era la tenda. Al centro del cortile su cui affacciava la fine-
questo viaggio? Forse stavo solo scappando dal suo stra si ergeva un albero imponente. Le radici spesse,
amore, da Mazen stesso, dal Libano. Una fuga simile intrecciate le une alle altre, avevano spaccato il mo-
a quella di una storia che aveva raccontato una volta saico. Fiori freschi appena sbocciati nascondevano
la mia bisnonna. Una storia misteriosa sulla nostra tutta la superficie del cortile e il muro del vicino. At-
antenata, che un tempo aveva vissuto alla Mecca con traverso il telaio della finestra chiusa, penetrava nella
suo padre. Era impegnata a studiare la mistica e la stanza un delicato profumo.
religione, quando un illustre erudito della città rima- Stavo ammirando la maestosità di quella pianta,
se colpito dalla sua bellezza ammaliante e dalla vasti- quando mia madre ha telefonato. Mi consigliava,
tà del suo sapere. Il colto mistico compose delle poe- come sempre, di non trattenermi troppo a Isfahan e
sie per lei e le trascrisse in un libro. Tuttavia, quando di andare a Teheran il prima possibile. Insisteva par-
le dichiarò il suo amore, lei scappò dalla città, in fuga ticolarmente che non uscissi di casa e non entrassi in
da quel sentimento. Andò di città in città finché non cortile finché la questione della casa non fosse stata
fece ritorno a quella dov’era nata, Isfahan, e lì visse risolta. Ha detto che avrebbero potuto sorgere dei
fino alla fine dei suoi giorni. problemi se si fossero accorti che ci abitava qualcu-
Non ero mai riuscita a capire se questo racconto no. Era stato infatti stabilito che l’edificio fosse regi-
fosse vero o fosse una semplice leggenda per anima- strato presso l’indice dei monumenti nazionali per
re le feste di famiglia. Inoltre, mia madre evitava a tal via del suo interesse storico e architettonico.
punto di parlarne che non conoscevo neppure il no- Dopo aver rassicurato mia madre che avrei fatto
me della mia antenata. come diceva lei, sono salita al piano superiore. Mi
Ho fatto un giro per la stanza. In un angolo c’era sono fermata davanti al panorama del mio adorato
un baule di legno con una decorazione a fiori e uccel- cimitero. Mia madre non immaginava che sarei ri-
li cesellati, sul quale avevano steso un drappo in ter- masta a Isfahan a lungo né che avevo intenzione di

