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Comune di Udine

Civici Musei di Storia e Arte

La raccolta epigrafica
dei Civici Musei di Udine
a cura di
Stefano Magnani

«B riciole F riulane» 10
Trieste 2010
© 2010 Comune di Udine - Civici Musei
Castello di Udine - 33100 Udine

© 2010 Editreg sas di Prenc Fabio


via Ugo Foscolo 26 - 34129 Trieste
tel.-fax: ++39 40 362879; e-mail: editreg@libero.it

ISBN 978-88-88018-94-2

Realizzato con il contributo del

Dipartimento di Storia e Tutela dei Beni Culturali


Università degli Studi di Udine

Elenco dei curatori delle schede

Chiara Alberti
Andrea Arduini
Giulia Brunetta
Annalisa Dentesano
Erica Ferro
Silvia Madotto
Stefano Magnani
Valentina Puppis
Giulia Sacchi
Chiara Santarossa
Consuelo Stocco

Referenze fotografiche

Foto tratta da Brusin 1991-1993: 34.


Foto di Andrea Arduini: 9b-d; 12; 16; 19; 23; 26; 27.
Foto di Mirco Cusin: 9a; 29b.
Foto di Ortolf Harl: 29a.
Foto di Claudio Marcon: 32; 33; 36.
Foto di Stefano Magnani: 1-8; 10-11; 13-15; 17-18; 20-22; 24-25; 28;
30-31; 35.

Progetto grafico e stampa: Fabio Prenc - Trieste

In copertina: la galleria lapidaria dei Civici Musei di Udine


(foto Claudio Marcon - Civici Musei di Udine)
La raccolta epigrafica dei
Civici Musei di Udine

Prefazione

Questo agile volume risponde pienamente alle esi-


genze di una pubblicazione sulle collezioni museali.
È prima di tutto il risultato di un progetto di studio e
di ricerca portato avanti dall’Università di Udine in
accordo con i Civici Musei: le schede dei materiali
sono state infatti realizzate da un gruppo di studenti
guidati dal dott. Stefano Magnani. La ricerca è sem-
pre propedeutica alla valorizzazione delle collezioni
e alla fruizione da parte del pubblico, non si può
valorizzare ciò che non è ben conosciuto e dietro
ogni corretta esposizione museale c’è una lunga atti-
vità di studio sui materiali.
Questo lavoro si è poi tradotto in un volume sin-
tetico, chiaro e comprensibile che permette – se mi
si consente l’espressione – di far parlare le pietre,
avvicinando il pubblico ai monumenti conservati
nel lapidario. Questi materiali si trasformano così da
gradevoli elementi di arredo museale, che il visitato-
re passando osserva distrattamente, in vividi docu-
menti sulla vita e sulla morte in età imperiale.
La collaborazione tra i Civici Musei e l’Università
di Udine – che si è generosamente assunta tutti gli
oneri di questo progetto – produce risultati impor-
tanti per entrambe le istituzioni. I Musei sostengono
l’Università nell’ampliamento dell’offerta didattica e
nella formazione pratica degli studenti, l’Università
contribuisce allo studio e quindi alla valorizzazione
delle grandi collezioni museali permettendone una
migliore fruizione.
L’augurio è che questa collaborazione possa in
futuro continuare a svilupparsi.

Marco Biscione
Direttore dei Civici Musei di Udine
4

Premessa

Nel loggiato settentrionale del Castello di Udine,


sede dei Civici Musei di Storia e Arte, si conserva
una piccola raccolta di documenti epigrafici di epoca
romana che costituisce il risultato ultimo di una
vicenda museale che ha inizio nell’Ottocento.
A questi monumenti, correntemente esposti al pub-
blico, si aggiungono alcune lapidi inscritte conser-
vate nel deposito sotterraneo del Castello e un paio
di frammenti murati, rispettivamente, nella facciata
meridionale del Castello e all’interno della chiesetta
di Santa Maria.
Si tratta di monumenti provenienti da diversi luo-
ghi del Friuli, in larga parte già conservati in raccolte
private di esponenti della nobiltà locale che risiede-
vano a Udine, e che, almeno in alcuni casi, si rive-
lano particolarmente interessanti per la ricostruzione
delle vicende storiche e della vita nella regione in
epoca romana. Come tali, sono stati sovente oggetto
di attenzione da parte di studiosi ed eruditi o al cen-
tro di vicende storiche e antiquarie talvolta curiose.
Nel corso dell’anno accademico 2006-2007 gli
studenti del corso di Epigrafia latina hanno avuto
il compito di schedare tutti i monumenti. Ne è nata
l’idea di realizzare una guida agile che, presentando
in maniera chiara e semplice i monumenti, potesse
risultare un utile strumento per avvicinare i visitatori
del Castello e dei Civici Musei a questa particolare
tipologia di documenti e alla loro comprensione.
Durante il lavoro, inoltre, sono emersi alcuni ele-
menti di novità, iscrizioni inedite, nuove letture e
integrazioni che arricchiscono questa pubblicazione.
La guida presenta i monumenti del loggiato
nell’ordine col quale sono esposti, che è stato dettato
da esigenze logistiche, quali lo spazio disponibile e
le dimensioni dei monumenti, più che da criteri di
classificazione dei documenti stessi. Seguono, poi,
i monumenti conservati nel deposito sotterraneo e
quelli murati negli edifici stessi.
Un ringraziamento particolare va alle dott.sse
Vania Gransinigh e Paola Visentini e al dott. Marco
Biscione, rispettivamente curatrici e direttore dei
Civici Musei e Gallerie di Storia e Arte di Udine,
che hanno favorito la pubblicazione all’interno della
5

collana delle Briciole Friulane, al dott. Maurizio


Buora, all’epoca direttore dei Civici Musei, che
ha consentito lo studio dei monumenti, e al prof.
Furio Honsel, allora Magnifico Rettore dell’Uni-
versità degli Studi di Udine, per il sostegno finan-
ziario che ha reso possibile la stampa di questa
guida, e a Fabio Prenc, per la pazienza con la quale
ha atteso. (Stefano Magnani)

Le vicende della collezione

È probabile che un tempo esistessero nella città


di Udine più iscrizioni di quelle che sono giunte
fino a noi. Lo storico friulano Jacopo Valvasone
di Maniago (1499-1570) in un suo manoscritto
riporta che nella casa udinese di Girolamo di
Montegnacco si conservava un’iscrizione prove-
niente da Pieve di Rosa, ora perduta (1). Altre noti-
zie, relative all’esistenza di vere e proprie raccolte
di epigrafi romane a Udine, risalgono al XV secolo.
L’erudito Giovanni Giuseppe Capodagli riferisce
infatti dell’esistenza di una piccola collezione di
monumenti provenienti dalle proprietà aquileiesi
della famiglia dei nobili Gorgo e fatti trasportare
presso la residenza cittadina di Camillo Gorgo (2),
in Borgo Viola, che dal 1653 fu sede dell’Accade-
mia Udinese degli Sventati (3). Dopo essere passati
al Seminario Arcivescovile di Udine, i monumenti
finirono in stato di abbandono e furono recuperati
solo nel 1926, in una soffitta, sotto uno strato di
calcinacci e polvere (4). Presso lo stesso Seminario,
nel 1782, erano stati collocati alcuni monumenti
provenienti da Aquileia (Cortenovis 1797, ff.
45-46, nn. 77-81), poi dispersi altrove.

