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TIROCINIO 1

1. Rifacimento letto libero


2. Rifacimento letto occupato
3. Effettuare mobilizzazione del paziente semiautonomo (ausili minori e maggiori)
4. Effettuare mobilizzazione del paziente dal letto alla carrozzina
5. Eseguire cure igieniche del paziente parzialmente/totalmente dipendente
6. Eseguire cure del cavo orale
7. Rilevare frequenza cardiaca e pressione arteriosa
8. Rilevare frequenza respiratoria e temperatura
9. Rilevare dolore e saturazione
10. Eseguire lavaggio sociale, antisettico e chirurgico delle mani
11. Effettuare clisma evacuativo e/o medicamentoso (clistere a basso e alto livello)
12. Somministrare terapia orale
13. Somministrare terapia per via topica e rettale
14. Somministrare terapia per via intramuscolare
15. Somministrare terapia per via intradermica e sottocutanea
16. Somministrare aerosolterapia
17. Gestire ossigenoterapia
18. Insulinoterapia
19. Effettuare prelievo di sangue venoso e tipi anticoagulanti nelle provette
20. Isolamento paziente
21. Precauzioni standard – uso DPI
22. Cateterismo vescicale nell’uomo e nella donna
23. Determinazione glicemia/glicosuria
24. ECG
25. Emocultura
26. Medicazione semplice
27. Raccolta campione biologico – urine
28. Raccolta campione biologico – feci
29. Raccolta campione biologico – espettorato
30. Smaltimento rifiuti
31. Posizionamento e movimentazione del paziente
32. Movimentazione dell’operatore
33. Regola delle 7 G + gestione farmaci stupefacenti
34. Diluzione e calcolo dei dosaggi
35. Scale di valutazione del dolore (punto 9), rischio caduta e lesioni da pressione, ecc
36. Tecniche monitoraggio diuresi – controllo del bilancio idrico
37. Stick test
38. Presidi alternativi al catetere
39. Preparazione campo sterile
40. Processo di nursing
41. Termini importanti da conoscere
42. Valutazione ADL e IADL
43. Assistenza alla persona durante il pasto
44. Leggi importanti
Effettuare la mobilizzazione del paziente dal letto alla carrozzina e/o poltrona
Definizione: è un trasferimento che avviene gradualmente in cui la sedia deve essere posta parallelamente e avvicinata
il più possibile al letto, se ha difficoltà motoria porre la sedia a 45° rispetto al letto.
Scopo: evitare infortuni per gli operatori e il rischio caduta per il paziente.
Materiale occorrente:
• Dispositivi di assistenza se necessari, come cintura di trasferimento, asse antiscivolo, calzature antiscivolo.
• Sedia, poltrona o sedia a rotella.
• Guanti.
Procedura:
1) Predisporre il materiale necessario al trasferimento.
2) Identificazione del paziente e informarlo sulla procedura che sarà attuata.
3) Lavarsi le mani.
4) Valutare le capacità del paziente di partecipare al trasferimento e la presenza o meno di deficit cognitivi o
sensoriali.
5) Bloccare il letto in posizione.
6) Applicare eventuali stecche, tutori o altri dispositivi al paziente.
7) Mettere le scarpe o le pantofole ai piedi del paziente.
8) Abbassare il più possibile il letto.
9) Alzare lentamente la tastiera del letto.
10) Mettere un braccio sotto le gambe e uno dietro la schiena del paziente e far ruotare lentamente il paziente in modo
che si ritrovi in posizione seduta sul bordo del letto con le gambe penzolanti.
11) Far restare il paziente in posizione per 5 minuti ed aiutarlo a sostenersi se necessario (evita ipotensione
ortostatica).
12) Portare la sedia vicino al letto posizionandola con un angolo di 45 gradi rispetto al letto.
13) Bloccare i fermi i della sedia a rotella ed elevare i poggiapiedi
14) Assistere il paziente a lato del letto finché i piedi non sono saldati bene al pavimento e leggermente divaricati.
15) Mettere le mani sotto le ascelle del paziente e usando un’ampia base di appoggio, piegare le ginocchia ed aiutare il
paziente ad alzarsi in piedi.
16) Stando vicino al paziente, girarlo su sé stesso per rivolgerlo con la schiena verso la sedia.
17) Chiedere al paziente di poggiare le mani sui braccioli oppure mettere le mani del paziente sui braccioli della sedia.
18) Piegarsi sulle ginocchia e aiutare il paziente a sedersi per poi sostenere il lato debole con un cuscino se necessario.
19) Allacciare la cintura di sicurezza, mettere i piedi sui poggiapiedi e sbloccare i fermi se si vuole spostare subito il
paziente. Stare attenti che cute, deflussori o apparecchiature non siano incastrati tra sedia e paziente.
20) Lavarsi le mani.
21) Documentare in cartella clinico-infermieristica.
Possibili complicanze:
• Mobilità fisica ridotta
• Intolleranza all’attività
• Rischio di infortuni

Rilevare la pressione arteriosa


Definizione: è la misura della pressione esercitata dal sangue contro la parete dei vasi sanguigni ed è determinata da
pressione sistolica (pressione massima dell’onda sanguigna che si verifica per contrazione del ventricolo sinistro) e da
pressione diastolica (pressione minima dell’onda sanguigna e si verifica quando i ventricoli sono a riposo).
Scopo: valutare un’ipotensione o ipertensione arteriosa, sapendo che
• Valore normale 120/80 mmHg
• Ipertensione > 140/90 mmHg
• Ipotensione < 120/80 mmHg
Materiale occorrente:
• Manometro con quadrante aneroide
• Fonendoscopio
• Bracciale della misura adatta
• Cuff cover (protezione monopaziente per bracciali)
• Guanti
Procedura:
1) Predisporre il materiale necessario sul carrello.
2) Identificazione del paziente e informarlo sulla procedura che sarà attuata.
3) Invitare il paziente ad assumere una posizione comoda.
4) Lavarsi le mani e se necessario indossare i guanti.
5) Dopo attenta ispezione valutare l’arto più adatto alla rilevazione.
6) Selezionare il bracciale della misura idonea.
7) Avvolgere intorno al braccio il bracciale sgonfio provvisto di cuff cover.
8) Individuare arteria brachiale e posizionare il lato a campana dell’amplificatore del fonendo, tra cute e bracciale.
9) Gonfiare il bracciale dello sfigomanometro al di sopra del valore in cui il polso brachiale non è più apprezzabile.
10) Ruotare lentamente la valvola in senso antiorario fino alla comparsa di suoni battenti (1° suono di Korotkoff è la
pressione sistolica – ultimo suono è la pressione diastolica).
11) Rimuovere il bracciale.
12) Aiutare il paziente alla fine della procedura ad assumere una posizione confortevole.
13) Eseguire disinfezione dei dispositivi utilizzati.
14) Riordinare e smaltire materiali utilizzati.
15) Rimuovere guanti e lavarsi le mani.
16) Documentare in cartella clinico-infermieristica.
Possibili complicanze:
• Inefficiente perfusione dei tessuti periferici
• Ridotta gittata cardiaca
• Scarsa conoscenza (del controllo della pressione arteriosa)

Rilevare la temperatura
Definizione: è l’equilibrio corporeo tra il calore prodotto dal corpo e quello perso dallo stesso. Si possono misurare sia
la temperatura interna che riguarda i tessuti profondi del corpo, sia la temperatura cutanea che riguarda i tessuti
sottocutanei e adiposi. Le zone del corpo per la rilevazione sono via orale, rettale, ascellare, timpanica e temporale.
Scopo: riuscire a rilevare una produzione di calore aumentata rispetto alla sua perdita, ovvero una temperatura che
supera i valori normali manifestando febbre (piressia); oppure si può valutare un abbassamento della temperatura
manifestando ipotermia.
Materiale occorrente:
• Termometro (digitale, di vetro, elettrico o comunque specifico per la sede di rilevazione scelta).
• Dispositivo di protezione del termometro.
• Garze
• Antisettico
• Guanti
Procedura:
1) Predisporre il materiale necessario sul carrello.
2) Identificazione del paziente e informarlo sulla procedura che sarà attuata.
3) Invitare il paziente ad assumere la posizione più idonea alla metodica scelta per la rilevazione.
4) Lavarsi le mani e indossare guanti se necessario.
5) Rilevare la temperatura in base alla sede scelta.
6) Procedere alla rimozione del dispositivo dopo segnale acustico di rilevamento o tempo di misurazione necessario.
7) Aiutare il paziente alla fine della procedura ad assumere una posizione confortevole.
8) Eseguire disinfezione dei dispositivi utilizzati.
9) Riordinare e smaltire materiali utilizzati.
10) Rimuovere guanti e lavarsi le mani.
11) Documentare in cartella clinico-infermieristica.
Possibili complicanze:
• Scarso mantenimento dello stato di salute
• Rischio di infezione
• Ipotermia/Ipertermia
• Termoregolazione inefficace
• Deficit del volume di liquidi
• Rischio di squilibrio termico
Rilevare frequenza cardiaca (polso periferico)
Definizione: la frequenza cardiaca è il numero di battiti al minuto (BPM) e se esegue misurando il polso periferico
ovvero la sensazione di pulsazione palpata su un’arteria periferica che non è altro che l’espressione di un’onda
sfigmica che viene generata dalla contrazione del ventricolo sinistro.
(Onda sfigmica = volume di sangue espulso ad ogni gittata cardiaca).
Scopo: riuscire a rilevare frequenza cardiaca normale (tra 60 e 100 BPM) oppure una tachicardia (quando supera i 100
BPM) o bradicardia (quando è al di sotto dei 60 BPM).
Materiale occorrente:
• Dispositivo di misurazione automatico oppure orologio o cronometro.
• Fonendoscopio
• Garze
• Guanti
Procedura:
1) Predisporre il materiale necessario sul carrello.
2) Identificazione del paziente e informarlo sulla procedura che sarà attuata.
3) Lavarsi le mani e indossare guanti se necessario.
4) Scoprire il paziente il minimo indispensabile.
5) Selezione il sito del polso che si ritiene più adatto (arteria temporale, carotidea, apicale, brachiale, radiale,
femorale, popliteo, tibiale posteriore o pedideo) ma la più utilizzata è la radiale.
6) Aiutare il paziente ad assumere una posizione comoda.
7) Posizione le dita (indice, medio e anulare) della mano dominante a livello dell’arteria radiale ed esercitare una
lieve pressione affinché si percepisca il polso.
8) Misurare la frequenza del polso e se il ritmo misura regolare contare il numero di battiti per 30 secondi e poi
moltiplicare per due, oppure se il ritmo è irregolare contare per 60 secondi.
9) aiutare il paziente alla fine della procedura ad assumere una posizione confortevole.
10) Per misurare il polso apicale invece bisogna posizionare il diaframma del fonendoscopio sull’apice del cuore
(quinto spazio intercostale) muovendosi verso la linea emiclaveale sinistra ed auscultare i suoni del cuore
contando i battiti per 60 secondi.
11) Riordinare e smaltire materiali utilizzati.
12) Rimuovere guanti e lavarsi le mani.
13) Documentare in cartella clinico-infermieristica.
Possibili complicanze:
• Ridotta gittata cardiaca
• Inefficace perfusione dei tessuti periferici

Rilevazione della frequenza respiratoria (respiro)


Definizione: la respirazione è l’introduzione di ossigeno e l’eliminazione di anidride carbonica attraverso il ciclo
respiratorio (inspirazione ed espirazione).
La frequenza respiratoria è il numero atti respiratori al minuto.
Scopo: riuscire a valutare una frequenza respiratoria normale a riposo (12-20 atti al minuto) oppure una tachipnea (24
atti veloci al minuto), bradipnea (10 atti lenti al minuto) o anche apnea (interruzione dell’attività respiratoria per alcuni
secondi).
Materiale occorrente:
• Orologio o cronometro
• Guanti
Procedura:
1) Predisporre il materiale necessario sul carrello.
2) Identificazione del paziente e informarlo sulla procedura che sarà attuata.
3) Invitare il paziente ad assumere un decubito supino.
4) Lavarsi le mani e indossare guanti se necessario.
5) Scoprire il paziente il minimo dispensabile.
6) Porre mano sull’addome del paziente e monitorare attentamente il movimento del torace.
7) Valutare la qualità del respiro (frequenza, ritmo e profondità) e osservare il colorito della pelle, delle mucose e il
livello di coscienza del paziente.
8) Contare gli atti respiratori per 30 secondi e poi moltiplicare per due se il rispiro è regolare, altrimenti contare per
60 secondi.
9) Aiutare il paziente alla fine della procedura ad assumere una posizione confortevole.
10) Riordinare e smaltire materiali utilizzati.
11) Rimuovere guanti e lavarsi le mani.
12) Documentare in cartella clinico-infermieristica.
Possibili complicanze:
• Alterazione degli scambi gassosi
• Alterazione della ventilazione spontanea
• Clearance delle vie aeree inefficiente
• Capacità respiratoria inefficiente