106 Internazionale 1441 | 23 dicembre 2021


Quando avevo
risposto “perché?”
al suo “ti amo”,
aveva dichiarato:
“È prerogativa
dell’amore che
l’amore stesso ne
sia la sola
ragione”. In
visitare ogni giorno il cimitero, il più antico lembo di vato un terreno uguale a quello della loro città.
un’altra occasione
terra di tutto il Medio Oriente. Che bel nome gli ave- Mentre sedevo alla finestra, ho mandato un mes-
vano dato, Lisan al-ard, lingua della terra. Chissà saggio a Mazen su WhatsApp: “Sapevi che la terra
mi aveva detto:
che storie avrebbe raccontato, se solo avesse aperto delle nostre città è la stessa?”. “Qualsiasi
bocca. Ho preso una sedia, l’ho posizionata di fronte Ha risposto: “Te l’avevo detto che l’amore che ci devozione di cui
alla finestra e mi sono messa a fissare il cimitero. lega è molto più antico di me e di te”. sia noto il movente
Forse era proprio a causa della vista che mia madre Ho avvicinato ancora di più la sedia alla finestra. provoca sfiducia
non amava questa casa. L’orizzonte del cimitero si è fatto più ampio. Qui ri- e separazione”
Ho strizzato gli occhi nel tentativo di distinguere posava la storia. Un angolo di questa terra riviveva
la tomba del profeta Giosuè nel muto affollamento ancora nella mente del profeta Giosuè e ancora ri-
delle lapidi, ma non la trovavo. Le distruzioni e le ri- cordava il giorno in cui il sole e la luna si erano fer-
costruzioni avevano fatto sparire molte sepolture. mati su sua richiesta.
Forse mia madre temeva che qualche segreto fos- Ho risposto a Mazen con una rosa rossa.
se svelato. Non era da escludere che la nostra stirpe Mi ha scritto: “Non l’ho detto io, ma Muhiddin:
risalisse agli ebrei residenti a Isfahan anziché a un Isfahan è una città dove dimorano graziose fanciulle
hojjatoleslam e ai sapienti religiosi musulmani. I con- persiane, delicate nelle movenze e dalle languide
tinui viaggi e i vagabondaggi della nostra famiglia palpebre”.
potevano essere una spia del fatto che eravamo Si era riferito a Ibn Arabi con il suo soprannome,
ebrei. Forse, scavando più a fondo nelle radici della Muhiddin, come se fossero amici. Inoltre, ogni paro-
nostra famiglia, saremmo risaliti a un gruppo di an- la e ogni frase, consciamente o inconsciamente, ap-
tenati che erano emigrati da Gerusalemme portan- parteneva proprio al mistico.
do con sé un po’ d’acqua e di terra dalla loro città. Hanno suonato alla porta. Era arrivato il motori-
Vagavano di luogo in luogo e non appena raggiunge- no delle consegne. Sono uscita in cortile a ritirare
vano una nuova regione, esaminavano le acque e il l’ordine. Il profumo dei boccioli schiusi avvolgeva il
terreno, che però non corrispondevano mai a quelli giardino. Ho lasciato il pacchetto sul bordo della fon-
della loro terra d’origine. Solo a Isfahan avevano tro- tana e gli ho appoggiato accanto il telefono in modo

