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AD ORA INCERTA

(Raccolta di poesie pubblicata da Garzanti nell’Ottobre 1984; comprende 27 liriche


già pubblicate da Scheiwiller nel 1975 e altre 34 apparse sul quotidiano “La Stampa”.
Sono inoltre comprese traduzioni da un anonimo scozzese, da Heine e da Kipling.)

CRESCENZAGO Crescenzago è un quartiere milanese dove l’autore vive e lavora prima della
(Crescenzago, Febbraio cattura.
1943) La poesia presenta un andamento rimato.
Si riscontrano echi leopardiani (vv. 13-14; 19-22).
BUNA La Buna è un impianto di produzione di gomma sintetica dove lavora l’autore nel
(28 Dicembre 1945) periodo infernale del lager di Monowitz, settore di Auschwitz.
Chiaro il riferimento al sesto canto dell’inferno dantesco: v. 21 (“nel dolce
mondo”).
CANTARE Poesia dall’andamento melodioso ottenuto grazie all’efficace incastro delle rime.
(3 Gennaio 1946)
25 FEBBRAIO 1944 Si tratta del ricordo struggente di una ragazza morta; disperato il bisogno
(9 Gennaio 1946) dell’autore di credere in qualcosa oltre la morte.
IL CANTO DEL La poesia è una sorta di cantilena di morte, il presagio di una fine imminente. La
CORVO figura emblematica del corvo si ripresenterà in un altro testo analogo.
(9 Gennaio 1946)
SHEMA’ Si tratta del testo poetico più celebre di tutta la produzione di Levi. Funge da
(10 Gennaio 1946) premessa a “Se questo è un uomo”. Il titolo significa “ascolta” in ebraico ed è la
prima parola della preghiera fondamentale dell’ebraismo.
Numerosi e significativi sono i collegamenti biblici (presenza di merismi e di
maledizioni).
L’autore tramite questa poesia rivela con fierezza e orgoglio la propria origine
ebraica.
ALZARSI “Wstawac’” significa alzarsi in polacco. La parola risuona come un’eco
(11 Gennaio 1946) tenebrosa nella mente e nel cuore dell’autore. Si tratta del comando che dà
l’inizio ad un nuovo, terribile e monotono giorno nel campo di concentramento.
LUNEDI’ In questa poesia l’autore produce una sorta di breve saggio sulla tristezza e sulle
(17 Gennaio 1946) cose e gli esseri che la esprimono: il treno dei deportati, il cavallo e l’uomo sono
infatti le immagini di una tristezza che non ha fine.
UN ALTRO LUNEDI’ In questa poesia chiarissimi sono i riferimenti al mondo infernale dantesco e alla
(Avigliana, 28 Gennaio “Vita Nova” nell’ultima quartina. Significativa è la presenza di una vena
1946) umoristica inedita.
OSTJUDEN Nella Germania nazionalsocialista è questa la denominazione ufficiale degli ebrei
(7 Febbraio 1946) polacchi e russi: “Ostjuden”.
Significativi sono i riferimenti ad Ulisse e alla Bibbia.
IL TRAMONTO DI La poesia in questione è estremamente drammatica. Fossoli è il campo di sosta e
FOSSOLI di smistamento dei prigionieri destinati, come Levi, alla deportazione. Gli ultimi
(7 Febbraio 1946) 3 versi sono una citazione di un testo di Catullo (Liber, 5, 4).
11 FEBBRAIO 1946 Il testo è intriso di amore e riconoscenza. Il pensiero della donna amata aiuta
(11 Febbraio 1946) l’autore a sopravvivere all’inferno vissuto.. Significativi sono i dubbi esistenziali,
su Dio, sulla vita (“meditai la bestemmia insensata che il mondo era uno sbaglio
di Dio, io uno sbaglio nel mondo”).
IL GHIACCIAIO In questa poesia l’autore descrive il ghiacciaio come un “torpido sognatore
(Avigliana, 15 Marzo gigante che lotta per rigirarsi e non può”, un elemento del creato in cui si
1946) riversano le comuni sofferenze dell’esistere.
Possibili i riferimenti all’Odissea di Omero.
LA STREGA In questa poesia l’autore descrive una sorta di sortilegio messo in atto da una
(Avigliana, 23 Marzo donna per dimenticare l’uomo amato.
1946) Possibile il riferimento alla maga Circe dell’Odissea di Omero.
AVIGLIANA Il 21 Gennaio 1946, a tre mesi dal suo ritorno a Torino, Levi riprende a lavorare
(28 Giugno 1946) come chimico ad Avigliana, presso la fabbrica di vernici Duco della Montecatini
per 30 mesi circa.
In questa poesia l’autore parla della fidanzata Lucia Morpurgo che è lontana e il
cui nome assomiglia a quello delle lucciole che si vedono lungo un sentiero.
ATTESA La poesia in questione esprime con intensità sentimenti d’inquietudine e
(2 Gennaio 1949) angoscia. Il testo sembra essere stato partorito durante un periodo non
particolarmente sereno vissuto dall’autore.
EPIGRAFE In questa poesia l’autore immagina che un partigiano, ormai morto, si rivolga ad
(6 Ottobre 1952) un passante che attraversa la porzione del colle sotto cui è sepolto.
Palese è il messaggio contro la guerra e lo spargimento di sangue.
Chiaro il riferimento all’epigrafe greca.
IL CANTO DEL L’autore ripropone in questo caso l’immagine del corvo (indispensabile il
CORVO confronto con la poesia: “Il canto del corvo” del Gennaio 1946).
