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Breve storia dell’elettrostatica

III liceo
a.s. 2022/2023

 Talete (625 a.C. – 547 a.C.)


«Aristotele e Ippia dicono che [Talete] attribuì «Anche Talete, da quanto ricordano, sembra
un’anima anche alle cose inanimate, deducendo congetturare che l’anima sia una forza motrice se
ciò dall’ambra e dal magnete» afferma che la calamita ha l’anima se attrae il
Diogene Laerzio, Vite dei filosofi ferro»
(libro I, Talete, III) Aristotele, Sull’anima (A, 2, 405)

 Platone (428 a.C. – 348 a.C.)


Timeo (79-80), ca. 360 a.C.

«Ma consideriamo ancora nuovamente la condizione della respirazione e in funzione di quali cause essa sia
diventata quale è ora. Poiché non esiste nessun vuoto nel quale possa entrare qualcuna delle cose in
movimento, e l’alito viene da noi emesso, è a tutti evidente ciò che ne consegue, ossia che esso non viene
emesso nel vuoto, ma spinge via l’aria vicina dal posto che occupa. E questa, spinta via, a sua volta spinge
ulteriormente via quella vicina; e spinta in base a questa necessità, tutta quanta in modo circolare fino a
giungere al luogo da cui l’alito era uscito, entra qui e lo riempie; e a questo fa subito seguito l’espirazione.
E in questo modo si spiegano anche i modi in cui scorrono le acque, e inoltre le cadute dei fulmini e le
meraviglie che concernono l’attrazione dell’ambra e del magnete»

 William Gilbert (1544-1603)


De magnete, magneticisque corporibus, et de magno magnete tellure (libro II, capitolo II),
1600

Cap. II
Della coizione magnetica e, prima,
dell’attrazione dell’ambra, o più propriamente
l’attaccamento di corpi all’ambra

La reputazione del magnete e dell’ambra è sempre stata grande negli scritti dei dotti: molti filosofi
invocano il magnete e anche l’ambra quando, nello spiegare molti misteri, i loro sensi sono offuscati e la loro
ragione non riesce a procedere.
[...]
Ma questi [dotti] (nonostante mostrino lo stesso errore comune) non sanno che le cause dei
movimenti dei magneti sono molto differenti da quelle che danno all’ambra le sue proprietà; quindi cadono
facilmente in errore, e grazie alle loro fantasie sono condotti sempre di più nell’astrazione. Infatti in altri
corpi si è vista una considerevole potenza di attrazione, differente da quella del magnete, per esempio
nell’ambra. Occorre dire poche parole su questa sostanza, per mostrare la natura dell’attrazione dei corpi ad
essa, e per chiarire l’enorme differenza tra essa e l’azione magnetica; infatti alcuni uomini, rimanendo ancora
nell’ignoranza, ritengono che l’inclinazione dei corpi sia un’attrazione verso l’ambra e la paragonano
all’azione magnetica. I Greci chiamano questa sostanza ηλεκτρον perché, quando viene scaldato per
strofinìo, attrae a sè delle pagliuzze; poi è anche chiamata αρπαξ e per il suo colore dorato χρυσοϕορον. Ma

