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Gruppo 14
Carlo Pertile - 2034605 - carlo.pertile@studenti.unipd.it
Federico Rossi - 2034792 - federico.rossi.10@studenti.unipd.it
Fabio Angelo Tremonti - 2042148 - fabioangelo.tremonti@studenti.unipd.it
1 Obiettivo dell’esperienza
Obiettivo iniziale di questa esperienza è ottenere una stima della distanza focale, f , di una
lente sottile. In particolare, si sono ottenute tre stime diverse del fuoco nelle prime tre
fasi dell’esperimento. A partire dalla misura ottenuta, nella quarta fase si vuole ottenere
una stima del coefficiente di aberrazione sferica della lente, mentre nella fase finale si
otterrà una stima del numero di Abbe da confrontare con il valore di riferimento.
1
Dove p è la distanza tra l’oggetto e la lente, q la distanza tra immagine e lente e f è la
distanza focale.
Questa equazione è anche chiamata equazione delle lenti sottili, perchè la sua validità
è limitata ai casi in cui la distanza V V ′ tra i vertici sia trascurabile rispetto alle altre
distanze in gioco. Per questo motivo, durante l’analisi dei dati verranno spesso apportate
delle correzioni alle formule che permetteranno di eliminare gli effetti sistematici dovuti
alle differenze tra l’apparato utilizzato e la lente ideale.
Si nota che la 2.1 si può riscrivere come:
1 1 1
+ = da cui : P 2 − Lp + Lf = 0 (2.2)
p L−p f
Con L = p + q distanza tra oggetto e immagine. Le cui soluzioni sono:
√
L ± L2 − 4Lf
p± = (2.3)
2
In questa forma l’equazione dei costruttori di lenti verrà utilizzata per ottenere una
stima di f come spiegato nel successivo paragrafo. L’equazione 2.1 tiene conto anche
dell’approssimazione di Gauss che vale solo nel caso in cui l’angolo dei raggi con l’asse
ottico sia molto piccolo. La distanza focale risulta, quindi, dipendere dall’angolo di
incidenza dei raggi. Un fascio distante R dall’asse ottico e parallelo allo stesso convergerà
in una posizione, fuoco marginale, diversa rispetto a quella di un fascio parassiale. La
distanza tra il fuoco marginale e quello parassiale è l’aberrazione sferica longitudinale e
vale:
R2
l = cd (2.4)
f
Dove cd è il coefficiente di aberrazione sferica, di cui in questa esperienza si vuole dare
una stima a partire dall’equazione sopra riportata a partire da alcune misure di l. La
distanza focale di una lente dipende anche dalla lunghezza d’onda, e quindi dal colore,
dei raggi luminosi che la attraversano. La differenza tra la distanza focale prodotta dai
raggi di colore blu e quelli di colore rosso si chiama aberrazione cromatica longitudinale
e vale:
fd
A= (2.5)
V
Dove fd è la distanza focale misurata con la luce di colore giallo, mentre V è il numero
di Abbe, costante dipendente dal materiale e dalla struttura della lente. Di quest’ultimo
valore si vuole dare una stima nella quinta e ultima fase di questa esperienza, a partire
da alcune misure dell’aberrazione A, per poi confrontarla con il valore di riferimento
V ∗ = 64.1.
2
• il secondo, detto metodo dei punti coniugati, usa direttamente la formula dei co-
struttori di lenti, riscrivendola nel seguente modo come relazione lineare :
1 1 1
x+y = con x = ,y = (2.6)
f p q
Dunque, partendo da una serie di misure della coppia (p, q), risulterà che i valori di
( p1 , 1q ) saranno disposti lungo una retta cui intersezione con gli assi varrà f1 .
• il terzo, detto metodo di Bessel, permette di ottenere una stima di f posizionando
lo schermo a una distanza fissa dall’ oggetto. Infatti dalla 2.3 si nota che p+ e p−
sono le due posizioni della lente in cui l’immagine proiettata sullo schermo risulta a
fuoco, e si ha : q
p+ − p− = S con S = L2 − 4Lf (2.7)
Da cui si deriva l’equazione che permetterà di ottenere la stima desiderata di f :
L2 − S 2
f= (2.8)
4L
Le misure di input sono dunque le lunghezze di Dv e Dl nelle varie posizioni per il primo
metodo, le coppie di posizioni (Pl , Ps ) nel secondo e nel terzo il valore di L e i vari valori
di p+ e p− ,oltre al valore di P0 , assieme alle misure dell’aberrazione sferica, l, e di quella
cromatica, A. Le misure di output sono la distanza focale, il coefficiente di aberrazione
sferica e il numero di Abbe.