(22 Agosto 1953) La morte attende paziente di ghermire la propria ennesima vittima.
ERANO CENTO In questa poesia l’autore sembra essere ossessionato dall’immagine costante e
(1° Marzo 1959) inquietante di un esercito di fantasmi. Il tormento delle notti insonni si fa sempre
più intenso e sinistro: (“tutti in cerchio, fecero un passo avanti”).
PER ADOLF In questa poesia l’autore augura al gerarca nazista di vivere a lungo in modo da
EICHMANN percepire sul collo il sospiro degli innumerevoli uomini da lui fatti uccidere; gli
(20 Luglio 1960) augura di vivere nell’angoscia e nel tormento perenni (“possa tu vivere a lungo
quanto nessuno mai visse: possa tu vivere insonne cinque milioni di notti”).
APPRODO L’autore in questa poesia considera felice l’uomo che mette da parte tutti i sogni,
(10 Settembre 1964) le speranze, le attese, le delusioni; qualcuno che probabilmente lui non potrà mai
essere, avendo un “carico” molto pesante sulle spalle che non può essere messo
da parte o dimenticato.
LILI’T Protagonista di questa poesia è Lilìt. Nel testo sacro ebraico Lilìt è considerata la
(25 Maggio 1965) prima moglie di Adamo, precedente ad Eva. Si tratta di una sorta di demone
femminile che arreca morte e sventura ed è “donna bella fino alla cintura; il resto
è fiamma fatua e luce pallida”.
NEL PRINCIPIO “Nel principio”, “Bereshìd”, è la prima parola della Sacra Scrittura. In questa
(13 Agosto 1970) poesia l’autore allude all’inizio di ogni cosa: il Big Bang.
VIA CIGNA Si tratta di una via di Torino, poco illuminata; potente metafora di sofferenza e
(2 Febbraio 1973) negatività.
LE STELLE NERE In questa poesia l’autore delinea una visione terribile del cosmo. L’ordine
(30 Novembre 1974) dell’universo si sfalda, al pari di tutte le convinzioni umane. La vita sembra
perdere tutto il suo senso.
CONGEDO Si tratta di un saluto colmo di tristezza e inquietudine. Significative sono nella
(Anguillara, 28 poesia le immagini di una natura ancora in grado di incantare.
Dicembre 1974) “Nebbich” al v.10 è voce jiddisch e significa: “sciocco”.
PLINIO In questa poesia l’immagine di Plinio il Vecchio che desidera andare a vedere
(23 Maggio 1978) l’eruzione del Vesuvio nel 79 d. C. e si rivolge al nipote Plinio Il Giovane, è
molto efficace e potente.
LA BAMBINA DI Attraverso l’immagine del calco di una bambina morta a Pompei nelle
POMPEI circostanze dell’eruzione del Vesuvio, l’autore riflette sull’ingiustizia di questa
(20 Novembre 1978) morte drammatica e commovente allineandola, attraverso un filo che corre nel
tempo, con le morti di Anna Frank e di una fanciulla di Hiroshima.
Significativo è l’invito dell’autore a non sfruttare nuovamente la bomba atomica.
HUAYNA CAPAC Si tratta di un imperatore Inca morto nel 1527 poco dopo l’arrivo degli spagnoli
(8 Dicembre 1978) guidati da Francisco Pizarro. In questa poesia l’autore s’immagina che l’uomo
non creda all’arrivo di questi singolari stranieri; lo immagina pronto a cedere
l’oro ai conquistatori, a patto di avere in cambio serenità e pace.
Significativo il messaggio dell’oro come un generatore di odio (“l’oro inietterà
l’odio nell’altra metà del mondo”).
I GABBIANI DI In questa poesia, l’immagine inconsueta dei gabbiani che abbandonano il mare
SETTIMO per approdare a Settimo Torinese è singolare, così come quella degli stessi uccelli
(9 Aprile 1979) che frugano tra i rifiuti della città; probabile simbolo del degrado degli uomini
che si allontanano dalla verità e cioè dalla loro natura più semplice e banale.
ANNUNCIAZIONE Attraverso le parole, l’autore genera in questa poesia l’immagine potente d’una
(22 Giugno 1979) Annunciazione alla rovescia; la donna annunciata infatti non è la Vergine bensì
la madre di Adolf Hitler, ossia di una creatura malvagia e immonda, considerata
dall’autore una sorta di anticristo.
Significativa e pungente, ricca di risentimento, l’ironica battuta finale
(“Rallegrati, donna”).
VERSO VALLE Emerge in questa poesia l’immagine pascoliana dell’ape (possibile il confronto
(5 Settembre 1979) con il “Gelsomino Notturno” di Giovanni Pascoli). Ritorna quel senso
d’angoscia, di spossatezza e di vecchiaia che impedisce di vivere serenamente.
Sembra avvicinarsi la fine.
CUORE DI LEGNO Questa poesia contiene una descrizione poetica e insieme scientifica di un
(10 Maggio 1980) ippocastano che vive in città.
Gli ultimi due versi sembrano essere una constatazione dell’autore circa
l’imperturbabilità del ciclo della vita, del divenire, dello scorrere del tempo.
IL PRIMO ATLANTE Si tratta di una poesia ironica, intrisa d’umorismo amaro.
(28 Giugno 1980) Significativi sono gli artifici fonici e i giochi di parole a partire da ogni nome
geografico.

