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Auschwitz, Francesco Guccini

Fabiano Elena 2bl

Francesco Guccini, cantautore, scrittore e attore italiano, nasce il 14 giugno


1940 a Modena.
Inizialmente, nel 1964, la pubblicazione della canzone fu accreditata a Lunero e
Maurizio Vandelli, in quanto l’autore non era iscritto alla SIAE. Pertanto, fu
lanciata dall’Equipe 84 nel 1966. Un anno dopo, poi, l’autore registrò la canzone,
inserendola nell’album Folk Beat n. 1, con il titolo “La canzone del bambino
nel vento (Auschwitz)”.
I testi dei brani di Guccini vengono spesso assimilati a componimenti poetici,
denotando una familiarità con il verso tale da essere definito poeta
contemporaneo.
Come “La Guerra Di Piero” di Fabrizio De André, “Auschwitz” è un vero e
proprio inno contro la guerra: un brano di profonda denuncia che affronta il
tema delicato dell’Olocausto. Ci troviamo davanti, quindi, ad un componimento
sulla Seconda Guerra Mondiale.
La canzone racconta gli orrori della guerra e la ferocia che caratterizza l’istinto
umano tramite la voce di un bambino morto nell’omonimo campo di
concentramento.
A differenza di quello di De André, il brano di Guccini presenta una musicalità
lenta e cupa che rispetta l’amarezza delle parole del testo.

METRICA
La canzone contiene:
- Sette strofe di cinque ottonari (ad eccezione dei versi 4-5 della terza strofa e il
verso 3 della quarta strofa che sono novenari);
-Rima alternata/baciata con schema ABABB nella prima strofa, versi liberi
nelle successive (tranne in alcuni casi dove ritroviamo le rime precedenti);
-Enjambements terza e quinta strofa.
TESTO
Son morto con altri cento,

Son morto che ero bambino,

Passato per il camino

E adesso sono nel vento

E adesso sono nel vento

Ad Auschwitz c'era la neve,


Il fumo saliva lento

Nel freddo giorno d'inverno


E adesso sono nel vento,
E adesso sono nel vento

Ad Auschwitz tante persone,


Ma un solo grande silenzio:
è strano non riesco ancora

A sorridere qui nel vento,


A sorridere qui nel vento…

Io chiedo come può l'uomo


Uccidere un suo fratello
Eppure siamo a milioni
In polvere qui nel vento,
In polvere qui nel vento

Ancora tuona il cannone


Ancora non è contenta
Di sangue la bestia umana
E ancora ci porta il vento
E ancora ci porta il vento

Io chiedo quando sarà


Che l'uomo potrà imparare
A vivere senza ammazzare
E il vento si poserà
E il vento si poserà

Io chiedo quando sarà


Che l'uomo potrà imparare
A vivere senza ammazzare
E il vento si poserà
E il vento si poserà
E il vento si poserà...
SPIEGAZIONE STROFA PER STROFA

1a STROFA
Nella prima strofa, l’autore presenta la situazione in termini schematici: il
narratore è un bambino morto “passato per il camino”, che rappresenta in
questo caso il forno crematorio. Il termine morto in apertura dei primi due versi
crea un’atmosfera cupa e triste. L’autore con l’espressione <con altri
cento>,invece, va quasi a sottolineare l’impersonalità di un massacro, come se
fosse assolutamente una consuetudine (tragedia collettiva).

2a STROFA
La seconda strofa pone immediatamente in rilievo il nome Auschwitz, terribile
ed evocatore di sofferenza. Tratteggia inoltre la scenografia del dramma: il
freddo, la neve e l’inverno per ogni bambino sono simbolo di felicità e
spensieratezza ma, in questo caso, rappresentano nuovamente una crudele
sofferenza. Il fumo ed il camino dovrebbero simboleggiare la tranquillità
domestica ma in questo caso rappresentano i forni dove vengono bruciati i
corpi, che a loro volta diventano fumo e “si ritrovano nel vento”.

3a STROFA
La terza strofa collega le due precedenti. Adesso, però, Francesco Guccini
contrappone la massa al silenzio, creando un’antitesi che realizza nel testo una
sensazione lugubre e di vuoto: le migliaia di persone rinchiuse in quel campo di
concentramento non facevano rumore. Mortificati, spogliati della loro dignità e
individualità, avviliti nel loro essere rispondevano con il silenzio. Da
un’atmosfera funerea e dolorosa si passa ai quesiti quasi ingenui che il bimbo
morto si pone: il tempo non ha rimosso i terribili ricordi del bambino, anzi si
meraviglia come ancora non riesca a sorridere, chiedendosi il perché di quelle
morti atroci.

4a STROFA
In questa strofa si deduce il punto di vista di Guccini, che esprime la sua totale
sfiducia nell’uomo; il quesito”Io chiedo come può un uomo uccidere un suo
fratello”, connesso alla consapevolezza dei milioni di uomini uccisi che ora, nel
vento, propagano la loro voce, non fa altro che cogliere un crudo realismo
sottolineato, maggiormente, dal verbo all’infinito”uccidere”.

5a STROFA
La quinta strofa, nonché la terzultima, è un potente miscuglio emozionale.
Guccini in un primo momento cerca di mandare un grido di rabbia, disperato e
rassegnato; il cannone tuona ancora ed il sangue scorre ininterrottamente.
Nonostante gli errori passati, l’uomo continua a combattere con coloro che
dovrebbero essere i suoi fratelli. In un secondo momento, l’autore riflette sul
fatto che l’uomo non ne avrà mai abbastanza di uccidere gli innocenti (<Ancora
non è contento>). Egli paragona l’umanità ad una belva, termine che descrive a
pieno l’essere dell’uomo.

6a - 7a STROFA
Guccini termina la sua canzone con un varco di speranza per l’uomo, affinché si
possa ancora pentire di tutto il male che ha causato. La strofa inizia con “Io
chiedo”, ovvero non una domanda o una accusa, bensì una preghiera che vuole
che si realizzi a tutti i costi (contenuta specialmente nel verso “a vivere senza
ammazzare”, così diretto ma così semplice da comprendere).
La presenza del vento ha un’importanza fondamentale in questa canzone. Esso
sembra leggero e spensierato, ma in realtà porta con sé tutte le vite degli
innocenti che si sono ritrovati a non avere più una propria identità. Il
cambiamento avverrà solo quando l’uomo si redimerà e, di conseguenza, agirà.
Solo così “il vento si poserà”.

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