3
scorrere fino al punto in cui la stessa linea non risultasse tangente alla circonferenza nel
lato opposto. La differenza di queste due ultime misure corrisponde alla lunghezza del
diametro.
Dall’intersezione delle due rette che interpolano le serie di dati raccolte si otterrà infine
una stima della posizione del fuoco.
4
sovrapposti, ed è stata misurata con l’utilizzo del minimetro. Tale procedura è risultata
molto difficile poichè i punti di colore blu erano molto sbiaditi e l’osservatore difficilmente
riusciva ad individuarne accuratamente la posizione, dunque si prevede già una scarsa
precisione della misura.
Inoltre, per la lente n◦ 10 i valori dr, spessore interno, e V V ′ , distanza tra i vertici valgono
Sµ = 0.002 [mm]
Tale stima risulta poco adeguata alla descrizione della presa dati poichè non tiene conto
della difficoltà nell’individuare la posizione esatta in cui la circonferenza fosse tangen-
te alla linea sullo schermo. Bisogna tenere in considerazione il fatto che il bordo della
circonferenza non fosse perfettamente delineato ma risultasse alquanto sbiadito e che lo
spessore della linea sullo schermo non fosse trascurabile nell’ordine dei centesimi di milli-
metro. Per ottenere una stima migliore dell’incertezza da associare ai diametri misurati
si sono dunque svolte alcune prove per definire un intervallo entro il quale agli occhi
dell’osservatore la circonferenza risultasse tangente alla linea sullo schermo. Dopo alcune
misurazioni si è stimato un valore di questo intervallo pari a 10 tacche del minimetro,
cioè 0.1 [mm]. Si è scelto di considerare questo valore al pari di una risoluzione del mi-
suratore, ipotesi considerata valida poichè si tratta di un intervallo in cui l’osservatore
5
non è in grado di notare significative differenze nella misura. Risulta quindi ragionevole
ipotizzare anche in questo caso una distribuzione triangolare delle misure, ottenendo così
una nuova stima dell’incertezza sui diametri che verrà utilizzata nell’analisi dei dati .
SD = 0.03 [mm]
Nelle seguenti sezioni verrà seguita singolarmente l’analisi dei dati di ognuna delle fasi
dell’esperimento.
14
Diametro [mm]
13
12
11
10
1.4 1.6 1.8 2 2.2 2.4 2.6
Posizione [mm]
Figura 3.1: Rappresentazione grafica dei diametri misurati in funzione della posizione µ. Le barre
di errore sono difficilmente visibili a causa della loro bassa entità. Sono rappresentate le
migliori rette di interpolazione dei dati.
Prima di procedere alla stima della posizione in cui le due rette si intersecano, si è
deciso, per verificare che effettivamente le rette trovate fornissero una descrizione adeguata
6
dei dati, di effettuare un test sulla bontà del fit lineare. In particolare, per entrambe le
serie di misure si è effettuato un test del χ2 utilizzando i parametri testè calcolati per
ˆ i . Il valore della variabile χ2 ,
calcolare i valori di riferimento: Dv∗i = â + b̂µi , Dl∗i = ĉ + dµ m
come da definizione, vale: !2
N
xi − x∗i
χm =
2
(3.2)
X
i=1 S xi
dove N è la numerosità del campione, ovvero 5, xi è Dvi o Dli a seconda del caso e
x∗i è Dv∗i o Dl∗i . Nella tabella a seguire sono riportati i valori dei Chi-quadri singoli χ2i
relativi ai singoli punti e il valore finale di Chi-quadro misurato χ2m .
Tabella 3.1: Valori di χ2i , χ2m elativi alle due serie di misure
7
In tabella si riportano i risultati:
Tabella 3.2: Indici di correlazione campionaria r con relative incertezze; valori della variabile tm di
Student e t0 per un livello di significanza α = 0.005 in un test ad una coda.
Per un livello di significanza pari a α = 0.005 il valore di riferimento t0 è minore dei due
valori misurati della variabile t sopra calcolate. Pertanto l’ipotesi nulla è da rigettare e i
dati appaiono effettivamente correlati linearmente.