Rilevare la saturazione (pulsossimetria)


Definizione: la pulsossimetria è una tecnica non invasiva per il monitoraggio continuo della saturazione dell’ossigeno
nel sangue arterioso. Si rileva un rapporto in percentuale tra il contenuto effettivo di ossigeno dell’emoglobina e la sua
potenziale capacità massima di trasportare ossigeno.
Le aree cutanee in cui si può applicare il sensore sono la punta di un dito, fronte, lobo dell’orecchio e naso.
Scopo: riuscire a valutare una saturazione normale (tra 95 e 100%) oppure se il valore dovesse essere inferiore al 90%
significherebbe che i tessuti non ricevono ossigeno a sufficienza e che il paziente necessita di un’ulteriore valutazione.
Materiale occorrente:
• Pulsossimetro con sensore o sonda appropriati
• Tampone con alcool o salvietta detergente monouso
• Acetone (per eventuale rimozione di smalto)
• Guanti
Procedura:
1) Predisporre il materiale necessario sul carrello scegliendo un sensore adatto alla localizzazione desiderata, al peso
e alla taglia del paziente.
2) Identificazione del paziente e informarlo sulla procedura che sarà attuata.
3) Lavarsi le mani e indossare guanti se necessario.
4) Scegliere la sede più appropriata (si prediligono le dita delle mani).
5) Detergere la zona con un batuffolo di cotone imbevuto di alcool e lasciar asciugare la zona.
6) Se il paziente presenta smalto, rimuoverlo con acetone.
7) Assicurarsi che la parte del sensore che emette luce e quella che la riceve siano allineati.
8) Connettere il sensore al pulsossimetro, accenderlo e controllare il funzionamento.
9) Leggere e valutare il dato espresso lasciandolo in situ per qualche secondo.
10) Riordinare e smaltire materiali utilizzati.
11) Rimuovere guanti e lavarsi le mani.
12) Documentare in cartella clinico-infermieristica.
Possibili complicanze:
• Scambi gassosi alterati
• Inefficiente perfusione dei tessuti
• Rischio di alterazione dell’integrità cutanea

Rilevazione del dolore


Definizione: è un’esperienza emozionale e sensoriale spiacevole associata a un danno tissutale acuto o potenziale.
Scopo: riuscire a valutare sia il dolore a riposo che il dolore funzionale. Ci sono delle scale che permettono di valutare
il dolore: VAS, NRS, VRS.
• Scala analogico-visiva (VAS) fornisce una rappresentazione semplice e immediata dell’intensità del dolore che
il paziente avverte. Consiste in un segmento di lunghezza pari a 10 cm disegnato su un foglio di carte e posto
in direzione verticale o orizzontale. A un’estremità si trova la dicitura “nessun dolore” e all’altra estremità “il
più forte dolore immaginabile” e il paziente deve segnare un tratto che rappresenta il livello di dolore.
• Scala a punteggio numerico (NRS) consiste in una linea suddivisa in 10 parti uguali, dove 10 è il valore più
alto di dolore e 0 è “nessun dolore”.
• Scale verbali (VRS) comprendono un certo numero di categorie prefissate costituite da una serie di aggettivi
disposti in ordine crescente dal meno intenso al più intenso.
Scale di caduta
Definizione: la caduta è l’improvviso, involontario, spostamento del paziente verso il basso, dalla posizione
ortostatica, ascissa o clinostatica).
Scale predittive del rischio di caduta più utilizzate nella partica sono: Tinetti, Conley, Stratify, Morse, Mosaico.

Valutazione ADL e IADL


Valutazione ADL → scale di valutazione che forniscono dati indicativi sullo stato del paziente in relazione alle
semplici attività della vita quotidiana).
Come la scala Barthel = scala per valutare il grado di autonomia degli assistiti.
Valutazione IADL→ scale per valutare i gradi di autonomia nelle attività strumentali di un paziente.
Scala Brass = scala di valutazione dell’anziano fragile, utile quando è prevista la dimissione dalla struttura protetta o
dall’ospedale presso cui è stato ricoverato.

Lesioni da pressione
Definizione: area localizzata di danno della cute e dei tessuti sottocutanei causata da forze di pressione, trazione,
frizione che si forma normalmente in corrispondenza di prominenze ossee e la cui gravità è classificata in stadi:
I. Stadio → lesione che interessa i tessuti cutanei superficiali e si presenta con cute integra, eritema in
concomitanza di una prominenza ossea non sbiancabile alla digitopressione.
II. Stadio → lesione che interessa il tessuto cutaneo fino al derma senza coinvolgere sottocute, muscoli, tendini ed
ossa e si presenta come un’abrasione.
III. Stadio → lesione che interessa in profondità lo strato sottocutaneo senza coinvolgere i tessuti sottostanti e che
implica un danno o necrosi in grado di espandersi fino alla fascia sottostante del tessuto sottocutaneo senza
attraversarla.
IV. Stadio → lesione che interessa molto più in profondità lo strato sottocutaneo con coinvolgimento di muscoli,
tendini ed ossa (necrosi).
Scala di valutazione delle LDP = Time o BWAT
Scala di valutazione del rischio delle LDP = scala di Braden, che prende in considerazione la percezione sensoriale, la
macerazione, l’attività, mobilità, nutrizione, frizione e scivolamento dl paziente e deve essere utilizzata nei soggetti
che presentano:
• Allettamento protratto
• Postura seduta protratta
• Incapacità di cambiare posizione
Scala per individuare paziente a rischio di LDP = scala di Norton, che prende in considerazione le condizioni generali,
lo stato mentale, la deambulazione, la mobilità e l’incontinenza del paziente.
Materiale occorrente:
• Ago monouso 19 gauge
• Contenitori per rifiuti ospedalieri a rischio infettivo, taglienti e pungenti
• DPI
• Garze pulite e sterile (in caso di LDP infette)
• Gel idroalcolico o sapone antisettico
• Guanti monouso sterile (in caso di LDP infette) e non sterili
• Oli e creme idratanti, paste protettive, spray
• Set per medicazione (forbici, pinze da dissezione, pinze emostatiche)
• Siringa da 30 ml o 35 ml
• Soluzione fisiologica o ringer lattato
• Tampone per raccolta di campioni microbiologici
• Telini sterili (in caso di LDP infette)
• Telo/traversa idrorepellente
• Medicazioni avanzate (secondo necessità)
• Strumenti di valutazione e pianificazione (PAI, scala di Braden, TIME o BWAT, scheda di valutazione
nutrizionale, VAS
Procedura:
1) Predisporre il materiale necessario su un carrello.
2) Identificazione del paziente e informarlo sulla procedura che sarà attuata.
3) Eseguire la valutazione strutturata del rischio di LDP utilizzando apposite schede e scale di valutazione.
4) Eseguire, se necessario, igiene intima del paziente e/o delle superficie cutanee in zone a rischio di LDP (scapolare,
calcaneare, trocanterica, eccc.) asciugando accuratamente la zona detersa.
5) Garantire la gestione e il controllo del dolore attraverso la valutazione dellla necessità e della tipologia di
analgesia da attuare.
6) Aiutare il paziente ad assumere una posizione confortevole e idonea alla procedura in relazione alla loclaizzazione
della lesione.
7) Disporre teli/traverse sul piano di supporto al di sotto della superficie cutanea da trattare (se necessario)
8) Rimuovere la medicazione e valutare la LDP (stadio/gravità, localizzazione, dimensione/profondità, presenza di
cavità, tessuto sottocontaminato, tunnellizzazione, letto della ferita, margine e cute perilesionale, essudato, tessuto
necrotico, odore).
9) Eseguire irrigazione della LDP, riempendo una siringa 30-35 ml con soluzione fisiologica o acqua potabile (a
temperatura ambiente).
10) Inserire sulla siringa un ago da 19 gauge (per garantire una pressione controllata e sufficiente).
11) Irrigare uniformemente il letto e i margini della lesione (il volume di soluzione per l’irrigazione deve essere di
100/150 ml).
12) Detergere la lesione all’inizio del trattamento e ad ogni cambio di medicazione.
13) Tamponare senza frizionare con garze pulite o sterile in caso di lesioni infette.
14) La detersione tramite uso di garze può essere fatta applicando una minima azione meccanica.
15) Procedere con l’applicazione della medicazione ritenuta più idonea in relazione allo stadio e alle caratteristiche
della lesione.
16) Aiutare il paziente alla fine della procedura ad assumere una posizione confortevole.
17) Riordinare e smaltire materiali utilizzati.
18) Rimuovere guanti e lavarsi le mani.
19) Documentare in cartella clinico-infermieristica.
Sospetto danno profondo → area violacea o marrone o discromica con cute intatta o vesciche piene di sangue con
danno cutaneo, sottocutaneo e tessuti molli dovuta a pressione o frizione. La zona interessata potrebbe presentare
tessuto molle, compatto più caldo o più freddo rispetto alle zone adiacenti. È instadiabile perché è una lesione estesa
della quale sappiamo la profondità e il grado di estensione ma non possiamo effettivamente vedere e verificare in
quanto è chiusa.
Lesione necrotica → è una ferita a tutto spessore nella quale la base dell’ulcera è coperta da escara. Anche in questo
caso è una lesione ricoperta da necrosi ma non è stadiabile perché la presenza dell’escara (zona necrotica) impedisce
la valutazione e quindi di vedere il grado di profondità.

Lavaggio sociale
Definizione: è eseguito con acqua e sapone non contenente sostanze ad attività antisettica.
Scopo: rimuovere lo sporco visibile riducendo la flora microbica
transitoria senza modificare la flora microbica residente. La
procedura ha una durata compresa tra i 40 e 60 secondi.
Quando va eseguita:
1. Prima del contatto con il paziente
2. Prima di una manovra asettica
3. Dopo esposizione a un liquido biologico
4. Dopo il contatto con il paziente
5. Dopo il contatto con ciò che sta attorno al paziente
Materiale occorrente:
• Detergente liquido per le mani in dispenser
• Salvietta/panno monouso in carta o tessuto
• Contenitore per rifiuti non riciclabili
Procedura:
1) Disporre il flacone di detergente sugli appostiti porta-
dispenser o se già presente assicurarsi che ci sia un’adeguata
quantità di soluzione all’interno.
2) Verificare la presenza di presenza di salviette/panno monouso.
3) Liberare mani, polsi e avambracci da anelli, bracciali, orologi
e indumenti.
4) Aprire il rubinetto con la mano, il gomito o il piede.
5) Bagnare uniformemente le mani e polsi con acqua tiepida.
6) Applicare una dose di detergente liquido (4 ml) sul palmo della mano e insaponare uniformemente mani e polsi.
7) Guarda l’immagine.
8) Risciacquare abbondantemente le mani fino alla completa eliminazione del detergente.
9) Asciugare tamponando con salvietta in carta monouso fino ad eliminare l’umidità residua.
10) Chiudere il rubinetto con il gomito oppure utilizzare la salvietta monouso utilizzata per l’asciugatura delle mani.
Possibili complicanze:
• Per tutti i tipi di lavaggio delle mani → rischio di infezione

Lavaggio antisettico
Definizione: lavaggio eseguito con acqua e sapone contenente sostanze ad azione antisettica.
Scopo: ridurre sensibilmente la flora microbica transitoria e residente. La procedura ha una durata compresa tra 60
secondi e 3 minuti.

Igiene mani con soluzione idroalcolica


Definizione: si esegue con una soluzione contenente sostanze ad azione antimicrobica.
Scopo: lo stesso del lavaggio antisettico ad eccezione della durata, ovvero tra 20 e 40 secondi.

