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2 febbraio 2023 - 23:05 > Versione online

Righini (YSBC Urbino): “Con la


cooperazione si può realizzare una
società più giusta”
• LA VOCE DEGLI ULTIMI
• Sociale
L’intervista di Interris.it alla professoressa Elisabetta Righini, referente scientifico dello
Yunus Social Business Centre dell’università di Urbino
da
Lorenzo Cipolla
-
3 Febbraio 2023

L’economia che segue principalmente la logica del profitto ormai concentra la gran
parte della ricchezza nelle mani di pochi e non sembra essere in grado di dare risposte
efficaci ed efficienti alle urgenti questioni che la realtà contemporanea pone davanti agli
occhi di tutti, dalle fortissime disuguaglianze economiche e sociali all’insicurezza
alimentare e alla malnutrizione. Dai conflitti sparsi per il mondo allo sfruttamento
incontenibile delle risorse, umane e materiali, di quella che papa Francesco ha definito,
nella sua enciclica “Laudato Si’”, la nostra “casa comune”. Tutte crisi che si
trascinano da anni e che hanno conosciuto un’esplosione e un’accelerazione con la crisi
generata dalla pandemia di Coronavirus su tanti livelli, sanitaria, sociale, economica,
occupazionale. Il Pontefice ci esorta ad assumere il paradigma dell’ecologia integrale,
un modello che riunisce l’attenzione all’ambiente con quella per l’uomo, e a dare
un’anima all’economia. E questa la si può trovare nell’altruismo,nella solidarietà,
nella cooperazione. Il premio Nobel per la Pace Muhammad Yunus, l’economista
bengalese insignito del prestigioso riconoscimento nel 2006 per aver ideato e realizzato
il microcredito moderno, ritiene che l’attuale sistema tenga conto solo dell’agire
egoistico degli individui, trascurando le spinte altruistiche proprie di ciascuna persona:
l’altruismo può rappresenta la chiave di volta per un’economia che punti a un benessere
sociale collettivo diffuso. Yunus ha quindi teorizzato il social business, con cui si
intende un modello di impresa che punti, attraverso la sostenibilità e l’autosufficienza
economica, a raggiungere obiettivi sociali vantaggiosi per le comunità. Dall’idea del
business sociale è nata la rete internazionale degli Yunus Social Business Centre,
organizzazioni che seguono lo sviluppo di imprese sociali tese a risolvere i problemi del

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loro territorio, studiano, approfondiscono e divulgano le teorie del “banchiere dei poveri”.
Tra queste, ci sono anche quattro università italiane, quella di Firenze, quella della
Basilicata, la Ca’ Foscari di Venezia, la Carlo Bo di Urbino. Il Centro di ricerca
dell’Ateneo della città che ha dato i natali al “divin pittore”, Raffaello, è nato cinque anni
fa. Ne racconta la genesi a Interris.it la professoressa Elisabetta Righini, referente
scientifico del Centro che fa capo al Dipartimento di Giurisprudenza. “Nel 2018 Yunus
era in visita in Italia e lo incontrammo, presentandogli il nostro progetto ‘Impresa e
cultura. La cultura come motore per lo sviluppo economico e sociale’. Si dimostrò
interessato e ci coinvolse nel suo network”. “Le attività del Centro”, spiega ancora la
docente, “sono quelle di ricerca scientifica, con ricadute positive sulla didattica e la
divulgazione esterna tramite iniziative culturali aperte a tutti”.