8
La stima finale della distanza focale ottenuta col metodo dell’autocollimazione è:
f1 = (52.5 ± 0.7) [mm]
0.018
coppie p -1 e q -1
y=a+bx
0.017
0.016
0.015
0.014
q -1 [mm-1]
0.013
0.012
0.011
0.01
0.009
0.008
0.001 0.002 0.003 0.004 0.005 0.006 0.007 0.008 0.009 0.01 0.011
p -1 [mm-1]
1 1
Figura 3.2: Rappresentazione grafica delle misure di p in funzione dei valori di q assieme alla retta
ottenuta con il fit lineare.
9
Anche in questo caso, per avere una prima verifica della sussistenza dell’ ipotesi di
linearità dei dati si effettua un test di Student a una coda sulla compatibilità del coeffi-
ciente di correlazione di Pearson-Bravais con il valore r∗ = 0 seguendo la stessa procedura
utilizzata nel caso del metodo dell’autocollimazione. In questo caso i gradi di libertà del
test sono k = 20 − 2 = 18 e utilizzando le formule 3.4 e successive si ottengono i valori:
Tabella 3.3: Valori calcolati di r e Sr ; valore della variabile t di Student sperimentale e della variabile
di riferimento per il test t0
Per un livello di significanza α = 0.05 il test non è passato, in quanto il valore misurato
di t risulta di molto maggiore del valore di riferimento. Pertanto l’ipotesi che i dati
siano scorrelati linearmente è da rigettare e si può procedere con il calcolo dei parametri
dell’interpolazione. In questo caso le incertezze sulle varie y, sempre supposte di natura
gaussiana, sono diverse, quindi le formule utilizzate per l’interpolazione lineare dei dati
sono le A.3. I parametri della retta y = a + bx ottenuti valgono :
Anche in questo caso per verificare l’aderenza dei dati al modello lineare si effettua un
test del χ2 seguendo la procedura utilizzata precedentemente e la formula 3.2. Il valore
ottenuto è χ2m = 3.3 che risulta minore del valore di riferimento per un livello di signifi-
canza α = 0.05, χ20 = 28.9 quindi il test risulta superato con successo.
Prima di procedere con il calcolo delle stime della distanza focale è necessario verificare
che i dati, oltre a essere disposti linearmente, siano distribuiti secondo quanto previsto dal-
l’equazione dei costruttori di lenti 2.1, e dunque verificare la compatibilità del coefficiente
angolare calcolato b̂ con −1. Per fare ciò si è calcolato il coefficiente di compatibilità
|b̂ + 1|
rb̂,−1 = = 1.9
Sb̂
La compatibilità tra le due stime risulta essere buona, dunque i dati sono coerenti col
modello della lente e si può procedere con il calcolo delle stime di f .
1 b̂
f1,2 = f2,2 = − (3.14)
â â
Le incertezze su queste due stime si ottengono con la propagazione degli errori, conside-
rando anche la covarianza tra i parametri della retta nella seconda formula.
v
2
u 2 2
Sâ u S Sâ
Sf1,2 = 2 Sf2,2 = f t b̂ + + COV [a, b] (3.15)
â b̂ â â2 f2,2
10
Dove la covarianza è stata calcolata con la formula A.9 e vale COV [a, b] = −1 · 10−10 .
I valori delle due stime ottenute sono quindi :
Si nota che le due stime di f ottenute con questo metodo non sono indipendenti, in
quanto si è utilizzato per entrambe il valore calcolato di â. Prima di poterne analizzare
la compatibilità e in caso calcolare il valore medio, dunque, è necessario calcolare la
covarianza tra i due termini. Per ottenere tale valore è stato seguito il procedimento
illustrato in Appendice nel paragrafo Covarianza tra le intercette di una retta ottenendo:
Che equivale alla compatibilità della variabile τ = f1,2 −f2,2 con 0. Dopo aver notato l’ot-
tima compatibilità delle due stime si procede ottenendone la media ponderata seguendo
il procedimento illustrato nella sezione A.5 in Appendice dove a Z corrisponde il valore
di f2 , a X e Y le stime di f1,2 e f2,2 . Il valore ottenuto è :
11
l’andamento delle misure di S seguisse effettivamente una distribuzione gaussiana perchè
l’istogramma dei dati, figura A.1 in appendice, non presentava evidenti simmetrie. Tut-
tavia, non essendoci motivi particolari per dubitare di una tale ipotesi e avendo osservato
anche i campioni di dati raccolti da alcuni altri gruppi di laboratorio si è ritenuto lecito
considerare gaussiano l’andamento di S. La miglior stima di S è data dunque dalla media,
a cui si associa un’incertezza data dalla deviazione standard della media.
