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LA TEORIA DELLA CORTESIA 23/11

È una fenomenologia interdisciplinare e l’insieme delle teorie sulla cortesia discende dal
principio di cooperazione di Grice.
La CORTESIA è l’insieme delle norme e delle strategie linguistiche che sono adottate da una
comunità per mantenere armonia all’interno dell’interazione comunicativa. È un processo
socio-pragmatico complesso che implica il riferimento ai ruoli, alla distanza sociale, alla
partecipazione affettiva e da tutto ciò dipendono le scelte linguistiche del parlante.
Il termine “cortesia” etimologicamente deriva da corte  indica una convivenza di modi
che rimandano all’ambiente cortigiano; mentre il termine inglese “politeness” deriva dal
latino polire  rifinire.
Alcuni autori hanno notato che è difficile definire che cosa siano le norme di cortesia e che
queste possono essere meglio apprezzate quando non ci sono e dunque quando ci
troviamo di fronte a una situazione di scortesia linguistica.
Queste teorie si sono evolute per tappe:
- 1967  ERVIN GOFFMAN (antropologo) elabora il concetto di “faccia”, che è
fondamentale per la teoria di
- BROWN e LEVINSON, 1978 e rielaborata nel 1987.
Tra questi due poli si pongono altri due modelli:
- 1973  ROBIN LAKOFF che parte dal principio di cooperazione di Grice;
- 1983  GEOFFRY LEECH con il suo modello della cortesia.

La teoria di LAKOFF si articola intorno a 3 norme e parte dal presupposto che la cortesia
linguistica è qualcosa che si aggiunge al principio di cooperazione; le sue norme
permettono di spiegare molte delle violazioni che sono implicate nelle massime di Grice e
sono:
1. NON TI IMPORRE
2. OFFRI DELLE ALTERNATIVE
3. METTI IL TUO INTERLOCUTORE A PROPRIO AGIO.
Accanto a queste propone anche 2 principi di competenza pragmatica:
1. SII CHIARO
2. SII CORTESE
Molto spesso però nella situazione comunicativa queste due norme non possono essere
rispettate contemporaneamente, ma entrano in conflitto, tanto che colui che parla non
può essere chiaro e cortese allo stesso tempo e quando si trova nella situazione di conflitto
deve scegliere cosa fare. Generalmente si predilige la CORTESIA perché l’infrazione di una
regola di cortesia è più difficile da recuperare; quindi gerarchicamente la cortesia è più
importante rispetto alla chiarezza e questo giustificherebbe perché molti dei nostri scambi
comunicativi sono indiretti.
Es.
- 1: NON TI IMPORRE
Puoi chiudere la finestra?  Interrogativa, proposta
Chiudi!  Imperativa, scortese.

- 2: OFFRI DELLE ALTERNATIVE


Suppongo sia ora di andare suggerimento
Andiamo! Imposizione

- 3: METTI IL TUO INTERLOCUTORE A PROPRIO AGIO


Andiamo.
Muoviti!

LAKOFF sostiene che queste 3 regole sono UNIVERSALI: valgono per tutte le culture e per
tutte le lingue; sono le consuetudini a cambiare.
Per esempio nelle società occidentali alcune domande si tende a non farle: non è cortese
fare domande sul proprio stipendio o preferenze politiche ecc., perché non sono
considerate “merce franca”. Ci sono invece altre culture in cui formulare le stesse
domande serve a rompere la barriera e ad esprimere un interesse e un atteggiamento
amichevole.
Nel 1983, qualche anno dopo, LEECH elabora un proprio modello della cortesia che è
composto da un principio di cooperazione, un principio di cortesia e 7 massime (del tatto,
della generosità, dell’approvazione, della modestia, dell’accordo, della partecipazione e
fàtica) e proprio perché sono norme che spesso entrano in conflitto Leech introduce delle
scale che permettono di trovare un accordo:
- scala dei costi e dei benefici
- Scala dell’autorità e della distanza sociale
- Scala dell’opzionalità
- Scala dell’indirettezza.
Es.
L’ imperativo non è sempre impositivo o svantaggioso.
Prendi un cioccolatino!
Il condizionale favorisce l’opzione.
Mi daresti una sigaretta?
Più la frase è cortese, maggiori saranno i benefici per il destinatario e viceversa.