12 LUGLIO 1980 Si tratta di una poesia scritta dall’autore in occasione del sessantesimo
(12 Luglio 1980) compleanno della moglie Lucia. Il testo è intimo, semplice, privo di preziosità ed
artifici fonetici fini a se stessi. L’ultimo verso è l’ennesima pacata dichiarazione
d’amore del poeta nei confronti della moglie.
SCHIERA BRUNA In questa poesia l’autore osserva e descrive un formicaio in corso San Martino,
(13 Agosto 1980) nella sua città. Il tono si fa ironico.
Significativa la citazione nei vv. 6-7 dal ventiseiesimo canto del Purgatorio
dantesco (“così per entro loro schiera bruna s’ammusa l’una con l’altra formica,
forse a spiar lor vita e lor fortuna”, vv. 34-36).
AUTOBIOGRAFIA Questa poesia è una rielaborazione creativa da un frammento del filosofo
(12 Novembre 1980) agrigentino Empedocle, il quale sosteneva che gli esseri derivano dalla
mescolanza delle “4 radici”: terra, acqua, aria e fuoco, sotto la spinta delle forze
dell’amore e dell’odio.
VOCI Significativo testo poetico caratterizzato da anafore frequenti e da un’insistenza
(10 Febbraio 1981) intensa su alcune parole alla maniera ungarettiana. Degno di nota il tema del
vociare di tanti in un momento di diffusione in Italia delle nuove reti televisive
commerciali, contrapposto al silenzio che ci attende al momento della morte.
LE PRATICHE Questa poesia può essere letta e interpretata come un congedo autoironico; come
INEVASE una riflessione amara sulle cose che si volevano fare e non sono state fatte.
(19 Aprile 1981)

PARTIGIA Si tratta dell’abbreviazione di “partigiano”. La poesia è infatti legata alla figura


(23 Luglio 1981) del partigiano, uomo tendenzialmente coraggioso, che un tempo era stato anche
l’autore. Il poeta invita i vecchi compagni, rimasti come lui in vita, ad un incontro
privo di costruttivo significato considerando la veneranda età di ciascuno. I
nemici sono ovunque. Il tempo cambia le cose e le persone.
ARACNE La poesia sembra alludere alla possibilità quasi rabbiosa di ricominciare.
(29 Ottobre 1981) Aracne era una creatura mitologica che, avendo osato sfidare Atena, fu
condannata a tessere per sempre.