Si sono dunque calcolati i 10 valori di l a partire dai dati, riportati in Appendice nella
tabella A.5. Prima di calcolare il valore medio di l da cui si otterrà la stima del coeffi-
ciente di aberrazione sferica si è deciso di verificare l’ipotesi secondo la quale le misure
seguono una distribuzione gaussiana.
12
Coefficiente di aberrazione sferica - valori di l
6
4
Conteggi #
0
5.4 5.5 5.6 5.7 5.8 5.9 6 6.1 6.2
Aberrazione sferica longitudinale [mm]
Figura 3.3: Istogramma con le frequenze assolute dei valori misurati di l. Si rappresenta anche il valore
medio, che cade nel bin centrale, corrispondente alla moda dei dati.
Come si può osservare le misure sono distribuite attorno al bin centrale in modo sim-
metrico, dunque risulta plausibile da queste considerazioni qualitative una distribuzione
gaussiana per i valori calcolati di l. Si ottiene quindi la stima l∗ facendo la media dei vari
li calcolati e associandole la deviazione standard della media come incertezza.
l∗ = (5.79 ± 0.05) [mm]
Il valore della stima di cd sarà dunque dato da:
v
!2
u Sl ∗ 2 2SR
2
l∗ f
u
Sf
cd = 2 Scd = cd t
+ + (3.24)
R l∗ f R
Dove la formula per l’incertezza si è calcolata con la propagazione degli errori. Il valore
di R, distanza del fascio parallelo marginale dall’asse ottico, equivale alla distanza dei
fori esterni dal centro del diaframma e vale R = 14 ± 0.5 [mm]. Il calcolo della stima
del coefficiente di aberrazione viene dunque rimandato alla sezione 4.2 perchè prima di
poterlo effettuare bisognerà ottenere un’unica stima di f da inserire nella formula 3.24.
13
Numero di Abbe - valori misurati di A
4
3.5
2.5
Conteggi #
1.5
0.5
0
0.65 0.7 0.75 0.8 0.85 0.9 0.95 1 1.05 1.1
Aberrazione cromatica longitudinale [mm]
Figura 3.4: Istogramma con le frequenze assolute dei valori misurati di A. Si rappresenta anche il
valore medio, che cade nel bin centrale, corrispondente alla moda dei dati.
In questo caso risulta meno evidente la simmetria dei dati rispetto al bin centrale,
questo può essere giustificato dalla bassa numerosità degli stessi e anche dalla bassa
precisione con cui sono state prese le misure. La presenza di eventuali errori sistematici
nella procedura di misurazione verrà trattata in seguito nella sezione 3.6, ma non essendoci
validi motivi per non considerare valida l’ipotesi di una distribuione gaussiana dei dati
si procederà calcolandone la media, a cui si associa la deviazione standard della media
come incertezza.
A = (0.90 ± 0.03) [mm]
Da quest’ultimo valore, attraverso la seguente relazione si ottiene una stima del numero
di Abbe. v
u Sf 2 S 2
u !
f
V = SV = V t
+ A
(3.26)
A f A
Anche in questo caso il valore di V ottenuto da questa esperienza verrà calcolato nei
prossimi paragrafi, dopo aver determinato una stima unica della distanza focale.
14
Misura Distanza [mm]
f1 52.5 ± 0.7
f2 52.5 ± 0.2
f3 54.1 ± 0.3
Per valutare la bontà delle stime ottenute si è innanzitutto calcolato l’indice di com-
patibilità r per ogni coppia di misure, per capire se le misure fossero effettivamente
confrontabili. A tale scopo si è utilizzata la relazione :
|fi − fj |
rfi ,fj = q (4.1)
Sf2i + Sf2j
I risultati ottenuti sono riportati nella tabella sottostante:
Misura f2 f3
f1 0.015 2.1
f2 4.5
Si nota che mentre la compatibilità tra prime due stime della distanza focale risulta
ottima, la compatibilità tra f1 e f3 è discreta e le ultime due stime ottenute del fuoco
sono incompatibili. Il motivo di tale incompatibilità è riconducibile al fatto che le misure
prese in questa fase sono troppo poche per poterne ottenere una stima significativa della
distanza tra p+ e p− . In particolare si escludono possibili errori sistematici sulla posizione
dei punti p+ e p− poichè traslando entrambi i punti il valore di S non cambia. Ipotizzando,
invece, la presenza di un errore sistematico che agisca in modo diverso tra le serie di misure
di p+ e quelle di p− si è notato che aumentando tutte le misure ottenute di S di uno stesso
fattore δp il valore ottenuto di f non risulterebbe comunque compatibile con gli altri due
fuochi ottenuti a meno di traslazioni di 4 mm o più, che risultano poco verosimili come
errori sistematici. Inoltre nessuno dei 10 dati raccolti risulta significativamente distante
dalla media. A partire da queste ultime considerazioni risulta ragionevole concludere che
il campione di dati di S ottenuto non sia significativo, ma anzi sia affetto da fluttuazioni
casuali che hanno determinato l’inaccuratezza della stima del fuoco ottenuta.