L’intervista
Professoressa Righini, quali sono le teorie economiche di Yunus?
“E’ colui che ha inventato il microcredito moderno e il business sociale, oltre che essere
lui stesso, a conti fatti, un imprenditore sociale. Se già nel tardo Medioevo con il Monte
di pietà i francescani erogavano prestiti a condizioni eque, negli anni Settanta in
Bangladesh Yunus ha messo in pratica l’idea di dare dei finanziamenti alle persone più
povere e analfabete dei villaggi rurali confidando nelle loro capacità lavorative, invece
che sulle garanzie, e negli anni Ottanta ha fondato la Grameen Bank, la cosiddetta
‘banca dei poveri’. L’istituto dava credito attraverso il finanziamento comunitario a gruppi
composti da cinque donne, poiché riteneva le donne moltiplicatrici di ricchezza, in cui
ciascuna di loro riceveva un prestito ma erano responsabili in gruppo. Il tasso di
restituzione dei finanziamenti raggiungeva il 98%. Per Yunus il social business può
aiutare il mercato a rinnovarsi in senso sociale perché si basa su una spinta di carattere
altruistico e ha a sua volta un effetto moltiplicatore. Il business sociale può consentire di
risolvere problemi di vario tipo, sociali, ambientali, sanitari, occupazionali, a costi
sostenibili per le persone destinatarie dei servizi, mentre gli eventuali profitti vengono
reinvestiti per migliorarne l’efficienza”.
L’economista bengalese auspica un cambiamento in chiave altruistica
dell’economia e papa Francesco ci esorta a darle un’“anima”. Quali sono i punti di
contatto tra i loro messaggi?
“Uno è il rispetto per l’uomo e per gli ultimi. Per Yunus i poveri non sono diversi dagli altri
e non dobbiamo scartare nessuno, come dice il Papa. Un altro è l’ambiente, perché i
danni del cambiamento climatico fanno sentire i propri effetti innanzitutto sulle
popolazioni più povere. Il pontefice, inoltre, lo ha anche chiamato a partecipare alla sua
iniziativa Economy of Francesco. Yunus ritiene che il motore delle azioni umane è quello

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che ci muove interiormente, è attraverso il cambiamento interiore che possiamo


cambiare il mondo. Secondo lui oggi le economie parlano solo dell’egoismo dell’uomo,
ma le persone agiscono anche in termini pro-sociali”.

Rincari, diseguaglianze, effetti del cambiamento climatico, salute. Con quale


approccio si può cercare una soluzione a questioni di tale rilevanza?
“Il mondo richiede soluzioni unitarie e complesse, per arrivare a una società più giusta
dobbiamo pensare ad agire in cooperazione e non in competizione. La globalizzazione è
un fenomeno con tante ricadute che non sappiamo sempre gestire, siamo abituati a
pensare che ha aiutato lo sviluppo di alcuni Paesi e l’impoverimento di altri, mentre da
un lato la ricchezza si concentra e le diseguaglianze aumentano. E su queste
agiscono fenomeni destabilizzanti come la pandemia e il cambiamento climatico. Si deve
affrontare ogni singolo problema per dare un aiuto nell’immediato, ma al livello
internazionale occorre cooperare”.
Il vostro centro si trova a Urbino, la città che ha dato i natali a Raffaello. Quale
relazione può tenere insieme l’economia, l’arte e la cultura?
“Urbino è una città paradigmatica, resa importante da Guido da Montefeltro, dove si è
verificato il ‘rinascimento matematico’, una riflessione filosofico-matematica alla ricerca
di una regola nella natura e nel mondo: la regola della bellezza. Urbino è un centro
sviluppatosi in maniera armoniosa e dovrebbe essere preso a modello. La relazione che
le tiene insieme è il dialogo tra la scienza, la tecnologia, l’umanesimo e la filosofia.
Dobbiamo riuscire a cogliere il positivo delle nuove tecnologie e la ricchezza che nasce
dall’educazione e dalle doti umane”.
Quali sono i vostri progetti e le vostre iniziative per far conoscere temi come il
microcredito e l’educazione finanziaria anche ai non “addetti ai lavori”?
“Di recente abbiamo curato un’opera lirica teatrale, ‘I dimenticati’, dove si parla di questi
temi. In generale cerchiamo di far ricadere le nostre attività accademiche anche a livello
sociale. Organizziamo corsi di formazione per docenti delle scuole superiori,
organizziamo webinar, collaboriamo col Comitato nazionale dell’educazione finanziaria”.

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