Sei sulla pagina 1di 271

ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

IGIENE

Professoressa Agodi
Cari colleghi, è stato un lavoro molto duro. Sono
convinta che questo mio sforzo e impegno, vi darà un
grande aiuto. Alla fine, ci sono poche pagine con
alcune tra le domande più frequenti all’esame.
Buono studio a tutti.
Elisabetta D’Anna

1
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

PREVENZIONE E CONTROLLO DELLE INFEZIONI NEL CONTESTO DELL’EMERGENZA COVID19

È una emergenza infettiva. Nel 2017 c’è stata una pandemia di morbillo che porta disabilità, morte,
e più trasmissibile del covid19. R0 è il numero di soggetti suscettibili che viene infettato a partire da
un soggetto infetto. Per cui ci sono malattia infettive con R con 0 molto piccolo come l’Haemophilus
influenzae che è di circa 1,5. Poi ci sono malattie infettiva come covid19 che è intorno a 3. Mentre
l’R0 è di 16-18, cioè in media da un soggetto malato di COVID se ne infettano 3, per il morbillo si ha
una infezione di 1 a 16 persone e così via, quindi diventa un ventaglio molto grande. Si tratta di un
confronto di epidemicità. L’ebola, MERS, influenza H1N1, H5N1 cioè l’influenza aviaria, la SARS. E
nel 2001 anche l’antrace.

SARS : severe acute respiratory syndrome

MERS : middle east respiratory syndrome

Spesso, in generale, i coronavirus sono ZOONOTICI, cioè trasmessi dall’animale all’uomo per
contatto diretto.

È un ceppo nuovo, fino al 2019 con osservazione di malattie respiratorie. COVID (coronavirus
disease). SARS COV2.

L’11 marzo 2020 l’OMS ha dichiarato COVID19 pandemica, perché il numero dei paesi interessati è
aumentato di 3 volte e il numero dei malati nelle ultime settimane i casi fuori dalla Cina è
incrementato di 13 volte. Adesso ci sono più di 118000 casi in 114 paesi e 4291 morti. Quindi mentre
il numero dei malati può essere considerato un AT LEAST NUMBER → cioè sono 118000 casi
notificati, sicuri, ma quanti ne abbiamo persi? Mentre il numero dei morti → numero ROBUSTO,
perché è più difficile perdere il numero di morti. Qui vediamo un cartogramma del 1 ottobre 2020
con 33.842281 confermati, quindi numeri minimi, cioè almeno questi! Si tratta di un numero AT
LEAST.

2
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

https://www.who.int/emergencies/disease/novel-coronavirus-2019

sito EPI CENTRO.

Cosa è l’ISS ? è una istituzione tecnico scientifica, a servizio del sistema sanitario nazionale. È un
organo che è del servizio sanitario nazionale. L'Istituto superiore di sanità, anche ISS, è un ente di
diritto pubblico che, in qualità di organo tecnico-scientifico del Servizio sanitario nazionale in Italia,
svolge funzioni di ricerca, sperimentazione, controllo, consulenza, documentazione e formazione in
materia di salute pubblica. L'Istituto è posto sotto la vigilanza del Ministero della salute.

Qua
vediamo
che l’età
mediana
non è 80
anni, ma è
56 anni.
Cosa è la
mediana?
È un
valore ci
cut off,
ROBUSTO,
perché a
differenza
della media è meno sensibile ai valori estremi. Quindi la mediana è il valore centrale, su 8 casi sta
nei 2 in mezzo. Quindi la mediana è un valore robusto. Ad esempio, per fare il punteggio di aderenza
alla dieta mediterranea, si fa il computo del consumo di certi alimenti, si vede il consumo mediano
della popolazione e per stimare se un individuo è aderente o meno, bisogna vedere dove si colloca
l’individuo. Quindi se la mediana è 5 (forse meno), se mi colloco al di sotto del valore mediano sono
un consumatore basso, se mi colloco sopra sono protetto perché sono un alto consumatore, rispetto
a un valore mediano. È sempre un valore relativo.

3
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

questo grafico cosa è? Nella leggenda c’è scritto : curva epidemica dei casi di covid19 segnalati in
Italia per data di prelievo o diagnosi e per data di inizio dei sintomi. È una curva epidemica. Cosa è?
È un grafico/plot che mi illustra la distribuzione dei casi di un evento (covid19) nel tempo.
Generalmente, la curva prima sale, raggiunge un acme (di maggiore frequenza) e poi da sola,
comincia a scendere perché tipicamente una malattia infettiva tende ad auto limitarsi. Perché?
Perché inizialmente nessuno ha anticorpi, quindi si propaga facilmente negli individui. Man mano
poi si sviluppano gli anticorpi.

Quando si sviluppa un vaccino, mi interessa sapere se il vaccino mi sviluppa gli anticorpi e basta, ma
vedere come il vaccino influenza la sanità pubblica? Cioè devo sapere se dà efficacia protettiva, oltre
che di sicurezza del vaccino da eventi avversi. E per fare un vero controllo, la popolazione controllo
cioè senza vaccino deve essere esposta allo stesso rischio di contrarre l’infezione, altrimenti non
potrei fare alcuna stima dell’efficacia sanitaria. Cioè deve essere una sperimentazione naturale.

Cosa sappiamo sul COVID19?

• Periodo di incubazione : le attuali stime del periodo di incubazione vanno da 1 a 12,5 giorni.
• Le stime saranno più precise con l’aumentare dei dati a disposizione
• OMS e ECDC riportano che la trasmissione sembra iniziare a partire dalle 24-48 ore
precedenti alla comparsa della sintomatologia

4
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

• Non sono sufficienti le evidenze scientifiche per stimare la quota degli asintomatici e il loro
ruolo nella trasmissione
• Sulla base delle attuali conoscenze, la trasmissione del virus avviene principalmente da
persone sintomatiche ma può verificarsi anche poco prima dell’insorgenza della
sintomatologia, quando sono in prossimità di altre persone per periodi di tempo prolungati.
Le persone che non manifestano mai sintomi possono trasmettere il virus anche se non è
ancora chiaro in che misura tale eventualità si verifichi : sono necessari ulteriori studi.

Quale è la differenza tra quarantena e isolamento?

1. Quarantena : serve per evitare il contatto nelle persone sane, perché se fossero infettate
anche senza sviluppare sintomi, potrebbero essere carriers asintomatici pre clinici di
malattia. Quindi anticipa e previene l’infezione.
2. ISOLAMENTO : soggetto sintomatico, cioè prende le precauzioni perché il soggetto infetto
rappresenta la sorgente dell’infezione

• Modalità di trasmissione : goccioline (droplets) diffuse dai soggetti infetti, contatto con
secrezioni respiratorie di pazienti infetti, oppure con superfici e attrezzature contaminate.
Quindi sono goccioline che vengono disperse durante la fonazione. Quindi bisogna poi
igienizzare per questo motivo. La cinetica di queste gocce è importante. Ecco perché si parla
sempre della distanza di 1 metro. Si possono infettare persone a distanza di meno di 1 metro,
oppure con stranuto o tosse, si raccomanda di indossare le mascherine chirurgiche perché
trattengono le gocce, e comunque queste gocce potrebbero finire sul computer ad esempio,
di toccarsi. Qualcuno ha suggerito di usare i guanti. È comunque meglio igienizzarsi. Negli
ospedali ci sono i 5 momenti in cui è necessario per gli operatori sanitari igienizzare le mani.
Ci sono degli indicatori di qualità dell’assistenza (per la patient safety) che vengono a rilevare
il consumo di gel idro alcolico nelle strutture sanitarie, che deve essere di almeno 20 litri x
1000 giorni di degenza, o in reparti a rischio anche 66 litri x 1000 giorni di degenza. Sono
valori di consumo, di una struttura. Altri indicatori più indaginosi sono quelli che vanno a
guardare le opportunità cioè le occasioni in cui l’operatore deve igienizzare le mani, e le volte
in cui su 100 osservazioni non ci si igienizza le mani. Ci sono 2 modi per igienizzare le mani,
quello con il gel idro alcolico e con il sapone, che è raccomandato in alternativa quando hai
le mani visibilmente sporchi (se c’è sangue o altri liquidi biologici) oppure quando presumi
che le mani siano contaminate da germi sporigeni come il clostridium difficile (come
conseguenza di prolungata terapia con antibiotici).
• Trasmissione da persona a persona
• Il virus ha probabilmente un’origine animale (salto di specie), ma attualmente gli animali, ma
attualmente gli animali non sembrano coinvolti nella trasmissione
• Non sono ad oggi disponibili

5
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

SEGNI E SINTOMI : l’infezione generalmente inizia con febbre, seguita da tosse secca e
successivamente, dopo una settimana, può comparire affanno e alcuni pazienti possono avere
necessità di ricovero ospedaliero. Ma ci sono anche altri segni e sintomi. Come cefalea, insufficienza
renale.

Un importante tema, in generale per ogni infezione è quello dell’infection prevention and control.
Controllo è un termine, nella metodologia della prevenzione, molto tecnico. Controllare vuol dire,
da dizionario, guardare bene, monitorare. In epidemiologia, il significato è diverso, cioè è un
obiettivo della prevenzione primaria, cioè riduzione significativa dell’incidenza o rischio di infezione
a seguito di un intervento programmato di prevenzione. Ridurre significativamente, cioè dimostrato
statisticamente, quindi prima e dopo di un vaccino ad esempio. Devo dimostrare che prima, il rischio
di infezione (incidenza, quindi frequenza) è molto aumentato rispetto al rischio dopo il vaccino.
Devo quindi avere evidenze che l’igiene delle mani è significativamente efficace. Anche se spesso
bisogna mettere in atto diverse strategie preventive, che insieme danno una efficacia significativa.

Gruppo di lavoro ISS prevenzione e controllo delle infezioni : RAPPORTI ISS COVID 19 → indicazioni
all’isolamento e assistenza domiciliare in soggetti non molto gravi, e non è indicato ricoverarli in
ospedale, per due ordini di motivi : perché contieni al livello territoriale la malattia e quindi la

6
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

trasmissione in ospedale, che è frequente, e non si interferisce con la vita normale in casa propria,
con qualche accorgimento. Quali sono gli accorgimenti? Poi le indicazioni per l’utilizzo di protezione
personale, quindi mascherine, FFP2, FFP3. Sono stati raccolti dati. Si dice che per gli operatori
sanitari (non tutti sono esposti allo stesso rischio, perché quello maggiore è rivolto al personale che
esegue procedure che genera aerosol, come l’intubazione, quindi in questi casi non basta la
mascherina ma anche filtranti). I filtranti non possono essere usati da tutti né per tanto tempo, è
assolutamente intollerabile, né si può togliere e rimetterlo, ma bisogna cambiarlo.

[parentesi] perché non tutti i tumori sono soggetti a screening? Ma solamente per la mammella,
cervice e colon retto. Perché per questi 3 ci sono delle evidenze scientifiche che mi attestano una
reale efficacia nella prevenzione secondaria, nella prevenzione della mortalità.

Ancora un altro studio riguarda le indicazioni per prevenzione e controllo nelle strutture residenziali
sociosanitarie e socio assistenziali che sono state molto colpite dall’epidemia e hanno costituito
delle punte di iceberg, in cui sono ospitate persone particolarmente fragili o perché sono anziane,
debilitate o altre disabilità.

Questo lavoro è stato fatto in Cina, all’inizio della pandemia. Hanno visto con un dispositivo
(campionatore di aerosol con una membrana a gel) adatto per controllare l’aria e riesce anche a
filtrare i virus. Hanno dimostrato l’RNA del virus (per essere infettante però deve essere vitale),
campionando aerosol in varie zone di 2 ospedali, e hanno riportato che la concentrazione più elevate

7
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

di RNA non si ritrovavano nelle stanze con i pazienti intubati (perché erano intubati), ma nelle sale
di attesa, nei bagni. Ecco la necessità dei percorsi di diagnosi separati.

MODELLI EPIDEMICI
COMPARTIMENTALI : sono dei
modelli di studio
epidemiologici che ci
consentono di dividere la
popolazione in compartimenti,
cioè in gruppi omogenei e
studiare il flusso di queste
persone da un
comportamento/stato ad un
altro, in modo da predire gli
eventi. Cosa è successo
all’inizio della pandemia? Il
tasso di letalità o case fatality
risk (il numero di morti con la
malattia diviso il numero di malati di covid → quanti muoiono di covid rispetto alle persone che
sono ammalate di covid? E questo è un indice di gravità della malattia) che è diverso dal tasso di
mortalità (numero di morti per covid diviso la popolazione → mi esprime la frequenza di morte da
covid sulla popolazione → quanti ne muoiono di covid rispetto ai pazienti che muoiono di infarto,
ad esempio? ). Quindi la curva di letalità diceva che la letalità aumentava tantissima, che in Italia
superava le stime internazionali. Ma se non abbiamo il numero giusto di malati di covid, cioè ne
abbiamo troppo pochi o troppi, questa letalità ovviamente aumenta in maniera non vera! Quindi, è
stato applicato un modello compartimentale, con pubblicazione del lavoro : i casi di morta sono dati
più solidi rispetto ai dati di malattia (lo abbiamo detto prima) e i compartimenti sono : S, E, I, R, D.
Hanno prima applicato un modello ai dati cinesi prima del lockdown, ottenendo circa il 90% dei casi
non riportati (quindi la letalità scendeva). In seguito è stato applicato ai dati italiano, stimando circa
il 70% dei casi non riportati al 20 Marzo 2020. Applicando la correzione al numero totale di casi in
Italia, il case fatality risk scenderebbe da circa 9% al 3,6%. questo ci dà un dato più realistico, serio.

8
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

Questo è un altro
studio → cluster
analysis → ragione
sulle differenze
regionali sulla
morbilità e mortalità
per covid e riesce a
distinguere 3 clusters
sulla base della
prevalenza ( il numero
di casi registrati in un
determinato
momento, in un
intervallo) e sul trend
(è un valore dinamico
che ci dice se va ad
aumentare, diminuire,
o mantenersi stabile).

1. Alta prevalenza e trend positivo → Lombardia, Piemonte


2. Prevalenza e trend intermedi → anche la Sicilia
3. Bassa prevalenza e trend estremamente negativo → Val d’Aosta e Umbria

È stato anche tirato su un progetto :

9
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

EPI : epidemia

RADIO : radiologi

CLI : clinici

INF : informatici

Il 1° obiettivo è
identificare le
caratteristiche
radiologiche e il loro
outcome

Carriage : portatore

ICA : infezioni
correlate ad
assistenza

LEZIONE 2 6 OTTOBRE
2020

Già nella mitologia greca è contemplata l’esistenza di due Dee figlie di Asclepio : Panacea, la dea
guaritrice di ogni male, cui si rivolgevano gli ammalati invocando la guarigione, e Igea, la dea della
salute, cui si rivolgevano i sani per mantenere più a lungo possibile la loro condizione di benessere.
Due sorelle che rappresentavano due aspetti di un problema unitario : l’assistenza sanitaria che
comprende le dimensioni della diagnostica, trattamento clinico e chirurgico, ma anche la
prevenzione delle malattie, dei danni, dei traumi che possono influenzare la salute fisica e mentale.
La salute NON è assenza di malattia, ma vuol dire possedere un’ampia gramma di determinanti che
ci consentono di vivere la vita in pienezza, con tutte le sue potenzialità. Quadro di Klimt che raffigura
Igea.

10
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

L’igiene è la disciplina che propone di conservare la salute individuale e collettiva.

Definizione di ambiente in igiene :


non è solo l’ambiente fisico,
geografico, quindi le matrici
ambientali, l’aria, acqua, suolo, gli
alimenti, ma comprende tutto ciò
che non è geneticamente
determinato. E noi sappiamo che
tutto ciò che non è geneticamente
determinato può influenzare
epigeneticamente, senza
modificare la sequenza delle basi
azotate del DNA, ma modificando
tramite metilazione, ad esempio, quindi modifiche epigenetiche, il genoma quindi così può essere
influenzato nella sua espressione. Questo ci aiuta a fare prevenzione primaria, e anche secondaria.
non è tutto intrinseco, ma molte influenza sono ambientali, sedentarietà, dieta, relazioni con noi
stessi e con l’ambiente e con la società. “RERUM CONOSCERE CAUSA” : motto dell’igienista.

11
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

Nel soggetto sano → prevenzione primaria,


che impedisce a una lesione di manifestarsi.
Nella cervice uterina la causa necessaria ma
non sufficiente è l’infezione da HPV ad alto
rischio, quando il virus infetta le cellule
della cervice, il virus si replica. Ma non tutte
le infezioni esitano in displasia, pre
cancerosa e poi tumore. La prevenzione
primaria quindi mira a impedire l’infezione,
quindi si utilizza il vaccino, lo stile vita, la
dieta. È una condizione necessaria, ma non
sufficiente. Quindi importante è capire
quali sono i fattori che in determinate
donne portano a trattenere l’infezione. Diventa prevenzione secondaria se viene scoperta la lesione
pre cancerosa. Utilizzare queste strategie, consente di ridurre l’incidenza e la mortalità per
carcinoma della cervice.

La prevenzione è necessaria solo nel singolo


ma per la comunità. Quando si scoprì il colera, e si scoprì che l’acqua contaminata rappresentava la
causa dell’epidemia perché veicolava il vibrione colerigeno, e le pompe da cui si attingeva l’acqua,
e si intervenne ancor prima di avere le prove che fosse il vibrione a causare la malattia,
decontaminando l’acqua, e così si riuscì a contenere l’infezione, e quindi intervenire sulla sanità
pubblica. Cosa è la sanità pubblica?

12
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

E’ la scienza e l’arte della


prevenzione di una malattia,
prolungando la vita e
promuovendo la salute
mentale e fisica, e l’efficienza
attraverso sforzi della
comunità organizzata. Questa
è la definizione del ’78.

John Last, è un famoso


epidemiologo ha scritto che la
missione della sanità pubblica
è di proteggere, preservare e
promuovere la saluta del
pubblico. È una scienza molto
democratica, poiché la sanità pubblica è scienza e arte (creatività che occorre per programmare la
sanità pubblica).

E’ importante sottolineare che, la


maggior parte della malattie che si studiano, non sono trasmissibili, invalidanti, e molto spesso non
guaribili, anche se la scienza medica ha fatto molti progressi. Quindi qual è lo scopo della sanità
pubblica (team multidisciplinare)? Aumentare la qualità della vita per tutto il tempo che rimane da
vivere per il soggetto, anche se la qualità non può essere restituita ad integrum, però è possibile
massimizzare la qualità della vita. La quality of life è un parametro che può essere misurato con
diversi strumenti → questionari di quality of life, indirizzati a diverse malattie, che ci consentono di
rilevare gli score della qualità della vita, e misurare se decresce o si accresce dopo interventi
programmati di promozione della salute.

13
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

Esempio : la professoressa ha lavorato con le reti della senologia italiana, che si avvale della
assistenza sanitarie e del terzo settore. C’è una associazione in diversi città d’Europa, anche a
Catania (donne operate al seno) che lavora sulla prevenzione primaria e secondaria, ma anche sulla
qualità della vita della donna, organizzando meeting, perché sappiamo che condividere il problemi
aiuta a sopportarli meglio, ma anche corsi di movimento, di riabilitazione, per la dieta. Perché questi
temi oggi si sono rivelati di importanza fondamentale, proprio per garantire un più efficace controllo
della vita, e migliora l’out come delle pazienti; la verità è che la salute è SENTIRSI MEGLIO. Il primo
passo è quindi riconoscere il problema, personalizzarlo e affrontarlo. Sono quindi delle azioni
collettive della società, con squadre di lavoro (team work) che coinvolgono certamente i medici, ma
anche gli infermieri, i nutrizionisti, gli ingegneri, gli scienziati dell’ambiente, gli educatori,
economisti, personale amministrativo, lavoratori tecnici, e una partnership al livello di governo.

Dobbiamo però riconoscere anche la complessità della salute e della malattia. Complessità non vuol
dire che è tutto avvolto in una scatola nera, quindi chiuso, troppo complesso, e non si affronta. È
complesso perché è fatto da determinanti complessi che agiscono sinergicamente, che si possono
equilibrare. Quindi si richiede solido metodo scientifico.

Il lavoro dell’igienista quindi è quello di identificare i determinanti di salute e quindi i fattori di rischio
o causali di malattia, che influenzano la salute e il rischio di malattia.

I fattori che tendono a ridurre il livello di salute e a determinare, in tempi più o meno lunghi,
malesseri e/o malattie vengono di solito genericamente definiti fattori di rischio o fattori causali di
malattia.

14
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

FATTORI DI RISCHIO : si intende un fattore al quale è associata una maggiore probabilità di


comparsa della malattia stessa. Perché le reti causali sono probabilistiche? La spiegazione non
risiede solo nella parziale conoscenza dei determinanti e dei meccanismi biologici che portano alla
malattia, ma anche dalle stesse caratteristiche intrinseche dei fenomeni biologici, frutto di
interazioni complesse.

Poni attenzione al termine ASSOCIATA (nella definizione), perché si tratta di un nesso nelle relazioni
fra cause o fra fattori di rischio nel determinismo della malattie. L’associazione è un particolare tipo
di relazione. La CORRELAZIONE è un particolare tipo di relazione, di tipo statistico. NON sono
sinonimi! È grave non saperlo.

cosa è la
probabilità di un evento? In epidemiologia la nozione di probabilità è FREQUENTISTICA, cioè la
probabilità è una frequenza. La probabilità di avere una malattia è la frequenza di malattia nella
popolazione. Quindi è un termine molto concreto e pragmatico.

Costante associazione con l’evento, quindi da dimostrare con tanti studi.

Sequenza temporale positiva → viene prima la causa e poi l’effetto. Supponiamo di vedere un
determinante molecolare in tutti i malati di morbo di Chron, e vedere questo determinante solo nei
malati di Chron e non di altre patologie o nei sani. Posso direttamente dire che quella modificazione
molecolare è un fattore di rischio per il Chron? No, perché potrebbe al contrario essere un effetto
del Chron, cioè il Chron nei malati terminali può determinare quella determinata alterazione
molecolare. Quindi, se io avessi una coorte di individui che non ha il morbo di Chron e che seguo
prospetticamente, alcuni sviluppano il marcatore molecolare e altri no. Poi quelli che sviluppano il
Chron hanno il marcatore, e allora posso ipotizzare una sequenza temporale positiva, ma in uno
studio trasversale, non posso determinare se è la causa o l’effetto.

15
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

Malnutrizione per
eccesso o per difetto.

Suscettibilità
individuale, che può
essere legata a
modificazioni
genetiche.

Mentre, fattori
ambientali e legati allo
stile di vita sono
ALMENO
POTENZIALMENTE
MODIFICABILI (es.
potenzialmente perché
la povertà è
modificabile? Potenzialmente si, ma bisogna trovare i metodi giusti, una giusta strategia per
affrontare il problema ; oppure anche sporcizia e contaminazione → sanità pubblica e quindi
dell’individuo).

Mentre i fattori di rischio


rappresentano una nozione
probabilistica, i fattori causali
sono direttamente implicati nel
determinismo di malattia.

• Forza dell’associazione :
l’associazione si definisce con le
misure dell’associazione che
viene data dal rischio relativo (lo
vedremo a breve).
• Coerenza o riproducibilità
del fattore causale in studi diversi
• Plausibilità biologica : devo riuscire a dare una spiegazione biologica
• Relazione dose – risposta : se è vero che il fumo determina il cancro del polmone, nei gruppi
che fumano di più devo dimostrare che l’incidenza è maggiore. Questo fattore conforta la
mia individuazione del fattore causale, ma da sola non la prova.

L’unico fattore che mi dice che c’è un ruolo di causalità da parte di un fattore è che, se io aggiungo
quel fattore o determino la presenza di quel fattore in un gruppo dove quel fattore non c’era, causo

16
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

la malattia. Non è un esperimento che si può fare, ma possiamo fare l’inverso. Cioè in una
popolazione io elimino il probabile fattore e, se ottengo la scomparsa della malattia, è così. Un
esempio interessante è questo : in Canada, si è fatta una politica un po’ diversa rispetto a quella
Europea ; dopo aver studiato e dimostrato che la carenza di folati in gravidanza induce la spina bifida
nei bambini, si è deciso di integrare tutti gli alimenti con folati, quindi tutti mangiano i folati. E in
realtà si è assistito a un ripidissimo calo di casi di spina bifida. In Europa, invece, il ginecologo, nel
momento in cui riceve una donna in gravidanza, prescrive l’integrazione con i folati. Altri studi,
presso l’ISS c’è uno studio che si occupa di carenza di folati, c’è un approccio di EDUCAZIONE ALLA
SALUTE, cioè convincere, educare e informare le ragazze in età fertile di condurre una dieta ricca in
folati. Dove stanno? Deriva da folia, quindi stanno nelle insalate verdi, carne, cereali soprattutto in
quelli integrali, pasta, riso. Quindi una dieta ricca e variata, con frutta e verdura, prepara le ragazze
alla gravidanza, e questo è importante perché il deficit di folati agisce proprio nelle primissime fasi
della gravidanza. Quindi è una prudenza dell’Europa, rispetto al Canada. Questo perché il micro
nutriente, come appunto il folato, non è vero che o non fanno niente o fanno solo bene! un
accumulo può invece fare male. Si è visto ad esempio che un eccesso di folati può essere associato
ad un aumento del rischio di carcinoma del colon retto. Quindi bisogna prenderli quando c’è
bisogno. Quindi non ci sono delle vere evidenze sulla politica che ha adottato il Canada.

17
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

Sono delle variabili associate a un


minori rischio di insorgenza di certe
malattie. Diminuiscono la probabilità,
quindi sempre come parametro
frequentistico.

Comportamentali : positività nei


confronti della vita, è dimostrato da
tanti lavori scientifici.

Condizioni socio economiche, reale e


percepite.

18
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

E’ uno studio molto


indaginoso, e l’obiettivo non è quello di descrivere, ma di studiare, misurare, non solo la relazione
fra i fattori e utilizzare queste conoscenze per incidere profondamente sulla salute delle persone.
Questo è l’obiettivo dell’epidemiologia, molto concreto e operativo. Oggi si parla di
TRANSLATIONAL RESEARCH, cioè di tradurre la ricerca in policy, decreti governativi, e di dare gli
strumenti e l’opportunità perché si faccia. Quindi vedere che ci sono delle persone distanti dalla
salute perché l’offerta sanitaria non li raggiunge, significa di aumentare questa capacità di
relazionare l’offerta assistenziale nei confronti della gente che ne è distante. Facile è offrire lo
screening a chi lo comprende e se lo può permettere, meno facile è raggiungere chi è veramente
distante, e oggi ce ne sono molti gruppi distanti dalla salute, assistenza, e possibilità di accedere a
servizi che noi, come paese, dobbiamo offrire a tutti.

19
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

Noi classifichiamo gli studi epidemiologici con delle domande precise. Abbiamo l’epidemiologia
descrittiva, che consente di ottenere una descrizione attendibile dello stato di salute di una
popolazione, sono delle informazioni di partenza, senza la quale non si ha la partenza per poter
ragionare. A quali domande risponde l’epidemiologia?

• Chi ammala?
• Dove?
• Quando?

E queste domande ci consentono di formulare ipotesi di associazione tra fattori e malattia. È


generalmente semplice, rapido, poco costoso : il ricercatore raccoglie, elabora e interpreta dati già
disponibili, riguardanti la frequenza e la distribuzione di un determinato fenomeno in popolazioni
tra loro differenti. Il genere, lo studio si basa sulla raccolta e l’analisi di dati provenienti da statistiche
correnti (in particolare dati di mortalità e morbosità) e da altre fonti ufficiali come il censimento,
l’anagrafe comunale.

Le fonti dei dati sono :

• Censimento e anagrafe
• Scheda di morte
• Notifica delle malattie infettive
• Scheda di dimissione ospedaliera
• Esenzione del ticket sanitario per patologia
• Le prescrizioni di farmaci
• Flussi sanitati ministeriale (denunce INAIL di malattie o infortuni professionali)
• Registri di patologia come il registro tumori, del diabete, malattia celiaca etc.
• Studi epidemiologici e banche dati ad hoc
20
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

Questi studi possono essere geografici, quando cioè studiano la distribuzione geografica dei
fenomeni morbosi o dei fattori di rischio, consentendo di confrontare tra loro popolazioni diverse,
a livello mondiale, nazionale, regionale o di piccole aree. Di tipo temporale, quando studiano
l’andamento temporale dei fenomeni morbosi o dei fattori di rischio, consentendo di confrontare
tra loro eventi che si sono svolti in tempi diversi. Studi di correlazione geografica o temporale in
relazione a un fattore di rischio, consentendo di valutare ipotesi di associazione a livello di
popolazione, e non individuale, utilizzando dati aggregati.

Gli step da seguire per condurre uno studio descrittivo sono :

1. Definizione degli obiettivi


2. Individuazione delle informazioni disponibili
3. Individuazione delle informazioni realmente utili
4. Raccolta ed elaborazione dei dati

Possono essere utili per valutare in modo RETROSPETTIVO gli effetti a distanza di un intervento,
danno informazioni di base necessari per poter procedere un studi di tipo analitico, i dati sono già
disponibili, l’uso di classificazioni standard facilita il confronto anche a livello internazionale. Ha
chiaramente degli svantaggi : non si possono vagliare ipotesi eziologiche specifiche, lunghi tempi di
latenza tra raccolta ed elaborazione. Inoltre, gli studi descrittivi ci permettono di fare delle ipotesi
eziologiche ma saranno poi gli studi analitici a cercare di capire il perché di determinati fenomeni.

L’epidemiologia analitica o investigativa, a fronte di queste differenze che abbiamo dimostrato con
i dati alla mano corretti (validati nella loro completezza), individua i fattori e le condizioni che
determinano gli stati di salute e di malattia. Quindi fornisce informazioni sul Perché?. Verifica delle
ipotesi, studiando le caratteristiche di una popolazione. Si compone di studi prospettivi e
retrospettivi.

L’epidemiologia sperimentale risponde alla domanda “funziona?”. Quindi studia la validità delle
ipotesi eziologiche e l’efficacia di eventuali interventi → valutazione di interventi preventivi e
trattamenti terapeutici. Quindi valuta l’efficacia di interventi di prevenzione.

È necessario quindi che ci siano delle fonti dei dati che vengono raccolti. E queste fonti possono
essere classificate in base a 3 caratteristiche distintive principali :

21
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

Quindi prendono spunto


da rilevazioni esistenti, per vario scopo, per esempio indagini sulle cause di morte. La scheda di
morte che il medico compila in caso di morte è il modello ISTAT D4. E che ci fornisce molti dati utili
a studiare e analizzare misure epidemiologiche che vengono suddivise in misure di

• Frequenza
• Associazione
• Impatto sulla popolazione

MISURE DI FREQUENZA

22
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

• Frequenze assolute : numeri, quindi contiamo il numero di malati di una determinata


malattia in esame. Ci aiuta la ICD (international classification of disease) che definisce una
malattia secondo codici internazionali.
• Rapporti : A/B
• Proporzioni : A/ A+B
• Tassi A/A+B x tempo

In ogni caso, in epidemiologia è fondamentale quantificare un evento

23
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

24
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

Il tasso invece è
una misura più
epidemiologica, perché
esprime il cambiamento
nell’unità di tempo.
Quindi è una misura
dinamica, con cui certi
eventi si manifestano.

I tassi specifici : in
numeratore deve essere
rappresentato dal
numero di eventi
generati da quel
sottogruppo di
popolazione. Il denominatore deve essere rappresentato da un sottogruppo di popolazione
individuato da una o più variabili (età, sesso etc.) ad esempio, considerando l’età, possiamo
calcolare il tasso di mortalità annuale nella fascia tra 30 e 34 anni. Mettiamo al numeratore il
numero dei morti per tutte le cause in un anno in soggetti di età compresa fra 30 e 34 anni, e al
denominatore il numero che indica la popolazione media nella fascia di età compresa fra i 30 e 34
anni. I tassi specifici quindi ci mettono a disposizione una misura specifica per una o più variabili
confondenti, che ci consente di confrontare la frequenza di un evento in due popolazioni eliminando
l’effetto confondente. Il limite di questa misura è che dobbiamo suddividere la popolazione in tanti
sottogruppi e confrontare i tassi ottenuti tra sottogruppi omogenei.

Se volessimo confrontare due popolazioni con un’unica misura? La standardizzazione è un


procedimento che consente di confrontare la frequenza di un evento in due o più popolazioni che
presentino una composizione disomogenea.

Ad esempio, in questo grafico


vediamo il confronto di due
curva riguardo al tasso di
mortalità per tumori.
Vediamo il confronto tra la
curva del tasso grezzo (quindi
tutti gli eventi nel tempo, in
tutte le donne) e del tasso
standardizzato. Nella curva
del tasso grezzo vediamo che
ci indica che la mortalità e
crescente. Ma vedendo la
curva standardizzata per età,
25
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

vediamo che addirittura sembra mantenersi stabile, fino a diminuire. Quale è il dato giusto? Quindi
ci dà delle indicazioni dinamiche, cioè il trend.

Un altro esempio, più semplice

La popolazione A e
B viene suddivisa
per fasce d’età, per
ciascuna fascia
abbiamo in numero
di residenti, morti e
la mortalità
(numero di morti
sul numero della
popolazione).

Vediamo che nella


popolazione A
abbiamo una
mortalità di 112,50
x 10.000 abitanti. Nella popolazione B è di 75 x 10.000 abitanti. Potrei concludere che nella
popolazione A c’è un rischio di morte maggiore rispetto alla popolazione B. ma per interpretarlo
correttamente, l’epidemiologo vede anche che c’è una diversa composizione della popolazione ( ad
esempio nella popolazione B i residenti sono tutti su 1.000000 di abitanti (quindi possiamo già
cominciare a pensare che nella popolazione A ci sia una mortalità maggiore perché maggiore è il
numero di residenti di oltre 75 anni, rispetto alle altre fasce d’età).

Quindi la standardizzazione è un procedimento che azzera l’effetto confondente causato dalla


differente distribuzione in classi di età nei due gruppi : la standardizzazione, che consiste, nel
riportare i dati raccolti nelle singole popolazioni oggetto del confronto ad una popolazione standard
o di riferimento. Come si effettua? Con un metodo

• Diretto : risponde alla domanda → quale sarebbe il tasso se la popolazione in esame B avesse
la stessa struttura di quella della popolazione di riferimento o standard A? cioè se, entrambe
le popolazioni avessero la stessa composizione per fascia d’età, quale sarebbe il tasso di
mortalità?

26
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

quindi si standardizzano i
valori della popolazione
A e B, si calcolano il morti
attesi per ciascuna
fascia. E ci si calcola il
tasso di mortalità,
standardizzato, perché
non considero la reale
distribuzione della
popolazione A e B. cosa è
successo? Abbiamo
ottenuto due tassi
standardizzati che
contraddicono quello
che abbiamo supposto
prima con il tasso grezzo. Qui il numero di morti nella popolazione B rapportato alla popolazione
standard, fanno sì che il tasso sia più elevato rispetto alla popolazione A. Teniamo conto che il tasso
reale è quello grezzo, però se dovessi interpretare il fenomeno e confrontare le 2 popolazioni,
prenderei in considerazione il fatto che standardizzando otterrei una considerazione differente
rispetto a quella di partenza, quindi devo eliminare il dato confondente dato dall’età. Quindi se le
due popolazioni fossero ugualmente divise per età, i tassi sarebbero stati differenti, più alta in B che
non in A. quindi, in definitiva, riferendo i tassi di mortalità calcolati realmente in ciascuna fascia di
età alla popolazione standard, non facciamo altri che calcolarci il numero di morti che avremmo
nelle due popolazioni se entrambe avessero una distribuzione in fasce di età pari a quella della
popolazione standard.

• Indiretto : risponde alla domanda → quale sarebbe il tasso se la mortalità avesse la stessa
grandezza di quella osservata in una popolazione di riferimento o standard?

27
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

Applichiamo i tassi
standard di mortalità,
cioè quelli che abbiamo
nella popolazione di
riferimento, anche nella
popolazione B. E quindi
otteniamo non tanto le
morti osservati (poiché
non sono quelle reali), ma
le morti attese. Quindi,
una volta calcolato il
numero di morti attese,
possiamo fare il
confronto con il numero
di morti osservate : se il
numero di morti attese è
inferiore a quello delle morti osservate, potremo concludere che la mortalità nella popolazione
studiata è effettivamente superiore a quella della popolazione standard, quindi vuol dire che
non c’è un eccesso di mortalità. E viceversa.

Ciò che mi consente di effettuare il confronto fra morti osservate e attese è il Rapporto
Standardizzato di Mortalità (SMR). In genere, l’SMR si esprime in percentuale, posto pari a 100
il numero di morti attese nella popolazione standard. Ad esempio, 45.000 orti osservate rispetto
a 46.067 morti attese : SMR è pari al 97,68% nella popolazione A. 30.000 morti osservate rispetto
a 28.933 morti attese : SMR è pari al 103,69% nella popolazione B. quando si ha il 100%
ovviamente si ha un valore uguale tra morti attese e osservate.

Quindi con la standardizzazione diretta ho dimostrato che il tasso di mortalità è maggiore nella
popolazione B, e con la indiretta ho addirittura dimostrato che c’è un eccesso di mortalità nella
popolazione B. Questo richiede un approfondimento, cioè bisogna capire perché nella
popolazione B si muore di più della popolazione A, dipende dalla fascia di età? Da qualche
esposizione ambientale? Malattie genetiche?
28
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

Quale dei due metodi scegliere? Dipende dagli strumenti che ho a disposizione. Potrei avere, e
spesso è più facile, a disposizione la distribuzione della composizione della popolazione per fasce
d’età, piuttosto che avere i tassi per singola fascia di età. Se li ho a disposizione, preferisco il
metodo indiretto, perché mi consente di dimostrato se il tasso è in eccesso o in difetto.

Quindi, consiste nel prendere in considerazione una popolazione di riferimento definita “standard”
cui riferire i dati raccolti nelle singole popolazioni. La popolazione standard può essere
rappresentata da una popolazione generale : nel caso del confronto fra i tassi misurati in due
comuni, ad esempio, la popolazione standard potrebbe essere rappresentata dalla popolazione
dell’intera regione ; in un confronto fra regioni, la popolazione standard potrebbe essere quella
nazionale, ad esempio, o l’Europa se dobbiamo confrontare delle nazioni.

Quindi riassumendo :

29
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

In epidemiologia, per studiare la frequenza delle malattie occorrono 3 misure fondamentali :

• Prevalenza
• Incidenza cumulativa
• Tasso di incidenza (densità di incidenza o rate)

PREVALENZA :

Conta quanti casi


di malattia sono
presenti in una
data
popolazione, in
un dato
momento.
Infatti, viene
anche definita
come prevalenza
“puntuale”.
Quindi è una
proporzione di
casi di malattia
rispetto alla
popolazione, considerando questi casi presenti in un determinato istante e in una determinata

30
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

popolazione. In realtà, esiste anche una prevalenza “periodale”: considerando e contando il numero
di casi di una malattia che si verificano in periodo che generalmente è un periodo comunque breve
(1 mese ad esempio) : è una fotografia istantanea, cioè conto quanti casi di malattia X ci sono nella
popolazione. Nella immagine, la linea orizzontale blu indica il numero di casi di malattia. Quindi al
tempo t1 abbiamo una prevalenza di 1/10. Al tempo t2 è di 4/10. Al tempo t3 è di 3/10. Se la
considero periodale, per esempio da t1 a t3 la prevalenza è 6/10. Addirittura, qui vediamo che un
soggetto (una linea blu) incrocia più volte due linee rosse verticali, quindi vuol dire che ha avuto 2
episodi di malattia.

Quindi la prevalenza si utilizza per descrivere la frequenza di malattie che hanno un inizio graduale
e decorso cronico. Perché? Perché se consideriamo una malattia acuta, che si risolve nell’arco di
qualche giorno, in una prevalenza di 6 mesi ad esempio, si perderebbero tantissimi casi di quella
affezione acuta, perché già molti sono guariti. Proprio per questa ragione, una misura di prevalenza
non può descrivere variazioni nel tempo (ci sono dei tentativi; anzi esistono delle metodologie che
ci permettono di utilizzare la prevalenza come confronto temporale, quindi magari facendo delle
misura di prevalenza ripetute e vicine nel tempo, potrei anche un po’ descrivere il trend dell’evento).
Per quest’ultimo scopo è più appropriato utilizzare i tassi di incidenza, oppure eseguire misure di
prevalenza ripetute nel tempo. La prevalenza è quindi una proporzione con la quale si descrive una
immagine statica, una fotografia della situazione per un certo evento sanitario.

I fattori che innalzano la prevalenza :

1. Maggiore durata della malattia : se dura 10 anni, avrò una prevalenza nel tempo
chiaramente più elevate.
2. Prolungamento della vita dei malati senza guarigione : viene quindi fotografata più volte
dalla prevalenza.
3. Aumento dei nuovi casi (incidenza)
4. Immigrazione di casi

31
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

5. Emigrazione di persone sane : diminuisce il denominatore, e quindi a parità di numeratore,


la prevalenza aumenta.
6. Immigrazione di persone suscettibili
7. Miglioramento delle capacità diagnostiche

Questi fattori non hanno una relazione causale con l’evento che si vuole studiare o con la malattia,
e quindi le misure di prevalenza non sono adatte per studiare una relazione causa – effetto.

I fattori che abbassano la prevalenza :

1. Durata più breve della malattia


2. Elevato tasso di letalità della malattia
3. Diminuzione dei nuovi casi (incidenza)
4. Immigrazione di persone sane
5. Emigrazione di casi
6. Miglioramento del tasso di guarigione dei casi

Le misure di prevalenza stimano il peso (burden) della malattia, pertanto sono utili per misurare i
bisogni assistenziali e pianificare i programmi sanitari.

INCIDENZA

La prevalenza è una
fotografia, mentre
l’incidenza è un video, è
il numero di NUOVI casi.

Esempio, calcolo
l’incidenza di un cancro
alla mammella nella
popolazione italiana nel
2019, per misurare la
prevalenza prendo il
registro tumori AIRTUM
e verifico quanti casi ci
sono nel 2019, tutti. Per
l’incidenza invece, mi
serve sapere il numero
nuovo di casi per
popolazione a rischio. L’incidenza chiaramente mi consente una valutazione dinamica nel tempo, e
monitorare se c’è riduzione, aumento o stabilità del fenomeno. È una PROPORZIONE. Non di un
tasso, perché non tengo conto del tempo in cui si sono verificati questi casi.

Quindi, l’incidenza cumulativa è il periodo durante il quale viene misurato il numero dei casi
malattia, che può essere variabile. Ad esempio, quando si studia un’epidemia, può essere utile
calcolare l’incidenza cumulativa in un periodo breve (tasso di attacco : numeri di persone ammalate
32
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

in un tempo T/numero di persone esposte al contagio → studio delle malattie infettive a carattere
epidemico e rappresenta l’incidenza cumulativa.) o in altri casi il periodo di osservazione può durare
anche tutta la vita- anche questa misura può essere espressa per 100, 1000 etc. L’incidenza
cumulativa dà informazioni, quindi, sul rischio di sviluppare una malattia o di osservare un certo
event, dato un periodo di osservazione. È una stima del rischio di ammalare per i membri di quella
popolazione → perché coincide con il calcolo della probabilità, cioè il numero di casi verificati sul
numero dei casi possibili ( per esempio se voglio sapere una donna italiana che rischio ha di
sviluppare un cancro alla mammella).

TASSO DI INCIDENZA

È una misura più raffinata che deve prendere in considerazione il tempo.

• Rappresenta il cambiamento nell’unità di tempo


• Il tempo è incluso nel denominatore
• Misura la velocità con la quale accade un certo evento
• Misura il rischio di ammalarsi nell’unità di tempo

Queste grandezze permettono di valutare popolazioni nelle quali gli individui non sono osservati per
un periodo di tempo uguale.

Esempio : le infezioni correlate all’assistenza (non presenti in incubazione al momento del ricovero,
e che si verificano in seguito all’assistenza sanitaria prestata). Per sapere quale sarà il rischio, in un
paziente ad esempio ricoverato in terapia intensiva che sono anche a più elevato rischio perché
sono esposti a procedure invasive come l’intubazione, i cateteri urinari, i cateteri venosi centrali
etc., di contrarre una infezione, cosa guardo? L’incidenza cumulativa innanzitutto, ad esempio pari
al 2%, cioè vuole dire che 2 su 100 pz ricoverati in terapia intensiva hanno un rischio di avere una
infezione. Ma cos’altro mi chiedo? Ci sono dei fattori che possono influenzare il rischio? Può il tempo
di degenza influenzare il rischio di contrarre una infezione correlata all’assistenza? Cioè nella
formula dell’incidenza cumulativa, al denominatore viene considerato un determinato numero di
pazienti tutti allo stesso modo, indipendentemente dal tempo di ricovero. Quindi che il paziente sia
stato 3 giorni (ricorda che per essere definita legata all’assistenza deve manifestarsi almeno dopo 3
giorni dal ricovero) o 100 giorni ricoverato, non farebbe differenza. Quindi bisogna considerare la
variabile tempo. Questo è il tasso di incidenza : numero di casi nuovi di malattia / sommatoria dei
periodi di osservazione a rischio (4-5-6 giorni etc.). quindi esprime il rischio di ammalarsi nell’unità
di tempo, perché non si esprime come 2 persone infette su 100, ma in 10 infezioni per 1000 giorni
decenti, ad esempio, cioè ogni 1000 giorni si verificano 10 casi di infezioni.

33
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

DENOMINATORE :

▪ 1 persona per 100 anni


▪ 50 persone per 2 anni
▪ 200 persone per 6 mesi

Densità di incidenza :

• Casi/ anni – persona


• Casi/ mesi – persona
• Casi/ giorni – persona

34
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

Questo disegno esprime la


relazione che c’è tra incidenza
e prevalenza, come un sistema
di serbatoi e pompe.

Vediamo quindi il serbatoio


della popolazione che viene
alimentato dalle nascite, e poi
il serbatoio della prevalenza
(numero di casi di malattia che
si verificano). Dal serbatoio
della popolazione ogni tanto si
manifestano nuovi casi
(valvola dell’incidenza) e
vanno a finire nel serbatoio
della prevalenza (infatti aumentando l’incidenza aumenta la prevalenza). Poi vediamo che la
prevalenza diminuisce grazie alla guarigione e quindi se gli individui guariscono, ritornano al
serbatoio della popolazione attraverso la pompa della guarigione; se muoiono, la prevalenza
diminuisce comunque, ma i pazienti escono dal serbatoio della prevalenza attraverso la valvola della
letalità.

L’incidenza è usata per


indagare una associazione tra esposizione a un fattore di rischio e la presenza di una specifica
malattia → misure di associazione.

35
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

Ci permette di ricavare l’incidenza da dati di


prevalenza o viceversa.

Se aumenta la durata della malattia,


a parità di incidenza, la prevalenza risulterà
maggiore.

INDICATORI DELLE CONDIZIONI SOCIO SANITARIE DELLA POPOLAZIONE

Questi indicatori epidemiologici sono fondamentali quindi per la valutazione delle condizioni socio
sanitarie della popolazione. La risposta risulta essenziale :

1. Agli operatori sanitari per individuare i bisogni reali degli utenti e predisporre i servizi
occorrenti per il loro soddisfacimento
2. Agli amministratori per programmare l’utilizzazione delle risorse
3. Ai ricercatori per individuare le variabili in grado di esercitare un’influenza significativa e
diretta

FONTI DI DATI EPIDEMIOLOGICI

• Sistema informativo sulla mortalità e le sue cause, gestito dall’INSTAT attraverso apposite
specifiche che rileva non solo l’evento morte ma anche la causa.
• Censimento, perché conta la popolazione, ma ci consente anche la stratificazione della
popolazione (cioè potrei essere interessato a studiare una malattia in persone che vivono in
una determinata regione, che svolge una determinata mansione etc.)
• Notifica di malattie infettive
• Registro tumori AIRTUM
• Accettazioni/Dimissioni ospedaliere

[CENSIMENTO : “DE JURE” che considera la popolazione residente. E DE FACTO che enumera la
popolazione presente. Fornisce indicazioni su : numero assoluto – distribuzione per sesso ed età-

36
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

distribuzione territoriale – stato civile – condizioni economiche – grado di istruzione – professione-


composizione delle famiglie. ]

Due fenomeni hanno fortemente connotato il mutamento demografico dalla metà degli anni
Novanta a oggi :

1. L’invecchiamento della popolazione → maggior rischio di morte, di malattie. L’indice di


invecchiamento è dato dal numero di soggetti >65 anni/ popolazione totale. Oggi in Italia,
l’indice è del 20% (cioè il 20% degli italiani ha più di 65 anni). L’invecchiamento provoca una
maggiore probabilità di patologie croniche e degenerative. Un maggior numero di soggetti
non autosufficienti. Una più ampia domanda di assistenza sanitaria. La necessità che i servizi
sanitari rispondano anche ad esigenze socio assistenziali. Viene modificato da parametri
come :
• Natalità : nati vivi in un anno/ popolazione x 100. In Italia è poco più di 9 nati per
1000 abitanti, valore tra i più bassi in Europa.
• Mortalità : morti in un anno/popolazione x 100. Modesto aumento in Italia con il
progressivo invecchiamento della popolazione. Il tasso grezzo in Italia è pari a 9,7%
con variazioni regionali.
• Indice di carico sociale : soggetti di età <14 ani e > 65 anni/totale dei soggetti di età
compresa fra 15 e 56 anni.
• Indice di dipendenza : soggetti di età compresa fra 15 e 65 anni/totale dei soggetti
di età <14 e >65 anni.
2. L’immigrazione straniera

L’invecchiamento della popolazione è l’aspetto demografico che contraddistingue il nostro paese


nel contesto internazionale. È misurato attraverso un indicatore importante che è la “speranza di
vita alla nascita” che è la probabilità che ciascun individuo che nasce in un determinato momento
ha di sopravvivere. Nel 2016 si è stimato che la speranza di vita ha raggiunto 80,6 anni per gli uomini
e 85,1 anni per le donne. Secondo le recenti stime ISTAT, al 1° Gennaio 2017 la quota di giovani (0-
14 anni) scende ulteriormente rispetto all’anno precedente, raggiungendo livelli mai sperimentati
in passato.

La popolazione in età attiva (15-64 anni) corrisponde al 64,2 % del totale della popolazione. Gli
individui di 65 anni e più sono oltre 13,5 milioni, superando per la prima volta il 22%, quelli di 80
anni e più sono 4,1 milioni, pari al 6,8% del totale.

