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Quarta Conferenza Nazionale delle Agenzie Ambientali - Venezia 3-5 Aprile 2000

AMBIENTALIZZAZIONE DEGLI STRUMENTI URBANISTICI

Giuseppe DI MARCO
ANPA
Dipartimento: Strategie Integrate, Promozione e Comunicazione
Settore: Pianificazione Strategica per la Sostenibilità - Agenda 21

1. Introduzione

Nei paesi caratterizzati da una forte antropizzazione come l’Italia, le opere e le attività che
comportano una trasformazione del territorio sono quantitativamente e qualitativamente molto
diffuse e sono tra quelle maggiormente responsabili del degrado ambientale che si manifesta
attraverso la perdita e l’impoverimento generalizzato delle risorse ambientali, degli ecosistemi,
delle bellezze naturali e dei paesaggi.

Gli strumenti urbanistici rappresentano i mezzi tecnici e giuridici attraverso cui le amministrazioni
pubbliche governano le opere e le attività che comportano una trasformazione del territorio di loro
competenza e con cui ne accertano la conformità rispetto a quelle preventivamente identificate
come compatibili con il territorio.

Con la diffusione del concetto di sviluppo sostenibile si è imposta con forza la necessità che gli
organi di governo centrali e locali promuovano una pianificazione dello sviluppo compatibile con
l’ambiente in grado di soddisfare le necessità della generazione attuale senza compromettere la
possibilità che le generazioni future possano soddisfare le proprie (Commissione Bruntland).

Su queste basi si è sviluppata una politica dello sviluppo territoriale che mira a interiorizzare gli
obiettivi di tutela ambientale in tutti gli strumenti urbanistici (piani, programmi e progetti)
puntando:
 alla qualità dello sviluppo;
 all’identificazione di opere e attività che salvaguardino, ripristino e valorizzino le risorse
ambientali (acqua, aria, suolo, biodiversità, paesaggio, ecc.) e gli ecosistemi, in modo da
assicurare la rinnovabilità delle risorse stesse;
 alla mitigazione degli impatti sull’ambiente delle opere e delle attività che comportano una
trasformazione sul territorio attraverso il risparmio e l’ottimizzazione delle risorse, cercando di
restituire o riprodurre sinergie compensative;
 al superamento del concetto di pianificazione settoriale per sfruttare al meglio i vantaggi e le
sinergie che si possono sviluppare tra l'ambiente e i diversi settori socio-economici (industria,
agricoltura, energia, urbanistica, trasporti, turismo, ecc.).

Questa "ambientalizzazione" è rafforzata dal fatto che gli strumenti urbanistici sono di livello sotto-
ordinato rispetto a quelli specificatamente preposti alla tutela dell’ambiente, dall'obbligo di
sottoporre a Valutazione d'Impatto Ambientale (VIA) i progetti relativi a diverse tipologie di opere
e dalla volontà crescente di sottoporre i piani e i programmi ad una valutazione ambientale
preventiva e specifica analoga a quella prevista dall’Unione Europea per accedere ai Fondi
strutturali (VAS).

La necessità di rendere efficace quest'interiorizzazione ha portato a considerare gli obiettivi di tutela


dell’ambiente lungo tutto il processo d'identificazione delle opere e attività compatibili con il
territorio.

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Il ciclo di sviluppo, riportato in Figura 1, è uno strumento ingegneristico che organizza il processo
d’identificazione delle opere e delle attività compatibili con il territorio, in una serie di fasi
successive che scompongono il territorio e le trasformazioni su questo proposte in una serie di
componenti sempre più semplici e dettagliati fino a una loro più facile e immediata identificazione e
realizzazione.

L'utilizzo di questo strumento ha notevolmente contribuito a documentare e controllare i risultati di


ciascuna fase dello sviluppo e ha messo in luce l’importanza della fase di valutazione e verifica,
distribuita lungo il ciclo di sviluppo. Questa attività è volta a prevedere (a priori) e rilevare (a
posteriori) i risultati delle altre fasi per confrontarli con gli obiettivi di quelle precedenti e di
attivare, nel caso in cui questi non siano in accordo con quelli attesi, una serie di azioni correttive a
partire da una revisione dei risultati precedenti.