(1) Si tratta di CIL, V, 7994 = IA, 2903, tradizionalmente


considerato come un miliare. Sul testo e le sue vicende
si rimanda a Buora 2005, pp. 22-29.
(2) Capodagli 1666, f 72v. La presenza di antichi monu-
menti nella residenza di Camillo Gorgo era già segna-
lata da Capodagli 1665, pp. 45-46.
(3) Milocco 1970, pp. 194-195.
(4) Sulla collezione della famiglia Gorgo si rimanda a Buo-
ra 1983, p. 275, e Bergamini, Buora 1990, p. 223.
6

Alcuni monumenti isolati si trovavano presso altre


residenze nobiliari, come l’iscrizione di Retinacius,
proveniente da Zuglio e murata nel cortile interno di
Palazzo Caiselli fin dal XVI secolo (5), o l’iscrizione
aquileiese di Viola (6), murata nel cortile interno di
Palazzo Zuccolo. Uno dei monumenti più interes-
santi, l’ara di Onesimo, rinvenuta presso Pontebba,
era stata condotta a Udine dall’ingegnere Alessandro
Rota e fu acquistata in seguito da Fabio Asquini.
Altre iscrizioni, provenienti da Zuglio, erano posse-
dute dalla famiglia Colloredo, mentre un monumen-
to aquileiese si trova in casa Tullio.
La collezione udinese più importante fu comunque
quella allestita dalla famiglia Cernazai, presso la
residenza attualmente sede dell’Università (Palazzo
Cernazai-Antonini). Ricca di opere d’arte moderne,
grazie soprattutto all’attività di Pietro Cernazai (1804-
1858) la collezione si era arricchita anche di numerosi
monumenti epigrafici romani, con l’acquisto, tra
l’altro, dell’importante Galleria Pellegrini-Danieli-
Tommasoni di Zara, in cui a sua volta era confluita la
raccolta di iscrizioni appartenuta alla famiglia Manin,
nonché qualche iscrizione da colombario, proveniente
dalla collezione Ficoroni di Roma (7).
In seguito alla morte di Pietro Cernazai, la collezio-
ne fu gradualmente smembrata dal fratello sacerdote
Francesco Cernazai. Una «ricca parte» fu legata al
Convento o Casa delle Derelitte, mentre il rimanente
fu ceduto al Seminario arcivescovile e rimase depo-
sitato nel palazzo per diversi anni (8). La raccolta
epigrafica, i materiali fittili e i vetri furono donati al
Museo Archeologico Nazionale di Cividale per inter-
vento diretto del Ministero dell’Istruzione Pubblica
nel 1900, poco prima della definitiva dispersione della
collezione tramite un’asta pubblica che fu una delle
più importanti dell’epoca (9). A quel tempo l’ammi-

(5) CIL, V, 1841 = Mainardis 2008, pp. 144-145, n. 46.


(6) CIL, V, 1462 = IA, 1639.
(7) Per ulteriori notizie su queste raccolte, si rimanda a
Acierno 1996; Mainardis 2004, pp. 13-16.
(8) Si veda Occioni-Bonaffons 1886, p. 221.
(9) Un elenco della documentazione donata al Seminario
è fornito da Bankó, Sticotti 1895, mentre dei mate-
riali andati all’asta esiste un catalogo stilato dalla Casa
7

nistrazione comunale di Udine, di ispirazione mas-


sonica, si oppose decisamente all’acquisto da parte
del Comune, proposto dalla curia arcivescovile per
finanziare la costruzione del nuovo seminario.
Della collezione epigrafica Cernazai si conserva
presso il Museo un solo monumento inscritto, acquista-
to da un privato durante l’asta e poi donato successiva-
mente ai Civici Musei da un erede, Giobatta Bonanni.
Un secondo monumento, appartenuto alla collezione
Pellegrini-Danieli-Tommasoni, la famosa iscrizione
spuria con dedica a Commodo (CIL, V, 137*), è stato
rinvenuto nel 1986 interrato nel giardino dell’Asilo
Infantile di Carità dell’Immacolata. Si tratta, evidente-
mente, di uno dei pezzi donati alla Casa delle Derelitte,
gestita dalle Suore dell’Immacolata (10).
Inoltre, ha svolto un ruolo nella formazione della
raccolta anche una delle più importanti collezioni
friulane, quella allestita dal conte Francesco di
Toppo nelle residenze di famiglia a Campolongo, a
Udine e soprattutto nella Villa Florio di Buttrio (11).
Altri monumenti, recuperati nel corso del tempo
e di varia provenienza, erano stati fissati originaria-
mente alle pareti nella Loggia di San Giovanni e in
quella del Lionello, dove si conservavano anche le
epigrafi moderne, mentre i miliari rinvenuti sul finire
dell’Ottocento erano collocati nell’atrio di Palazzo
Bartolini, divenuto prima sede museale della città.
Una prima forma di collezione epigrafica pubbli-
ca, embrionale, si ebbe infatti al pianterreno della
Loggia del Lionello, ove nell’Ottocento fu murata
la lapide di Accius, proveniente da Muris di Percoto,
dopo essere stata segata, secondo una consuetudine
tipica dell’epoca. Allora al piano superiore del mede-
simo edificio esisteva anche una quadreria.
La raccolta ebbe incremento dopo il 1866, quando
venne istituito il Museo Civico di Udine, origina-

d’Aste Genolini di Milano che tuttavia è da ritenersi


incompleto (Collezioni 1900).
(10) Si veda Buora 1987, coll. 319-322. Il monumento non
faceva più parte della raccolta Cernazai già dal 1872,
dato che Mommsen lo dice scomparso (Mommsen
1872, p. 16).
(11) Su quest’ultima raccolta si rimanda al volume Buttrio
2007.
8

riamente alloggiato presso Palazzo Bartolini. Nel


1906 il Museo fu trasferito presso il Castello. La
collezione epigrafica fu collocata al pianterreno
nell’ala occidentale, nella definitiva sistemazione
effettuata nel periodo tra le due guerre, dopo che
tutto il Castello fu adibito a sede museale, quando
anche i locali già occupati dagli uffici comunali ven-
nero lasciati liberi. Allora vari resti architettonici, tra
cui quelli recuperati da edifici già esistenti nell’area
del nuovo palazzo comunale, furono murati nel log-
giato settentrionale. Dopo il terremoto del 1976, in
occasione della riapertura del museo, avvenuta nel
1990, le collezioni furono rimosse e collocate nella
situazione attuale, salvo una serie di lapidi, tra cui i
miliari, per i quali era prevista la sistemazione, poi
non realizzata, in un giardino epigrafico sul versan-
te settentrionale del colle, in direzione di Palazzo
Bartolini, oggi sede della Biblioteca Civica. Da
allora, il loggiato ha assunto la funzione di piccola
galleria lapidaria dedicata alle testimonianze più
antiche (12). Attendono ancora adeguata sistemazio-
ne le iscrizioni di età moderna, tra cui quella posta
a ricordo del discorso di Udine di Benito Mussolini
(20 settembre 1922), pudicamente trasferita dopo la
fine della seconda guerra mondiale nel giardino a
metà del versante occidentale del colle, già usato per
le serre dai giardinieri comunali. (Maurizio Buora)

(12) Per le vicende del Museo, si rimanda a Buora 2009,


pp. 23 e 58; Bergamini, Buora 1990, in part. pp. 193
e 223.
9

LA RACCOLTA

Elenco segni diacritici

abc lettere chiaramente leggibili singolarmente e


nel loro contesto
ABC lettere singolarmente leggibili, ma non attri-
buibili con precisione a una determinata parte
della parola
ạḅc̣ lettere di incerta lettura perché danneggiate ma
riconoscibili dal contesto
+++ lettere talmente corrotte da essere irriconosci-
bili
abc lettere lette e trascritte da precedenti editori ma
ora non più leggibili
ì littera longa
a̅b̅c̅, V̅̅ lettere soprallineate
âb nesso tra le due lettere
[abc] integrazione di una parte del testo non più leg-
gibile ma di sicura restituzione
[...] lacuna di cui può essere quantificabile il nume-
ro di lettere scomparse
[---] lacuna di ampiezza non precisabile
[------] lacuna di un'intera riga all'inizio o alla fine del
testo
------ lacuna non determinabile all'inizio o alla fine
del testo
(abc) scioglimento e soluzione di compendi e di ab-
breviazioni
<abc> aggiunta di una parte del testo erroneamente
dimenticata dal lapicida
⌜abc⌝ correzione di una parte scritta erroneamente
dal lapicida
{abc} lettere da espungere
! particolarità testuali e grammaticali
? incertezza nella restituzione

Le misure sono espresse in cm.


10

1. Miliare di Augusto
Inv. n. 459. Dimensioni: alt. 119, diam. 53. Lettere: alt.
6-8.
Parte superiore di miliare in trachite euganea proveniente
dal territorio di Fagagna.
Bibliografia: CIL, V, 7995; Basso 1986, pp. 204-205, n.
97; SupplIt, 12, 1994, p. 109; Basso 2000, p. 65, n. XIII;
Mainardis 2008, pp. 118-119, n. 26.

[Imp(erator)] Caesar
A[ug(ustus)] Divi f(ilius) co(n)s(ul) X̅I̅I̅I̅
tr(ibunicia) pot(estate) X̅X̅I̅I̅
X̅X̅X̅I̅I̅I̅

Traduzione: L’imperatore Cesare Augusto, console tredici


volte, detentore della potestà tribunizia per la ventiduesima
volta (fece realizzare la strada). Trentatre (miglia).