Internazionale 1441 | 23 dicembre 2021 107


Razieh Mehdizadeh
che la telecamera riprendesse sia me sia l’albero. Poi che è sorta nel cuore di Muhiddin Arabi. È viva e mai
sono andata sotto i fiori della pianta e ho cominciato morirà. Mio incanto dalla vita sottile, occhio che im-
a ballare. Boccioli rosa e bianchi. Mentre piroettavo preziosisce l’assemblea”.
su me stessa, i fiori più piccoli svolazzavano, ada- Tutti i rumori sono scomparsi. C’era silenzio, una
giandosi sui mosaici spaccati del cortile. Roteando quiete assoluta. Ho sfogliato le pagine ingiallite del
tra i rami, mi sono accorta di una chiave che penzo- libro. Era piccolo, pieno di poesie d’amore, le stesse
lava. Ho fatto alcuni saltelli sulla punta dei piedi, che avevano determinato il viaggio della mia ante-
finché non l’ho sfilata dall’estremità del ramo. Picco- nata e provocato l’insorgere di quel senso di smarri-
la e arrugginita, era legata a una minuscola rete. So- mento da cui sarebbero scaturiti tutti quei racconti
no rientrata in casa e ho cominciato a provarla nella che circolavano nella mia famiglia di bocca in bocca,
serratura di ogni stanza, di ogni sgabuzzino. Ho per- di generazione in generazione. La mia antenata,
lustrato ogni piano e ogni angolo. La chiave non gira- quella bellezza eterna, aveva lasciato Baghdad in
va mai. sella a un cavallo con suo padre, per poi arrivare a
Sono tornata al terzo piano e mi sono seduta. Ho Isfahan. Nella bisaccia, un libro a ricordo del suo
scritto a Mazen: “Magari fossi qui con me. Se tu sa- amore: questo libro.
pessi com’è piacevole mangiare il beriyani guardan- Le poesie sembravano le parole di Mazen. Molte
do il cimitero”. pagine erano del tutto sbiadite, le ultime erano le più
Mi ha risposto: “Cara Golnesa, mia Nezam, ar- intatte. Ho letto una delle righe che si distinguevano
monia della mia vita, se sapessi che gioia dà leggere meglio: “Sono assente e l’amore, il suo tumulto e la
L’interprete delle passioni con un tè al cardamomo”. sua ebbrezza, annienta la mia anima. Come mi trovo
Ho infilato il telefono in tasca e ho mangiato un di fronte a lei…”.
cucchiaio di beriyani. Mi sono spostata leggermente Da lì in poi non c’era più una parola, le righe si
sulla sedia, facendola scricchiolare. Ho afferrato la erano cancellate. Ho chiuso il libro. Qualcosa ha tre-
Tutti i rumori
chiave dal bracciolo della sedia e sono scesa al piano mato. Mi sono guardata le mani, il corpo. Riecco il
sono scomparsi. inferiore. Sono entrata nella stanza con la grande fi- tremolio. Mi sono alzata e ho controllato dappertut-
C’era silenzio, una nestra che si affacciava sul giardino, da cui si scorge- to. Era il telefono che avevo messo in tasca.
quiete assoluta. va l’albero dai rami rosa e bianchi. Ho rimosso il Sul retro del foglio erano stati trascritti i nomi di
Ho sfogliato le drappo broccato d’oro dal baule di legno e ho girato tutti i componenti della famiglia con le indicazioni
pagine ingiallite la chiave nel lucchetto. Si è aperto con uno scatto. esatte del loro luogo di sepoltura. Al centro era stata
del libro. Era Polvere, ragnatele e piccolissimi cadaveri d’insetti disegnata una piantina simile alla casa in cui mi tro-
piccolo, pieno di morti si erano raccolti su una pila di libri antichi e vavo, con specificato il numero di passi necessari a
poesie d’amore, fogli voluminosi. coprire la distanza tra le tombe e la casa.
le stesse che Ho estratto uno di quei grandi fogli e un libro, en- Ho confrontato nomi e sepolture a uno a uno. Le
avevano trambi scritti in arabo. Li ho appoggiati con cautela tombe della nonna e della bisnonna, con il loro mau-
sul pavimento e li ho spolverati passandoci la mano. soleo di famiglia, erano segnate all’interno di
determinato il
Poi mi sono dedicata ad aprire il foglio, che era stato Takht-e Fulad. Ho cercato quella di Nezam. Lei, che
viaggio della mia ripiegato più e più volte. La mia mano era diventata è stata la più bella delle donne del Medio Oriente.
antenata appiccicaticcia. Intorno a me si era sollevato il mor- Lei, origine del viaggio, della bellezza e della ricerca
morio della brezza primaverile che ora turbinava tra della conoscenza nella nostra famiglia. Lei, segreto
i rami dell’albero, e le si aggiungeva il suono del mio sigillato per lunghi anni.
cuore che intonava una strofa in fortissimo. Quando Il numero dei passi indicava che il luogo della sua
ho finito di dispiegarlo, al centro della stanza c’era sepoltura era più lontano, all’esterno di Takht-e Fu-
un foglio fragile e consunto che copriva metà del pa- lad. Calcolando i passi, sono arrivata all’area della
vimento: un albero genealogico con spessi tratti neri casa, nella zona del cortile. Ho deposto il foglio a ter-
e lunghi nomi. Ho seguito le linee fino ad arrivare a ra e mi sono alzata. Ho guardato fuori dalla finestra,
un nome conosciuto. Ho trovato il nome della nonna verso il cortile, verso l’albero centenario dai boccioli
e della bisnonna. Sono risalita di ramo in ramo di sei infiniti, che era il proseguimento della bellezza di
generazioni. C’era scritto: Nezam-e Mohaddes-e Nezam, e affondava le radici nei suoi occhi e nella
Abi Shaja Zahir bin Rustam Isfahani. sua vita sottile.
Era un nome familiare, ma non ricordavo dove Ho ripiegato il lungo foglio dell’albero genealogi-
l’avevo sentito. Ho lasciato da parte l’albero genea- co e l’ho riposto nel baule. Ho chiuso il libro, il cui ti-
logico e mi sono accostata al libro. Ho girato le pagi- tolo mi era ormai chiaro: il manoscritto dell’Interpre-
ne in modo tale che la rilegatura non si rovinasse. te delle passioni, l’originale di Ibn Arabi, era nelle mie
Sulla prima era riportato il titolo del volume. Era a mani. Ho annusato il volume nella speranza di trova-
malapena leggibile e tra le parole arabe sbiadite so- re traccia di lui, di loro, del loro amore. Sul retro della
no riuscita a distinguere solamente la prima, qualco- copertina erano impresse tre parole sbiadite. Ho
sa di simile a “interpretazione”. sentito soffiare una leggera brezza. Ho indugiato con
Le righe della seconda pagina, anche se erano lo sguardo tra i rami dell’albero di Nezam che oscil-
scolorite, si riuscivano ancora a leggere. Era una de- lavano al vento. Ho osservato la pianta. Ho digitato
dica in arabo: “Ho scritto questo libro per te. Per la quelle tre parole sul telefono e le ho inviate a Mazen.
mia Nezam, per la gioiosa armonia dei miei occhi Al-hubb mawt saghir. L’amore è una piccola morte. u