Inoltre, questo approccio ha arricchito tutti gli strumenti che concorrono al ciclo di sviluppo
avendone sviluppato le sensibilità e le finalità ambientali.

Tra questi sono particolarmente interessanti i Piani Territoriali di Coordinamento, finalizzati a


determinare gli assetti generali del territorio sulla base della vocazione prevalente delle sue parti e
delle attività compatibili, e i Sistemi di monitoraggio ambientale, finalizzati ad accertare il
raggiungimento degli obiettivi della tutela dell’ambiente e dello sviluppo sostenibile, sulla base
della valutazione dei risultati finali ottenuti a valle della realizzazione delle opere e delle attività di
trasformazione territoriali.

In questo lavoro saranno presentate le caratteristiche, le finalità e gli sviluppi di questi strumenti e
saranno infine riassunte le attività e i risultati del Sistema delle Agenzie Ambientali nell'ambito dei
processi di governo del territorio.

2. Piani Territoriali di Coordinamento

I Piani Territoriali di Coordinamento (PTC) sono stati introdotti dalla Legge 17 agosto 1942 n.
1150, come strumenti del Ministero dei Lavori Pubblici per orientare e coordinare le opere e le
attività in materia urbanistica (intesa come assetto e incremento edilizio dei centri abitati e sviluppo
urbanistico più in generale) su parti del territorio nazionale, rimandando la definizione dei dettagli a
livello comunale nell’ambito dei Piani Regolatori Comunali (Generali e Particolareggiati).

Nella formazione dei PTC devono essere stabilite le direttive da seguire nel territorio considerato, in
rapporto principalmente:
 alle zone da riservare a speciali destinazioni ed a quelle soggette a speciali vincoli o limitazioni
di legge;
 alle località da scegliere come sedi di nuovi nuclei edilizi od impianti di particolare natura ed
importanza;
 alla rete delle principali linee di comunicazioni stradali, ferroviarie, elettriche, navigabili
esistenti e in programma.

Con il DPR 24 luglio 1977 n. 616, tutte le funzioni amministrative relative alla materia urbanistica
(intesa come disciplina dell'uso del territorio comprensiva di tutti gli aspetti conoscitivi, normativi e
gestionali riguardanti le operazioni di salvaguardia e di trasformazione del suolo nonché la
protezione dell'ambiente) sono state trasferite alle regioni, lasciando allo Stato (il Ministero dei
Lavori Pubblici):

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 l'identificazione, nell'esercizio delle funzioni d'indirizzo e di coordinamento, delle linee


fondamentali dell'assetto del territorio nazionale, con particolare riferimento all'articolazione
territoriale degli interventi d'interesse statale, di tutela ambientale ed ecologica del territorio e di
difesa del suolo;
 la formazione e l'aggiornamento degli elenchi delle zone dichiarate sismiche e l'emanazione
delle relative norme tecniche per la costruzione nelle stesse.

Con la Legge 8 giugno 1990 n. 142 e successive modifiche, sono stati infine definiti i principi
fondamentali per la ripartizione delle funzioni amministrative tra regioni e gli altri enti locali
(comuni, provincie, aree metropolitane e comunità montane) da attuarsi attraverso legge regionale.
Questi provvedimenti, in particolare, specificano che a fronte degli obiettivi generali della
programmazione socio-economica e territoriale, definiti dalle regioni, spetta alle provincie la
predisposizione del PTC per determinare gli indirizzi generali d'assetto del territorio e per indicare:
 le diverse destinazioni del territorio in relazione alla prevalente vocazione delle sue parti;
 la localizzazione di massima delle maggiori infrastrutture e delle principali linee di
comunicazione;
 le linee d'intervento per la sistemazione idrica, idrogeologica ed idraulico-forestale ed in genere
per il consolidamento del suolo e la regimazione delle acque;
 le aree nelle quali sia opportuno istituire parchi o riserve naturali.