37
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

E’
cresciuta nel tempo. Questo grafico è diviso per sesso, blu scuro per maschi e azzurro per femmine.

Vediamo che
la Sicilia è al penultimo posto rispetto alle altre regioni.

L’indice di vecchiaia al 1° Gennaio 2017 è pari a 165,2 persone di 65 anni e oltre ogni 100 giovani
con meno di 15 anni (con un valore massimo nel Nord ovest) e un valore minimo al Sud, collocando
il nostro paese tra quelli a più elevato invecchiamento al mondo.

38
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

Un modo per rappresentare questi numeri è la cosiddetta “piramide dell’età” costituita da 2


istogrammi (uno per genere) che rappresentano la popolazione suddivisa per classi di età e sesso.
Dovrebbe avere una base molto ampia, cioè individui giovani appena nati, e che man mano si
assottiglia verso l’alto (sarebbe la popolazione ideale).

Qui
vediamo
rappresentate
due piramidi,
una è in colore
grigio e l’altro
è disegnata
che
rappresenta la
popolazione
italiana nel
2005 per il
colore grigio,
e 2050 per
quella solo
disegnata con
i bordi (quindi
una
previsione). Vediamo che più che una piramide è rappresentata da un “bulbo”, cioè ha una base
piccola rispetto al corpo centrale, e un apice che non è ben identificabile in una punta (>90 anni). La
previsione addirittura è una piramide rovesciata, quindi con un apice invece maggiore (diventa cioè
una base) → invecchiamento della popolazione e bassa natalità.

39
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

Confronto
tra Africa e Italia.
In Uganda
abbiamo una vera
piramide, con alta
natalità e alta
mortalità.

Un altro indice importante è l’indice di vecchiaia, che ci permette di individuare quale è il rapporto
in termini percentuali tra la popolazione anziani ( >65 anni) e giovanile (<15 anni). Si fa il rapporto
tra base e apice e vedere la sproporzione esistente.

Altri indicatori importanti sono il tasso di mortalità : numero di morti sulla popolazione considerata
a metà anno.

40
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

Il tasso di natalità : numero di nati rispetto alla popolazione considerata a metà anno. In Italia è pari
a 9,1 per 1000 abitanti. Mentre il tasso di mortalità è di 9,7 su 1000 abitanti.

Indicatori interessanti e importanti da considerare per evidenziare eventuali situazioni


problematiche nella assistenza sanitaria fornita è la mortalità nel periodo feto infantile viene
considerata per la costruzione degli indicatori più significativi dal punto di vista socio sanitario e di
sviluppo civile di una nazione. Questi indicatori sono segno non solo di eventuali condizioni presenti
al momento del concepimento quindi legate a malattie genetiche o non genetiche che condizionano
l’esito della gravidanza, ma possono essere anche legate all’assistenza che viene fornita alla donna
durante la gravidanza e al momento del parto. Nel nostro paese, il tasso di mortalità infantile entro
il 1 anno di vita è molto basso, ma diventa un tasso alto nei paesi in via di sviluppo dove non ci viene
difficile da pensare perché l’assistenza sanitaria e più scarsa.

NATI MORTALITA’ : tra la 28esima settimana e il momento della nascita

MORTALITA’ INFANTILE : tra il momento della nascita e il 1 anno di vita

A sua volta la mortalità infantile si divide in :

1. Mortalità neonatale, cioè fino alla 4 settimana → precoce (entro la 1 settimana) e tardiva
dopo la 1 settimana
2. Mortalità post neonatale, dalla 4 settimana fino al 1 anno

MORTALITA’ PERINATALE : dalla 28esima settimana di gestazione fino alla 1 settimana di vita.

41
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

Perché facciamo tutte queste suddivisioni? Perché, come vedremo, in realtà ciascuno di questo
periodo può essere indicatore di una diversa problematica. Cioè ad esempio un bambino che muore
ancor prima di nascere può essere indicatore di una problematica di salute, se si verifica entro il 1
mese di vita magari è stata l’assistenza sanitaria.

È quindi un indice abbastanza fedele delle condizioni igienico sanitarie e socio economiche
complessive di una popolazione.

E’ spesso legata alle carenze


nell’assistenza alle fasi finali
della gravidanze e al parto.
Riassume il livello delle
prestazioni ostetriche e
neonatologiche disponibili in
una nazione. I fattori di
rischio per la mortalità
perinatale sono : peso alla
nascita, età gestazionale, età
della madre (<18, >35 anni),
parità (1° parto, >4° parto),
illegittimità. Le cause cliniche
sono legate a malformazioni congenite, prematurità, insufficienza placentare, infezioni, malattie
materne.

42
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

43
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

Nel secondo grafico


è rappresentata la mortalità rispetto all’età in anni. La curva rosa piena è una curva normale, cioè le
morti che si dovrebbero registrare in una popolazione che ha una distribuzione normale, quindi con
un numero di morti che è elevato nelle fasce comprese fra gli 80 ai 90 anni. Mentre la curva non
piena arancione è la situazione che noi osserviamo nella popolazione, e la differenza mostra quella
che è una condizione non attesa, soprattutto nell’età tra i 45 e i 70 anni c’è un eccesso di morti
rispetto a quello che ci aspetteremmo. Vediamo, altresì, il picco che c’è in prossimità dello 0 ed è
dovuto alle morti precoci per situazioni evitabili nella maggior parte dei casi intorno a 1-5 anni.
Anche dal confronto rispetto a diverse popolazioni o periodi di tempo, è possibile fare ipotesi su
fenomeni che si verificano nella popolazione.

Un altro indicatore è quello che misura l’AVPP, anni di vita potenzialmente perduti : consente di
calcolare il numero di anni che un soggetto morto prematuramente, non ha potuto vivere. Offre un
contributo importante alla valutazione delle condizioni sanitarie di una popolazione poiché
consente di evidenziare i decessi precoci. L’indicatore specifico è il DALY : disability adjusted life
years. È una misura riassuntiva utilizzata per dare un’indicazione sul burden complessivo, cioè

44
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

sull’impatto di una malattia. Tiene conto degli anni di vita che vengono persi a causa di una morte
precoce, degli anni vissuti con una malattia e quindi le conseguenze che quella malattia porta con
sé.

Mentre col tasso di mortalità noi consideriamo il numero di morti per popolazione, ma dobbiamo
approfondire. Cioè ci chiediamo quando si verifica questa morte rispetto alla speranza di vita? E
quindi gli anni in cui l’individuo ha contratto la malattia o comunque vive con la malattia, pesano
molto perché sono tanti oppure il contributo è piccolo? Questo è verificato con il DALY. Mostro un
esempio, di seguito :

45
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

Qui, c’è un individuo che ha una speranza di vita al momento della nascita pari a 80 anni. Cosa
accade? All’età di 20 anni si ammala, vive con quella malattia per 40 anni, e a 60 anni muore. Se io
volessi quantificare l’effetto della situazione solo con l’indicatore mortalità, lo conterei una volta
sola nel tasso mortalità. Ma in realtà mi accorgo che è una situazione importante da valorizzare ed
esplicitare. Il DALY va a sommare gli anni di vita persi a causa della morte prematura (cioè lui doveva
vivere 80 anni e invece ne vive 60, quindi ha perso 20 anni). In più ha vissuto 40 anno con la malattia
cronica che porta quindi a una disabilità, quindi bisogna dare un peso, in questo caso vive una vita
quasi normale con una disabilità del 40%. Quindi si può dire che ha perso 16 anni (40 x 40)/100). Il
DALY quindi è 20 + 16 = 36 anni

Sommando tutti i DALY per una determinata malattia, riusciamo ad ottenere un certo impatto della
malattia. Sicuramente, in termini sanitari, pesa di più una morte che si verifica in un soggetto di 40
anni, piuttosto che in un soggetto di 80 anni (perché sarebbe più attesa).

IL DISEGNO DELLO STUDIO EPIDEMIOLOGICO

Obiettivi :

• Comprendere l’importanza di ipotesi esplicite e obiettivi alla base del disegno dello studio
• Descrivere le principali tipologie di disegno dello studio e i relativi metodi

L’obiettivo di qualsiasi studio epidemiologico è, non di descrivere e basta, ma di indagare le relazioni


fra fattori e quindi valutare se un’esposizione ha un effetto sulla salute :

ESPOSIZIONE MALATTIA

46
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

Come si fa? Il metodo adottato è quello del confronto → vuol dire non soltanto confrontare i dati
sul piano qualitativo ma anche quantitativo. Confrontare la frequenza della malattia in individui
soggetti a differenti livelli di esposizione, in particolare esposti con i non esposti, ovvero i più esposti
con i meno esposti. Il risultato del confronto viene quantificato calcolando una misura di effetto
come il rapporto tra i tassi di incidenza tra gli esposti e i non esposti. A seconda della maggiore o
minore ambizione di stabilire relazioni causali, l’obiettivo può essere di tipo analitico o descrittivo.
Le caratteristiche dell’ipotesi in esame, e l’esistenza di condizioni specifiche contribuiscono a
condizionare la scelta del disegno dello studio.

Gli studi epidemiologici sono basati concettualmente sull’osservazione di una popolazione nel
tempo. Tale popolazione è denominata popolazione sorgente e la sua esperienza di salute nel
tempo è detta periodo a rischio. Su questa base sono possibili diversi disegni di studio a seconda
del

a. Modo in cui la popolazione in studio è campionata dalla popolazione di origine


b. Modo in cui si ricava l’informazione dal periodo a rischio

Se noi esaminiamo l’intera popolazione sorgente, parliamo di studi censuari / universali, che
esaminano l’intera popolazione di riferimento, ma più spesso noi studiamo dei campioni della
popolazione che però possono essere rappresentativi, con studi campionari. La rappresentatività
non è solo un problema numerico, di avere cioè molti numeri nello studio, ma significa anche che il
campione sia qualitativamente significativo. E devo verificare la rappresentatività. Ad esempio, se
voglio stabilire in un’indagine di prevalenza delle infezioni correlate alla qualità dell’assistenza in
Sicilia, io prendo in considerazione tutte le strutture sanitarie e faccio un’indagine universale,
mentre se voglio rappresentare con la Sicilia e con l’Italia nello studio di prevalenza europeo, farò
dei campioni di strutture.

CAMPIONAMENTO : la metodologia più corretta per selezionare il campione è la


RANDOMIZZAZIONE. Il campione randomizzato può essere :

1. Semplice
2. Stratificato : cioè la popolazione viene divisa in sottogruppi (età, sesso etc.) e da ogni
sottogruppo viene estratto un campione randomizzato
3. A grappolo o cluster : la popolazione viene divisa in gruppi non omogenei che rappresentano
le unità, alcune delle quali vengono randomizzate

Negli studi retrospettivi → censuari

Negli studi prospettici → campionari

Sulla base del momento/arco temporale in cui il problema di salute viene accertato :

• Modelli trasversali
• Modelli longitudinali

47
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

L’obiettivo è studiare la
dimensione e la
distribuzione attuale di un
problema sanitario. L’utilità
consiste nel considerare lo
studio come una indagine
preliminare ad analisi
retrospettive, prospettive o
sperimentali. Generalmente
si per campioni
rappresentativi.

Metodi di rilevazione dei


dati : indagini dirette sui partecipanti tramite esame clinico o uso di test o strumentazioni, interviste
tramite questionari, esame di documenti sanitari come cartelle cliniche, ospedaliere etc.

Vedi sopra come si fa il campionamento.

Le distorsioni più comuni (BIAS) sono o le conclusioni errate per campionamento non corretto, o
l’adesione all’indagine non elevata. Chiaramente ha gli svantaggi di non addirsi a fenomeni molto
rari o di breve durata, i dati relativi a esposizioni pregresse a volte sono poco attendibili, non fornisce
indicazioni sull’incidenza del fenomeno in studio.

48
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

In questo caso, io uso un


altro modo, in cui la
direzionalità è
prospettica o
retrospettiva, in ogni
caso DINAMICA. O vado
avanti o dietro. Ad
esempio, vogliamo
valutare delle specifiche
malattie in un dato
reparto studiando le
caratteristiche dei
pazienti. Si possono
studiare in 2 modi, o in modo retrospettivo o prospettico. Quindi ogni volta cosa abbiamo potuto
calcolare? Con uno studio a coorte → il tasso di incidenza : numero degli eventi nell’unità di tempo
nella popolazione a rischio. Quindi gli studi prospettici sono quegli studi che si fanno quando il
ricercatore osserva la popolazione secondo l’ordine naturale degli eventi nel tempo : inizio
osservazione, valutazione dell’esposizione, eventuale comparsa di malattia, outcome o morte. Gli
studi storici invece quando il ricercatore accerta l’esposizione e la malattia dopo la loro comparsa,
generalmente usando registrazioni già esistenti.

Se invece guardiamo il ruolo del ricercatore nella relazione tra esposizione e malattia, se il
ricercatore rileva senza interferire, una popolazione registrando le esposizioni (fattori di rischio e
protettivi) e l’outcome, le malattie, la distribuzione di caratteristiche genetiche, scelte, fattori
ambientali, esposizioni che potrebbero spiegare l’incidenza di malattia → studio osservazionale,
non sperimentale. (descrittivi)

Cosa rende diverso uno studio sperimentale? Il fatto che, mentre in uno osservazionale, posso
osservare l’effetto di un trattamento distribuito in maniera diversa nella popolazione (ad esempio
se confronto pazienti covid trattati con idrossiclorochina e quelli trattati con un altro farmaco e
confronto cosa accade, io faccio uno studio osservazionale. Perché? Perché osservo tutte le risposte,
rilevando tutto quello che accade, tutti i parametri funzionali, strumentali e li registro. Tutto questo
andando a prescrivere un farmaco, ad esempio, valutando le caratteristiche cliniche del paziente.
Lo studio sperimentale deve essere fatto in modo che una popolazione, in linea di principio, con
caratteristiche similari e in equilibrio, e confrontarla con un’altra popolazione, e vedere chi guarisce
prima, gli eventi avversi che occorrono, etc. Quindi il ricercatore confronta la frequenza di malattia
in due o più gruppi dopo aver assegnato l’esposizione ai soggetti collocati nei gruppi studiati. E il
criterio di assegnazione dell’esposizione è definito dal protocollo sperimentale e non dipende dalla
discrezionalità del ricercatore o del paziente → randomizzazione.

Cioè quando ad esempio bisogna sperimentare un farmaco, non si può sperimentare su una
determinata popolazione per la quale io penso che il farmaco possa funzionare, ma devo fare un
49
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

vero esperimento, definito in doppio cieco. Questo perché lo scopo di uno studio sperimentale è
quello di avere dei gruppi che possono essere paragonabili (non posso ad esempio mettere tutti i
forti malati da una parte e non dall’altra, ma distribuiti equamente, o la stessa cosa se devo
sperimentare un vaccino etc, in questo ad esempio bisogna anche tenere in considerazione quale è
la popolazione target, cioè il vaccino deve essere più utile negli anziani o nei bambini?

Un’altra importante dimensione epidemiologica è quella degli studi individuali → unità


campionaria in studio. Sono studi individuali quelli in cui la selezione della popolazione e l’analisi
dei dati avviene su base individuale. Ad esempio, studio caso controllo per individuare la relazione
tra interazione gene- ambiente e malattia. L’interazione gene ambiente ad esempio è vitamina D
(esposizione ambientale) e il gene come il VDR (recettore) anche con SNP che possono modificare
l’attività funzionale del recettore. Cioè significa studiare un evento dato da mutazione del gene +
bassa esposizione alla vitamina D, oppure il gene non è mutato ma c’è carenza, non c’è carenza ma
il gene è mutato, non c’è carenza e il gene non è mutato, ma wild. Andiamo a guardare gruppi di
donne + uomini ( a meno che vogliamo osservare il ruolo del genere nella malattia). Sono individuali
perché rilevano i dati individualmente, cioè ogni singolo soggetto lo classifichiamo in : come sta
l’esposizione a vitamina D, come sta il gene, e così via.

Esistono poi gli studi ecologici, che utilizzano come unità campionaria gruppi di individui o
popolazioni : gli studi di correlazione per esempio mettono in relazione l’incidenza di un evento
misurata a livello di popolazione con l’esposizione al fattore in studio misurata a livello ecologico.
Sono poi possibili modelli ibridi dove l’esposizione è a livello di popolazione e l’evento di salute è
misurato a livello individuale. Questi studi quindi non rilevano dati al livello individuale, ma su gruppi
di individui. Oggetto di osservazione non è il singolo individuo ma l’area geografica di residenza. Ad
esempio, per il cluster Sicilia, Sardegna etc. come unità campionaria. Per esempio il consumo di
antibiotici e infezioni con MDR. In Sicilia è stato istituito un gruppo regionale per il PNCAR : piano
nazionale di contrasto anti microbico resistenza, istituito in tutte le regioni del paziente, perché c’è
stata una CITE VISIT dell’ECDC, cioè l’EUROPEAN CENTER FOR DISEASE CONTROL AND PREVENTION
di Stoccolma, che ha riferito che in Italia c’è un consumo eccessivo di anti microbici, un burden
(carico di malattia) dovuto all’antibiotico resistenza che è pessimo. Quindi in tutte le regioni, si è
fatto un gruppo regionale, che va a rilevare il consumo di antibiotici e infezioni da MDR in tutte le
aziende ospedaliere territoriali, della Sicilia, andando a s studiare non individualmente se la persona
X ha consumato tot antibiotici in un anno, o ne hanno prescritti tanti, ma andando a vedere nelle
farmacie ospedaliere e territoriali, quante scatole di singole molecole sono state vendute e
consumate. Quindi sono state rilevate anche le resistenze, e abbiamo studiato la relazione ecologica
(come gruppo) quello che avviene in Sicilia.

Uno studio ecologico esemplare, tipico, è quello in cui è stato dimostrato che il consumo di carne
correla con l’incidenza del cancro al colon retto. Quindi sono stati rilevati i consumi di carne +
registro tumori che davano i numeri dei casi di cancro del colon retto. E sono state costruiti degli
algoritmi specifici, e hanno studiato una vera correlazione, e disegnato delle rette di correlazione
molto chiare, che però non provano moltissimo. Perché lo studio ecologico potrebbe essere
indicativo di una correlazione che implica una relazione spuria, cioè una relazione falsa. Tipico

50
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

esempio è quello della natalità nelle zone rurali e urbane ed è i nidi di cicogna nelle zone rurali e
nelle zone urbane. C’è una correlazione, ma non sono le cicogne a portare i bambini. Quindi c’è una
spiegazione che è totalmente diversa. Quindi per studiare in maniera più approfondita e solida la
relazione fra 2 eventi, non ci affidiamo certamente in maniera definitiva, ma sicuramente
suggestiva.

!! quindi uno studio ecologico stima la relazione fra insorgenza della malattia ed entità di esposizione
per aree. Oggetto di osservazione non è il singolo individuo, ma l’area geografica di residenza.

METODOLOGIA

Quindi l’epidemiologia descrittiva risponde alle domande : chi? Dove? Quando? Quanto?

Gli studi analitici forniscono indicazioni anche sul perché?

L’epidemiologia sperimentale risponde alla domanda funziona?

Questo è il confronto tra studi


osservazionali non randomizzati e
quelli sperimentali randomizzati.

I trasversali, caso controllo, a


coorte sono quelli analitici
(Perché?).

Quello ecologico non risponde alla


domanda “perché”, ma dice solo
che al crescere del consumo di
carne in un gruppo, cresce
l’incidenza del cancro del colon.
Quindi sono descrittivi.

Gli STUDI DESCRITTIVI quindi sono quelli che raccolgono i dati descrittivi usati per esaminare gli
andamenti delle frequenze di malattie in funzione del luogo, del tempo e delle persone. I confronti
geografici, basati su tassi standardizzati di mortalità e morbosità possono essere condotti tra Paesi
o fra regioni entro Paesi. I confronti fra aree entro un singolo Paese sono meno suscettibili di
distorsioni e possono rivelare esposizioni a sorgente puntuale in una ristretta area (esempio è il
mesotelioma). Nel caso del mesotelioma è associato all’esposizione all’amianto, che ne rappresenta
quindi il principale fattore di rischio, da esposizione professionale.

51
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

Il registro tumori AIRTUM è una istituzione che, a scopo epidemiologico, rileva i dati di incidenza,
prevalenza, mortalità, trend, confronta i registri italiani, internazionali e mette a disposizione i
registri per ulteriori scopi che non siano più esclusivamente descrittivi. Sono importanti sul piano
clinico, e quindi per rilevare l’efficacia dei trattamenti, perché se si vede che si muore di più da una
parte o dall’altra, bisogna studiare i motivi della differenza, e poi studiare e elaborare per migliorare
la salute della regione.

È importante poter fare dei confronti temporali dei tassi di mortalità, di morbosità che possono
essere preziosi nel suggerire effetti di fattori che nel tempo si sono modificati. E quindi ci possono
essere utili sia per valutare l’efficacia delle misure di prevenzione (la prevenzione può contribuire a
ridurre il tasso di incidenza) e di trattamento (chiaramente il trattamento modifica il tasso di
mortalità). Se pensiamo alle campagne di screening, queste non mi determinano una riduzione
dell’incidenza, anzi al contrario un aumento, perché aumenta il numero delle diagnosi, ma essendo
una diagnosi precoce può invece ridurre la mortalità.

Questo è un grafico che


rappresenta i dati di mortalità
per diversi gruppi di patologie. In
rosso vediamo le malattie
cardiovascolari, in grigio per
tumori. Vediamo che un crollo
notevolissimo è dato dalla curva
che rappresenta le malattie
infettive.

52
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

Questo è lo
studio di
Armstrong e Doll
del 1975, sulla
correlazione tra
consumo di
carne e
incidenza di
cancro al colon
retto. Sulle
ascisse vediamo
il consumo di
carne in grammi
al giorno e sulle
ordinate
l’incidenza del
cancro del colon su 100.000 donne. In questo caso lo studio è solo sulle donne, in modo da togliere
la possibile influenza del genere sull’incidenza. I punti gialli rappresentano la relazione tra consumo
di carne in un determinato paese e incidenza di cancro nel colon nello stesso paese. In questo
grafico, l’Italia non compare, ma vediamo gli USA che hanno, tutt’ora un grande consumo di carne,
e il puntino è molto spostato a destra e in alto a testimoniare l’incidenza elevata. Poco più sotto c’è
il Canada, poi la Gran Bretagna. In basso vediamo il Giappone (sushi e poca carne) e la Nigeria.

R : 0,89. Cosa è? È la correlazione, una ipotesi che deve essere approfondita per poter confermare
con studi analitici e individuali. Questo studio cioè, è definito studio di correlazione perché ci
permette di valutare come due fenomeni co variano , cioè cosa succede a un fenomeno quando
varia l’altro. Si misura con il coefficiente di correlazione di Pearson (r) che può assumere valori
compresi tra -1 e +1. Se assume un valore pari o prossimo allo 0 vuol dire che non c’è correlazione.
Se assume il valore pari a 1 o molto prossimo a 1 vuol dire che c’è una forte correlazione e quindi
all’aumentare di un fattore, aumenta anche l’altro. Se invece è -1 o prossimo al -1 vuol dire che c’è
una correlazione negativa, inversa, vuol dire che all’aumentare di un fattore l’altro diminuisce.

Quindi, i principali obiettivi sono:

1. Analizzare dati aggregati riguardanti malattie o fattori di rischio

2. Illustrare il quadro della distribuzione delle varie malattie in rapporto a tempo, spazio e altre
variabili

3. Confrontare i tassi di mortalità o incidenza grezzi, specifici e standardizzati

4. Ipotizzare attraverso correlazioni “ecologiche”, l’associazione tra malattie e fattori di rischio

Attraverso studi di questo tipo, nel 1975 si è potuto IPOTIZZARE che consumo di carne potesse
influenzare in modo diretto e positivo l'incidenza del cancro al colon. IPOTIZZARE e non PROVARE

53
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

perché la correlazione non è una misura dell'associazione: se due variabili sono correlate, non è
detto che siano tra di loro associate (es "sorge il sole, canta il gallo" è una correlazione, perché se
contiamo quanti galli cantano al sorgere del sole e contiamo tutte le volte che il sole sorge vediamo
che c'è una correlazione positiva, ma non è il sorgere del sole a determinare il canto del gallo).
Quindi, le prime ipotesi nascono da studi di questo genere, a seguire poi ci sono gli studi individuali
e analitici che possono confermare o smentire queste osservazioni. Per stabilire l'associazione è
necessario intanto eseguire uno studio analitico (a coorte o caso-controllo) in cui i due termini
(fattore di rischio e malattia) vengono intanto rilevati e messi insieme in una rilevazione individuale.

Quindi gli studi ECOLOGICI hanno dei vantaggi : dati già raccolti e quindi facilmente accessibili e
spesso già elaborati. In paesi con validi sistemi di raccolta centrali sono molto attendibili, soprattutto
i tassi di natalità e mortalità. L’uso di classificazioni standard facilita i confronti anche al livello
internazionale. Ma ha anche degli svantaggi : i dati individuali non sono disponibili, difficilmente si
possono vagliare ipotesi eziologiche specifiche, talora non si conoscono con esattezza i
denominatori adeguati, i tempi di latenza tra raccolta ed elaborazione non sempre sono rapidi.

Gli studi ecologici sono molto usati nell’epidemiologia ambientale in quanto i fattori ambientali
spesso determinano livelli di esposizione omogenei per popolazioni di grandi dimensioni. È
plausibile che l’inquinamento atmosferico di un’area urbana esponga gli abitanti alle stesse
concentrazioni di inquinanti, mentre la situazione espositiva sarà uniformemente diversa da quella
di un’area rurale.

Uno studio ecologico comunque non ha la stessa validità di uno studio analitico, sperimentale o le
meta analisi di studi diversi. Quindi c’è possibilità di misclassification, di errore. Sono cioè indagini
di primo livello.

Quindi è necessario studiare l’associazione fra 2 eventi che, razionalizzando, classifichiamo in questo
modo:

Causale : X determina Y (amianto


determina mesotelioma, punto) .

Quella indiretta è secondaria, quindi


la freccia non sarà perfettamente
dritta.

Quella spuria è una associazione non


vera (vedi l’esempio sopra dei nidi di
cicogna).

54
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

E’ indiretta perché il legame tra X e


Y è presente un terzo fattore che si
interpone ed è questo che
determina il fattore Y.

Come si valuta una associazione causale?

• Forza dell’associazione (rischio relativo)


• Consistenza dell’osservazione : traduce un termine anglosassone, si può paragonare alla
“coerenza”. Non basta uno studio per dire questa è la verità, ma ci devono essere diversi
studi sullo stesso argomento che portano ad un’unica conclusione, anche se è con valori del
RR differenti, perché questo potrebbe cambiare sulla base della popolazione, ma conducono
tutti a confermare l’esistenza di un’associazione tra i due fattori.
• Relazione temporale : la causa deve precedere l’effetto
• Plausibilità biologica : dipende dal livello di conoscenze scientifiche in quel dato momento.
Ci deve essere un meccanismo biologico che provi quello che io voglio dimostrare, cioè, ad

55
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

esempio, che l’esposizione ad una determinata sostanza chimica produce dei cambiamenti
nel metabolismo, nelle strutture cellulari o intracellulari, nel DNA e così via, che mi porta alla
malattia.
• Relazione di dipendenza dose – risposta : possibilità di quantificare l’esposizione e poi
quantificare l’incidenza di una malattia, all’ aumentare dell’esposizione dovrebbe esserci un
aumento dell’incidenza della malattia. All’aumentare della dose di esposizione aumenta
anche l’effetto. Questo non sempre è vero. Ad esempio se consideriamo l’esposizione a
sostanze chimiche non cancerogene, quindi sostanze tossiche, possiamo osservare questa
relazione di dipendenza, ma nel caso degli agenti cancerogeni in generale questa non è
sempre osservabile, addirittura la relazione tra dose e risposta è lineare, quindi anche ad
esposizione 0 esiste già un effetto: non vi è un limite sotto al quale non si ha un effetto, è
sempre una relazione dose risposta ma di tipo lineare, mentre per le sostanze tossiche e
chimiche in generale, si ha una curva perché stabiliamo un limite al disotto del quale quella
sostanza non produce un danno.

Dallo studio descrittivo/osservazionale, si passa allo studio ANALITICO : come si fa a verificare


l’esistenza di una associazione fra fattore di rischio e malattia e, quindi, a misurarne la forza?
Vediamo lo schema

Nello schema generale


di uno studio analitico
noi abbiamo una
popolazione di soggetti
che, rispetto al fattore di
esposizione che
vogliamo analizzare, può
essere divisa in soggetti
esposti e non esposti. A
volte possiamo
quantificare
l’esposizione e fare
quindi una ulteriore
differenza tra
maggiormente esposti e
esposti in maniera minore, o mediamente esposti. Come si misura una esposizione e cosa è?
L’esposizione è una condizione in cui la gente può essere internalizzata. Per esempio, l’esposizione
al fumo di sigaretta viene valutata in pacchetti l’anno, poi se convive con fumatori e a loro volta
quanto fumano loro e quanto tempo si trascorre insieme, analisi del sangue vedendo ad esempio
quanta cotinina c’è (alcaloide del tabacco e metabolita della nicotina). Tra tutte queste possibilità,
però, se ne deve scegliere una. Ad esempio l’esame del sangue non è il miglior modo, perché? Il
valore del test mi dà l’idea di un periodo molto ravvicinato nel tempo, il giorno prima o pochi, quindi
non dà una idea della esposizione pregressa in tempi lunghi e quindi della cronicità dell’esposizione.
Quindi è più veritiero sottoporre un questionario. Anche per valutare per esempio l’esposizione a
56
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

una dieta.
Inoltre, con la diagnostica distinguiamo malati e sani.

A questo punto

Se esistesse una RELAZIONE


fra esposizione a fumo e
ipotetica malattia, la malattia
dovrebbe essere più
rappresentata nei soggetti
fumatori e tra i fumatori molto
di meno. Questo è quello che
mi aspetto. Quindi da un
punto di vista metodologico, io
costruisco una tabella 2x2,
detta anche tabella di
contingenza, dove nelle righe
metto gli esposti e nelle
colonne i malati, e nelle caselle quindi si ottengono le diverse combinazioni. Quindi mi aspetto che
la maggior parte dei malati sia esposta al fattore di rischio, e la maggior parte dei sani non sia
esposta. Non dico TUTTI, ma la MAGGIOR PARTE, perché esistono chiaramente altri fattori che
possono concorrere allo sviluppo di malattia, o anche fattori che possono proteggere dalla malattia.
Chiaramente, nella maggior parte dei casi non abbiamo un singolo fattore di rischio, quindi si tratta
sempre di uno studio di eventi complessi (al contrario l’associazione amianto e mesotelioma è
semplice, ma è un evento raro), cioè nella maggior parte dei casi non possiamo dire quale è la causa
di un tumore. Non esiste una sola causa, però possiamo individuare il peso di un singolo fattore,
andando proprio a studiare singolarmente le associazioni, tendendo fermi gli altri fattori, e quindi
57
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

misurare in una analisi multi variata o logistica di regressione (cioè bisogna poi intersecare le diverse
associazioni, perché per esempio potremmo verificare la relazione di una malattia con l’esposizione
ma anche con l’età, cioè per esempio a parità di esposizione cosa succede nei giovani e cosa negli
adulti/anziani, oppure in base anche al genere etc.) che ci consente di guardare tutti i fattori di
rischio, e quelli che rimangono significativi sono i veri fattori di rischio.

Ora, questo tipo di considerazioni e di metodo analitico, può essere applicato nel 3 tipi di studio
epidemiologici : trasversali (tutti nello stesso momento), a coorte (cioè comincio dagli esposti e non
esposti e nessuno è malato e li vado osservando; quindi la domanda è : uno si ammala, era esposto
o non esposto? E lo colloco in casella, quindi è una osservazione prospettica), caso controllo
retrospettivo in cui io ho la situazione dei malati e in modo retrospettivo vedo se questi soggetti
che sono malati hanno una esposizione che nei non malati non vedo o che vedo molto più
raramente.

Considerando la linea del tempo, gli studi vanno distinti in:

• TRASVERSALI: detti cross-sectional studies, sono i più utilizzati. Uno studio cross-sectional è
trasversale rispetto alla linea del tempo. In questo l’esposizione e la malattia vengono valutati nello
stesso momento. Non viene guardata né la storia espositiva passata del paziente, né ci si proietta
avanti per individuare i casi di out come. Ho un gruppo di soggetti che afferiscono in un ambulatorio
per effettuare una determinata analisi, osservo lo stato istantaneo dei soggetti, quindi avrò una
diagnosi e saprò chi è malato e chi non lo è, faccio loro delle indagini, ad esempio un prelievo di
sangue grazie al quale posso cercare un determinato bio-marcatore, un parametro ematologico, la
glicemia, enzimi sierici… determino nello stesso momento l’esposizione e la malattia.

Si può partire da un’ipotesi (ottenuta tramite studi ecologici), ad esempio che la glicemia possa
essere associata allo sviluppo di una determinata malattia, e lo dimostro tramite uno studio cross-
sectional, effettuando una vera e propria fotografia, valutando l’associazione (e non la correlazione).

• LONGITUDINALI: in cui esposizione e out come si presentano in momenti diversi. A seconda del
punto di osservazione, del momento in cui viene fatta partire la ricerca e di ciò che stiamo cercando,
distinguiamo gli studi longitudinali in:

➢ STUDI DI COORTE: studio prospettico (mi pongo in avanti per ottenere i risultati dello studio) nel
quale vengono presi gli individui di una popolazione (coorte), vengono suddivisi in esposti e non
esposti ad un determinato fattore (di rischio o protettivo), questi individui vengono seguiti nel
tempo tramite frequenti follow up con i quali viene osservata la situazione dei soggetti e grazie ai
quali è possibile individuare gli individui nei quali si manifesta l’out come (malattia o guarigione ad
esempio), sia tra gli esposti che tra i non esposti. In questo modo è possibile calcolare l’incidenza e
il RR. rischio relativo

Ovviamente, quando parliamo di fattori, non parliamo solo di fattori di rischio, di fattori negativi, e
quando parliamo di out come non parliamo solo di malattia. Questo tipo di studio prende anche in
considerazione associazioni tra fattori protettivi e non presentazione della malattia, o tra fattori
protettivi e guarigione, ad esempio tra esposizione alla luce e guarigione.

58
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

Vi è un tipo di studio di coorte che non è prospettico nel vero senso della parola, ma guarda al
passato: studi a coorte storici o retrospettivi. Questi vengono utilizzati nel caso in cui l’inizio dello
studio è collocato nel passato, sulla base di informazioni già disponibili relative sia al momento
dell’inizio dell’esposizione nella coorte storica, sia al momento della comparsa dell’out come. Ad
esempio, soggetti che hanno lavorato in un’industria in un certo periodo (esposti ad esempio a
fattori ambientali chimici), e dati di mortalità o morbosità per indagare la comparsa o meno della
malattia data dall’esposizione. Per essere considerato a coorte è necessario che, secondo il punto
di vista dello studio, l’evento preceda l’out come.

➢ STUDI CASO CONTROLLO: studio retrospettivo, cioè vado a vedere quanti dei malati erano
esposti al fattore x e quanti erano esposti tra i non malati. I casi sono, appunto, i casi di malattia, i
controlli sono gli individui sani, per cui al contrario dello studio a coorte, non si parte
dall’esposizione, ma si parte dall’out come, malati/non malati, casi-controlli. Il ricercatore seleziona
i casi, cioè i soggetti con l’out come (malati), e i controlli, cioè i soggetti che non presentano l’evento
in studio, e rileva, in entrambi i gruppi, l’esposizione al fattore di rischio o protettivo nel passato,
prima della comparsa dell’evento nei casi, e in un tempo corrispondente nei controlli. Il confronto
tra i due gruppi consente di misurare l’associazione tra uno o più fattori di rischio o protettivi e una
determinata malattia. Andrò, quindi, a calcolare l’OR che è una stima del rischio relativo, una stima
perché seleziono a priori i miei casi e i Odds Ratio

miei controlli, quindi non potrò certamente calcolare l’incidenza della malattia, perché sono quelli
già i casi che io sto arruolando, ma retrospettivamente raccolgo informazioni sull’esposizione, per
cui la misura che ne verrà fuori è una stima del RR, una stima dell’incidenza di esposizione.

I casi possono essere reclutati da liste di residenti, in un ambito di popolazione, tra i soggetti
ricoverati in una struttura ospedaliera per una data patologia (casi ospedalieri), o in altri ambiti. I
controlli sono soggetti estratti dalla stessa popolazione dei casi, ma che non presentano l’evento
malattia in studio. La scelta dei controlli deve tener conto della confrontabilità con i casi, almeno
per sesso ed età. Ne consegue che la selezione dei controlli richiede tempi lunghi.

59
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

La freccia è in avanti,
cioè è uno studio
PROSPETTICO. I gruppi
di popolazione che
identifico sono
costituiti da elementi
omogenei o con
caratteristiche
comuni.

Osservo negli esposti,


l’incidenza della
malattia e osservo nei
non esposti l’incidenza
della malattia. Quindi
riesco a dividere a
destra, gli esposti che diventano malati (in rosso) e i sani. Tra i non esposti vediamo 1 malato e 3
sani.

Negli studi di coorte i soggetti sono divisi in gruppi sulla base dell’esposizione della malattia/effetto
o per più di un esito sanitario. Quindi è definito come uno studio PROSPETTICO se l’identificazione
dei partecipanti ed il loro follow up avvengono in modo prospettico ossia seguendo l’ordine di
comparsa degli eventi. Uno studio di coorte è definito STORICO se si esaminano eventi passati
usando dati registrati in precedenza rispetto all’inizio dell’osservazione. Per esempio al policlinico
abbiamo una coorte mamma bambino, è una coorte di nascita ; vengono reclutate le mamme al
momento dell’amniocentesi, prendiamo il liquido amniotico residuo dopo l’esame del cariotipo,

60
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

prendiamo il sangue della mamma, si registra la dieta, le vaccinazioni durante la gravidanza, il fumo,
alcol, sedentarietà, allattamento al seno, poi facciamo un follow up della mamma. La mamma
partorisce, nasce il bambino e registriamo tutte le caratteristiche del bambino, preleviamo anche
del sangue del cordone ombelicale del bambino e lo congeliamo, chiediamo alla mamma se
possiamo chiamarla al telefono per sapere come sta il bambino, quanto pesa il bambino,
l’allattamento etc, fino a 2 anni. Faticosissimo. Poi, sulla base di questi dati si effettuano degli studi,
per esempio, un bambino nato pre termine o a termine è figlio di una mamma che ha avuto una
dieta X, o che ha seguito un determinato stile di vita? Etc. e quindi escono fuori delle informazioni
che vengono incrociate con le tabelle di contingenza, per provare a scoprire la causa che ha
determinato la nascita pretermine di un bambino, o il basso peso alla nascita (che è predittivo
sfavorevole per la crescita del bambino). Ci accorgiamo che una mamma che mangia meglio (che
valutiamo con degli score di aderenza alla dieta) ha bambini che nascono a termine. Quindi si
devono fare tanti ragionamenti e ipotesi di studio che poi servono per la prevenzione.

La coorte si considera fissa quando consiste di una popolazione di soggetti identificati in un punto,
o in uni intervallo di tempo e successivamente seguiti nel tempo. Le coorti fisse possono anche
essere definite sulla base di uno specifico evento quale per esempio l’esposizione a fuoriuscite di
sostanze inquinanti. La coorte si considera fissa perché l’appartenenza alla coorte è definita “fissata”
al momento dell’ingresso in studio. Appartengono a questa tipologia, ad esempio, i residenti a
Seveso durante e immediatamente dopo l’incidente dell’ICMESA e pertanto potenzialmente esposti
alla diossina.

Una coorte dinamica invece consente di inserire soggetti nel tempo mano che si soddisfano i criteri
di selezione. Un esempio è costituito dai pazienti ricoverati in un reparto ospedaliero e seguiti per
monitorare gli esiti delle cure, gli errori clinici, le infezioni associate all’assistenza. Oppure anche lo
studio di coorte mamma bambino è una coorte dinamica, perché non è che prendo tutte le donne
incinte in quel dato momento, ma le aggiungo man mano allo studio, intanto dopo aver fatto
l’amniocentesi ( e non tutte le donne fanno l’amniocentesi) e non sono tutte di Catania le donne
che al Policlinico si sottopongono ad amniocentesi, e non tutte le donne che fanno l’amniocentesi lì
poi partoriscono nello stesso ospedale. Quindi c’è una certa eterogeneità. Quindi si reclutano i
soggetti, man mano che questi incontrano i requisiti per accedere allo studio.

• Una coorte dinamica consente di inserire soggetti nel tempo man mano che essi soddisfano
i criteri di selezione. Un esempio di coorte dinamica è costituita dai pazienti ricoverati in un reparto
ospedaliero e seguiti per monitorare gli esiti delle cure, gli errori clinici, le infezioni associate
all’assistenza. Ogni soggetto viene seguito per tutto il periodo della degenza, ma le degenze sono
sfalsate tra di loro, uno entra uno esce… Il concetto di coorte dinamica è importante perché riflette
la vera natura delle popolazioni, costantemente soggette a cambiamenti. E

Esempio: ci occupiamo di pazienti che sono ricoverati in un determinato reparto, voglio andare a
guardare qual è il rischio di contrarre un’infezione correlata all’assistenza. Inizio lo studio giorno 1
novembre e, a partire da questo giorno, per 3 mesi vado ad arruolare man mano nella coorte tutti i
pazienti che vengono ricoverati, quindi 10 sono presenti giorno 1, 2 giorno 2, nessuno giorno 3,
giorno 10 ne vengono ricoverati altri 5…; nel frattempo vengono dimessi i soggetti che avevo
61
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

arruolato in precedenza (dinamicità della coorte). Ciascun individuo che è entrato nella coorte nel
momento in cui esce avrà contribuito allo studio per il suo periodo di degenza. Infatti i tassi di
incidenza li rapporterò non tanto al numero totale di pazienti con l’incidenza cumulativa
(𝑛𝑢𝑚𝑒𝑟𝑜𝑛𝑢𝑜𝑣𝑖𝑚𝑎𝑙𝑎𝑡𝑖𝑝𝑜𝑝𝑜𝑙𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒𝑎𝑟𝑖𝑠𝑐ℎ𝑖𝑜𝑥𝐾, ma calcolerò il tasso di incidenza, la densità di
incidenza
(𝑛𝑢𝑚𝑒𝑟𝑜𝑛𝑢𝑜𝑣𝑖𝑚𝑎𝑙𝑎𝑡𝑖𝑠𝑜𝑚𝑚𝑎𝑑𝑒𝑖𝑡𝑒𝑚𝑝𝑖𝑑𝑖𝑜𝑠𝑠𝑒𝑟𝑣𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒𝑑𝑖𝑐𝑖𝑎𝑠𝑐𝑢𝑛𝑠𝑜𝑔𝑔𝑒𝑡𝑡𝑜∈𝑠𝑡𝑢𝑑𝑖𝑜𝑥𝐾. Quindi,
se ho arruolato 10 soggetti e 2 si ammalano, l’incidenza cumulativa e 2/10, però di questi 10, 1 è
rimasto per 2 giorni, 1 è rimasto per 30 giorni, il rischio è diverso, quindi al denominatore nel tasso
di incidenza metterò la somma dei periodi di osservazione, in una coorte dinamica.

Se la coorte è fissa e la seguo per 1 anno, l’incidenza cumulativa equivarrà alla densità di incidenza
perché ogni soggetto è stato seguito per lo stesso periodi di tempo, pari ad esempio a 1 anno. Se
qualcuno muore, naturalmente, viene ad essere eliminato dal denominatore.

Quali sono le tappe per progettare uno studio di coorte?

o Identificare e selezione la popolazione in studio : i membri della coorte (esposti e non)


dovrebbero appartenere alla stessa popolazione sorgente ed essere a rischio di sviluppare
la malattia in studio : nell’includere i soggetti nella coorte è necessario pertanto eliminare i
soggetti non a rischio e i non suscettibili e i soggetti che manifestano già la patologia studiata
all’inizio dello studio. Esposti e non esposti non dovrebbero differire in modo sistematico
nelle caratteristiche di base (genere, età) eccetto per l’esposizione studiata. Le informazioni
sull’esposizione e sulla malattia dovrebbero essere equivalenti per gli esposti e i non esposti.
Lo studio EPIC include diverse nazioni europee, ma in realtà ci sono delle sotto-coorti, cioè
c’è la coorte italiana dello studio EPIC, la coorte greca… per cui i risultati poi vengo anche
cumulati, ma in ogni caso ci sono le singole coorti per singolo paese.
o Classificare la popolazione in studio secondo lo stato di esposizione e altri fattori di rischio
o Seguire i soggetti della coorte nel tempo per determinare la comparsa di malattia nei
sottogruppi definiti in base allo stato di esposizione (follow up)
o Stabilire l’outcome (cioè in uno studio può essere la valutazione del peso alla nascita, la
nascita pretermine, la ricerca di un marcatore molecolare specifico, caratteristiche cognitive
dei bambini e vedere se le condizioni di esposizione come la dieta della mamma possono
influenzare le caratteristiche cognitive del bambino quando cresce etc.). Negli studi di coorte
il gruppo confronto o di riferimento rappresenta i non esposti e fornisce una misura degli
effetti sulla salute che si manifestano in una popolazione non esposta. Tale gruppo può
derivare dalla stessa coorte, ovvero da un campione più ampio della popolazione di origine
che si sappia non esposto, o da un gruppo esterno. La scelta del follow up di una popolazione
dipende dalla disponibilità di registrazioni adeguate, oltre che dal tipo di outcome in studio
(mortalità/morbosità). Nella fase del disegno dello studio di coorte, dovrebbe essere
condotta quindi una verifica della disponibilità dei dati necessari. Chiaramente, gli studi di
coorte non sono indicati per lo studio di malattie rare. Esiste una coorte di nascita in Spagna
che include più coorti di tutta la Spagna e riesce quindi ad avere outcome di malattie più

62
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

specifiche. In una coorte piccola non possiamo studiare malattie rare. Mentre studiare
l’obesità nel bambino è perfetto, perché è molto frequente.

Quindi noi abbiamo detto che costruiamo delle tabelle di contingenza e devono essere più gli
individui malati fra gli esposti rispetto che gli individui malati fra i non esposti, per provare che c’è
questa associazione. Ma quale è la misura di associazione? È il RISCHIO RELATIVO

E’ definito
dall’incidenza
dell’outcome o malattia
fra gli esposti /
l’incidenza della
malattia fra i non
esposti. Quindi è un
rapporto. Numeratore
e denominatore sono 2
misure indipendenti. In
questo caso l’incidenza
di malattia fra gli
esposti è di 3 su 5 e tra i
non esposti è di 1 su 5 =
3. Come si legge? Ci
informa che il rischio di
malattia è 3 volte più elevato negli esposti rispetto ai non esposti. Ci informa quindi di quanto sia
elevata la probabilità di contrarre la malattia se ci si espone al fattore di rischio.

Quindi :

Quindi quando il RR è maggiore di 1,


l’esposizione è un fattore di rischio. Se invece è
minore di 1 vuol dire che quella esposizione è in
realtà un fattore protettivo. Se invece è uguale vuol
dire che quel fattore è ininfluente.

Questo perché trattandosi di un rapporto fra 2


incidenze, quindi fra 2 reali di valore positivo, il
risultato è un numero positivo compreso fra 0 e infinito. Dobbiamo misurare e valutare la distanza
di questo valore dall’unità, più distante è da 1,maggiore → rischio. Minore di 1 è protettivo.

Ma la significatività viene data dalla possibilità di costruire un intervallo fiduciale, o intervallo di


confidenza, che ci dà la misura della significatività, in termini di vero valore di rischio relativo. Che
significa? Che il valore di RR non solo deve essere superiore a 1, ma l’intero intervallo di confidenza
deve essere tutto maggiore di 1.

63
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

Supponiamo di aver
lavorato su un campione di 770 soggetti, di cui 200 era l’incidenza della malattia fra gli esposti (totale
di 350)e 170 nei pazienti non esposti (tot di 420). Il rischio relativo è 1,41, quindi maggiore di 1,
quindi è un fattore di rischio. MA, vediamo l’intervallo di confidenza che mi dice che il rischio relativo
può essere compreso fra 1,22 e 1,64. La domanda è, questo intervallo è tutto maggiore di 1? SI.
Quindi il rischio relativo mi dice che c’è un rischio e che questo è significativo.

Nello studio sotto, che è uno studio pilota (piccolo). Il rischio relativo è sempre 1,41. Se mi limitassi
a questo, direi che l’associazione c’è. La domanda è, è significativa? L’intervallo di confidenza mi
dice che in questo studio il vero valore (proprio perché il campione è più piccolo e la statistica risente
64
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

dei numeri piccoli) è in range tra 0,89 e 2,25. Quindi questo ci dice che può essere protettivo (perché
0,89 è minore di 1) ma anche fattore di rischio perché nell’intervallo arriviamo fino a 2,25. Quindi
cosa abbiamo dimostrato? Niente.

Quindi ci deve essere sempre l’intervallo di confidenza! Il rischio relativo da solo non basta.

I limiti dello studio di coorte :

1. La durata dello studio, spesso eccessiva (perché per avere un numero importante di numeri
ci vuole tempo, e anche un lungo periodo di osservazione, se pensiamo ad esempio alle
malattie croniche degenerative a lunga latenza) oltre che dal costo alto perché sono studi
molto lunghi
2. Lo studio delle malattie rare, ci sarebbe un tempo di osservazione ancora maggiore, e un
numero elevatissimo di soggetti per coorte per osservare 1,2 casi.

Possono essere resi più efficienti, nel mettere insieme le reti. Quindi la partecipazione di uno studio
locale con altri studi, riesce a reclutare talmente tanti pazienti, che anche con una durata breve dello
studio, dà vita a un database molto ricchi. Come ad esempio per lo studio delle infezioni correlate
all’assistenza. Quindi locali, regionali, nazionali, europei. Abbiamo tanti pazienti. E quindi possiamo
ben descrivere il rischio dei pazienti, ovviamente quando i pazienti per coorte sono omogenei. Per
esempio dividendo i pazienti per tipi di interventi effettuati, come lo studio ISCHIA.