Lavaggio chirurgico
Definizione: l’asepsi delle mani si esegue con detergente ad attività antisettica persistente e acqua
microbiologicamente decontaminata.
Scopo: eliminare flora microbica transitoria riducendo in modo consistente anche quella residente, con la specifica
capacità di garantire il mantenimento di una bassa carica microbica sulla cute della mano per il maggior numero di ore
possibile. Prodotti più usato sono quelli a base di clorexidina gluconato e di iodio-polivinilpirolidone.
La procedura ha una durata di 5 minuti.
Procedura: la stessa del lavaggio sociale ad eccezione della zona, infatti il lavaggio chirurgico comprende anche i gli
avambracci.

Effettuare clisma evacuativo e/o medicamentoso (clistere)


Definizione: il clistere è una soluzione che viene introdotta nel retto e/o nel colon sigmoide. Il clistere più utilizzato è
quello evacuativo che stimola la peristalsi intestinale attraverso l’irritazione del colon/retto e la distensione intestinale
da parte del fluido. Esistono due tipi di clisteri:
1. Ad alto volume viene utilizzato per pulire il colon dalle feci il più possibile e lo si fa introducendo dai 500 ai
1000 ml di fluido nel colon/retto invitando il paziente a tenere il liquido il più a lungo possibile.
2. A basso volume viene utilizzato per svuotare il retto e il colon sigmoide dal materiale fecale e si effettua
utilizzato un kit tradizionale e immettendo solo da 50 a 200 ml di soluzione.
Scopo: favorire lo svuotamento del colon.
Materiale occorrente:
• Traversa monouso assorbente per il letto
• Telo da bagno
• Padella o comoda
• Salviette di carta
• Lubrificante idrosolubile
• Materiale per clistere ad alto volume: soluzione per clistere a una temperatura di circa 40 gradi nel volume
prescritto e un set da entroclisma con tubo, morsetto e contenitore della soluzione.
• Materiale per clistere a basso volume: contenitore pre-confezionato di soluzione con punta lubrificata.
Procedura:
1) Predisporre il materiale necessario sul carrello.
2) Identificazione del paziente e informarlo sulla procedura che sarà attuata.
3) Lavarsi le mani e indossare guanti se necessario.
4) Invitare il paziente ad assumere la posizione Sims.
5) Far scorrere della soluzione attraverso il tubo di connessione del clistere e la sonda rettale, in modo da espellere
l’aria all’interno del tubo e chiudere il morsetto.
6) Lubrificare l’estremità della sonda rettale per 5/7 cm.
7) Separare le natiche del paziente e sollevare il gluteo superiore in modo da rendere visibile l’ano.
8) Inserire la sonda lentamente per 7/10 cm.
9) Se si incontrano resistenze mentre si inserisce la sonda, chiedere al paziente di fare un respiro profondo e far
scorrere una piccola quantità di soluzione attraverso la sonda ponendo attenzione a non forzare l’entrata.
10) Informare il paziente della sensazione di pienezza che potrebbe provare durante la somministrazione del clistere e
spiegare la necessità di trattenere la soluzione il più possibile.
11) Somministrare lentamente la soluzione per circa 5/10 minuti.
12) Dopo aver somministrato la soluzione estrarre la sonda e avvolgerla con delle salviette di carta.
13) Invitare il paziente a trattenere la soluzione finché non è fortemente avvertito lo stimolo della defecazione (dopo
circa 5-10 minuti).
14) Quando il paziente avverte lo stimolo aiutarlo nell’utilizzo della padella o accompagnarlo in bagno.
15) Aiutare il paziente alla fine della procedura ad assumere una posizione confortevole.
16) Riordinare e smaltire materiali utilizzati.
17) Rimuovere guanti e lavarsi le mani.
18) Documentare in cartella clinico-infermieristica.
Possibili complicanze:
• Costipazione
• Rischio di deficit del volume dei liquidi
• Rischio di scarsa autostima contingente
Regola delle 7 G
Definizione: utilizzata per la somministrazione della terapia.
1. Giusto paziente
2. Giusta orario
3. Giusta dose
4. Giusto farmaco
5. Giusta via di somministrazione
6. Giusta documentazione
7. Giusto controllo/rifiuto
Gestione farmaci stupefacenti → i medicinali ad azione stupefacente o psicotropa agiscono sul sistema nervoso e la
sua gestione deve essere documentata in un registro dedicato considerato pubblico in quando redatto da un incaricato
di pubblico servizio.
L’infermiere è responsabile della registrazione dei farmaci stupefacenti nell’apposita documentazione e della loro
somministrazione, previa prescrizione medica, e anche della conservazione del registro e dei farmaci stupefacenti, del
controllo della corretta applicazione della procedura. Nel registro devono essere riportate le seguenti informazioni:
• Nome del paziente che riceve il farmaco
• Quantità di farmaco somministrata
• Ora della somministrazione
• Nome del medico prescrittore
• Nome dell’infermiere che ha provveduto alla somministrazione
• Quantitativo della presenza in giacenza
Nel caso di rotture accidentali di fiale o flaconi di stupefacenti deve essere scaricata la quantità di farmaco
inutilizzabile e deve essere riportata sul registro l’annotazione “rottura accidentale” firmata da chi ha causato la rottura
e controfirmata dal coordinatore dell’unità operativa.
In caso di furto o presenza di un numero inferiore di farmaci stupefacenti in giacenza rispetto a quanto documentato il
responsabile dell’unità operativa deve informare la direzione sanitaria, su cui grava, a sua volta, l’obbligo di denuncia
immediata all’autorità giudiziaria (rapporto).

Diluizione e calcolo dei dosaggi


Definizione: il corretto dosaggio farmacologico rappresenta una competenza infermieristica essenziale.
La dose, ossia la quantità di medicamento somministrata necessaria per conseguire un determinato effetto
farmacologico, si distingue in:
• Dose prescritta = quantità di farmaco definita dal medico nella prescrizione farmacologica.
• Dose disponibile = quantità di farmaco per unità posologica, cioè la quantità di farmaco contenuto in una
compressa, capsula, bustina, fiala o flacone.
Calcolo della velocità di infusione → dipende da diversi fattori:
• Osmolarità: le soluzioni ipertoniche vanno infuse lentamente in quanto richiamano liquidi all’interno del lume
vascolare.
• Principi attivi o elettroliti contenuti all’interno della soluzione necessitano un controllo attento della velocità
con pompa di infusione.
• Condizioni del paziente: le persone anziane, cardiopatiche e nefropatiche rischiano il sovraccarico, per cui la
velocità di infusione deve essere ridora e/o controllata scrupolosamente.
• Calibro dell’accesso venoso.
• Condizioni del sito.
• Volume complessivo di soluzione da infondere.
La velocità di flusso (VF) può essere calcolata in gocce al minuto, in millilitri l’ora o in millilitri al minuto a seconda
del dispositivo di infusione che si ha a disposizione.
• L’unità di misura più utilizzata è ml/h → si divide il volume totale da infondere per il totale di infusione
espresso in ore VF (ml/h) = VT (ml) / T (h)
• Per calcolare le gocce al minuto (gtt/min) bisogna moltiplicare il volume totale da infondere VT (ml) e il
fattore di gocciolamento FG (gtt/ml), tutto diviso il tempo totale di infusione T in minuti: VT ∗ FG
VF =
T
Alcuni farmaci sono prescritti:
1. In unità internazionale (UI) → l’insulina (1 ml = 100 UI) e l’eparina (1 ml = 5000 UI).
Il rapporto UI/ml non sempre è lo stesso, bensì può variare a seconda della tipologia di farmaco, quindi è
importante controllare la confezione.
• Calcolo unità insulina → viene somministrata mediante apposita siringa o penna insulinica, graduata per il
conteggio delle unità.
Esempio: per somministrare 10 UI di insulina, se non si dispone di penna insulinica ma di un falcone, sarà
necessario aspirare con apposita siringa graduata 0,1 ml di soluzione.
• Calcolo unità eparina → l’eparina è disponibile solitamente in flaconi multidosi, in genere da 25000 UI/5ml.
Come per l’insulina bisogna ricostruire le unità per ml per applicare la corretta prescrizione.
2. In milliequivalenti (mEq) → elettroliti vengono espressi in mEq/L o in mEq/ml.
• Calcolo per milliequivalenti → esempio: si devono aggiungere a un flacone da 500 ml di glucosata 5%, 15
mEq di NaCl. Si dispone di fiale da 2 mEq/ml. Quanti ml sono necessari?
2 mEq : 1 ml = 15 mEq : X ml → X = 7,5 ml
3. In calorie (kcal) → per quantificare il potere calorico si utilizza la chilocaloria (1 kcal = 1000 cal).
• Calcolo per calorie → kcal rappresenta la quantità di calore necessaria per elevare la temperatura, da 14,5 a
15,5 gradi, di 1 g di acqua distillata al livello del mare. Esempio:
- Prescrizione: ampicillina 250 mg/100 ml EV ogni 6 ore (4 somministrazioni/die).
- Disponibile: flaconcino di ampicillina 500 mg/2 ml.
- Calcolare quanti ml sono necessari per somministrare la dose prescritta
500 mg : 2 ml = 250 mg : X ml → X = 1 ml
Pertanto per la corretta somministrazione è necessario prelevare 1 ml di ampicillina (250 mg) e utilizzare
99 ml di diluente.

Somministrazione terapia orale


Definizione: utilizzata per la somministrazione di farmaci che sono assorbiti nel tratto gastrointestinale; rientrano in
essa anche la somministrazione per via sublinguale e buccale (per rapido assorbimento della mucosa della bocca che è
molto vascolarizzata).
Materiale occorrente:
• Farmaco
• Bicchiere di plastica o bicchieri graduati
• Guanti
Procedura:
1) Predisporre il materiale necessario sul carrello.
2) Identificazione del paziente e informarlo sulla procedura che sarà attuata.
3) Valutare la presenza di eventuali allergie, capacità di deglutire il farmaco e la presenza di nausea o vomito.
4) Lavarsi le mani e indossare guanti se necessario.
5) Invitare il paziente ad assumere una posizione seduta o semi seduta.
6) Preparare il farmaco secondo la dose prescritta, se il paziente ha difficoltà a deglutire frantumarlo dopo esserci
accertarsi che sia possibile farlo (non farlo mai con compresse gastroresistenti o a rilascio modificato in quanto
può portare a inattivazione del principio attivo).
7) Mettere le capsule o compresse in confezione monodose nel bicchiere senza rimuoverle; versare i farmaci liquidi
in un bicchiere facendo attenzione o nel caso di piccole quantità (meno di 5 ml) preparare il farmaco in una siringa
sterile senza ago somministrandola per via orale.
8) Somministrare il farmaco all’orario corretto.
9) Fornire al paziente acqua per agevolare la deglutizione.
10) Restare con il paziente finché tutti i farmaci sono stati presi.
11) Aiutare il paziente alla fine della procedura ad assumere una posizione confortevole.
12) Riordinare e smaltire materiali utilizzati.
13) Rimuovere guanti e lavarsi le mani.
14) Documentare in cartella clinico-infermieristica.
Possibili complicanze:
• Scarsa aderenza alla terapia
• Difficoltà di deglutizione
• Scarsa conoscenza del regime terapeutico

Somministrazione terapia per via topica


Definizione: sono creme, unguenti, paste, lozioni, polveri, spray e cerotti.
Scopo: somministrare ormoni, farmaci cardiologici, analgesici e narcotici.
Materiale occorrente:
• Farmaco
• Abbassalingua
• Garze
• Guanti
Procedura:
1) Predisporre il materiale necessario sul carrello.
2) Identificazione del paziente e informarlo sulla procedura che sarà attuata.
3) Valutare la presenza di eventuali allergie.
4) Lavarsi le mani e indossare guanti se necessario.
5) Aiutare il paziente ad assumere una posizione confortevole.
6) Pulire l’area con acqua e sapone, asciugarla e la valutare la necessità di effettuare tricotomia.
7) Se si tratta di una pomata, crema o unguento porre la quantità di farmaco su un abbassalingua e uniformarla sulla
cute, o se si tratta di un cerotto applicarlo evitando cicatrici o ferite.
8) Se si tratta di una medicazione occlusiva, scrivere sull’etichetta del cerotto premedicato la data e l’ora
dell’avvenuta procedura.
9) Aiutare il paziente alla fine della procedura ad assumere una posizione confortevole.
10) Riordinare e smaltire materiali utilizzati.
11) Rimuovere guanti e lavarsi le mani.
12) Documentare in cartella clinico-infermieristica.
Possibili complicanze:
• Rischio di alterazione dell’integrità cutanea