108 Internazionale 1441 | 23 dicembre 2021


Era una casa grande General Store
General Store è un emporio in cui c’è tutta
perché eravamo la Holden, prêt-à-porter.
Qui si trovano percorsi brevi, da seguire online o dal vivo, la sera
gente con progetti o nel weekend, focalizzati su tecniche di narrazione ben precise.
Partono in ogni momento dell’anno, sono pensati per chi vuole

grandiosi. coltivare le proprie passioni, per chi vuole trasformare la passione in


mestiere o per chi vuole migliorare dal punto di vista professionale.
Ci sono laboratori di sceneggiatura per serie TV, cinema e fumetto,
John Fante classi di scrittura narrativa, percorsi sulla comunicazione, le strategie
digitali, il graphic design.
Per i lettori e le lettrici di Internazionale c’è uno sconto del 10% su
tutti i corsi General Store fino al 31 dicembre: basta usare il codice
internazionale. Se vi abbiamo convinto, sapete dove trovarci.
L’oroscopo
COMPITI A CASA

Rob Brezsny Per cosa vorresti congratularti


con te stesso tra un anno?

Come sarà
il nuovo anno
secondo
Rob Brezsny
ARIETE sono riuniti in un unico intenso / momento di crescita,
Nel 2022 potresti diventare un narratore più audace, come una pianta”. Nel 2022 t’invito ad adottare la poe-
rafforzando la tua capacità di esprimere le verità fon- sia di Sarton come fonte primaria d’ispirazione. Usala
damentali della tua vita con racconti divertenti. Inol- come guida per diventare pienamente te stesso.
tre, vivrai esperienze che ti forniranno la materia pri-
ma per diventare ancora più interessante di quanto tu GEMELLI
non sia già. Ti offro una riflessione della scrittrice Lo scrittore Gore Vidal è morto nel 2012, il giorno do-
Ruth Sawyer: “Per essere buoni narratori bisogna es- po della scrittrice Maeve Binchy, dei Gemelli. Erano
sere gloriosamente vivi, non è possibile accendere un entrambi famosi, anche se Binchy vendeva più libri.
fuoco da braci spente. I narratori migliori sono quelli Considero Vidal interessante ma problematico. Dice-
che vivono nel cuore delle cose: vicino alla terra, al va che non gli bastava avere successo, voleva che gli
mare, al vento e ai fenomeni atmosferici. Hanno co- altri fallissero. L’infelicità dei suoi colleghi lo rendeva
nosciuto la solitudine e il silenzio, hanno avuto il tem- più soddisfatto dei propri successi. Binchy, invece, vo-
po di sentire profondamente e cercare di capire”. leva che tutti avessero successo. Pensava che la sua
grandezza fosse amplificata da quella degli altri. Nel
ILLUSTRAZIONI DI FRANCESCA GHERMANDI