I Decreti Legislativi emessi in attuazione della riforma amministrativa ai sensi dell'art. 5 della legge
15 marzo 1997 n. 59 (Legge Bassanini), come il D.Lvo 31 marzo 1998 n. 112, confermano
sostanzialmente questa ripartizione e oltre a stabilire il principio della sussidiarietà, precisano che:
a) restano di competenza dello Stato:
 i compiti di rilievo nazionale, ovvero l'identificazione delle linee fondamentali dell'assetto
del territorio nazionale con riferimento ai valori naturali e ambientali, alla difesa del suolo e
all'articolazione territoriale delle reti infrastrutturali (Piano Generale dei Trasporti) e delle
opere di competenza statale, nonché al sistema delle città e delle aree metropolitane, anche
ai fini dello sviluppo del mezzogiorno e delle aree depresse;
 i rapporti con gli organismi internazionali e il coordinamento con l'Unione Europea in
materia di politiche urbane e assetto del territorio;
 l'osservatorio e il monitoraggio delle trasformazioni territoriali con particolare riferimento
all'abusivismo edilizio ed al recupero;
 l'indicazione dei criteri per la raccolta e l'informatizzazione di tutto il materiale cartografico
ufficiale esistente, e per quello in elaborazione, al fine di unificare i diversi sistemi per una
più agevole lettura dei dati.
b) le regioni, con legge regionale, prevederanno affinché i Piani Territoriali di Coordinamento
Provinciali (PTCP) assumano il valore e gli effetti dei piani di tutela nei settori della protezione
della natura, della tutela dell'ambiente, delle acque e della difesa del suolo e della tutela delle
bellezze naturali, a condizione che la definizione delle relative disposizioni avvenga nella forma
d'intesa fra la provincia e le amministrazioni competenti.

Alla pianificazione territoriale concorrono quindi, con ruoli diversi e sussidiari tra loro, tutti i livelli
istituzionali:
 statale, che provvede a fornire le linee fondamentali dell'assetto del territorio nazionale;
 regionale, che provvede alla programmazione socio-economica e territoriale regionale e ad
accertare che i PTCP siano a questa conforme;
 provinciale/metropolitano, che provvede alla formazione dei PTCP e ad accertare che i Piani
Regolatori Comunali siano a questi conformi;
 comunale, che provvede alla formazione dei Piani Regolatori Generali e Particolareggiati.

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Inoltre, è previsto che le comunità locali, attraverso le varie organizzazioni istituzionali e non
governative (ONG), possano partecipare alla pianificazione (co-pianificazione) attraverso una serie
di momenti e strumenti previsti da ciascun livello istituzionale, in quanto è evidente come il
consenso, gli interessi, le aspirazioni e i comportamenti sociali siano condizionanti e condizionati
dalla realizzazione e dalle scelte operate all'interno dei piani territoriali.

La pianificazione è quindi un processo democratico che mira a identificare i caratteri costitutivi del
territorio (l'identità territoriale), espressi attraverso il rapporto che nel tempo si è costituito tra
l'ambiente e le forme insediative, agricole, architettoniche, ricreative, ecc., e attraverso cui le
comunità locali si riconoscono e si rappresentano.

Dal punto di vista tecnico, la pianificazione territoriale deve riconoscere la vocazione prevalente
delle sue parti (le unità territoriali) e le opere e le attività compatibili con il territorio, attraverso le
invarianze/permanenze degli aspetti strutturali, relazionali e gestionali delle risorse ambientali e
proporre un progetto/scenario condiviso dalle comunità locali, dinamico ed aperto alla
pianificazione di settore e di dettaglio, capace di assicurare uno sviluppo socio-economico basato
sulla tutela e la valorizzazione di questi aspetti.

I PTCP comprendono, specificano e integrano in modo coerente, la totalità delle prescrizioni e


vincoli formulati dai piani territoriali ed urbanistici di livello superiore, ma anche quelli formulati
da altri piani sovraordinati aventi carattere settoriale o specialistico predisposti da altre autorità
competenti, con riferimento al medesimo territorio e agli immobili che lo compongono, e ne
forniscono una rappresentazione unitaria.