2000 Si tratta di una riflessione da parte dell’autore sull’imminente fine del millennio
(11 Gennaio 1982) che, considerando l’atto del suicidio, Levi sceglie di non vivere.
Il breve componimento ricalca il “Carpe Diem” di Orazio ( “Tu me
quaesieris…”)
PASQUA Si tratta di una riflessione pessimistica sul rito ebraico della Pasqua, caratterizzata
(11 Gennaio 1982) dalla focalizzazione sui momenti salienti del rito stesso.
La poesia potrebbe essere definita “narrativa”.

IN DISARMO In questa poesia l’autore fa una descrizione schietta d’una barca in disarmo,
(27 Giugno 1982) vecchia, malconcia, sporca di sterco umano e animale, percorsa da ragnatele,
dondolante sull’acqua. Che non sia un’allusione del poeta alla propria esistenza?

VECCHIA TALPA La poesia in questione è incentrata sulla descrizione della vita di una talpa cieca e
(22 Settembre 1982) nascosta nelle viscere della terra, sotto le cui sembianze si cela la figura del poeta,
ormai vecchio e desideroso di una vita ritirata e appartata.

UN TOPO Questa poesia è caratterizzata da una vena umoristica ed è incentrata ancora una
(15 Gennaio 1983) volta sulla figura di un animale.
Centrale è il tema del tempo che passa inesorabile.

NACHTWACHE “Nachtwache” era un termine tecnico del lager e significa “guardia di notte”.
(10 Agosto 1983) La poesia è una potente descrizione di situazioni di vita e di dolore della notte,
scandite da anafore ed allitterazioni. Protagonisti di tali vicende notturne sono gli
animali (il gufo, il pipistrello, la biscia) e gli uomini, abitanti simili del mondo.
Secondo il poeta, la sofferenza in ogni caso sta nell’ordine delle cose, bisogna
dormire.
Il primo verso riprende Isaia, 22, 11.
AGAVE In questa poesia l’autore dà voce ad una pianta che si descrive come una creatura
(10 Settembre 1983) solitaria, il cui linguaggio è incomprensibile per l’uomo. Il suo fiore è il presagio
di una morte imminente.
Possibile il collegamento con i “Dialoghi con Leucò” di Cesare Pavese.
MELEAGRINA La Meleagrina è un’ostrica perlifera, diversa dalla comune ostrica commestibile.
(30 Settembre 1983) In questa poesia l’ostrica descrive la sua condizione: attaccata allo scoglio
secerne il liquido che forma la perla.
Sembra che l’autore percepisca l’ostrica come una sorta di alter ego in quanto
anche lui produce opere da una ferita.
Possibile il collegamento con i “Dialoghi con Leucò” di Cesare Pavese.
LA CHIOCCIOLA Si tratta di una poesia delicata e musicale attraverso la quale l’autore descrive il
(7 Dicembre 1983) comportamento d’una lumaca che sa difendersi chiudendosi nel suo guscio con
cui si nega al mondo, ma anche avanzare grazie alle sue eterogenee risorse.
Ancora una volta il poeta tende a celare se stesso sotto le vesti d’un animale.
UN MESTIERE Questa poesia contiene una riflessione efficace dell’autore sul mestiere dello
(2 Gennaio 1984) scrittore, o meglio, del poeta. Egli paragona i versi a delle falene ubriache che
ronzano attorno al poeta, e finiscono per ubbidirgli, per “venire alla fiamma”.
Si tratta di un mestiere antico, mai banale, a cui tuttavia, secondo Levi, è
connesso il rischio della presunzione.
FUGA Questo testo è molto aspro e inquietante, ricco di anafore e allitterazioni; in esso
(12 Gennaio 1984) viene infatti rappresentata dall’autore l’angoscia di un incubo: la ricerca, da parte
di un fuggiasco, di acqua per sopravvivere nel deserto; quando l’uomo in fuga
trova un pozzo e immerge le sue mani nell’acqua, questa diventa rossa come il
sangue.
Significativo il confronto con “The Waste Land” di T. S. Eliot, v. 332: (“Rock
and no water and the sandy road”).