TORO 2022 per la tua salute fisica e mentale sarà fondamen-


La scrittrice May Sarton, del Toro, ha scritto una poe- tale coltivare la prospettiva di Binchy e non quella di
sia in cui racconta com’è diventata la persona che so- Vidal. La tua buona sorte dipenderà da quanto sarai
gnava di essere. “Ora divento me stessa. Ci sono voluti felice per quella degli altri.
/ tempo, molti anni e luoghi; / sono stata disgregata e
scossa, / ho indossato i volti di altre persone”. Ma alla CANCRO
fine, scrive, “tutto si fonde, tutto trova il suo posto / Il leader politico Nelson Mandela, del Cancro, tra-
dal desiderio all’azione, dalla parola al silenzio. / Il scorse ingiustamente ventisette anni in prigione.
mio lavoro, il mio amore, il mio tempo, il mio viso: / Quando fu scarcerato diventò presidente del Sudafri-

Internazionale 1441 | 23 dicembre 2021 111


L’oroscopo

Rob Brezsny
ca e vinse il premio Nobel per la pace. A proposito del- giudicare dai presagi astrali per il 2022, penso che vi-
la sua liberazione, avvenuta nel 1990, scrisse: “Uscen- vrai lunghe fasi in cui l’amore corrisponderà a questa
do dal cancello che mi avrebbe portato alla libertà mi definizione. Per un risultato migliore, impegnati a di-
sono reso conto che se non mi fossi lasciato alle spalle ventare più generoso e creativo nell’esprimere amore.
l’amarezza e l’odio, sarebbe stato come rimanere in
prigione”. Anche se non hai subìto privazioni parago- SAGITTARIO
nabili a quelle di Mandela, sono lieto di annunciarti “È tutta la vita che cerco di tornare a casa”, scrive la
che nel 2022 potrai liberarti da situazioni che ti limita- poeta Chelsea Dingman. Spesso voi Sagittari siete re-
no. T’invito ad adottare l’atteggiamento di Mandela e stii ad atteggiamenti simili. Pensate che sia possibile
a fare un uso creativo della tua nuova libertà. evitare di cercare una vera casa. Forse considerate ca-
sa il mondo intero o molti posti diversi, e preferite non
LEONE limitare questo concetto a un luogo, un edificio o una
Il poeta francese André Breton scriveva: “Je vous comunità. Che tu sia o no un centauro di questo tipo,
souhaite d’être follement aimée”. La frase, che può es- sospetto che il 2022 ti porterà una nuova, inaspettata
sere tradotta con “ti auguro di essere amato alla fol- comprensione del significato di casa. Forse ti porterà
lia”, è romantica, ma in realtà è una maledizione. Per- anche la sensazione di essere finalmente arrivato nel
ché dovremmo voler essere amati alla follia? Una per- tuo santuario definitivo.
sona che ti “ama” in questo modo sarebbe divertente
per un po’, ma alla lunga diventerebbe una terribile CAPRICORNO
seccatura e un problema continuo. Quindi, caro Leo- Per assicurarti che il 2022 ti porti i progressi più inte-
ne, nel 2022 non ti auguro di essere amato alla follia, ressanti e utili, prenditi cura delle tue amicizie e alle-
anche se penso che per te i prossimi mesi saranno un anze chiave, senza rinunciare a cercarne di nuove. Ti
periodo interessante in materia d’amore. Ti auguro offro per ispirazione questa riflessione della scrittrice
qualcosa di più gestibile e piacevole: di essere amato Hanya Yanagihara: “Trova persone migliori di te –
con rispetto, sensibilità, attenzione e intelligenza. non più belle e intelligenti, ma più gentili, generose e
tolleranti – e apprezzale per ciò che possono inse-
VERGINE gnarti. Ascoltale quando ti dicono qualcosa di te, che
Molte persone sono intelligenti intellettualmente, ma sia una cosa brutta o bella”.
non emotivamente. La saggezza dei sentimenti è sot-
tovalutata. Una delle mie grandi crociate è difendere ACQUARIO
questa trascurata fonte di conoscenza. Nel 2022 conto Durante la dinastia dei Song del nord che regnò in Ci-
su di te perché, secondo la mia lettura dei presagi na dal 960 al 1127, un artigiano realizzò una ciotola di
astrali, avrai la possibilità di rafforzare la tua intelli- ceramica bianca con diametro di dodici centimetri.
genza emotiva. Cosa puoi fare per sfruttare al meglio Circa mille anni dopo, una famiglia di New York l’ha
quest’opportunità? Ecco il mio consiglio: ogni volta comprata a una rivendita di oggetti usati per tre dolla-
che devi prendere una decisione, sintonizzati su ciò ri. L’ha tenuta sopra il camino per qualche anno, poi ha
che dicono il tuo corpo e il tuo cuore, non solo su ciò deciso di farla valutare da un collezionista d’arte. Poco
che dice la tua mente. dopo la ciotola è stata venduta all’asta per 2,2 milioni
di dollari. Non sto dicendo che nel 2022 ti succederà
BILANCIA qualcosa di simile. Ma prevedo che sarai molto fortu-
Lo psichiatra e filosofo Viktor Frankl, sopravvissuto nato con i soldi.
all’olocausto, diceva che è fondamentale avere il sen-
so della vita. A sostenere le persone nel corso degli an- PESCI
ni è la consapevolezza che la loro vita e le esperienze Nella lingua quechua usata in alcune zone del Perù,
fatte abbiano un senso. Ti consiglio di farne il tuo te- la parola takanakuy significa “quando il sangue bol-
ma per il 2022. La domanda “sei felice?” sarà una sot- le”. Ogni anno, in questo periodo, la provincia di
tocategoria della domanda più ampia “stai perseguen- Chumbivilcas organizza una festa chiamata Takana-
internazionale.it/oroscopo