Il miliare, rinvenuto nei pressi di Fagagna, era conservato


fin dal 1739 presso la porta d’ingresso della chiesa di San
Leonardo. Fu donato ai Civici Musei di Udine nel 1937.
Appartiene alla serie di cinque miliari conosciuti e attri-
buibili alla via fatta realizzare da Augusto che partiva da
Concordia, centro al quale fa riferimento la distanza in
miglia, attraversava il Tagliamento presso Pieve di Rosa
e proseguiva in direzione di Quadrivium (Codroipo) e Ad
Silanos (Artegna), dirigendosi quindi verso i territori del
Norico. Essa consentiva di abbreviare il percorso evitando
il passaggio per Aquileia.
Come ha dimostrato una recente indagine, la pietra uti-
lizzata per questi miliari augustei è la trachite provenienti
dalle cave dei monti Euganei (Grossi, Zanco 2003, pp.
193-195). Si tratta di una produzione in serie apposita-
mente realizzata per l’occasione, come indicano anche le
dimensioni simili degli altri miliari noti, provenienti dalla
stessa area e attualmente conservati a Pers e a Colloredo
di Montalbano.
Le indicazioni della XXII tribunicia potestas e del XIII
consolato di Augusto consentono di attribuirlo al periodo
11

compreso tra il 26 giugno del 2 a.C. e il 25 giugno dell’1


a.C.

Giulia Brunetta, Chiara Santarossa

2. Miliare di Augusto
Inv. n. 145. Dimensioni: alt. 96, diam. 46. Lettere: alt.
6-8,5.
Parte superiore di miliare in trachite euganea proveniente
da Vendoglio.
Bibliografia: CIL, V, 7997; Bertolini 1886, pp. 110-112;
Pais 1888, 1064; Basso 1986, p. 207, n. 95; SupplIt, 12,
1994, pp. 117-118; Basso 2000, p. 65, n. XIII; Mainardis
2008, p. 121, n. 28.

Imp(erator) Caesar
August(us) Divi f(ilius)
co(n)s(ul) X̅̅I̅I̅I̅ tr(ibunicia) pot(estate)
X̅[X̅̅I̅I̅]
5 X̅[X̅X̅V̅?]I̅I̅I̅I̅

Traduzione: L’imperatore Cesare Augusto, console tredici


volte, detentore della potestà tribunizia per la ventiduesima
volta. Trentanove (?) (miglia).

Il miliare fu rinvenuto presso la chiesa parrocchiale di


Vendoglio, nella quale si trovava almeno dal 1520. Fu
donato nel 1885 ai Civici Musei di Udine.
Il numerale che indica la distanza risulta solo parzialmente
leggibile a causa dei danni subiti dalla pietra, ma è stato
integrato sulla base della moderna distanza di Vendoglio
da Concordia, che corrisponde a circa trentanove miglia
romane (Bertolini 1886, pp. 110-112). Appartiene, come
il precedente, alla via che da Concordia conduceva al
Norico, e si data allo stesso periodo.

Giulia Brunetta, Chiara Santarossa


12

3. Miliare di Licinio
Inv. n. 147. Dimensioni: alt. 67; diam. 23,5. Lettere: alt.
4,5.
Miliare in pietra d’Istria rinvenuto a Casali Zellina.
Bibliografia: Pais 1888,1062; ILS, 675; Basso 1986, pp.
181-183, n. 85; IA, 2899; Basso 2000, p. 62, n. II.

D(omino) n(ostro) Val(erio) Licini


ano Licinio
pio f{a}elici in
victo Aug(usto)

Traduzione: Al signore nostro Valerio Liciniano Licinio,


pio, felice, invitto Augusto.

Il miliare fu rinvenuto
nel novembre 1881 ai
Casali Zellina, presso
S. Giorgio di Nogaro,
e fu in seguito porta-
to a Udine nell’atrio
di Palazzo Bartolini,
allora sede dei Civici
Musei, per poi essere
trasferito al Castello.
Si trovava lungo la via
Annia, asse di collega-
mento di fondamentale
importanza tra le regio-
ni illiriche, Aquileia e
la residenza imperiale
di Milano. A diffe-
renza dei due miliari
augustei (nn. 1 e 2),
questo e altri miliari
tardoantichi conser-
vati nella raccolta dei
Civici Musei (nn. 5 e 6)
sembrano avere perso
in realtà la funzione di
veri e propri indicatori
stradali, come dimostra
l’assenza del computo delle miglia, e conservano essen-
zialmente un ruolo celebrativo nei confronti della figura
dell’imperatore.
Potrebbe essere databile tra la fine del 312 e la primavera
del 313 d.C., quando Licinio attraversò la regione per
recarsi a incontrare Costantino a Milano.

Giulia Brunetta, Chiara Santarossa


13

4. Miliare di Magnenzio
Inv. n. 136. Dimensioni: alt. 95 cm; diam. 27. Lettere: alt.
4,5.
Miliare in pietra calcarea rinvenuto presso la chiesa di San
Leonardo, a Porto Nogaro.
Bibliografia: Pais 1888, 1063; Basso 1986, p. 187, n. 88;
IA, 2900; Basso, 2000, pp. 63, n. V.

M(ilia) [p(assuum) ---]


liberatori or
[bis] Romani res
titutori libe[rta]
5 tis [et] r(ei) p(ublicae) conse[r]
[v]atori milit[um]
et provincialium
d(omino) n(ostro) Magnentio
invicto prin[cipi]
10 victori et triumf(atori)
semper Aug(usto)

Traduzione: ... miglia. Al liberatore dell’impero romano,


restitutore della libertà e dello stato, protettore dei soldati
e dei provinciali, signore nostro Magnenzio, invitto princi-
pe, vincitore e trionfatore, sempre Augusto.

Rinvenuto nel 1884 nella chiesetta di San Leonardo a Porto


Nogaro (San Giorgio di Nogaro), dove era reimpiegato
come sostegno per l’acquasantiera, il miliare fu donato in
seguito ai Civici Musei di Udine. Originariamente doveva
trovarsi lungo il percorso della via Annia. L’iscrizione
si data agli anni 350-352 d.C., quando l’usurpatore
Magnenzio, in lotta con Costanzo II, stabilì ad Aquileia
la sede temporanea del proprio potere, forse nel corso del
soggiorno avvenuto tra febbraio e marzo del 350 d.C. (cfr.
Conti 2006).

Giulia Brunetta, Chiara Santarossa


14

5. Miliare di Valentiniano e Valente


Inv. n. 146. Dimensioni: altezza 79,5; diametro 40. Lettere:
alt. 5-7.
Miliare in pietra calcarea rinvenuto presso Chiarisacco.
Bibliografia: Bertolini 1882, p. 131; Pais 1888, 1061 e
1317; ILS, 759; Basso 1986, pp. 185-186, n. 87; IA, 2898;
Basso 2000, pp. 62-63, n. IV; AE, 2005, 295.

I[mp(eratoribus) Au]g(ustis)
d(ominis) n(ostris duobus)
Valentiniano
et Valente se⌜m⌝
5 p[er] per(petuis) Aug(ustis duobus)
insign⌜is⌝
ortus felic⌜is⌝
i⌜m⌝peri⌜i⌝ eo
rum

Traduzione: Agli Imperatori Augusti signori nostri


Valentiniano e Valente, sempre perpetui Augusti, un insi-
gne inizio del loro felice impero.

Il miliare fu rinvenuto nel 1848


a Chiarisacco, frazione di S.
Giorgio di Nogaro, sulla riva
sinistra del fiume Corno. Nel
1881 fu portato presso i Civici
Musei di Udine. Si presenta
danneggiato sia nella parte
inferiore sia in quella superio-
re, dove la sbrecciatura della
pietra permette di leggere solo
poche lettere della prima riga.
Originariamente, il miliare
doveva essere collocato lungo
la via Annia, nei pressi del
ponte che consentiva l’attraver-
samento del fiume Corno e che
costituiva un passaggio obbli-
gato e dunque di particolare
rilievo per porvi un monumento
come questo, la cui funzione era
soprattutto celebrativa.
Il testo inciso presenta alcuni errori dovuti all’imperizia
del lapicida e forse anche all’influenza della pronuncia
della lingua parlata. Alla linea 3 Valente per Valenti; alle
linee 3 e 4 senper in luogo di semper, con lo scambio N
e M che si ripete alla linea 8, dove compare inperium per
imperii. L’ultima parte del testo risulta alquanto sgram-
maticata, con alcune forme accusative (insignem, felicem,
15

inperium) del tutto erronee che potrebbero essere state


presenti già nella minuta o bozza utilizzata dal lapicida.
Il monumento, con la sua formulazione augurale per
l’inizio del regno di Valentiniano e Valente, sembrerebbe
databile al 364 d.C.