Tra i piani aventi carattere settoriale o specialistico sovraordinati alla pianificazione territoriale,
sono compresi i seguenti piani specifici di tutela ambientale:
 Piani paesistici (L. 1497/39, L. 431/85);
 Piani di bacino (L. 183/89);
 Piani naturalistici, relativi ai parchi e alle riserve naturali (L. 394/91);
 Piano agricolo nazionale e di quello forestale (L. 752/86);
 Piano generale per la difesa del mare e delle coste marine (L. 979/82).

Accanto a questi piani sovraordinati, i PTCP devono perseguire anche obiettivi relativi ad altre
tipologie di piani/programmi come quelli previsti nel DPR 357/97 (Regolamento recante attuazione
della Dir. 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della
flora e fauna selvatica), nei Piani regionali delle attività estrattive (L. 1433/27), nei Programmi
provinciali di previsione e prevenzione delle varie ipotesi di rischio naturale e tecnologico (Legge
225/92 d’Istituzione del servizio nazionale della protezione civile) e comprendere quindi anche le
relative prescrizioni e vincoli esplicitamente formulati (come ad esempio quelli relativi alla
Dir.96/82/CEE per quanto riguarda la riduzione del rischio tecnologico).

La pianificazione territoriale è un'attività volta a decidere e a disciplinare tutte le trasformazioni


fisiche e funzionali del territorio e degli immobili che lo compongono. Nei paesi caratterizzati da un
territorio a forte e antica presenza umana, come l'Italia e gran parte dell'Europa, i PTC non possono
essere visti come il risultato di una progettazione su un'area vergine, ma come il risultato di una
ricerca che tenta di trovare nello sviluppo sostenibile la soluzione/equilibrio di un costante conflitto
tra le vocazioni prevalenti delle diverse parti del territorio e lo sviluppo socio-economico delle
popolazioni che vivono su quei territori.

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Il piano è uno strumento amministrativo operativo nella sua applicazione e pertanto al contrario
dell’analisi che deve considerare la complessità del sistema territoriale e delle sue vocazioni, deve
ridurre la complessità di questo sistema ad una serie di norme "direttamente" applicabili e
verificabili sul territorio. Lo sviluppo di un Sistema Informativo Territoriale (SIT), capace di
rappresentare senza ambiguità gli elementi dei PTC, può notevolmente aiutare a raggiungere questo
obiettivo.

Molte sono le province che hanno adottato un PTC conforme alla normativa attualmente in vigore 1
e la gran parte di questi esprimono una forte valenza e sensibilità ambientale, mentre sono pochi
quelli che hanno assunto il valore e gli effetti della pianificazione di "tutela" in quanto richiedono
una delega regionale che nella gran parte dei casi è apparsa poco opportuna (a causa dei forti rischi
che si possono innescare da una troppa frammentazione dei poteri di tutela del territorio e da una
troppa vicinanza agli interessi locali). E’ importate inoltre ricordare che nel periodo intercorso tra
l'emanazione del DPR 616/77 e la Legge 142/90, alcune regioni hanno approvato PTC regionali e in
alcuni casi, a seguito della Legge 431/85, con specifica considerazione dei valori paesistici ed
ambientali.

Il piano territoriale è uno strumento strategico (a-temporale) di un’amministrazione locale, guarda


al lungo periodo (dell'ordine di una decina di anni) e la sua elaborazione e approvazione è
abbastanza laboriosa, ed è compito del programma, strumento tattico che guarda al breve periodo
(dell'ordine di qualche anno), definire la successione e le urgenze con cui nel tempo le opere e le
attività compatibili con il territorio saranno realizzate e la cui elaborazione e approvazione, o
eventuale revisione, coincide generalmente con il programma operativo di una legislatura.