do un destino che ti sembra significativo?”. Ecco un’al- kuy. Gli abitanti si radunano in piazza per scontrarsi e
tra grande domanda: “Se quello che stai facendo non poi risolvere le loro divergenze, con l’obiettivo di di-
ti sembra significativo, cosa puoi fare per rimediare?”. menticarle e ricominciare da capo. Se io e un amico
avessimo avuto un conflitto personale nel corso
SCORPIONE dell’anno, ci prenderemmo a calci e pugni, senza esa-
Il chitarrista Rowland S. Howard, dello Scorpione, gerare, fino a eliminare il rancore e il risentimento.
parlava dei “momenti straordinari in cui l’amore si Faremmo tabula rasa. C’è una versione divertente di
trasforma in qualcosa di molto più grande di quanto tu questo rituale che potresti mettere in atto evitando
abbia mai sognato, qualcosa di autoluminescente”. A calci e pugni? Ti consiglio d’idearne una!

112 Internazionale 1441 | 23 dicembre 2021


L’anno del New Yorker

MCPHAIL
HWANG

“Ho messo in valigia solo l’essenziale”. “Ho detto ‘chissà cosa vuol dire’, non ‘spiegami cosa vuol dire’”.
ELLIS

ADAMS
Cosa vuoi per cena? “E ancora una volta la risposta esatta è:
‘Non lo so’”. “Buongiorno a tutti, ho portato le ciambelle”.

LEIGHTON
MCPHAIL

“Adoro come l’autunno nasconde l’immondizia”.

Le regole Lucine di Natale


1 Perché limitarsi a metterle sull’albero quando te le puoi arrotolare addosso? 2 Vacci piano con la
modalità intermittente: è un presepe mica lo Studio 54. 3 Se non vivi in una villetta del Connecticut, non
è il caso di tenerle tutto l’anno. 4 Hai speso una fortuna per quelle a led che controlli dal telefono. E chi
sei, Melania Trump? 5 In ufficio non basta una tazza con Babbo Natale: ricopri il computer di lucine.
regole@internazionale.it

114 Internazionale 1441 | 23 dicembre 2021

Potrebbero piacerti anche