Giulia Brunetta, Chiara Santarossa

6. Miliare di Valentiniano e Valente


Inv. n. 149. Dimensioni: alt. 100; diam. 28. Lettere: alt.
4-5.
Miliare in pietra calcarea proveniente da Chiarisacco.
Bibliografia: CIL, V, 7993; Pais 1888, 1060; Basso 1986,
pp. 183-185, n. 86; IA, 2897; Basso 2000, p. 62, n. III.

D(ominis) n(ostris duobus) Fl(avio) Valentiniano


et Fl(avio) Valent⌜i⌝ divinis
⌜f⌝ratribus semper Au⌜gust⌝is
devota Venetia conlocabit

Traduzione: Ai due signori


nostri Flavio Valentiniano e
Flavio Valente, divini fratelli
per sempre Augusti, la devota
Venetia collocò.

Come il precedente, anche


questo miliare fu rinvenuto nel
1848 a Chiarisacco, sulla riva
sinistra del fiume Corno. Dopo
essere stato portato inizialmente
a Castel Porpetto, nel giardino
dei conti Frangipane, fu succes-
sivamente condotto a Udine e
collocato nell’atrio di Palazzo
Bertolini, prima di giungere
all’attuale sistemazione.
Il testo presenta errori e forme
testuali dovuti all’inesperienza e
alla scarsa competenza del lapi-
cida, che sembra avere ricopiato
un testo predisposto in minuta
senza comprenderne pienamen-
te il significato. Alla linea 2
Valente in luogo di Valenti, come nel miliare precedente.
Alla linea 3, eratribus in luogo di fratribus è il risultato di
uno scambio F-E sintomatico della mancata comprensione
16

del testo. Ancora alla linea 3, la forma avinis in luogo di


Augustis, è dovuta probabilmente al fatto che dopo avere
iniziato a scrivere Augustis, a partire dalla seconda lettera
(V) il lapicida si è fatto condizionare dal termine divinis
presente a conclusione della linea precedente, ripetendone
la parte finale.
Di particolare interesse è il fatto che il miliare sia stato
posto da una realtà amministrativa locale, l’antica provin-
cia della Venetia (Basso 1990).
Il monumento è databile al periodo del regno congiunto di
Valentiniano e Valente, compreso tra il 28 marzo del 364 e
il 24 agosto del 367 d.C., ed è possibile che esso sia stato
collocato nel corso del 364, in occasione del passaggio di
Valentiniano lungo l’antica via Annia, che congiungeva
Aquileia a Milano, attraversando i centri di Concordia e
Altino.

Giulia Brunetta, Chiara Santarossa

7. Frammento di colonna inscritta


Inv. s.n. Dimensioni: alt. 52; diam. 35. Lettere: alt. 2,5.
Frammento di colonna o miliare in pietra calcarea prove-
niente da Trivignano.
Bibliografia: Pais 1888, 374 [con una nota di Theodor
Mommsen].

------
meo sịg̣ịlḷ[o?]
hunc fieri t[itulum?]
pr<a>ecipimu[s ---]
ego v(---) v(---) perg̣[--- o]
5 pere Theo[dori?]
17

Traduzione: ... col mio sigillo, ordiniamo di realizzare


questa iscrizione(?), io (---) compiere (?) a opera di
Teo(doro?).

Il frammento fu rinvenuto presso Trivignano da Antonio


Joppi e in seguito fu depositato e conservato presso la
Biblioteca di Udine, prima di passare ai Civici Musei. Il
testo, per quanto di difficile comprensione a causa della
sua frammentarietà, sembra fare riferimento all’intervento
di una autorità, forse nell’ambito del riassetto della via-
bilità oppure di una sistemazione confinaria, nel caso in
cui la parola con cui si conclude la seconda linea fosse
t[erminum?].
Il monumento sembra databile a epoca assai tarda, tra IV
e V secolo d.C.

Giulia Brunetta, Chiara Santarossa

8. Monumento funerario della gens


Flaminia
Inv. n. 457. Dimensioni: alt.: 110; larg.138; spess. 16.
Lettere: 9-10.
Lastra in calcare appartenente a un monumento funerario
proveniente da Aquileia.
Bibliografia: CIL, V, 913; IA, 63.

L(ucius) Flaminius L(uci) f(ilius)


Hister aug(ur) tr(ibunus) mil(itum)
Titia P(ubli) f(ilia) uxsor (!)
Babullia T(iti) f(ilia) mater
18

5 Q(uintus) Flaminius L(uci) f(ilius)


Hister tr(ibunus) mil(itum)
Sex(tus) Flaminius L(uci) f(ilius)
Hister tr(ibunus) mil(itum)

Traduzione: Lucio Flaminio Istro, figlio di Lucio, augure,


tribuno militare; la moglie Tizia, figlia di Publio; la madre
Babullia, figlia di Tito; Quinto Flaminio Istro, figlio di
Lucio, tribuno militare; Sesto Flaminio Istro, figlio di
Lucio, tribuno militare.

La grande lastra in calcare appare piuttosto danneggiata


in seguito al suo riutilizzo, evidente da un ampio foro
rotondo e dalla consunzione della superficie, che ha quasi
cancellato le lettere incise nella terza linea. Fu rinvenuta ad
Aquileia nel 1785 e portata a Udine in casa Tullio (Asquini
1789, p. 85). Nel corso dell’Ottocento finì per essere utiliz-
zata come tavola nel giardinetto di un’osteria in viale Vat
(Maionica 1877, p. 61), dove rimase fino al 1936, quando
fu fatta trasferire presso i Civici Musei su indicazione di
Giovanni Brusin (Brusin 1991-1993, p. 31).
Da segnalare, alla terza linea, l’uso della forma erronea,
ma molto comune, uxsor per uxor.
In base alle caratteristiche paleografiche, l’iscrizione sem-
bra databile alla fine dell’età repubblicana.

Chiara Alberti

9. Monumento funerario di Onesimo


Inv. n. 163. Dimensioni: alt.119-120; larg. 76-78; spess.
48-53. Lettere: alt. 4,5-7.
Ara sepolcrale in pietra calcarea rinvenuta nei pressi di
Pontebba.
Bibliografia: Asquini 1789, pp. 77-78; CIL, V, 64*; CIL,
V, 8650; Pais 1888, 382; AE, 1998, 583.

D(iis) M(anibus)
Onesimus
ser(vus) vil(icus)
vectigal(is)
5 Illyr(ici) Severîllâe
uxori pientissim<a>e
an(norum) XXX
et sibi vi⌜v⌝us
fec(it)
19

Traduzione: Agli Dei Mani. Onesimo, servo responsabile


del servizio di riscossione dell’imposta di dogana dell’Il-
lirico, realizzò da vivo (questo monumento) per la moglie
devota Severilla, (morta all’età) di 30 anni, e per sé.