E' importante inoltre ricordare che la pianificazione territoriale è solo una fase del ciclo di sviluppo
delle opere e delle azioni che comportano una trasformazione del territorio, e che il PTC è solo uno
strumento e che può essere nel tempo aggiornato e/o rivisto, sulla base di nuovi obiettivi e/o di
risultati non conformi a quelli attesi.

Sistemi di monitoraggio ambientale

La pianificazione non è un'arte per produrre piani, disegni, tavole e progetti, ma uno strumento
capace di incidere sul territorio per assicurare alle popolazioni, e in genere a tutti coloro che
usufruiscono delle risorse di quel territorio uno sviluppo sostenibile. La necessità di accertare
l’efficacia della pianificazione territoriale a fronte di questo obiettivo ha promosso, nell'ambito della
fase di valutazione e verifica, lo sviluppo di Osservatori e/o di veri e propri Sistemi di monitoraggio
in grado di seguire lo stato applicativo dei piani fino alla realizzazione delle attività e delle azioni di
trasformazione da questi proposte per verificare i risultati delle fasi successive, a fronte degli
obiettivi attesi e previsti dalla pianificazione.

Tra questi, appaiono particolarmente interessanti i Sistemi di monitoraggio ambientale finalizzati


all'osservazione dello stato dell’ambiente nel corso del tempo, attraverso l'archiviazione e
l'elaborazione di dati raccolti "sul campo", in quanto permettono di accertare il raggiungimento

1
30 sono i Piani Territoriali di Coordinamento Provinciali che stati approvati o adottati, altri 8 sono stati elaborati e
l’adozione è prevista in tempi brevi. Inoltre vi sono 53 piani in corso di elaborazione, per 19 dei quali è previsto il
completamento e l’adozione entro il 2000 e per i restanti 34 piani è invece prevista l’adozione del solo livello
preliminare. Infine in 12 province (Bari, Bergamo, Varese, Gorizia, Trieste, Udine, Viterbo, Latina, Benevento,
Campobasso, Catanzaro, Crotone) non sono state ancora attivate le procedure per la redazione dei piani.

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degli obiettivi della tutela dell’ambiente e dello sviluppo sostenibile sulla base dei risultati finali
ottenuti a valle della realizzazione delle opere/attività di trasformazione previste nei piani
territoriali.

Il monitoraggio ambientale viene utilizzato, come elemento di adesione volontaria da parte delle
imprese/organizzazioni, nell’ambito dei Sistemi di Gestione Ambientale (SGA) secondo le norme
della serie UNI EN ISO 14000 o del Regolamento Comunitario EMAS, ed è quasi sempre previsto
nell'ambito della realizzazione dei progetti sottoposti a Valutazione d'Impatto Ambientale (VIA).

Il compito principale di questi sistemi è quello di misurare, raccogliere e presentare le informazioni


sui fattori di pressione e sullo stato ambientale, prima, durante e dopo la realizzazione di una o più
trasformazioni territoriali, così da fornire una base di dati utile per:
 la conoscenza del territorio e lo sviluppo dei relativi modelli interpretativi e descrittivi;
 migliorare le prestazioni ambientali del sito e dell’organizzazione durante la realizzazione e la
gestione delle opere/attività;
 intercettare in anticipo le eventuali alterazioni impreviste che potrebbero insorgere durante la
realizzazione e la gestione;
 verificare l’efficacia dei progetti e procedere a un'eventuale loro revisione.

Accanto a questi sistemi locali o comunque riferiti alla sola porzione di territorio interessata dalla
realizzazione o gestione di un’opera/attività, in molte realtà e per diversi tematismi/comparti
ambientali (acqua, aria, suolo, ecc.), sono stati sviluppati una serie di sistemi di monitoraggio su
area vasta, che considerano ampie porzioni di territorio fino a quello nazionale, come nel caso del
Sistema Informativo Nazionale Ambientale (SINA).

Compito principale di questi sistemi è l'osservazione e lo studio dello stato dell’ambiente nel corso
del tempo (condizioni d'inquinamento e loro tendenze evolutive) indipendentemente dalle singole
opere e attività di trasformazioni sul territorio preso in considerazione.