GOFFMAN, sociologo statunitense, era interessato a studiare come i parlanti riescono a


mantenere un’immagine di sé positiva e coerente. Introduce il concetto di “faccia”,
rivolgendo l’attenzione a come noi veniamo visti dagli altri o a come crediamo di essere
visti dagli altri.
La FACCIA è un territorio che ciascuno di noi possiede (una bolla di rispetto) e che vogliamo
proporre e promuovere all’esterno. Goffman parla di “mantenere la faccia” come un a
forma di ritualizzazione della comunicazione e individua delle strategie che permettono di
farlo. Nei suoi scritti ci sono molte espressioni riprese dal palcoscenico: la vita è un
palcoscenico in cui i partecipanti sono degli attori che vivono quotidianamente una serie di
occasioni sociali e recitano se stessi, costruendo giorno per giorno la propria faccia in
positivo. Si tratta di strategia che tendono a tutelare la fragilità dell’uomo.

BROWN e LEVINSON elaborano ulteriormente questa teoria e sviluppano un modello più


completo della cortesia. Partono dal fatto che il principio di cortesia è diverso dal principio
di cooperazione perché quest’ultima è sempre attiva e agisce in modo silente, mentre la
cortesia deve essere espressa in modo visibile e inconoscibile. La cortesia è governata da
regole, ma da queste regole si può deviare per ottenere una maggiore efficienza
comunicativa. Costruiscono il loro modello basando si sullo studio di tre lingue (inglese,
tzeltal, tamil) molto diverse tra loro per dimostrare che il modello ha un’applicazione
universale. Questo è stato l’aspetto che ha generato molte critiche e spaccature.
La logica della cortesia poggia su due presupposti universali:
- RAZIONALITà, che fa capo al principio di cooperazione;
- FACCIA, che è l’immagine che ognuno ha di se e che investe di valori emotivi.
La faccia può essere:
- Positiva  coincide con ciò che dichiara Goffman ed è ciò che va nella direzione
dell’approvazione sociale, viene rafforzata dall’autostima e da tutte quelle strategie
linguistiche che ci portano a un riconoscimento positivo.
- Negativa  è la difesa del nostro territorio che non accetta imposizioni esterne
(ordini, insulti, accuse, lamentele)
Brown e Levinson sostengono che la faccia sia universale, ma allo stesso tempo è
costantemente minacciata dall’esterno da una serie di atti (FTA  FACE THREATEING ACT)
che minacciano la faccia del parlante andando in direzione opposta alla sua volontà di
essere apprezzato.
Le minacce alla faccia negativa possono essere un danno per il parlante e si tratta di atti
linguistici a cui si deve dare seguito, come scusarsi o impegnarsi a fare qualcosa; possono
essere un danno per l’ascoltatore gli atti linguistici che affermano o negano la replica
dell’ascoltatore, come gli atti direttivi o i complimenti.
Il modello di Brown e Levinson propone una formula per calcolare il grado di cortesia con
delle strategie: possiamo scegliere se produrre atti che minacciano la faccia o meno e se
scegliamo di farlo, possiamo farlo esplicitamene o implicitamente; nel primo caso
possiamo scegliere di farlo con o senza azione riparatrice.
Quando siamo diretti, siamo anche chiari: on record; quando siamo indiretti, siamo anche
ambigui: off record. Con la strategia positiva si cerca l’accordo, con quella negativa si è
indiretti e si mantengono le distanze, siamo impliciti e rimaniamo nel vago, lasciando agli
altri il compito di interpretare il messaggio.
Il gradiente di cortesia può essere aumentato o diminuito: più aumentiamo l’indirettezza,
più siamo cortesi perché aumenta il grado di opzionalità ma diminuisce la forza illocutoria.
- STRATEGIE DIRETTE - ON RECORD  sono comuni tra amici e familiari, perché
anche se siamo diretti non siamo minacciosi, dunque non viene inteso come un atto
che minaccia la faccia (Togliti il cappotto! – E dai, smettila!)
- STRATEGIE INDIRETTE - OFF RECORD  si tratta di suggerimenti (Che caldo qui
dentro! – Forse qualcuno avrebbe dovuto essere più responsabile.)
- CASI DI INGENZA COMUNICATIVA  non ammettono l’off record, ma devono essere
chiari, diretti, concisi e veloci. (Attento! – Aiuto!)
Tra la cortesia e la scortesia c’è un continuum e il contesto gioca un ruolo fondamentale.

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