Somministrazione terapia per via rettale


Definizione: utilizzata quando non è possibile somministrare farmaci per via orale; per via rettale i farmaci penetrano
nella circolazione sistemica distribuendoli ed esplicando i loro effetti nell’intero organismo.
Materiale occorrente:
• Farmaco
• Lubrificante idrosolubile
• Guanti
Procedura:
1) Predisporre il materiale necessario sul carrello.
2) Identificazione del paziente e informarlo sulla procedura che sarà attuata.
3) Valutare la presenza di eventuali allergie e disturbi della via rettale.
4) Lavarsi le mani e indossare guanti se necessario.
5) Aiutare il paziente ad assumere una posizione laterale sinistra con gamba destra flessa.
6) Scoprire il paziente solo a livello delle natiche.
7) Aprire la confezione della supposta.
8) Lubrificare la punta della supposta e il dito indice della mano dominante.
9) Separare le natiche con la mano non dominante.
10) Invitare il paziente a respirare profondamente.
11) Inserire la supposta per 5-6 cm con l’indice della mano dominante.
12) Ritirare l’indice e stringere le natiche per qualche minuto.
13) Aiutare il paziente alla fine della procedura ad assumere una posizione confortevole.
14) Riordinare e smaltire materiali utilizzati.
15) Rimuovere guanti e lavarsi le mani.
16) Documentare in cartella clinico-infermieristica.
Possibili complicanze:
• Disfunzione della motilità gastrointestinale
• Stipsi
• Nausea
• Dolore cornico
Somministrazione terapia per via intradermica
Definizione: iniezione nel derma (subito sotto l’epidermide). Ha un tempo di assorbimento più lungo rispetto alle altre
vie parenterali.
L’angolo di somministrazione è di 10/15 gradi rispetto alla cute.
Scopo: per test allergologici, screening di patologie come la tubercolosi, vaccinazione antinfluenzale.
Zone di somministrazione: parte intera dell’avambraccio, parte superiore della schiena e parte superiore del torace.
Materiale occorrente:
• Siringa da 1 ml
• Ago 26/28 gauge
• Farmaco
• Tamponi antisettici
• Guanti
Procedura:
1) Predisporre il materiale necessario sul carrello.
2) Identificazione del paziente e informarlo sulla procedura che sarà attuata.
3) Valutare la presenza di eventuali allergie.
4) Lavarsi le mani e indossare guanti se necessario.
5) Aiutare il paziente ad assumere una posizione confortevole.
6) Scegliere il sito d’iniezione.
7) Effettuare l’antisepsi della cute.
8) Praticare l’iniezione: con la mano non dominante tendere la cute sul sito con l’indice e il pollice, con la mano
dominante inserire l’ago e avanzare per non più di 3 mm sotto la cute, iniettare lentamente il farmaco e osservare
la comparsa di un piccolo ponfo.
9) Estrarre l’ago esercitando una leggera pressione con il tampone antisettico senza massaggiare.
10) Aiutare il paziente alla fine della procedura ad assumere una posizione confortevole.
11) Riordinare e smaltire materiali utilizzati.
12) Rimuovere guanti e lavarsi le mani.
13) Documentare in cartella clinico-infermieristica.
Possibili complicanze:
• Rischio di infezione
• Alterazione dell’integrità cutanea
• Scarsa conoscenza della procedura
• Ansia e paura

Somministrazione terapia per via sottocutanea


Definizione: iniezione nel tessuto sottocutaneo (tra il derma e il muscolo) dove c’è meno flusso di sangue quindi
l’assorbimento sarà più lento e più stabile.
Massimo iniettabile: 0,5-1 ml nel tessuto sottocutaneo.
L’angolo di somministrazione:
• Con una lunghezza dell’ago tra 4-6 mm, posizionarlo a 90 gradi.
• Con una lunghezza dell’ago superiore a 6 mm posizionarlo a 45 gradi oppure a 90 gradi ma effettuando la
plica cutanea.
Scopo: vaccini, insulina, eparina a basso peso molecolare.
Zone di somministrazione: addominale, scapolare della schiena, ventrogluteale, dorsogluteale, regione deltoidea,
anteriore prossimale della coscia.
Materiale occorrente:
• Siringa da 2 ml
• Ago 25/27 gauge
• Farmaco
• Tampone antisettico
• Guanti
Procedura:
1) Predisporre il materiale necessario sul carrello.
2) Identificazione del paziente e informarlo sulla procedura che sarà attuata.
3) Valutare la presenza di eventuali allergie.
4) Lavarsi le mani e indossare guanti se necessario.
5) Aiutare il paziente ad assumere una posizione confortevole.
6) Scegliere il sito d’iniezione.
7) Effettuare l’antisepsi della cute.
8) Tenere la siringa tra l’indice e il pollice della mano dominante, pizzicare le caute con la mano non dominante,
introdurre l’ago con movimento veloce e deciso e lasciare la cute. Afferrare l’estremità inferiore della siringa con
la mano non dominante e posizionare la mano dominante all’estremità dello stantuffo.
9) Iniettare il farmaco spingendo lo stantuffo con pressione lenta e costante.
10) Estrarre velocemente l’ago ed esercitare una leggera pressione con il tampone antisettico senza massaggiare.
11) Aiutare il paziente alla fine della procedura ad assumere una posizione confortevole.
12) Riordinare e smaltire materiali utilizzati.
13) Rimuovere guanti e lavarsi le mani.
14) lDocumentare in cartella clinico-infermieristica.
Possibili complicanze:
• Rischio di infezione
• Alterazione dell’integrità cutanea
• Scarsa conoscenza della procedura
• Ansia e paura

Somministrazione terapia per via intramuscolare


Definizione: iniezione di farmaci nel tessuto muscolare profondo (fra il derma e il sottocute) che essendo molto
irrorati vengono assorbiti rapidamente.
L’angolo d’iniezione: 90 gradi.
Massimo iniettabile: 5 ml.
Zone di somministrazione: muscolo vastolaterale, ventrogluteale, dorsogluteale, deltoide, rettofemorale.
Scopo: deposito nel muscolo provocando un rilascio lento del principio attivo nel sangue ed un’azione prolungata nel
tempo.
Materiale occorrente:
• Siringa da 1 a 3 ml.
• Ago 19/23 gauge.
• Farmaco
• Tampone antisettico
• Guanti
Procedura:
1) Predisporre il materiale necessario sul carrello.
2) Identificazione del paziente e informarlo sulla procedura che sarà attuata.
3) Valutare la presenza di eventuali allergie.
4) Lavarsi le mani e indossare guanti se necessario.
5) Scegliere il sito d’iniezione.
6) Aiutare il paziente ad assumere una posizione confortevole e idonea alla procedura:
- Sede vastolaterale: supino con le ginocchia leggermente flesse.
- Sede ventrogluteale: disteso su un fianco o sulla schiena con le ginocchia e il bacino leggermente flessi.
- Sede deltoidea: in piedi con il braccio rilassato oppure seduto con l’avambraccio rilassato sul grembo.
7) Effettuare l’antisepsi della cute.
8) Praticare l’iniezione
- Iniezione standard: tenere la siringa tra il pollice e l’indice della mano dominante e tendere la pelle o pizzicare
una porzione abbondante di tessuto, inserire l’ago e rilasciare la pelle, fare l’iniezione ed estrarre l’ago.
- Tecnica Z: praticare l’iniezione utilizzando la mano non dominante, tirare la cute e il tessuto sottocutaneo di
lato o verso il basso di 2-3 cm rispetto al sito selezionato, con la mano dominante invece introdurre l’ago
tenendolo a 90 gradi rispetto alla cute, somministrare il farmaco, estrarre l’ago e rilasciare la cute.
(non utilizzare la tecnica Z per iniezioni in zona deltoidea).
9) Applicare una leggera pressione con il tampone antisettico senza massaggiare.
10) Aiutare il paziente alla fine della procedura ad assumere una posizione confortevole.
11) Riordinare e smaltire materiali utilizzati.
12) Rimuovere guanti e lavarsi le mani.
13) Documentare in cartella clinico-infermieristica.
Possibili complicanze:
• Rischio di infezione
• Alterazione dell’integrità cutanea
• Scarsa conoscenza della procedura
• Ansia e paura

Prelievo di sangue venoso


Definizione: raccolta di uno o più campioni di sangue attraverso venipuntura e generalmente eseguito attraverso il
sistema Vacutainer composto da ago monouso o butterfly, sistemi di supporto e provette sottovuoto. Le provette sono
caratterizzate da diversi colori che indicano l’additivo presente.
• Provette di coagulazione: contengono sodio citrato e diverse concentrazioni.
• Provette da siero: contengono microparticelle di silice e un gel nella parte inferiore della provetta che consente
la separazione di siero e cellule.
• Provette plasma: contengono eparina di litio, eparina di ammonio o di sodio che inibiscono la coagulazione
del sangue attivando le antitrombine.
• Provette EDTA: contengono acido etilendiamminotetracetico che legando il calcio inibiscono la coagulazione
del sangue.
• Provette VES: contengono una soluzione tamponata 3,8 % di trisodio citrato.
Vene da prelievo: vene dell’avambraccio (mediana, cefalica e basilica) o vene del dorso della mano (metacarpali
dorsali, digitali dorsali) o un prelievo effettuato dal catetere venoso centrale (CVC)
Scopo: test diagnostici che consentono di avere informazioni per valutare lo stato di una malattia, i progressi di una
terapia e per monitorare le condizioni generali del paziente.
Materiale occorrente:
• Sia per prelievo venoso con sistema Vacutainer che per prelievo da CVC
- Telino sterile
- Tamponi di cotone
- Garze sterili
- Disinfettante
- Laccio emostatico
- Provette
- Etichette per provette
- Certo pre-tagliato
- Modulo di richiesta per laboratorio
• Materiale solo per prelievo venoso con sistema Vacutainer
- Guanti monouso
- Siringa
- Camicia
- Adattatore Luer
- Ago monouso o butterfly 20-21 guage per adulti, 23-25 gauge per bambini
- Provette sottovuoto
• Materiale per prelievo venoso da CVC
- Guanti sterili
- Siringhe da 10 ml
- Soluzione fisiologica 0,9%
- Rubinetto a tre vie
- Sistema Vacutainer
- Salviette disinfettanti a base di clorexina
Procedura:
1) Predisporre il materiale necessario sul carrello.
2) Porre una etichetta sulle provette indicando il nome e cognome del paziente, l’orario di esecuzione del prelievo e
il reparto.
3) Identificazione del paziente e informarlo sulla procedura che sarà attuata.
4) Aiutare il paziente ad assumere una posizione confortevole e idonea alla procedura.
5) Lavarsi le mani e indossare guanti se necessario.
6) Posizionare l’arto su cui si intende eseguire il prelievo estendendolo su un supporto rigido.
7) Selezionare il sito per la puntura venosa evitando l’arto che presenta shunt artero-venoso, eventuali condizioni di
mastectomia o di ictus e/o altre condizioni che renderebbero il prelievo rischio o difficoltoso.
8) Applicare il laccio emostatico 8-10 cm sopra il sito di puntura. Il laccio deve essere stretto abbastanza da ostruire
il flusso venoso ma non quello arterioso (tenerlo massimo 1-2 minuti).
9) Chiedere più volte al paziente di aprire e chiudere la mano.
10) Localizzare il punto migliore attraverso la palpazione prediligendo una vena sporgente e dritta che si ritrae alla
palpazione.
11) Detergere l’area in cui si effettua il prelievo con movimento circolare e far asciugare.
12) Rimuovere la protezione dell’ago e avvisare il paziente che sentirà un leggero fastidio.
13) Mettere il pollice o l’indice della mano non dominante 2-3 cm sotto il sito e tendere la cute.
14) Inserire lentamente l’ago del butterfly o del sistema Vacutainer con il tagliere rivolto verso l’alto e con un angolo
di 15-30 gradi rispetto alla cute.
15) Raccogliere la quantità necessaria
• Se si utilizza sistema Vacutainer tenere fermo l’ago introdotto e far avanzare la provetta contro l’ago del
Vacutainer fino al completo perforamento del tappo, dopo che si sarà riempita mantenere in sede il Vacutainer
e rimuovere la prima provetta e inserire la seconda.
16) Rimuovere il laccio emostatico tirandone l’estremità con un solo gesto non appena il sangue refluisce nella
provetta o nella siringa.
17) Applicare un tampone sul sito della puntura senza premere ed estrarre l’ago.
18) Esercitare una pressione con il tampone per 2-3 minuti e fissare la garza con il cerotto pre-tagliato.
19) Aiutare il paziente alla fine della procedura ad assumere una posizione confortevole.
20) Riordinare e smaltire materiali utilizzati.
21) Rimuovere guanti e lavarsi le mani.
22) Mettere le provette nei contenitori appropriati per il trasporto e procedere all’invio in laboratorio
23) Documentare in cartella clinico-infermieristica.
Possibili complicanze:
• Scarsa conoscenza dello scopo del prelievo di sangue e della procedura
• Rischio di infezione
• Alterazione dell’integrità cutanea
• Ansia e paura
• Rischio di lesioni