IL SUPERSTITE Si tratta di un testo chiave, tra i più significativi dell’intera raccolta. I primi versi
(4 Febbraio 1984) sono una citazione quasi letterale da “The Rime of the Ancient Mariner” di S. T.
Coleridge, e tramite essi acquista senso il titolo della raccolta poetica: “Ad ora
incerta”.
La poesia è incentrata sul senso di colpa subdolo, viscido e opprimente percepito
dall’autore a causa del fatto di essere un sopravvissuto; i visi dei vecchi compagni
morti non lasciano tregua alle sue notti insonni. Il poeta prova a giustificarsi
affermando di non aver scavalcato nessuno, di non aver usurpato il pane di
nessuno; sembra quasi che voglia convincere se stesso più che i suoi fantasmi del
fatto di non avere alcuna colpa, ma invano.
L’ultimo verso è una citazione quasi letterale dal trentatreesimo canto
dell’inferno dantesco (“e mangia e bee e dorme e veste panni”, v. 141).
L’ELEFANTE Protagonista di questa poesia è un elefante che accenna alla sua tragica fine: è
(23 Marzo 1984) caduto infatti su un ghiacciaio delle Alpi mentre era al seguito dell’esercito di
Annibale, definito dall’autore “orbo audace”.
L’elefante rivendica la sua mite natura: non è fatto per le guerre, le sue zanne
d’avorio servono solo a scavare e ad attrarre le femmine.
Il testo può essere interpretato come un’accusa da parte del poeta nei confronti
dell’insensatezza degli uomini e della loro indifferenza rispetto alle leggi della
natura.
SIDEREUS NUNCIUS Il titolo di questa poesia ricalca quello di un’opera scritta da Galileo Galilei e
(11 Aprile 1984) pubblicata nel 1610. Il celebre scienziato è anche il protagonista assoluto di
questo testo poetico; egli viene rappresentato dall’autore come un uomo fiero
delle proprie scoperte ma infastidito al tempo stesso dall’atteggiamento di chi lo
ha costretto a rinnegarle.
Il colpevole è un avvoltoio dalla voce piana e dimessa che “ha la faccia di
ognuno”.
DATECI Questa poesia è ricca di anafore e accumuli rabbiosi.
(30 Aprile 1984) Emerge un desiderio sfrenato, quasi iperbolico di distruggere, violare, sfregiare,
bruciare, soltanto per poter sentirsi vivi,
per “sentire che esistiamo”.
SCACCHI La poesia in questione può essere suddivisa in due sezioni: la prima è quella
(9 Maggio 1984) dell’illusione, la seconda quella del disincanto.
L’autore immagina che a parlare sia la dama bianca degli scacchi la quale, nella
prima parte, descrive una battaglia esaltante contro la dama nera e il suo
“esercito”; nella seconda parte invece descrive il momento in cui lei, dama
bianca, viene spazzata via insieme a tutte le altre pedine bianche e nere e riposta
dentro una scatola buia di legno.
Il testo può essere interpretato come una metafora della vita degli uomini, che
s’illudono di essere liberi e forti ma in realtà non sono che pedine nelle mani di
un essere più potente e superiore.
PIO Questa poesia si articola prendendo le mosse dal celebre sonetto carducciano:
(18 Maggio 1984) “T’amo o pio bove…”.
Si tratta di un testo certamente ironico in cui l’autore dà voce a un bove irritato
con il professore (Giosuè Carducci, appunto) che lo ha definito pio.
L’espressione “Oy gewalt” nel penultimo verso vale in tedesco “violenza”; in
jiddisch il termine viene usato principalmente come interiezione a significare
disperata e intensa protesta.
SCACCHI (II) In questa poesia un interlocutore ricorda che le regole di una partita di scacchi
(23 Giugno 1984) non si possono cambiare, che bisogna accettare il gioco così com’è.
Significativa è la metafora amara della morte che si avvicina, del tempo che è
scarso e di meccanismi non controllabili o modificabili.