L’ara funeraria fu rinvenuta interrata in un campo nei pressi


della Ponteba veneta nel corso degli interventi di arginatura
e di ricostruzione effettuati in seguito alle innondazioni che
colpirono la località tra gli anni 1747 e 1769. L’ingegnere
Alessandro Rota, responsabile dei lavori, la fece trasportare
nella sua abitazione a Udine (Asquini 1789, p. 78). Nel
1796 fu comprata dal conte Fabio Asquini, per la propria
collezione (Cortenovis 1798, p. 3). Mommsen la giudicò
dapprima falsa (CIL, V, 64*), attribuendola all’attività di
falsario di Girolamo Asquini, per poi cambiare idea in
seguito all’analisi autoptica condotta da Enrico Maionica,
20

integrandola però, per que-


stioni di opportunità, tra le
iscrizioni del municipio di
Glemona (Gemona), invece
che tra quelle del Norico,
dove avebbe dovuto esse-
re collocata (Mommsen
1877, p. 1052). Nel 1876
la lapide fu regalata dal
conte Vincenzo Asquini al
Civico Museo di Udine e
fu collocata nella Loggia di
San Giovanni, dove la vide
Maionica (Maionica 1877,
p. 61), e quindi nell’atrio di
Palazzo Bartolini (Pais, 382),
prima di essere sistemata nel
loggiato del Castello.
Si tratta di una grande ara
sulla cui parte anteriore è
ricavato lo specchio epigrafico, circondato da una cornice.
Sul fianco destro è scolpita una figura maschile, con tunica
corta al ginocchio, che svolge con entrambe le mani un
rotolo (volumen). Sul fianco sinistro è presente invece una
figura femminile, con tunica lunga, che regge con la mano
sinistra uno specchio e con la destra quello che sembra un
fascio di spighe. Nella parte superiore dell’ara sono visibili
tre fori rettangolari per il fissaggio della copertura, proba-
21

bilmente recante un medaglione con i ritratti dei defunti.


Si tratta, infatti, di una tipologia diffusa nel territorio del
Norico (Kremer 2001, pp. 139-141 e pp. 344-347), che
trova un confronto puntuale con il monumento di Avilia
Leda conservato a Camporosso (ILLPRON, 1560).
Lo specchio epigrafico si presenta particolarmente con-
sunto sulla parte destra, probabilmente in seguito al lungo
interramento, e questo comporta alcune difficoltà di lettu-
ra, risolvibili solo con l’uso di luci radenti, che si sommano
alle imprecisioni del lapicida. In particolare, alla linea 7,
il numerale è solo parzialmente visibile e si sono meglio
conservate le aste oblique retroflesse (\). Alla linea 8 si
legge indubbiamente VIIVS, con l’ultima lettera estre-
mamente consunta, mentre una leggera traccia obliqua a
fianco della seconda I ha fatto pensare a una successiva
correzione in V (Zaccaria 2007, p. 76).
Fin dal momento del suo ritrovamento, il monumento è
stato al centro di un vivace dibattito sulla dislocazione
delle stationes doganali romane lungo la via verso il
Norico, dalle forti attinenze con gli avvenimenti contem-
poranei e successivi alla sua scoperta. Non a caso, la sua
prima menzione da parte di Girolamo Asquini compare in
allegato a una dissertazione di Girolamo Gravisi dedicata
alla questione dei confini dell’Illirico (Gravisi 1789).
Sul finire dell’Ottocento l’ara fu persino oggetto di una
richiesta di restituzione da parte delle autorità austriache,
che fu però negata in quanto era stata rinvenuta in territo-
rio veneto e non austriaco (Marinelli 1890). Nel corso
degli anni, gli studiosi hanno proposto di riferire l’attività
di esattore della dogana svolta da Onesimo di volta in
volta alla statio Bilachinensis, localizzata a Camporosso
(da ultimo Zaccaria 2007, pp. 78-79), oppure alla sta-
tio Plorucensis (De Laet 1949, pp.143-144), che viene
localizzata a Pontebba (Cojaniz 1996, pp. 110-113) o nei
pressi di Resiutta (Alföldy 1974, p. 255). Di fatto, indi-
pendentemente dalle localizzazioni, è possibile che l’atti-
vità di controllo doganale fosse espletata oltre che nelle
due stationes, poste rispettivamente in territorio norico e
italico, anche presso quei luoghi intermedi lungo la via che
avevano un particolare rilievo, come il ponte che doveva
consentire il passaggio del rio Pontebbana, posto inoltre
all’incrocio tra la via principale per il Norico e una via
secondaria che saliva agli alti pascoli di Pramollo, frequen-
tati fin dalla più remota antichità (Pessina 2006).
In base ai confronti tipologici e iconografici con monu-
menti di simile fattura diffusi nel territorio norico (Kremer
2001, p. 139), il monumento sembrerebbe databile alla
prima metà del III secolo.

Silvia Madotto, Stefano Magnani


22

10. Iscrizione moderna


Inv. n. 484. Dimensioni: alt. 23; larg. 20,5; spess.12 .
Lettere: alt.: 3,4-4,4.
Lastra frammentaria in pietra bianca proveniente dal terri-
torio di Zuglio.
Inedito.

Anno[---]
Prisci [---]
riae t+[---]
monta[---]

Il frammento, spezzato in
due parti tra loro com-
bacianti, costituisce l’an-
golo superiore sinistro di
una lastra con lo specchio
incavato. Proviene dalla
collezione Gortani ad Avosacco (Piano d’Arta) e fu dona-
to ai Civici Musei dalla Sig.ra Talotti Gortani nel 1950
(Registro doni 1950, n. 1125, del 14.10.1950). Il particola-
re aspetto dello specchio epigrafico, la tipologia di alcune
lettere, il cui solco non è stato approfondito ma sommaria-
mente lavorato senza rifinitura, sono elementi che sembra-
no indicare un’origine moderna dell’iscrizione.

Stefano Magnani

11. Stele funeraria con carmen


di Letilio Casto
Inv. 483. Dimensioni: alt. 39; larg. 50; spess. 15. Lettere:
alt. 4-4,8.
Frammento di stele funeraria in pietra grigia proveniente
da Imponzo.
Bibliografia: CIL, V, 8652; Gregorutti 1884, pp. 366-
371, n. 95; Pais 1888, 384; CLE, 629; Moro 1956, pp.
220-221, n. 42; SupplIt, 12, 1994, p. 111; Mainardis 2008,
pp. 217-219, n. 122.

------
misera mater (h)abet in cor
de dolorem: cottidie
fletus dat et in pectore
palmas. Qui vixit ann(os) X[X]
5 m(enses) VII, d(ies) VII. Laetilia T(iti) f(ilia) Casta
filio carissimo atq(ue) pient(issimo)
mater infel(ix)
23

È questo uno dei due frammenti superstiti di una stele


funeraria rinvenuta quasi integra nel 1850 a Imponzo, un
paese situato sulla sponda sinistra del fiume But, a metà
strada fra Tolmezzo e Zuglio. La stele fu fatta a pezzi
subito dopo dagli abitanti del luogo, per ricavarne mate-
riale da costruzione. Questo frammento fu impiegato per
la realizzazione di un muro di difesa a ridosso del torrente
Mignezza e andò disperso dopo che il muro fu travolto e
abbattuto da una piena del torrente. Nel 1881, tuttavia, fu
riportato alla luce da una seconda piena. Fu quindi custodi-
to ad Avosacco di Arta, presso la villa di Giovanni Gortani,
fino al 1950, quando la Sig.ra Talotti Gortani lo donò ai
Civici Musei di Udine. Il frammento riporta parte delle
linee 15-21 dell’iscrizione, che costituiscono la porzione
terminale del testo, e conserva nel margine inferiore tracce
di una cornice modanata alta circa 9 cm.
Il secondo frammento superstite (CIL, V, 8652), conte-
nente gli incipit delle linee 8-12 dell’iscrizione, non fu
impiegato nella costruzione del muro di difesa, ma fu
inserito da un abitante di Imponzo nel camino della pro-
pria abitazione. Da lì fu estratto e portato a Zuglio presso
il Civico Museo Archeologico “Iulium Carnicum”, dove
attualmente si conserva (inv. 371024. Dimensioni: alt. 44;
larg. 20; spess. 15).
Oltre ai due frammenti, si è tramandata nel tempo la copia
di una trascrizione del testo realizzata dall’abate Cella,
allora parroco di Imponzo, poco prima della distruzione
dell’epigrafe. Questa copia fu effettuata da un muratore e
presenta diversi errori, chiaramente dovuti all’inesperienza
del suo autore. Nonostante le numerose imprecisioni, in
seguito alla dispersione della trascrizione dell’abate, tale
documento ha svolto un ruolo fondamentale nell’ambito
24

delle indagini volte alla restituzione del testo originaria-


mente inciso sulla pietra.
Il testo può essere oggi ricostruito come segue:

[.] Laet[i]lio C(ai) [f(ilio) C]a[st]o


de[c(urioni)]. Dum c[u]pidus i[u]
venis Urbem voluisse(m)
videre, inde regrediens
5 incidi febribus acris, at
pre[s]sus graviter [a]misi
cu[m] flore i[u]vent[a]m,
quoniam [in]iqua me [i]am
sic fata vocab[a]nt, inton
10 samque tuli cru[deli fu]
nere barbam, infelix,
nec potui p[e]rfer[r]e vota
meorum. [F]unere acer
bo iace[o] sedibus istis et
15 misera mater (h)abet in cor
de dolorem, cottidie
fletus dat et in pectore
palmas. Qui vixit ann(os) X[X]
m(enses) VII, d(ies) VII. Laetilia T(iti) f(ilia) Casta
20 filio carissimo atq(ue) pient(issimo)
mater infel(ix).