La realizzazione dei sistemi di monitoraggio avviene a fronte di un programma che ha il compito di


individuare:
 i fattori di pressione/effetti diretti e indiretti che agiscono sullo stato dell’ambiente a causa della
realizzazione delle opere e delle attività di trasformazione sul territorio;
 le risorse ambientali (paesaggio, biodiversità, aria, acqua, suolo, ecc.) e gli ecosistemi interessati
dai fattori di pressione;
 una serie indicatori correlati ai fattori di pressione e allo stato ambientale;
 il numero e la localizzazione dei punti di misura degli indicatori con le relative frequenze e
modalità di misura, di trasmissione (fax, telefono, telematico, ecc.), di raccolta (archivi, DBMS,
ecc.) e di presentazione (rapporti, liste, mappe tematiche, trend spazio-temporali, ecc.);
 le soglie di riferimento, di attenzione e di intervento in relazione alla tipologia e al pregio delle
risorse interessate;
 i criteri e i modelli interpretativi dei dati per elaborare una serie indici di qualità ambientale che
rappresentano in maniera sintetica i fattori di pressione e lo stato ambientale;
 gli eventuali strumenti informatici e telematici a supporto del sistema (reti di telecomunicazioni,
sistemi informativi, GIS, ecc.).

Gli indicatori giocano un ruolo importante lungo tutto il ciclo di sviluppo perché costituiscono gli
elementi informativi su cui si basa la fase di valutazione e verifica a fronte degli obiettivi definiti
per ciascuna fase, ma gli indicatori finali, correlati ai fattori di pressione e allo stato ambientale,
acquistano un'importanza sostanziale in quanto rappresentano il risultato finale, sull'ambiente, delle
opere e attività che comportano una trasformazione del territorio.
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Pertanto mentre gli indicatori intermedi al ciclo di sviluppo sono tutti interni al sistema e mirano a
fornire informazioni sull'efficienza delle singole fasi, gli indicatori finali sono esterni al sistema e
mirano a fornire informazioni sull'efficienza dell'intero ciclo di sviluppo (le "performance" del
sistema). Inoltre, per una più concreta valutazione e verifica delle singole fasi, è importante che gli
obiettivi di ciascuna di queste siano espressi in termini di traguardi da raggiungere sia sugli
indicatori intermedi, propri di ciascuna fase, sia sugli indicatori finali.

Per assicurare una fase di valutazione e verifica credibile, gli indicatori finali devono essere
identificati a monte del ciclo di sviluppo, il loro monitoraggio deve precedere ogni altra fase e
devono essere selezionati tra quelli che possiedono come caratteristiche fondamentali:
 la validità (efficacia, chiarezza, sensibilità, affidabilità, ecc.);
 e la misurabilità (obiettività, comparabilità, ecc.).

Ruolo del Sistema delle Agenzie Ambientali

All'interno di tale quadro, ANPA, nella convinzione che la funzione del Sistema delle Agenzie
Ambientali non possa prescindere dai processi di governo del territorio e del paesaggio, ha
promosso alcune iniziative tese a stimolare le migliori sinergie tra tutti gli attori cui compete la
gestione ambientale.

Nel '97 è stato avviato il progetto sulle reti ecologiche che, attraverso un'articolata serie di attività,
vuole sviluppare uno studio per definire gli aspetti di sostenibilità ecologica nell'uso delle risorse
naturali ed elaborare proposte di adeguamento degli strumenti di pianificazione.

Le reti ecologiche rappresentano un nuovo strumento di tutela ambientale introdotto nell’ambito


della Direttiva Habitat (Dir 92/43/CEE) e scaturiscono da un'analisi che mira a identificare tutti gli
aspetti ambientali e territoriali che condizionano la continuità e la connessione ecologica delle aree
protette e paesaggistiche, ed hanno l’obiettivo di salvaguardare gli ecosistemi presenti in queste
aree.