STUDI CASO – CONTROLLO

Lo studio caso controllo esamina l’associazione fra esposizione ed esito sanitario confrontando i
casi, gli individui cioè che sviluppano l’esito, e i controlli che sono un campione della stessa
popolazione da cui sono tratti i casi. I controlli sono generalmente individui simili ai casi, in termini
di caratteristiche individuali, ma che non hanno sviluppato l’esito sanitario. Sono studi
RETROSPETTIVI, andando dietro, indagando su una possibile esposizione pregressa, analogamente
anche tra i controlli. In questo caso, si comincia dai casi di malattia, e può essere quindi individuato
un appropriato controllo, se non fosse appropriato non potremmo concludere che una esposizione
fosse associata a una malattia. Mentre nello studio di coorte guardiamo gli esposti e i non esposti e
osserviamo l’incidenza della malattia, nello studio caso-controllo si parte dai casi di malattia e li
confrontiamo con soggetti che non hanno sviluppato la malattia e pertanto questi soggetti non
saranno definiti dei casi di malattia, ma servono per fare un confronto (controllo). Per questo motivo
nello studio caso-controllo ciò che si va a cercare è l’esposizione, e in questo modo andremo a
rilevare la pregressa esposizione. Mentre in uno studio prospettico si deve partire dai sani per poter
osservare l’incidenza (il nuovo caso di malattia), nello studio caso-controllo si deve partire dai casi
(cioè dal prodotto dell’esposizione), ma dato che il ricercatore non conosce la storia pregressa del
paziente, sarà opportuno agire in modo retrospettivo e bisognerà rilevare un’esposizione pregressa.
Per questo motivo ciò che si misura saranno gli odds di esposizione o probabilità di esposizione.

È più efficiente e rapido rispetto a uno studio prospettico, perché? Perché non dobbiamo aspettare
che trascorra il periodo di induzione fino all’instaurarsi di una patologia cronica + limitazione del
65
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

costo della misurazione dell’esposizione nei casi e nei controlli (non è necessario misurare
l’esposizione per l’intera popolazione di origine).

Qui abbiamo uno studio


caso controllo che
riprende il modello per
lo studio a coorte,
soltanto che la freccia
era al contrario, in
avanti, al futuro. Si
partiva da esposti e non
esposti e si andava a
verificare in entrambi i
gruppi la frequenza,
l’incidenza di una
malattia. Qui invece il
ragionamento è al
contrario. Parte da
destra, cioè
individuiamo i casi (i malati) recuperati da casistiche di centri diversi (specialmente per le malattie
rare) che confrontiamo con un gruppo di sani che siano in qualche modo matchati (cioè per essere
confrontati dovremmo selezionare in una maniera tanto più ampia e appaiata e che rispecchi un po’
la composizione del gruppo dei casi, ma che vi differisca perché l’individuo non ha sviluppato la
malattia. Inoltre, in questo modello (sintetico) noi vediamo che sono stati appaiati lo stesso numero
di casi e di controlli. In realtà, però, la regola è che almeno i controlli devono essere tanti quanto i
casi, ma è suggeribile che siano il doppio. Quindi per ogni caso 2 controlli. Anche 3 controlli. Di più
non è consigliabile, perché la significatività potrebbe essere esasperata. La logica dell’epidemiologo,
quindi, è quella di andare indietro nel tempo, per indagare quali probabilità di esposizione abbiamo
tra i malati e tra quelli che non hanno sviluppato la malattia. Quindi vogliamo studiare la frequenza
dell’esposizione tra malati e controlli.

In diapositiva, vediamo che tra i 5 malati, 3 risultano esposti e 2 non esposti. Quindi c’è un rapporto
di 3:2. Nei controlli invece c’è un rapporto di 1 : 4, cioè un esposto su 4 non esposti.

Come possiamo elaborare queste informazioni?

66
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

Anche qui facciamo


una tabella di
contingenza. Ma è
costruita in modo
diverso. quindi
nelle colonne
vediamo 5 – 5 cioè 5
malati e 5 sani
(perché sono quelli
che abbiamo
disposto noi
all’inizio dello
studio), mentre
nelle righe, che
rappresentano gli esposti (e che abbiamo osservato in modo retrospettivo) vediamo 4 e 6. Cioè 4
esposti e 6 non esposti. È possibile descrivere e misurare l’incidenza di malattia fra gli esposti per
ricavare il rischio relativo? Eh no, perché l’incidenza per definizione è il numero di NUOVI casi di
malattia, ma in questo caso li stiamo già raccogliendo a posteriori (per l’incidenza si usano modelli
prospettici ad esempio). Quindi, qui, per misurare la forza di associazione, adopero un’altra misura
rispetto al rischio relativo. È sempre un rapporto, ma il numeratore e il denominatore, in questo
caso, non sono misure di incidenza (come nel RR). Cosa sono? Ho studiato la probabilità di
esposizione ed è proprio questo che metto a confronto nel rapporto. Quindi al numeratore metto
la probabilità di esposizione tra i malati, e al denominatore la probabilità di esposizione tra i sani (i
controlli). Se la probabilità di esposizione tra i malati è significativamente maggiore rispetto a quella
dei sani, avrò un rapporto maggiore di 1 → rapporto di esposizione positiva. Questa probabilità
viene espressa, in termini anglosassoni, con gli ODDS : cioè dei rapporti di esposizione e non
esposizione tra i malati e tra i sani. Non è una vera e proprio frequenza, ecco perché il rapporto tra
queste probabilità si chiama ODDS RATIO, che letteralmente significa rapporto degli ODDS.

Deriva dal fatto che l’epidemiologia origina dal mondo anglosassone, dove c’è anche l’uso di fare le
scommesse sui cavalli nelle corse, secondo dei rapporti.

Si interpreta ANALOGAMENTE al RR, ma


chiaramente sono 2 studi diversi, perché derivano
da studi progettati in maniera diversa.

Se l’OR è maggiore di 1 (in questo caso è 6), la


probabilità di avere degli esposti fra i malati è 6 volte
più elevata di quella di trovarla nei sani.

67
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

Quindi, l’associazione tra esposizione e malattia in questo caso è MISURATA nel caso dello studio
per coorte, mentre è solo STIMATA nel caso controllo. Fondamentale!

DOMANDA : cosa è la misura di associazione ? RISCHIO RELATIVO.

L’odds ratio invece NON è una misura di associazione, ma è una STIMA.

Se l’ OR = 1, vuol dire che se l’esposizione al rischio si distribuisce ugualmente tra malati e non malati,
non ho individuato alcuna associazione.

Se l’OR < 1 , ho stimato che tra i malati l’esposizione è probabilmente meno presente e che invece
è più presente fra i sani, possibilmente proteggendoli. Quindi c’è una associazione, non di rischio,
ma protettiva.

La sfumatura è che negli studi per coorte misuriamo, qui invece stimiamo!

Anche nell’ODDS RATIO si deve specificare l’intervallo di confidenza.

Quali sono i passaggi nello stabilire il disegno degli studi caso controllo?

o Stabilire una definizione di caso : La definizione di caso non è una definizione solo clinica, ma
è necessario che, affinché si possano confrontare bene tutti i casi e i controlli, sia più specifica
possibile, cioè evitare di includere nel gruppo casi individui che non possiamo giudicare come
veri e propri casi.
o Identificare la popolazione sorgente e selezionare i casi : i casi sono basati sulle cartelle
cliniche o dati rilevati da altre istituzioni sanitarie, per esempio per i casi di tumori i registri
tumori.
o Identificare la fonte di campionamento appropriata per selezionare i controlli : si deve fare
attenzione sia alla fonte da cui sono ricavati i casi, dal costo dei diversi approcci, sia le
strutture sanitarie accessibili al ricercatore che conduce lo studio. I controlli dovrebbero
essere soggetti estratti dalla popolazione di origine, che sarebbero stati considerati casi se
avessero sviluppato la patologia in studio. Sono pazienti sani che accedono per controlli o
screening, per esempio un paziente ortopedico, pediatrico o adulto.
o Valutare l’esposizione pregressa e altre caratteristiche rilevanti per casi e controlli
o Confrontare l’esposizione pregressa per casi e controlli, al fine di stimare l’associazione fra
esposizione ed esito sanitario.

La definizione di caso non è una definizione solo clinica, ma è necessario che, affinché si possano
confrontare bene tutti i casi e i controlli, sia più specifica possibile, cioè evitare di includere nel
gruppo casi individui che non possiamo giudicare come veri e propri casi.

Per esempio, studi caso controllo sui tumori, prendono i casi dal registro tumori, e per prendere i
controlli bisogna richiedere le casistiche dei ricoveri ospedalieri che non comprendono soggetti con
la malattia tumorale in studio (avremmo una distorsione dello studio),e quindi per esempio ricorrere
a soggetti che siano ricoverati negli stessi ospedali (quindi provenienti da stessa area) ma di reparti
differenti (come quelli di traumatologia, ortopedia). Tali studi hanno diversi vantaggi :

68
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

1. I soggetti e i loro dati sono facilmente accessibili


2. La disponibilità di dati medici e campioni biologici rende la raccolta delle informazioni
sull’esposizione relativamente facile
3. Bilanciare le caratteristiche generali di base dei casi e dei controlli : scegliere nello stesso
bacino di utenza
4. Consenso informato all’elaborazione dei propri dati per la partecipazione allo studio

SELEZIONE DEI CONTROLLI


Si deve stare molto attenti alla scelta di tali controlli. Si devono prendere dei soggetti che
virtualmente hanno tutte le caratteristiche dei casi ma non devono essere malati. Ma come si fa a
scegliere se non si conosce qual è la causa o il potenziale effetto determinante di malattia? Sarà la
metodologia ad aiutarci a scegliere bene i controlli.

I 3 gruppi di controllo più comunemente usati sono :


1. un campione casuale della popolazione, da cui sono stati selezionati i casi (negli studi di
popolazione)
2. soggetti che richiedono cure presso le stesse strutture dei casi per situazioni morbose
ritenute non correlate con l’esito in questione (negli studi ospedalieri)
3. vicini di casa dei casi. NON familiari, perché certe volte il familiare può suggerire una
distorsione dello studio per componenti genetiche in comune. O al massimo non
consanguinei.

Benché i controlli siano individui che potrebbero sviluppare l’esito sanitario in studio, non devono
essere necessariamente liberi da malattia (generica) : utilizzare come controlli persone affette da
altre patologie potrebbe essere efficiente.

Ci sono 3 principali approcci nella selezione dei controlli che dipendono dal momento in sono
selezionati i controlli :

o campionamento cumulativo : richiede la selezione dei controlli dai soggetti della


popolazione di origine che, entro la fine del periodo di osservazione, non hanno sviluppato
l’esito sanitario. È l’approccio più diffuso perché “diretto”, ma rende difficile
l’interpretazione per le popolazioni dinamiche in quanto i periodi di osservazione non sono
necessariamente gli stessi per i soggetti che devono essere confrontati visto che i controlli,
a differenza dei casi, sono sopravvissuti fino al termine del periodo di osservazione.
ammettiamo che la popolazione dei casi proviene tutta o quasi tutta da Ragusa e solo 1/5 da
Catania. Se, ad esempio, ho 100 casi prenderò, nella stessa proporzione, controlli che
provengono da Ragusa e da Catania. E’ un approccio diretto e semplice da attuare
operativamente, però l’interpretazione della popolazione dinamica è più critica. Questa
criticità si evince meglio dal confronto con il campionamento di densità.
o campionamento di densità : è l’approccio più comune per gli studi di caso controllo di
popolazione. Sono selezionati fra le persone a rischio, cioè fra quanti potrebbero sviluppare
la malattia, man mano che si verificano i casi. Ogni volta si manifesta un caso, il ricercatore
campiona, dalla popolazione di origine, uno o più controlli che non hanno ancora sviluppato
69
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

la malattia. Il gruppo di controllo fornisce una rappresentazione accurata del periodo a


rischio, nello stesso momento in cui insorgono i casi. è utile quando si fanno degli studi
reclutando prospetticamente i casi. Ogni volta che recluto il singolo caso, valuto il genere,
l’età, la provenienza e poi prendo uno o più controlli (se ho 100 casi posso prendere 100 o
200 controlli, o anche 300 controlli) che siano estratti dalla stessa popolazione ma devono
essere sani.
o campionamento caso coorte : il gruppo di controllo è campionato dalla popolazione di
origine, all’inizio del periodo a rischio, prima che si verificano i casi. Esempio : in un’area
selezionata come futura sede di uno stabilimento industriale, si può estrarre un campione
casuale di residenti sui quali misurare la frequenza dell’outcome di interesse. In seguito
l’area di residenza dei casi incidenti potrà essere confrontata con l’area di residenza dei
controlli che sono presi da un’altra zona, selezionata all’inizio dello studio. Però si chiama
caso controllo, perché difatti il controllo è il risultato di una coorte (cioè che non hanno
sviluppato malattia). Il controllo sarebbe il non esposto.

VARIANTI DELLO STUDIO CASO CONTROLLO

• studio caso controllo innestato nella coorte (nested case control study) utilizza come
popolazione sorgente uno studio di coorte in corso o concluso, i soggetti che sviluppano
l’evento in studio durante il periodo di follow up della coorte divengono i casi e dalla restante
parte della coorte vengono campionati i controlli. Si utilizza il campionamento di densità fra
colore che, al momento di insorgenza di ogni singolo caso, appartenevano alla coorte ma
non hanno sviluppato l’evento.
• studio caso coorte (già visto sopra)
• studio case – crossover : è simile al primo, ma la selezione dei controlli non avviene con il
metodo della densità di incidenza, ma fra tutti i componenti della coorte all’arruolamento,
senza tener conto del tempo di insorgenza dell’evento nel caso. I controlli sono gli stessi casi
durante i periodi in cui non subiscono l’evento in studio.

STUDI CROSSOVER

Siano essi osservazionali o sperimentali, coorte o caso controllo, ogni partecipante allo studio funge
anche da controllo di se stesso. Per esempio, i soggetti che sono esposti durante la primavera
all’inalazione del polline, durante quel periodo sono con sintomi allergici e sono considerati casi. Gli
stessi soggetti, durante il periodo invernale rappresentano controlli rispetto a loro stessi, perché
l’esposizione non c’è.

Implica il confronto intra personale fra la probabilità del verificarsi di un evento sanitario mentre il
soggetto è esposto e la probabilità durante il quale il soggetto non è esposto. Richiede che il periodo
di esposizione sia sufficientemente corto. Sono molto efficienti.

Un altro esempio : rapporto sessuale come causa di infarto del miocardio. I casi sono i soggetti che
hanno avuto un infarto del miocardio. Ogni caso è classificato come esposto se ha avuto un rapporto
sessuale nell’ora precedente l’infarto del miocardio, diversamente è classificato come non esposto.
i controlli : l’informazione di controllo è ottenuta dagli stessi casi. In base all’ipotesi dello studio,
70
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

dopo ogni atto sessuale, ci sarebbe un aumento del rischio di infarto del miocardio che
perdurerebbe per un’ora. Questo periodo di 1 ora è il “tempo – persona di esposizione”
potenzialmente efficace. Tutto il resto è il “periodo di assenza di esposizione”. Se una persona ha
rapporti sessuali una volta alla settimana, sarebbe considerata esposta per 1 ora alla settimana e
non esposta nelle rimanenti 167 ore. L’incidenza relativa di infarto del miocardio dopo il rapporto
sessuale può essere stimata come :

- il rapporto tra l’incidenza di infarto durante l’esposizione e l’incidenza


di infarto durante il periodo di non esposizione

La presenza o il livello di esposizione deve variare all’interno del periodo di studio del soggetto. Non
si possono studiare caratteristiche permanenti come quelle definite geneticamente.

CERCA STUDI DI CROSSOVER RECENTI

Questo è un esempio di studio cross over che prende in considerazione l’effetto della vaccinazione
anti influenzala sulla resistenza da parte degli anziani contro l’inquinamento atmosferico e in
particolare contro la sindrome coronarica acuta. L’obiettivo era quello di analizzare, confrontare la
71
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

resistenza all’inquinamento atmosferico e fattori metereologici che causano la sindrome coronarica


acuta tra vaccinati e “less vaccinated eiderly people”. Si è pensato di applicare lo studio a 1835 pz
anziani con sindrome coronarica acuta. I criteri di inclusione erano che la 1 diagnosi di ACS fosse
stata nella stagione fredda e all’età di 68 o più anni, che i soggetti inclusi avessero ricevuto il
programma di influenza vaccin almeno nei 3 anni rispetto all’ACS, ed erano stratificati in 2 gruppi,
707 con la vaccinazione per tutti e 3 gli anni (massimamente protetti), 1128 no, una volta almeno
ma meno di 3 volte. Poi si sono misurate le condizioni e gli inquinanti atmosferici, temperatura,
umidità, nei 3 giorni prima dalla diagnosi di ACS (presi da registri di protezione ambientale). I risultati
sono stati che gli incrementi nella concentrazione ambientale di inquinanti come il CO, biossido di
azoto, e PM (particulate matter)10 e 2.5 micron (più sono piccole e peggio è, perché penetrano fino
all’alveolo → ed è un fattore di rischio per il cancro al polmone, BPCO, bronchiti croniche, e anche
malattie cardiovascolari). Gli aumenti di questi inquinanti e i decrementi di temperatura,
aumentavano il rischio di ACS non in tutti, ma nella popolazione di 1128 pz non continuativamente
vaccinati, con un rischio significativo, rispetto a quelli continuamente vaccinati, per i quali gli effetti
erano molto più trascurabili. Quindi si conclude che la vaccinazione anti influenza, può offrire
resistenza contro gli effetti dei cambiamenti della temperatura e degli inquinanti ambientali, nei
pazienti anziani più fragili.

STUDI SPERIMENTALI
Che cosa distingue l’approccio sperimentale dall’approccio osservazionale? Uno studio
epidemiologico sperimentale è un esperimento sull’uomo, uno studio non è epidemiologico se fatto
su cellule in vitro né se fatto su (non si capisce cosa dice). Lo studio epidemiologico è fatto su
popolazione umana, e questa è la prima importante specificità degli studi epidemiologici.

In contrapposizione a quanto avviene per gli studi osservazionali, negli studi sperimentali, il
ricercatore manipola le condizioni dello studio per rispondere ad un quesito specifico. (non vuol dire
che il ricercatore applica o prescrive un trattamento). Prevedono l’intervento diretto dello
sperimentatore, che introduce l’esposizione o la elimina, eliminando la disomogeneità tra i gruppi
paragonati, allocando in maniera casuale gli individui che costituiscono i due gruppi a confronto,
eliminando uno dei principali problemi degli studi osservazionali. Deve essere innanzitutto
proponibile, per ottenere l’autorizzazione dal Comitato Etico, solidi, devono avere una assicurazione
di sicurezza per i soggetti coinvolti, ci deve essere la randomizzazione (popolazione trattata che deve
essere composta nello stesso modo della popolazione non trattata, e questo non è sempre fattibile).

Dal punto di vista metodologico, sono studi di coorte nei quali i pazienti, data una certa esposizione,
vengono seguiti nel tempo. La differenza è che mentre negli studi di coorte spiegati prima
(osservazionali) comincio a guardare gli esposti e i non esposti naturalmente collocabili in questi 2
gruppi, nello studio sperimentale devi decidere tu, cioè l’investigatore, a stabilire quali saranno i
soggetti esposti. È proprio la modalità con la quale si decide l’allocazione dell’esposizione a rendere
del tutto particolari gli studi sperimentali. L’investigatore, infatti, decide le modalità di allocazione
dell’esposizione definendo criteri vantaggiosi per la valutazione dei risultati dello studio. La
72
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

possibilità di decidere l’allocazione dell’esposizione con particolari modalità, come vedremo, rende
gli studi sperimentali estremamente validi e precisi.

Si chiamano anche trials che rispondono alla domanda, funziona? Ma per rispondere alla domanda
bisogna provare un trattamento contro un trattamento di controllo, con la stessa distribuzione di
malati tra i gruppi in sperimentazione e di controllo.

Quindi se i presupposti etici sia per trattare coloro che verranno allocati al braccio del trattamento,
sia per non trattare o trattare con placebo i pazienti allocati all’altro braccio, se questi presupposti
vengono garantiti, e quindi dovendo garantire che l’esposizione non sia pericolosa ma che sia
potenzialmente protettiva o terapeutica, il metodo dell’allocazione dei pazienti nel braccio dei
trattati o dei non trattati si può basare sulla randomizzazione.

Nel caso in cui vi siano i presupposti etici di uno studio sperimentale, cioè che l’esposizione sia
potenzialmente protettiva o terapeutica, il metodo dell’allocazione dei soggetti nei gruppi in studio
può basarsi sulla randomizzazione, cioè sul caso, per controllare tutti i fattori potenziali di
confondimento noti e sconosciuti. Lo scopo della randomizzazione è di arrivare, dopo l’allocazione
dei soggetti al braccio dei trattati e l’allocazione degli altri soggetti al braccio dei non trattati (o del
placebo), a due gruppi che differiscano solo per il trattamento o per il non trattamento. Cioè io devo
avere tanti maschi e tante femmine da una parte, e tanti dall’altra, tutti nelle stesse condizioni di
gravità, tutti con caratteristiche confrontabili. Questo perché voglio arrivare a valutare se (il
metodo) funziona davvero, e per farlo in maniera scientifica non posso trattare i più gravi e non
trattare i meno gravi, non avrei impostato in maniera scientificamente rigorosa e corretta il mio
studio.

In questo caso il mio risultato sarebbe affetto da distorsioni, che in termini tecnici in epidemiologia
si chiama BIAS.

Il BIAS significa distorsione del risultato. Quindi è importate che tutta la comunità medica e sanitaria,
tutto il personale che si occupa di evidence based practise sia in grado di riconoscere la bontà la
serietà e la forza delle evidenze.

Non sempre, però questi studi possono essere effettuati. Quindi diciamo che in generale la medicina
è basata sulle migliori evidenze disponibili. Ecco perché c’è anche questa caratteristica della scienza
medica di doversi aggiornare continuamente, perché l’evidenza che c’è oggi potrebbe essere
confutata da innovazioni o studi futuri. Quindi dopo la randomizzazione l’unica differenza rimanente
tra i due gruppi è che potrei avere due gruppi non bilanciati. Quindi l’unica cosa da fare quando i
gruppi non sono bilanciati si deve risistemare. Spesso è nel numero che sta il bilanciamento, perché
più soggetti prendo più la situazione si aggiusta.

Quindi l’obbiettivo è che alla fine devo avere due gruppi dove l’unica differenza è la presenza-
assenza di esposizione, ovvero livelli diversi predefiniti di esposizione.

Tali studi sono definiti RANDMISED CONTROLLED TRIALS (RCT): sono condotte in ambito clinico con
lo scopo di valutare quale trattamento sia più adatto in una certa malattia. Tutti i soggetti sono
affetti da una certa malattia, ma, a differenza degli studi eziologici, la malattia in questione non è
73
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

l’evento che si sta studiando. L’evento in studio è una conseguenza della malattia stessa : guarigione,
morte, disseminazione, recidiva. Lo scopo è stimare il tasso di incidenza di tali eventi nelle coorti
assegnate a diversi trattamenti in studio. Dopo la randomizzazione, l’unica differenza rimanente fra
i gruppi in studio è la presenza o assenza di esposizione.

Nella pratica, le randomizzazioni sono adoperate in modo variegato, e quindi spesso si tratta di studi
che partono come sperimentali e poi non sono così bilanciati. Si chiamano CLINICAL CONTROLLED
TRIALS (CCT), cioè si formano dei gruppi non bilanciati. Hanno il rischio di confondimento e quindi
dovrebbero essere analizzati con metodi per il controllo del confondimento. E allora invece di fare
un randomized clinical trial, farò uno studio che è pur sempre sperimentale (perché effettuo con
una randomizzazione parziale) che si chiamerà clinical controlled trial. Sono studi che si usano
quando non possiamo randomizzare. Quindi in realtà questo studio è un semi-sperimentale (perché
se non è randomizzato non è sperimentale rigorosamente), però è uno studio assimilabile a quelli
di coorte in cui i soggetti vengono seguiti prospetticamente in relazione al trattamento.

Quindi come abbiamo detto, metodologicamente si tratta di studi assimilabili a quelli di coorte nei
quali i soggetti vengono seguiti prospetticamente in relazione ad una data esposizione e vediamo
l’outcome (le misure sono quelle del rischio relativo). Ma certamente, non tutti gli studi di coorte
sono esperimenti, cioè sono studi sperimentali : se i soggetti vengono allocati tra gli esposti, o non
esposti, sulla base di considerazioni diverse dal protocollo dello studio non si tratta di un reale
esperimento. Il protocollo dell’esperimento definisce il set di regole secondo le quali lo studio è
condotto. Se l’allocazione viene fatta per favorire il soggetto e non per seguire il protocollo, si tratta
di uno studio non sperimentale.

Si dividono in
terapeutici e preventivi. I primi, sono sperimentazioni cliniche su soggetti malati, applicando in

74
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

maniera randomizzata un trattamento e lo confrontano con un trattamento di controllo B. Qual è


l’outcome? Noi vogliamo vedere se il trattamento funziona, se i guariti sono più numerosi con un
trattamento rispetto a un altro, se la sopravvivenza è maggiore con un trattamento, o se le
complicanze sono più frequenti da una parte piuttosto che dall’altra, o anche l’accettabilità del
trattamento, la mortalità etc. (quindi gli outcome che possono essere inclusi in un obiettivo possono
essere diversi).

I secondi (l’outcome in questo caso è la riduzione di incidenza di malattia, quindi l’effetto


preventivo), si distinguono in FIELD e COMMUNITY. I Field trial (sul campo) vedono i soggetti al
livello individuale. Si effettuano quando la relazione fra esposizione e malattia è ben accertata, si
possono condurre studi sul campo con l’esposizione al fattore di rischio come outcome, come anche
ad esempio gli studi di efficacia per la cessazione del fumo di tabacco. In questi studi spesso è
impossibile mantenere i soggetti in studio ignari della loro condizione di esposizione (cecità). Per
valutare ad esempio l’efficacia di un vaccino che si valuta in termini di efficacia immunizzante ed
efficacia protettiva. La prima è data dal dosaggio degli anticorpi che tra i vaccinati deve essere
significativamente più elevata rispetto ai non vaccinati. Ma non solo questo è importante, non basta
(sappiamo infatti che l’immunità può essere anche cellulo mediata, quindi avere gli anticorpi alti
non basta per provare l’efficacia del vaccino, e al contrario un non aumento degli anticorpi non è
indicativo di scarsa efficacia protettiva). Come si prova invece l’efficacia protettiva? Chiaramente
andando a valutare l’incidenza della malattia tra vaccinati e non vaccinati, con uno studio di coorte
sperimentale (NON osservazionale, cioè non mi basta andare a guardare nella popolazione chi ha
sviluppato o meno la malattia) cioè devo andare a vaccinare un gruppo e si vede chi si ammala e chi
no, si fa su volontari, prima, e poi su un gruppo ampio di popolazione.

I comunitari invece sono applicati a gruppi di soggetti o a comunità intere. In questo caso, a
differenza dei clinical trial e dei field trial, lo studio è di tipo di coorte, in quanto l’assegnazione non
è randomizzata. L’analisi viene effettuata utilizzando la comunità come unità campionaria,
attraverso la stima di tassi di incidenza dell’evento che si vuole prevenire. Per esempio quello
dell’integrazione con i folati degli alimenti di maggior consumo. In Canada abbiamo detto che
avevamo prima una popolazione senza integrazione di folati, poi una popolazione con integrazione,
quindi andiamo a vedere il dropping, cioè il decremento visibile dai dati a disposizione della
malformazione congenita della spina bifida. Oppure anche gli studi sullo iodio, cioè l’utilizzo del sale
iodato, o studi effettuati con interventi di educazione alla saluta per contrastare l’utilizzo delle
droghe, o del fumo di sigarette con le confezioni su cui c’è scritto “il fumo provoca morte, cancro,
impotenza…”. (questi studi possono in realtà anche avere effetti assolutamente opposti sulla
popolazione, stimolando e incuriosendo, al contrario, la popolazione più giovane, cioè non
dimostrano sempre che la comunicazione sanitaria sia efficace, anzi al contrario c’è il rischio di
provocare effetti opposti). Ad esempio tra le raccomandazioni contro il cancro ci sta quella di non
prendere integratori per difendersi dal cancro, perché gli integratori non è vero che non fanno
niente (non è vero che o non fa niente, o al massimo fa bene!). ecco perché si parla di Medicina
Basata sull’Evidenza.

Caratteristiche accessorie nel disegno di uno studio sperimentale, utili in termini di efficienza :

75
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

• stratificazione
• appaiamento (matching)
• studio simultaneo di numerosi trattamenti

gli esperimenti offrono la possibilità di ridurre la possibilità di confondimento, di evitare errori


sistematici nella misurazione dell’evento di interesse e limitano il rischio di influenza di fattori
sconosciuti che, in uno studio osservazionale, potrebbero influenzare la vera relazione fra
esposizione ed esito.

E’ stata studiato
l’impatto, quindi
l’effetto della attività
motoria aerobica e
della sua intensità
sulla anemia (questo
si sa già) indotta dalla
chemioterapia nelle
donne anziane con il
tumore alla
mammella. La
domanda è : se io
sottopongo le signore
che fanno
chemioterapia ad una
moderata attività
fisica aerobica, le
aiuto? Hanno fatto un control clinical trial piccolo. 30 signore sottoposte a chemioterapia,
randomizzando vengono assegnata e due gruppi uguali, gruppo A sottoposto ad attività fisica
aerobia per 25-40 minuti al 50-70% del battito cardiaco massimo, 3 volte la settimana per 12
settimana, oltre le normali attività quotidiane di vita e supporto nutrizionale. Il gruppo B che non
faceva l’attività fisica rappresentava il controllo. I risultati indicavano che la partecipazione regolare
all’esercizio fisico aerobio di moderata intensità, può migliorare in termini di protezione, il rischio di
anemia, in modo da migliorare la qualità della vita. È uno studio interessante, ma i numeri erano
piccoli.

È stato fatto anche un altro studio sul vaccino 9 valente contro l’HPV e contro la neoplasia intra
epiteliale ad esso associato nelle donne. È stato visto che questo vaccino può in realtà prevenire
l’infezione e la neoplasia. Ad oggi, sono due i vaccini efficaci nella prevenzione dei tumori, e sono
quello anti HBV e il vaccino anti HPV.

Come si fa la randomizzazione? È il processo che prevede l’allocazione casuale dei soggetti nelle
categorie di intervento/terapia, è il metodo di scelta per allocare soggetti in esperimenti (trial).
L’obiettivo è di creare gruppi di studio che avrebbero l’identica incidenza dell’endpoint in assenza
di intervento. Se ci fossero solo alcuni fattori che determinano l’incidenza di un endpoint di
76
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

interesse, e questi fossero noti al ricercatore, basterebbe un piano ideale di allocazione dei soggetti
nelle categorie di intervento per portare a distribuzioni perfettamente bilanciate per quel che
riguarda i determinanti (fattori prognostici) dell’endpoint. Assegna causalmente i soggetti nei due
bracci o più bracci di uno studio complesso, e l’obiettivo è quello di allocare casualmente tutte le
caratteristiche note (età, sesso, patologie etc.) e non note (soprattutto). Quindi non conduce
necessariamente e identiche distribuzioni dei determinanti dell’outcome, ma solo a distribuzioni
che tendono ad essere identiche dopo trial ripetuti. Tale tendenza cresce all’aumentare delle
dimensioni dei gruppi in studio. Quindi, risolve il problema del “controllo del confondimento
incontrollabile” e per questo è una importante tecnica per migliorare la validità dell’interferenza
casuale di studi piccoli e grandi. Per mitigare il problema di scarsa affidabilità (precisione), legata a
studi di piccole dimensioni, si può far precedere la randomizzazione da un matching per fattori di
rischio noti (matched randomization/ blocking) oppure effettuare a posteriori metanalisi di studi
analoghi. Gli studi epidemiologici hanno le loro radici nei concetti della sperimentazione scientifica.

La randomizzazione può essere :

• semplice : tavole di numeri casuali, lancio di una moneta in caso di campioni numerosi(non
si usa più)
• a blocchi : in caso di campioni meno numerosi, si possono scegliere ad esempio blocchi di 4
creando così sequenze (AABB, BBAA, ABAB, BABA, ABBA, cioè vuol dire che nel caso di AABB
i primi due pazienti li metto con il farmaco A e gli ultimi 2 con il farmaco B, e così via) che
possono essere estratte a sorte e secondo le quali è possibile assegnare i gruppi ai successivi
4 arruolati.
• Per evitare sbilanciamenti si può usare la randomizzazione stratificata che assicura che,
entro le variabili considerate nella stratificazione, il fattore confondente è omogeneamente
distribuito nei gruppi di studio. Vuol dire che, per esempio possono stratificare per genere,
ad esempio le donne e gli uomini, di modo che le donne vengono randomizzate a parte, così
anche gli uomini (quindi faccio una sorta di doppia randomizzazione). Oppure anche per età,
o per gravità di malattia.

Quindi :

77
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

I trial controllati
randomizzati in cluster
sono quei community
trial in cui al posto di una
comunità, l’unità di
allocazione è il gruppo
cluster di ospedali, o di
scuole, distretti etc. Per
esempio, pensando al
covid19, possiamo
prendere in
considerazione le RSA
(residenze sanitarie
assistenziali) di Catania,
Palermo, della regione,
quindi si stabiliscono dei cluster e sottoponiamo, qualora ci venisse fornito un vaccino, al vaccino
per l’appunto. I trial controllati di cui avevamo parlato possono essere condotti non randomizzando
individualmente, ma a cluster, per esempio facendo un trattamento di educazione alla salute nelle
scuole,(supponiamo di avere per esempio 50 scuole nella provincia) randomizziamo le scuole e non
i ragazzi. Per esempio se il mio obbiettivo è quello di ridurre l’obesità infantile, faccio un intervento
di educazione alla salute rivolto al miglioramento della dieta dei bambini e poi vado a vedere dopo
un congruo periodo di tempo se l’intervento è stato efficace nelle scuole in cui c’è stato l’intervento.

Quando, non è etico o fattibile condurre uno studio epidemiologico sperimentale, gli epidemiologi
disegnano deli studi osservazionali (si accontentano).

Gli studi sperimentali sono spesso limitati da motivi etici :

✓ l’aderenza al protocollo non deve essere in conflitto con i migliori interessi del soggetto
✓ si ritiene che nessuno soggetto potrebbe essere trattato meglio che in accordo ai trattamenti
forniti dal protocollo : i trattamenti previsti dal protocollo sono quindi ritenuti ugualmente
validi allo stato attuale delle conoscenze
✓ non è etico includere un trattamento placebo, se esiste evidenza dell’efficacia di qualche
altro intervento
✓ ogni nuovo trattamento deve essere messo a confronto con la migliore terapia attualmente
a disposizione
✓ i soggetti devono essere informati completamente del fatto che sono coinvolti in un
esperimento e delle possibili conseguenze

78
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

Riassumendo : ricorda che negli studi osservazionali per coorte noi vediamo gli esposti e i non
esposti, in quelli sperimentali vediamo i malati e i malati (entrambi gruppi malati) alcuni trattati con
un farmaco e altri con un altro farmaco.

Aggiungi negli outcome terapeutici anche l’incidenza


delle complicanze e degli effetti collaterali.
I tipici trial preventivi sono quelli della valutazione
dell’efficacia dei vaccini. O ancora possono essere
condotti anche su soggetti malati, come abbiamo
visto per l’attività fisica aerobia nelle pazienti
sottoposte a chemioterapia per tumore della mammella.
I passi da intraprendere per disegnare uno studio sperimentale sono :
1. identificare la popolazione sorgente
2. identificare una fonte di reclutamento (es. un registro di pazienti in un ospedale)
3. selezionare i potenziali soggetti in base a espliciti criteri di inclusione
4. chiedere ai soggetti la loro disponibilità a partecipare allo studio → consenso informato.
Non sempre è possibile, per esempio in un pz che è in sala intensiva, e quindi è da chiedere
a un parente prossimo, oppure per i bambini si chiede ai genitori.
5. distribuire in modo casuale i soggetti scelti nei 2 gruppi
deve essere adottato “l’allocation concealment”, cioè una protezione affinché l’appartenenza ad
un braccio venga svelata solo al momento dell’inizio del trattamento. Quindi questa distribuzione,
deve essere cieca sia per il paziente (che però deve essere informato che potrebbe non avere il
nuovo trattamento) sia allo sperimentatore (anche se questo non è sempre possibile), sia per il
soggetto che analizza i dati (cioè non deve sapere se A è il nuovo trattamento e B è quello vecchio,
o viceversa). In modo da non influenzare in nessun modo i risultati, nei pazienti ad esempio serve
per non influenzare la valutazione di esiti soggettivi come il dolore, la qualità della vita. → DOPPIO
CIECO
IN CIECO, invece, è quando sia i soggetti, sia i ricercatori non sanno chi sta ricevendo il
trattamento sperimentale.
I punti di forza dello studio sperimentale
✓ è lo studio metodologicamente più corretto, che ci danno vere evidenze scientifiche
✓ la possibilità di decidere l’allocazione dell’esposizione con particolari modalità, rende gli
studi sperimentali estremamente validi e precisi
✓ sono perfettamente rispettati i principi dell’inferenza statistica
✓ permettono di valutare l’effetto della dose e analizzare la relazione temporale dal
momento in cui l’esposizione o il trattamento vengono assegnati
Le limitazioni sono :

79
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

✓ si possono studiare solo gli effetti a breve termine e gli effetti reversibili di esposizioni
potenzialmente dannose o di trattamenti o di interventi di prevenzione
✓ applicazioni limitate nell’uomo per problemi etici
✓ impossibilità di esporre i soggetti a fattori di rischio (studi sugli animali che però non ci
possono dare delle informazioni complete)
✓ spesso difficili organizzativamente, di lunga durata e costosi
✓ perdite al follow up

Rifiuti e controindicazioni sono 2


bracci di esclusione allo studio
→ questo mi può dare delle
distorsioni nella scelta della
popolazione (perché magari non
riesco a fare uno studio su tutte
le persone che vorrei includere).
Ovviamente, bisogna seguirli i
pazienti, per valutarne
l’outcome di riferimento.
Perché si può avere la “perdita
al follow up”? sono persone che
escono dallo studio, che si
trasferiscono, che cambiano
ospedale, che si fanno seguire da altre persone, che muoiono e così via → grandi buchi, cioè non è
detto che tutta la coorte dei soggetti che costituiscono la popolazione in studio arriva ad essere
valutata in termini di completamento del protocollo.
DOMANDA : Come si valuta il risultato dello studio? Prendo tutti i pazienti che hanno partecipato
dall’inizio dello studio fino alla fine dello studio? Oppure prendo tutti i pazienti
indipendentemente che abbiano terminato lo studio? Quale è il risultato migliore? Quello che
tiene conto di tutti quelli che sono giunti al termine dello studio o anche delle perdite al follow up?
RISPOSTA : si considerano entrambi, perché mi danno informazioni diverse. Quelli che hanno finito
lo studio sono più “vicini” alla sperimentazione, però non devo escludere anche gli altri risultati,
perché vuol dire che probabilmente c’è un problema di tolleranza del farmaco nuovo, di
accettazione. Quindi devo valutare entrambe le elaborazioni.
L’ANALISI DEI DATI dovrebbe essere effettuata ad una fase intermedia. In caso di evidente
beneficio del trattamento, il trial va interrotto (se un farmaco nuovo sta dando risultati eccellenti
vs il farmaco vecchio che sta provocando morti e progressione della malattia, è chiaro che devo
segnalarlo e interrompere lo studio, perché non posso permettermi di far guarire tot di pazienti e
far morirne altri e non sarebbe assolutamente etico negare un trattamento). In caso di beneficio
marginale il trial va continuato fino al raggiungimento di solide evidenze.
Quindi si effettuano 3 tipi di analisi e si devono sfruttare tutti :

80
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

1. controllo dell’efficacia della randomizzazione per la distribuzione bilanciata almeno delle


variabili confondenti note e sperando che sia stato efficace anche nel bilanciamento del
confondimento incontrollabile
2. analisi “per protocollo” : si riferisce ai pazienti che hanno completato lo studio. È sempre
finto, in realtà seleziono i soggetti che hanno finito lo studio, possiamo dire che è una
semplificazione.
3. analisi “intention to treat” : si riferisce a tutti i pazienti che sono entrati nello studio
indipendentemente dal fatto che essi ne siano rimasti parte fino alla fine di esso.
Quest’ultimo approccio ha lo scopo di evidenziare quale potrà essere l’impatto del
trattamento “sul campo” , per davvero, anche tenendo in conto i pazienti che non
termineranno il trattamento. In questo caso vuol dire che c’è qualche problema nella
fattibilità e sostenibilità dell’esperimento. Il massimo è quando io ho un ottimo risultato
nell’analisi per protocollo, e un buon risultato nell’intention to treat ; se invece io ho un
ottimo risultato nell’analisi per protocollo e un pessimo risultato nell’intention to treat, ho
fatto poco e devo migliorare l’intention to treat.

EVIDENCE BASED MEDICINE (EBM)

In questa diapositiva è
mostrata la “piramide
delle evidenze”. Gli studi
non sono tutti equivalenti
da un punto di vista della
forza e solidità delle
evidenze che forniscono.
Questa piramide infatti
riporta, in una
classificazione a piramide,
dove possiamo vedere alla
base alcuni studi che non
sono epidemiologici,
come quelli in vitro (ricerca di base) che è molto importante, definita anche “fondamentale” cioè
che costituisce le fondamenta di un edificio, su cui poggiare le altre conoscenze → test tube
reasearch. Un avanzamento è quello degli studi sugli animali (in vivo) da esperimento.
Naturalmente, questi studi sono sperimentali non epidemiologici, è più flessibile anche sulla base
delle azioni che possono essere effettuati (pur con dei limiti), e non possono essere completamente
e direttamente traslati nelle popolazioni umane, non soltanto per la differente organizzazione
biologica dell’uomo rispetto all’animale da laboratorio, ma anche perché lo stile di vita, le
sollecitazioni, le esposizioni ambientali (exposure → tutte ciò che non è geneticamente

81
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

determinato, quindi non soltanto a contaminazioni atmosferiche, ma anche le esposizione che


derivano da scelte di vita come la dieta, integratori, farmaci, attività fisica, assunzione di droghe,
alcol, che non possono essere simulate nell’animale da esperimento). Al 3° gradino sono posizionate
le idee, gli editoriali, le opinioni di esperti; per quanto un ricercatore possa essere importante e
con tante pubblicazioni, senz’altro la sua opinione è fondamentale, sono interessanti, MA non
costituiscono evidenze solide quanto quelle che invece provengono da studi epidemiologici ben
condotti, perché esprimono pareri che supportano e magari ampliano certe visioni, ma non sono
evidenze scientifiche sufficienti. Andando avanti arriviamo ai CASE REPORTS e CASE SERIES : sono
quei lavori che raccontano e pubblicano, e quindi consentono la diffusione alla comunità scientifica,
l’esperienza di singoli casi. Vengono pubblicato e spesso aggiungono informazioni in più, e sono
interessanti nella misura in cui coinvolgono malattie “nuove” (case report, cioè riportare casi di
malattie nuove) oppure quando riportano una patologia che non solo è nuova o curiosa, particolare
o rara, ma magari si manifesta con una sintomatologia o in una fascia di età o in un genere dove
prima non si era mai visto (quindi con qualche particolarità). Le case series invece già costruiscono
qualcosa in più, quindi quando si accumula qualche caso nel mondo, per cui si istituiscono dei registri
di questi rari e nuovi casi e si cominciano a studiare più sistematicamente, riuscendo e cominciando
a capire quali sono le caratteristiche comuni tra i diversi casi, a dare le prime ipotesi. Ma non è
ancora uno studio epidemiologico ben disegnato. #melochiedeallesame: Qual è la potenzialità di
uno studio di tipo Case Series? Generare buone ipotesi, ma lo svantaggio è che non possono
dimostrare in nessun modo la relazione causa/effetto ma solo ipotizzarla. Altro importante limite
degli studi di serie è che non possono valutare la reale frequenza perché, come detto, mancano i
denominatori e la standardizzazione. Degli studi ben disegnati sono quelli che abbiamo già studiato,
quindi caso controllo, studi per coorte. Quelli per coorte hanno un disegno che in qualche modo ci
illustra e simula in modo aderente alla storia naturale delle malattie. Però la sua forza sta sopra lo
studio retrospettivo caso controllo, perché?
perché la misura di associazione la troviamo solo negli studi coorte con il rischio relativo (rapporto
tra due incidenze e quindi tra due rischi e ricorda che il rischio è una frequenza), mentre la stima
della associazione la abbiamo negli studi caso controllo con l’odds ratio (probabilità di esposizione
tra i malati piuttosto che tra i non malati). Sopra gli studi per coorte, abbiamo gli studi sperimentali,
sono gli studi randomizzati doppio cieco che studia l’efficacia di un farmaco rispetto a un altro, sono
studi veri, sulle persone (quindi c’è il limite dell’etica). All’ultimo piano abbiamo un modello di studio
che si chiama “revisioni sistematiche e metanalisi” che nascono dall’esigenza di gestire risultati
contrastanti ed evidenze multiple.

CASE SERIES : sono quei casi che vengono alla mia conoscenza in maniera opportunistica, passiva.
Nel passato quando non esistevano gli studi di sorveglianza epidemiologica (monitoraggio
sistematico con l’obiettivo di prendere tutti i casi si malattia su tutta la popolazione a rischio di
manifestare la malattia), le infezioni correlate all’assistenza i dati venivano raccolti e lasciati
all’interesse di coloro che li vedevano, che ne giustificava l’importanza solo per la sensibilità di
qualche chirurgo che lo registrava e lo notificava. Ma se questa sensibilità non c’era, questi casi non
venivano notificati. Quindi paradossalmente si potevano avere ospedali con tanti casi e che poteva
sembrare con una assistenza scarsa, rispetto magari ad un altro ospedale con 0 casi, ma solo perché

82
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

non venivano notificati. Ma questo non si può più fare, non si può valutare l’assistenza sanitaria in
questo modo, nella speranza che gli ospedali mandino i casi! Quindi è necessario che ci un controllo
sistematico e obbligatorio, per avere dei dati sicuri.

hanno degli indubbi vantaggi in quanto sono :

1. utili per generare ipotesi


2. per malattie rare
3. ci caratterizza la media per queste malattie

svantaggi :

1. non posso studiare le relazioni di cause effetto


2. non posso valutare la frequenza della malattia (perché per vedere la effettiva frequenza della
malattia, devo studiare per coorte l’incidenza di malattia assicurandomi di non perdere casi,
e per fare questo ci vuole un metodo sistematico)

Mentre il caso report è 1 caso, insolito. Le case series sono multipli casi. Ma uno studio descrittivo
è uno studio su popolazione con un denominatore e un certo numero di casi ben descritti.

REVISIONI SISTEMATICHE
Ultimo step della EBM. È necessario sintetizzare i risultati di una ricerca traendo indicazioni
definitive, e questo richiede l’adozione di metodologie rigorose. Nonostante sia riconosciuto che le
conoscenze scientifiche devono essere considerate un processo continuo e cumulativo, quando si
leggono i risultati dei singoli studi si tende a considerare ogni ricerca un mondo a sé stante. Cioè,
l’obiettivo è quello di sintetizzare studi multipli condotti sullo stesso argomento in moda da estrarre
da questi una conclusione, la migliore conclusione possibile.

83
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

Questo è un articolo che è rimasto miliare, pubblicato nel 1998 su JAMA. Isole in cerca di
continente? Discuteva il fatto che, per andare a guardare il singolo studio in un contesto scientifico
più generale, questa pratica nelle pubblicazioni, non veniva seguite. Infatti le prime
raccomandazioni sul riportare i risultati del proprio studio era la linea guida CONSORT, cioè non
potevano essere riportati se non alla luce di ciò che sullo stesso tema era stato già pubblicato. Quindi
se tu vuoi pubblicare il risultato del tuo trial prima devi studiare ciò che gli altri hanno pubblicato,
osservando, confrontando e valuta i tuoi risultati per poterli pubblicare. È stato uno studio sugli
studi. È risultato che, dopo una sistematica revisione prendendo tutti i risultati di un oggetto di
studio, nell’11% dei casi, i risultati dei singoli studi vengono discussi nel contesto delle ricerche
precedenti. 40% dei casi, nessuna menzione, 49% rimanente i risultati di altri studi vengono citati
disordinatamente.

Quindi, l’importanza di questo argomento non risiede soltanto nella pratica, ma in particolare, se
noi volessimo farci finanziare una ricerca, neanche valutano il progetto se prima non alleghi al
progetto, per supportarne la validità, un revisione sistematica della letteratura in cui risulta che
effettivamente c’è la necessità di fare lo studio. Questo è etica scientifica, non si possono spendere
soldi per un problema di cui sappiamo tutto o che è stato già ampiamente affrontato, o che è stato
risolto in un altro modo. Cioè bisogna dimostrare che vale la pena fare una ricerca su quel dato
argomento.

Perché le revisioni sistematiche sono importanti?

• La quantità delle informazioni cui si trova di fronte sia il ricercatore sia l’operatore sanitario
è crescente ; ma oltre alla quantità di informazioni esiste anche il problema della loro qualità

84
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

• Anche laddove un singolo studio dimostri, o non dimostri, in modo statisticamente


significativo un’associazione fra un agente etiologico e una malattia è utile una valutazione
basata sulla totalità degli studi
• L’uso di metodi espliciti e sistematici limita il bias (errori sistematici) e riduce gli effetti
casuali, fornendo così i risultati più affidabili dai quali è possibile trarre conclusione e
prendere decisioni.

La Revisione Sistematica è una revisione, quindi comunque iniziata con la raccolta di parole chiave
su database (almeno 2 database) delle pubblicazioni; però questo deve essere fatto seguendo un
percorso di parole chiave, esplicitando e rendendo trasparenti anche i tempi di ricerca. Per rilevare
tutti gli studi che hanno come oggetto lo stesso quesito, metterli insieme, leggerli tutti, filtrarne i
risultati da un punto di vista metodologico (sono tutti studi dello stesso tipo sul piano del modello
e della misura? Adoperano lo stesso intervento? Quanti casi e controlli? Quanti trattati e non trattati
in caso di studi sperimentali?) e gestirli.

L’obbiettivo non è cogliere i migliori lavori ma prenderli tutti, tutti quelli che abbiano preso in esame
la relazione causa-effetto, o di efficacia (cioè l’ipotesi) che deve essere valutata. Un altro obbiettivo
è ridurre al minimo le possibili distorsioni.

L’obbiettivo è quello di restituire fiducia alle evidenze in maniera metodologicamente


inappuntabile.

Bisogna avere una trasparenza di base su cui lavorare.