Precauzioni standard – utilizzo DPI


Definizione: le precauzioni standard sono misure da adottare per l’assistenza di tutti i pazienti, indipendentemente
dalla diagnosi o dal presunto stato infettivo. Sono basate sul principio che sangue, liquidi organici, secrezioni,
escrezioni, cute non integra e mucose possono trasmettere agenti infettivi direttamente o indirettamente mediante
attrezzature. Comprendono l’igiene delle mani, l’uso dei guanti, l’uso di DPI, l’adozione di pratiche sicure per la
prevenzione dell’esposizione degli operatori sanitari a patogeni trasmissibili per via ematica, la collocazione e il
trasporto del paziente, le procedure di sanificazione ambientale, il trattamento dei rifiuti, ecc.
I DPI sono dispositivi di protezione individuale, ovvero qualsiasi attrezzatura destinata ad essere indossata e tenuta dal
lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o più rischi suscettibili di minacciare la sicurezza o la salute durante il
lavoro e questi DPI sono per la protezione:
• Respiratoria → mascherine chirurgiche che minimizzano la trasmissione diretta di batteri e virus tra chi le
indossa verso i terzi; mascherine con filtro (FFP2 o FFP3) in caso di rischio produzione aerosol o nella
gestione di un paziente con malattia invettiva respiratoria.
• Per gli occhi → occhiali protettivi; mascherina con visiera o schermo facciale.
• Per il corpo → camici idrorepellenti a maniche lunghe con chiusura posteriore, cuffie per raccogliere i capelli
e proteggere il collo, soprascarpe o calzari per proteggere i piedi.
• Per le mani → guanti di diverso spessore, guanti sterili o non sterili in relazione al contatto con siti o di
dispositivi suscettibili, guanti chirurgici o da esplorazione sulla base dell’assistenza o del trattamento da
intraprendere.
Scopo: ridurre la trasmissione dei microrganismi tra gli operatori, questi microrganismi e il paziente.
Procedura:
1) Controllare l’integrità dei dispositivi di protezione individuale.
2) Effettuare il lavaggio delle mani.
3) Indossare la Mascherina:
• Prendere la mascherina dal contenitore afferrandola dai lacci o da un punto esterno del bordo evitando di
toccare la parte interna che andrà in contatto con il viso.
• Appoggiare la mascherina al viso ponendo il bordo superiore sul dorso del naso e piegare la piccola striscia di
metallo inserita lungo l’orlo superiore per adattarla bene al naso e alla bocca.
• Afferrare i lacci superiori e legarli dietro la testa o passare gli elastici dietro le orecchie, assicurare la parte
inferiore della mascherina sotto il mento e allacciare i lacci inferiori dietro al collo.
• Indossare la mascherina solo una volta e per il tempo raccomandato dal produttore.
4) Indossare il Camice:
• Prendere un camice pulito e aprirlo davanti a sé.
• Infilare le braccia e le mani nelle maniche e allacciare la chiusura del camice al collo.
• Sovrapporre il camice posteriormente il più possibile e allacciare la cintura alla vita.
5) Rimuovere i Guanti:
• Rimuovere il primo guanto afferrando la superfice palmare sotto il polsino, facendo attenzione a toccare solo
il guanto, toglierlo completamente facendo rotolare al rovescio con l’altra mano.
• Mettere le prime due dita della mano nuda dentro il secondo guanto senza toccare con tale mano l’esterno del
guanto sporco, togliere il secondo guanto rovesciandolo in moto tale che esso contenga all’interno il primo
guanto.
6) Rimuovere il Camice:
• Se si indossa un camice chiuso anteriormente alla vita, sciogliere i lacci prima di togliere i guanti; se il camice
non è stato contaminato da fluidi corporei non sono necessarie particolare precauzioni.
• Se un camice è visibilmente contaminato bisogna evitare di toccare le parti contaminate all’esterno del camice,
afferrare il camice all’interno del colletto e tirarlo via lungo le spalle senza scuoterlo.
• Avvolgere il camice con la parte sporca all’interno e smaltirlo nell’apposito contenitore.
7) Rimuovere la Mascherina e gli occhiali:
• Togliere la mascherina dopo essere usciti dalla camera.
• Slegare prima i lacci inferiori, poi i lacci superiori e rimuovere la mascherina dal viso tenendola per i lacci
superiori; se la mascherina ha gli elastici, farlo scivolare lateralmente alle orecchie e rimuovere la mascherina
evitando di toccare la parte anteriore.
• Rimuovere gli occhiali di protezione.
8) Una volta smaltiti correttamente tutti i dispositivi monouso gettarli negli appositi contenitori.
9) Effettuare il lavaggio delle mani.
Possibili complicanze:
• Rischio di infezione
• Protezione inefficace

Elettrocardiogramma
Definizione: è una registrazione grafica, non invasiva, dell’attività elettrica del cuore e ed essa viene registrata mediata
l’applicazione sulla cute del paziente di elettrodi di in grado di rilevare campi elettrici di bassa intensità dovuti alle
periodiche depolarizzazioni e ripolarizzazioni del cuore. Gli elettrodi posizioni sul corpo sono 10 di cui:
• 4 si applicano sugli arti (periferiche)
• 6 si applicano al torace (precordiali)
Questi elettrodi registrano 12 derivazioni, poiché:
• Gli elettrodi posti sul braccio sinistro, braccio destro e sulla gamba sinistra sono bipolari, mentre quello sulla
gamba destra è neutro.
• Gli elettrodi posti sul torace sono unipolari.
Ogni derivazione copre una specifica area del miocardio e fornisce informazioni sull’attività dell’area coinvolta.
Gli impulsi che si muovono attraverso il sistema di conduzione del cuore creano delle correnti elettriche che possono
essere registrate dall’elettrocardiografo sotto forma di onde, indicate con le lettere P, Q, R, S e T.
Ci sono anche delle variazioni dell’ECG standard: ECG da sforzo e ECG holter.
Materiale occorrente:
• Elettrocardiografo
• Elettrodi
• Garze
• Acqua e sapone (se necessari)
Procedura:
1) Posizione elettrocardiografo in prossimità del letto del paziente, controllarne il corretto funzionamento e la
presenza di tutti gli elettrodi.
2) Procedere all’identificazione del paziente, informarlo sull’attività alla quale verrà sottoposto e quali sono i benefici.
3) Effettuare il lavaggio delle mani e indossare i guanti.
4) Aiutare il paziente ad assumere una posizione supina con le braccia lungo il corpo.
5) Esporre gli arti del paziente per posizionare gli elettrodi e umidificare a zona cutanea interessata prima di posizionare
l’elettrodo.
6) Posizionare le derivazioni degli arti sulle gambe e le braccia del paziente:
• Nel braccio destro l’elettrodo rosso
• Nel braccio sinistro l’elettrodo giallo
• Nella gamba destra l’elettrodo nero
• Nella gamba sinistra l’elettrodo verde
7) Posizionare le derivazioni precordiali sul torace:
• V1 (elettrodo rosso) nel primo spazio intercostale parasternale destro.
• V2 (elettrodo giallo) nel primo spazio intercostale parasternale sinistro.
• V4 (elettrodo marrone) nel quinto spazio intercostale sulla linea emiclaveare sinistra.
• V3 (elettrodo verde) nella diagonale tra V2 e V4.
• V5 (elettrodo nero) nel quinto spazio intercostale sulla linea ascellare anteriore sinistra.
• V6 (elettrodo viola) nel quinto spazio intercostale sulla linea ascellare media sinistra.
8) Quando l’elettrocardiografo avrà registrato e stampato il tracciato, disconnettere le derivazioni, rimuovere gli
elettrodi e pulire la cute del paziente.
9) Al termine della procedura aiutare il paziente ad assumere una posizione confortevole.
10) Riordinare e smaltire materiali utilizzati.
11) Rimuovere guanti e lavarsi le mani.
12) Consegnare il tracciato elettrocardiografico al medico per la refertazione e documentare in cartella clinico-
infermieristica.

Emocoltura
Definizione: consiste in un prelievo di sangue venoso eseguito in assoluta sterilità quando in paziente presenza brivido
e/o febbre (picco febbrile), prima della terapia antibiotica.
Scopo: individuare eventuali batteriemie (presenza di batteri nel sangue) o setticemie, seminando il campione di sangue
raccolto su appositi terreni di coltura che permettono la crescita e l’individuazione di germi aerobi, anaerobi e miceti.
Idealmente andrebbero eseguite due o tre emocolture a distanza di un’ora una dall’altra e in siti diversi (può essere
fatto sia da vena periferica che da CVC qualora si sospetti un’infezione di quest’ultimo).

Determinazione glicemia/glicosuria
Definizione: la glicemia è la concentrazione di glucosio nel sangue; la glicosuria è la concentrazione di glucosio nelle
urine. I valori di glicemia fisiologici vengono misurati dopo digiuno notturno che va da un minimo di 6 ore a un
massimo di 10-12 ore.
Il range normale di riferimento del glucosio è compreso tra 50 e 110 mg/dL (milligrammi per decilitro di plasma).
Si definisce iperglicemia se dopo digiuno notturno misuro una glicemia superiore a 110 mg glucosio/dL di plasma.
Un valore compreso tra 111 e 125 mg/dL viene considerata potenzialmente patologica, se invece il valore è superiore
a 126 è sicuramente una condizione patologica.
Il glucosio passa nelle urine quando il livello di glucosio nel sangue supera la soglia renale, ovvero 180 mg/dL.
Per determinare la glicemia, oltre alle analisi di sangue effettuate tramite prelievo venoso, si può fare mediante
glucometro e strisce reagenti con un prelievo capillare.
Di fatto il prelievo capillare viene effettuato quando è necessario prelevare piccole quantità di sangue.
I siti più comunemente utilizzati sono la zona periungueale della parte distale del dito, il lobo dell’orecchio o il tallone
(nei neonati e lattanti).
Materiale occorrente per prelievo capillare:
• Guanti
• Disinfettante
• Garze
• Glucometro e reagenti glicemia, oppure provette per microematocrito
• Pungidito monouso
Procedura per prelievo capillare:
1) Predisporre il materiale necessario sul carrello.
2) Identificazione del paziente e informarlo sulla procedura che sarà attuata.
3) Lavarsi le mani e indossare guanti se necessario.
4) Aiutare il paziente ad assumere una posizione confortevole e idonea alla procedura.
5) Scegliere il sito di puntura:
• Adulti: superficie laterale interna delle dita.
• Bambini o lattanti: tallone.
• Pazienti in shock: lobo dell’orecchio.
• Anziano con problemi di circolazione: scaldare per 3-5 minuti le estremità delle dita con un asciugamano caldo.
6) Sistemare una traversa assorbente o un asciugamano sotto l’estremità.
7) Detergere il dito della puntura con antisettico.
8) Con la mano non dominante esercitare un lieve pressione al di sopra del sito di puntura.
9) Tenere il pungidito con un angolo di 90 gradi rispetto alla cute ed effettuare una rapida puntura di circa 2 mm di
profondità.
10) Comprimere senza toccare la zona punta fino a quando non si sia formata una goccia di sangue consistente.
11) Dopo aver scartato la prima goccia di sangue mediante una garza, prelevare il sangue sulla striscia reagente o nelle
provette.
12) Esercitare una lieve pressione sul sito.
13) Al termine della procedura aiutare il paziente ad assumere una posizione confortevole.
14) Riordinare e smaltire materiali utilizzati.
15) Rimuovere guanti e lavarsi le mani.
16) Documentare in cartella clinico-infermieristica.
Possibili complicanze:
• Rischio di alterazione dell’integrità cutanea
• Dolore acuto
• Ansia