Questo obiettivo nasce dalla volontà di frenare o almeno rallentare uno dei fenomeni più
preoccupanti tra quelli che mettono a rischio la biodiversità: il valore di bio-permeabilità (o
connettività ecologica) del territorio, cioè la possibilità per le specie selvatiche, di spostarsi tra aree
diverse ed avere accesso alle proprie zone di diffusione e/o alimentazione e/o riproduzione (habitat).

Di pari passo con il crescente consumo del suolo e l'estensione del dominio antropico sul territorio,
diversi e numerosi sono i fattori perturbativi che sono all'origine della frammentazione del
paesaggio e/o degli habitat. Il fenomeno della parcellizzazione del territorio, determina l'isolamento
delle popolazioni vegetazionali e animali ed è tra i fattori di rischio di estinzione.

Le infrastrutture viarie e per i servizi, l'agricoltura intensiva, l'urbanizzazione ad edificato continuo,


l'inserimento di strutture e manufatti in aree di pregio ecologico sono tra le opere e le attività
maggiormente colpevoli della parcellizzazione del territorio.

Per mitigare o ridurre questo fenomeno sono necessarie una serie di misure di pianificazione e di
tecniche alternative che hanno come obiettivo la ricucitura biologica del territorio
(deframmentazione), essenzialmente basate sulla identificazione di aree geografiche (corridoi
ecologici) fuori dalle aree protette e paesaggistiche, all’interno delle quali siano definite una serie di
opere e attività compatibili, utili o dannose ai fini della continuità e della connessione ecologica
delle aree protette e paesaggistiche.

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Le reti ecologiche non dispongono di uno strumento amministrativo settoriale o specialistico (come
per le aree protette o paesaggistiche) e la loro realizzazione può avvenire solo all’interno della
pianificazione territoriale capace di introdurre una normativa su opere e attività che possono essere
realizzate all’interno dei corridoi ecologici per vietare quelle dannose, promuovere quelle utili e
liberalizzare quelle compatibili.

Tra gli obiettivi del progetto reti ecologiche già raggiunti, sono da segnalare:
 la divulgazione di gran parte delle iniziative svolte o in essere, in ambito nazionale ed europeo,
sul tema della connettività territoriale;
 la realizzazione di specifici casi studio originali e con finalità di sviluppo di know-how proprio;
 l'organizzazione di momenti pubblici (workshop) per lo scambio ed il confronto tra realtà
diverse, anche estere;
 il completamento, in corso, di uno studio per la definizione metodologica del monitoraggio dei
specifici valori ecologici del territorio e un'indagine analitica sulla letteratura e sui documenti di
pianificazione prodotti a vario titolo da diversi enti, che permetterà l'acquisizione di una
significativa casistica, utile alla messa a punto di supporti decisionali ed indirizzi operativi
(linee guida e banca dati sulle buone pratiche per la sostenibilità ambientale).

Una prima valutazione del flusso di dati e dei primi risultati acquisiti, preannuncia un bilancio
certamente positivo che conforta le scelte intraprese, facendo ritenere inoltre che la massa critica di
informazioni raccolte, e lo specifico bagaglio di conoscenze di cui ormai si dispone, accredita il
Sistema delle Agenzie Ambientali come uno dei principali riferimenti nazionali nel campo della
pianificazione del territorio e del paesaggio, soprattutto se si condivide l'impostazione che gli
strumenti di governo dell'ambiente siano basati su principi di compartecipazione e di
interdisciplinarità.

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Figura 1: Ciclo di sviluppo delle opere e delle attività compatibili con il territorio
Obiettivi Pianificazione dello sviluppo
Indicatori V
a di sviluppo
Piani
Obiettivi l
Analisi Territoriale
u
Indicatori t
Studi
a ambientali
Obiettivi z
Pianificazione
i
Indicatori o territoriali
Piani
Obiettivi n
Programmazione
e
Indicatori
Programmi
e
Obiettivi
Progettazione
V
Indicatori e
Progetti
r
Obiettivi Realizzazione ie Gestione
f
Indicatori
i
Opere e attività
c
Ambiente
a
Indicatori
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