ALTRE POESIE
(Settembre 1982- Gennaio 1987)

ALLA MUSA Si tratta di una parodia umoristica della tradizionale invocazione alla Musa; il
(La Stampa, 5 poeta non si sente ispirato e la rimprovera.
Settembre 1982) Frequenti sono i giochi di parole, significativi gli artifici fonici.
CASA GALVANI Questa poesia è caratterizzata da un tono umoristico; l’autore dà voce ad un
(La Stampa, 3 garzone del Galvani che racconta gli esperimenti del padrone con le rane, e anche
Maggio 1984) quelli dell’abate Spallanzani, suo precedente signore.
La ricerca scientifica vista da un ignorante sembra quasi una follia.
IL DECATLETA Protagonista di questa poesia è un decatleta, ossia un atleta impegnato in più
(La Stampa, 7 competizioni. Emerge la fama di vittoria nei confronti degli avversari, l’odio
Settembre 1984) verso un ipotetico nemico come spinta per ottenere il miglior risultato personale.
Dopo la vittoria non c’è gloria o gioia: solo stanchezza, delusione e sofferenza.
POLVERE Si tratta di una riflessione scientifica e filosofica da parte dell’autore sul valore e
(La Stampa, 1° sulle potenzialità della polvere che è costituita da spore e crisalidi che potrebbero
Maggio 1985) svilupparsi ed è “un mantello grigio e senza forma che contiene il bene e il male”.
UNA VALLE In questa poesia l’autore descrive con l’attenzione di uno scienziato e la
(La Stampa, 10 sensibilità d’un poeta una valle segreta, incontaminata, sconosciuta persino agli
Febbraio 1985) atlanti; il luogo è caratterizzato da alberi, dirupi e laghi.
Tra i particolari realistici emerge una forte carica simbolica.
AGENDA La poesia in questione è composta da otto strofe di diversa lunghezza con la
(La Stampa, 2 ripetizione del primo verso; essa esamina diverse situazioni di umanità e non
Gennaio 1985) solo. Potente e significativa è l’ultima strofa incentrata sulla figura del poeta.
CARICHI In questa poesia l’autore desidera quasi invocare la morte; vorrebbe lasciare il
PENDENTI mondo senza troppo rumore, senza disturbare, “come quando si diserta una
(La Stampa, 12 festa”. Poche cose ancora tengono teso il filo della vita: i carichi pendenti, i
Gennaio 1986) debiti, le opere non finite, gli impegni e soprattutto “quelli che restano”.
CANTO DEI Protagonisti di questa poesia sono i morti invano, le vittime innocenti della
MORTI INVANO guerra e del terrorismo. Essi si rivolgono con ironia e disprezzo ai potenti del
(La Stampa, 27 mondo, artefici di molte sventure; il poeta li definisce: “vecchie volpi argentate”.
Febbraio 1985) I morti lasciano che questi vivi conducano con calma le loro miserabili vite e li
attendono pazienti nel freddo della morte per rinchiuderli nel loro abbraccio e
nella loro “putredine”.
IL DISGELO Questa poesia è un inno alla vita che si rinnova in seguito al disgelo, allo
(La Stampa, 3 scioglimento della neve, all’innalzamento della temperatura. D’altronde l’autore
Aprile 1985) ha vissuto l’inverno nella sua potenzialità più brutale e tragica e non potrebbe
non considerare il gelo come un morso che lascia un segno indelebile “su carne,
mente, fango e legno”. Spetta dunque al disgelo sciogliere le sofferenze e la
memoria.
SANSONE Nella poesia in questione Sansone, celebre personaggio biblico, parla della sua
(Notiziario della forza enorme e disumana spezzata improvvisamente da Delila che gli ha raso la
Banca Popolare di chioma e lo ha reso cieco. Quando la chioma di Sansone è nuovamente cresciuta,
Sondrio, Dicembre anche le forze si sono ridestate ma non la voglia di vivere.
1986)
DELILA In questa poesia, legata inevitabilmente a quella precedente, la protagonista
(Notiziario della Delila ripercorre con fierezza i momenti che l’hanno portata a prendersi gioco del
Banca Popolare di giudeo Sansone; ella lo ha adulato con le sue armi di femmina, si è fatta da lui
Sondrio, Dicembre possedere e lo ha privato della sua forza e del suo vigore rasandogli la chioma e
1986) accecandolo.
AEROPORTO In questa poesia l’autore descrive le sensazioni relative ad un viaggio in aereo
(La Stampa, 16 dall’America a Malpensa. I viaggiatori vengono definiti: “un campione d’umanità
Luglio 1985) in trasferta”.
Significativi ed ironici sono i termini danteschi e quelli legati al dogma religioso
dell’Assunzione.