Raccolta campione biologico – urine


Definizione: esistono diverse metodiche:
1. Campione di urina per esami di ruotine → fornisce dati sull’aspetto, colore, odore, torbidità, pH, peso specifico,
osmolarità, proteinuria, glicosuria, chetoni, globuli rossi, globuli bianchi, batteri o cristalli.
Il campione può essere raccolto in qualsiasi momento della giornata, anche se è preferibile la prima minzione
mattutina.
2. Raccolta delle 24 h → eseguita dalla seconda minzione mattutina alla prima minzione mattutina successiva.
Va conservata a bassa temperatura per evitare la proliferazione batterica o l’alterazione di alcune componenti
chimico-fisiche. Questo esame viene fatto per valutare la concentrazione di costituenti specifici (albumina,
amilasi, creatinina, corticosteroidi) e per diagnosticare disordini del metabolismo del glucosio.
3. Raccolta per urinocoltura e antibiogramma → l’urinocoltura permette di identificare la presenza e la tipologia di
batteri o altri microrganismi nelle urine.
L’antibiogramma viene eseguito per determinare, una volta stabilita la presenza di un microrganismo patogeno, se
esso sia sensibile o meno ad un determinato antibiotico.
Materiale occorrente:
• Guanti
• Padella, urinale o sedia comoda
• Carta igienica
• Contenitori per raccolta urine
• Etichette per l’identificazione del campione
• Moduli di richiesta per il laboratorio
• Antisettico
Procedura:
1) Predisporre il materiale necessario sul carrello.
2) Identificazione del paziente e informarlo sulla procedura che sarà attuata.
3) Istruire il paziente a non gettare la carta nel campione di urine da esaminare e a non defecare nel momento di
raccolta dello stesso.
4) Lavarsi le mani e indossare guanti.
5) Assistere il paziente nell’uso della padella o della sedia comoda (WC) e ove possibile aiutare il paziente a
raggiungere il bagno.
6) Esame di routine: fornire al paziente il contenitore per le urine ed invitarlo a raccogliere il campione in bagno. In
caso di totale o parziale dipendenza dell’utente sarà l’infermiere a raccogliere per l’esame di ruotine.
7) Urinocoltura e antibiogramma:
• Se il paziente è autonomo, istruirlo a lavare le mani prima e dopo la procedura e se lo chiede, fornirgli i
guanti.
• Se è l’infermiere a eseguire la procedura, effettuare lavaggio delle mani e indossare i guanti.
• Invitare il paziente a eseguire l’igiene perineale con antisettico ponendo particolare attenzione alla zona
periuretrale (per ridurre il rischio di contaminazioni del campione).
• Scartare il primo getto di urina e raccogliere il successivo dal campione.
8) Raccolta delle 24 h: chiedere al paziente di urinare prima di avviare la raccolta.
• Documentare l’ora di inizio e di fine della raccolta.
• Raccogliere tutte le minzioni per le successive 24 ore.
• Se richiesto, numerare i contenitori in sequenza.
9) Campione da un sistema di drenaggio chiuso (catetere vescicale): verificare che ci sia una quantità adeguata di
urine nel deflussore. In caso contrario chiudere il morsetto e attendere 10-15 minuti prima di procedere al prelievo
del campione di urina (non va usato come campione l’urina già presente nella sacca di raccolta).
• Disinfettare il punto di inserzione dell’ago con un antisettico non su base alcolica.
• Prelevare con una siringa la quantità di urina necessaria in base al tipo di esame che si deve effettuare.
• Rimuovere il morsetto di clampaggio del catetere.
10) Riordinare e smaltire il materiale utilizzato.
11) Controllare che il campione sia chiuso e pulito esternamente.
12) Conservare il campione e provvedere al suo invio secondo i protocolli e le procedure aziendali.
13) Rimuovere i guanti e lavarsi le mani.
14) Documentare in cartella clinico-infermieristica la procedura riportando la data e l’orario, le caratteristiche
dell’urina, i segni, i sintomi del paziente associati alla minzione, l’orario in cui il campione è stato inviato al
laboratorio.
Possibili complicanze:
• Nel sistema di drenaggio chiuso → rischio di infezione.
• Negli altri tipi di raccolta
- Alterazione dell’eliminazione urinaria
- Dolore acuto
- Scarsa conoscenza (della raccolta di un campione di urina pulito)

Raccolta campione biologico – feci


Definizione: gli esami più comuni sono la coltura e ricerca di sangue occulto, batteri, virus uova, parassiti, leucociti e
grassi. Il test di sangue occulto viene eseguito per determinare la presenza di un sanguinamento gastrointestinale non
visibile ad occhio nudo e al fine di ridurre il rischio di falsi positivi, nei giorni che precedono il test è raccomandato
non consumi cibi ricchi di vitamina C e farmaci come preparazioni di ferro, potassio, diuretici tiazidici,
antinfiammatori non steroidei. Ai fini di un corretto esame di laboratorio le quantità sufficienti di feci da raccogliere
sono 2,5 cm di feci solide o 15 ml di feci liquide.
Scopo: utile per analizzare i residui alimentari e le secrezioni digestive, per individuare e monitorizzare la presenza di
microrganismi patogeni.
Materiale occorrente:
• Per esami di routine e ricerca di sangue occulto:
- Guanti
- Padella o WC
- Spatola apposita per la raccolta del campione
- Sacchetto biohazard sigillabile per il trasporto
- Contenitore idoneo per la raccolta o tampone sterile in provetta
• Per lo scotch test:
- Scotch trasparenti di lunghezza inferiore al vetrino
- Ventrino portaoggetti
- Padella o WC
- Guanti
- Spatola apposita per la raccolta del campione
- Contenitore di traporto
Procedura:
1) Predisporre il materiale sul carrello.
2) Procedere all’identificazione del paziente e informarlo sul tipo di manovra alla quale verrà sottoposto.
3) Istruire il paziente a non urinare e a non gettare carta nel campione di feci.
4) Effettuare il lavaggio delle mani e indossare i guanti.
5) Assistere il paziente nell’uso della padella o WC e ove possibile aiutare il paziente a raggiungere il bagno.
6) Dopo che il paziente ha defecato, aiutarlo a uscire dal bagno.
7) Raccolta per esame di routine: prelevare la quantità necessaria:
• Usare l’apposita spatola per trasferire le feci all’interno del contenitore, avendo cura di non contaminare
l’esterno.
• Per eseguire l’esame colturale, intingere il tampone sterile nelle feci, preferibilmente dove è visibile la
presenza di materiale purulento.
• Chiudere il contenitore o inserire il tampone all’interno della provetta.
8) Raccolta per la ricerca di sangue occulto: prelevare il campione:
• Per un test al guaiaco, prelevare uno strato di feci e strisciarlo con una spatola su un foglio odi carta, far
cadere i reagenti sullo striscio.
• Per un hematest, prelevare uno strato di feci e strisciarlo con una spatola su un foglio di carta filtro, mettere
una compressa in mezzo al campione e seguire le indicazioni del produttore.
• Per un hemoccult, prelevare uno strato di feci e strisciarlo con una spatola nel cerchio dentro la bustina e
lasciare cadere la sostanza reagente sullo striscio.
• Dopodiché osservare la reazione. La positività, determinata dal cambiamento del colore della striscia reagente,
indica la presenza di sangue occulto nelle feci.
9) Raccolta per scotch test per la ricerca di ossiuri (test di Graham): istruire il paziente a non applicare borotalco o
creme nella zona perianale la sera precedente l’esame ed effettuare il prelievo al mattino prima dell’igiene
perianale.
• Applicare la striscia di scotch adesivo nella zona perianale utilizzando l’apposita spatola e lasciare in sede per
30 secondi.
• Rimuovere la striscia di scotch adesivo e disporla, avendo cura che non si pieghi, sul vetrino portaoggetti nel
senza della lunghezza.
10) Controllare che il campione sia chiuso e pulito.
11) Apporre l’etichetta di identificazione del campione, conservare e inviare il campione in laboratorio secondo le
linee guida aziendali.
12) Al termine della procedura aiutare il paziente ad assumere una posizione confortevole.
13) Riordinare e smaltire il materiale utilizzato.
14) Rimuovere i guanti e lavarsi le mani.
15) Documentare in cartella clinico-infermieristica la procedura riportando la data e l’orario, le caratteristiche delle
feci, i segni, i sintomi del paziente associati alla defecazione, l’orario in cui il campione è stato inviato al
laboratorio.
Possibili complicanze:
• Costipazione
• Diarrea
• Scarsa conoscenza della necessità del test e della procedura

Raccolta campione biologico – espettorato


Definizione: l’espettorato è il prodotto delle secrezioni delle vie aeree dovuto alla reazione dei polmoni a un agente
irritante. L’espettorato proviene dalla regione inferiore dei bronchi.
Il campione viene raccolto al mattino tramite l’espettorazione istruendo il paziente a soffiarsi il naso, a schiarirsi la
gola e a lavare la bocca prima di espettorare così da limitare il più possibile le contaminazioni.
Scopo: la raccolta dell’espettorato è un test diagnostico su cui viene eseguito l’esame colturale per identificare
l’eventuale presenza di organismi patogeni, di cellule neoplastiche e per valutare le condizioni di ipersensibilità.
Materiale occorrente:
• Guanti
• Contenitore sterile per la raccolta
• Etichette per l’identificazione del campione
• Modulo richiesta per il laboratorio
• Per la raccolta del campione di espettorato mediante espettorazione:
- Due tamponi sterili in provette sterili
- Abbassalingua
- Torcia
- Fazzoletti per il viso
- Bacinella o contenitore pulito
• Per la raccolta del campione di espettorato mediante aspirazione:
- Kit d’aspirazione
- Guanti sterili
- Telo impermeabile
Procedura:
1) Predisporre il materiale sul carrello.
2) Apporre l’etichetta per l’identificazione del campione.
3) Procedere all’identificazione del paziente e informarlo sul tipo di manovra alla quale verrà sottoposto.
4) Aiutare il paziente ad assumere la posizione seduta o semiseduta.
5) Effettuare il lavaggio delle mani e indossare i guanti.
6) Raccolta dell’espettorato mediante espettorazione: fornire al paziente il contenitore per l’espettorato e invitarlo a
eseguire dei respiri profondi e a tossire profondamente (non contaminare con secrezioni salivari).
• Far espettorare il paziente direttamente dentro il contenitore sterile e avvertirlo di non toccare il bordo o
l’interno per evitare di contaminarlo.
• Raccogliere una quantità sufficiente di espettorato.
• Chiudere subito il contenitore e se viene contaminata la superfice esterna, pulirla con un disinfettante.
7) Raccolta dell’espettorato mediante aspirazione: porre un telo impermeabile sul torace del paziente.
• Preparare una sonda d’aspirazione sterile e un contenitore per la raccolta dell’espettorato.
- Connettere il tubo di aspirazione alla valvola dell’aria del contenitore.
- Connettere il tubo d’aspirazione a un dispositivo d’aspirazione.
• Indossare i guanti sterili o un guanto sterile sulla mano dominante e un guanto non sterile sulla mano non
dominante.
• Afferrare con la mano sterile la sonda d’aspirazione e connetterla al tubo dl contenitore per l’espettorato,
tenuto con la mano non sterile.
• Invitare il paziente a fare dei respiri profondi.
• Senza attivare l’aspirazione introdurre la sonda in una delle due narici e procedure lungo il pavimento della
cavità nasale, o in alternativa introdurre la sona nella cavità orale nel retro della faringe (non forzare mai la
sonda in caso di resistenza).
• Effettuare l’aspirazione applicando un dito sul foro di controllo d’aspirazione, far ruotare la sonda per 5-10
secondi ed il contenitore raccoglierà il muco durante l’aspirazione.
• Rimuovere la sonda.
• Disconnettere il tubo di aspirazione dalla sonda e gettare quest’ultima negli appositi contenitori.
• Lavare il tubo di aspirazione al fine di rimuovere eventuali secrezioni.
• Al termine della procedura aiutare il paziente a effettuare l’igiene.
16) Al termine della procedura aiutare il paziente ad assumere una posizione confortevole.
17) Riordinare e smaltire il materiale utilizzato.
18) Rimuovere i guanti e lavarsi le mani.
19) Provvedere all’invio del campione in laboratorio secondo quando previsto dalle linee guida aziendali.
20) Documentare in cartella clinico-infermieristica la procedura riportando la data e l’orario, le caratteristiche
dell’espettorato (colore, quantità, consistenza, presenza di emottisi) e l’orario in cui il campione è stato inviato al
laboratorio.
Possibili complicanze:
• Rischio di infezione
• Ansia
• Rischio di lesioni
• Scarsa conoscenza della procedura
Isolamento paziente
Esistono diversi tipi di isolamento:
1. Isolamento da contatto, in cui bisogna indossare i guanti e il camice prima di venire a contatto con il paziente o
con superfici e oggetti in sua prossimità.
• Questo tipo di isolamento è necessario quando si hanno pazienti con infezioni note o sospette o evidenza di
sindromi che rappresentano un aumentato rischio di trasmissione da contatto.
• Stanza del paziente: singola (ideale) o isolamento di coorte (due degenti infetti dallo stesso patogeno in una
sola stanza).
2. Isolamento da droplets, in cui bisogna indossare mascherina chirurgica, guanti e camice prima di avvicinarsi al
paziente e in caso di procedure che possono generare aerosol (broncoscopia, aspirazione, intubazione, etc.) usare
mascherina FFP2 e occhiali/visiera.
• Questo tipo di isolamento è necessario quando si hanno pazienti con infezione da agenti patogeni tramessi
tramite goccioline generate da paziente che tossisce, starnutisce o parla.
• Stanza del paziente: singola o isolamento di coorte.
3. Isolamento aereo, in cui bisogna indossare guanti, camice e la mascherina FFP2 o FPP3 e occhiali/visiera prima
di entrare nella camera del paziente.
• Questo tipo di isolamento è necessario quando si hanno pazienti noti o sospetti di infezione ad opera di
microrganismi patogeni trasmessi di persona a persona per via aerea.
• Stanza del paziente: singola con servizi igienici dedicati o isolamento di coorte, inoltre è importante che
stanza sia a pressione negativa o con filtra HEPA, un ricircolo dell’aria ogni 6-12 ore e la porta chiusa.