Quindi la DEFINIZIONE DI REVISIONE SISTEMATICA è questa : è una revisione che è stata


pubblicata secondo un percorso metodologico esplicito e riproducibile volto a minimizzare le
possibili distorsioni e le errate conclusioni dovute alla perdita oppure all’omissione di importanti
studi condotti su un determinato argomento. Quindi ci diamo un metodo per raccogliere TUTTI gli
studi sul dato argomento, e non puoi per sbaglio o omissione volontaria, scartare studi che
potrebbero inficiare il risultato finale della tua analisi. Questo è la parte qualitativa della revisione
sistematica.

La metanalisi è la combinazione statistica dei dati provenienti da studi sperimentali indipendenti


intrapresi per produrre una stima complessiva dell’effetto di un intervento/esposizione. Serve per
la quantificazione del risultato, quindi non è detto che ci sia. Dopo la revisione, si può ottenere che
non ci sono articoli per poter fare una metanalisi, perché sono troppo poco ad esempio, o sono tutti
diversi, e quindi non si può giungere a una confusione. Oppure al contrario, sono eccessivi.
Quantificare vuol dire combinare, da un punto di vista statistico, i dati che provengono da studi
indipendenti ma che hanno qualcosa in comune, cioè devono essere coerenti l’uno con l’altro, in
modo da produrre una stima complessiva di un intervento o di una esposizione. Quindi:

• Una revisione sistematica può prevedere o meno una metanalisi, ma non in tutte le revisioni
sistematiche è desiderabile o opportuno eseguirla.

85
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

• Mentre è sempre utile valutare qualità e coerenza delle informazioni della ricerca su un
tema, può essere talvolta non utile o appropriato combinare quantitativamente le
informazioni derivate da studi fra loro troppo diversi o eterogenei
• La revisione sistematica è l’analisi qualitativa complessiva della coerenza, consistenza e
qualità di un insieme di studi indipendenti condotti su un argomento comune : la metanalisi
invece ne costituisce la parte quantitativa.

Questi studi di cui stiamo parlando non sono revisioni narrative, cioè non è ricerca bibliografica!
Sono da considerarsi a tutti gli effetti degli studi retrospettivi nei quali il ricercatore considera e
valuta in modo integrato studi disegnati, condotti e analizzati in modo separato e non programmato
a questo scopo. Le revisioni devono essere basate su un esaustivo e dettagliato protocollo di ricerca.
Forniscono uno strumento per riassumere in modo efficiente le informazioni su cui basare le
decisioni cliniche. Hanno l’obiettivo di fornire al lettore un quadro sintetico ma esauriente dello
stato di ricerca su un intervento o strategia terapeutica.

Il percorso di elaborazione delle revisioni sistematiche, le tappe :

1. Formulazione del quesito : è una associazione tra un fattore di rischio e una malattia? È una
domanda di efficacia di un farmaco o di una vaccinazione? Etc.
2. Ricerca di tutte le informazioni rilevanti con le parole chiave, e devo leggere tutti gli articoli
(-.-‘’)
3. Analisi della loro qualità
4. Sintesi qualitativa delle informazioni ( cioè vedere quanti studi caso controllo ci sono, quanti
per coorte, quanti trial)
5. Sintesi quantitativa dei risultati (metanalisi) se fattibile e appropriata

DEFINIZIONE DEL QUESITO dipende dal

• Grado di generalità o specificità che si vuole ottenere dal proprio studio


• Disponibilità di studi sull’argomento

Il quesito influenza la ricerca degli studi e le analisi che su di essi verranno condotte. È necessario
sempre definire :

a. Popolazione
b. Tipi di intervento (terapeutici, preventivi)
c. Outcome principali e secondari (guarigione, mortalità etc.)
Revisione Sistematica / MetaAnalisi
La principale critica alla RS/MA è di fare “un’insalata di risultati”, mettendo insieme dati di studi fra
loro non comparabili per quesito, qualità metodologica, tipologia di pazienti etc.(questo è
chiaramente indice di metodo poco corretto e sistematico). Qui si entra nel campo di quella che
viene chiamata eterogeneità che può essere determinata da due componenti principali :
metodologia e clinica.

L’eterogeneità clinica può esistere quando si considerano congiuntamente studi che presentano
differenze relativi a pazienti, trattamento, esposizione, setting dello studio e tipo di outcome.

86
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

L’eterogeneità metodologica riguarda le diversità nel disegno e nelle modalità di esecuzione e analisi
degli studi ( coorte, caso controllo, trial, analitici, osservazionali) e quindi devono essere specificati
e studiati a parte, appositamente, e con occhio critico, perché chiaramente alcuni sono prospettici
e altri retrospettivi).

COME SI RICERCANO LE FONTI DI UNA RS?

È necessario ricorrere alle banche dati della letteratura biomedica nelle quali sono indicizzati i
riferimenti bibliografici e i riassunti degli articoli pubblicati nella maggior parte delle riviste
biomediche di tutto il mondo. Le più conosciute sono :

➢ MEDLINE (prodotta dalla National Library of Medicine)


➢ EMBASE (prodotta dalla Casa editrice europea ELSEVIER)

Se ne devono consultare ALMENO 2. È anche buona indicazione controllare per ogni articolo, i
riferimenti bibliografici perché potrei individuare ulteriori articoli.

Una buona ricerca bibliografica dovrebbe essere sensibile, ovvero trovare tutti gli articoli esistenti
su un argomento e specifica, ovvero trovare solo gli articolo pertinenti e tralasciando gli altri. Una
ricerca molto sensibile, ma non specifica, finirà per produrre montagne di carta; al contrario una
ricerca troppo specifica e non sensibile lascerà con il “cassetto vuoto”. Quindi, ci vuole un giusto
equilibrio fra sensibilità e specificità.

Un’altra importante considerazione, e poi, anche nel commento dei risultati di una RS è il BIAS di
pubblicazione : in realtà esiste una sorta di distorsione, di errore, che deve essere individuato,
commentato, dovuto al fatto che su determinati argomenti e quando si prendono in considerazione
dei risultati che potrebbero essere negativi, cioè risultati ad esempio che non verificano una
determinata associazione, questi articoli spesso non vengono pubblicati. Cosa significa?
Innanzitutto ,alcune riviste potrebbero essere più propense a pubblicare articoli che ottengono
risultati “positivi” cioè che ritrovano l’associazione tra esposizione e malattia, un po’ più propense
a pubblicare articoli che non ritrovano questa associazione o contraddicono risultati precedenti.
L’esempio è l’articolo su Lancet sull’idrossiclorochina, che ha un po’ condizionato gli altri articoli
sullo stesso argomento. Questo costituisce un bias importante, perché potrebbero non essere
rilevati dalla ricerca bibliografica perché chiaramente non sono stati pubblicati. Ma spesso invece
sono oggetto della cosiddetta “letteratura grigia” che potrebbero comunque essere citati (tesi di
laurea, dottorato, documenti di agenzie specializzate etc. comunque lavori che non sono stati
pubblicati). Quindi:

87
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

Come si valuta la qualità di una RS?

La validità di una RS e l’applicabilità dei suoi risultati sono dipendenti da quanto i singoli studi sono
stati ben disegnati e condotti da un punto di vista metodologico, e da quanto i loro risultati
riguardano pazienti rappresentativi della realtà clinico assistenziale nella quale i risultati devono
essere applicati.

Esistono diversi approcci :

• Checklist/scale a punteggio : vengono utilizzate una serie di items cui viene assegnato un
punteggio numerico; queste liste vengono poi trasformate in “scale” che danno un
punteggio di qualità , “quality score” al singolo studio. Vengono compilate spesso da 2 co
autori dell’articolo, in maniera indipendente, rispondendo a diverse domande. Per esempio
una domanda potrebbe essere “l’articolo contiene una esaustiva citazione dei riferimenti
bibliografici?” si dà un punteggio da 0 a 5. Oppure “la sintesi delle informazioni o il confronto
con la letteratura di riferimento viene effettuata in maniera utile/esaustiva?”.
• La qualità dipende anche dalla completezza della descrizione di ciò che gli autori hanno
effettivamente fatto (formulazione del quesito, ricerca delle fonti e criteri di eleggibilità degli
studi, metodi per la sintesi delle informazioni, interpretazione dei risultati)

Il passo successivo, abbiamo detto, che potrebbe essere la metanalisi → tecnica quantitativa che
permette di combinare statisticamente i dati di più studi indipendenti condotti per produrre una
stima complessiva dell’effetto di un intervento/esposizione. La metanalisi risulta utile quando esiste
incertezza nella valutazione di efficacia di un trattamento, o perché i risultati dei singoli studi non
sono univoci, oppure perché i singoli studi sono effettuati su pochi pazienti e, considerati
singolarmente, sono scarsamente affidabili. La combinazione dei dati diminuisce l’imprecisione dei
risultati dei singoli studi, aumenta il potere statistico, la significatività di un risultato. Il risultato
complessivo è espresso con le stesse misure di associazione utilizzate per i singoli studi (rischio
relativo, odds ratio etc.).
88
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

Quando si effettua una MA non si fa una semplice somma dei pazienti e degli eventi occorsi nei
singoli studi ; si preserva invece la loro individualità e si procede ad una “media pesata” dell’effetto
dell’intervento ottenuta in ciascuno di essi. I pesi associati ad ogni studio riflettono la quantità di
informazione contenuta nel singolo studio. Insieme alla stima totale dell’effetto del trattamento si
calcola l’intervallo di confidenza e il valore p. Quindi dobbiamo tener conto del diverso peso degli
studi, ha sicuramente un peso maggiore uno studio che ha reclutato un maggior numero di pazienti
rispetto a uno studio con pazienti più bassi. Quindi il contributo che ciascuno studio dà alla
metanalisi, va pesato, per esempio andando a considerare la numerosità dei pazienti. Quindi, si fa
una media pesata dell’effetto che tiene conto del numero dei pazienti reclutati e dei risultati
ottenuti.

La metanalisi è un processo bifasico; nella prima fase si calcola, per ogni studio, la stima dell’effetto
del trattamento. Se la variabile risposta è di tipo binario, l’effetto del trattamento viene valutato
utilizzando o l’odds ratio o il rischio relativo, o la differenza tra i rischi. Mentre in caso di variabile
risposta continua, sintetizzabile attraverso la media, l’effetto del trattamento è misurato calcolando
la differenza fra le medie.

Nella seconda fase, si calcola la stima complessiva dell’effetto del trattamento ; tale stima si ottiene
calcolando la media pesata delle stime ottenute dalla prima fase.

Il FOREST PLOT è una rappresentazione grafica di una MA. La linea continua della “non differenza”,
quindi se non c’è alcuna differenza, gli studi si collocano lungo la linea retta. Invece, se ci sono delle
differenze tra gli studi, questi si pongono ai due lati della linea, quindi c’è un effetto significativo che
si può riportare.

89
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

Ciascuno studio viene identificato dal nome dell’Autore principale e rappresentato con un quadrato,
la cui grandezza è proporzionale al numero di eventi osservati nello studio) e un segmento che
indicano rispettivamente la stima puntuale e l’intervallo di confidenza. I valori numerici delle stime
e dell’intervallo di confidenza sono riportate della linea verticale, o deducibili dalla linea in scala
riportata in basso.

• Ogni studio porta un proprio contributo alla stima complessiva dell’effetto : peso o weight
(studi di grande dimensione o con molti eventi hanno pesi maggiori).
• Quando l’intervento è preventivo dell’insorgenza di un evento sfavorevole di una malattia e
la dimensione dell’effetto misurata con RR, gli studi a sinistra della linea verticale
rappresentano quelli in cui il trattamento sperimentale è più efficace del trattamento di
controllo.
• I risultati degli studi, i cui intervalli di confidenza intersecano la linea continua di non
differenza, sono considerati “non statisticamente significativi”.
• La stima ottenuta dalla combinazione dei risultati è rappresentata dal simbolo a forma di
diamante.
• I vertici destro e sinistro del diamante indicano gli estremi dell’intervallo di confidenza.

È necessario applicare il test per l’eterogeneità statistica, è un test statistico che serve per saggiare
l’ipotesi di omogeneità, ovvero l’ipotesi che la variabilità fra i risultati sia dovuta solo all’effetto del
caso. Sono basati sul test del chi- quadrato, spesso denominato Q, i gradi di libertà e il valore di p. il
risultato del test è statisticamente significativo quando il valore p è inferiore a un livello prefissato
di significatività definito a priori, spesso pari a 0,05 ; quando il test è statisticamente significativo
l’ipotesi che i risultati differiscono per il solo effetto del caso viene rifiutata.

Il test di eterogeneità ha alcuni limiti metodologici :

1. È stato dimostrato che in presenza di eterogeneità statistica, quando il test viene applicato
a pochi studi non fornisce risultati statisticamente significativi : bassa potenza statistica.
2. Viceversa quando si hanno a disposizione molti studi, il test diventa estremamente potente,
ovvero tende a fornire risultati statisticamente significativi, anche quando la variabilità fra
gli studi è piccola o non clinicamente rilevante.

90
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

Di per sé, l’eterogeneità non è


un male, ma le sue cause (cliniche, statistiche, metodologiche, o combinazioni delle stesse)
devono essere attentamente esplorate.

ESEMPIO DI METANALISI, pubblicato dal gruppo della professoressa, pubblicato su una rivista
internazionale PLOS ONE

Cosa è la LINE-1 hypomethylation? È un marcatore epigenetico. per studiarla si quantifica la


metilazione di un tratto genetico ripetuto nel genoma che misura la metilazione generale del
genoma dell’individuo. Perché è stata condotta questa metanalisi? È stato proposto come un
91
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

marcatore per il rischio di cancro, anche se le evidenze non sono ancora confermate. Soprattutto
quando consideriamo anche il tessuto o la sorgente in cui misuriamo il marcatore, ci sono infatti
alcuni studi che il marcatore è associato ad alcuni tipi di cancro, determinato sul tessuto
tumorale. altri studi condotti su campioni di campi, riportano risultati contrastanti. A cosa può
essere utile una RS e MA su un marcatore? Se noi abbiamo la necessità di misurare l’efficacia di
interventi preventivi, ci potrebbe essere utile quanto è utile un intervento preventivo per
esempio sulla dieta, per ridurre il rischio di cancro. Allora se dovessimo proporre un intervento
sulla dieta, vorremo avere un marcatore o un indicatore che ci di una misura di quanto il rischio
di cancro sia stato efficacemente ridotto prima di andare a ricercare i casi di cancro nella
popolazione. Cioè, se noi andiamo a cercare l’effetto della dieta sul rischio di cancro, noi
vorremmo vedere quanto la dieta sul rischio di cancro incida, senza dover aspettare di misurare
i casi di cancro nella popolazione, perché ci potrebbero volere talmente tanti anni per via del
tempo di latenza; quindi avremmo un aiuto importante nel proporre le strategie di prevenzione,
da una ricerca che ci mette a disposizione degli strumenti di monitoraggio dell’efficacia delle
strategie preventive, prima di avere i casi di malattia. Il marcatore rappresenta quindi un “ago”
della bussola che se varia mi può indicare che il rischio cambia in senso positivo o negativo. Avere
un marcatore molecolare efficace può essere quindi molto utile in prevenzione.

Questo è un diagramma di flusso, il cosiddetto diagramma prisma, in cui vengono riassunte le


metodologie per la ricerca bibliografica, anche il risultato complessivo da un punto di vista
quantitativo della ricerca. Sono partiti da 324 articoli, di questi 251 sono stati esclusi basandosi

92
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

sulla revisione del titolo e la lettura dell’abstract (per esempio esclusione di studi in vitro, sugli
animali). Per cui abbiamo 73 articoli che sono stati letti e da questa lettura sono stati esclusi
ulteriori articoli (28), perché 12 misuravano solo la metilazione di un gene specifico (infatti il
LINE 1 è un surrogato della metilazione di tutto il DNA perché sono sequenze altamente
ripetute), 6 non erano studi né caso controllo né a coorte, 9 non misuravano i livelli di LINE 1, e
1 era una revisione di articoli (non consentiva di avere dati originali). Quindi da 73 se ne levano
altri 28, ma se ne aggiunge 1 trovato attraverso la revisione dei riferimenti bibliografici che
avevamo incluso nella metanalisi. Quindi sono stati inclusi in totale 46 articoli. Dalla RS siamo
passati alla MA, includendo solo 19 articoli, in quanto 27 non presentavano dati sufficienti da
consentire includerli nella metanalisi.

Poi questi articoli vengono ordinati in una tabella, in maniera sistematica, riportando l’autore, il
Paese dove è stato fatto lo studio, il tipo di studio, il tipo di cancro considerato nello studio, il
tipo di campione, il saggio con cui era stato determinato il livello di metilazione (pyrosequencing
più frequentemente, ma esistono anche altri metodi), numero di casi e controlli inclusi nello
studio (molto eterogenei), il risultato in termini di media con deviazione standard del livello di
metilazione nei casi e controlli, la sintesi molto breve del risultato principale.

Poi si passa alla metanalisi con il forest plot.

Nella
prima colonna sono segnati tutti gli articoli inclusi nella metanalisi, per ciascun gruppo di casi e
93
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

controlli, è stata riportata la media della metilazione, la deviazione standard, e il totale di


pazienti inclusi (casi e controlli) perché la differenza tra le medie deve essere pesata per il
numero di soggetti inclusi. E a destra c’è la rappresentazione grafica della differenza media tra
casi e controlli.

Se la linea si interseca sulla linea continua di non differenza, vuol dire che non c’è una
significativa differenza tra casi e controlli nei livelli di metilazione, se si trova a sinistra vuol dire
che c’è un livello di ipometilazione maggiore nei casi rispetto ai controlli, mentre se è a destra
c’è una maggiore metilazione nei casi piuttosto che nei controlli. Alla fine si ottiene una misura
riassuntiva unica, che è il risultato della metanalisi e che è identificata con il “diamante” e la sua
grandezza esprime l’ampiezza dell’intervallo di confidenza. In questo caso, la maggior parte delle
linee stanno a sinistra della linea di non differenza, e questo significa che c’è una ipometilazione
dei casi rispetto ai controlli, e questa differenza è significativa.

Nel risultato è scritto che, sono stati ritrovati livelli significativi di ipometilazione nei campioni di
tessuti, e invece una differenza non significativa nei campioni di sangue. Mentre, se si
considerano diversi tumori, i livelli metilazione di line 1 sono stati ritrovati significativamente più
basso, non in tutti i tipi di cancro, ma nel colon retto e gastrico.

94
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

EPIDEMIOLOGIA GENERALE DELLE INFEZIONI E DELLE MALATTIE


INFETTIVE
L’infezione è l’ingresso e moltiplicazione di un microrganismo nell’organismo di un uomo o di
un animale. Non è necessariamente accompagna da malattia, quindi.

Riconoscono almeno 2 cause necessarie ma NON singolarmente sufficienti :

1. Esposizione all’agente infettivo


2. Stato di suscettibilità dell’ospite

È vero che un’infezione è determinata da un agente biologico, cioè da un microrganismo, però è


riduttivo. Perché se questo rimane nel suo habitat e non interferisce con l’uomo è evidente che non
è causa di niente, perché ciascun ecosistema è separato dall’altro. Sussiste, cioè, la possibilità di
esposizione a un agente infettivo, dove per esposizione intendiamo la internalizzazione, e l’ingresso
dell’agente biologico, in questo caso. Se non può farlo, non interagisce e non può determinare
nessun danno.

Inoltre, l’esposizione da sola può essere sufficiente a scatenare il processo infettivo e quindi
l’ingresso e la moltiplicazione? No. Perché se ci troviamo in uno stato di immunità, l’esposizione non
dà origine a nessuna moltiplicazione, perché viene distrutto dal sistema immunitario. Quindi, perché
ci sia la moltiplicazione, le due cause devono essere “switched on”, accese. In termini preventivi,
basta che io spenga uno dei due interruttori, cioè impedisca l’esposizione o potenzi il sistema
immunitario, o meglio ancora, intervenga su entrambi, ho effettuato una terapia di prevenzione
efficace perché non ci sia l’infezione.

Da un punto di vista antropocentrico, possiamo distinguere i microrganismi in :

• Saprofiti : quando il loro habitat naturale è l’ambiente e occasionalmente hanno contatto


con l’uomo
• Commensali : quando vivono sui tegumenti realizzando un rapporto di mutuo vantaggio
traendo benefici senza causare danno.
• Parassiti : quando sono in grado di aggredire l’ospite, un organismo vivente superiore,
causandogli un danno : patogeni e opportunisti

La patogenicità è la capacità dei microrganismi parassiti di causare un danno all’ospite, che si


esprime con uno stato di malattia. È una caratteristica geneticamente determinata ed è propria di
alcune specie. Tra i meccanismi di patogenicità : la capacità di internalizzarsi nelle cellule dell’ospite
e vivere a livello intracellulare, la capacità di formare biofilm, l’invasività e la tossigenicità.

Gli opportunisti invece sono microrganismi responsabili di processi infettivi quando vengono meno
le normali barriere difensive che impediscono loro di penetrare nell’ospite in condizioni ordinarie,
condizioni modulate da fattori intrinseci o estrinseci (patogeni facoltativi). Tipiche infezioni

95
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

opportunistiche sono quelle correlate all’assistenza sanitaria, che sono critiche, e considerate un
indicatore della qualità dell’assistenza.

L’infezione può decorrere in maniera totalmente inapparente, cioè quando è presente, in un ospite,
un’infezione senza segni e sintomi clinici apprezzabili. È quindi identificabili solo mediante esami di
laboratorio o lo sviluppo di una reattività positiva a specifici test cutanei. SINONIMI sono : infezione
asintomatica, subclinica, occulta.

La malattia infettiva invece è una malattia dell’uomo o degli animali, clinicamente manifesta, che
insorge a seguito di un’infezione specifica (morbillo, tubercolosi, etc.) o aspecifica (quando ad
esempio parliamo di infezioni delle vie urinarie, che possono essere dovute a diversi microrganismi).
Quindi la malattia infettiva segue sempre all’infezione, mentre l’infezione può non essere seguita
da malattia infettiva. Infatti, se il sistema immunitario riesce a rispondere in modo adeguato non si
avranno segni di malattia, tuttavia, il soggetto è comunque infetto ed elimina microrganismi →
portatore sano.

Illustra il ciclo di una


malattia infettiva a
partire
dall’esposizione, e
dal suo ingresso
nell’ospite. Segue un
periodo prodromico
(quando c’è, non è
detto che ci sia) che è
a ridosso del periodo
di incubazione (dal
momento
dell’esposizione →
contatto),
manifestazione clinica conclamata che non dà sempre lo stesso outcome, ma possono dare:

1. Guarigione
2. Cronicizzazione
3. Infezione latente

96
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

Questa è
una tabella epidemiologica, che illustra il rapporto fra la malattia non conclamata e quella
conclamata. Ci dice per alcuni virus il rapporto tra l’andamento della malattia subclinico verso una
malattia clinicamente conclamata. Per esempio per quanto riguarda la poliomielite acuta, se
consideriamo la paralisi come manifestazione clinica (anche se sappiamo che la poliomielite, in
realtà, decorreva come infezione inapparente o come enterite infatti è un enterovirus) e facendo il
rapporto tra infezione subclinica vs quella manifesta è di 1000 : 1, quindi fortemente spostato verso
i casi subclinici, cioè su 1000, 1 prende la paralisi. Ma quando questo rapporto lo studiamo in una
popolazione di 100.000 abitanti, 100 manifestano l’infezione con paralisi, e non è assolutamente un
numero indifferente.

Quindi, la valutazione della gravità di una infezione va fatta anche tenendo conto della sua
epidemicità.

Per il morbillo, è 1 : 99, cioè nella maggior parte dei casi non è subclinico. Fino a 20 anni è
fortemente spostato verso la manifestazione clinica conclamata.

L’ospite umano o animale di un microrganismo patogeno costituisce una sorgente d’infezione,


quando il microrganismo che ospita può essere trasmesso ad altri soggetti recettivi della stessa
specie o di specie diversa :

- Soggetto malato
- Soggetto portatore (convalescenti, cronici, in incubazione e sani)

Il portatore è l’uomo o animale non ammalato che alberga nel suo organismo microrganismi
patogeni e li elimina all’esterno. Il portatore asintomatico di covid19, certo che può trasmettere.

1. Portatore sano, che non manifesta alcun sintomo


2. Portatore in incubazione o precoce, e poi svilupperà i sintomi

97
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

3. Portatore convalescente, è nella fase che segue la guarigione clinica


4. Cronico, che dopo la malattia infettiva continua ad albergare il microrganismo, e quindi è
una sorgente di infezione

Certamente quelli più pericolosi, in termini di sorgenti di infezione, è il portatore sano, perché il
soggetto malato è correttamente identificato e quindi viene isolato (isolamento : procedura di
prevenzione che porta a interrompere la catena di trasmissione dell’infezione).

Il serbatoio di infezione è la specie animale o vegetale o il substrato inanimato in cui l’agente


patogeno ha il suo habitat naturale e da cui può essere trasmesso ad ospiti recettivi. Ad esempio il
Salmonella Typhi, ha come serbatoio la specie Homo sapiens sapiens, che rappresenta anche la
sorgente ; e l’uomo potrebbe anche essere malato o portatore. Le salmonelle minori hanno come
serbatoio il rettile (ospite primario). Come fanno ad arrivare all’uomo? Perché i rettili vengono
mangiati dagli animali, roditori, questi ultimi possono avere l’accesso ai mangimi, i mangimi sono
consumati dagli animali che poi sono di allevamento → catena di trasmissione. L’interruzione di
questa catena di trasmissione è più problematica, per questo è importante una corretta gestione
della sanità pubblica con accurata igiene degli allevamenti, e questa è una conquista nel tempo, con
abbattimento delle malattie infettive. La sorgente di infezioni è l’animale, uomo malati e portatori.

Le zoonosi sono malattie infettiva causate da microrganismi primariamente patogeni per gli animali
→ antropozoonosi. Ma esistono anche le zooantroponosi che sono quelle trasmesse dall’uomo
all’animale.

La trasmissione delle malattie infettive può avvenire in 2 modi :

1. Orizzontale (laterale) : trasmessa da un segmento all’altro della popolazione → malattia


contagiosa. Cioè passa da gruppi di popolazione, sullo stesso piano. Viene distinta a sua volta
in:
• Diretta : per contatto fisico con un ospite infetto oppure con i suoi escreti
• Indirette : attraverso un veicolo intermedio (in genere animato) attraverso un
vettore.
2. Verticale : malattia trasmessa da una generazione all’altra attraverso infezione
dell’embrione o del feto in utero, sono le infezioni in gravidanza. Si distinguono in :
• Ereditaria : malattia legata al genoma di uno dei genitori
• Congenita (acquisita in utero) →
➢ Germinativa se l’infezione è nei gameti (HIV, HCV, HBV)
➢ Transplacentare se passa attraverso la placenta (CMV, rosolia, parvovirus,
B19V)
➢ Ascendente se risale al feto dalle vie urinarie o durante il parto (Herpes
Simplex, Varicella Zoster, CMV)

La trasmissione per via orizzontale passa per diverse vie di ingresso : orale, respiratoria, cutanea e
trans mucosale.

98
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

• Diretta : trasferimento diretto ed essenzialmente immediato di un agente infettivo verso una


porta di ingresso recettiva attraverso cui l’infezione può aver luogo. Può avvenire per
contatto diretto, ad esempio a seguito di un rapporto sessuale o con bacio, o attraverso le
goccioline (droplets) emesse con lo starnuto, tosse, fonazione. Come per SARS Cov2.

• Indiretta : attraverso un veicolo o vettore. I veicoli sono oggetti o substrati inerti che fungono
da mezzo intermedio mediante cui un agente infettivo è trasportato ed introdotto in un
ospite suscettibile. Esempi possono essere i veicoli alimentari e in particolare gli ortaggi (a
causa dell’utilizzo di acque reflue per irrigarli →illegale), o anche frutti di mare (a causa della
contaminazione delle acque vicino alla rete fognaria), acqua potabile (per possibile
contaminazione con acque di fogna dato che scorrono parallele nel sottosuolo) : questi
veicoli sono soprattutto legati alla trasmissione di tifo, infezioni paratifiche, epatite A, colera,
dissenteria. Un altro veicolo alimentare è rappresentato dalle carni, che se provenienti da
animali malati o portatori, possono trasmettere le salmonellosi. Anche il latte, i formaggi
freschi possono essere veicoli come per la brucellosi. Oggi il rischio di trasmissione delle
malattie si è molto ridotto grazie all’utilizzo di latte e derivati sottoposti a trattamenti di
bonifica che consiste nella pastorizzazione (trattamento termico che elimina Brucella e bacilli
tubercolari) e nella sterilizzazione. Oggi abbiamo anche il latte a lunga conservazione. Il
rischio di Brucellosi è alto con la ricotte : in questo caso la contaminazione è secondaria,
perché la ricotta viene cotta più e più volte e quindi le brucelle vengono eliminate, ma può
essere ricontaminata per l’utilizzo dello stesso contenitore o per il contatto con utensili
contaminati. Infine, altri veicoli sono i derivati del latte (crema, panna, gelati) che sono
responsabili di tossinfezioni alimentari da stafilococco. Altri veicoli sono gli oggetti d’uso
comune in ambito familiare che possono essere responsabili di trasmissione di infezioni
99
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

virali, epatite A, diarree, shigelliosi, TBC. Ancora, gli strumenti medico chirurgici (sangue ed
emoderivati) che possono trasmettere epatite A, C, AIDS, sepsi per infezioni opportunistiche.
Il suolo rappresenta un veicolo per tetano e carbonchio. L’aria di ambienti contaminati è
responsabile della trasmissione di TBC, morbillo, varicella, meningite.
Il vettore invece è un trasmettitore animato, che può essere biologico, e cioè un animale
spesso artropode, in cui l’agente replica oppure va incontro ad una parte essenziale del ciclo
di vita, prima di essere trasmesso all’ospite naturale o secondario. Esempio è la zanzara
Anopheles. Oppure meccanico, cioè un animale spesso artropode, che veicola fisicamente
un agente all’ospite primario o secondario. L’agente NON replica né si sviluppa nel vettore.
Esempio è la mosca. I vettori si distinguono inoltre in obbligati e facoltativi. I primi sono ad
esempio :
1. Zanzara Anopheles per la malaria
2. Aedes per la febbre gialla
3. Flebotomo per la leishmaniosi
4. Rhypicephalus sanguines per la Rickettiosi

I secondi sono ad esempio la mosca domestica.

CONTAGIOSITA’ : capacità di un
microrganismo di passare da un
soggetto recettivo ad un altro, a
seguito della sua eliminazione
all’esterno dell’ospite nel corso del
processo infettivo. Dipenda da :

- Durata del periodo in cui l’ospite


è infettante
- Quantità di agente escreta
dall’ospite
Quindi le malattie contagiose sono
quella malattie in cui c’è la possibilità di eliminazione dell’agente biologico e
patogeno dal soggetto infetto a un soggetto suscettibile. Ma non tutte le
infezioni sono così. Attenzione che il concetto di contagiosità è diverso dal
concetto di trasmissibilità. Cioè sono tutte trasmissibile, ma non tutte sono
contagiose.

MALATTIA CONTAGIOSA : malattia infettiva in cui l’agente causale viene eliminato dall’ospite
infetto e può essere trasmesso ad un ospite suscettibile.

MALATTIA TRASMISSIBILE : si intende una malattia il cui agente causale può essere trasferito da un
individuo ad un altro. Tutte le malattie infettive e parassitarie sono trasmissibili.

100
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

MALATTIA NON CONTAGIOSA : trasmissibile ma non contagiosa, nel caso in cui per la sua
trasmissione sia necessario un vettore. Esistono anche malattie infettive NON contagiose che non
necessitano dell’intervento di un vettore, quali quelle sostenute da clostridi (tetano, botulismo,
carbonchio). Infatti il clostridium tetani non può essere eliminato (ecco perché non è contagioso),
ma è trasmissibile? Certamente si, perché basta che la spora eliminata nell’ambiente raggiunga,
attraverso una ferita ad esempio, in ambiente anaerobio l’ospite suscettibile ( soggetto che non è
mai venuto a contatto né con la tossina tetanica, né sia stato mai vaccinato). Significa che un
soggetto può anche aver contratto il tetano ma rimanere suscettibile (e quindi prenderlo 2 volte, se
sopravvive), mentre è immune se si vaccina.

esistono anche malattie non infettive contagiose,


come la ROGNA, che non è causata da un
microrganismo.

INFETTIVITA’ : capacità dell’agente eziologico di


provocare un’infezione.

PATOGENICITA’ : capacità di provocare un danno


all’ospite, e quindi di fare seguire all’infezione
l’insorgenza di una patologia specifica.

VIRULENZA : misura il potere


patogeno dell’agente e si misura con
il :

1. Quoziente di letalità : numero di


morti /numero di ammalati x 100.
2. Quoziente di gravità : numero di
soggetti con segni di grave
compromissione / numero di
ammalati x 100.

Le caratteristiche dell’ospite invece


sono :

• Età : nei bambini e negli anziani il


sistema immunitario non è efficiente
come in età adulta
• Livello nutrizionale
• Meccanismi locali di difesa :
1. Azione di detersione e rimozione dei microbi
2. Azione antimicrobica (lisozima)
3. Azione di competizione vitale esercita dai simbionti o commensali
4. Produzione di sostanze interferenti ad esempio il pH vaginale
• Stato immunitario

101
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

CARICA INFETTANTE : numero minimo di microrganismi necessario a provocare l’infezione.

CATENE DI CONTAGIO : più è complicata più è semplice interromperla.

1. OMOGENEA OMONIMA : la trasmissione avviene solo tra soggetti appartenenti alla stessa
specie, ad esempio nel caso del morbillo. Il virus penetra per via aerea e congiuntivale. Dopo
essersi moltiplicato a livello delle mucose, arriva tramite i linfonodi satelliti e la via linfatica,
al torrente circolatorio : la prima viremia distribuisce il virus delle cellule del sistema reticolo
endoteliale. Dopo la moltiplicazione all’interno di tali cellule, si ha la seconda viremia che
termina all’apparire dell’esantema o 24-48 h dopo. In tale periodo il virus viene eliminato
per via respiratoria e congiuntivale e si ritrova nelle urine : il malato è sorgente di infezione.
Non si conoscono né portatori né serbatoi animali del virus.
2. OMOGENEA ETERONIMA : la trasmissione della malattia avviene tra vertebrati
appartenenti a specie diverse. Ad esempio la brucellosi che è una zoonosi trasmessa
all’uomo dagli animali per via diretta cutaneo-mucosa (professionale) o indiretta
(alimentare). La brucella melitensis infetta ovini e caprini, che costituiscono il serbatoio di
infezione e che eliminano le brucelle con le urine, latte, e prodotti abortivi. L’uomo elimina
solo di rado le brucelle con le urine, pertanto il contagio inter umano è eccezionale.
3. ETEROGENEA OMONIMA : la trasmissione avviene tramite un vettore obbligato ma la
malattia interessa solo l’uomo. Ad esempio la malaria, il cui agente è un protozoo
Plasmodium di cui si conoscono 4 specie : vivax, falciparum, malariae, ovale. La catena di
trasmissione è uomo – plasmodio – zanzara, e l’uomo è l’unica sorgente di infezione. In Italia
c’è una graduale ripresa della popolazione anofelina per cui l’arrivo di soggetti infetti può
rappresentare in periodi stagionali favorevoli un rischio di ricomparsa di focolai di
trasmissione.
4. ETEROGENEA ETERONIMA : la trasmissione avviene tramite un vettore e l’infezione
interessa specie diverse. Ad esempio, la peste che si trasmette da roditore a roditore,
tramite le pulci. Dai roditori selvatici l’infezione si trasmette ai ratti e da questi all’uomo
tramite la pulce Xenopsilla cheopis : a questo punto il contagio può diventare inter umano.

EPIDEMIOLOGIA DELLE MALATTIE INFETTIVE


La manifestazione di una malattia infettiva nella popolazione può assumere un andamento :

1. Epidemico
2. Endemico : quando una malattia è costantemente presente nella popolazione, in una
determinata area geografica, che si manifesta con un numero di casi più o meno elevato (si
parla di livelli endemici, bassi o alti) ma costante nel tempo.
3. Sporadico : i casi di malattia si manifestano isolatamente senza apparenti rapporti con altri
casi. Bisogna comunque approfondire da un punto di vista epidemiologico.

Cosa è una epidemia? Noi possiamo 2 definizione, valide entrambe.

102
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

1. Un numero di casi di malattia superiore rispetto all’atteso in un certo periodo di tempo, in


una certa area geografica e in un certo numero di persone. Cosa è il numero atteso? Se ad
esempio una malattia infettiva si è presentato un anno in numero di 100 per 100.000
abitanti, quello è il numero di atteso per l’anno successivo, se quest’ultimo si presenta con
un numero maggiore di casi, parliamo di epidemia.
2. Due o più casi di malattia tra loro collegati epidemiologicamente, in cui si presuppone una
catena di trasmissione tra un soggetto a un altro, origine comune, da un individuo a un altro.
Quindi il numero non ha valore. Quindi di fatto, il numero di casi non è rilevante, non è
necessariamente importante per definire una malattia, ma devono comunque essere
collegati fra di loro, altrimenti si parlerebbe di sporadicità. Se due casi o tre casi si
manifestano devono essere appartenenti allo stesso sierotipo. Oggi non si parla soltanto di
sierotipo ma si parla di clonalità: devo dimostrare cioè che il microrganismo è lo stesso o
quello derivato per replicazione da quello precedente e lo posso fare oggi con le tecniche
monoclonali (derivano dallo stesso ceppo). Facciamo un esempio con i microrganismi
opportunisti ubiquitari: chi mi dice che quello stafilococco o quell’acinetobacter o quello
pseudomonas ce l’abbiamo ovunque ed è proprio quello che ha determinato l’epidemia?
Perché i pazienti hanno avuto infezione da uno pseudomonas? Non mi basta quindi sapere
che delle infezioni sono provocate dalla stessa specie, perché non dicono niente della
clonalità. Bisogna dimostrare – e bisogna farlo con metodi monoclonali, quindi in ambito
molecolare e non solo microbiologico– che la clonalità è la stessa quindi il microrganismo
responsabile è proprio quello. Quindi noi possiamo dimostrare la presenza di più cloni, pur
riferendoci alla stessa specie, oppure al contrario che i microrganismi sono identici,
“indistinguishable” Come si fa? Il metodo è lo stesso che si effettua per i test di paternità. Si
fa un fingerprint con endonucleasi di restrizione del genoma microbico, si ottengono delle
bande e, se queste sono sovrapponibili, quindi le endonucleasi tagliano il DNA negli stessi
punti, ottenendo lo stesso bandeggio, sono identici. Se invece, otteniamo bandeggi
differenti non sono identici. Posso quindi ottenere delle situazioni sporadiche, oppure stesso
clone, e quindi bisogna in questo caso, capire la catena di trasmissione (se deriva dal paziente
che ha colonizzato il personale sanitario, ad esempio, o viceversa). Quale è la differenza tra
infezione e colonizzazione? L’infezione, è l’ingresso di un microrganismo e la sua attiva
moltiplicazione e non è detto che a questa segua la malattia infettiva e quindi con i segni
clinici. La colonizzazione viene definita come la presenza di un microrganismo, che viene
identificata in laboratorio, nei siti di infezione, senza alcun segno o sintomo.

103
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

La curva epidemica fa vedere che c’è un picco di


casi nel tempo, in quella popolazione.

Esempio è l’epidemia da covid, in quanto il numero atteso era pari a 0 (malattia “nuova”).

Esistono anche le epidemie intra reparto, per esempio, l’ambiente sicuramente più suscettibile è
quello delle terapie intensive, perché si utilizzano devices più invasivi. Questo è per dire che per
definire una epidemia non sono necessari grandi numeri, ma anche pochi in un reparto. In questo
caso chiaramente la curva epidemica sarà piccola, anche se ci sono 5 casi, se in rapporto all’anno
prima se ne attendevano di meno. Quindi l’epidemia non è fatto da un grande numero di casi.

Quindi una infezione che è endemica, può decorrere con dei picchi epidemici, quando cioè il
numero stazionario può salire per poi stabilizzarsi di nuovo. Un tipico esempio, un episodio
epidemico tipico è quella infezione o tossinfezione intestinale post ricevimento nuziale, alcuni
invitati si infettano e il veicolo è l’alimento contaminato, e come si trova? Ci si può aiutare con
l’indagine epidemiologica che comporta anche l’identificazione dell’alimento infetto, anche
indagando chi ha mangiato cosa.

Un altro concetto di base è il TASSO DI RIPRODUZIONE DI BASE (R0) : è il numero


medio di persone infettate direttamente da un individuo con infezione durante tutto il periodo nel
quale è contagioso quando viene a contatto con una popolazione totalmente suscettibile.

E questa è la rappresentazione
schematica dell’epidemia.
Supponiamo di avere una
popolazione completamente
suscettibile (pallini rossi) e
supponiamo di avere il primo caso di
malattia che introduce il contagio in
una popolazione. Quindi abbiamo il
caso indice, cioè il primo caso, e
supponiamo che l’R0 che è uguale a 4,
cioè vuol dire che il numero medio di
persone infettate da un individuo con

104
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

infezione durante il periodo nel quale è contagioso, è 4. Cioè da un individuo se ne infettano 4.


Quindi il caso indice ne infetta 4 , e ciascuno di questi 4 ne infetta altri 4 etc.

Il tasso di riproduzione di base è definito da un algoritmo

Quindi aumenta, all’aumentare del


periodo di infettività, numero medio di contatti per unità di tempo, e in relazione alla probabilità di
trasmissione per singolo contatto.

105
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

Cosa è il TASSO DI RIPRODUZIONE EFFETTIVO?

il numero effettivo di riproduzione, determina il potenziale per la velocità di diffusione epidemica,


in uno specifico momento.

SORVEGLIANZA AL
LIVELLO EUROPEO
L’EUROPEAN CENTRE FOR DISEASE
PREVENTION AND CONTROL è un
centro europeo che si occupa della
sorveglianza delle infezioni e delle
malattie infettive trasmissibili.
Questo centro (ECDC) ha il suo
centro a Stoccolma, ed è stato
istituito nel 2005. Si tratta di una agenzia europea che vuole rafforzare le difese contro le malattie
infettive in Europa. Quindi è stata chiamata in prima linea in corso di pandemia covid19. Quali sono
i suoi obiettivi? Fornisce evidenza per i decisori efficienti ed effettivi, rafforza i sistemi di sanità
pubblica e supporta le risposte alle minacce di salute pubblica. Ci sono tantissime attività di cui si
occupa questa agenzia, che sono sorveglianza epidemiologica, intelligence epidemica, risposta,
consulenza scientifica, microbiologia, preparedness (tutte quelle attività che dopo la fase 1 e verso

106
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

la fase 2 hanno presieduto all’organizzazione sanitaria, prevedendo una successiva ondata della
epidemia, che non è per niente banale, ma la condivisione di protocollo organizzativi e strutturali
per fronteggiare le emergenze), training di sanità pubblica, relazioni internazionali, comunicazione
e la rivista Eurosurveillance, molto importante dove i Paesi europei e non solo, pubblicano evidenze
di sanità pubblica utili da condividere per prendere decisioni. Nei programmi della ECDC ci sono
anche due problemi molto attuali e importanti, che sono la resistenza microbica e le infezioni
correlate all’assistenza. Ma anche le infezioni emergente, sia quelle epidemiche e pandemiche, ma
anche trasmesse da vettori, veicoli alimentari e acqua, le zoonosi, le MTS, epatiti virali, respiratori
etc. in totale monitora 52 malattie trasmissibile nell’UE.

I compiti della sorveglianza includono:

1. Ricerca, raccolta, confronto, valutazione e disseminazione di rilevanti dati scientifici e tecnici


2. Coordinare e assicurare le attività delle reti di sorveglianza dedicate
3. Sviluppare sistemi integrati di raccolta dei dati, che coprano tutti gli Stati Membri e tutte le
malattie trasmissibili, mantenere i database per la sorveglianza e preparare rapporti
standard estesi all’intera UE.

Quali sono le attività?

1. Avviare studi scientifici e progetti per la fattibilità, lo sviluppo e la preparazione delle proprie
attività
2. Cooperare in maniera stretta con le organizzazione che operano nel campo della raccolta dei
dati
3. Monitorare i trend delle malattie in Europa al fine di fornire un razionale per le azioni di
Sanità Pubblica negli Stati Membri e disseminare i risultati agli stakeholder per appropriate
e tempestive azioni di sanità pubblica a livello europeo e degli stati membri
4. Supportate il potenziamento dei sistemi nazionali di sorveglianza

L’efficacia complessiva del sistema di sorveglianza europeo dipenderà anche dalla qualità dei
sistemi di sorveglianza nazionali e dalla capacità operativa dei partner.

Perché è obbligatorio, è un dovere, per lo stato italiano inviare i dati sulle malattie trasmissibili in
Europa? Per assicurare un contrasto alla epidemicità e diffusione delle malattie infettive, che sono
diffusibili, e che quindi possono essere arginate e contrastate se si conoscono, e se possiamo
condividere con gli altri Paesi le metodologie di screening, di diagnosi, e di prevenzione. Questa
attenzione è molto elevata, per quanto riguarda il fatto che la malattia infettiva diffusibile, oggi è
l’epidemicità è più rapida, rispetto per esempio al colera che si diffondeva molto lentamente, perché
mancava il carattere della globalizzazione.

Quindi è necessario avere :

• Definizioni di caso, per la sorveglianza europea : devono essere definizioni comuni e questo
è un prerequisito per la confrontabilità dei dati sulle malattie trasmissibili, per una modalità
uniforme di reporting. Devono anche essere aggiornate nel tempo.

107
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

• Strategia di sorveglianza a lungo termine : di aiuto diretto alle decisioni per lo sviluppo a
lungo termine del sistema di sorveglianza europeo.
• Obiettivi della sorveglianza : l’obiettivo generale è di contribuire alla riduzione dell’incidenza
e della prevalenza (non deve avere un mero scopo descrittivo. E’ anche vero che non si può
prevenire ciò che non si conosce, cioè l’epidemiologia serve per la prevenzione) delle
malattie trasmissibili in Europa, fornendo dati di sanità pubblica rilevanti e accurati,
informazioni e report tempestivi per prendere decisioni, per innescare e divulgare azioni che
risulteranno nella prevenzione e controllo delle malattie trasmissibili in Europa. La
prevenzione deve anche dimostrare la sua efficacia, cioè se segue una reale e verificata
incidenza della malattia, valutando i dati concordati e producendo report tempestivi e
prendere le giuste decisioni.

TESSy è un sistema informativo di sorveglianza, altamente flessibile, per la raccolta, validazione,


cleaning, analisi e disseminazione dei dati. I suoi obiettivi chiave sono l’analisi e la produzione di
output per le azioni di sanità pubblica. Tutti gli stati membri riportano al sistema i loro dati sulle
malattie trasmissibili. Il TESSy ha rimpiazzato i sistemi di raccolta dei dati delle reti di sorveglianza
dedicate (DEDICATER SURVEILLANCE NETWORKS, DSNs) per fornire agli esperti un one stop shop
per i dati di sorveglianza europei. Ogni SM ha identificato dei soggetti che sono i principali CONTACT
POINTS per la comunicazione bilaterale con l’ECDC : tali epidemiologi e manager dei dati sono anche
le principali controparti responsabili per l’invio dei dati all’ECDC. L’obiettivo è quindi quello di creare
dei rapporti (aggiornati).

108
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

Si
tratta di 3 networks che fanno parte del programma sulla resistenza microbica.

1. EARS – Net : è un sistema di sorveglianza basato sui laboratori. Chi fornisce all’ECDC i dati
sono i laboratori clinici che tipizzano i microrganismi, e quindi poi inviano i dati a questo
network sulle resistenze antimicrobiche. Ma di tutti i microrganismi? No. Infatti in questo
caso vengono raccolti solo i dati che derivano da infezioni batteriche invasive. Perché
109
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

diciamo che, durante la pandemia da covid19 (VIRUS), la resistenza anti microbica tende ad
aumentare? Succede che, uno dei determinanti per la resistenza è l’abuso di antibiotici
oppure per uso scorretto o non appropriato, e questo determina una selezione dei
microrganismi resistenti che assumono un vantaggio selettivo, potendo determinare
infezioni, per cui nel momento in cui lo determinano, sono anche microbico resistenza. Ci
sono comunque anche altri motivi, che sono legati al fatto che la resistenza è legata a delle
fragilità nei pazienti, che sono quindi più soggetti a infezioni batteriche, come pazienti con
patologie oncologiche, o che necessitano di device invasi, e questi pazienti sono
intrinsecamente o estrinsecamente suscettibili ; e quindi poiché lo stesso target per le
infezioni da covid che per questi microrganismi resistenti, sono proprio i pazienti più fragili,
ci potrebbe essere una esacerbazione proprio durante la pandemia. E poi, ancora, l’altro
tema è quello dell’utilizzo di protezione in maniera corretta, dell’igiene delle mani, che viene
molto stressato per il contrasto a covid19, ma per alcuni indicatori, riteniamo che non sia
effettivamente così reso operativo in tutti i contesti assistenziali.
2. HAI-Net : è un sistema di sorveglianza, che è orientato a infezioni correlate all’assistenza in
pazienti particolarmente a rischio : pazienti intensivi, chirurgici sul sito chirurgico, infezioni
legate all’assistenza, nelle strutture sanitarie di lungo degenza come le RSA, con Clostridium
difficile.
3. ESAC-Net : rileva i consumi di antibiotici. Non c’è necessariamente una correlazione, cioè
che all’aumentare del consumo aumenti la resistenza. Ma è certo che l’abuso e l’utilizzo non
mirato, promuove un danno sul paziente con aumento della resistenza.

Questi sono dei dati nell’HAI NET del 2018. I risultati delle sorveglianze di prevalenza delle
110
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

infezioni correlate all’assistenza, vediamo che nella sezione della Euro Surveillance, c’è un lavoro
che ci dice a quanto ammonta il burden di malattia (o carico di malattia, cioè quanto pesa una
malattia sulla salute della popolazione). La prevalenza cioè ammonta al 6,5% pazienti con
almeno una ICA. Non sembra molto, ma lo è, vuol dire 310.755 paziento con ICA, con
interessamento di 28 paesi europei. E gli episodi per anni sono 4,5 milioni. E la resistenza anti
microbica, è presente nel 32% degli isolati. Un terzo lavoro importante sempre riportano
nell’Euro Surveillance è quello che riguarda l’uso di anti microbici per acuti; gli studi di
prevalenza sull’uso di antibiotici rispetto ai pazienti monitorati per lo studio, è del 33% dei
pazienti che ricevono almeno un antibiotico.