La stima finale della distanza focale ottenuta in questa esperienza risulta dunque essere
la media di f1 e f2 pesata con le rispettive incertezze seguendo la formula:
f1
Sf2
+ f2
Sf2
v
u 1
f= 1 2
Sf = (4.2)
u
1
+ 1
+
t 1 1
Sf2 Sf2 Sf2 Sf2
1 2 1 2
Il risultato ottenuto è
f = (52.5 ± 2) [mm]
15
In questo caso non ci sono valori di riferimento con cui confrontare la misura ottenuta, in
modo da poterne stimare l’affidabilità, dunque si presenta questo dato come risultato della
quarta fase della relazione. Si nota tuttavia che l’istogramma 3.3 è quasi perfettamente
simmetrico, non sono presenti dati anomali e durante la procedura di misurazione non
si sono presentate grandi difficoltà, quindi si può supporre che la stima ottenuta sia
affidabile, a meno di errori nella stima della distanza focale.
16
A Appendice
A.1 Calcolo dei parametri per il fit lineare
CASO 1: incertezze sulle xi trascurabili e incertezze sulle yi tutte uguali tra loro.
!2
∆=N x2i
X X
− xi
i i
1 X 2X
" #
â = (A.1)
X X
xi yi − xi xi y i
∆ i i i i
1
" #
b̂ =
X X X
N xi yi − xi yi
∆ i i
v s
1 X 1
u
S∠= Sb̂ = (A.2)
u
yi N
∆ i ∆
t
dove si ha che
COV [yi , yj ] = 0 se i ̸= j (A.7)
17
poiché le singole misure si suppongono totalmente indipendenti tra loro, mentre
1 1
COV [yi , yi ] = (VAR [yi + yi ] − 2VAR [yi ]) = VAR [2yi ] − VAR [yi ] = VAR [yi ] (A.8)
2 2
Dunque la covarianza tra i due parametri a e b vale
i i
Nel caso particolare in cui le incertezze sulle y siano tutte uguali, e dunque le formule
utilizzate per il calcolo dei parametri siano le A.1 seguendo lo stesso procedimento si
ottiene: P
Sy i xi
COV [a, b] = − (A.10)
∆
SS
SS = √ i (A.13)
N
X ∼ N (x, σ 2 ), Y ∼ N (x, τ 2 )
Z = kX + (1 − k)Y (A.17)
18
si vuole stimare il valore di k per il quale la varianza di Z risulta minimizzata.
L’equazione da minimizzare è la seguente:
VAR [Z] = k 2 VAR [X] + (1 − k)2 VAR [Y ] + 2k(1 − k)COV [X, Y ] (A.18)
Si ottiene:
VAR [Y ] − COV [X, Y ]
k̂ = (A.19)
VAR [X] + VAR [Y ] − 2COV [X, Y ]
La miglior stima di Z sarà data dalle equazioni A.17 e A.18 con il valore di k̂ inserito
al posto della variabile k ed
4
Conteggi #
0
84 85 86 87 88
Differenza S tra P+ e P- [mm]
Figura A.1: Istogramma con le frequenze assolute dei valori di S. Si rappresenta anche il valore medio,
che cade nel bin centrale, corrispondente alla moda dei dati.
19
Pl [mm] Ps [mm] Pl [mm] Ps [mm]
300.0 416.0 459.0 528.0
310.0 416.0 485.0 553.0
321.0 418.0 514.0 580.0
333.0 424.0 545.0 610.0
345.0 431.0 580.0 644.0
361.0 443.0 617.0 680.0
377.0 455.0 660.0 722.0
395.0 470.0 705.0 767.0
414.0 487.0 756.0 817.0
436.0 507.0 812.0 873.0
20
P− [mm] P+ [mm] S [mm]
283.0 370.0 87.0
285.5 369.5 84.0
285.5 370.5 85.0
284.0 371.5 87.5
284.5 370.5 86.0
284.0 371.0 87.0
283.5 370.0 86.5
283.5 370.0 86.5
285.0 371.0 86.0
284.0 369.5 85.5
21