Effettuare mobilizzazione del paziente semiautonomo


Definizione: eseguire corretti movimenti durante lo spostamento e il sollevamento dei pesi (ergonomia) facilita
l’utilizzo dei muscoli per mantenere l’equilibrio riducendo la fatica e l’energia.
Scopo: ridurre il rischio di lesione.
Ausili minori: bastone, stampelle, deambulatore, cintura ergonomica, telo ad alto scorrimento, dischi girevoli.
Ausili maggiori: sollevatori.
Materiale occorrente:
• Bastone o stampella prescritta o deambulatore.
• Scarpe con tacco basso e con suole di gomma e preferire scarpe con sistemi di chiusura alternativi ai lacci.
• Guanti
Procedura per deambulazione di un paziente non autosufficiente con ausilio di bastone:
1) Predisporre il materiale necessario sul carrello.
2) Identificazione del paziente e informarlo sulla procedura che sarà attuata.
3) Lavarsi le mani e indossare guanti se necessario.
4) Preparare il paziente adeguatamente vestito con le scarpe antiscivolo e se prescritte, applicare calze elastiche.
5) Aiutare il paziente a sedersi sul bordo del letto.
6) Prima di allontanare il paziente dal letto, valutare eventuale insorgenza della sintomatologia di ipotensione
ortostatica.
7) Assistere il paziente in piedi accanto al letto prima di allontanarlo per circa un minuto affinché si senta sicuro.
8) Incoraggiare il paziente a camminare e se necessario utilizzare una cintura per aumentare la sicurezza.
9) Incoraggiare il paziente ad impugnare il bastone, la cui punta deve essere posizionata a 15 cm di lato ed avanti al
piede sano e il gomito risulterà leggermente flesso.
10) Spostare il bastone in avanti di circa 30 cm in modo che il peso del corpo sia sostenuto dalle gambe.
11) Muovere la gamba con deficit in avanti mentre il peso è sostenuto dal bastone e dalla gamba forte.
12) Muovere la gamba forte in avanti vicino al bastone ed alla gamba con deficit, mentre il peso del corpo è sostenuto
dal bastone e dalla gamba debole.
13) Informare il paziente sull’utilizzo del bastone dal lato dolorante o ipo-funzionante per favorire l’equilibrio e
ridurre il peso sull’arto deficitario.
14) Riaccompagnare il paziente al letto.
15) Terminata l’attività il paziente viene aiutato ad assumere una posizione confortevole.
16) Riordinare il materiale utilizzato.
17) Rimuovere i guanti ed effettuare il lavaggio delle mani.
18) Documentare in cartella clinico-infermieristica.
Procedura per deambulazione di un paziente non autosufficiente con ausilio di stampelle:
1) Predisporre il materiale necessario sul carrello.
2) Identificazione del paziente e informarlo sulla procedura che sarà attuata.
3) Lavarsi le mani e indossare guanti se necessario.
4) Preparazione delle stampelle: controllare che la lunghezza sia idonea all’altezza del paziente e controllare se i
tappi di gomma all’estremità sia consumati (in caso, sostituirli).
5) Aiutare il paziente ad assumere una posizione a tripode dove i piedi devono essere separati, la postura eretta, le
ginocchia estese, la schiena dritta e la testa alta.
6) Avvicinare il paziente dal lato debilitato.
7) Se il paziente è instabile, posizionare una cintura.
8) Educare il paziente all’andatura più appropriata per l’utilizzo delle stampelle.
9) L’andatura a quattro punti alternati è la più elementare e fornisce tre punti di supporto ino ogni movimento,
dunque istruire il paziente a muovere in avanti una stampella e a raggiungere il livello della stessa con la gamba
del lato opposto.
10) Con l’andatura a tre punti il paziente deve essere in grado di supportare il peso corporeo sull’arto sano, dunque
istruire il paziente a muovere prima entrambe le stampelle e la gamba deficitaria, poi la gamba sana.
11) Con l’andatura a due punti alternati richiede maggiore equilibrio.
12) L’andatura oscillante è utilizzata dal paziente con paralisi delle gambe e delle anche, dunque istruire il paziente a
spostare in avanti ambedue le stampelle e oscillare con corpo fino a livello delle stesse.
13) Riaccompagnare il paziente al letto.
14) Terminata l’attività il paziente viene aiutato ad assumere una posizione confortevole.
15) Riordinare il materiale utilizzato.
16) Rimuovere i guanti ed effettuare il lavaggio delle mani.
17) Documentare in cartella clinico-infermieristica.
Procedura per deambulazione di un paziente non autosufficiente con ausilio di deambulatore:
1) Predisporre il materiale necessario sul carrello.
2) Identificazione del paziente e informarlo sulla procedura che sarà attuata.
3) Lavarsi le mani e indossare guanti se necessario.
4) Educare il paziente all’andatura appropriata all’utilizzo del deambulatore.
5) Predisporre il deambulatore: controllare l’altezza del deambulatore affinché la sbarra per la mano sia sotto la vita
del paziente e i gomiti risultino leggermente flessi.
6) Aiutare il paziente ad assumere una posizione a tripode.
7) Avvicinare il paziente dal lato debilitato.
8) Spostare il deambulatore di circa 15 cm in avanti per far sì che il peso corporeo gravi sulle gambe.
9) Educare il paziente a compiere piccoli passi, sostenendosi al deambulatore.
10) Se una gamba è deficitaria rispetto all’altra, spostarla in avanti di 15 cm insieme al deambulatore.
11) Terminata l’attività il paziente viene aiutato ad assumere una posizione confortevole.
12) Riordinare il materiale utilizzato.
13) Rimuovere i guanti ed effettuare il lavaggio delle mani.
14) Documentare in cartella clinico-infermieristica.

Movimentazione dell’operatore
Le principali raccomandazioni che tutti i professionisti devono seguire per una corretta meccanica corporea:
• Mantenere una base d’appoggio ampia che migliora l’equilibrio.
• Modulare l’altezza della zona di lavoro, quando è possibile.
• Avvicinare l’oggetto al proprio asse corporeo per ridurre lo sforzo.
• Bilanciare il corpo e diminuire la frizione tra l’oggetto in movimento e la superficie su cui si muove.
• Flettere le anche e le ginocchia (evitare quindi la torsione del rachide) per cambiare la posizione del corpo
ampliando la base di appoggio.
• Contrazione dei glutei, degli addominali, dei muscoli delle braccia e delle gambe, prima di trasportare un
oggetto per prepararli al movimento.
• Utilizzare con forza i muscoli delle gambe per sollevare, spingere e tirare così da evitare lo stiramento dei
muscoli.

Posizionamento e movimentazione del paziente


Tipi di posizioni più comuni che l’assistito può assumere:
• Prona: sdraiato a pancia in giù.
• Supina: sdraiato a pancia in su.
• Dorsale-supina: sdraiato con gambe piegate.
• Laterale: sdraiato su un fianco.
• Flower: sdraiato con lo schienale del letto tirato su con un angolo compreso tra 90 e 15 gradi.
- Flower bassa a 30 gradi.
- Semi-flower a 45 gradi.
- Flower alta a 90 gradi.
• Litotomica: sdraiato con le anche flesse, polpacci e calcagni paralleli al pavimento (posizione ginecologica).
• Sims: sdraiato a pancia in giù con gli arti di un lato del corpo distesi e con gli arti dell’altra parte del corpo
piegati.
• Genupettorale: sdraiato a pancia in giù con le natiche elevate e le ginocchia raccolte verso il torace.
• Trendelenburg: sdraiato con la testa più bassa rispetto alle gambe di 30-40 gradi.

Tecniche di monitoraggio della diuresi – controllo del bilancio idrico


Definizione: per bilancio idrico si intende la misurazione deli liquidi introdotti ed eliminati dall’organismo, quindi le
entrate e uscite. I liquidi rappresentano i costituenti principali del corpo umano (55% del peso di una donna e il 60%
del peso di un uomo) e il loro monitoraggio è un importante strumento per descrivere lo stato di salute generale del
paziente.
Bilancio medio delle entrate e delle uscite di liquidi nell’adulto:
• Totale entrate = 2600 ml
- Acqua ingerita: 1650 ml
- Cibo ingerito: 650 ml
- Ossidazione metabolica: 300 ml
• Totale uscite = 2600 ml
- Reni: 1500 ml
- Cute: 600 ml
- Polmoni: 300 ml
- Gastrointestinale: 200 ml
Le manifestazioni cliniche tipiche sono la perdita di peso, contrazione delle diuresi, diminuito turgore cutaneo, sete,
secchezza delle mucose, segni di ipoperfusione sistemica come la tachicardia, tachipnea, ipotensione.
Materiale occorrente:
• Schedi di monitoraggio del bilancio idrico
• Padella, urinale o sedia comoda (WC)
• Contenitore graduato per le uscite
• Guanti monouso sterili
• Avviso accanto al letto per segnalare che il paziente sta eseguendo il controllo del bilancio idrico (solitamente
in condizioni critiche il monitoraggio si effettua ogni ora)
Procedura:
1) Predisporre il materiale necessario sul carrello.
2) Identificazione del paziente e informarlo sulla procedura che sarà attuata.
3) Lavarsi le mani e indossare guanti se necessario.
4) Per il monitoraggio delle entrate: annotare sull’apposita scheda di monitoraggio tutti i liquidi che il paziente
assume nell’arco della giornata specificandone l’ora, la tipologia e la quantità secondo quando previsto dai
protocolli di struttura.
5) Per il monitoraggio delle uscite: qualsiasi liquido drenato deve essere misurato ed annotato e a tal fine è necessario
svuotare l’urinale, la padella o la sacca di drenaggio del catetere in un contenitore graduato.
• Registrare sull’apposito modulo tutti i liquidi che il paziente elimina nell’arco della giornata,
specificandone l’ora, la tipologia e la quantità secondo quando previsto dai protocolli della struttura.
6) Effettuare un bilancio parziale ad ogni fine turno oppure a intervalli più brevi nel caso in cui il paziente sia in
condizioni critiche o instabili.
7) Riordinare il materiale utilizzato.
8) Rimuovere i guanti ed effettuare il lavaggio delle mani.
9) Documentare in cartella clinico-infermieristica.