Traduzione: A … Letilio Casto, figlio di Caio, decurione.


Quando da ragazzo ero pieno di desiderio di vedere Roma,
tornando indietro da lì, fui preso da febbri acute, e, grave-
mente oppresso, persi la gioventù nel fiore, poiché così il
fato iniquo già mi invocava, e portai nella morte crudele
la barba incolta, ahimè, né potei realizzare le speranze dei
miei cari. Giaccio in questa tomba per via di una morte
immatura e la madre infelice ha il cuore addolorato, ogni
giorno versa lacrime e si batte i pugni sul petto. Visse venti
anni, sette mesi, sette giorni. La madre infelice Letilia
Casta, figlia di Tito, (pose) al figlio tanto caro e devoto.

Come si legge nel testo, l’epigrafe era stata dedicata a un


giovane decurione, probabilmente originario di Iulium
Carnicum, che morì all’età di venti anni durante un
viaggio di ritorno da Roma, dove si era recato per visitare
la città. Oltre al motivo del viaggio, compaiono altri temi
tipici della tradizione epigrafica: la mors immatura, i fata
iniqua, il dolore dei genitori che sopravvivono al figlio
defunto. Le linee 2-18 contengono un carme formato
da nove esametri che presenta numerose reminiscenze
virgiliane. In particolare l’espressione cottidie … palmas
richiama Verg., Aen., I, 481, in cui è descritto il tempio
che Didone sta innalzando nel bosco sacro nel centro di
25

Cartagine, decorato con quadri raffiguranti scene della vita


di Troia; Enea si sofferma a osservarle e, tra le numerose
immagini, ne nota una che mostra le donne troiane che si
recano al tempio di Pallade con i capelli sciolti e con il
peplo, supplici e tristi, battendosi il petto con i palmi delle
mani (suppliciter tristes et tunsae pectora palmis), mentre
la dea, inclemente, si ostina a tenere gli occhi a terra.
Nella prima linea, il testo tràdito per il cognomen del
giovane, CAITO, ha indotto gli editori a restituire la forma
Gallo. Tuttavia, risulta più economico e corretto adottare
la forma Casto, tenendo conto del fatto che il padre non è
menzionato nel monumento e che il gentilizio è derivato da
quello della madre, probabilmente perché non vi era stato
un riconoscimento del figlio da parte del padre.
Il monumento risulta databile intorno alla seconda metà
del I secolo d.C.

Annalisa Dentesano, Valentina Puppis

12. Lastra appartenente al sepolcro dei


fratelli Lucio e Marco Calio
Inv. 150. Dimensioni: alt. 61; larg. 64-68 e 98-89; spess.
17. Lettere: alt. 9-10.
Lastra in pietra calcarea frammentata in due blocchi tra
loro combacianti e mutila della parte di destra, proveniente
dal territorio di Concordia.
Bibliografia: CIL, V, 977; CIL, V, 8666; Pais 1888, 396;
ILS, 1468; AE,1985, 453; IRConcor, 40.

L(ucius) Calius M(arci) f(ilius) Cla(udia) Cremona [---]


Concordia decurio quaes[tor ---]
operis publicis in Bithynia fuit [--- Calio M(arci)
f(ilio)]
Cla(udia) Cremona Malliolo fratri [---]
5 et in oper[i]s publicis in Asia et [---]
26

Traduzione: Lucio Calio, figlio di Marco, iscritto alla tribù


Claudia, originario di Cremona, ... che fu decurione di
Concordia, questore ..., impiegato del servizio statale in
Bitinia, ... al fratello ... Calio Malliolo, figlio di Marco,
iscritto alla tribù Claudia, originario di Cremona, ... e
impiegato del servizio statale in Asia e ...

Secondo la tradizione antiquaria, la stele sembrerebbe pro-


venire dal territorio di Concordia, ma già attorno al 1555
risulta essere stata condotta a Chiasottis, presso la villa dei
conti Strassoldo.
I due fratelli ricordati nell’iscrizione risultano iscritti
alla tribù Claudia, quella di Concordia, pur essendo sono
originari di Cremona, la cui tribù era la Aniense, proba-
bilmente perché si iscrissero alla tribù Claudia in seguito
al loro trasferimento a Concordia. In quest’ultimo centro,
sicuramente il primo dei due fratelli ricoprì alcune delle
magistrature locali, tra cui la questura, entrando nel novero
dei decurioni della città. Si può supporre che verosimil-
mente anche il fratello abbia compiuto una carriera simile,
ma la scomparsa della parte destra della lastra ne rende
impossibile la ricostruzione certa. In precedenza, entrambi
avevano svolto degli importanti incarichi in oriente, pro-
babilmente come addetti in servizio presso i governatori
provinciali, rispettivamente in Bitinia e in Asia e forse in
una ulteriore provincia. Questa, infatti, sembra la possibile
interpretazione dell’espressione in operis publicis fuit,
che non trova però altri confronti (Panciera 1985, pp.
133-135).
Poiché il monumento, su base paleografica, sembra data-
bile all’ultima età repubblicana, il trasferimento dei due
personaggi è stato messo in relazione con le confische e
gli espropri di cui fu oggetto il territorio di Cremona tra il
41 e il 40 a.C., per la distribuzione di terre ai veterani delle
guerre civili. A quegli stessi anni daterebbe anche la fon-
dazione di Concordia, che avrebbe fornito ai fratelli Calii
l’opportunità di evitare i problemi legati alle confische
nella città natale e di inserirsi a un livello piuttosto elevato
nella nuova comunità, grazie alla posizione raggiunta con
gli incarichi in oriente (Panciera 1985, p. 137; Lettich
1994, pp. 113-114).

Andrea Arduini
27

13. Monumento funerario di


Lucio Tumbilicio
Inv. n. 164. Dimensioni: alt.148; larg. 75; spess. 15.
Lettere: alt. 6-9.
Stele a edicola in pietra calcarea proveniente, probabil-
mente, da Tricesimo.
Bibliografia: CIL, V, 1794, add. p. 1052; Moro 1956, p.
226, n. 58; SupplIt, 12, pp. 92-93; Mainardis 2008, pp.
198-199, n. 100.

L(ucius) Tumbilicius
A(uli) f(ilius) Cl(audia)
L(ocus) q(uo) q(uo) v(ersus) p(edes) XXX

Traduzione: Lucio Tumbilicio, figlio di Aulo, iscritto alla


tribù Claudia. L’area sepolcrale misura in ogni direzione
trenta piedi.

Il monumento era conserva-


to nel castello di Tricesimo
(Cortenovis 1797, f. 59,
n. 175), ma si è supposto,
forse sulla base della tribù di
appartenenza di Tumbilicio,
che potesse essere stato tra-
sportato da Concordia (cfr.
Mommsen 1972, p. 1052;
Moro 1956, p. 226). Nel
1897 fu consegnato ai Civici
Musei di Udine. La stele è
sormontata da un frontone
con rosetta centrale e acro-
teri, di cui quello sinistro è
estremamente danneggiato.
Nella parte superiore dello
specchio incorniciato com-
pare una imago clipeata che
raffigura il defunto a mez-
zobusto, vestito di tunica
e toga, mentre trattiene quest’ultima sul petto con la mano
destra. Varie sbrecciature e fratture rendono il ritratto maschi-
le non chiaramente leggibile. Il campo epigrafico occupa la
parte inferiore della specchiatura. Il gentilizio Tumbilicius è
un unicum e potrebbe avere un’origine locale.
Il monumento può essere datato alla prima metà del I
sec. d.C. sulla base della tipologia del monumento (cfr.
Scarpellini 1987, pp.149-150), dei raffronti paleografici
e dell’assenza del cognomen.

Consuelo Stocco
28

14. Lista di liberti


Inv. n. 161. Dimensioni: alt. 72; larg. 70; spess. 8. Lettere:
alt. 5.
Lastra in pietra calcarea proveniente da Zuglio.
Bibliografia: CIL, V, 1832; Pais 1888, 383a; Moro 1956,
p. 231, n. 71; SupplIt, 12, p. 99; Mainardis 2008, pp.
112-113, n. 20.