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i Mori la chiamano carab, poiché sono soliti offrirla in sacrifici e venerazioni degli dei; infatti in arabo carab
significa oblazione non trascinatore di pagliuzze, come lo traduce Scaliger dall’arabo o persiano Abohali.
Molti chiamano questa sostanza ambra, specialmente quella importata dall’India e dall’Etiopia. Il nome
latino succinum da succum.
[...]
Molti sono gli autori moderni che hanno scritto sull’ambra e sul giaietto, come il loro essere capaci di
attrarre pagliuzze e a riguardo di altri fatti ignoti ai più, o copiati da altri libri: con il risultato di rimpinzare i
laboratori dei loro librai. Ai nostri giorni si pubblicano molti libri a riguardo di miracoli e cause recondite,
astruse e occulte, in ciascuno dei quali l’ambra e il giaietto sono reputati capaci di attirare la paglia; ma
nessuna motivazione viene desunta da esperimenti e non deducono dimostrazioni, trattano solamente parole
(ovviamente in modo nascosto, miracoloso, astruso, recondito, occulto) inducendo così nelle cose stesse
molta caligine.
[...]
Infatti non solo l’ambra e il giaietto (come essi reputano) attraggono piccoli corpuscoli, ma allo
stesso modo fanno anche il diamante, lo zaffiro, il carbonchio, l’iris-gemma, l’opale, l’ametista, la vincentina
e la bristola (gemma o esalazione inglese), il berillio e il cristallo. La stessa forza attrattiva è posseduta anche
dal vetro (particolarmente in quello limpido e lucido) e poi dalle gemme formate dal vetro o dal cristallo, dal
vetro antimonio, dalle esalazioni di barite e dalle Belemniti. Attraggono anche il solfuro, il mastice e la cera
dura per sigillare composta dalla lacca tinta di vari colori. Attrae più intensamente la resina, l’arsenico più
debolmente; a fatica attraggono anche il salgemma, la mica e l’allume di rocca. Tutto questo lo possiamo
osservare quando a metà inverno l’atmosfera è molto fredda, chiara e sottile; quando gli effluvi elettrici della
terra impediscono meno e i corpi elettrici sono più vigorosi: di queste cose [si parlerà] in seguito. Tutti questi
corpi attraggono non solo pagliuzze e pula, ma tutti i metalli, legno, foglie, pietre, terra, l’acqua stessa e
l’olio.
[...]
Ma per poter comprendere attraverso l’esperienza come avviene questa attrazione e quali sono le
sostanze che attirano i corpi in questo modo (anche se molti corpi vengono attratti da queste sostanze,
tuttavia a causa della debolezza non sembrano attratti da altre, ma più semplicemente sono ruotati),
costruisciti un versorium di un qualsiasi metallo, lungo tre o quattro dita, abbastanza leggero e posizionato su
di una punta alla maniera dell’indice magnetico; apponi vicino ad una estremità un pezzo di ambra o una
gemma leggermente sfregata, levigata e nitida, allora il versorium si ruoterà.
[...]
E ora cos’è ciò che produce il movimento? Forse il corpo stesso limitato dalle sue estremità? O
qualcosa di insensibile a noi che fluisce dalla sostanza all’ambiente? [...] E se rifluisse, forse che esso trascini
l’aria, il cui moto è seguito dal corpo? O trascina il corpo stesso? Se davvero l’ambra attirasse il corpo stesso,
se fosse già spoglio e lucidato, quale necessità avrebbe lo sfregamento? [...] Infatti quando si avvicina un
elettrico strofinato ad un versorium, esso ruota istantaneamente, e più vicino è all’elettrico, più veloce è
l’attrazione.
[...]
Questi effluvi non sono respiri, infatti le emissioni non spingono nessuna cosa, ma fluiscono senza
nessuna resistenza sensibile e raggiungono i corpi. Sono umori straordinariamente attenuati, molto più fini
dell’aria dell’ambiente; per produrli i corpi devono essere creati da umori e uniti con maggiore durezza.

 Stephen Gray (1666-1736)


Philosophical Transaction, 1731-1732

2
 Charles du Fay (1698-1739)

[...]

[…]
[...]

Lettera scritta il 27 dicembre 1733 e


[...] pubblicata il 31 marzo 1734 in
Philosophical Transaction,
(vol. 38, pp. 258-266)

3
 Benjamin Franklin (1706-1790)
Experiment and observation on electricity made at Philadelphia in America, 1751

[…]

[…]

4
[...]
[...]

 Luigi Galvani (1737-1798)