Come si fa a scegliere le priorità su cui intervenire?

Esiste un progetto che è il BCoDE che ha l’obiettivo di stimare il burden, quindi il carico delle
malattie trasmissibili mediante una misura composita che si chiama DALYs : Disability Adjusted
Life Years, perché rappresenta una misura sintetica del carico complessivo relativo a ciascuna
malattia trasmissibile, per capire in modo relativo, quali sono i problemi e quale peso dare a
ciascuno di essi.

Se un soggetto muore
a 60 anni, noi
possiamo calcolare gli
anni di vita persi per
morte prematura
rispetto all’aspettativa
di vita media, e quindi,
se quest’ultima è di 84
anni, un soggetto che
muore a 60 anni ha
perso 24 anni di vita.

Supponiamo che una


persona muoia a 60,
ma che in realtà abbia
contratto la malattia a
50 anni. Quindi era una
malattia cronica, degenerativa. Quei 10 anno possono essere considerati uguali agli anni vissuti
altrimenti in piena salute? Ovviamente no. Perché porta con sé tante complicanze, delle
restrizioni in alcune attività quotidiane etc., quindi è associata a un certo grado di disabilità. Ci
sono comunque dei fattori correttivi che ci permettono di quantizzare il danno di quei 10 anni.
Cioè non si fa 24 + 10.

111
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

Il YLD è 40 x 0,4 : 16 anni.

Questo è uno studio


miliare pubblicato su
PLOS. Ha voluti studiare
quanto fosse il carico di
malattia associato alle
ICA negli ospedali
Europei. Questo studio
ha utilizzato i dati del PPS
(Point Prevalence
Survey) su HAIs e l’uso di
antimicrobici in Europa,
basato su dati robusti :
infezioni del sito
chirurgico, delle vie
urinarie, polmoniti, sepsi
neonatali, infezioni del
torrente ematico (non sono le sepsi! Le sepsi non sono infezioni del torrente ematico, ma sono
sindromi di gravità di infezioni che possono derivare da infezioni in altre sedi) e infezioni dal
Clostridium difficile.

Il problema è che la stima del burden è data dalla loro particolare natura, cioè non è che le ICA
da sole presentano un carico. I pazienti con ICA spesso provengono da un precedente ricovero,
o hanno subito un intervento chirurgico o presentano co morbosità che, insieme alle ICA,
contribuiscono alla morbosità e mortalità. Pertanto, è essenziale studiare gli outcome dei
pazienti che sono specificamente da attribuire alle ICA e non alla malattia di base. Inoltre, i dati
ricavati dalle schede di dimissione ospedaliera che sono comunemente utilizzati per calcolare il
112
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

burden delle altre malattie, spesso non riflettono accuratamente il burden delle ICA, rendendo
necessaria l’identificazione di altre fonti di dati. Quindi è necessario correggere, per
comorbosità, l’effetto che è attribuibile alle ICA.

Poiché le ICA si verificano nel contesto di comorbosità è necessario una correzione per il loro
effetto. Al fine di tenere conto di tutte le possibili conseguenze sulla salute delle ICA, sono stati
sviluppati modelli di malattia, o alberi di esito “desease outcome trees”, basati su diverse
revisioni sistematiche della letteratura, sul rischio di complicanze, morte e durata della degenza
attribuibile alle ICA. Un albero di esito rappresenta il percorso di progressione di una malattia
nel tempo, a partire dall’infezione fino alla guarigione, alla disabilità permanente o alla morte.
Gli outcome possono includere complicanze a breve termine e sequele a lungo termine. Ogni
outcome è associato è associato agli altri outcome mediante una probabilità di transizione e
comprende una durata e un peso di disabilità. Gli autori hanno esaminato criticamente ciascun
outcome tree derivante da una revisione sistematica della letteratura e discusso e concordato
su ciascun parametro.

Le comorbosità influiscono anche sull’aspettativa di vita del pazienti ricoverati. Pertanto, la


popolazione è stata classificata secondo il punteggio di McCabe, registrato per ogni paziente
incluso nel PPS ECDC. Il punteggio di McCcabe fornisce un’indicazione sull’aspettativa di vita di
un paziente in base alla gravità della malattia di base. I pazienti sono classificati in 3 categorie,
in base al fatto che la malattia di base :
113
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

• Non sia fatale (punteggio 1, sopravvivenza prevista superiore a 5 anni)


• Sia definitivamente fatale (punteggio 2, sopravvivenza prevista tra 1 e 5 anni)
• Sia rapidamente fatale (punteggio 3, sopravvivenza prevista inferiore a 1 anno)

L’incidenza di ogni ICA è stata quindi divisa in 3 gruppi in base al punteggio di McCabe :

• Punteggio 1 : aspettativa di vita media standard


• Punteggio 2 : aspettativa di vita media 3 anni
• Punteggio 3 : aspettativa di vita media 0,5 anni

Il risultato, in termini di burden delle ICA e di tutte le altre infezioni, per cui si sono stimati i DALYs,
e con sorpresa, il burden delle ICA supera quello di tutte le altre malattie trasmissibili che è di 260
DALYs, con 501 DALYs per 100.000 individui della popolazione. Ci fa vedere come dipende da come
guardiamo gli eventi, da come parlano i numeri. Quindi si necessitano di sforzi intensificati per
prevenire e controllare queste infezioni, ponendo gli ospedali europei come zone più sicure.

114
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

Se poi noi andiamo a guardare questi carichi, calcolati per tipologia di infezioni, vediamo che le
infezioni del torrente ematico primarie con 145 DALYs, le polmoniti, le infezioni del sito chirurgico,
e del tratto urinario, le sepsi neonatali (è un burden molto piccolo). Tra polmoniti e infezioni dl
torrente ematico, in tutto abbiamo più del 60% del burden totale, quindi il carico maggiore di ICA è
attribuito a questi due. Poi le altre. Le sepsi neonatali, se le calcoliamo in DALYs per 100.000 individui
della popolazione generale, sarebbero meno importanti rispetto alle altre. Ma cosa possiamo dire?
Che il denominatore non è più 100.000 individui della popolazione generale, ma sono 100.000
neonati e il burden quindi cambia moltissimo. Quindi il numero hanno il loro significato, ma vanno
ben interpretati, e per fare questo, come minimo bisogna avere l’unità di misura giusta da
adoperare.

115
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

A questo primo studio


miliare, ne è seguito un
altro, pubblicato su
Lancet infectious
Diseases, sul burden
della resistenza anti
microbica in Europa. Lo
studio ha valutato 8
specie batteriche.

L’obiettivo era quello di stimare i DALYs specifici per microrganismo, resistenza antibiotica, tipo di
infezione, basandosi sull’incidenza. E quindi si sono sviluppati gli outcome trees.

116
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

Questo è un diagramma che ci fa vedere il burden dell’antibiotico resistenza nei vari paesi Europei,
dove nelle ascisse sono messi i DALYs per 100.000 abitanti, sulle ordinate sono messi i casi e le morti
divise per Paesi, e i vari colori indicano i vari agenti eziologici in rapporto alla resistenza a specifici
antibiotici. Vediamo, con grande rammarico, che l’Italia è al primo posto, rispetto alla media degli
altri Paesi.

117
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

MISURE DI IMPATTO
Sono misure importanti perché rispondono alla domanda “quanta parte della malattia può essere
attribuita a una particolare esposizione? Quanta parte della malattia può essere prevenuta
eliminando la particolare esposizione?”. Quindi, si accompagnano alle misure di frequenza
(incidenza e prevalenza), alle misure di associazione (rischio relativo e odds ratio).

Come è definito il rischio attribuibile negli esposti? È un numero assoluto, cioè il numero di casi di
malattia che si verificano negli esposti a un fattore di rischio, e dovuto al fattore.

Il rischio attribuibile nella popolazione, invece, è il numero di casi di malattia verificatisi nella
popolazione, dovuto a un certo fattore di rischio presente in una parte della popolazione.

Quindi, il rischio attribuibile, come misura assoluta, è un numero, conteggio di casi. Invece il rischio
attribuibile, come misura relativa, è una proporzione ; si parla infatti di proporzione attribuibile
negli esposti → in percentuale, è la proporzione di casi dovuti a un certo fattore di rischio sul totale
dei casi verificatisi negli esposti.

La proporzione attribuibile, rischio attribuibile percentuale nella popolazione, è la proporzione di


casi dovuti a un certo fattore di rischio, presente in una parte della popolazione, sul totale dei casi
verificatisi nella popolazione.

I sta per incidenza


tra esposti e non
esposti. Il rischio
relativo è pari a
10, e significa che
il rischio di
ammalare fra gli
esposti è 10 volte
più elevato
rispetto ai non
esposti. E il rischio
attribuibile cosa
è? È la
proporzione fra
esposti nella
popolazione
(200.000/600.000,
quindi 1/3 sono esposti). E nei malati? Si la il rapporto tra 200 casi ed esposti su 240 casi in totale di
malattia : 200/240 = 5/6. Quindi il rischio attribuibile è la differenza di rischio tra gli esposti e i non
esposti, quindi l’eccesso di rischio è la proporzione attribuibile!

118
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

Questo cosa vuol dire? Che il rischio attribuibile dipende da un lato dal rischio relativo (10 volte
tanto), a anche dall’incidenza della malattia. Quindi nelle malattie a bassa incidenza con elevati
rischi relativi, il rischio attribuibile sarà basso ; nelle malattie ad alta incidenza ma con bassi rischi
relativi, il rischio attribuibile è molto alto.

Ancora, in altre parole, il rischio attribuibile tra gli esposti (o differenza di rischio o eccesso di rischio)
è la % di casi tra i soggetti esposti che possono essere attribuiti all’esposizione. Fornisce informazioni
sugli effetti assoluti dell’esposizione.

Possiamo anche esprimere il rischio attribuibile come percentuale di tutti gli eventi tra gli esposti
che possono essere attribuiti all’esposizione : frazione attribuibile tra gli esposti

119
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

In uno studio a coorte, quindi


prospettico, noto il RR relativo possiamo calcolare il rischio attribuibile tra gli esposti.

Se noi vediamo, la mortalità complessiva delle ICA non è cambiata nel tempo, ma si mantiene
pressoché costante. È intorno al 18%. Inoltre, sappiamo che l’infezione conferisce il rischio di
mortalità fra i pazienti. E quanto è più elevato il rischio di morire tra gli infetti e i non infetti? Per
quantificarlo, è stata progettata una misura nel rischio per coorte che è il Rischio Relativo, che è una
misura di associazione. Il RR è un rischio aggiuntivo, di quanto è elevato il rischio di morire tra gli
infetti piuttosto che nei non infetti, infatti è l’incidenza della morte tra gli infetti diviso quella tra i
non infetti. Nel caso specifico, in aggregato, in tutte le terapie intensive, ce ne saranno alcune in cui
la proporzione di morte fra gli infetti è del 44%, altri sarà 34%, in aggregato e quindi
complessivamente è del 38%. Non è poco. E tra i non infetti è 15%, cioè su 100 ricoverati ne muoiono
15. Cioè c’è un rischio 2,5 più elevato di morire tra gli infetti rispetto ai non infetti. E la frazione
attribuibile tra gli esposti? Cioè, il rischio di morire tra gli infetti è più elevato, ma quanta parte di
questa mortalità è attribuibile all’infezione? (perché alcuni di questo potrebbero essere morti non
a causa dell’infezione, ovviamente). Cioè bisogna capire, se io convergo degli importanti interventi,
quanta ne posso prevenire di mortalità in ICU? Questo è il ragionamento. E questa frazione
attribuibile è data dalla differenza tra l’incidenza tra gli esposti e non esposti, diviso l’incidenza tra
gli esposti x 100. Quindi quantifica il RUOLO dell’infezione, e mi misura anche un obiettivo
raggiungibile o meno, ma almeno teoricamente se riesco a mettere in atto delle strategie di
controllo, posso ridurre il rischio. E di quanto? È 60%. Quindi non è che io tra gli esposti e quindi
infetti posso ridurre tutta la mortalità, perché so che tra i non infetti la mortalità c’è pure. Il risultato
è 60%, che è una quota importante.

120
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

Ci sono altri esempi. Quanto impatta la antimicrobico resistenza sulla morte? E anche qui ci sono
delle percentuali interessanti. Cioè la frazione attribuibile di mortalità attribuibile all’acinetobacter
Baumani multi resistenti è del 75% , quella attribuibile a Klebsiella Pneumoniae è del 52%.
Ricordiamo che queste non sono proiezioni, ma sono numeri tratti dalla popolazione, che attiene a
una rivelazione con definizioni e protocolli condividi, definizione di caso molto precisa in modo da
essere confrontabili. Per questo possiamo aggregare poi i risultati.

Come si fa la prevenzione delle infezioni correlate all’assistenza? Si fa ad opera di 2 componenti


della sorveglianza, da una parte esperti igienisti ed epidemiologici, dall’altra abbiamo i clinici perché
sono i primi che per interesse nella qualità del loro operato e della loro attività, vogliono sapere cosa
succede in reparto, individuare i rischi del reparto e proporre e applicare eventuali sistemi di
contenimento.

Come ad esempio nelle polmoniti correlate all’assistenza. Il bundle è un gruppetto di procedure (5-
7) che se adoperate insieme tendono ad essere più efficaci nella gestione di una malattia. Esista una
società, la ESICM, European society of intensive care medicine, che ha convenuto su un bundle
europeo. Cosa comprende? Bisogna :

1. Non modificare il circuito respiratorio se non specificamente indicato (strategia clinica)


2. Rigorosa igiene delle mani con il gel idro alcolico prima di gestire le vie aeree (strategie
igienista). Sembra banale ma non sempre c’è questa compliance
3. Sedazione durante il giorno e protocollo di svezzamento dal ventilatore da seguire (strategia
clinica) in maniera rigorosa
4. Igiene orale con clorexidina (igienista)
5. Controllo della pressione della cuffia almeno ogni 24 ore

Questo è uno dei tanti bundle. Questo è quello europeo. Per andare a misurare quanto gli operatori
fossero complianti a queste strategie, sono stati condotti degli studi. Per compliance al bundle, si
intende il numero di casi in cui viene osservata l’aderenza a una specifica misura sul totale di pazienti
ricoverati nello stesso periodo di tempo.

121
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

Si è visto che la maggiore compliance era a non modificare il circolo respiratorio ove possibile,
mentre quella che era meno seguita era il protocollo e controllo della sedazione. Le ragioni sono
diverse. L’igiene delle mani spesso è molto seguita e rigorosa. Nel frattempo si contavano anche le
polmoniti correlate all’assistenza, e cosa si è rilevato? La compliance a tutte e 5 le componenti
(ricordiamo che il bundle funziona quando sono tutte e 5 seguite, perché è una strategie sinergica)
si attesta soltanto al 20%. Quindi separatamente hanno percentuali alte, ma se la guardiamo in toto
ci accorgiamo che la percentuale è solo del 20%. Da questo si capisce quale sarebbe l’intervento da
poter attuare, e cioè si può proporre di aumentare la compliance a tutte e 5 le componenti.

122
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

Vediamo
una curva
di correlazione → misura statistica che mostra l’andamento del rischio di infezione, e in particolare
di polmoniti associate all’intubazione all’aumentare delle componenti del bundle alle quali si è
complianti. Si vede chiaramente che c’è una correlazione negativa/inversa e quindi un r (indice di
correlazione) negativo, inferiore a 1 e significativo, e all’aumentare delle componenti del bundle
rispettare diminuisce in maniera evidente e significativa il rischio di polmonite. Questo ci convince
che, per ridurre le polmoniti correlate all’intubazione, è importante innanzitutto rispettare tutte e
5 i punti, ma anche un attento monitoraggio continuo e sistematico di questa compliance, e quindi
risulta fondamentale un efficace sensibilizzazione e formazione del personale sanitario.

Applicando questo
stesso ragionamento al calcolo della proporzione prevenibile, si è sostituito la definizione di migliori
123
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

reparti UTI (quelli con rischio più basso, quando sei più compliante alle migliori pratiche di
assistenza) con le terapie più complianti al bundle europeo. La proporzione diminuisce un pochino
e non è più del 44% ma del 40%. Abbiamo dato quindi una concretezza operativa.

E’ una analisi che ci ha consentito di identificare 3 cluster di pazienti che rispetto alle loro
caratteristiche al momento del ricovero presentano queste caratteristiche di cui sopra.

124
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

Questa è una “visual


analysis” che ci fa vedere il destino dei pazienti in relazione al loro cluster di appartenenza. In
particolare nel cluster 1 erano presenti pazienti senza cateterizzazione. I pazienti che non sviluppano
nessuna CAUTI (catheterism associated urinary tract infections) e i pazienti che sviluppano una
CAUTI, e di questi quelli che sviluppano sepsi o no. Vedi i dati sopra.

Il SAPS II è uno degli score più utilizzati in UTI, inizialmente sviluppato per valutare la gravità dei
pazienti al momento del ricovero. In seguito, diversi studi hanno studiato la relazione tra SAPS II e
la durata di degenza in UTI, il rischio di ICA, e altri outcome avversi. L’obiettivo di questo studio è
quello di valutare la performance del SAPS nel predire il rischio di ICA al momento dei ricovero in
UTI. Sviluppare un algoritmo di classificazione che tenfa conto del SAPS e di altre variabili raccolte
al momento del ricovero (genere, provenienza, trauma, immunodepressione, somministrazione di
antibiotici nelle 48 h prima o dopo il ricovero, trattamento per malattia coronarica acuta, intervento
chirurgico prima del ricovero in UTI, presenza di dispositivi invasivi al momento del ricovero in UTI).
Questo è molto importante da un punto di vista clinica, perché permette di prevedere i pazienti che
potrebbero avere un outcome peggiore. È stata provata una metodologia innovativa → support
vector machine, che è un algoritmo che serve per identificare il maggior rischio. Il risultato è
sintetizzato da questi grafici :

125
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

Si tratta
di una rock curve che ha in ordinate la sensibilità e in ascisse la specificità. L’area sotto la curva, cioè
la AUC è nel primo caso del 56%, quindi approssimativamente del 61%. Mentre, adoperando questo
algoritmo, a destra, abbiamo una performance migliore con un’area sotto la curva (AUC, area under
the curve) del 90% con accuratezza dell’88%. Quindi ci aiuta di più, è più predittivo piuttosto che il
SAPS II.

126
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

PREVENZIONE
È scienza, sono protocolli e obiettivi raggiungibili.

La prevenzione vera richiede degli obiettivi quantitativi che devono essere posti che, naturalmente,
devono essere fatti in maniera ragionevole, facendo riferimento alle concrete possibilità di
prevenzione.

Oggi, in realtà, si parla di :

• Prevenzione primaria, con manovre che servono per bloccare o intercettare le patologie
prima che raggiungano l’uomo. Questa è la prevenzione vera.

127
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

Nel 1978, Strasser suggeriva che la prevenzione delle malattie cardiovascolari dovrebbe, come
concetto, andare oltre il conetto di prevenzione primaria, e coniò il termine di “prevenzione
primordiale” per denotare tutte quelle attività che intervengono non solo prima della malattia, ma
addirittura prima che i fattori di rischio possano prendere piede e diffondersi nella popolazione,
quindi interviene ancora prima. Suggerì quindi che dovrebbe andare proprio oltre, cioè dovrebbe
prevenire l’apparizione dei fattori di rischio nella popolazione, cioè dovrebbe avere come target i
determinanti di salute, quindi il benessere generale, l’organizzazione sociale, l’uguale distribuzione
dei determinanti dell’esposizione etc.

questi sono i 3 livelli di


prevenzione.

Al contrario della
piramide sulle evidenze
che abbiamo già visto
nelle lezioni
precedenti, qui la
prevenzione che sta
alla base non è quella di
minore importanza,
cioè meno ambiziosa.
La base è proprio quella
più ambiziosa, tanto da
essere definita come
prevenzione vera. La
primaria serve per
ridurre l’incidenza di malattia prima che i fattori di rischio prendano piede e agiscano, cioè prima
dell’avvio del processo patogenetico. Poi abbiamo la secondaria, cioè un livello di prevenzione in
grado di rilevare e trattare condizioni pre cliniche patologiche e quindi controllarne la progressione.
L’obiettivo della secondaria quindi è quello di migliorare, controllare la progressione di malattia,
128
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

migliorare i tassi di mortalità, etc. La terziaria invece ha un significato enorme, perché va a


intercettare l’impatto della malattia, il suo target non è l’incidenza della malattia né di incidere su
mortalità o sopravvivenza, ma ha come target la qualità della vita. Quindi è un obiettivo che diventa
sempre più importante, perché c’è una frazione di malati di certe malattie che ne moriva facilmente,
che invece sopravvive, considerando quello che è l’obiettivo della sanità pubblica, che non è quello
di prolungare il periodo di sofferenza, ma aumentare la sopravvivenza assicurando una sempre
migliore qualità della vita.

E’ un vecchio concetto
identificato nel primo
livello di prevenzione con
lo scopo di aumentare
l’autonomia dei singoli
per essere in grado di
capire quale è il
comportamento migliore
per aumentare la qualità
della vita. L’obiettivo
della popolazione non è
quello di lavorare per la
popolazione, ma di lavorare CON la popolazione, senza obbligare nessuno, coinvolgendo la
popolazione e aumentando l’empowerment, cioè la conquista della consapevolezza di sé e del
controllo sulle proprie scelte, decisioni e azioni, scegliendo liberamente le proprie scelte di salute,
che chiaramente riguarda tutte le fasi medico chirurgiche, dalla diagnosi alla riabilitazione. (questo
è il 2° livello). Il 3° livello è quello di formare ed educare gli operatori sanitari, con l’avanzare delle
conoscenze che devono essere appannaggio non solo della popolazione ma soprattutto degli
operatori sanitari in maniera tecnica, scientifica ed approfondita. Perché? Perché uno dei momenti
principali per raggiungere i primi obiettivi (?) è quello di ricostruire la figura del medico che deve
essere ben preparato. Il 4° livello riguarda la capacità di mettere insieme networks e collaborazioni
su obiettivi condivisi. Il 5° livello è quello di cambiare le pratiche organizzative, e questo non riguarda

129
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

i singoli ma è un obiettivo collettivo importante. Il 6° livello è quello di influenza le policy e la


legislazione che passa attraverso questi livelli, che vanno tutti raggiunti.

PREVENZIONE DELLE INFEZIONI

Gli obiettivi sono :

- Proteggere il singolo individuo : la singola persona può proteggersi


individualmente da buona parte delle infezioni, attuando opportuni
comportamenti, anche in mancanza di interventi di prevenzione
attuati dalle pubbliche autorità a vantaggio dell’intera comunità,
anche se questi risultano necessari per ridurre i rischi di contagio e di
infezione nella popolazione. Soltanto per alcune infezioni, come
quelle trasmesse per via sessuali, resta un fatto essenzialmente
individuale.
- Controllare le infezioni nella popolazione
- Eliminare le malattie dalla popolazione : assenza di nuovi casi di
malattia come effetto di specifici interventi di prevenzione in una data
popolazione. Nuovi casi di malattia possono però ripresentarsi se
viene meno il rispetto delle norme e delle pratiche preventive in
quanto esistono ancora dei serbatoi di infezione. Ad esempio il tetano
chirurgico, puerperale e del neonato, nonché in Italia la difterite e la
poliomielite.
- Eradicare le infezioni dal territorio : rimozione dell’agente causale,
sicché non si presentano più casi di malattia ne potranno mai
presentarsene in futuro. L’unico esempio di eradicazione mondiale ad
oggi è costituito dal vaiolo (1979). L’eradicazione può essere quindi,
mondiale, regionale (una vasta area geografica, un continente), locale
(nazionale). Le infezioni eradicabili sono la difterite, poliomielite,
morbillo. Grazie alla presenza di vaccini efficaci contro queste malattie
soggette a vaccinazione di massa (obbligatoria e non) e all’assenza di
serbatoi animali dei rispettivi microrganismi, nonché di portatori. Le
infezioni NON eradicabili sono la tubercolosi, brucellosi, febbre tifoide
; e quelle difficilmente eradicabili sono l’epatite B per la quale esiste
lo stato di portatore cronico.

Anche nelle infezioni, nello specifico, oltre la prevenzione primaria, possiamo effettuare una
prevenzione secondaria. Questa, ha l’obiettivo di impedire che la malattia infettiva evolva in
malattia conclamata. Cioè è possibile solo per poche malattie, a lunga incubazione come la TBC o
l’AIDS per le quali è possibile applicare test di screening basati sulla dimostrazione della risposta
immunitaria all’infezione. (allo stesso modo è più semplice per quelle patologie cronico
degenerative che hanno un lungo periodo di latenza). I benefici che se ne ricavano, grazie a specifici
trattamenti messi in atto, non riguardano solo il paziente stesso, ma si estende anche alla sanità
pubblica, e quindi evitarne la diffusione nella popolazione.
130
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

Per quanto riguarda invece la prevenzione primaria, questa consiste nel :

1. Evitare il contagio, impedendo che il microrganismo venga a contatto con l’ospite recettivo.
Vedi covid, quindi distanziamento fisico, mascherine chirurgiche ai fini di contenere le
droplets di ciascuno, le visiere, ma anche il lavaggio delle mani con gel idroalcolico o acqua
e sapone, ma anche disinfezione dell’ambiente circostante delle superfici sia in casa
2. Evitare l’infezione, impedendo che il patogeno si moltiplichi nell’ospite reso non recettivo

Quindi gli obiettivi della prevenzione primaria sono :


• Scoprire e rendere inattive le sorgenti e i serbatori di microrganismi patogeni :
1. Isolamento : separazione del soggetto da tutte le altre persone potenzialmente
suscettibili, ad eccezione del personale sanitario di assistenza. Si raccomanda nel proprio
domicilio o nelle RSA di non condividere gli spazi, specialmente sanitari e conviviali.
2. Contumacia : obbligo di permanere in un determinato luogo (ospedale o proprio
domicilio) per il periodo prescritto, osservando le prescrizioni igienico sanitarie imposte
dall’autorità sanitaria
3. Provvedimenti nei confronti dei “contatti” : sono comportamenti che si propongono a
coloro i quali sono venuti a contatto con il potenziale infetto o portatore diventando
sorgente di infezione.
4. Disinfezione : distruzione dei microrganismi agenti di malattie infettive, per impedire la
persistenza e la diffusione nell’ambiente e l’arrivo fino a soggetti recettivi. E si
distinguono :
- Continua
- Periodica
- Terminale
5. Sterilizzazione : distruzione di ogni forma vivente, comprese le spore, rendendo
assolutamente privo di microrganismi, sia patogeni, sia commensali o saprofiti, l’oggetto
o l’ambiente da sterilizzare. Es. i ferri chirurgici e materiali mono uso che sono già
sterilizzati alla distribuzione.
6. Disinfestazione : intervento di prevenzione primaria per la lotta contro i vettori di malattie
infettive trasmesse da artropodi (attivi).
- Disinfestazione integrale
- Derattizzazione
• Interrompere le catene di trasmissione : ci vuole una certa educazione comportamentale.
1. Bonifica dell’ambiente : rimozione dall’ambiente fisico e sociale dei microrganismi che
possono favorire la diffusione delle malattie infettive. Una rapida riduzione dei casi di
malattia si può avere agendo sui veicoli e sui vettori dei rispettivi agenti patogeni.
2. Modificazione dei comportamenti : vi sono diversi comportamenti individuali che
espongono a maggiori rischi nei riguardi di diverse malattie infettive come i
comportamenti sessuali, abitudini alimentari come l’accortezza di lavare sempre frutta e
verdura non solo per rimuovere residui di terriccio ma anche per rimuovere una
contaminazione microbica che può veicolare infezioni, includendo anche tutto ciò che
131
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

riguarda il trattamento degli alimenti come ad esempio la separazione tra ciò che è cotto
e ciò che è crudo, specialmente per gli alimenti di origine animale (infatti i cibi crudi come
ad esempio il pollo che è spesso contaminato da Enterobatteriacea o altro viene
conservato in contenitori appositi e poi dopo vengono cotti, è chiaro che se poi si ripone
nel contenitore dove era stato messo da crudo si contamina di nuovo o anche le uova
crude che veicolano infezioni alimentari), igiene personale da insegnare sin da piccoli.
• Aumentare le resistenze alle infezioni : evitare che una volta avvenuto il contagio il
microrganismo penetrato nell’ospite non possa dar luogo al processo infettivo. La
distruzione del microrganismo può avvenire :
- Aumentando le difese proprie dell’organismo
- Con la somministrazione di sostanze anti microbiche

Le resistenze alle infezioni possono essere :

• Aspecifiche o naturali : barriere fisiologiche (cute e mucose) che si oppongono alla


penetrazione dei microrganismi e se vengono superate intervengono meccanismi umorali e
cellulari aspecifici che tendono a distruggere i microrganismi giunti in circolo e nei tessuti.
Esse sono particolarmente importanti nella protezione dalla infezioni opportunistiche
• Immunoprofilassi attiva o passiva
• Chemioprofilassi primaria : consiste nella somministrazione di chemioterapici o antibiotici a
persone che sono state di recente esposte al rischio di contagio ed ha lo scopo di impedire
lo sviluppo del processo infettivo distruggendo i microrganismi eventualmente penetrati,
prima che abbiano potuto impiantarsi e moltiplicarsi nell’organismo. Tipico esempio è la
chemioprofilassi pre operatoria, poco prima dell’intervento, in modo ottimale, non più di
mezz’ora/1 ora dall’incisione chirurgica, si usano antibiotici a largo spettro. Dopo
l’intervento è raccomandato che entro le 24 ore non si somministrino più antibiotici, a meno
che la durata dell’intervento o le perdite di sangue non siano state superiori alla mediana
della durata degli interventi per quel tipo di intervento e quindi eventualmente in questo
caso si può dare un’altra dose di antibiotici intra operatoria o nell’immediato post
operatorio. Quindi si dice ONE SHOT, perché è raccomandato solo prima dell’intervento. La
non compliance a queste linee guida comporta che invece di ottenere il risultato sperato,
cioè la prevenzione delle infezioni del sito chirurgico, otteniamo proprio l’opposto, cioè
aumenta l’incidenza e cioè la frequenza di infezioni del sito chirurgico.

L’immunità è uno stato di resistenza che un organismo può presentare di fronte a una infezione. E
si distingue una forma :

➢ Naturale : la capacità di difesa che l’organismo manifesta verso un agente estraneo in


maniera spontanea, indipendentemente da precedenti contatti con lo stesso agente. È una
immunità aspecifica, e può essere assoluta (refrattarietà) o relativa.
➢ Acquisita : è strettamente specifica che viene acquisita o per aver superato naturalmente
una malattia infettiva contratto, oppure può essere ottenuta artificialmente mediante
somministrazione di vaccini (immunoprofilassi attiva) o di sieri immuni e immunoglobuline
(immunoprofilassi passiva).
132
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

L’immunoprofilassi attiva quindi si identifica nella vaccino profilassi. I vaccini servono a stimolare il
sistema immunitario del vaccinato, che sviluppa uno stato di resistenza specifica verso il
microrganismo verso cui è immunizzato. La durata della protezione è variabile e può andare da circa
1 anno fino ad oltre 10-20 anni. Il richiamo dell’immunità si ottiene con una dose “booster”.

L’immunoprofilassi passiva è attuata con la somministrazione di immunoglobuline umane o di sieri


immuni di animali (sieri eterologhi) che vengono rapidamente assorbiti e raggiungono la massima
concentrazione in circolo entro 2-4 giorni. Tenuto conto della rapidità con cui si ottiene la
protezione, si utilizza quando persone non vaccinate sono esposte ad un grave rischio di infezione
(es. tetano). La durata dell’immunità è però breve (4-6 settimane per le Ig umane e 2 settimane per
i sieri eterologhi). Quindi questa si basa soltanto sulla somministrazione di anticorpi pre formati.
Questi devono essere intanto disponibili e devono essere sicuri. Si preparano o da soggetti che
hanno avuto la malattia e quindi essendo immuni naturalmente possono donare il plasma con gli
anticorpi che possono venire più o meno purificati. Veniva usata di più nel passato, è andato a
diminuire l’uso, perché chiaramente viene facilitata la trasmissione di agenti ignoti o noti che per
qualche motivo, errore o controllo, non sono stati intercettati. Quindi l’utilizzo di derivati ematici
deve essere sotto stretto controllo, per non incorrere in questi effetti collaterali. Il vantaggio
maggiore è comunque che ha un effetto immediato, a differenza di quella attiva (che deve essere
attivata). Se da una parte questa immediatezza di attivazione può rappresentare un vantaggio, ne
rappresenta anche uno svantaggio perché la loro durata è limitata nel tempo, breve, perché
vengono metabolizzati e poi eliminati. Proprio per covid19 c’è in sperimentazione il trattamento con
anticorpi monoclonali, che potrebbero, se superano tutti i trials, essere utilizzati molto
precocemente in pazienti particolarmente suscettibili che hanno avuto contatto o anche
l’esposizione con pazienti covid positivi ; o anche per trattare i pazienti, anche se non sono
particolarmente efficaci quando la malattia è molto avanzata. Ci sono diversi studi.

Prevenzione secondaria e malattie infettive?

Ha scarsa applicazione a causa del breve tempo di incubazione dell'infezione. Come prevenzione
secondaria potremmo individuare quei soggetti che sono a rischio, oppure effettuare una
chemioprofilassi secondaria, evitando che l'infezione evolvi in malattia. La prevenzione secondaria
è pensabile solo per quelle patologie infettive a lungo periodo di incubazione, come possono esserlo
la TBC e HIV. Per quanto riguarda HIV la diagnosi precoce permette di iniziare subito il trattamento
prolungando di anni la comparsa della forma conclamata e dall'altra l'essere a conoscenza dello
stato di contagiosità permette alla persona sieropositiva di adottare delle precauzioni necessarie ad
evitare la trasmissione della malattia.

Prevenzione terziaria per le malattie infettive?

Consiste in interventi terapeutici che evitano la cronicizzazione e in interventi riabilitativi che


impediscano l'invalidità.

VAIOLO

133
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

Nel 1796 Edward Jenner dimostrò la possibilità di conferire l’immunità contro il vaiolo umano con
l’inoculazione del virus del vaiolo vaccino. Le mungitrici a contatto con le pustole di mucche affetta
dal vaiolo vaccino erano immuni dalla forma umana di questa malattia. Il contributo di Jenner fu
quello di provare che i soggetti inoculandoli con il virus del vaiolo erano immuni al vaiolo. Unica
esperienza di eradicazione mondiale di malattia infettiva. Si cominciò a somministrare il vaccino in
tutto il mondo, furono necessari moltissimi anno e tantissime campagne di sanità pubblica vaccinale
di massa e fu determinante nel determinare prima una riduzione dei nuovi casi e poi l’eradicazione.
L’ultimo caso è stato diagnosticato il Somalia nel 1977. Nel maggio 1980, la 33° World Health
Assembly dichiarò solennemente che il mondo e i suoi abitanti si erano liberati dal vaiolo, conquista
senza precedenti nella storia della Sanità Pubblica. La vaccinazione obbligatoria è stata sospesa
quindi a partire dagli anni 70’ e 80’ in tutti i Paesi. In Italia, la vaccinazione è stata definitivamente
abrogata nel 1981. Era una malattia devastante, deturpante, e provocava malattia estremamente
grave che portava alla morte.

Che cosa è un vaccino? È un preparato biologico di elevato potere antigenico che stimola
l’organismo a produrre attivamente una risposta immunitaria nei riguardi di determinati
microrganismi patogeni. La vaccinazione rappresenta un fondamentale intervento di prevenzione
primaria e richiede anche una pianificazione specifica e richiede una valutazione sull’efficacia, che è
tipico di tutta la metodologia. L’obiettivo della vaccinazione è quello di mimare, in un soggetto
suscettibile, un’infezione naturale per indurre una risposta immune adeguata a neutralizzare
l’agente patogeno che dovesse infettare il soggetto vaccinato. Ovviamente i soggetti che possono
avere di una vaccinazione sono quelli immunocompetenti, viceversa quelli non immunocompetenti
non riescono a sviluppare una sufficiente risposta immunitaria, per cui non possono essere
sottoposti alla vaccinazione. Ma è chiaro, che la vaccinazione della popolazione immunocompetente
crea un beneficio anche a chi non può ricevere il vaccino, riducendo la circolazione dell’agente
infettante. L’obiettivo è quello di determinare protezione, e non consiste nel dimostrare la presenza
di anticorpi!! (perché potrebbero non prodursi). Importante quindi è l’immunità di gregge, che
consente di proteggere certamente i vaccinati, ma anche i non vaccinati (non i NO VAX, ma chi non
PUO’ essere vaccinato!).

Un vaccino, come farmaco, deve essere :

1. Ben tollerato
2. Altamente immunogeno ed efficace
3. Facilmente usabile
4. Conservabile
5. Pratico impiego
6. Costo contenuto

134
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

L’immunità di
gregge è quella
conferita dalla
vaccinazione!!
Oggi, in piena
pandemia covid,
si usa a
sproposito
questo termine,
intendendosi
l’acquisizione di
immunità e
protezione
naturalmente.
Concetto
sbagliatissimo!!
La soglie di
copertura è molto elevata, solo il 5% dovrebbe rimanere scoperto dal vaccino.

Supponiamo di avere un R0, cioè tasso di riproduzione di base e cioè il numero di individui che
vengono contagiati a partire da una sorgente di infezione in una popolazione completamente
suscettibile quindi non immunizzata, pari a 4. Questa dinamica di trasmissione poi porta
all’epidemia.

A questo punto, se immaginiamo di aver fatto un intervento vaccinale e supponiamo che abbiamo
raggiunto il 75% della popolazione vaccinata e supponiamo di aver raggiunto un tasso di
riproduzione RE uguale a 1, vediamo un infetto che in una popolazione che non è totalmente
suscettibile, anzi per il 75% è immune, quindi solo ¼ in realtà è suscettibile, ecco che da un soggetto
indice o sorgente di infezione, ne viene infettato 1 mentre gli altri 3 sono immuni. Quindi la
trasmissione viene contrastata. A loro volta, i pallini verdi che sono gli immuni potrebbero

135
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

trasmettere ad altri 4, ma incontra sempre i ¾ di popolazione immune, e anche l’unico quarto che
è suscettibile non viene contagiato. L’unico soggetto contagiato è quello che è stato contagiato
dall’unica persona suscettibile.

Quindi vediamo come i


soggetti suscettibili risultano essere protetti. Questa è la HERD IMMUNITY (immunità di gregge)
che è un valore aggiunto della vaccinazione quando si raggiungano coperture vaccinali talmente
elevata da ridurre drasticamente la circolazione dell’agente patogeno.

Spesso però, copertura vaccinale non arriva al giusto valore → vaccine hesitancy, che è una paura,
un rinvio, una scusa per non farlo, che trova la sua alimentazione da parte spesso della categoria dei
medici, perché spesso non incoraggiano la vaccinazione, per varie situazioni. DUOLE DIRLO. Quali
sono le cause? (tipicamente interessano per persone laiche e non esperte di medicina)

➢ Scarsa consapevolezza degli effetti benefici per la salute, individuale, collettiva, derivanti
dalla somministrazione dei vaccini
➢ Ridotta percezione dei rischi legati alle malattie infettive, proprio grazie al successo dei
programmi vaccinali. Ci sono scarse conoscenze della storia della medicina e specialmente
della vaccinazione che è stata introdotta con la sconfitta del vaiolo. Quindi si pensa che il
rischio di una malattia infettiva sia lieve e banale. Oggi, per il covid si diceva all’inizio “è
banale, è come l’influenza!”. Ma la vera domanda da porre è : l’influenza è una infezione
lieve? ma assolutamente no! Può certamente decorrere lievemente, con pochi sintomi, nella
popolazione sana e giovane, ma nella popolazione anziana e /o altrimenti fragili può
diventare grave, dare esiti importanti e anche la morte. Per il morbillo addirittura si sentono
scemenze , non considerandola una patologia infettiva grave, “gli facciamo prendere il
morbillo!”. In realtà è sbagliatissimo, perché non è una semplice malattia esantematica, ma
dà spesso complicanze gravi se non addirittura mortali. Tra l’altro ha un R0 di 16!! Quindi è
altamente contagiosa! Quindi c’è una ridotta percezione! Perché? Perché non si vedono più

136
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

così spesso, grazie alle campagne di vaccinazione, e per questo motivo si tende a
minimizzare!
➢ Diffondersi di teorie del tutto prive di fondamento scientifico che mirano ad enfatizzare la
gravità e la frequenza degli eventi avversi da vaccinazione (fake news).
➢ Falsa correlazione tra i vaccini e l’insorgere di alcune patologie (ad esempio l’autismo) e
conseguente timore dei genitori di sottoporre i propri figli a vaccinazione. Bisogna
sensibilizzare e spiegare bene ai genitori.
➢ Diffondersi di movimenti di opposizione alle vaccinazioni per motivi ideologici o per altri
interessi, i cosiddetti NO VAX.

Per questo motivo, la copertura vaccinale non si raggiunge. E quali sono le conseguenze di questa
riduzione?

➢ Aumento dei casi di malattie infettive in fasce di età diverse da quelle classiche e quadri
clinici più gravi, con maggiore ricorso all’ospedalizzazione.
➢ Verificarsi di casi di infezione da virus della rosolia in donne in gravidanza, con rischio di
infezioni del feto (tra le possibili conseguenza : sindrome della rosolia congenita, parto pre
termine, aborto spontaneo o terapeutico, patologie neuropsichiatriche)
➢ Ricomparsa di malattie infettive che erano prima sotto controllo, spesso accompagnata da
ritardi nella diagnosi proprio per la difficoltà di riconoscere agevolmente quadri clinici
raramente o mai incontrati nella pratica clinica
➢ Aumento dei costi sanitari e sociali (sofferenza, mancanza di lavoro, supporto alla famiglia
etc.) legati al diffondersi delle malattie, all’incremento dell’ospedalizzazione e degli
eventuali esiti invalidanti

COMPOSIZIONE DEI VACCINI

• Microrganismi vivi attenuati : sono quelli che perdono il potere patogeno e sono quindi
incapaci di provocare manifestazioni cliniche della malattia ma stimolano le difese
immunitarie, cioè hanno un potere antigenico. Sono stati messi a punto selezionando
mutanti avirulenti, ad esempio con ripetuti passaggi in terreni colturali o in colture cellulari
in condizioni di moltiplicazione non ottimali. Tipici esempi sono quelli contro la poliomielite
con l’antipolio di Sabin (1956) che è stato preferito fino ad alcuni anni fa, e poi si è passati a
quello di Salk che invece è costituito da microrganismi uccisi o inattivati. Hanno il vantaggio
di stimolare le difese immunitarie, anche alla porta di ingresso con la stimolazione della
produzione di IgA al livello quindi mucosale, per via orale raggiungendo l’interstizio, venendo
subito intercettato e contrastato fin dal primissimo ingresso o esposizione. Lo svantaggio è
che la attenuazione lascia comunque un microrganismo vivo che può, quindi, retro mutare,
cioè tornare indietro, anche se molto raro. Altri esempi sono contro morbillo, parotite,
rosolia, varicella anti tubercolare, salmonella Typhi.
• Microrganismi uccisi o inattivati : sono microrganismi che mantengono la caratteristica
antigenica anche dopo la morte. Possiedono una minima efficacia per microrganismi con una

137
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

struttura antigenica costante e una efficacia ridotta per microrganismi con struttura
antigenica variabile. Il microrganismo viene inattivato tramite mezzi chimici (formolo,
fenolo, acetone) o fisici (calore, raggi UV). Un esempio è l’antipolio di Salk che è quello che
oggi viene utilizzato, poi l’anti rabbico e pertosse.
• Anatossine o tossoidi : esotossine di natura proteica chimicamente modificate in maniera
tale da : perdere la tossicità tramite procedure di laboratorio, e mantenere le proprietà
antigeniche. I tipici esempio sono l’antitetanico e anti difterico. Nel caso del tetano, un
soggetto che si ammala di tetano, con una spora, ha prodotto la sua tossina tetanica, ha
manifestato la malattia che spesso è letale ; supponiamo però che il paziente è stato
fortunato ed è sopravvissuto, il soggetto NON si è immunizzato! E potrebbe quindi
riprenderlo successivamente. Quindi, rispetto alle altre infezioni, il tetano rappresenta una
eccezione!! Invece con la vaccinazione, si sviluppa una risposta immunitaria attiva, per cui il
soggetti risulterò coperto.
• Frazioni di microrganismi : sono costituiti da microrganismi frammentati senza purificazione
degli antigeni di superficie. Esempio : vaccini anti influenzali “split” → vaccini sub virionici
costituiti da particelle virali disgregate e frazionate con trattamenti chimici.
• Antigeni microbici purificati : antigeni di superficie in grado di stimolare la risposta
dell’ospite. Mancano di componenti tossiche dei microrganismi, si ha quindi una riduzione
delle reazioni indesiderate. Esempio sono l’anti pertosse acellulare, meningococco C e
pneumococco.
• Vaccini anti idiotipo : regione variabile dell’anticorpo, che contiene i siti di combinazione
con l’antigene, ed è dotata di capacità antigenica. Rispecchia, come un “calco”, l’immagine
dell’antigene. All’interno di esso si inserirebbe l’anticorpo anti idiotipo, simile alla struttura
dell’antigene, ma diverso per la natura proteica, che può essere impiegato nella
vaccinazione. Non suscitano reazioni tossiche o allergiche, a differenza dei loro
corrispondenti antigeni. Ad oggi, non ne esistono ancora.
• Vaccini da manipolazioni genetiche : sono antigeni di virus, batteri o protozoi individuati
con le tecniche del DNA ricombinante vengono clonati in un ospite di facile moltiplicazione.
Esistono il vaccino contro l’epatite B che contiene l’antigene di superficie del virus HBV
prodotto clonando il gene dell’antigene di superficie HBsAg in Saccharomyces cerevisiae. E
anche il vaccino contro l’HPV ottenuto con analoga procedura per ottenere la proteina L1
del virus ; quest’ultimo non solo è in grado di proteggere dalle infezione dei vari tipi di HPV
(ricorda che esistono i low e high risk), ma il vaccino può anche contenere particelle che
immunizzano contro molecole non tumorali, e quindi proteggere da infezioni molto
fastidiose.
• Vaccini genici : allo stato attuale si possono identificare sotto il profilo concettuale, 5 tipi di
vaccini genici :
1. DNA convenzionali (1992)
2. DNA con librerie d’espressione (1995)
3. DNA per immunizzazione somatica transgenica (1997)
4. DNA in vettori batterici (1997)

138
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

5. RNA (1998)

Nel 1992 Tang et al., dimostrarono che l’introduzione, per inoculazione sottocutanea di DNA
plasmidico contenete un gene funzionale, in topi immunocompetenti era seguita da una risposta
immunitaria contro la proteina codificata dal transgene. Il materiale genetico all’interno della cellula
somatica imita in qualche modo gli agenti patogeni all’interno di una cellula infetta con produzione
di materiale antigenico responsabile della risposta immunitaria, il tutto senza minaccia di evento
infettivo.

Impossibile non parlare di un recente lavoro pubblicato su Nature, nell’Aprile 2020, sulla
competizione che c’è, a tutt’oggi, per la preparazione del vaccino contro il coronavirus, SARS Cov2.
Ci sono molti gruppi di ricerca che ci stanno lavorando, e già da Aprile ad oggi sono stati fatti tanti
passi avanti, perché sono stati intrapresi trials preventivi, studi sperimentali prima su volontari, poi
in cieco (quindi trials) per andare a studiare efficacia e sicurezza dei vaccini che sono stati messi a
punto. Quale è il razionale?

Sono tanti i tipi di vaccini nella


loro composizione che sono stati provati, per trovare un vaccino da poter utilizzare in larga scala
contro il Coronavirus. Ad oggi, senza vaccino, non abbiamo altro mezzo per combatterlo, se non le
misure preventive di cui abbiamo parlato. Sappiamo anche, che la strategia di vaccinazione che
seguirà la distribuzione del vaccino, non avrà finito il suo compito, perché sarà compito della sanità
pubblica concordare chi deve essere vaccinato all’inizio, perché non avremo dosi di vaccino per tutti,
e quindi dovrà essere decisa la priorità di vaccinazione. Dire che il vaccino equivale alla vaccinazione
139
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

è riduttivo ed errato, chiaramente il vaccino è il presupposto essenziale per la vaccinazione, ma non


è finito qui il compito; perché dopo aver provato la sua efficacia, non solo immunizzante (che
potrebbe anche essere poca)ma che protegga! Non è la stessa cosa, perché non è detto che un
vaccino possa essere immunogeno e che quella immunità sia protettiva, per insufficienza. Oppure
al contrario, in via teorica, potrebbe non essere in grado di suscitare una risposta anticorpale
diagnosticabile con una indagine sierologica, ma essere protettivo perché evidentemente l’efficacia
protettiva si manifesta tramite una immunità cellulo mediata che tipicamente è quella che viene
coinvolta nei virus, perché sono parassiti endocellulari obbligati. In questa diapositiva, vediamo che
ad oggi, ci sono più di 8 vaccini contro il coronavirus e questi si basano o si differenti virus o differenti
particelle di virus o parti di virus. Abbiamo quindi virus inattivati o indeboliti, vettori virali replicanti
o non replicanti, acidi nucleici di DNA o RNA, o basati su proteine con particelle virus simile o
subunità proteiche.

Come possono agire? Per quanto riguarda il virus indebolito, passa attraverso cellule umane o
animali in laboratorio, finché la mutazione, li rende indeboliti cioè meno in grado di determinare
malattia.

140
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

Nel virus inattivato, il virus è ucciso con la formaldeide o calore, e però bisogna avere enormi
quantità di virus purificato e provare che questo sia effettivamente efficace.

Quelli con acidi nucleici sono quelli più sicuri, più semplici, perché essendo formati solo da acido
nucleico non creano nessuna infezione, MA ad oggi non ci sono vaccini distribuiti che sono stati
preparati con questa tecnologia, quindi sono nuovi.

141
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

L’epidemiologia delle vaccinazioni si avvale non soltanto degli studi sperimentali, ma serve
anche ad andare a misurare il rischio nelle popolazioni, stratificate sulla base di caratteristiche
come età, genere, co morbosità, a cui somministrare il vaccino in sicurezza, per ottenere il
massimo della protezione (l’efficacia di un vaccino non si misura con il titolo anticorpale, ma si
va a guardare quanti soggetti vaccinati possono ancora acquisire l’infezione vs i soggetti non
vaccinati!). questo è una funzione della sanità pubblica, che quindi deve stabilire le categorie più
fragili alle quali somministrare il vaccino.