------
Sex(tus) Erbonius Sex(ti) l(ibertus) Tertius
C(aius)] Rotenius C(ai) l(ibertus) Severus
Cn(aeus) Cornelius Cn(aei) l(ibertus )Rufio
Q(uintus)] Porcius Q(uinti) l(ibertus)Optatus
5 Sex(tus) Erbonius Sex(ti) l(ibertus) Adiuto[r]
M(arcus)] Quinctilius M(arci) l(ibertus) Secund[us]
Sex(tus) Erbonius Sex(ti) l(ibertus) Princeps
Sex(tus) Erbonius Sex(ti) l(ibertus) Gallio
Q(uintus)] Marius Q(uinti) l(ibertus) Myro
------

Traduzione: ... Sesto Erbonio Terzio, liberto di Sesto; Caio


Rotenio Severo, liberto di Caio; Cneo Cornelio Rufione,
liberto di Cneo; Quinto Porcio Optato, liberto di Quinto;
Sesto Erbonio Adiutore, liberto di Sesto; Marco Quintilio
Secondo, liberto di Marco; Sesto Erbonio Principe, liberto
di Sesto; Sesto Erbonio Gallione, liberto di Sesto; Quinto
Mario Mirone, liberto di Quinto ...

Secondo Iacopo da Valvasone, la lastra, assieme alla n.


30, proverrebbe da Iulium Carnicum; egli le aveva viste
attorno alla metà del XVI secolo presso la residenza dei
29

nobili Colloredo a Susàns. La lastra passò in seguito alla


Biblioteca Arcivescovile e quindi ai Civici Musei. In un
momento successivo al rinvenimento, ma imprecisabile, fu
adattata come chiusino (sul retro presenta ancora un anello
metallico), subendo il taglio di una porzione marginale su
tutti i lati che ha comportato la scomparsa di alcune lettere
originariamente leggibili.
L’elenco dei nomi comprende solo liberti, forse membri
di un collegio. La scrittura appare curata e regolare, così
come il testo, che è disposto in maniera piuttosto ordinata
e copre uniformemente tutto lo spazio. A quanto sembra,
a ognuno dei personaggi ricordati è riservato lo spazio di
una riga.
L’iscrizione si può datare tra gli ultimi decenni del I secolo
a.C. e i primi del I secolo d.C.

Chiara Alberti

15. Stele funeraria di Tito Suttio


Inv. n. 162. Dimensioni: alt. 45; larg. 46; spess. 17.
Lettere: 5,3-6.
Porzione di stele in pietra calcarea proveniente da
Cividale.
Bibliografia: CIL, V, 1779; SupplIt, 16, p. 244.

T(itus) Suttius L(uci) f(ilius) Sca(ptia)


Aiteìa L(uci) f(ilia)
Posilla uxor
m(onumentum) t(estamento) f(ecit)

Traduzione: Tito Suttio, figlio di Lucio, iscritto alla tribù


Scaptia. La moglie Aiteia Posilla, figlia di Lucio, fece
(realizzare) il monumento per testamento.

La lastra proviene
da Cividale, dove
fu trovata nel XVI
secolo durante
alcuni lavori. Fu in
seguito murata nel
frontespizio di una
abitazione e nel
1883 fu acquisita
dai Civici Musei
di Udine. Tra le
particolarità grafi-
che, si segnalano
30

alla prima linea la A di Sca(ptia) contenuta all’interno


della C per mancanza di spazio e la seconda I longa di
Aiteia.
L’ultima linea potrebbe essere sciolta anche diversamente:
m(emoriae) t(itulum) f(ecit); cfr. Giavitto 1998, p. 244.

Consuelo Stocco

16. Stele funeraria di


Lucio Plozio Quadrato
Inv. n. 155. Dimensioni: alt. 51; larg. 51; spess. 24.
Lettere: alt. 5,8-7,5.
Stele in pietra calcarea proveniente dal territorio di
Aquileia.
Bibliografia: CIL, V, 1340; IA, 1376.

L(ucius) Plotius
L(uci) l(ibertus) Quadrâtus
v(ivus) f(ecit) sibi et
------

Traduzione: Lucio Plozio Quadrato, liberto di Lucio, fece


(fare) da vivo per sé e per ...

Il monumento fu
ritrovato a Belvedere,
presso il ponte cosid-
detto della Centenara,
e fu trasportato in
seguito a Udine e
collocato nell’atrio
di Palazzo Bartolini,
prima dell’attuale
sistemazione.
Alla seconda linea,
lo spazio ristretto
a disposizione ha
indotto il lapicida a
unire AT in nesso e a
incidere la S finale di
minori dimensioni.
L’epigrafe è databile alla prima metà del I sec d.C.

Erica Ferro
31

17. Stele funeraria di


Caio Petronio Ilarione
Inv. n. 159. Dimensioni: alt. 54,5; larg. 48; spess. 16.
Lettere: alt. 6.
Porzione di stele in pietra calcarea, rinvenuta presso
Belvedere di Aquileia.
Bibliografia: CIL, V, 1333; IA, 1352.

C(aius) Petronius
C(ai) l(ibertus) Hilario
C(aius) Petronius
C(ai) f(ilius)
Pauper
5 [+++]
------

Traduzione: Caio
Petronio Ilarione,
liberto di Caio,
Caio Petronio
Paupero, figlio di
Caio...

La stele è sovra-
stata da un tim-
pano triangola-
re con testa di
Medusa al centro
e due delfini in
posizione acroteriale. Risulta spezzata e priva della parte
inferiore, con la scomparsa di almeno una linea di testo, di
cui sono visibili solo le tracce di alcune lettere che sono
però difficilmente riconoscibili. Vi doveva presumibilmen-
te comparire il nome di un altro membro della famiglia.
Il monumento risulta databile alla prima metà del I secolo
d.C.

Annalisa Dentesano

18. Stele funeraria di Marco Calvenzio


Inv. 152. Dimensioni: alt. 105; larg. 48; spess. 14. Lettere:
5-6.
Stele funeraria in calcare proveniente da Aquileia.
Bibliografia: CIL, V, 904; IA, 2846.

M(arcus) Calventius
T(iti) f(ilius) Lem(onia) Bon(onia)
32

mil(es) c(o)ho(rtis) VIII pr(aetoriae)


milit(avit) ann(os) VII
5 vixit ann(os) XXIIX

Traduzione: Marco Calvenzio, figlio di Tito, iscritto alla


tribù Lemonia, originario di Bologna, soldato della ottava
coorte pretoria, militò sette anni, visse ventotto anni.

Rinvenuta ad
Aquileia, la stele
fu portata a Udine
in casa di Camillo
Gorgo (Capodagli
1666, f. 72v) e seguì
le vicende dell’inte-
ra collezione.
Calvenzio era origi-
nario del centro di
Bononia i cui cit-
tadini erano iscritti
alla tribù Lemonia
ed è possibile che
sia deceduto men-
tre col suo reparto
era al seguito di un
imperatore duran-
te una visita o una
sosta ad Aquileia.
L’iscrizione può
essere assegnata
alla prima metà del
I secolo d.C.

Giulia Sacchi

19. Stele funeraria di Caio Fabio


Inv. n. 153. Dimensioni: alt. 77; larg. 33. Lettere: alt.
4-5.
Stele centinata in calcare proveniente da Aquileia.
Bibliografia: CIL, V, 911; IA, 2764.

C(aius) Fabius
C(aii) f(ilius) Publil(ia)
Verona
miles leg(ionis)
5 VIIII Hisp(anae)
h(ic) s(itus) e(st)
33

Traduzione: Caio
Fabio, figlio di Caio,
iscritto alla tribù
Publilia, originario
di Verona, soldato
della VIIII legione
Ispanica, qui giace.

Rinvenuto nelle
proprietà aquile-
iesi della famiglia
Gorgo, presso Santo
Stefano, il monu-
mento fu visto da
Capodagli nella
residenza udinese di
Camillo Gorgo, dove
era stato condotto da
poco tempo assieme
ad altri monumenti
provenienti anch’es-
si da Aquileia (Ca-
podagli 1666, f.
73r).
L’epigrafe può
essere datata all’età
augustea, allorché la
legio VIIII Hispana,
che aveva assunto
tale epiteto nel corso
delle campagne can-
tabriche (25-19 a.C.), fu impegnata durante le operazioni
condotte in Pannonia tra il 13 e il 9 a.C. (Ritterling
1925, coll. 1664-1665; Keppie 2000, p. 26), che ebbero in
Aquileia il principale centro direzionale e di supporto.