De viribus electricitati in motu muscolari, 1791

Le mie ricerche sono cominciate in questo modo. Avevo dissecato e preparato una rana come nella figura della Tav. I,
e, a tutt'altro scopo, l'avevo messa su una tavola, ove era una macchina elettrica (Fig. 1, Tav. I), lasciandola però del
tutto separata dal conduttore di questa, anzi posta a non breve distanza; non appena uno dei miei aiutanti, per caso,
toccò colla punta di una lancetta, pur lievemente, i nervi interni crurali (DD) della rana, subito si videro tutti i muscoli
degli arti contrarsi in tal modo, da sembrar caduti in convulsioni toniche violente. Un altro di coloro che ci assistevano
in questi esperimenti elettrici ebbe l'impressione che il fenomeno avvenisse nel momento in cui dal conduttore della
macchina scoccava la scintilla (Fig. 1, B). Colpito dalla novità dell'osservazione, subito egli mi avvertì, mentre io
pensavo a tutt'altro e stavo riflettendo fra di me. Allora fui preso da un'incredibile curiosità e desiderio di ritentare io
stesso l'esperimento e di spiegare il mistero del fenomeno. Perciò io personalmente toccai colla punta della lancetta
l'uno e l'altro nervo crurale, mentre uno dei presenti faceva scoccare la scintilla. Il fenomeno si ripeté proprio nello
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stesso modo: nel medesimo istante, in cui la scintilla scoccava, si manifestavano in ciascun muscolo degli arti
contrazioni veramente violente, come se l'animale preparato fosse stato colpito da tetano.

(dalla Parte Prima)

Però, per accertare meglio il fatto, mi parve assai opportuno collocare la rana su un piano coibente, per esempio di vetro
o di resina, e adoperare poi ora un arco conduttore, ora un arco del tutto o in parte coibente di cui ponevo a contatto
un'estremità coll'uncino infisso nel midollo spinale, l'altra coi muscoli delle coscie o colle zampe. Fatto l'esperimento, si
ebbero contrazioni adoperando l'arco conduttore (Fig. 9, Tav.III); mancarono del tutto, quando adoperammo l'arco in
parte conduttore, in parte coibente (Fig. 10). L'arco conduttore era costituito di filo di ferro, l'uncino invece di filo di
rame.
(dalla Parte Terza)

 Charles Augustin Coulomb (1736-1806)


Prémière mémoire sur l’électricité et le magnétisme, 1785

Costruzione e uso d'una bilancia elettrica, fondata sulla proprietà dei fili di metallo d'avere una forza di reazione di
torsione proporzionale all'angolo di torsione.

Determinazione sperimentale della legge secondo cui gli elementi dei corpi carichi del medesimo genere di elettricità si
respingono mutuamente.
In una memoria presentata all'Accademia nel 1784, ho sperimentalmente determinato le leggi della forza di
torsione di un filo di metallo, e ho trovato che questa forza è direttamente proporzionale all'angolo di torsione, alla
quarta potenza del diametro del filo di sospensione ed è inversamente proporzionale alla sua lunghezza; il tutto
moltiplicato per un coefficiente costante che dipende dalla natura del metallo e che si può facilmente determinare
sperimentalmente.
Ho mostrato nella medesima memoria, che per mezzo di questa forza di torsione è possibile misurare con
precisione delle forze assai deboli come, ad esempio, un decimillesimo di grain.
Ho presentato nella medesima memoria una prima applicazione di questa teoria, cercando di valutare la forza
costante dovuta all'aderenza nella formula che dà l'attrito sulla superficie di un solido in moto in un fluido.
Oggi presento all'Accademia una bilancia elettrica costruita secondo gli stessi principi: essa misura con la massima
esattezza lo stato e la forza elettrica d'un corpo, per quanto debole sia la sua carica.

Costruzione della bilancia


Benché la pratica m'abbia insegnato che per eseguire in modo comodo diverse esperienze con l'elettricità, bisogna
correggere qualche difetto, nella prima bilancia di questo genere che ho fatto costruire, tuttavia, poiché è per intanto la
sola di cui io mi sia servito, ve ne darò la descrizione, con l'avvertenza che la sua forma e le sue dimensioni possono
essere modificate a seconda della natura degli esperimenti che si intendono eseguire. La prima figura rappresenta in
prospettiva la bilancia della quale vi specificherò ora i dettagli.
Su di un cilindro di vetro ABCD di 12 pollici di diametro e di 12 pollici d'altezza viene posto un piatto di vetro di 13
pollici di diametro, che ricopre completamente il vaso di vetro; in questo piatto sono praticati due buchi di circa 20 linee
di diametro, uno nel mezzo, in f, da cui s'innalza un tubo di vetro di 24 pollici d'altezza […]

Legge fondamentale dell'elettricità


La forza repulsiva di due piccoli globi carichi con il medesimo tipo d'elettricità è inversamente proporzionale al
quadrato della distanza tra i centri dei due globi.