PIANO NAZIONALE PREVENZIONE VACCINALE

La vaccinazione ha bisogno di una programmazione, di un piano. Cosa richiede? Innanzitutto


l’individuazione della popolazione che ha priorità cioè i gruppi maggiormente suscettibili e
fragili, per programmare una vera politica vaccinale e cioè quelle decisioni basate sulle evidenze
scientifiche che portano al massimo beneficio. Il piano nazionale della prevenzione si riferisce
alla prevenzione generale delle malattie. Quello 2017-2019 è un piano nazionale a cui tutte le
regioni fanno riferimento per stabilire le proprie gestione e strategie migliore per proporre le
strategie di vaccinazione.

142
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

* popolazioni marginalizzati : migranti, ROM ad esempio.

6. guardare i database e individuare, incrociando i dati delle anagrafi vaccinali con i dati sui
residenti e i dati suoi nuovi nati, e capire dove si collocano quelle parti di popolazioni che non
raggiungono la vaccinazione, per raggiungerle. Una volta, questo problema veniva affrontato
quando parte del sistema vaccinale veniva offerto nelle scuole, come ad esempio per l’HBV nelle
scuole per ben 12 anni, a partire dai 12 anni e contemporaneamente nei nuovi nati, in modo da
coprire quelle popolazioni non altrimenti raggiunte.

7. se la vaccinazione efficacia (e per misurarne l’efficacia dobbiamo valutare quanto protegge i


vaccinati rispetto ai non vaccinati → analisi per protocollo. E anche una valutazione per sapere
in anticipo quanto quella vaccinazione può essere veramente efficace, in una situazione di real
life. Cioè quando propongo la vaccinazione, dipende dalla compliance della popolazione, e da
questo dipende l’adeguata copertura vaccinale. In quali condizioni possiamo avere una riduzione
del rischio con la vaccinazione? L’unica risposta ce la dà la sorveglianza, che raccoglie i dati di
malattia infettiva nella popolazione. Non perché non sappiamo sperimentalmente l’efficacia,
perché lo è, ma vogliamo capire se REALMENTE la vaccinazione impatta positivamente.)
Dobbiamo vedere il miglioramento dei casi nella rilevazione della malattia nella popolazione!!

143
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

144
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

Abbiamo il
vaccino esavalente : difterite, poliomielite, tetano, pertosse, epatite B, Haemophilus influenzae
di tipo B.

Gratuitamente e attivamente, cioè vengono chiamati i genitori.

La vaccinazione contro la varicella è relativamente recente, perché è stata resa obbligatoria dal
2017. Veniva percepita come del tutto lieve. E’ molto efficace e sicuro.

DOMANDE SUI VACCINI SONO MOLTO FREQUENTI. Come ad esempio quali sono le vaccinazioni
obbligatorie in Italia.

Queste sopra sono quelle fortemente raccomandate.

145
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

La campagna per la vaccinazione anti HPV è cominciata per la coorte del 1994, per bambine e
bambini, in quanto è l’agente necessario ma non sufficiente per determinare il carcinoma della
cervice uterina.

Calendario vaccinale dell’infanzia : si intende la successione cronologica con cui vanno effettuate
le vaccinazioni. Il calendario costituisce un’utile guida per gli operatori sanitari del servizi vaccinali,
i pediatri e i medici di medicina generale e anche per i genitori, ma rappresenta soprattutto, lo
strumento per rendere operative le strategie vaccinali. Il calendario è costantemente aggiornato
tenendo conto delle conoscenze scientifiche, della situazione epidemiologica delle diverse malattie
e della sua evoluzione delle esigenze organizzative e delle nuove preparazioni vaccinali messe a
disposizione dall’industria.

Le vaccinazioni iniziano dal 3° mese di vita.

146
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

Il vaccino anti polio che, quando è stato dichiarata la eliminazione della polio, si è continuato. E dal
2002 non si usa più l’OPV ma l’IPV (quello di Salk). È altrettanto efficace ma è ucciso, per contrastare
l’eventuale ma minimo rischio di retro mutazione del virus. Perché continuiamo a vaccinare la
gente con la poliomielite? Gli agenti eziologici della poliomielite sono i poliovirus, appartenenti alla
famiglia degli enterovirus. I poliovirus sono patogeni esclusivi dell'uomo, le sorgenti d'infezione sono
i malati o i portatori asintomatici. I poliovirus penetrano per via orale e si localizzano,
moltiplicandosi, a livello dell'anello del Waldayer e delle placche del Peyer del tenue. Da qui possono
andare ai linfonodi e poi al circolo. Nel 95% danno infezione asintomatica, nel 2-4% da
manifestazione aspecifiche e solo nell'1-5% da meningite. Le manifestazioni paralitiche si hanno solo
nello 0,1-2% delle infezioni. Dal momento che essi sono espulsi con le feci e con le secrezioni del
faringe la loro trasmissione si può avere o per via fecale-orale o per via aerea. La poliomielite rientra
tra le malattie eradicate ed eradicabili. Per rispondere alla domanda: si continua a vaccinare per
polio in quanto esistono in alcune regioni dell'Africa e del Sub continente indiano delle aree
endemiche per polio, quindi anche se rientra tra le malattie eradicabili non si è ottenuta
l'eradicazione globale (come per il vaiolo ad esempio), per cui se smettessimo di vaccinare i nuovi
nati, qualora si avesse la trasmissione del polio da quelle aree endemiche, il virus trovando soggetti
ricettivi per l'infezione inizierebbe un'endemia. Prevenzione nella poliomielite e tipi di vaccini?
Esistono due tipi di vaccino, quello vivo orale di Sabin e quello a virus inattivati di Salk. Vantaggio
del vaccino di sabin rispetto a salk e vie di somministrazione?

147
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

• Vaccino di Sabin: Sabin realizzò il vaccino attraverso la coltivazione su cellule renali di scimmia. Il
vaccino è costituito da virus vivi ma attenuati, cioè privi del loro neurotropismo. Sono somministrati
per via orale e si riproducono, così come i virus selvaggi, a livello dei tessuti linfatici della faringe e
del tenue, stimolando l'immunità sia mucosale che sistemica. L'immunità mucosale ha il vantaggio
di impedire al virus selvaggio di attecchire, interrompendone la circolazione, in questo modo il
vaccino non solo protegge dalla malattia ma anche dall'infezione. Il grande svantaggio di tale vaccino
è la retromutazione (anche se rara e comunque possibile), ovvero il virus recupera la sua
neurotropicità, dunque l'uso di tale vaccino non è accettabile in una situazione in cui il virus
selvaggio non è più circolante.

• Vaccino di Salk: è un vaccino costituito da virus inattivati (uccisi). Tale vaccino è privo di effetti
indesiderati e conferisce una buona protezione, anche se la ridotta immunità mucosale può
permettere l'infezione a livello mucosale. Questo vaccino si combina con gli altri vaccini dell'infanzia
in preparati esavalenti.

Vediamo
qui l’efficacia della vaccinazione. Questi sono i dati della sorveglianza riguardo la paralisi da polio
prima e dopo la vaccinazione, con progressiva riduzione di diagnosi, e l’ultimo caso di polio paralitica
in Italia si è verificata nel 1982. Il virus può infettare l’uomo, ma può diffondersi anche tramite la
contaminazione ambientale. È importante comunque continuare a proteggere la popolazione fino
a quando la eradicazione sarà raggiunta e proclamata. Purtroppo si deve registrare un decremento
della copertura vaccinale, che si è sempre mantenuta al di sopra del 95%, ma nel 2014 si è registrato
un calo delle vaccinazioni.

148
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

Per la difterite, abbiamo un andamento del numero dei casi con ultimo caso in Italia nel 1966, in
realtà un eventuale ritorno sarebbe visto con grandissima preoccupazione, in quanto ad esempio in
Spagna, nel 2015, dopo 30 anni di assenza di casi, si è registrato un caso di malattia, e un altro ancora
in Belgio, con decesso di entrambi i bambini, perché la difterite ha una storia patogenetica è
determinata dalla produzione della tossina batterica, per cui la cura non è l’antibiotico, ma la anti
tossina difterica per la quale cui i sistemi sanitari hanno poca disposizione, sono cioè impreparati.
Quindi è molto importante che venga ancora perseguita la vaccinazione.

149
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

150
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

Il nostro paese, per il Tetano, non è a livelli ottimali, perché evidentemente non è stata raggiunta
una ottimale copertura vaccinale. Dicevamo che, il tetano è una di quelle infezioni (trasmissibili ma
non contagiose) per cui il vaccino che è formato dalla anatossina tetanica, è molto più immunogeno
della stessa malattia. Quindi è molto utile ed efficace, che copre il rischio di tetano. Negli altri paesi
e anche in Italia, la copertura comunque è molto buona.

151
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

E’
importante non solo contro l’epatite B, ma è importante ricordare che questo virus è altamente
oncogeno, quindi protegge dall’epatocarcinoma.

152
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

Sono comunque piuttosto rare,


però, poiché si tratta di una malattia invasiva con esiti gravissimi e letali, è importante rendere
disponibile la vaccinazione.

153
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

Merita una
particolare attenzione, perché è una malattia che tutt’ora è endemica in molti paesi del mondo, e
in generale è una malattia che può dare complicanze che sono molto importanti perché si può
arrivare ad avere delle ? ma anche delle complicanze neurologiche come l’encefalomielite acuta
demielinizzante nello 0,1% dei casi con letalità del 15%, quindi significativo.

154
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

E’ importante ricordare a
tutti che la nozione di
malattia infettiva
dell’infanzia lieve e
innocua è assolutamente
da sfatare, data anche
l’altissima contagiosità
del virus, infatti ha un R0
pari a 16-18, quindi si crea
un enorme ventaglio
epidemico a partire da un
unico caso indice. Eppure,
questo paradigma si fa
risalire a questa frode
scientifica quando si
suggerì l’associazione del
vaccino con l’autismo, ha insinuato una enorme sfiducia. Non ci sono, infatti, evidenze di nessun
tipo, ed è stato anche ritirato. Il vaccino trivalente era prima facoltativo, consigliato.

I casi si rilevano con la


sorveglianza sanitaria.

155
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

156
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

157
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

158
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

Uno dei primi tumori


riconducibile a una infezione virale è proprio quello del carcinoma della cervice. Oggi infatti la
prevenzione primaria tramite vaccinazione è strettamente e strategicamente integrata con la
prevenzione secondaria che è quella che continua ad essere operata attivamente sul territorio e che
ha l’obiettivo di rivelare i dati precoci di lesioni pre neoplastiche o di infezione mediante il PAP test
e anche con la colposcopia, e quindi trattare queste lesioni e guarirle al 100%. Quindi sono due tipi
di prevenzione integrate. In particolare, l’Italia è stato il primo paese a pianificare una strategia di
vaccinazione contro l’HPV.

159
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

E la Sicilia, tra le regioni


italiane si è mossa per prima!
La campagna partì dal marzo
2008, a partire dalle nate dal
1997, ed era rivolto alle
ragazze tra gli 11 e i 12 anni.
Non si offre più a scuola, ma si
offre nei servizi di
vaccinazione, quindi negli
ambulatori.

I vaccini contro l’HPV sono :

1. Quadrivalente con proteine L1 dei tipi 16, 18, 6, 11 (Gardasil)


2. Bivalente con proteine L1 dei tipi 16, 18 (Cervarix)
3. Nonovalente che riguarda l’HPV 6, 11, 16, 18, 31, 33, 45, 52, 58 (Gardasil).

Le vaccinazioni per soggetti a rischio per esposizione professionale :

• Operatori sanitari
• Personale di laboratorio
• Operatori scolastici
• Lavoratori a contatto con animali o materiale di origine animale
• Soggetti addetti a servizi pubblici di primario interesse collettivo
• Altre categorie di lavoratori a rischio

Per le prime due categorie sono offerte : anti morbillo, parotite e rosolia, anti influenzale, anti
epatite B, anti pertosse, anti varicella, anti tubercolare.

CONTROINDICAZIONI

Sono quelle situazioni per cui è necessario rinviare il vaccino ovvero addirittura evitarlo. Possono
essere :

• Temporanee : situazioni transitorie solo per il periodo di tempo in cui sono presenti :
1. Malattie acute con febbre di grado elevato
2. Vaccinazioni con virus viventi come il trivalente o l’OPV se nei 30 giorni prevedenti è stato
somministrato un altro vaccino a virus viventi
3. Terapia, in corso, con farmaci che agiscono sul sistema immunitario o con cortisonici ad
alte dosi.
• Definitive : quando il bambino :

160
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

1. Ha manifestato gravi reazioni a precedenti vaccinazioni


2. È affetto da malattie neurologiche in evoluzione
3. È affetto da malattie congenite del sistema immunitario
4. È allergico alla proteine dell’uovo (se il vaccino ne contiene)
5. È allergico ad alcuni antibiotici come streptomicina e neomicina (se il vaccino ne contiene)

Se il bambino è affetto da malattie come leucemie, tumori, AIDS, la situazione va valutata caso per
caso.

PRECAUZIONI

Alcune situazioni non rappresentano vere e proprie controindicazioni ma, piuttosto richiedono
l’adozione di alcune precauzioni nella somministrazione del vaccino, come la pronta disponibilità di
anti infiammatori e anti piretici. I genitori, devono quindi, segnalare al medico vaccinatore :

1. Reazioni febbrili importanti a una precedente dose dello stesso vaccino


2. Episodi di irritabilità con pianto persistente e inconsolabile che si siano manifestati in seguito
a precedenti vaccinazioni
3. Presenza, nella storia della famiglia o del bambino stesso, di convulsioni febbrili
4. Somministrazione recente di immunoglobuline

LA SICUREZZA DEI VACCINI

Il processo di autorizzazione del vaccino si basa su prove ed evidenze di sicurezza ed efficacia e


tollerabilità. Il vaccino viene preparato in aziende che sono sicuramente autorizzate e soggette a
controlli periodici. Prima dell’immissione in commercio sono sottoposti a controlli molto accurati.
Sono numerati in modo che i lotti possano essere facilmente rintracciabili per eventuali interventi
in cui si debba ricorrere al ritiro dal commercio e utilizzo di questi lotti che potrebbero essere
segnalati. Inoltre, deve essere comunque somministrato dal personale qualificato, ecco perché gli
operatori dei servizi vaccinali sono soggetti ad essere adeguatamente provvisti di un numero e
qualità di professionisti tale da somministrare in maniera sicura la vaccinazione. Devono essere
conservati in modo appropriato e naturalmente è importante che ci sia una valutazione da parte del
medico che somministra il vaccino, o anche un infermiere ma con un medico sempre presente.

EFFICACIA VACCINALE

Capacità della vaccinazione di prevenire l’acquisizione di un’infezione, la malattia e le sue


complicanze. Questo parametro, è naturalmente, molto importante e la rapidità con la quale viene
raggiunto l’obiettivo di un programma vaccinale dipende anche dall’efficacia dei prodotti che
vengono utilizzati. Ovviamente maggiore è l’efficacia di un vaccino e più rapidi saranno i risultati del
programma stesso a parità di copertura vaccinale. Bisogna ricordare, infatti, che nessun vaccino ha
un’efficacia del 100%. In termini di popolazione questo significa che un certo numero di persone
vaccinate rimarranno suscettibili, come quelle non vaccinate → questo rafforza l’esigenza di avere
una sempre maggiore copertura vaccinale della popolazione target. L’efficacia è misurata prima
dell’autorizzazione del vaccino. È possibile calcolare un’efficacia teorica, cioè quella ottenuta in

161
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

condizioni ideali come nella sperimentazione. E un’efficacia pratica che indica il livello di protezione
che il vaccino fornisce nelle normali condizioni di utilizzo.

Gli indicatori sono :

Se noi vogliamo prevenire l’infezione possiamo anche fermarci alla misurazione degli anticorpi, ma
poiché la vaccinazione ha come obiettivo quello di prevenire la malattia, è importante la
sorveglianza clinica della malattia, e quindi valutare l’efficacia in termini di esito.

Se invece vogliamo valutare l’efficacia della vaccinazione nel ridurre le complicanze relative a quella
infezione, l’indicatore importante sarà il numero dei ricoveri ospedalieri per quella malattia e i
certificati di morte attribuibili a quella malattia.

I primi studi di efficacia sull’epatite B si sono basati sulla valutazione dei test sierologici per valutare
la proporzione di immuni. Sappiamo comunque che i titoli anticorpali sono i primi indicatori ma non
unici. Si ritiene necessario valutare la capacità dei vaccini di prevenire la malattia. Per il vaccino
influenza non si eseguono studi sierologici ma si diagnosticano le complicanze della malattia e la
mortalità della stessa.

L’efficacia quindi come si misura?

Si possono utilizzare diversi


disegni di studio per calcolare
l’efficacia vaccinale. Nel caso
di studi sulla capacità da parte
del vaccino di prevenire
l’infezione, talvolta si possono
utilizzare studi di siero
prevalenza valutando con un
solo prelievo la quota di
soggetti immuni in una
popolazione. Per calcolare le
incidenze di malattia, naturalmente, il disegno più appropriato è la sperimentazione clinica
controllata randomizzata in doppio cieco. Ma si possono utilizzare anche studi osservazionali.
Dovendo misurare delle incidenze i più appropriati sono gli studi di coorte, ma con alcuni
accorgimenti possono essere utilizzati anche i casi controllo.

EPIDEMIOLOGIA E PREVENZIONE DELLE MALATTIE NON TRASMISSIBILI

162
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

Ci mostra la
mortalità
(decessi x
100.00
abitanti
come tasso
aggiusto per
età), che ci
mostrano il
suo
andamento
per 3 grandi
classi di
cause, cioè,
le malattie

cardiovascolari (la curva con i punti gialli pieni), tumori (puntini neri pieni) e malattie trasmissibili
infettive (puntini bianchi). In questi grafici abbiamo nelle ascisse gli anni, e nelle ordinate la
mortalità. Abbiamo i trend che si sviluppano tra il 1900 e anni 2000. Se vediamo il trend
complessivamente e non classificato per genere, quindi integrando maschi e femmine nel primo
grafico, guardiamo la curva superiore (cardiovascolari e cerebrovascolari) e vediamo che la curva
rimane stabile nei primi anni con lieve decremento, ma il decremento è più marcato dagli anni 70
in poi, quindi c’è un decremento di mortalità. Attenzione che stiamo parlando di un tasso di
mortalità aggiusta per età! Noi cosa ci aspettiamo infatti? Che sono i più anziani ad avere un
determinato rischio, quindi se sono molto più numerosi (così come effettivamente abbiamo negli
ultimi anni), naturalmente ci aspettiamo un picco nel rischio a queste malattie associate, e invece
vediamo che nonostante il picco dell’invecchiamento, in realtà verso gli ultimi anni c’è addirittura
un decremento della mortalità per queste malattie. Cioè, se noi avessimo calcolato il numero di
morti attese per queste malattie, con lo stesso trend dei primi del 900, dato il numero notevole di
individui over 65 noi avremmo dovuto avere una mortalità ancora maggiore. Questo è quindi un
dato estremamente positivo. Se invece guardiamo la curva nera (quella più in basso) che è la curva
per tumori che, nonostante la standardizzazione ha un progressivo incremento e poi un decremento
molto più lieve rispetto a quello che si osserva per le malattie cardiovascolari e cerebrovascolari. La
curva per le malattie infettive, il decremento è molto importante, si vede proprio un crollo deciso,
che inizia dopo la Guerra, negli anni 40-50, ma in realtà comincia a scendere già un po’ prima,
intorno agli anni 20-30, da attribuire al fatto che si comincia a intervenire in Italia con
potabilizzazione dell’acqua, con interventi di risanamento delle case, gestione dei reflui, dei rifiuti,
quindi interventi molto ampi di sanità pubblica, che poi ovviamente sarà successivamente sempre
maggiore grazie alla diffusione dell’uso dei vaccini e degli antibiotici. Se noi, poi guardiamo la

163
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

mortalità agli inizi del 1900 di tutte le curve, vediamo che le prime due curve hanno la stessa origine
e poi pian piano diminuisce. Quindi la mortalità cambia totalmente, dove negli anni 50’ si assiste a
una transizione epidemiologica, perché si passa da la causa prevalente che è quella infettive a quelle
cronico degenerative e quindi malattie neoplastiche e cardio e cerebrovascolari. Le cause vanno
ricercate quindi nel miglioramento generale nell’organizzazione della sanità pubblica, e ciò ha
consentito un invecchiamento della popolazione progressivo, diffusione di abitudini nocive che
prima non erano sostenibili dalle popolazioni anche per la conquista del benessere economico
(obesità ad esempio, fumo, alcol, sedentarietà, autoveicoli →benessere ma anche possibilmente
nocivo) e quindi adozione di stili di vita in sui sono presenti fattori di rischio riconosciuti come
principali responsabili dell’insorgenza e della progressione delle malattie cronico degenerative.

Negli altri due grafici sotto, abbiamo invece i decessi per 100.000 abitanti per maschi e femmine,
rispettivamente. Vediamo subito che ci sono delle differenze. Ad esempio la mortalità per tumori
nei maschi è maggiore rispetto alla femmine, quella per me malattie infettive è riproducibile, quella
per le malattie cardio e cerebrovascolari è simile, ma non del tutto sovrapponibile.

GBD (Global Burden of disease) è un progetto pubblicato sulla WHO, molto importante che per i
processi di decision making in sanità pubblica e quindi per i processi di programmazione e
pianificazione mondiali, è necessario vere un quadro attento e affidabile e consistente per un
confronto su quale sia il burden delle malattie, e quindi il carico di malattia attribuibile nei vari paesi
del mondo. Infatti ci rendiamo conto che non tutti i paesi del mondo hanno la stessa distribuzione
di malattia, ed è molto importante capirne e identificarne il perché, sulla base dei fattori di rischio
che determinano le disuguaglianze di salute nel mondo si possono programmare ed avviare le
strategie di prevenzione più appropriate. I dati sulla mortalità, sulle malattie e sulla salute sono
quindi raccolti dall’OMS che coordina questo progetto e ci si rende conto che non tutta
l’informazione è disponibile in maniera precisa da tutte le parti del mondo. È chiaro che i paesi più
sviluppati hanno dei sistemi informativi in grado di rilevare al livello di paese e locale i dati e quindi
trasferirli al livello centrale, mentre i paesi più poveri sono meno attrezzati. Quindi il sistema
informativo è disuguale nelle varie parti del mondo. È necessario quindi integrare, validare,
analizzare e diffondere l’informazione per rendere fruibile da parte di tutti i sistemi e governi quale
è la perdita di salute, la disabilità, la mortalità per diverse malattie e, ogni paese che ha una
situazione specifica può decidere come pianificare i propri obiettivi in relazione alle risorse che
ritiene di investire.

Questo è una tabella che ci dà i dati di


mortalità proporzionale. Nel 2010
questa è la percentuale di morti per
causa.

164
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

Questi sono dati ISTAT


dell’anno 2014. Vediamo che la mortalità prevalente è per le malattie dell’apparato
cardiocircolatorio, con femmine che hanno una mortalità più elevata rispetto ai maschi. Al secondo
posto abbiamo la mortalità per tumori, che è superiore per i maschi, ma in realtà mentre i tumori
sono la seconda causa di morte per le femmine, per i maschi sembrerebbe superiore la mortalità
per tumori rispetto a quello per malattie cardiovascolari, ma non è significativa la differenza fra
mortalità per tumori e apparato cardiocircolatorio.

TUMORI

“Evidenze
salienti” che
sintetizzano
l’importanza e il carico
di queste malattie al
livello mondiale. È la
seconda causa di
morte come ci dicono
tutti gli indicatori ed è
responsabile di un
grandissimo numero di
morti, che nel 2018
arrivano a 9,6 milioni,
cioè 1 su 6 morti. Circa
1/3 di morti per cancro è dovuto a 5 fattori di rischio, comportamentali o dietetici : elevato BMI,

165
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

bassa assunzione di frutta e verdura, mancanza di attività fisica, fumo e alcool. Tra le cause più
importanti il fumo, responsabile del 22% delle morti per cancro, tanto importante quanto difficile
da combattere. L’impatto economico è un fattore importante, cioè il costo del cancro. È un costo
globale enorme, questo significa costo sanitario, costo in termini di risorse per diagnosi, trattamento
e per i servizi assistenziali, fino alle cure terminali. Il costo è importante perché sottrae ai
finanziamenti di sanità pubblica delle somma che potrebbero essere impiegate per prevenire
malattie prevedibili, non è che l’obiettivo della prevenzione è quello di ridurre i costi!! NO.

I tumori più comuni sono : quindi sono dati di morbosità

1. Polmone
2. Mammella
3. Colon retto
4. Prostata
5. Cute (non melanoma)
6. Stomaco

Le più comuni cause di morte sono : dati di mortalità

1. Polmone
2. Colon retto
3. Stomaco
4. Fegato
5. Mammella

Quali sono le cause del cancro? Le cause sono complesse e tipicamente sono dovute alla interazione
gene ambiente. Che significa? Che caratteristiche intrinseche e cioè mutazioni genetiche, familiarità,
interagiscono con esposizioni esogene (intendiamo non soltanto agenti che contaminano
l’ambiente e quindi le matrici ambientali, ma anche gli stili di vita) che sono : carcinogeni fisici,
chimici e biologici. Tra quelli fisici abbiamo le radiazioni UV e ionizzanti, tra i fattori chimici abbiamo
l’asbesto, componenti del fumo, aflatossine da contaminazione micotica di alcuni cibi come la frutta
secca, l’arsenico che è un contaminante dell’acqua potabile. Quelli biologici sono virus, batteri,
parassiti. Un fondamentale agente per lo sviluppo del cancro è l’invecchiamento, perché porta di
pari passo il rischio di cancro, cioè il numero di nuovi casi nel gruppo di età omogenea. Perché?
L’incidenza di cancro aumenta con l’età, drammaticamente, in modo deciso la curva si innalza.
Perché? Si accumulano nel corso degli anni le mutazioni cancerogene e viene meno l’efficacia dei
meccanismi di riparazione cellulare che consente di arrestare il progressivo deterioramento e quindi
il passaggio a forme mutate progressivamente pre neoplastiche e poi neoplastiche. Il meccanismo
è lungo, e questo offre la possibilità di prevenzione se intercettiamo a livello precoce queste
modificazioni cancerogene prima ancora che si manifesti la malattia, e la probabilità che la malattia
si manifesti quindi aumenta al crescere dell’età. Quindi è un processo a lungo periodo di latenza, e
per queste ragioni ha una maggiore incidenza con l’avanzare dell’età. L’età delle popolazioni avanza
di più nei paesi ad alto reddito rispetto ai paesi meno sviluppati, in ogni caso questo non vuol dire

166
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

che l’invecchiamento sia un invecchiamento non in buona salute. In Italia l’invecchiamento è in


buona salute e questo vuol dire che se i tassi di malattie cronico degenerative si fossero mantenute
ai livelli iniziali e la popolazione fosse invecchiata mantenendo uguali questi tassi, il rischio e
l’incidenza sarebbero stati molto maggiori. Quindi nonostante l’età media sia aumentata e quindi
anche il rischio, ma c’è stata una importante efficacia della prevenzione.

I fattori di rischio sono :

• Fumo di sigaretta
• Alcol
• Dieta non salutare
• Inattività fisica
• Le infezioni

Un importante dato è che questi 4 fattori di rischio, sono anche comuni alle altre malattie non
trasmissibili cronico degenerative, come l’ischemia del miocardio, l’ictus cerebrale, diabete,
malattie neurodegenerative.

Quindi, ne deriva che per ridurre il burden dei tumori, è fondamentale la prevenzione primaria (vera)
perché arriva prima dell’instaurarsi delle alterazioni cellulari. Inoltre, integrare gli opportuni
interventi di prevenzione primaria con quella secondaria (diagnosi precoce e trattamento) è la
strategia migliore, applicato in tutto il mondo. Non tutti i tumori possono essere, se diagnosticati
precocemente, trattati. Quindi la prevenzione primaria si avvale della modificazione dei fattori di
rischio e quindi vuol dire agire su :

1. Tabacco
2. Sovrappeso e obesità
3. Dieta
4. Inattività fisica
5. Alcol
6. Abitudini sessuali
7. Infezioni da epatite e altre infezioni cancerogene
8. Radiazioni ionizzanti e UV
9. Contaminazione dell’aria atmosferica urbana
10. Contaminazione dell’aria indoor per i fumi da combustibili solidi che sono cancerogeni

Si dà molto importanza al fumo di tabacco, che se guardiamo il panorama dei fattori di rischio, è il
fattore individuale più importante, cioè con il maggior rischio attribuibile, ed è responsabile del
22% di morti cancro correlate nel mondo.

STRATEGIE DI PREVENZIONE → minimizzare i fattori di rischio analizzati. Chiaramente si tratta di


una libera scelta, il più delle volte. Ma è anche vero che se ci pensiamo, la dieta è teoricamente una
scelta libera, cioè è fortemente limitata dal reddito, dall’organizzazione familiare, dall’accesso ad
alimenti freschi, quindi fattori socio economici, o anche l’organizzazione del lavoro. Ci vuole una
forte motivazione, che deriva dalla conoscenza, disponibilità.

167
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

Per prevenire, le persone dovrebbero

• Vaccinazione
• Ridurre l’esposizione a radiazioni UV
• Dieta
• Riduzione all’esposizione a radiazioni ionizzanti
• Controllo del rischio occupazionale

Abbiamo anche le strategie di prevenzione secondaria : la diagnosi precoce è molto importante,


sicuramente è efficace in quanto consente il trattamento più efficace e quindi risulta in una
maggiore probabilità di sopravvivenza, abbassamento della morbosità e un trattamento più breve
e meno costoso. Si può ridurre sia la sopravvivenza, sia i costi associati al trattamento e anche un
miglioramento in termini di outcome. La diagnosi precoce necessita di 3 dimensioni che possono
essere integrate l’una con l’altra e che consistono nel :

1. Aumentare la consapevolezza e l’accessibilità all’assistenza


2. Valutazione clinica, diagnosi e stadiazione
3. Accesso al trattamento rapido

Richiede del personale dedicato e teams integrati per queste valutazioni. Ecco che cosa differenzia
il concetto di diagnosi precoce opportunistica dal programma di prevenzione secondaria che
racchiude questi step, li prevede, programma e investe risorse.

SCREENING

Ha l’opportunità e obiettivo di identificare delle anomalie in termini di marcatori o nell’imaging che


suggeriscano condizioni di tumore o pre neoplastiche proprio per poter diagnosticare precocemente
e trattare. Un programma di screening è un programma complesso di sanità, e non è semplicemente
riconducibile a una diagnosi precoce. È molto importante da sottolineare! Ma richiede
l’individuazione di una popolazione target, un proprio progetto sulla popolazione, un aumento dei
programmi attivi che attirino la popolazione target nei tempi giusti con campagne di
sensibilizzazione e che impieghi risorse non soltanto per attuarlo ma anche per prendere in carico il
paziente e sottoporlo, ove necessario, al trattamento appropriato senza ritardo.

Esempi di metodi di screening :

• Ispezione visuale con acido acetico per il cancro della cervice


• HPV test
• Citologia con PAP test
• Mammografia

GLOBOCAN 2018 : abbiamo dati che IARC (International Agency for Research on Cancer) ci ha
restituiti i tassi di incidenza per cancro. È un database che ci fornisce le stime di incidenza e mortalità
per 36 tipi di cancro. Può produrre delle figure e analisi interattive non molto complicate. I dati ci
evidenziano importanti differenze in termini di frequenza dei tipi di cancro e di sopravvivenza nelle
diverse regioni del mondo. Quindi un altro obiettivo della sanità pubblica è quello di abbattere le
168
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

disuguaglianze nelle diverse parti del mondo e anche nello stesso Paese. Le risorse nazionali sono
anche utilizzate per formare questo database. La fonte di questi dati sono istituzioni
epidemiologiche diffuse anche se in modo non omogeneo, che sono i registri di tumori. Uno lo
abbiamo proprio nel nostro dipartimento. Sono quelle istituzioni di sorveglianza di casi in termini di
incidenza e mortalità sulla base dei quali vengono costruite poi le statistiche nazionali e poi mondiali
sui tumori. La IARC ha licenziato e pubblicato i dati mondiali sul cancro il 12 Settembre 2018, sono
gli ultimi dati, quindi i più recenti : le stime dell’incidenza e della mortalità ci fanno vedere appunto
queste differenze, e sottolineiamo che la IARC NON è la AIRC. Quindi i dati ultimi del 2018 ci hanno
riportato 18 milioni di nuovi casi e 9.6 milioni di morti. 1 su 5 uomini e 1 su 6 donne sviluppano il
cancro nel corso della loro vita → rischio cumulativo. La prevalenza a 5 anni è stata registrata per
quasi 44 milioni di persone nel mondo. Perché aumenta il burden di cancro? Sicuramente per la
crescita della popolazione, invecchiamento della popolazione e la prevalenza di alcuni fattori di
rischio che sono conseguenti dello sviluppo sociale e quindi economico, e quindi stili di vita, mentre
alcuni tumori correlati alla povertà come il tumore dello stomaco è in diminuzione. Le differenze tra
maschi e femmine sono anche importanti da sottolineare, in particolare in termini di incidenza, il
tumore del polmone, mammella femminile e cancro del colon retto sono quelli più frequenti e anche
con maggiore mortalità. Abbiamo anche in termini di burden una stima del 12% di tutti i tumori. C’è
una associazione tra livelli di sviluppo e il cancro, nel senso che i Paesi a basso reddito hanno una
frequenza differente di alcuni tipi di cancro e l’accesso alla diagnosi precoce e trattamento non è
semplice, per cui sia la povertà sia l’organizzazione sanitaria sono cause di queste disuguaglianze di
salute. In generale possiamo dire che il tumore del polmone e della prostata sono comunque
importanti sia in quelli sviluppati sia in quelli in via di sviluppo, il cancro della mammella nelle donne
anche.

Questa figura
riassume le
disuguaglianze nel
mondo. In questi 18
milioni nuovi casi
infatti sono distribuiti
in questo modo, la
maggior parte sono
nel continente
asiatico e al secondo
posto l’Europa.

169
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

Questo è un raffronto dei tipi di cancro in entrambi i sessi. Abbiamo a sinistra l’incidenza e a destra
la mortalità.

AIRT : associazione italiana registri tumori. È l’associazione che sostiene e coordina l’attività di
rilevazione e registrazione dei tumori in Italia. Rende disponibili i dati agli organi del servizio
nazionale quindi per la programmazione della prevenzione ma anche alla comunità scientifica per
ricerca, la pianificazione dell’assistenza, facilitazione all’accesso alle cura, la valutazione
dell’efficacia della prevenzione e delle cure. È quindi necessario che i dati vengono validati e quindi
c’è una valutazione della loro qualità tramite la valutazione di questa dati.

I NUMERI DEL CANCRO IN ITALIA 2019


Sono dati di incidenza e mortalità presi dall’AIRTUM.

170
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

171
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

Nella prima
tabella troviamo il ranking, con i dati di incidenza, dei primi 5 tumori più frequentemente
diagnosticati nel 2019, sono sempre stime. Stratificati per sesso (grigio i maschi e rosa le femmine)
e possiamo vedere che c’è una differenza sostanziale in cui possiamo evidenziare che ciò che avviene
nelle femmine influenza poi ciò che avviene in tutta la popolazione, non soltanto perché le femmine
sono più numerose, ma anche perché le percentuali dei tumori femminili sono maggiori. Vediamo
infatti che nelle femmine il tumore più diagnosticato è quello della mammella (30%), seguito da
colon retto, polmone, tiroide, corpo dell’utero. Nei maschi abbiamo una situazione diversa, il primo
infatti è quello della prostata, poi il polmone, colon retto, vescica, stomaco. In tutta la popolazione
però al primo posto sta comunque il tumore della mammella, poi colon retto, polmone (come nelle
femmine), prostata e vescica.

Nella seconda tabella invece ci sono i dati di mortalità, sempre stratificati per sesso. Vediamo che
nei maschi al primo posto è il polmone, poi colon retto, prostata, fegato e stomaco. Quindi è diverso
rispetto all’incidenza. Nelle femmine abbiamo i primi 3 che coincidono con le percentuali
dell’incidenza, e poi compare il pancreas e stomaco. In tutta la popolazione invece abbiamo al primo
posto il polmone, poi colon retto, mammella, pancreas, fegato.

172
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

La conoscenza e la ricerca sui fattori di rischio è importante non soltanto a scopo conoscitivo, ma
suggerisce anche le strategie per la prevenzione.

173
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

Come si fa a studiare queste associazioni? Applicando la metodologia epidemiologica con studi


analitici, cioè che rispondono alla domanda “perché” in studi a coorte o caso controllo, in cui il
tumore viene rilevato dai registri tumori. Poiché la popolazione globale non è completamente
coperta dai registri tumori, i dati noi li abbiamo a partire da quelle popolazioni che sono coperta
dalle attività e sorveglianza operata dai registri tumori. Quando parliamo di evidenze scientifiche
quindi facciamo riferimento a studi epidemiologici di buona qualità, e sono proprio le revisioni
sistematiche e metanalisi che mettono insieme le evidenze, le aggregano e la valutano e rispondono
con la migliore approssimazione alle domande sul rischio attribuibile alle diverse esposizioni. Quindi
bisogna definire il rischio cancerogeno dei vari agenti che è seguita dalla IARC di Lione. Segue una
classificazione che rileva i fattori cancerogeni con sufficiente evidenza o limitata evidenza
nell’uomo:

174
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

Per
sufficiente evidenza si intende che gli studi presi in considerazione e pubblicati fino a quel momento
sono in grado si stabilire l’associazione causale, con esclusione quindi di bias, distorsioni o
confondimenti con probabilità sufficiente. Per limitata invece vuol dire che la relazione causale è
possibile ma non è possibile stabilirla senza escludere bias e fattori confondenti. E da cosa dipende?
Dalla numerosità e qualità degli studi scientifici condotti su quel determinato argomento. Perché è
difficile fare studi su questi argomenti? Perché sappiamo che il cancro è una malattia complessa, e
la complessità risiede nella sua multifattorialità, cioè per ogni tumore non esiste una sola causa, ma
una molteplicità, per questo sono difficili da studiare.

Per esempio, troviamo in tabella una evidenza importante che l’esposizione alla formaldeide e
benzene è associata alle leucemie, mentre c’ì una evidenza limitata che posso causare tumori nelle

175
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

cavità nasali o seni paranasali. Anche le infezioni da HIV è sufficientemente associata a tumori
dell’ano, cervice, dell’occhio, LH, sarcoma di Kaposi e LNH, mentre non è sufficiente che sia associata
a tumore del fegato, pene, pelle, vagina e vulva. E così via.

In questa tabella è
riportata la
classificazione degli
agenti considerati nelle
monografie di IARC in
base al rischio
cancerogeno. Da
recente, il gruppo 4 non
è più incluso nella
classificazione di IARC.

PREVENZIONE
Per quanto riguarda la prevenzione per le malattie cronico degenerative, naturalmente ha una
cadenza temporale diversa da quella delle patologie infettive. Infatti se noi andiamo a collocare la
prevenzione primaria in queste, è diretta essenzialmente al contrasto all’esposizione ai fattori di
rischio nella popolazione maggiormente suscettibile, esposta, quindi si attua in “fase libera” quando
cioè l’esposizione non si è verificata. Ciò che è importante è che definiamo periodo di latenza il
periodo che va dall’esposizione alla manifestazione dei sintomi, che è un tempo molto lungo se
confrontato a quello delle malattie infettive, e quindi la prevenzione secondaria (che si può
ricondurre all’utilizzo delle attività di screening) si colloca in modo più efficace in quanto il periodo
di latenza è più lungo e quindi c’è una più ampia possibilità di intercettare l’attività dannosa
dell’esposizione prima che queste giungano a cumulare le mutazioni biologiche che portano a una
modificazione patologica fino a tradursi in sintomatologia, cioè quando già il danno è manifesto. La
176
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

malattia clinica viene poi diagnosticata e quindi poi subentra quella che è la prevenzione terziaria
che è quell’insieme di azioni che intervengono non più per ridurre il rischio e l’incidenza delle
malattie e nemmeno a poter mirare a un trattamento precoce che può anche esitare in una
guarigione in qualche caso (esempio è la prevenzione secondaria per il cervicocarcinoma), ma serve
perché oltre a prevenire la mortalità per quella malattia cronica, è anche indirizzata al
miglioramento della qualità della vita anche quando non fosse guaribile, e per i sistemi sanitari del
mondo rappresentano una grande sfida su cui investire. Quindi :

Prevenzione primaria : riduzione dell’esposizione, quando il fattore è chiaramente


riconosciuto come fattore cancerogeno, rimuovendo l’agente e riducendo quindi il rischio
individuale. Naturalmente nel caso di agenti ignoti o multipli, la primaria viene rivolta
innanzitutto al contenimento dei fattori noti e comunque al potenziamento degli stili di vita
sani e raggiungimento della qualità ambientale e igienico sanitari. Quindi l’obiettivo è la
riduzione dell’incidenza. È quindi rivolta a soggetti sani.
• Rimuovere le cause
• Eliminare i fattori di rischio
• Proteggere dagli effetti gli individui e i gruppi di popolazione esposti

METODOLOGIA : Come si fa?

• Eugenetica : è la pianificazione degli incroci, non è applicabile alle popolazioni umane per
motivi di ordine diverso. Non è comunque intesa come prevenzione. E’ possibile determinare
il rischio di trasmissione di alcuni caratteri negativi e le probabilità di manifestazioni nella
prole di malattie come la talassemia e l’emofilia.
• Rimozione delle cause e dei fattori di rischio
• Promozione dei fattori protettivi
• Potenziamento delle capacità di difesa dell’organismo : Nel caso delle malattie non infettive,
alcuni interventi che riguardano il potenzialmente delle difese organiche possono essere
effettuati con l’obiettivo di proteggere gli organismo potenziando le loro resistenze alle
patologie. Gli interventi sono l’aggiunta di fluoro all’acqua potabile, fortificazione degli
alimenti con acido folico, e di vitamine nella dieta.
• Abbandono di abitudini nocive e adozione di comportamenti positivi : fumo, alcol
alimentazione, sedentarietà, comportamento imprudente nella guida. Sono programmi la
cui efficacia è molto difficile da promuovere ma su cui si lavoro molto, e richiedono un
investimento su risorse che non sono prettamente sanitarie (oltre che sanitarie) e che quindi
riguardano ad esempio gli esperti della comunicazione, della motivazione quindi psicologici,
comunicatori, e molto spesso programmi anche effettuati contro il fumo si sono rivelati non
soltanto poco efficaci ma addirittura dannosi, al contrario, stimolando l’inizio al fumo. Quindi
è molto difficile. Inoltre sono programmai attuati dalla popolazione e non sulla popolazione,
che richiedono impegno motivato, consapevole, quotidiano e prolungato. Per ottenere la
modifica dei comportamenti, pertanto, si applicano norme di legge, tecniche pubblicitarie,
educazione sanitaria con informazione, motivazione, servizi specifici, sostegno sociale e
pressione sociale.
177
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

• Interventi sull’ambiente di vita e di lavoro

Quindi sono solo il riflesso


delle scelte individuali,
ma dipendono da scelte
più grandi di noi.

Questi quindi sono i più


grandi obiettivi della
società.

Cosa hanno in comune obesità, dieta e fumo, nei ragazzi? Il disagio giovanile, che può avere tante
cause e che è un malessere che si prova, psicologico, la percezione di non essere adeguati etc.

178
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

Qui vediamo un confronto tra il 1990 e il 2016 e vediamo che al livello globale non c’è stato alcun
cambiamento. Se poi guardiamo nello specifico l’Italia, vediamo invece che c’è stato un
cambiamento. Infatti i rischi comportamentali sono passati al secondo posto, mentre al primo posto
abbiamo i rischi metabolici (obesità, diabetici il cui numero è aumentato tra i giovani).

Qui vediamo il
DALY, e quindi il burden di questi fattori.

179
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

E’ tratta dal Global status report on noncommunicable diseases della sanità e porta i “ best buys”
dell’OMS, cioè gli interventi migliori in termini di costo efficacia dimostrato, anche di elevato
impatto (e cioè che riducono i DALYs) in tutti i setting, anche in quelli dove le risorse sono convenute.
Sul tabacco gli interventi più efficaci sono ridurre l’economicità degli stessi aumentandone le tasse
sui prodotti del tabacco, in sinergia sicuramente con le raccomandazioni e i warnings, creare anche
attraverso leggi gli ambienti smoke free, vietare il fumo in ambiente di lavoro, nei luoghi chiusi, nei
trasporti. Vietare in tutti i casi la pubblicità al tabacco. Tutto in sinergia fra di loro. Per l’alcol,
regolare la disponibilità, vietare o restringere la pubblicità, e anche qui lavorare sul costo con tasse.
Per la dieta e l’attività fisica, ridurre l’assunzione di sale e quindi vietare alimenti con contenuto di
sale elevato, rimpiazzare i grassi, implementare programmi di consapevolezza sull’importanza
dell’attività fisica e della dieta giusta, e promuovere l’allattamento al seno. Per le malattie
cardiovascolari e diabete, intervenire con terapie e trattamenti anche farmacologici, il counseling
per chi ha già avuto eventi gravi o comunque con rischio maggiore del 30% di eventi cardiovascolari
nei prossimi 10 anni (progetto cuore), uso di aspirina per la prevenzione dell’infarto del miocardio.
Per il cancro, immunizzazione contro l’epatite B per prevenire il cancro al fegato, e stessa cosa per
il tumore della cervice uterina, anche con lo screening.
180
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

Qui sono schematizzati gli obiettivi di prevenzione e controllo delle malattie non trasmissibili,
croniche, da ottenersi entro il 2025. Per ciascuno di questi obiettivi, è segnato un indicatore
quantitativo. Questi obiettivi globali vengono tradotti al livello italiano, in progetti del ministero
della salute, e in particolare nel CCM, centro per il controllo delle malattie (un po’ come il CDC,
centre disease control di Atlanta). Come funzione il CCM? Il ministero della salute, sulla base del
piano di prevenzione, pubblica deli obietti quantificati e la traduzione in attività, in progetti e
programmi che possano sostenere questo programma nazionale di prevenzione, rivolte a tutte le
strutture sanitarie del paese, sono veicolati attraverso un piano che finanzia la ricerca sanitaria.
Leggi la tabella.

PREVENZIONE SECONDARIA : ha l’obiettivo di scoperta e guarigione dei casi di malattia prima che
si manifestino clinicamente. L’effetto è quella della riduzione della mortalità e della prevalenza, ma
non dell’incidenza, ovviamente (perché aumenta la valutazione di nuovi casi). Infatti, inoltre, a
differenza della prevenzione primaria non rimuove le cause di malattia e, per conseguenza non evita
l’insorgenza di nuovi casi. Si effettua soprattutto con protocolli di screening : applicazione di uno o
181
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

più test, clinici, strumentali, o di laboratorio, per evidenziare una potenziale malattia o un suo
precursore precoce, durante la fase asintomatica, quando cioè l’intervento preventivo può
significativamente modificare la storia naturale della malattia stessa. Lo screening si propone quindi
di ridurre la mortalità per causa specifica nella popolazione che si sottopone regolarmente a
controlli per la diagnosi precoce di neoplasie o lesioni pre cancerose.

Il test di screening non esaurisce il programma di screening (esattamente come per vaccino e
vaccinazione). Quindi il programma di screening è la risposta della sanità pubblica a un bisogno di
salute della popolazione. Cosa sono? Contro quali malattie? E in particolare contro la morbosità o
la mortalità? Sono un livello essenziale di assistenza, cioè un LEA, e quindi un diritto di tutti i cittadini
in ogni fascia per le quali essi sono stabiliti.

I 3 programmi di screening oncologici attivi in Italia, sono contro il colon retto, mammella, e
carcinoma della cervice. Perché non tutti sono interessati da screening? Intanto, dobbiamo avere
dei metodi di screening efficaci e validi, quindi devono avere alta sensibilità e specificità dello

182
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

screening, devo poi avere un trattamento che possa portare a guarigione o comunque a una
riduzione della progressione della malattia dimostrandone cioè l’efficacia. Cioè, ha senso
diagnosticare subito un tumore se non abbiamo nessun trattamento di nulla efficacia? Quindi
abbiamo bisogno di tanti studi, di misure di qualità. Quindi evidentemente, manca la robustezza
degli studi. la prevenzione va fatta laddove serve, in alcuni casi addirittura può essere dannosa,
come ad esempio casi di over diagnosi come il tumore della prostata che magari potrebbe non dare
mai segno di sé e non dare gravi problemi. Perché? Cerca metanalisi per screening di tumore della
prostata e ovaio. Sapere senza poter fare niente è dannoso per sé. Cerca evidenza per il tumore
dell’ovaio. Non c’è una sua campagna di screening, si fa in maniera opportunistica, dal ginecologo
con l’ecografia, che comunque non basta da sola.

SCREENING ONCOLOGICI
AIRC 2019

Vengono condotti
su popolazioni, su campioni estese, allo scopo di individuare precocemente una malattia o i suoi
precursori, nella fase in cui è ancora possibile intervenire per evitare le complicanze e la morte
dell’individuo. Gli screening oncologici sono quelli con tante evidenze scientifiche a supporto, come
screening di massa. Costituiscono uno delle principali strategie per la prevenzione secondaria.

Il fatto che si rivolto


a tante persone nella maggioranza dei casi sane, implica che devono essere ampiamente validati sul
piano della sensibilità e specificità, ma deve anche tener conto delle caratteristiche di accettabilità
da parte della popolazione a cui questi screening sono mirati e devono tener conto anche del
rapporto costo beneficio.

183
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

Questo significa che


una donna può effettuare uno screening per la mammella su invito del SSN, è diverso il caso in cui
una giovane donna decide, senza specifici motivi, di fare la mammografia per preoccupazioni
personali.
184
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

Con cadenze ben


definite, in base al tipo di screening, al soggetto.

Ci sono più
livelli di screening. È un vero percorso, che ci consente di raggiungere l’obiettivo prefissato.

185
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

Non si
riduce il numero di casi in assoluto, ma per riduzione dell’incidenza deve essere vista come una
riduzione del numero di casi di malattie in forma avanzata.

Gli
screening sono costantemente controllati.