Stick test
Definizione: la diagnostica rapida è utilizzata per l’analisi estemporanea dei liquidi biologici attraverso l’utilizzo di
uno stick reagente. Quando la striscia reattiva viene messa a contatto con il campione da analizzare (sangue o urina) si
verifica una reazione che determina una variazione cromatica dello stick stesso.
La lettura del risultato viene effettuata paragonando il colore dello stick con una scala cromatica di riferimento.
Scopo: l’utilizzo degli stick reagenti per l’analisi delle urine permette di relevare uno o più costituenti: stupefacenti,
glucosio, bilirubina, corpo chetonici, peso specifico, sangue, proteine, nitrito, leucociti.
Materiale occorrente:
• Guanti
• Padella, urinale o sedia comoda (WC)
• Contenitore di raccolta per esame urine
• Strisce reattive
• Timer
• Scala cromatica di riferimento
Procedura:
1) Predisporre il materiale necessario sul carrello.
2) Identificazione del paziente e informarlo sulla procedura che sarà attuata.
3) Lavarsi le mani e indossare guanti se necessario.
4) Aiutare il paziente e recarsi in bagno o a utilizzare la comoda, la padella o l’urinale.
5) Raccogliere l’urina in un contenitore pulito e asciutto ed effettuare il test il prima possibile poiché la
conservazione prolungata di urina a temperatura ambiente potrebbe portare a proliferazione microbica con
cambiamenti del pH.
6) Estrarre la striscia reagente dal contenitore e immergerla nell’urina per il tempo indicato dal produttore.
7) Osservare il colore e confrontarlo con la scala cromatica di riferimento.
8) Riordinare il materiale utilizzato.
9) Rimuovere i guanti ed effettuare il lavaggio delle mani.
10) Documentare in cartella clinico-infermieristica.

Presidi alternativi al catetere


Possono essere sistemi esterni di raccolta delle urine tipo “condom” negli uomini, cateterismo a intermittenza nei
pazienti con vescica neurogena, l’utilizzo di pannoloni in caso di incontinenza, padella e urinale.

Catetere condom
Definizione: è un sistema di drenaggio esterno per raccogliere l’urina dei pazienti maschi incontinenti. È meno
invadente del catetere permanente e permette un minor contatto cutaneo rispetto a uno slip monouso o una traversa
protettiva monouso.
Materiale occorrente:
• Kit per il catetere condom con striscia adesiva
• Sacca per drenaggio urinario
• Guanti
• Bacinella con acqua calda e sapone
• Asciugamano e spugna
Procedura:
1) Predisporre il materiale necessario sul carrello.
2) Identificazione del paziente e informarlo sulla procedura che sarà attuata.
3) Lavarsi le mani.
4) Garantire la riservatezza del paziente chiudendo la porta.
5) Far assumere al paziente una posizione comoda, preferibilmente decubito supino, se tollerata.
6) Alzare il letto a un’altezza comoda per l’infermiere.
7) Indossare i guanti privi di lattice non sterili.
8) Osservare il pene del paziente e rilevare eventuali segni di rossore, irritazione o lesioni della cute.
9) Pulire il pene del paziente con acqua calda e sapone: retrarre il prepuzio nei maschi non circoncisi e pulire
minuziosamente le pieghe cutanee, e dopo riposizionare il prepuzio nella posizione naturale.
10) Radere i peli in eccesso intorno alla base del pene, se previsto dai protocolli della struttura, e dopo sciacquare e
asciugare l’area.
11) Se si utilizza il kit per il catetere condom, aprire la confezione contenente la preparazione cutanea, pulire e
applicare la preparazione cutanea sull’asta del pene.
12) Applicare la striscia biadesiva attorno alla base del pene a circa 2-3 cm dall’estremità prossimale del pene.
13) Srotolare il condom dalla porzione distale del pene verso la base lasciando uno spazio di 2,5-5 cm tra la punta del
pene e l’estremità del condom.
14) Adagiare il condom sulla striscia adesiva.
15) Connettere il tubo della sacca di drenaggio a quello del catetere e assicurarsi che il tubo della sacca di drenaggio
giaccia sulla gamba del paziente.
16) Coprire il paziente.
17) Smaltire il materiale usato nell’apposito contenitore.
18) Svuotare la sacca, misurare la quantità di urina ed effettuare la registrazione ogni 4 ore.
19) Togliere i guanti e lavarsi le mani.
20) Riportare il letto del paziente nella posizione più bassa e fargli assumere una posizione confortevole.
21) Rimuovere il condom una volta al giorno per detergere l’area e valutare la cute per eventuali segni di alterazione
della sua integrità.
Possibili complicanze:
• Alterazione dell’eliminazione urinaria
• Rischio di alterazione dell’integrità cutanea
• Deficit di autonomia nell’eliminazione

Utilizzo della padella e urinale


Definizione: la padella è un dispositivo che viene utilizzato per permettere l’eliminazione urinaria e/o intestinale a
pazienti immobilitati a letto.
• Padella: per la minzione e defecazione delle donne, mentre solo la defecazione per gli uomini.
• Urinale: per la minzione degli uomini.
Materiale occorrente:
• Padella/urinale
• Carta igienica
• Copertura per padella monouso
• Telo impermeabile monouso
• Guanti
Procedura:
1) Predisporre il materiale necessario sul carrello.
2) Identificazione del paziente e informarlo sulla procedura che sarà attuata.
3) Lavarsi le mani e indossare guanti se necessario.
4) Aiutare il paziente ad assumere una posizione adeguata e scoprire l’area perineale:
• Padella: posizione semi-flower
• Urinale: posizione eretta, laterale, seduto con la tastiera del letto sollevata o seduto a lato del letto
5) Porre il tempo impermeabile sul letto a livello delle natiche del paziente.
6) Assistere il paziente nell’uso della padella o dell’urinale:
• Padella: invitare il paziente a piegare le ginocchia e sollevare il bacino, inserire la padella ed accertarsi che i
glutei poggino sul bordo arrotondato dalla stessa.
• Urinale: se il paziente è immobilizzato, divaricare le gambe e posizione il pene all’interno dell’urinale e
assistere il paziente a mantenere l’urinale in posizione.
7) Coprire il paziente con un lenzuolo.
8) Dopo essersi accertati del grado di autonomia, posizionare il dispositivo di chiamata e la carta igienica in modo
che sia raggiungibile dal paziente o in alternativa restare accanto al paziente e fornirgli supporto.
9) Rimuovere la padella o urinale.
10) Invitare o aiutare il paziente ad eseguire l’igiene perineale.
11) Aiutare il paziente alla fine della procedura ad assumere una posizione confortevole.
12) Riordinare e smaltire materiali utilizzati.
13) Rimuovere guanti e lavarsi le mani.
14) Documentare in cartella clinico-infermieristica.
Possibili complicanze:
• Costipazione
• Incontinenza fecale
• Incontinenza urinaria da stress/stimolo
• Ritenzione urinaria
• Scarsa autonomia nell’eliminazione
• Scarsa autostima contingente
• Senso di impotenza

Assistenza alla persona durante il pasto


Definizione: l’assistenza per l’alimentazione consiste nel preparare la persona assistita e l’ambiente, nel servire il
vassoio e nel fornire l’eventuale assistenza durante i pasti.
Materiale occorrente:
• Vassoio per il cibo
• Tovaglioli umidi per l’igiene delle mani
• Utensili specifici per l’alimentazione (se necessari)
Procedura:
1) Predisporre il materiale necessario sul carrello.
2) Identificazione del paziente e informarlo sul tipo di attività da svolgere.
3) Chiedere al paziente se ha preferenza culturali o religiose legate al cibo.
4) Controllare la dieta prescritta per il paziente.
5) Valutare il livello di coscienza del paziente e la presenza di eventuali limitazioni fisiche.
6) Rimuovere tutti gli oggetti (padelle, urinale) prima di consuma il pasto.
7) Effettuare il lavaggio delle mani.
8) Fornire assistenza nel lavaggio delle mani del paziente e nella pulizia della bocca, se necessario.
9) Posizionare il paziente in posizione semi-seduta o Flower alta.
10) Posizionare un tovagliolo affinché gli indumenti del paziente non si sporchino durante il pasto.
11) Controllare il vassoio prima di somministrarlo per evitare errori nella dieta e posizionarlo sul tavolo mobile vicino
al letto del paziente.
12) Assicurarsi che la temperatura dei cibi e delle bevande serviti sia adeguata.
13) Chiedere al paziente quale cibo preferisce assumere per primo.
14) Segnalare la comparsa di eventuali segni e sintomi di disfagia, mentre il paziente si alimenta.
15) Quando il pasto è completato o il paziente non vuole mangiare ulteriormente, rimuovere il vassoio dalla stanza.
16) Riposizionare il tavolo da letto utilizzato, rimuovere i tovaglioli e assicurare un’adeguata pulizia delle mani e del
cavo orale.
17) Aiutare il paziente alla fine della procedura ad assumere una posizione confortevole.
18) Riordinare e smaltire materiali utilizzati.
19) Effettuare il lavaggio delle mani.
20) Documentare in cartella clinico-infermieristica.

Termini importanti da conoscere


Dus-dis = difficoltà
Polus-pol = molto
Pollacchius-poli = numerose
Ematos-emat = sangue
Pios-piu = pus
Dunos-dinia = dolore
Epatos = fegato
Splenos = milza
Ite = infiammazione
Algia = dolore
Dispepsia = difficoltà del digerire che si esprime con malessere/dolore dell’addome superiore associato a senso di
ripienezza post-prandiale, eruttazioni, borgorigmi.
Nausea = malessere che può precedere il vomito e può essere accompagnato da sudorazione, pallore e tachicardia.
Vomito = emesi = espulsione rapida e forzata del contenuto gastrointestinale attraverso la bocca, per le contrazioni
muscolari addominali con lo sfintere esofago inferiore rilasciato.
Comprende una fase prodromica (conato) e una fase espulsiva. Spesso preceduto da nausea.
Differenze tra vomito e rigurgito?
1. La tempistica:
- Vomito avviene anche a distanza dall’immissione di cibo.
- Rigurgito avviene poco tempo dopo l’immissione di cibo
2. La provenienza:
- Vomito proviene dallo stomaco.
- Rigurgito può provenire anche prima di arrivare nello stomaco.
Emottisi = emissione di sangue proveniente dall’apparato respiratorio, con colpo di tosse, con aspetto schiumoso,
rosso vivo, con pus, che causa dispnea ma non è un’urgenza.
Ematemesi = emissione di sangue proveniente dall’apparato digerente, con un conato di vomito, con aspetto fluido,
rosso scuro con coaguli, con residui alimentari, che causa nausea ed è un’urgenza.
Disfagia = difficoltà nel mangiare.
Singhiozzo = aumento di contrazioni diaframmatiche involontarie parossistiche, seguite da chiusura della glottide che,
arrestando la fuoriuscita dell’aria, provoca il tipico rumore.
Meteorismo = accumulo di aria nella zona intestinale.
Colica = dolore che presenza un picco, che poi passa e ritorna.
Esofagite = infiammazione dell’esofago.
Alvo = attività defecatoria.
Stipsi = evacuazione poco frequente di feci scarse, molto consistenti e povere d’acqua.
Fecaloma = massa di materiale fecale estremamente dura o gommosa che impedisce la normale defecazione.
Diarrea = emissioni di feci liquide o semiliquide con 1-3 scariche al giorno.
Ematochezia = emissione di feci con striature di sangue rosso.
Rettoraggia = perdita di sangue rosso vivo proveniente dal canale anale e dal retto.
Melena = emissione di feci dal colorito nero per la presenza di sangue che ha subito il processo di digestione.
Tenesmo = spiacevole sensazione che ha il paziente di defecare, pur avendo la necessità non riesce.
Ittero = pigmentazione giallastra/verdastra della cute causata da un accumulo di pigmenti biliari nel sangue.
Ascite = accumulo di liquido nella cavità peritoneale.
Paracentesi = estrazione di liquido ascitico dalla cavità addominale tramite una puntura con ago cannula.
Decompressione = rimozione di sostanze liquide o gas dal tratto gastrointestinale.
Compressione = applicazione di una pressione intermittente attraverso l’utilizzo di un sondino specifico.
Gastrolusi = lavaggio dello stomaco in caso di avvelenamenti.
Disuria = sensazione soggettiva di una minzione anormale dolorosa e difficoltosa.
Alguria = dolore durante la minzione.
Stranguria = dolore durante la minzione con crampi pelvici.
Pollachiuria = minzioni frequenti e con dolore.
Ritenzione urinaria = mancata eliminazione dell’urina all’esterno nonostante una normale formazione di urina.
Incontinenza = temporanea o permanente incapacità dello sfintere esterno di controllare il flusso di urina dalla
vescica.
Enuresi = emissione involontaria di urina a letto.
Oliguria = ridotta emissione di urine nelle 24 ore (100-500 ml).
Anuria = assente emissione di urine nelle 24 ore (non produce urina).
Poliuria = aumentata emissione di urina nelle 24 ore (10-15 litri al giorno).

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