Il testo ha un lieto fine: si conclude con la vista della figlia Lisa in aeroporto.
A GIUDIZIO In questa poesia l’autore immagina il momento del giudizio di un tessitore di
(La Stampa, 17 Norimberga (luogo tristemente noto per la formulazione di leggi e per il celebre
Ottobre 1985) processo del secondo dopoguerra); il tessitore è convinto della propria onestà e
diligenza e parla con il giudice del suo passato come fondatore di un’industria di
successo incentrata sulla produzione di una lana “fuori dal comune”: quella
ricavata dai capelli delle vittime dei lager nazisti (il tessitore ignora la natura di
questa “lana”).
Utile il confronto con un’opera fondamentale: “La banalità del male” di Hannah
Arendt.
LADRI Protagonisti di questa poesia sono “i ladri del tempo”, misteriose creature piccole
(14 Ottobre 1985) e inavvertite che si impossessano impropriamente del tempo delle persone e poi
lo gettano via come se fosse immondizia; hanno labbra, lingua e piccoli dentini e
non provocano dolore, soltanto lasciano una “cicatrice livida.”
Potente testo metaforico sull’impossibilità di gestire al meglio il proprio tempo.
AGLI AMICI Questa poesia è il saluto commosso dell’autore nei confronti di amici e parenti,
(La Stampa, 31 nella certezza che ogni persona incontrata nella vita, anche di sfuggita, ha lasciato
Dicembre 1985) un segno, una traccia, un’impronta profonda nel “sigillo” (citazione biblica).
Si tratta di un testo che è come un congedo dalle sofferenze della vita. Si evince
una certa depressione del poeta, una spossatezza dell’anima; non manca tuttavia
l’augurio rivolto con tenerezza agli amici (parenti, compagni, conoscenti) di
vivere una serena e mite vecchiaia (“che l’autunno sia lungo e mite”).
DELEGA Questo testo è una sorta di testamento che l’autore lascia a un giovane,
(La Stampa, 10 rappresentante di tutti i giovani del mondo: lo invita ad assumersi il carico della
Luglio 1986) vita perché i vecchi sono stanchi.
Non si sorprenda dei duri impegni, c’è chi ne affrontati di terribili molto tempo
prima di lui; non lo blocchi l’insicurezza; agisca, seppur insicuro.
L’autore traccia inoltre un bilancio contradditorio di ciò che hanno fatto i suoi
contemporanei: dalle scoperte scientifiche più impensabili e sorprendenti agli
inferni dei lager nazisti e di Hiroshima.
Significativo il verso: “mai siamo stati così ricchi, eppure viviamo in mezzo a
mostri imbalsamati”.
Utile il confronto con la poesia di Salvatore Quasimodo: “Uomo del mio tempo”.
AGOSTO In questa poesia l’autore descrive la solitudine della città in Agosto, quando vi
(La Stampa, 1° restano soltanto i “poveri e i matti, le vecchiette dimenticate, i pensionati col
Agosto 1986) volpino, i ladri, qualche gentiluomo e i gatti.”
LA MOSCA In questa poesia l’autore descrive la mosca, una creatura minuscola e
(La Stampa, 28 apparentemente insignificante, eppure capace di ripetere ”l’unico messaggio del
Settembre 1986) mondo”; la mosca per il poeta è inoltre “la sola libera, sciolta e sana”.
IL DROMEDARIO Protagonista di questa poesia è ancora una volta un animale: il dromedario.
(La Stampa, 5 L’autore elogia la sua capacità di adattarsi anche alle situazioni più complicate
Dicembre 1986) come quelle legate alla penuria di acqua o di cibo e invita implicitamente gli
uomini ad imitarlo, a emulare i suoi pregi.
Il dromedario, è vero, è un servo, ma anche i servi hanno il proprio “regno”.
ALMANACCO In questa poesia vi è l’ultima amara constatazione, da parte del poeta,
(La Stampa, 18 dell’insensatezza degli uomini, gli unici abitanti dell’universo che si oppongono
Gennaio 1987) alle leggi del creato e della natura alterando l’ordine delle cose (“noi propaggine
ribelle di molto ingegno e poco senno, distruggeremo e corromperemo sempre
più in fretta”).

A MARIO E A In questa poesia l’autore esprime un sentimento di solidarietà e fratellanza nei


NUTO confronti di Mario e Nuto “nati all’ombra delle montagne”; afferma che, come
(Da una lettera a lui, hanno scritto libri “non inutili” e soprattutto “hanno tollerato la vista di
Mario Stern, 1983) Medusa”, simbolo inquietante del male.
Significativa è la metafora “della lenta nevicata dei giorni” nell’ultimo verso.

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