186
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

1. Aiutano a superare le disuguaglianza? Ad esempio le differenze socio economiche tra gruppi


di soggetti che effettuano screening organizzato o spontaneo. Vediamo in questo grafico
come variano le percentuali di screening organizzato e spontaneo in base ai livelli di
istruzione. E notiamo che i soggetti che fanno riferimento a screening spontaneo presentano
un più elevato livello di istruzione sia per lo screening mammografico sia per lo screening
della cervice e colon retto. Se invece guardiamo lo screening organizzato non ci sono
sostanziali differenze tra i diversi livelli di istruzione, a cui comunque accedono più
frequentemente quelli con un grado di istruzione più elevato.

187
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

188
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

189
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

la

colposcopia è un esame di screening di secondo livello.

190
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

191
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

Questo
garantisce una maggiore expertise nella lettura del test citologico.

192
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

1. interno :
all’interno del
laboratorio
stesso, tramite
dei valori
predittivi positivi,
cioè la probabilità
che una donna
risultata positiva
sia
effettivamente
malata, e
pertanto tiene
conto di questi
valori e dei test
utilizzati. Nel caso
di condizioni di difficile inquadramento, le ASCUS e AGUS, con significato incerto, ci sia
un confronto tra diversi aspetti per identificare il quadro effettivo del soggetto.
2. Esterno : inter laboratorio, con l’utilizzo di set di pap test di triage e immagini digitali
scambiati tra i diversi laboratori, in modo da verificare che i risultati fra i diversi
laboratori sia convergente, unanime, omogeneo.
3. Con partecipazione a programmi esterni organizzati previste dalle normative vigenti.

193
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

194
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

Il Gisci ha
organizzato
una Consensus
Conference,
per porsi e
rispondere a
delle domande.

195
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

196
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

197
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

198
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

Scendiamo un po’ nella metodologia epidemiologica, che ci dispone di indicatori per la valutazione
di un test → termine generico che può essere utilizzato sia nella valutazione di un test di screening
ma in generale la valutazione di questi indicatori può servire anche per i test di tipo diagnostico, di
tipo predittivo e cioè che riescono a identificare delle condizioni che potrebbero essere degli indizi
di insorgenza di una malattia. Ovviamente, si tratta anche di test di varia natura, molecolare,
strumentale, citologico, genetico e così via. Tra le caratteristiche ci sono :

1. Affidabilità
2. Validità
3. Accuratezza
4. Sensibilità
5. Specificità
6. Valore predittivo
7. Likelihood ratio

Chiaramente, i test di screening devono avere almeno 3 importanti caratteristiche :

1. Disponibilità di interventi efficaci. In caso contrario, è sicuramente non opportuno utilizzare


test di screening
2. Disponibilità di mezzi diagnostici per esaminare i positivi, di secondo livello che possono
confermare o smentire
3. Conseguenze psicologiche
4. Lo screening deve essere semplice, non invasivo e facilmente applicabile alla popolazione
5. L’attività di screening deve essere sicura ed accettabile
6. Costo del test, del personale, e del test diagnostico di conferma
7. Validità : sensibilità, specificità, valori predittivi
8. Rilevanza sociale della patologia : deve costituire un problema per diffusione e/o gravità per
la salute della popolazione

199
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

Un test ideale chiaramente è quel test


che mi prospetta come negativi al test
soggetti sani, e come positivi al test
quelli malati. Avrebbe in termini di
validità il massimo, e quindi con valori
elevati di sensibilità e specificità.

AFFIDABILITA’ : capacità di un test di offrire sempre lo stesso risultato nel corso di misurazioni
ripetute.

VALIDITA’ : capacità di un test di distinguere nell’ambito di una popolazione i soggetti sani da quelli
malati.

Questa è una rappresentazione


grafica di un test ideale. Immaginiamo
che sull’asse delle x vengono riportati
i valori del test (esempio la glicemia
nel sangue), mentre nelle y mettiamo
la parte di soggetti e quindi la
frequenza di pazienti che ha quel
particolare valore. Il test ideale, mi
permette a un determinato valore di
cut off, di discriminare in maniera piuttosto netta, i soggetti sani cioè con un valore al di sotto del
cut off, dai soggetti malati perché hanno un valore superiore al cut off. In realtà questo non accade

200
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

mai. Cioè ci saranno soggetti malati che


rientrano tra i negativi al test, e soggetti sani che possono risultare positivi.

Quindi, il test reale :

Vediamo che intorno al valore di cut off ci


saranno dei soggetti che pur essendo sani
hanno valori di cut off aumentati, e
viceversa. Quindi si devono distinguere i
VN cioè i veri negativi, i VP cioè i veri
positivi, ma anche i falsi negativi e falsi
positivi.

Costruendo una tabella 2x2 in una tavola di contingenza,


ricostruiamo i risultati del test.

TP sta per totali positivi e TN per totali negativi.

ACCURATEZZA : proporzione dei risultati veri (positivi e negativi) del test fra tutti i risultati del test.

201
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

più i valori sono veri, più è considerato accurato. Sarà del 100% se non ci sono falsi positivi e negativi.

SENSIBILITA’ : capacità del test di individuare in una popolazione i soggetti malati. È una
caratteristica intrinseca del test.

Per aumentare la
sensibilità, bisogna ridurre i falsi negativi al test.

SPECIFICITA’ : capacità del test di individuare come negativi i soggetti sani.

L’obiettivo, per aumentare la


specificità, è quello di ridurre i falsi positivi.

Gli obiettivi sono quindi quello di aumentare la specificità e aumentare la sensibilità del test. Per
fare ciò, si potrebbe stabilire dei valori di cut off che possano influenzare la percentuale di falsi
negativi o di falsi positivi. Se aumento la specificità, portando il valore di cut off più a destra, cioè a
livelli più alti riducendo quindi il numero di falsi positivi. Ma se sposto il valore verso destra, in realtà
pur diminuendo i falsi positivi, aumentano di concerto i falsi negativi, quindi in questo riduco la
sensibilità. Al contrario, aumentando la sensibilità spostando il valore di cut off verso sinistra quindi
202
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

a valori più bassi, avrò una riduzione dei falsi negativi, ma un aumento dei falsi positivi. Questo vuol
dire che in realtà i due parametri si influenzano a vicenda, per cui agendo sui valori di cut off posso
aumentare la specificità ma allo stesso tempo ridurre la sensibilità, e viceversa. Quindi quale deve
essere la strategia? Scegliere il valore di cut off che mi permette di ottenere il massimo della
sensibilità e specificità da raggiungere. Quello che sappiamo è che certamente non si può arrivare a
un test ideale. Per far questo c’è un metodo che quello della costruzione delle curve ROC.

Il massimo
sarebbe avere a
disposizione un curva
(che è la prima in alto) in
cui avrei il massimo della
sensibilità e il minimo
tasso di errore falso
positivo e quindi 100% di
specificità. Ma questo
non è possibile. Quindi
l’obiettivo è quello di
allontanarsi il più
possibile dalla curva di
“nessun beneficio” (che è
quella in basso) in cui c’è
sempre il minimo livello di specificità. La seconda in basso è la curva accettabile, e la seconda in alto
è quella buona, quindi diciamo auspicabile. Si analizza l’area sotto la curva, più grande è maggiore
la possibilità di avere un test sensibile e specifico. Serve sempre per la valutazione dei test
diagnostici, preventivi, predittivi etc.

Oltre a sensibilità e specificità, è necessario anche considerare delle caratteristiche non intrinseche
del test e che quindi dipendono dalla popolazione sui cui viene applicato il test. Qual è la probabilità
che un soggetto risultato positivo ad un test sia realmente affetto da una determinata malattia?

203
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

Bisogna considerare i valori predittivi, che


ragionano in termini di probabilità.
Considerando un evento malattia D1 e uno
non malattia D2, il test di screening
identifica per entrambi la positività al test
o alla sua negatività. Cioè la probabilità
che un soggetto con risultato positivo sia
realmente con malattia. È un valore
predittivo positivo VPP di un test : VP / VP
+ FP. Quindi è la quota di soggetti veri
positivi sul totale dei positivi (veri e falsi).

Il valore predittivo negativo invece è la probabilità che, dato un test negativo, il soggetto sia
realmente senza malattia VPN. Si calcola facendo VN / VN + FN. Cioè è la quota di veri negativi sul
totale dei negativi (veri e falsi).

Supponiamo una malattia che ha una prevalenza del 5%, 20/400 persone.

204
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

Quindi un soggetto positivo al test, ha la probabilità di essere veramente malato del 32,1%.

Se abbiamo una prevalenza più alta, come ad esempio 20%, cioè 80 malati su 400. Con stessi valori
di sensibilità e specificità. Fai il calcolo così ti alleni. I valori sono diversi, quindi osserviamo che a
parità di test indipendentemente dai valori di sensibilità e specificità, i valori di predittività variano
al variare delle frequenza di presentazione della malattia, e quindi della prevalenza. Quindi, la
predittività del test sarà sempre proporzionale alla prevalenza della malattia nella popolazione.
per aumentarla, sarà bene scegliere accuratamente la popolazione su cui avviare lo screening, per
evitare di dover fare i conti con una quota troppo elevata di falsi positivi. Solitamente ad un primo
test di screening conviene far seguire un secondo test cosiddetto di conferma, generalmente a
maggiore specificità, che avrà lo scopo di identificare e quindi escludere i falsi positivi dal gruppo
dei soggetti risultati positivi al primo test. La predittività del secondo test sarà sempre molto elevata,
in quanto eseguito su una popolazione fortemente selezionata e filtrata dal primo test e quindi ad
elevata prevalenza.

LIKELIHOOD RATIO :

205
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

EPIDEMIOLOGIA E PREVENZIONE DELLE PRINCIPALI MALATTIE INFETTIVE


Sulla base di una istituzione recente della ECDC, che è l’organismo che si occupa della epidemiologia
e sorveglianza delle malattie infettive in Europa, ci consente di avere un coordinamento di tutte le
attività in questione in tutta Europa. Ma per avere una credibilità e prendere vere decisioni, è
necessaria una rete capillare fondamentale; infatti l’ECDC è formata da 17 reti che recuperano tutti
i dati. Molti italiani fanno parte di questo progetto, e molti sono responsabili o referenti e
collaborano per prendere decisioni sulle malattie infettive. Per diagnosticare e approntare le misure
di prevenzione, è necessario che ci sia una prepeareness, cioè una preparazione, tramite una lista
di azioni, confronto tra dati, che consenta di far fronte alle emergenze. Le principali emergenze sono

1. EARS Net
2. HAI Net
3. ESAC Net
4. EURGen net
5. EVD – LabNet (network di laboratori
6. Vector Net (agenti che trasmettono le malattie infettive agli animali e all’uomo)
7. FWD net (cibo e acqua)
8. Eurco CJD (Creutzfeldt Jakob)
9. ELDS Net (malattie legionarie, legionellosi)
10. STI (malattie sessuali)
11. HIV – AIDS sorveglianza
12. Epatite B e C sorveglianza
13. Euro GASP, programma di sorveglianza anti microbica di allerta per Gonococco
14. EISN, per influenza
15. ERLI net, network di laboratori di riferimento per la sorveglianza dell’influenza
16. Tubercolosi
17. ERLTB Net, network di laboratori di riferimento per la sorveglianza di TBC, soprattutto
determinare la sensibilità agli antibiotici per la clinica, e di cloni MDR che potrebbero
ulteriormente diffondersi
18. EU – IBD, sorveglianza di malattie batteriche invasive
19. EDSN, sorveglianza per difterite, con laboratori dedicati (cioè che entrano nei circuiti di
qualità dei laboratori, per cui è possibile che il dato è validato e riportato con l’opportuno

206
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

denominatore, quindi molto importante per i confronti tra paesi e con gli altri paesi del
mondo
20. EUVAC Net, malattie prevenibili da vaccino
21. EU/EEA, sorveglianza delle tecniche di immunizzazione

Le malattie trasmissibili hanno in comune la trasmissione orizzontale o verticale, e anche la


trasmissione tramite vettori.

Abbiamo quelle veicolate dai moscerini come la CHIKUGUNYA che è una malattia virale tramessa
dall’Aedes mosquito agli umani. Questa parola vuol dire “ciò che si piega” alludendo alla postura dei
pazienti sofferenti. È endemica in Africa, Sud est asiatico, sub continente indiano, regione del
pacifico e probabilmente le regioni sub tropicali dell’America. In Italia è compreso fa 1 e 10 casi nel
2018. Gli ultimi dati disponibili sulla sorveglianza sono del 2018. E come mai? Nel 2020 non è
possibile analizzare i dati che non sono stati ancora inviati, teoricamente i dati di un anno vengono
richiesti nei primi mesi dell’anno successivo e poi pubblicati entro 1 anno, generalmente. Ogni
referente per ogni paese ha il compito di essere referente per tutte le regioni italiane. Il ministro
della salute ha la presa in carico, la cui sorveglianza è fatta da moltissime persone e divise in queste
reti. C’è un sacco di lavoro. Il regno unito con percentuale più elevata, seguita da spagna e germania.
In italia, dal 1 gennaio al 31 agosto del 2020, sono stati rilevati 3 casi, tutti legati a un viaggio
all’estero, con età mediana di 50 anni e 67% di sesso maschile e nessun decesso. Le misure di sanità
pubblica, posto che non si dispone né di un vaccino, né di una profilassi efficace.

1. Programma di controllo dei vettori e quindi riguarda il contrasto alla proliferazione dei
moscerini. E come si fa? Si raccomanda, in tutti i paesi, di contrastare o di rimuovere dei
contenitori con acqua stagnante vicino alle case, e misure che possono controllare la
porliferazione delle larve. Nelle zone epidemiche ed endemiche è raccomandato l’uso di
insetticidi spray.

ZIKA : la percezione del rischio e cioè la dimensione che riguarda il diffondersi di atteggiamenti non
supportati dalle evidenze di un rischio più elevato di quello che non si in realtà. La percezione è stata
molto ingigantita, forse per via della sua associazione con microcefalia, malformazioni del SN e di
Guillan Barré. È una malattia da virus trasmessa da mosquito. La maggior parte delle infezioni rimane
asintomatica, intorno all’80%. Nel 2018, 10 paesi in Europa hanno riportato 51 casi. Il numero
maggiore di casi è riportato dalla Germania, poi Francia, Spagna. La maggior parte degli infetti erano
donne con rapporto di 1 : 0,7. L’età mediana era di 33 anni per i maschi e 32 per le femmine. Lo
stato di gravidanza era noto per 12 casi. Dal 1 gennaio al 31 agosto 2020, in italia abbiamo 3 casi
confermati, tutti associati a viaggio all’estero. Sono sempre dati sporadici. Il dato è tratto da
epicentro.

DENGUE : malattia causata da virus a RNA della famiglia di Flaviviridae, trasmesso da Aedes
mosquito. Il periodo di incubazione varia da 3 a 14 giorni. I sintomi sono aspecifici, con fase febbrile

207
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

e una critica. Il vettore nelle regione endemiche e epidemiche è molto studiato e conosciuto, nelle
altre aree no, perché è difficile da riconoscere. È endemico in più di 100 aree tropicali, sud est
asiatico, africa, america, aree pacifiche. L’Europa è quasi indenne, gli unici sono legati sempre a
viaggi esteri. Nel 2018, la Germania riporta il numero maggiore di casi, poi UK, Francia. Dal 1 gennaio
al 31 agosto 2020, al sistema di sorveglianza nazionale risultano : 27 casi con 19 casi associati a viaggi
all’estero e 8 autoctoni, con età mediana di 37 anni e nessun decesso.

Fino al 15 ottobre del 2020, abbiamo l’europa poco interessata, con 65 casi italiani e 5 morti.

La circolazione di questo virus in vettori, animali e uomo è stata dimostrata.

208
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

MALARIA : E’ diffusa
un po’ in tutto il mondo. In Europa, nel 2018 abbiamo una distribuzione di casi diagnosticati con la
Franca che è al primo posti, seguito da UK e Germania. La specie più riportata è il plamodium
falciparum. I casi sono numerosi, ma sono casi di importazione. Uno di questi è stato diagnosticato
in Sicilia, con decesso, recentemente. Si evince dai dati che, soprattutto nel mese di Settembre, cioè
dopo le vacanze estive, si ha un incremento di casi riconosciuti, quindi è evidente che uno dei
principali problemi è quello dell’importazione da viaggio. Nel 2018, abbiamo un tasso, con casi più
distribuiti tra gli uomini giovani adulti.

In turchese sono segnati gli stranieri (seconda colonna) cioè i viaggiatori sia casi di migranti al primo
ingresso. I residenti italiano in verde sono molti meno.

209
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

C’è un lavoro importante che comunque non ha ancora portato a un vaccino efficace che può essere
utilizzato.

MALARIA

Etimologia

La denominazione con la quale è universalmente riconosciuta la malaria deriva dalle parole italiane
“mal” e “aria” che fanno riferimento ai miasmi che derivano dalle acque stagnanti delle zone
paludose dove appunto era più diffusa la malattia.

Eziologia

È una malattia febbrile acuta causata da protozoi intracellulari del genere Plasmodium e viene
trasmessa all’uomo attraverso la puntura di zanzare Anopheles infette, per cui riconosciamo da un
lato il serbatoio costituito dagli individui affetti e dall'altro il vettore costituito dalla zanzara
Anopheles.

Si riconoscono 5 specie di Plasmodi di cui sicuramente il Plasmodium Falciparum e quello Vivax


costituiscono la minaccia più grande.

Sintomatologia

Dal punto di vista sintomatologico i sintomi compaiono circa 10-15 giorni dopo la puntura da parte
della zanzara infetta e il periodo di incubazione dipende dal ceppo, dalla specie coinvolta, dallo stato
immunitario e anche da una eventuale chemioprofilassi fatta dal soggetto.

I primi sintomi sono febbre, cefalea, brividi e malessere generale. Possono essere lievi e difficili da
attribuire alla malaria in quanto si tratta di sintomi per lo più aspecifici che spesso possono essere
confusi con sintomi influenzali; questo costituisce un importante ritardo diagnostico nei paesi non
endemici.

La forma di malaria più grave è sicuramente quella data dal Plasmodium Falciparum che se non
viene trattata entro 24 ore può progredire verso una malattia grave e spesso letale. In particolare
questo Plasmodium è l'agente responsabile della terzana maligna, una febbre che si manifesta ogni
tre giorni.

Solamente la zanzara Anopheles è in grado di trasmettere la malaria e riconosciamo un primo stadio


di sviluppo del Plasmodio prima all'interno della zanzara e successivamente nell'ospite umano.

Quando viene inoculato nell'uomo riconosciamo:

- una fase schizogonica pre-eritrocitaria in cui il parassita si sviluppa a livello del fegato e quindi a
livello degli epatociti

-successivamente uno stadio ematico con moltiplicazione del parassita all'interno degli eritrociti,
dove avrà luogo la formazione di forme bisessuate che sono i gametociti

- infine il ciclo ricomincia e la zanzara può essere nuovamente infettata

210
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

La malattia più grave si ha con il Plasmodium Falciparum e le manifestazioni sono l'anemia grave, la
difficoltà respiratoria in relazione all'acidosi metabolica e la malaria cerebrale.

Quest'ultima in particolare è una forma di encefalopatia acuta, più frequente nei bambini, che si
manifesta con la comparsa di coma non risvegliabile.

L'anemia è perlopiù un'anemia emolitica che in generale è dovuta:

-più alla fase schizogonica del parassita

-ad un maggiore sequestro degli eritrociti, parassitari e non, da parte della milza

-ad una ridotta e meno efficace eritropoiesi.

Negli adulti inoltre è frequente il coinvolgimento di altri organi ed è importante anche parlare del
concetto di immunità parziale in quanto la malaria dà un tipo di immunità non a lungo termine. Per
cui ci sono soggetti che sviluppano una sorta di adattamento e il problema è dovuto ai flussi
migratori per cui un soggetto indiano o africano che emigra nel nostro paese, permanendo in Italia
per un lungo periodo, una volta ritornato nel paese di origine può manifestare una forma di malaria
più grave soprattutto se questo soggetto non ha fatto un'adeguata profilassi. Quindi questi soggetti
avranno un'immunità parziale che consente il verificarsi di un'infezione asintomatica o comunque
poco sintomatica.

Soggetti a rischio

Sicuramente la malaria è una malattia molto diffusa che riconosce il maggior numero di decessi
nell'Africa subsahariana, coinvolgendo però anche il Sud-est asiatico, l'America latina e il Medio
Oriente.

I gruppi di popolazione a rischio sono sicuramente i neonati, i bambini sotto i 5 anni, le donne
gravide, i pazienti immunodeficienti, con un infezione da HIV, così come le popolazioni mobili e i
viaggiatori.

Aspetti epidemiologici

Il burden della malattia, facendo riferimento al "world malaria report" del 2016 che si riferisce
all'anno 2015, riporta 212 milioni di casi a livello mondiale e 429 mila morti.

Bisogna però dire che tra il 2010 e il 2015 c'è stata una riduzione sia del tasso di incidenza della
malaria che è stato del 21% a livello globale, che del tasso di mortalità del 29% . Quindi possiamo
dire che a partire dal 2001 sono stati evitati 6,8 milioni di morti per malaria a livello globale.

Soprattutto la regione dell'Africa è quella maggiormente colpita, in particolare l'area subsahariana.

Il 29 Novembre è stato pubblicato il world malaria report del 2017 che fa riferimento al 2016 in cui
si è visto che dopo un periodo senza precedenti di successi nel controllo globale della malaria, i
progressi si sono fermati, registrando 216 milioni di casi di malaria, con un aumento di circa 5 milioni
rispetto all'anno precedente. Mentre il numero di decessi è stato 445 mila, quindi un numero simile
all'anno precedente.
211
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

Quello che fa preoccupare maggiormente è che la malaria coinvolge soprattutto una fascia di età
inferiore ai 5 anni. Infatti circa il 70% di tutti i decessi per malaria si verificano in questa fascia di età,
nonostante ci sia stata una riduzione del tasso di mortalità infantile del 29%. In particolare il world
malaria report del 2017 afferma che ogni 2 minuti un bambino al di sotto dei 5 anni muore per la
malaria.

Prevenzione

La malaria è una malattia estremamente diffusa e questo significa essenzialmente che l'arma a
nostra disposizione deve essere soprattutto la prevenzione (non basta solo trattarla perchè è molto
diffusa e si stanno sviluppando numerose resistenze) e il porsi degli obiettivi che riguardano
soprattutto la riduzione della mortalità che entro il 2030 deve essere di almeno il 90%.

Ci sono 3 metodiche di prevenzione:

-allestimento di reti (?? non capisco il nome), trattate con insetticidi, che si pongono nella zona notte
della casa. Il razionale di queste reti è dato dal fatto che le zanzare Anopheles pungono
essenzialmente la sera e nelle prime ore del mattino per cui sono risultate essere molto utili nel
trattamento e nella prevenzione della malaria, tanto che nel corso di 10 anni (2005-2015) l'utilizzo
è aumentato in maniera significativa.

-utilizzo di spray (utilizzo diminuito al contrario delle reti), "indoor residual spraying", applicati
soprattutto sulla superficie della casa, ovvero sulle mura interne e sulle mura esterne e il razionale
deriva dal fatto che la zanzara dopo aver fatto il pasto di sangue non esce immediatamente dalla
casa ma tende a rimanere all'interno, per cui è più suscettibile ai principi attivi di questi spray. Il
problema però è che questi spray chiaramente non possono essere utilizzati eccessivamente,
intanto perchè sono molto costosi e poi perchè si stanno sviluppando delle resistenze ai

principi attivi. Per questo motivo mentre è aumentato l'utilizzo delle reti trattate, l'indoor residual
spraying è utilizzato molto meno soprattutto nella regione africana che è quella che viene presa
maggiormente in considerazione essendo diffusa principalmente in queste zone.

-trattamento preventivo e intermittente delle donne in gravidanza.

Si è visto infatti come questo trattamento permetta di ridurre in maniera significativa l'incidenza
della malattia nel nascituro. Il problema è che sia per una questione economica che per ignoranza,
non tutte le donne gravide vanno dal medico a farsi visitare e trattare; infatti parliamo di un 20% di
donne che non ricercano l'aiuto medico. Inoltre un altro problema di questa metodica di
prevenzione è che sono necessarie almeno 3 dosi per avere una protezione significativa.

Anche se è aumentata in maniera importante la prevenzione (18% nel 2014 e 31% nel 2015) sono
soltanto appena il 20% le donne trattate effettivamente con almeno 3 dosi.

In ogni caso, grazie all'introduzione di test diagnostici e rapidi è aumentato il numero di casi che
vengono diagnosticati. Però c'è un paradosso, ovvero è aumentato il numero di casi trattati ma
l'utilizzo della nuova terapia combinata con artemisina rimane comunque molto bassa. Quindi
ancora non c'è un'associazione tra quella che è la diagnosi e il trattamento tempestivo.
212
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

È importante prevenire perchè, soprattutto in Africa, questo si traduce con un importante aumento
dell'aspettativa totale di vita alla nascita. Nel 2000, un bambino che nasce in Africa, muore
probabilmente all'età di 50 anni. Nel 2015 morirà all'età di 60 anni. Si tratta di un aumento
dell'aspettativa di vita di dieci anni e il 12,3% di questo aumento è correlato proprio alla battaglia
contro la malaria e questa è una percentuale che non troviamo da nessun'altra parte.

Malaria in Europa

Per quanto riguarda l'epidemiologia della malaria in Europa è una patologia abbastanza rara.

La maggior parte dei casi di malaria sono dovuti all'immigrazione, cioè a persone che arrivano in
Europa già con la malaria. Nel 2012 sono stati riportati circa 32 mila casi e nel 99,8% dei casi i soggetti
che presentavano la malattia provenivano da paesi dichiarati endemici e quindi soprattutto africani.

La malattia si trasmette in Europa in 3 modi:

-airport malaria, quindi una malaria che avviene attraverso l'importazione del vettore infetto, quindi
l'Anopheles, attraverso un veicolo, cioè un oggetto inanimato che risulta essere l'aereo (è comunque
una modalità abbastanza rara).

-introduced malaria: un vettore locale, quindi una zanzara Anopheles non infetta che viene infettata
durante un pasto di sangue fatto tramite un individuo infetto.

Questo caso è più frequente nelle zone della Grecia dove si è assistito ad un aumento della
popolazione delle zanzare Anopheles

-induced malaria che è la malaria nosocomiale che riconosce origini iatrogene e che può avvenire
mediante utilizzo di aghi infetti, di glucometri infetti (misuratori della glicemia tramite i quali sono
stati infettati soggetti diabetici in cui risulta molto difficile il controllo della malattia), guanti infetti
e trapianti di organi. Per quanto riguarda quest'ultimo caso si è visto che benché rappresenta
un'evenienza abbastanza rara, nel caso in cui dovesse avvenire il contagio tramite questa modalità
di trasmissione, gli organi maggiormente colpiti sono gli organi molto vascolarizzati quali rene e
cuore, anche se c'è qualche possibilità che vengano colpiti organi poco vascolarizzati come la cornea.

Vi sono 12 casi autoctoni quindi parliamo essenzialmente di "induced" o "introduced malaria" che
sono stati registrati dal maggio al settembre del 2017 di cui ancora non si sa molto e tra questi c'è il
caso italiano della bambina a Trento.

Si sa molto di più invece sui casi della Grecia, sono 5 casi in Grecia e un caso a Cipro, che sono casi
dovuti all'aumento della popolazione delle zanzare Anopheles causata dal cambiamento climatico.

Storia della malaria in Italia

La malaria fu uno dei più gravi problemi di sanità pubblica nei decenni che seguirono l'Unità d'Italia
non solo dal punto di vista sanitario ma anche da quello economico per la perdita di forza lavoro e
per l’impossibilità di andare a coltivare determinate zone.

213
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

L'Italia era endemica per la malaria con un tasso di mortalità di 15 mila casi in un anno, per cui
risultava necessaria una lotta alla malaria che poneva le sue basi sulla crescita delle informazioni
riguardanti la malaria e il Plasmodium e sull'evidenza del potere medicamentoso del chinino.

Per cui dal 1900 al 1907 il parlamento italiano formulò diverse leggi al fine di codificare questa lotta
alla malaria. Venne infatti determinata la distribuzione di massa del chinino che doveva essere
affiancata ad un'educazione della popolazione che per la maggiorparte era analfabeta (soprattutto
per i contadini che erano maggiormente a rischio di insorgenza della malaria).

I risultati di questa grande campagna si notarono già nel 1914 in cui i morti erano solamente 2045,
quindi c'era stata una netta riduzione, anche se comunque la riduzione non si era verificata per
quanto riguardava il numero degli infetti.

Oltre al chinino venne effettuata la bonifica delle aree paludose, l'industrializzazione, il


miglioramento del regime alimentare e delle condizioni igieniche. Questo trend positivo però si
arrestò con l'ingresso dell'Italia nella prima guerra mondiale in quanto i finanziamenti vennero
dirottati a favore della guerra.

Si ricomincia con la lotta alla malaria dopo la prima guerra mondiale, con la legge Mussolini del 1928
che determinava le bonifiche nelle regioni dell'Agro Pontino (volta però soprattutto a manifestare
la grandezza del popolo fascista, tanto che successivamente questi sforzi vennero dirottati piuttosto
sul versante della guerra per la seconda guerra mondiale).

La lotta alla malaria ricomincerà nuovamente con l'arrivo degli alleati a Roma. Ad esempio la
fondazione Rockefeller o gli americani tramite aerei da guerra modificati irrorarono vaste aree
paludose con il DDT che rappresentò una nuova arma nella lotta alla malaria.

Il DDT insieme a tutte le altre iniziative determinarono la sconfitta della malaria in Italia, tanto che
il 21 settembre del 1970 l'Italia venne dichiarata dall'OMS come paese malaria free. Resta
comunque un anofelismo residuo in Sicilia, Sardegna, Calabria e Toscana anche se non determina
un rischio per la popolazione italiana.

A partire dagli anni 90 si è assistito ad un aumento dei casi di malaria, poi come vediamo dal grafico
ad una diminuzione, poi un'impennata intorno al 2012 e attualmente siamo di nuovo in diminuzione.
La maggiorparte dei casi comunque riguarda una malaria importata, quindi soggetti che hanno
contratto la malaria all'estero e poi sono tornati in Italia. Il 27% di questi soggetti sono italiani per
cui la maggiorparte dei casi è dovuta a soggetti stranieri, residenti in Italia che tornano
temporaneamente nel loro paese di origine. Il maggior numero di notifiche di malaria si ha nel nord
e nel centro Italia che sono anche le zone che accolgono più della metà di tutti gli immigrati in Italia,
per cui la malaria è una problematica attuale anche in Italia, però questo non si accompagna ad un
senso di rischio tangibile nella popolazione come magari poteva verificarsi nei primi anni del 900
dove veniva fatta un'educazione serrata della popolazione.

Adesso c'è un crollo dell'attuazione della chemioprofilassi che è alla base del caso della bambina in
Italia.

214
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

Caso della bambina a Trento

Questa bambina ad agosto è stata in un villaggio turistico con la propria famiglia.

Il 13 agosto è stata ricoverata a Portogruaro per quello che poi, una volta trasferita a Trento, si
capirà essere un esordio di diabete.

È stata dimessa il 21 agosto ma successivamente il 31 ritorna in ospedale a Trento per quella che
sembra essere una faringite. Si scoprirà il 2 settembre tramite la rilevazione nel suo sangue del
Plasmodium Falciparum che si trattava di malaria.

La bambina viene trasferita agli spedali civili di Brescia che sono il centro di riferimento per le
malattie tropicali in Italia dove morirà il 4 settembre.

Questo caso ha determinato grande scalpore nell'opinione pubblica, infatti è stata portata avanti
un'indagine dalla procura di Trento e di Brescia per omicidio colposo contro ignoti.

Inoltre l'ISS (Istituto Superiore di Sanità) ha mandato i tecnici per andare ad appurare la situazione
perchè il caso potrebbe essere grave.

È importante stabilire da dove è venuto il Plasmodium, se è presente l'Anopheles in Italia (anche se


nella zona di Trento non dovrebbe esserci) oppure se c'è stato un errore nelle procedure
ospedaliere.

Le ipotesi sono: viaggio all'estero, trasfusioni, errore nelle procedure, presenza dell'Anopheles
nell'ospedale o nel villaggio turistico oppure se portata in ospedale nella valigia dei soggetti del
Burkina faso.

Come rivela l'autopsia la bimba è morta per malaria cerebrale, la famiglia non ha fatto viaggi
all'estero e la bambina non ha avuto bisogno di trasfusioni (anche se era comunque una possibilità
remota in quanto le trasfusioni sono molto controllate). Sono state poste delle trappole per la
zanzara sia nel villaggio turistico che nell'ospedale di Trento ma non è stata rilevata la sua presenza.

Le indagini di laboratorio hanno confermato che il ceppo di Plasmodium Falciparum è lo stesso delle
bambine del Burkina faso e si esclude l'Anopheles portato nella valigia perchè la famiglia non è
andata direttamente dall'aeroporto all'ospedale.

Per cui l'ultima ipotesi rimasta è quella dell'errore nelle procedure.

Il report finale dell'ISS afferma che il contagio non può essere avvenuto mediante la zanzara ma
per un errore umano che non è stato specificatamente individuato.

La professoressa afferma che il materiale di approfondimento dei colleghi rappresenta materiale di


studio per tutti e che lo chiede all’esame.

Inoltre riassumendo i concetti importanti dice che la conferma di quale sia stata la causa è stata
data con un'ANSA e non con un report e che il lavoro fatto dai colleghi ci fa capire come da un lato
ci sono le infezioni comunitarie cioè quelle che si sviluppano nel territorio, fuori dall'ospedale e che
vedono alcuni fattori di rischio ben precisi e dall’altro c'è anche un altro aspetto che è la sicurezza in
215
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

ospedale "patient safety" e il controllo dell'infezione. Quest’ultimo è un controllo che si effettua


tramite sia misure strategiche sia lavorando bene perchè il rischio clinico è molto complesso. Ci sono
errori procedurali che vanno identificati tramite metodi che tutti noi dobbiamo conoscere molto
bene. Inoltre di fondamentale importanza è la prevenzione.

Infine importante è l’impatto mediatico perchè ogni professionista sa che ogni evento collegato alla
salute può avere degli svolti mediatici importanti.

MALATTIE VEICOLATE DA ALIMENTI E ACQUA

Un modo per gestire il management, quindi diagnosticare, curare, prevenire, è l’approccio “one
health” cioè unica salute, ovvero un approccio che riguarda l’ambiente, gli animali, l’uomo. Questo
approccio è stato riconosciuto come vincente ed è adottato per il contrasto alla antibiotico
resistenza, perché se gli antibiotici vengono utilizzati in clinica, questi possono aumentare la
selezione di microrganismo MDR, ma se noi li mangiamo comunque con gli alimenti di origine
animale e tracce in quelli vegetali, l’esito è lo stesso. Per cui gli interventi che servono per
contrastare l’antibiotico resistenza devono contrastare anche l’assunzione tramite il cibo di
microrganismi MDR. In Europa abbiamo non solo ECDC, EFSA, EURL che hanno siglato un accordo di
collaborazione sulla caratterizzazione molecolare di alimenti, mangimi, per particolari patogeni,
tracciando quindi la trasmissione di questi microrganismi.

Cosa è la caratterizzazione molecolare dei microrganismi? È un finger print molecolare come per i
test di paternità. Ci può rivelare, se c’è, la natura clonale di microrganismi, cioè che derivano dalla
stessa colonia progenitrice e quindi dalla stessa sorgente di infezione, come l’alimento contaminato,
determinando una diffusione di tipo epidemico. Quindi serve per mettere in evidenza la somiglianza
genomica dei microrganismi. Se appartengono alla stessa specie un microrganismo che trovo
nell’alimento e nel soggetto che lo ha consumato, si può supporre ma non provare che il soggetto
ha preso l’infezione da quell’alimento. Me se vogliamo una evidenza, specialmente al livello globale,
ho bisogno di strumenti che mi indicano la via di trasmissione. Cioè potrebbe essere che quelle
infezioni siano state sostenute da vie di trasmissioni, quindi sorgenti o veicoli diversi, quindi sono
state acquisite indipendentemente. Se sono molecolarmente correlate vuol dire che hanno una
sorgente comune. Cioè devono essere uguali all’interno della stessa specie. Quindi aiuta a
contrastare l’ulteriore diffusione dell’infezione.

Per quanto riguarda le zoonosi, sono soprattutto da campylobacter, poi la salmonella e anche altre
di seguito. Nel 2018 le infezioni da campylobacter sono importanti specialmente per Germania, UK,
Repubblica Ceca, Spagna e Italia. Questo ricalca il consumo di carne e gli alimenti animali, noi infatti
non siamo i più alti consumatori di carne.

CAMPYLOBACTER : rappresenta la prima causa di gastroenterite acuta. La specie che interessa di


più l’uomo è il JEJUNI, che si ritrova come commensale dell’intestino di molti animali, quindi la
sorgente è l’animale, il pollo, rappresenta il veicolo alimentare più frequente. Hanno una maggiore

216
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

frequenza nei mesi invernali a differenza delle salmonellosi che è più frequente in estate autunno.
La trasmissione avviene attraverso due vie :

1. Contagio animale – uomo : hanno una maggiore possibilità di contagio coloro che stanno a
contatto con l’animale , come gli addetti alla macellazione, alla conservazione e alla vendita
2. Contagio inter umano

PATOGENESI : invasione e flogosi della mucosa → proliferazione a livello della lamina con infiltrati
leucocitari eventuale passaggio ai linfonodi e/o in circolo) → necrosi e distacco degli enterociti
(azione di una enterotossina).

SEGNI CLINICI: diarrea acquosa, febbre, dolore addominale violento, presenza di muco e

sangue. Il sintomo principale è la diarrea, dovuta ad una enterotossina che determina la flogosi della
mucosa intestinale.

Mentre, le salmonellosi sono di origine animale. Ricordiamo che una cosa sono le salmonellosi
minori e altro è la salmonella Typhi cioè febbre tifoide. Le minori causano comunque molti casi di
malattia, che danno esiti peggiori nei bambini piccoli e nei soggetti più fragili. Gli alimenti sono
carne, latte, latticini, pesce, uova, frutta e verdura. Al primo posto abbiamo sempre la Germania,
poi la Repubblica Ceca, UK, Spagna, Italia, come prima per lo stesso motivo. Andamento stagionale,
con più casi in estate.

Le salmonelle sono batteri gram- (in quanto tali hanno LPS, una endotossina), di forma
bastoncellare, sono mobili grazie alla presenza di ciglia. È possibile distinguere diversi sottotipi
attraverso lo studio degli antigeni O e degli antigeni H. In base all'ospite delle salmonelle
distinguiamo:

• sierotipi adattati all'uomo: S. Typhi, S. Paratyphi riconoscono l'uomo come sola fonte, unico

serbatoio.

• Sierotipi adattati ad alcuni animali che non interessano la patologia umana;

• sierotipi che non hanno un ospite obbligato e che possono infettare anche l'uomo: S. Dublin,

S. Typhimurium, S. Enteritidis, ecc.

Dal punto di vista sintomatologico possiamo distinguere le salmonellosi in due gruppi:

• Salmonellosi minori: sono tutte S. minori eccetto S. Typhi e S. Paratyphi, sono dette minori

in quanto causano solo un quadro di enterite acuta, dal momento che hanno una

localizzazione intestinale.

Questi patogeni arrivano per via orale, si localizzano nel tenue, dove causano la tipica

sintomatologia della gastroenterite acuta, ovvero crampi addominali, diarrea e febbre.

• Salmonellosi maggiori: dopo una iniziale localizzazione intestinale, a causa della

217
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

batteriemia la patologia diventa sistemica.

Forme cliniche sostenute da salmonella:

A) febbre tifoide o paratifoide;

B) setticemia;

C) enteriti acute: essi hanno un tempo di incubazione molto breve (12-36 h). presentano la classica

sintomatologia.

Trasmissione:

– animali domestici: pollame, bovini, ovini, suini, cani, gatti;

tutti gli animali quando sono avviati alla macellazione vengono controllati per l'infezione e

se sono malati vengono scartati, ma se c'è qualche portatore asintomatico esso non viene

identificato e può trasmettere l'infezione agli altri animali.

– rettili e tartarughe;

– episodi tossinfettivi per ingestione di alimenti infetti;

– contagio diretto o indiretto: nei neonati o lattanti anche una bassa carica infettante può dare

malattia.

– Trasmissione fecale-orale: per S. Typhi l'unico serbatoio è l'uomo. Le fonti di trasmissione sono
l'acqua contaminata, i frutti di mare, le verdure crude, i cibi manipolati, gli oggetti personali, uova
di gallina e anatra. La cottura elimina le salmonelle in quanto sono sensibili al calore, per cui se la
cottura non è adeguata o non si è raggiunta una sufficiente temperatura dentro l'alimento le
salmonelle possono sopravvivere. Ci sono individui che non eliminano la salmonella ma ne
diventano portatori asintomatici. La salmonella resiste bene ai sali biliari e riesce a rimanere nella
colecisti, da qui può essere eliminata dai portatori asintomatici.

Patogenesi:

• MOLTIPLICAZIONE NEL LUME INTESTINALE

• ATTRAVERSAMENTO EPITELIO

• PROLIFERAZIONE NELLA LAMINA PROPRIA

• INTENSA REAZIONE INFIAMMATORIA (secrezione di liquidi e degenerazione enterocita)

• DIARREA.

Misure preventive-cautelative:

– scoprire i portatori ed educarli;

218
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

– educare i soggetti ad una buona igiene della mani prima di mangiare o comunque prima di cucinare
o manipolare i cibi;

– evitare il consumo di uova crude (creme, zabaioni, tiramisù);

– controllo sugli animali da macellazione e sulle carni.

– Educare gli addetti alla preparazione degli alimenti lavare le mani, refrigerare il cibo, cuocere con
cura i cibi di derivazioni animale.

– Riconoscere il rischio di infezione da salmonella in animali domestici (pulcini, anatroccoli,


tartarughe)

– Istituire strutture atte alla irradiazione del cibo per carni e uova

– Ispezioni mattatoi, impianti di produzione di alimenti, mangimi per animali

– Isolamento malato fino a 3 coprocolture negative e disinfezione

Quando andiamo a fare diagnosi dobbiamo tener conto:

– del periodo di incubazione;

– delle manifestazioni cliniche;

– della possibile comunanza antigenica tra gli antigeni O tra due sierotipi di cui uno causa una

gastroenterite acuta e l'altro una febbre tifoide.

FEBBRE TIFOIDE

Malattia acuta sistemica, caratterizzata da febbre, malessere, cefalea, disturbi del sensorio, disturbi
addominali, eruzione cutanea transitoria, splenomegalia e leucopenia.

ETIOLOGIA

S. typhi

S. paratyphi A, C

SERBATOIO: uomo malato o portatore asintomatico convalescente o cronico (colecisti)

TRASMISSIONE: oro-fecale

VEICOLO: acqua (acquedotti – pozzi – balneazione) , alimenti (frutti di mare – verdure) ,oggetti
personali

VETTORI: mosche

Patogenesi:

A) ingestione;

B) SUPERAMENTO BARRIERA GASTRICA (contatto formazione linfatiche e placche di Peyer)

219
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

C) 1^ BATTERIEMIA (fugace): Diffusione a diversi organi e moltiplicazione (S.R.E.)

D) 2^ BATTERIEMIA (persistente): Diffusione a tutti gli organi con reazione immunoallergica e


necrosi: fegato, colecisti, pareti intestinali e formazioni linfatiche.

E) ENDOTOSSINEMIA

Febbre, alterazione neurovegetative, ematologiche, lesioni intestinali

LOCALIZZAZIONI

LISTERIA : soprattutto nella popolazione sopra i 65 anni, e ancor di più sopra 80 anni. La letalità è
alta, quasi il 16%. Anche qui, al primo posto abbiamo la spagna, poi la Germania, Repubblica Ceca,
Italia e infine UK. La troviamo nei vegetali e i derivati, succhi, pesce e prodotti del pesce.

ESCHERICHIA COLI che produce la tossina di Shiga : STEC /VTEC : anche qui abbiamo Germania,
Spagna, Italia, Repubblica Ceca, UK. C’è una sorveglianza molto supportata dai laboratori
diagnostici. Carne e prodotti, latte e latticini, vegetali, frutta, cereali, molluschi, pesce. Queste
infezioni sono marcatori importanti perché la loro trasmissione oro fecale ne fa un indicatore della
contaminazione fecale dell’ambiente. Gli ambienti dove è maggiore sono gli ambienti dove la sanità
pubblica è meno attenta. Bacillo Gram negativo aerobio, anaerobio facoltativo, mobile o immobile,
fermentante il lattosio. 3 antigeni O:173 (SIEROGRUPPI) H: 60 (Numerosissimi serovar) K: 80 . Esso
è un microrganismo presente nell'intestino dell'uomo e di molti animali, pertanto viene eliminato
con le feci, lo si trova nelle acque, tra l'altro esso è uno degli indicatori di contaminazione idrica.

FATTORI DI VIRULENZA:
220
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

• Fattori coinvolti nella colonizzazione del distretto in cui provocano infezione:

• Fimbrie, pili, adesine

• Tossine (determinano le manifestazioni più gravi)

I microrganismi responsabili di gastroenteriti sono gli E. Coli enterotossici, ovvero i responsabili della
diarrea del viaggiatore. Esiste sia una condizione di malato, che di portatore sano. L'infezione si ha
nel momento in cui il soggetto entra in contatto con alimenti o acqua contaminati. Per questo
motivo in alcuni Paesi è consigliato esclusivamente l'uso di acqua imbottigliato e si sconsiglia l'uso
del ghiaccio, il quale potrebbe essere prodotto con acqua contaminata. Il batterio agisce attraverso
la produzione di due enterotossine:

– tossina termolabile: agisce su c-AMP (ha azione simile alla tossina colerica);

– tossina termostabile: agisce su c-GMP.

Esistono poi gli E. Coli enteroemorragici, che sono diffusi negli allevamenti bovini. Essi si
trasmettono attraverso la carne bovina. Sono incriminate soprattutto le carni tritate, la carne non
ben cotta o gli hamburger perchè all'interno non raggiungono temperature utili ad eliminare il
microrganismo.

BRUCELLOSI : Italia – Spagna, Germania – Repubblica Ceca – UK. C’è una stagionalità dovuta al fatto
che la brucella si trasmette al momento del parto degli animali da allevamento. Soprattutto pecore,
capre (ricotta). La sicilia contribuisce in modo importante.

YERSINIA : veicolo animale, specialmente i maiali e i prodotti derivati come i prosciutti, salami. Il
microrganismo vive nell'ambiente esterno, soprattutto nelle raccolte d'acqua. Predilige le basse
temperature, ciò spiega il perché il frigorifero non eserciti un'azione batteriostatica su tale
microrganismo ma che al contrario lo agevoli. La fonte animale più importate per la Yersinia è il
maiale. La trasmissione la si avrà per via alimentare e attraverso l'acqua contaminata. L'azione
patogena di Yersinia è legata all'enterotossina.

NB: se non si fa una ricerca mirata a Y, che non predilige temperature di incubazione di 37° ma

intorno ai 20°, si rischia di non isolarla alla coprocoltura.

MANIFESTAZIONI CLINICHE

Bambini < 5 anni: gastroenterite acuta

Bambini > 5 anni e ragazzi: linfadenite mesenterica

Adulti: monoartrite al ginocchio, eritema nodoso

TOXOPLASMA GONDII : infezione da gravidanza TORCH. Gli ultimi dati sono del 2017. Ovini, maiali.
Si raccomanda alle donne di non consumare carne cruda o poco cotta, o anche latte non
pastorizzato, o anche il contatto con gli alimenti è da ridurre → prevenzione
221
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

Agenti TORCH, indagini prima nel caso di gravidanza programmata, o subito dopo.

HIV E MTS

EPATITE B

EPATITE C

INFEZIONI DEL TRATTO RESPIRATORIO : l’Italia non è fra le nazioni con frequenza maggiore.

1. HAEMOPHILUS INFLUENZAE : vaccinazione. In Italia non c’è una elevata frequenza, mentre
è alto in Francia, Germani e UK. Nei bambini e anziani ha una maggiore frequenza, e più nei
maschi che nelle femmine. C’è una distribuzione stagionale. Risente del freddo e quindi delle
abitudini che ne conseguono, quindi gli assembramenti in luoghi chiusi. 7
2. INFLUENZA, VIRUS INFLUENZALE :

222
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

Trend basati sui dati riportati dai laboratori sentinella (centri istituiti dai ministeri della salute dei
vari paesi che hanno il compito di riportare i casi e caratterizzare i virus responsabili di malattia).
2019-2020 : ci sono meno dati rispetto al 2018 e non possiamo non tenere conto che potrebbe
essere influenzato dalla pandemia attuale, quindi potrebbe essersi interrotta la sorveglianza per
l’influenza, o la sorveglianza non è continua o magari non li riportano al livello centrale e quindi si
perdono casi. Quindi non possiamo solo guardare i dati e basta, ma dobbiamo attendere di avere
un quadro della stagione influenzale tenendo conto anche della vaccinazione. I tipi influenzali sono
diversi, come era già atteso, e non sempre sono noti. In Italia la vaccina è una raccomandazione
generale che viene effettuata soprattutto tra gli operatori sanitari. Le dosi sono arrivate
contingentate rispetto alle effettive necessità.

Zoonosi : rabbia, antrace, tularemia, influenza aviaria.

INFLUENZA AVIARIA : possono essere acquisite tramite il contatto diretto con l’animale infetto
oppure con ambienti contaminati dall’animale stesso. I sintomi sono respiratori. Sono stati osservati
diversi tipi :

1. Virus H5N1: Nepal


2. Virus H7N9 : Cina, Malesia, Canada
3. Virus H9N2 : Cina, India, Senegal

Monitorare i casi umani è importante.

TUBERCOLOSI : non è una malattia ad alta diffusione in Italia. I Paesi con meno frequenza sono quelli
con meno di 5 casi per 100.000 abitanti. In Italia siamo in fascia arancione cioè tra 5 e 9,9. E’ più
223
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

frequente nei maschi e la distribuzione per età comincia a crescere tra i 15-24 anni, fino ai 64 e poi
decresce. La sorveglianza prevede una sorveglianza dei contatti! Infatti la TBC non si trasmette con
grande facilità, ha un R0 basso, ma i contatti familiari e prolungati sono quelli più a rischio. La sanità
pubblica ha grandi difficoltà a realizzare la sorveglianza dei contatti, così come anche l’accesso alla
prima diagnosi, perché il trattamento è in grado in pochissimo tempo la non contagiosità al sano,
quindi deve essere trattato in maniera tempestiva! Quali sono le barriere che portano a un ritardo
all’assistenza e alla diagnosi? È dimostrato che è il livello socio economico, non residenti nel paese,
nel fatto di avere il luogo di assistenza distante dal luogo di vita e di lavoro, il costo degli spostamenti
→ barriere al primo accesso all’assistenza. Un’altra difficoltà riguarda lo stigma che si ha per questa
malattia, per cui non si vuole ammettere di doversi far diagnosticare una malattia e quindi si ritarda
il primo accesso all’assistenza.