Esperimento
Si elettrizza, Fig. 4, un piccolo conduttore che non è altro che uno spillo con una grossa testa, che viene isolato
affondando la sua punta nell'estremità d'un bastone di cera di Spagna; si introduce questo spillo nel foro m, e gli si fa
toccare la sfera t, che è a contatto con la sfera a: tolto l'ago, le due sfere si trovano cariche del medesimo tipo di
elettricità ed esse si respingono mutuamente, ad una distanza che si misura guardando nella direzione individuata dal
filo di sospensione e dal centro della sfera a la divisione corrispondente del cerchio zoq : ruotando poi l'indice del
micrometro nel senso pno, si torce il filo di sospensione lp, e si produce una forza proporzionale all'angolo di torsione
che tende ad avvicinare la sfera a alla t. Si osservano così le distanze a cui diversi angoli di torsione portano la sfera a
verso la t, e confrontando le forze di torsione con le corrispondenti distanze tra le due sfere, si determina la legge di
repulsione.
Qui presenterò solamente qualche prova che è facile a ripetersi e che metterà immediatamente sotto i vostri occhi
la legge di repulsione.

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Prima prova. Avendo elettrificato le due sfere con la testa dello spillo con l'indice del micrometro sullo 0, la sfera
a dell'ago s'è allontanata dalla sfera t di 36 gradi.
Seconda prova. Avendo torto il filo di sospensione, per mezzo del bottone o del micrometro di 126 gradi, le due
sfere si sono avvicinate e fermate a 18 gradi di distanza l'una dall'altra.
Terza prova. Avendo torto il filo di sospensione di 567 gradi, le due sfere si sono avvicinate a 8 gradi e mezzo.

Spiegazione e risultato di questo esperimento


Quando le sfere non sono ancora elettrificate, si toccano, e il centro della sfera a, sospesa all'ago, non si è
allontanato dal punto ove la torsione del filo di sospensione è nullo che della metà dei diametri delle due sfere. Bisogna
tener presente che il filo d'argento lp, che costituisce la sospensione, era lungo 28 pollici, ed era così fine, che 1 piede di
lunghezza di questo filo non pesava che 1/16 di grain. Calcolando la forza necessaria a tendere questo filo, agendo su a,
lontano quattro pollici dal filo lp o dal centro di sospensione, ho trovato, usando le formule spiegate in una memoria
sulle leggi della forza di torsione dei fili metallici, stampata nel volume dell'Accademia per il 1784, che per torcere
questo filo di 360 gradi, era sufficiente applicare ad a, agendo sulla leva an, di quattro pollici di lunghezza, una forza di
1/340 di grain: cosicché essendo le forze di torsione, come è dimostrato in quella memoria, proporzionali all'angolo di
torsione, la minima forza repulsiva tra le due sfere le allontana sensibilmente l'una dall'altra.
Noi troviamo nel nostro primo esperimento, mentre l'indice del micrometro è sul punto o, che le sfere si sono
allontanate di 36 gradi, cosa che produce nello stesso tempo una forza di torsione di 36° = 1/3400 di grain ; nella
seconda prova, la distanza delle due sfere è di 18 gradi, ma dato che si è ruotato il micrometro di 126 gradi, risulta che a
18 gradi di distanza, la forza repulsiva è di 144 gradi: cioè a metà della prima distanza, la repulsione delle sfere è
quadruplicata.
Nella terza prova, si è torto il filo di sospensione di 576 gradi, e le due sfere non si trovano a più di 8 gradi e
mezzo di distanza. La torsione totale è dunque di 576 gradi, quadrupla di quella della seconda prova, e solo per mezzo
grado la distanza delle due sfere in questa terza prova, non si è ridotta alla metà di quella a cui erano nella seconda.

Risulta dunque da queste tre prove che l'azione repulsiva che due sfere cariche del medesimo tipo di elettricità
esercitano l'una sull'altra è inversamente proporzionale al quadrato delle distanze.

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