MALATTIE PREVENIBILI DA VACCINAZIONE E INFEZIONI INVASIVE

La varicella : esistono diversi vaccini e nel mondo la raccomandazione non è omogenea. In Europa
le raccomandazioni sono diverse e anche in Italia. I programmi vaccinali necessitano di una
organizzazione e di una valutazione e devono comportare un controllo di incidenza, e un esito
dimostrato. Se la copertura vaccinale inferiore all’80% si avrebbe uno spostamento della patologia
nelle età più avanzate, proprio per effetto della vaccinazione con completa, e con effetto più grave.
Quindi la decisione di differenziare le politiche di sanità pubblica, devono comportare delle scelte
e conoscenze epidemiologiche precise per non fare danno. In Italia la vaccinazione è stata introdotta
in momenti diversi ad esempio con 10 anni di differenza tra la Sicilia che è stata la prima nel 2003 e
il Friuli che è stata l’ultima nel 2013. Quindi le regioni hanno deciso autonomamente in base alla
proprie epidemiologie. In Italia con gli anni si è ridotta notevolmente, infatti la curva del grafico
l’incidenza si è ridotta. Abbiamo anche i dati regionali. Piemonte con molti casi e Sicilia con
pochissimi casi. La sorveglianza, se non è validata può trarre in inganno con i dati assoluti. Quindi è
giusto fare anche degli approfondimenti. Questo trend nord sud, non è da prendere come risultato
di una politica vaccinale di successo, ma probabilmente va iscritto a perdita di notifica del sud
piuttosto che al nord. Quindi il sistema di sorveglianza per varicella non è soddisfacente.

HERPES ZOSTER : è uno dei vaccini più nuovi raccomandato

PAPILLOMA VIRUS : prevenzione dei tumori associati

POLIOMIELITE

MORBILLO : in Italia abbiamo tanti casi, che ammontano al 65% di tutti i dati in Europa. Vaccino
obbligatorio MPR. Nel 2019 in Europa soprattutto i maschi, soprattutto nei bambini con meno di 1
anno. C’è una stagionalità con picco nei mesi invernali perché è una malattia a trasmissione
respiratoria e in primavera. Lo stato di vaccinazione ha una distribuzione diversa, con maggioranza
di due dosi.

224
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

EPIDEMIOLOGIA E PREVENZIONE DELLE MALATTIE CARDIOVASCOLARI


Le malattie cardiovascolari, malattie ischemiche del cuore, come l’infarto acuto del miocardio e
l’angina pectoris e le malattie cerebrovascolari, come l’ictus ischemico ed emorragico, sono tra le
principali cause di morbosità, invalidità e mortalità in Italia, essendo responsabili del 44% di tutti i
decessi. In particolare, la cardiopatia ischemica è la prima causa di morte in Italia : 28% di tutte le
morti. Le malattie cerebrovascolari sono al 3 posto con il 13% , dopo i tumori. In Europa oltre 80
milioni di persone sono affette da malattie cardiovascolari (il 48% sono uomini e il 52% sono donne)
e queste sono responsabili di 3,9 milioni di decessi annui (45% di tutte le cause di morte).

225
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

“health promoting hospital”

226
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

L’OMS ha pubblicato un piano di prevenzione con azione globale per la prevenzione e il controllo
delle malattie non communicable, che mira ad obiettivi quantitativi che sono basati su studi
epidemiologici che misurano l’efficacia degli interventi. Sono possibili perché ci sono evidenze
scientifiche che hanno dimostrato che è stato raggiunto l’obiettivo di ridurre il carico e l’incidenza
di malattie con questi interventi :
227
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

Perché dice almeno il


50% di persone che devono ricevere trattamento adeguato e counseling? Perché si rivolge al
pareti di tutto il mondo, è globale, e quindi perché ci sono paesi che non possono raggiungere
singolarmente nemmeno il 50%.

228
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

229
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

230
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

231
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

232
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

PREVENZIONE M.C.V.

233
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

PREVENZIONE PRIMARIA:
1. Ridurre il livello della colesterolemia nella popolazione adulta (<200 mg/dl)
2. Limitare il consumo di NaCl (non più di 5 gr/dì)
3. Eliminare il fumo di sigaretta
4. Aumentare l’attività fisica
PREVENZIONE SECONDARIA: rimozione o riduzione dei fattori di rischio già instaurati
1) Abbandono del fumo
2) Riduzione dei valori pressori (<140/90 mmHg, <130/80 mmHg)
3) Riduzione dei livelli di colesterolemia (mediante dieta e farmaci)
4) Attività fisica moderata (camminare per 30 minuti al giorno)
5) Portare l’indice di massa corporea tra 18.5 e 24.9 (circonferenza vita 102 cm uomini – 88 donne)
6) Assunzione quotidiana di aspirina a basso dosaggio ed eventuale terapia antiaggregante ed
anticoagulante.
1. INTERVENTI COMUNITARI
Strategie di popolazione da attuare già nei primi anni di vita:
a) Incisiva educazione alimentare
b) Lotta alla sedentarietà
c) Prevenzione del tabagismo
È necessario attivare strategie intersettoriali basate su azioni che prevedono il coinvolgimento di
settori
diversi della società e delle Istituzioni.
2. INTERVENTI INDIVIDUALI: indirizzati ai soggetti che presentano un rischio specifico (misure
dietetiche e/o terapeutiche).

EPIDEMIOLOGIA E PREVENZIONE DELL’OBESITA’


Non riguarda solo il rischio cardiovascolare, ma un cluster di malattie cronico degenerative.
È triplicata sin dal 1975.
39% di adulti superiori a 18 sono sovrappeso, nel 2016 e 13% obesi.
Il sovrappeso e l’obesità uccide di più del sottopeso → malnutrizione per eccesso

234
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

41 milioni di bambini sotto i 5 anni sovrappeso o obesi, nel 2016


Più di 340 milioni di bambini e adolescenti fra i 5 e i 19 anni sono sovrappeso o obesi nel 2016
L’obesità è prevenibile.
Sovrappeso e obesità sono definiti come anormale o eccessivo accumulo di grado che danneggia la
salute. Si calcolano con il BMI che è comunemente usato per classificare il sovrappeso e i gradi di
obesità negli adulti. È definito come il rapporto tra il peso in KG e il quadrato dell’altezza in metri.
Sovrappeso è un BMI maggiore o uguale a 25
Obesità è un BMI superiore o uguale a 30
Una persona si definisce:
sottopeso, se il suo indice di massa corporea è minore di 18,5 Kg/m²
normopeso, se il suo indice di massa corporea è compreso tra 18,5 Kg/m² e 24,9 Kg/m²
sovrappeso, se il suo indice di massa corporea è compreso tra 25 Kg/m² e 29,9 Kg/m²
obeso, se il suo indice di massa corporea è uguale o superiore a 30 Kg/m².

Per bambini e neonati si usano altri indici


E’ un indice, non è esaustivo.
Quali sono le cause di obesità e sovrappeso?
La fondamentale causa è lo squilibrio fra le calorie introdotte e consumate
1. Aumento dell’intake ricchi di grassi
2. Aumento dell’inattività dovuto a un aumento della sedentarietà, natura di diversi tipi di
lavoro, modifiche dei trasporti e dei modi di spostarsi, l’aumento dell’urbanizzazione
3. Modifiche nella dieta e nell’attività fisica sono spesso risultato di modifiche sociali e
ambientali associate a sviluppo e povertà di supporto delle policy nei settori della salute,
agricoltura, trasporti, pianificazione urbana, ambiente, distribuzione del cibo, marketing ed
educazione al cibo
Le conseguenze di sovrappeso e obesità sono : malattie cardiovascolari, diabete, malattie cronico
degenerative come osteoartrite, tumori e in particolare dell’endometrio, mammella, ovaio,
prostata, fegato, colecisti, rene, colon. Il rischio aumenta con il sovrappeso e quindi se con il BMI.
Anche quella infantile è un problema è importante, associato a morte prematura, malattia e
disabilità quando sarà adulto, problemi respiratori, rischio di fratture, ipertensione etc. anche
psicologici.
Quindi, l’OMS guarda un contesto globale, pubblico, per cui è necessario sottolineare che nel
processo di transizione epidemiologica, mentre per i paesi sviluppati noi vediamo una transizione
netta con controllo delle malattie infettive mentre aumenta il peso, il carico delle patologie
cronico degenerative, per i paesi a basso reddito questa transizione non è così netta, infatti da un

235
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

lato la malnutrizione per difetto e le malattie trasmissibili sono comunque un problema critico,
contemporaneamente c’è un incremento di patologie cronico degenerative associate a obesità e
sovrappeso. Quindi in sanità pubblica, troviamo nello stesso paese problemi
contemporaneamente presenti, che sembra un paradosso, ma non lo è, perché la crescita
economica non si è accompagnata a interventi di sanità pubblica efficaci, per cui non si è riusciti a
ridurre le malattie infettive ma nello stesso tempo si ha dato agio a fattori di rischio associati al
cambiamento sociale ed economico del paese e quindi di questi fattori di rischio per malattie
croniche. Questo è soprattutto grave per i bambini, perché l’aspettativa di vita è sempre maggiore
e sono più suscettibili e fragili per quanto riguarda lo sviluppo di queste malattie quando saranno
adulti.
Come affrontare il problema?
Innanzitutto tramite le evidenze scientifiche ed epidemiologiche ci dicono che di fatto sono
prevenibili, così come lo sono le malattie non trasmissibili associate a questi fattori di rischio
intermedi.
1. Interventi al livello individuale, che promuovono la conoscenza del rischio, dare le
informazioni, che spingono a scelte individuali : dieta, riduzione dell’assunzione calorica,
attività fisica (60 minuti al giorno per i bambini e 150 minuti durante la settimana per gli
adulti), aumento del consumo di frutta e verdura, legumi e cereali integrali, frutta secca.
2. La responsabilità individuale non basta, ma è fondamentale dare un supporto della policy,
di società, sul piano anche economico, per rendere accessibili e consentire all’individuo di
scegliere : slogan “salute per tutti” → raggiungere i gruppi più distanti dall’assistenza e
quindi dalla prevenzione. Questo si ottiene con coinvolgimento multi disciplinare
3. Industria degli alimenti che può promuovere diete più sane con interventi congiunti che
possono partire da linee guide e raccomandazioni ministeriali, riducendo i grassi, lo
zucchero, il sale nei cibi, assicurare che le scelte nutrizionali siano accessibili, restringere il
commercio di alcuni cibi con elevato contenuto di grassi, sale e zucchero, specialmente per
i bambini, assicurare la disponibilità di scelte sane e supportare l’abbandono della
sedentarietà nei luoghi di lavoro (sono scelte non solo per la salute, ma anche di sviluppo
economico di una azienda, perché i lavoratori diventano più performanti)

236
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

C’è stato un incremento di obesità sia negli adulti e soprattutto nei bambini. Incremento del 27,5%
negli adulti, e 47,1% nei bambini. I dati quindi ci portano 0 paesi che sono riusciti a diminuire
l’obesità negli ultimi 33 anni. Il 37% della popolazione mondiale è obesa. Il 14% i bambini. E il 62%
obese vivono in paesi a basso reddito in via di sviluppo.
È un tema di diseguaglianza di salute e prevenzione. I bambini obesi sono i malati del futuro.
Gli USA ospitano il 13% della popolazione obesa, ma solo il 5% della popolazione mondiale. Quelli
più colpiti sono i paesi del medio oriente. In particolare nelle donne.
Nei paesi dell’UE circa 1 adulto su 6 è considerato obeso. Questo è uno dei risultati dell’indagine
europea sulla salute che identifica tra i fattori di rischio l’aumento dell’età ed i bassi livelli sociali.
Anche se l’Italia, insieme alla Romania, è il paese con la più bassa percentuale di obesi, si tratta
comunque di uno dei grandi temi di salute pubblica. In Italia, nel 2017, poco più di 23 milioni di età
18 anni ed oltre sono in eccesso ponderale (45,9%).
Guardando le regioni italiane, per gli adulti, i dati del 2017 cosa ci dicono? Innanzitutto i dati
aggregati ci dicono che il 35,4% sono in sovrappeso e il 10,5% sono obesi. La Sicilia è a 39,1% per
sovrappeso e 12,6% per gli obesi.

237
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

238
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

Questi sono i dati di prevalenza stratificati per sesso ed età.

Vuol dire che c’è


un importante
ruolo che spetta
al medico di
medicina
generale e al
pediatra di libera
scelta, e che
deve essere
migliorato nella
sua performance
attraverso
interventi
programmati.

239
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

Il problema in età infantile : nelle regioni a basso reddito soprattutto, in Africa è aumentato più del
doppio dal 1990 al 2016. Come mai? Perché lì si verifica il fenomeno di contemporaneità di
prevalenza di situazioni che riguardano le malattie infettive e malnutrizione anche per eccesso. I
protocolli preventivi devono quindi essere rivolti anche verso i bambini e verso le donne in
gravidanza perché i primi 1000 giorni di vita fino ai 2 anni intervengono nel determinare il rischio
di sovrappeso nel bambino e poi nell’adulto che verrà, quindi si propone ad esempio
l’allattamento al seno, che è un modo per prevenire il sovrappeso nel bambino.

240
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

Quindi le raccomandazione per neonati e bambini piccoli sono :


1. Allattamento al seno entro 1 ora dalla nascita
2. Allattamento esclusivo per i primi 6 mesi di vita
3. Dopo i primi 6 mesi, introduzione con cibi solidi, ma continuare l’allattamento anche fino ai
2 anni di età
4. Deve essere nutrizionalmente ricco e in quantità opportune e incrementarle gradualmente
man mano che cresce
5. La varietà degli alimenti, in modo che possono fare esperienza di alimentazione completa e
potenzialmente e separatamente e specificamente modificandola rispetto a ciò che mangia
il resto della famiglia → l’educazione all’alimentazione va costruita sin dalla nascita
6. I cibi salati, con zucchero e grassi dovrebbero essere del tutto evitati

241
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

Per i bambini a scuola e adolescenti :


1. limitare l’introito di grassi e zuccheri semplici
2. aumentare il consumo di frutta e verdura, legumi, frutta secca
3. regolare attività fisica (60 minuti al giorno)
4. l’industria alimentare svolge un ruolo importante

Il sale da cucina contiene sodio che favorisce l’aumento della pressione, principale causa di
infarto e ictus. (vedi la pagina rischi del sale)

In condizioni normali il nostro organismo ha bisogno di piccole quantità di sodio (393,4


mg), che corrispondono a 1 grammo di sale da cucina (cloruro di sodio). Attraverso
l’alimentazione, però, un italiano introduce in media 10 grammi di sale ogni giorno [1], in
totale fra quello normalmente contenuto negli alimenti e quello aggiunto. Diminuire
questa quantità può aiutare a mantenere la pressione arteriosa a livelli ottimali, e quindi a
ridurre il rischio di infarto o ictus.

Quanto è “troppo”?

Come raccomanda l’Organizzazione Mondiale della Sanità, ogni giorno bisognerebbe


consumare meno di 5 grammi di sale da cucina, tra quello già presente negli alimenti e
quello aggiunto, che corrispondono a circa 2 grammi di sodio. [2] Per dare una idea più
chiara, 5 grammi di sale sono all’incirca quelli contenuti in un cucchiaino da tè. (vedi la
pagina dov’è il sodio?)

Queste raccomandazioni si applicano a tutte le persone, con o senza ipertensione


(comprese le donne in gravidanza e in allattamento), tranne le persone con malattie o
che assumono farmaci che possono portare a bassi livelli di sodio o ritenzione idrica acuta
o richiedano un regime alimentare supervisionato da un medico (ad es. persone con
insufficienza cardiaca e quelli con diabete di tipo I). In queste sottopopolazioni potrebbe
esserci una relazione particolare tra l'assunzione di sodio e gli esiti sanitari ricercati.

È importante leggere con attenzione l’etichetta nutrizionale dei prodotti che si acquistano
per scegliere, in ciascuna categoria, i prodotti a minore contenuto di sale e cercare i
prodotti a basso contenuto di sale, cioè inferiore a 0,3 grammi (corrispondenti a 0,12 g di
sodio) per 100 grammi di prodotto.

Bambini: meno sale = meno obesità? È stato dimostrato che i ragazzi che mangiano più
salato consumano maggiori quantità di bevande gassate e zuccherate, che possono
contribuire a un eccesso di peso. Un’indagine nazionale condotta nel Regno Unito su più
di 2000 bambini e adolescenti (da 4 a 18 anni), ai quali era stato chiesto di annotare su un
diario tutti i cibi e le bevande consumati in una settimana e di pesarne le quantità, ha
infatti evidenziato che quelli che consumavano cibi più salati consumavano anche maggiori
quantità di bevande gassate e zuccherate. [3] Gli autori di questa indagine stimano che
riducendo della metà la quantità di sale assunta ci sarebbero 15 obesi in meno ogni 100
bambini e adolescenti. Per l’alimentazione di bambini e adolescenti sarebbe quindi
242
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

importante scegliere, fra gli alimenti industriali pronti, quelli a più basso contenuto di
sodio, oltre naturalmente a evitare aggiunte di sale nella preparazione dei cibi. Sin da
bambini bisognerebbe anche evitare di abituare il gusto a eccessive quantità di sale,
limitando così il rischio di essere ipertesi da adulti, come suggerito anche da esperti del
Ministero della Salute del Regno Unito.

E’ uno studio per coorte. È un progetto che è una collaborazione con l’università di Brno in
Repubblica Ceca, sul rischio cardiovascolare. Infatti è stato stipulato questo accordo che si chiama
“KARDIOVIZE BRNO 2030” che ha l’obiettivo di studiare le relazioni fra fattori biologici, psico
sociali, ambientale, comportamentali e il rischio cardiovascolare in un campione della popolazione
della città di Brno. Effettuando anche il confronto con ciò che accade da noi in Sicilia. In
particolare, in questo lavoro pubblicato nel 2018, di tipo cross sectional su pazienti di età 25-65
anni con la valutazione dei loro profili nutrizionali. Il grafico è stato disegnato tramite una analisi
che si chiama “principal component analysis” . questi soggetti vengono studiati anche con i loro
campioni biologici. Sono stati delineati due profili “prudente” dove le scelte alimentari sono con
picchi, mentre la dieta “western” cioè occidentale fa parte del secondo profilo. Da questo studio si
vede che il profilo western è associato ad un aumento del peso, circonferenza della vita, rapporto

243
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

vita/fianchi. Mentre l’aderenza al profilo prudente è associata a una riduzione del peso, BMI,
grasso corporeo, circonferenza, rapporto vita fianchi, prevalenza di sovrappeso, obesità.

244
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

La variabilità inter individuale nel peso potrebbe essere ascritta a differenze genetiche, ma anche
al di là del genoma, cioè a meccanismi epigenetici, che non sono modificazioni della sequenza del
DNA, ma modificazioni come la metilazione di sequenze specifiche o globale, o modificazioni
istoniche, che modificano la suscettibilità a diversi fattori di rischio e modificano il rischio inter
individuale con interazione gene ambiente che già risulta in queste modifiche. Molte riviste
importanti hanno pubblicato le evidenze che riguardano marcatori molecolari e quindi i
meccanismi molecolari che determinano un maggior rischio di sovrappeso e obesità, che sono più
epigenetici che non meramente genetici. Predicono il rischio sin dai primissimi momenti, sin dal
momento del concepimento.
I primi 1000 giorni che vanno dal giorno del concepimento fino ai primi 2 anni di vita, ci mostrano
una finestra importante da indirizzare per la prevenzione e stabilire un futuro di salute per i
bambini. Quindi avere una dieta sana, già anche della mamma durante la gravidanza, e nella
primissima infanzia, è fondamentale affinché il bambino possa crescere sano, capace di imparare,
di “rise out of poverty” → modificare la società e la sua salute, sviluppo a lungo termine. La
gravidanza quindi è un target importante perché consente non solo di prevenire alcuni problemi
della nascita come la nascita pre termine, il basso peso alla nascita che si classifica in small o large
per l’età gestazionale, ma anche il diabete, l’obesità e le malattie che si manifesteranno in età
adulta.

La dieta può cambiare il modo con cui i nostri geni sono espressi! → IMPRINTING METABOLICO :
cioè la capacità della dieta di programmare al livello genomico ed epigenomico del metabolismo
durante il periodo pre natale e neonatale. Quindi può determinare il rischio di future malattie. Per
studiare questi fenomeni e quindi fornire evidenze sono studi di coorte di nascita : le popolazioni
che vengono reclutate alla nascita e poi li seguono durante lo sviluppo post natale, e anche le
donne in gravidanza ragionando sulle evidenze di associazioni viste in gravidanza e quindi valutate
durante la vita pre natale.

245
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

La salute quindi si costruisce durante tutte le fasi della vita. C’è un impatto importante, ci dicono le
evidenze, della dieta materna durante la vita pre natale e della riprogrammazione metabolica post
natale.
Il gruppo della professoressa ha istituito una coorte mamma – bambino

Si selezionano le mamme che si presentano al momento dell’amniocentesi. È stato anche


approvato di estendere lo studio alle donne che si recano per l’accertamento della gravidanza
indipendentemente o no dall’essere indirizzate allo screening. I risultati sono stati pubblicati, e
anche in questo caso sono stati identificati due profili, 1 delle mamme western e un profilo
246
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

prudente. Il primo prevedeva il consumo di carne rossa, patatine fritte, salse, snack salati, bevande
alcoliche. Il secondo invece prevedeva verdure cotte, legumi, riso, zuppe. Su questi si dimostra che
c’è un impatto sociale in termini di età, BMI, livello di istruzione, disoccupazione, fumatrici,
supplemento di acido folico e supplementi multi vitaminici.

PROSPETTIVE FUTURE : le valutazioni epigenetiche ci predicono il rischio e che possono anche


essere seguiti nel tempo → protocolli formativi, di suggerimenti e quindi possono essere studiati i
cambiamenti sia in miglioramento sia in peggioramento. → interventi di medicina preventiva e
personalizzata! Con l’aiuto di questi biomarcatori molecolari che possono indirizzare in
prevenzione i migliori interventi e più efficaci.
DIET AND COVID19

247
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

EPIDEMIOLOGIA E IGIENE AMBIENTALE

Uno dei più rilevanti problemi di sanità pubblica riguarda i rapporti tra ambiente e salute umana.
Si occupa degli effetti sulla salute umana di agenti presenti nell’ambiente. Studia l’epidemiologia e
la prevenzione delle forme morbose legate alla diverse matrici che costituiscono l’ambiente in cui
viviamo :
- identificazione degli agenti causali e dei fattori di rischio e misurarli,
e quindi fondamentale è anche la quantificazione tramite i casi
assoluti e i giusti denominatori.
- misure preventive
per ambiente non intendiamo però solamente le matrici ambientali, ma intendiamo anche :
a. insieme di fattori e di quelle influenze esterne (fisiche, chimiche, biologiche e sociali) che
esercitano un effetto significativo e apprezzabile sulla salute umana (OMS 1972)
b. insieme degli elementi che, nella complessità delle loro relazioni, costituiscono il quadro,
l’habitat e le condizioni di vita dell’uomo, quali sono in realtà o quali sono percepiti.

248
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

La sindrome dell’edificio costruito : causata da materiali in essi contenuti perché possono essere
dannosi per la salute. Esiste infatti una legislazione, dopo aver preso atto delle evidenze
scientifiche, che controlla gli edifici.

249
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

250
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

Qual è la relazione tra ambiente e salute?


C’è una storia della valutazione della loro relazione che parte dagli anni 60 in cui tendenzialmente
si studiava la contaminazione ambientale, in termini di matrici. Una fase che poi serviva alla
riduzione della contaminazione, e poi agli anni 80 con prevenzione e infine negli anni 2000 e
ancora oggi è cambiato che è la VIS , impatto sostenibile. Cioè :
La salute di una popolazione è una condizione necessaria perché essa affronti uno sviluppo
sostenibile : uno sviluppo in grado di soddisfare i bisogni del presente senza compromettere la
possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri bisogni. (NO CARPE DIEM, MA OCCHIO AL
FUTURO!) Al raggiungimento di uno sviluppo sostenibile devono contribuire molti elementi e tutti i
settori, compreso quello sanitario. Le azioni di oggi determinano il futuro. Quindi è importante un
apporto non solo multi disciplinare ma addirittura multi settoriale. Gli operatori della salute sono i
primi a dover essere consapevoli del ruolo e della complessità per determinare la salute di una
popolazione.

251
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

valutare
l’associazione tra
gestione dei rifiuti

252
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

e la salute etc-

Questa è la storia dell’impatto sanitario.

253
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

1. ACCERTAMENTO DEL RISCHIO : la caratterizzazione scientifica e sistematica dei potenziali


effetti negativi sulla salute che derivano dall’esposizione ad agenti pericolosi o a situazioni
di pericolo. È una fase in cui si valutano :
• Esposizione (exposure) : la presenza di una certa sostanza chimica, fisica, biologica,
o di un loro insieme nell’ambiente in cui vivono gli individui “a rischio” che conduce
all’introduzione delle stesse nell’organismo. Quindi non è solo riconducibile al
monitoraggio ambientale, ad esempio quanto piombo si trova nelle matrici
ambientali, ma è importante anche valutare quanto di quell’agente sia in grado di
internalizzarsi nell’organismo umano, e che quindi sia dimostrabile.
• Pericolo (hazard) : la potenzialità di un’esposizione di determinare effetti negativi
sulla salute. È la parte qualitativa dell’accertamento del rischio. Come ad esempio i
fumi che sono cancerogeni, esprime cioè un pericolo.
• Rischio (risk) : la probabilità di effetti negativi sulla salute determinata in specifiche
circostanze dall’esposizione di un organismo, una popolazione o un sistema
ecologico. Il rischio, quindi, è la misura della probabilità che un evento
indesiderabile potenziale diventi attuale. È una nozione probabilistica e
frequentistica.
2. GESTIONE DEL RISCHIO : processo decisionale che comporta la considerazione di fattori
politici, sociali, economici e tecnici e delle relative informazioni ottenute dall’accertamento
del rischio di un determinato pericolo al fine di individuare e applicare le adeguate
risposte normative al pericolo.
3. COMUNICAZIONE DEL RISCHIO : processo di scambio di informazioni derivanti dalla
valutazione e dalla gestione del rischio, al fine di renderle comprensibili a dirigenti, media,
gruppi interessati e pubblico.

254
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

dipende dalla
tipologia degli effetti negativi dell’esposizione sia dalla qualità e peso delle evidenze scientifiche.

255
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

256
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

Nel primo grafico, all’aumentare della dose inizialmente non abbiamo alcun danno, fino al
raggiungimento di una dose critica, soglia, abbiamo un innalzamento del danno e all’aumentare
della dose aumenta fino a un plateau → sostanza tossica non cancerogena
Nella seconda curva, vediamo che la relazione dose e risposta è una retta di cui possiamo studiare
la pendenza, per cui non esiste soglia, ma subito alla partenza, alle prime dosi, comincia ad
aumentare la probabilità di danno → sostanza cancerogena
Gli studi sugli animali sono spesso utilizzato per aumentare la disponibilità di informazioni. Questi
esperimenti permettono di programmare lo studio controllando il numero e la composizione (età,
sesso, specie) dei soggetti testati, le dosi e la misura di effetti specifici, permettendo di giungere a
conclusioni esaustive (statisticamente significative) rispetto a studi epidemiologici descrittivi in cui
non è possibile controllare questi aspetti e dove possono presentarsi numerosi fattori di
confondimento.
Il principio delle 3 R :
1. È possibile sostituire il modello animale prescelto con modelli che non prevedano l’uso di
animali → REPLACEMENT
2. Ridurre il più possibile il numero di animali utilizzati nel proprio protocollo sperimentale
mantenendo lo stesso livello di informazione → REDUCTION

257
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

3. Ridurre il livello di sofferenza imposto agli animali durante le procedure sperimentali


migliorando attivamente la qualità della vita dell’animale durante l’intero arco della sua
vita → REFINEMENT

258
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

259
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

260
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

261
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

ECDC → FWD – NET


L’acqua destinata al consumo umano deve essere :
1. Gradevole, ovvero deve presentare caratteristiche organolettiche accettabili, sprovvista di
torbidità, colore, odore e sapore sgradevoli e sufficientemente fresca
2. Usabile, per tutti gli impieghi domestici e per tutte, o almeno la maggior parte delle
destinazioni nell’ambito delle industrie o dei servizi
3. Innocua, ovvero non deve contenere microrganismi e parassiti, né altre sostanze in
quantità o concentrazioni tali da rappresentare un potenziale pericolo per la salute (D. lgs
31/2001)
Per il conseguimento di tali obiettivi si possono sfruttare le acque profonde, che costituiscono
fonti di approvvigionamento privilegiate poiché di qualità tali da non richiedere, in certi casi,

262
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

trattamenti preliminari oppure, laddove ciò non fosse possibile, ricorrere alle acque superficiali
dopo che siano state sottoposte agli opportuni trattamenti. La qualità è regolata da norme,
elaborate in ambito europeo e recepite sul territorio nazionale, finalizzate a garantire nel tempo
un elevato livello di protezione della salute umana.
Il controllo microbiologico dell’acqua è finalizzato all’accertamento dell’assenza di un pericolo e
pertanto dovrebbe basarsi sulla ricerca di microrganismi patogeni :
- Diversi e numerosi
- La loro ricerca potrebbe richiedere tempi inaccettabili nel caso di
controlli di acque già destinate al consumo
I microrganismi patogeni mantengono la loro vitalità nell’acqua per tempi molto brevi, pertanto si
potrebbe avere un risultato negativo anche in casi di contaminazione in atto, recente o saltuaria.
Si ricorre pertanto ad un artificio che possiede requisiti di totale affidabilità e provata efficacia :
nelle feci di provenienza umana e animale sono presenti :

• Coliformi totali
• Coliformi fecali (E.Coli)
• Streptococchi fecali (enterococchi)
• Clostridi solfito riduttori – spore (clostridium perfringens)
Se un’acqua subisce un inquinamento da parte di materiale fecale uno o più dei suddetti
microrganismi risulteranno presenti (indicatori). Se il materiale proviene da soggetti infetti
risulteranno presenti anche i microrganismi patogeni. In nessun caso potranno trovarsi patogeni
senza i saprofiti su indicati.
Quindi i controllo microbiologici dell’acqua ai fini dell’accertamento della sua innocuità si basa
sulla ricerca di :
1. Califormi fecale (E.Coli)
2. Enterococchi fecali
3. Spore di clostridi solfito riduttori (Clostridium Perfringens) che possono resistere nell’acqua
per molti anni, al contrario dei coliformi fecali e degli enterococchi (2-6 mesi)
Devono essere assenti, e vuol dire che è molto basso il rapporto tra il numero di germi
patogeni di origine intestinale e il numero di germi saprofiti indicatori di contaminazione
fecale.
Si determina anche la carica batterica totale a 37° e 22° C che assume il significato di
indicatore di superficialità e di scarsa protezione della sorgente. La carica batterica totale a 37
gradi indica la presenza di una flora batterica di provenienza animale o umana, quella a 22
gradi una flora microbica ambientale, meno pericolosa. Il reperimento dei nitrati derivanti dai
composti azotati fecali, ammoniaca e nitriti, e di spore di clostridi solfito riduttori in assenza di
altri parametri, indica contaminazione non recente e non autorizza il consumo umano.
Per contaminazione fisica dell’acqua si intende l’immissione in essa di sostanze radioattive e
di acque calde. Infatti possiamo distinguere :

263
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

1. Termico, se le acque superficiali utilizzate per i processi di raffreddamento da molte


industrie, centrali termo elettriche e elettronucleari, sono riversate nei corpi idrici senza
subire un’adeguata riduzione della temperatura. Questa forma di contaminazione delle
acque viene trascurata, eppure spesso causa rilevanti danni ecologici dovuti a fattori quali
la diminuzione delle concentrazioni di ossigeno disciolto, alterazione dei parametri fisico
chimici e biologici dell’acqua, accelerazione dei processi metabolici, stratificazione e
maggiore solubilità delle sostanze tossiche.
2. Radioattivo, si verifica quando vengono immesse nell’acqua sostanze radioattive, come i
radionuclidi. Queste sostanze sono naturalmente presenti nell’ambiente in bassissime
concentrazioni; tuttavia, lo sfruttamento da parte dell’uomo dei radioisotopi ha
incrementato sostanzialmente questa fonte di rischio. Gli elementi radioattivi,
accidentalmente rilasciati nell’atmosfera e giunti nelle acque, possono seguire due vie :
• Entrare nella catena alimentare
• Rimanere in soluzione
In entrambi i casi questi elementi possono arrivare all’uomo e molti di essi tendono ad
accumularsi arrecando danni irreversibili.

INQUINAMENTO ATMOSFERICO
L’atmosfera terrestre :
- 78% azoto
- 21% ossigeno
- 1% molteplicità di elementi e sostanze
Si intende “ogni modifica della composizione o stato fisico dell’atmosfera, dovuta alla presenza
nella stessa di una o più sostanze in quantità o con caratteristiche tali da alterarne le normali
condizioni ambientali e la salubrità ; da costituire pericolo ovvero pregiudizio diretto o indiretto per
la salute dell’uomo ; da compromettere le attività ricreative e gli altri usi legittimi dell’ambiente,
alterare le risorse biologiche e gli ecosistemi e i beni materiali pubblici e privati”.
È considerato un fenomeno complesso e mutevole. È uno dei principali fattori di criticità
ambientale, in relazione :

• Agli effetti di ordine acuto che episodi particolarmente significativi di esposizione possono
determinare
• Agli effetti cronici derivanti da esposizioni di lunga durata
• In relazione ai danni che alcuni inquinanti atmosferici determinano, direttamente o
indirettamente, al patrimonio storico e artistico, agli ecosistemi e alla vegetazione.
Gli agglomerati urbani sono stati probabilmente la prima sede di inquinamento atmosferico alle
attività umane.
Recentissimo è un articolo insieme a un gruppo di geologi e biologi cellulari del nostro ateneo, per
la valutazione dell’impatto delle polveri di origine vulcanica sulla nostra zona. È un lavoro multi

264
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

disciplinare. Ha un significato importante per la conoscenza e informazioni sul ruolo delle


contaminazioni ambientali che vivono alle pendici.
Gli inquinanti si distinguono in base all’origine, in :
1. Naturali : eruzioni vulcaniche, incendi boschivi, decomposizioni di sostanza organica
2. Antropica
3. PRIMARI : sono emessi direttamente dalle sorgenti (processi di combustione)
4. SECONDARI : si formano a partire da inquinanti primari in seguito a processi di diffusione,
trasporto e deposizione, nonché a processi di trasformazione chimico-fisica (es. reazioni fra
ossido di azoto e idrocarburi in presenza di luce solare – smog fotochimico)
Gli inquinanti secondari spesso risultano più tossici e di più vaso raggio d’azione degli
inquinanti originari.
Alla fine dell’800 rilevanti fenomeni di urbanizzazione hanno determinato gravi problemi
ambientali e conseguenti ripercussioni sulla salute, che hanno portato alla realizzazione dei
cosiddetti “quartieri della TBC”. In questo periodo venivano predisposti i primi programmi di
bonifica delle abitazioni, con l’emanazione di leggi, e regolamenti sanitari ed edilizi. Nella metà
del secolo scorso, le migliorate condizioni abitative hanno spostato l’attenzione allo studio dei
fenomeni di inquinamento dell’aria esterna (out door), identificandone le cause, gli effetti e le
misure di contenimento.
La crisi energetica deli anni 70 ha determinato un radicale cambiamento nell’edilizia, portando
all’isolamento e alla sigillatura massima degli edifici per migliorare il risparmio energetico e
abbattere i consumi per il riscaldamento, determinando conseguentemente un aumento degli
inquinanti prodotti all’interno delle abitazioni e degli ambienti confinati. La comunità
scientifica ha posto sempre più attenzione al problema della salute in relazione non solo
all’inquinamento esterno dell’aria, ma anche alla qualità dell’aria degli ambienti di vita
confinati, indoor. Studi scientifici hanno infatti dimostrato che l’aria dell’ambiente indoor è
spesso molto più inquinata di quella outdoor, anche nelle metropoli più industrializzate. Con il
termine INDOOR si intendono gli ambienti confinati di vita e di lavoro non industriali,
comprendendo tutte le abitazioni e tutti gli uffici pubblici e privati, le strutture comunitarie
come le scuole, gli ospedali, gli alberghi, le caserme, i locali destinati ad attività ricreative e
sociali come negozi, teatri, cinema, ristoranti, e i mezzi di trasporto pubblici e privati, come
auto, aereo, treno, nave, bus. Studi americani ed europei hanno evidenziato che le persone nei
paesi industrializzati trascorrono più del 90% del loro tempo in ambienti confinati. I soggetti
che sono spesso esposti per più tempo agli effetti degli inquinanti indoor sono quelli più
sensibili agli stessi inquinanti : ad esempio bambini, anziani, e persone che soffrono di malattie
croniche. → presenza nell’aria di ambienti confinati di contaminanti fisici, chimici e biologici,
non presenti naturalmente nell’aria esterna di sistemi ecologici di elevate qualità.

265
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

PM : particolato, che compare sia nelle abitazioni, sia negli uffici, associato a riscaldamento
con legna sia associato al fumo di sigaretta.
Un altro concetto importante è quello di microclima : l’insieme dei fattori fisici che
determinano la sensazione di benessere termico nell’individuo in ambiente confinato.
Il benessere termico : condizioni in cui l’organismo riesce a mantenere l’equilibrio termico,
omeotermia, senza l’intervento del sistema di termoregolazione propria. L’uomo scambia
normalmente calore con l’ambiente esterno tramite fenomeni di conduzione (contatto diretto
tra 2 corpi con diversa temperatura), convezione (contatto con l’aria e temperatura inferiore),
irraggiamento (radiazioni elettromagnetiche) ed evaporazione. I parametri fisici che
contribuiscono al benessere termico :
1. Temperatura dell’aria
2. Umidità
3. Velocità dell’aria
4. Temperatura media
Per poter valutare la soddisfazione delle persone per un ambiente dal punto di vista termico, ci si
riferisce agli indici di benessere (american society of heating refrigerating and air conditioning
engineers) : PMV (predicted mean vote) e il PPD (predicted percentage of disatisfied).

266
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

Il PMV esprime un voto medio previsto per la sensazione di benessere termico, in un range tra -2,0
e +2,0, mentre il PPD indica la percentuale prevista delle persone insoddisfatte. Tali indici di
benessere sono strettamente correlati e si osserva che, poiché la sensazione termica non è uguale
per tutti, esiste sempre una certa percentuale di soggetti per cui la temperatura ambientale risulta
non adeguata. AMBIENTE ACCETTABILE : quando gli indici sono parti a +/- ,5 per il PMV, e minore
del 10% per il PPD.
INQUINANTI BIOLOGICI
I contaminanti biologici come virus e batteri presenti nell’ambiente indoor, possono portare allo
sviluppo di malattie infettive a trasmissione aerea. La Legionella Pneumophila è uno dei principali
microrganismi patogeni che possono essere ritrovati nell’aria di ambienti condizionati. È uno degli
agenti eziologici di polmonite batterica e deve il suo nome all’epidemia di polmonite che si verificò
nel 76 a Philadelphia tra gli oltre 4000 legionari, partecipanti a un raduno, durante il quale 221
legionari si ammalarono e 34 morirono. In seguito si scoprì che la malattia era stata causata da un
“nuovo” batterio che fu isolato nell’impianto di condizionamento dell’hotel nel quale avevano
soggiornato. La legionellosi è la forma più severa di malattia associata e la letalità ad essa
associata è elevata e varia tra il 5 e il 25%. Un’altra forma simil influenzale meno severa, di breve
durata e associata a questo batterio è la febbre di Pontiac, che trae il nome da una epidemia che
scoppiò nel 68 nell’omonima città i USA.
MALATTIE CORRELATE AGLI EDIFICI / BUILDING RELATED ILLNESS
Indica una malattia specifica, con eziologia ben definita e ben documentata da sintomi fisici ed
esami di laboratorio, che colpisce solo alcuni dei soggetti che vivono o lavorano in un dato edificio.
La legionellosi, la febbre da umidificatore, l’alveolite allergica, l’asma, l’avvelenamento da CO sono
alcune patologie che vi rientrano. I sintomi, ai differenza della SICK BUILDING SYNDROME, non
scompaiono quando l’occupante lascia l’edificio in quanto si è instaurata una malattia e i sintomi
nono sono solo un effetto di esposizione temporanea ma un’evidenza dell’alterazione
dell’organismo dovuta alla patologia che si è instaurata. È dovuta a materiali utilizzati per la
costruzione dell’edificio o per il mobilio. In particolare il SICK BUILDING SYNDROME prevede una
sintomatologia aspecifica che colpisce contemporaneamente molti soggetti che soggiornano nello
stesso edificio, e che scompare nel momento in cui si allontanano. Nel 1983 l’OMS ha pubblicato
una lista di sintomi ad essa ascrivibili : irritazione degli occhi, del naso, gola, secchezza delle
mucose e della pelle, eritema, affaticamento mentale e mal di testa, tosse, infezioni respiratorie,
ipersensibilità, nausea etc. tutti i sintomi che generalmente non sono associabili a uno specifico
fattore di rischio. Sono stati riconosciuti da studi di associazione. Ecco perché si parla di una
edilizia sostenibile che adopera materiali diversi rispetto ad anni fa e che non assicuravano la
salute del dipendente, c’è quindi una sensibilità in più.
Effetti dell’inquinamento atmosferico : valutazione del burden di malattia. global burden disease.
Il ruolo del particolato, polveri sottili, è importante che noi studiamo. Non solo malattie
respiratorie associate, ma anche modificazioni genetiche ed epigenetiche. Anche patologie
cardiovascolari e tumori. Come? Eventi biologici specifici. Queste modificazioni potrebbero anche
essere controbilanciate dal resto dello stile di vita, per esempio con la dieta, che potrebbe al
contrario agire sinergicamente e dare un carattere di irreversibilità.

267
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

AGODI DOMANDE File di domande di ORAZIO COSTANZO

SUPER SPREADERS COVID-19

DIFFERENZA TRA MORTALITA E LETALITA’: (mortalità: n morti su n soggetti a rischio per malattia
ma non ancora soggetti ad essa; letalità: n morti su n di affetti per data di patologia)

EPIDEMIOLOGIA: che significa; quale metodo adopera; quali differenze rispetto alle discipline
cliniche; la disciplina viene identificata in 3 branche, 3 obbiettivi, quali? (descrittiva, analitica,
sperimentale); in epidemiologia come si definisce il rischio? (è una frequenza)

MISURE IN EPIDEMIOLOGIA: classificazione misure in epidemiologia (ci sono 3 tipi di misure: 1) di


FREQUENZA: incidenza, prevalenza, tassi di incidenza di; 2) di ASSOCIAZIONE: rischio relativo e
odds ratio; di IMPATTO); quante misure di incidenza esistono? (incidenza cumulativa, tasso di
incidenza); applicazione del concetto di densità di incidenza, fare un esempio; ISS che misure ci da
riguardo al covid-19?; incidenza, prevalenza che misure sono? (misure di frequenza), Che
significato hanno?; misura di impatto qual è? (DALY);

MORBOSITA’: quale indicatore misura il carico di malattia? (DALY); cos’è il DALY? (somma di anni
di vita perduti per la malattia + anni di vita vissuti con la malattia)

CARICO DI MALATTIA

CURVA DI LEXIS

RISCHIO: indicatori di rischio (assoluto, relativo)

RISCHIO RELATIVO: il covid 19 a cosa si associa? (età), per vedere che c’è un’associazione con l’età
cosa si fa?

INTERVALLO DI CONFIDENZA: cos’è?

268
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

STUDIO TRASVERSALE

STUDI ECOLOGICI: esempio di studio ecologico? (correlazione mesotelioma e fluoradenite a


Biancavilla; inquinamento ambientale e diffusione covid; temperatura delle regioni e la mortalità o
indici di ospedalizzazione per covid)

STUDI A COORTE: quale obiettivo ha?; come si colloca nella classificazione degli studi
epidemiologici? (prospettico); perché è importante il rischio relativo? Qual è il suo significato?; a
quale domanda rispondono gli studi analitici; quali misure si usano negli studi per coorte?
(incidenza cumulativa, tassi di incidenza); misura di associazione usata? (rischio relativo)

STUDI CASO CONTROLLO: come si colloca nella classificazione degli studi; sono studi prospettici o
retrospettivi? (retrospettivi); quale obbiettivo ha? (rispondere alla domanda perché, si studia
l’associazione dell’esposizione ad un fattore e la malattia); si misura l’associazione (non la si
misura, ma la si stima con l’odds ratio); cos’è l’odds ratio?; che info da? (probabilità che un
soggetto malato sia stato esposto ad un dato FdR rispetto ad un soggetto non malato)

STUDI SPERIMENTALI: lo studio sperimentale cosa valuta? (efficacia); cosa vuol dire valutare
l’efficacia?; in che termini si valuta l’efficacia? (riduzione dell’incidenza della malattia, oppure
riduzione della mortalità); qual è l’obiettivo della randomizzazione?; differenze con gli studi
analitici; a cosa ci si riferisce per esposizione in studi sperimentali?; quale misura otteniamo
nell’analisi di questi studi?; come possono essere analizzati i dati? (per protocollo e intention to
treat)

REVISIONI SISTEMATICHE E METANALISI: Se dalla revisione sistematica si raccoglie un numero di


studi con un disegno differente (studi a coorte, caso controllo) come si effettua la metanalisi?
(Non si mettono insieme questi studi differenti)

CURVA EPIDEMICA (quali dati servono per farla? (R0 e Rt)

EVIDENCE BASED MEDICINE: piramide dell’evidenza; quale misura vai a guardare in una metanalisi
per capire se un farmaco è efficace?; da cosa dipende il peso di uno studio? (dal numero di
persone reclutate nello studio)

269
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

MALATTIE INFETTIVE: sorgente e serbatoio di infezione; per SARS-cov2 chi era il serbatoio?
(animale); per salmonella typhi qual è il serbatoio? (intestino umano; rettili per le salmonelle
minori); concetto di epidemia;
INFEZIONI CORRELATE ALL’ASSISTENZA: per prevenire le ICA cosa si fa?

ANTIMICROBICO RESISTENZA: strategie di contrasto; l’approccio si divide in due gruppi: coloro che
credono che il problema sia tutto a lvl clinico e coloro che credono che il problema sia a lvl di
popolazione, cosa si può suggerire ai più per far rendere comprensibile il problema della
resistenza? (formare i professionisti sensibilizzandoli al problema, anche attraverso corsi di
aggiornamento)

VACCINI: quali sono le vaccinazioni obbligatorie nell’infanzia in Italia?; quali vaccinazioni sono
raccomandate? (influenza raccomandata negli anziani, negli operatori sanitari; meningite b e c,
hpv nell’adolescenza); quale parametro ci da informazioni sulla risposta alle vaccinazioni in una
data popolazione? (copertura vaccinale); quali vaccini prevengono infezioni e cancro? (anti HBV e
anti HPV); contro quale tumore protegge l’antiHBV? (epatocarcinoma); MPR che tipo di vaccino è?
(obbligatorio, vivo attenuato); differenze fra vaccini di Sabin e Salk (il vaccino di Sabin previene
l’infezione, il Salk previene la malattia: ciò è dovuto alla presenza di IgA nella mucosa intestinale
che blocca l’ingresso del Poliovirus, cosa che non avviene con il vaccino Salk; il soggetto con
infezione da virus della poliomelite può trasmettere il virus, quindi con il vaccino di Salk serve una
maggiore copertura vaccinale per bloccare la circolazione del virus)

MALATTIE NON TRASMISSIBILI: quadro generale della loro distribuzione

SCREENING: Campagna di screening è programma di prevenzione primaria o secondaria?


(secondaria); quali sono le 3 campagne di screening per tumore (K colon retto, K mammella, K
cervice uterina); qual è il primo lvl di screening per la prevenzione del K cervice uterina? (test HPV
dna); che si fa se HPV dna è positivo? (pap test, non si chiama più test di screening, ma test di
triage, se positivo si va alla colposcopia); com’è cambiato lo screening del cervicocarcinoma?

M. CRONICO DEGENERATIVE: associazione m. cronico degenerative con età; storia naturale; fattori
di rischio; prevenzione; quali sistemi si usano per valutare il rischio cardiovascolare?

PREVENZIONE: che cos’è la prevenzione?; qual è l’obiettivo della prevenzione primaria, quali sono
gli obiettivi strategici con cui la valutiamo?; prevenzione secondaria tumori, quali sono le
campagne di sanità pubblica che riguardano i tumori?; esempi di genomica di sanità pubblica per
la prevenzione dei tumori? (mammella, cervice); la campagna di screening del tumore della
mammella che tipo di prevenzione è? (secondaria);
270
ELISABETTA D’ANNA- POLO A 2020

PREVENZIONE MALATTIE INFETTIVE

TRASMISSIONE DIRETTA DELLE MALATTIE INFETTIVE

IGIENE DELLE MANI: quale modo di lavarsi viene consigliato? (lavaggio con gel idroalcolico);
quando è più opportuno fare il lavaggio con acqua e sapone piuttosto che con gel idroalcolico?
(quando il gel non funziona, cioè non riesce a igienizzare le mani da germi sporigeni come
clostridium difficile; inoltre il gel non si usa su mani visibilmente sporche, in quel caso si usano
acqua e sapone)

OBESITA’

IGIENE AMBIENTALE: cosa si intende con fattori di rischio ambientali? (tutto ciò che non è
geneticamente determinato); nel covid c’è un’associazione dell’incidenza del covid e le zone
inquinate, come si spiega ciò? Quale meccanismo biologico sottende questo fenomeno?; Se
abbiamo una relazione dose risposta lineare a cosa pensiamo? (un agente cancerogeno); curva
dose risposta con soglia non lineare cosa fa pensare? (sarà una curva sigmoidale); qual è la
differenza fra una curva lineare e una non lineare?; 17 sustainable development goals (dicembre2
30:50)

271

Potrebbero piacerti anche