Andrea Arduini

20. Stele funeraria di


Lucio Pomponio Silvano
Inv. n. 154. Dimensioni: alt. 78; larg. 33; spess. 14.
Lettere: alt. 4,5-5.
Stele in pietra calcarea di provenienza aquileiese.
Bibliografia: CIL, V, 924; IA, 2777.
34

L(ucius) Pompon̂ius
Silvanus
mìl(es) leg(ionis) XI
h(ic) s(itus) e(st)

Traduzione: Lucio Pomponio Silvano, militare della legio-


ne XI, qui è sepolto.

Il monumento,
di provenien-
za aquileiese,
era conser-
vato a Udine
nel palazzo di
Camillo Gorgo
(Capodagli
1666, f. 73r).
La legione XI,
impegnata ad
Azio, rima-
se di stanza
in Dalmazia,
a Burnum
(l’odierna
Chistagne, in
Croazia), per
tutta la prima
età imperiale
e passò poi in
Germania sotto i
Flavi e in Mesia
a partire dall’età
di Traiano
(Ritterling
1925, coll.
1692-1693; Le
Bohec 1992, p.
272; Fellmann
2000, pp. 127-
131). L’assenza
dell’epiteto Claudia Pia Fidelis, attribuito alla legione
nel 42 d.C. per il suo atteggiamento di fedeltà nei con-
fronti dell’imperatore Claudio, in occasione della rivolta
di Scriboniano (Svet., Claud., 5, 13), induce a datare il
monumento a un momento precedente.

Annalisa Dentesano
35

21. Dedica di un tempietto alla Bona Dea


Inv. s.n. Dimensioni: alt. 45; larg. 59; spess. 15. Lettere:
alt. 2,7-5.
Lastra in calcare con cornice modanata proveniente da
Aquileia.
Bibliografia: CIL, V, 762b; IA, 159.

Decidia L(uci) f(ilia) Paulla


et Pupia L(uci) l(iberta) Peregrina
ministrae
Bonae Deae
5 aedem fecerunt
p(ecunia) s(ua)

Traduzione: Decidia Paulla, figlia di Lucio, e Pupia


Peregrina, liberta di Lucio, ministre (del culto) della Bona
Dea, fecero (realizzare) il tempio a proprie spese.

Il monumento fu rinvenuto e conservato inizialmente ad


Aquileia. Successivamente venne a fare parte della col-
lezione dei marchesi Mangilli di Udine, che nel 1885 lo
donarono al Museo. L’iscrizione ricorda che due sacerdo-
tesse, appartenenti a gentes ben note ad Aquileia, i Decidii
e i Pupii, finanziarono privatamente la costruzione di una
sede templare adibita al culto della Bona Dea, tradizio-
nalmente riservato alle sole donne. Dal momento che il
luogo esatto di rinvenimento dell’iscrizione è ignoto, non
è possibile stabilire la natura e la collocazione dell’edi-
ficio sacro all’interno del tessuto urbano aquileiese. Va
notata l’associazione di una ingenua e di una liberta che,
come dimostra anche il monumento successivo, sembra
costituire una costante nei collegi sacerdotali della Bona
36

Dea attestati ad Aquileia (cfr. Magnani 2005, p. 322, e


Mainardis 2005, pp. 347-348).
Il monumento è databile tra I e II secolo d.C.

Giulia Sacchi

22. Dedica alla Bona Dea del pagus


Inv. s.n. Dimensioni: alt. 27; larg. 59; spess. 15. Lettere:
alt. 3-4.
Lastra in calcare con cornice modanata proveniente da
Aquileia.
Bibliografia: CIL,V, 762a; IA, 166.

Bonae Deae pagânae


Rufria (Cai) f(ilia) Festa
Caesilia Q(uinti) l(iberta) Scylace
magistrae
5 d(e) p(ecunia) s(ua)

Traduzione: Alla Bona Dea del pagus. Rufria Festa, figlia


di Caio, (e) Cesilia Scilace, liberta di Quinto, maestre (del
culto), (donarono) a proprie spese.

La lastra, come la precedente, fu rinvenuta e conservata


inizialmente ad Aquileia e in seguito passò presso i nobili
Mangilli di Udine, che nel 1885 ne fecero dono al Museo.
L’iscrizione originariamente doveva trovarsi nel tem-
pietto o nell’edicola dedicata alla Bona Dea di un pagus
(villaggio o quartiere) esterno alla città. Ricorda un dono
37

fatto a proprie spese dalle magistrae o sacerdotesse della


Bona Dea. Anche in questo caso si trovano associate come
sacerdotesse una ingenua e una liberta. Diversamente
dal caso precedente, le due donne sono indicate come
magistrae e non come ministrae, probabilmente perché
afferivano a un distinto luogo di culto e dunque a un
diverso collegio sacerdotale (cfr. Magnani 2005, p. 324, e
Mainardis 2005, pp. 347-348).
Da notare, alla terza linea, la E incisa in corpo minore
all’interno della C, per esigenze di spazio.
Il monumento si data tra I e II secolo d.C.

Giulia Sacchi

23. Stele funeraria di Caio Giulio Optato


e della sua famiglia
Inv. n. 160. Dimensioni: alt.78; larg. 62; spess. 12. Lettere:
alt. 5-6.
Stele sepolcrale in pietra calcarea proveniente da
Aquileia.
Bibliografia: CIL, V, 1255; IA, 1188.

C(aius) Iulius Optatus


Iuliae C(ai) l(ibertae) Am̂andae f(iliae)
C(aio) Iulio Hilarionì
conl(iberto)
5 Secundo l(iberto)
Iuliae Cinurae l(iberta)
Auctae f(iliae) an(norum) XXXV

Traduzione: Caio
Giulio Optato (fece
realizzare) per la figlia
Giulia Amanda, liberta
di Caio, per il colliber-
to Caio Giulio Ilario,
per il liberto (Caio
Giulio) Secondo, per
la liberta Giulia Cinura
e per la figlia (Giulia)
Aucta, di anni 35.

La stele fu rinvenuta
nella chiesa di Santo
Stefano ad Aquileia.
Fu in seguito traspor-
tata a Udine, nella
38

casa della famiglia Gorgo, seguendo le vicende della


collezione.
Nelle prime due linee, lo spazio limitato per l’incisione del
testo ha indotto il lapicida a utilizzare alcune particolari
soluzioni grafiche, come le aste delle T più alte delle altre
lettere (T longae), l’iscrizione della L di l(ibertae) in corpo
minore all’interno della C precedente e il nesso tra la M e
la seconda A di Amandae.
Il monumento sembra databile ai primi decenni del I
secolo d.C.

Silvia Madotto

24. Cippo terminale dell’area funeraria


di Marco Lario Cnismo
Inv. 156. Dimensioni: alt. 107; larg. 35,4; spess. 17.
Lettere: alt. 4-6,6.
Cippo quadrangolare in pietra calcarea, spezzato nella
parte superiore, di probabile provenienza aquileiese.
Bibliografia: CIL, V, 1171;
IA, 2304.

[L(ocus) m(onumenti)]
Ṃ(arci) Lạrii
Cnismi
et libertis
5 libertabusq(ue)
in front(em) p(edes) XX
in agrum p(edes) XXXII

Traduzione: [Area del monu-


mento funerario] di Marco
Lario Cnismo, e (riservato
anche) ai liberti e alle liber-
te. Sulla fronte venti piedi,
verso la campagna trentadue
piedi.

Il cippo si trovava a Udine


nell’abitazione di proprietà
della famiglia Gorgo, in via
Viola, dove lo vide l’abate
Pirona nel 1857. Si può pre-
sumere che, alla pari di molti
altri monumenti raccolti
dai conti Gorgo, provenisse
39

dalle proprietà che la famiglia deteneva ad Aquileia (cfr.


Capodagli 1666, ff. 72v-73r).
Delle lettere della seconda linea rimangono solo lievi trac-
ce, tuttavia sufficienti per proporre una lettura completa
che fino a ora non era stata colta. Nel caso del praenomen,
si nota solo una piccola porzione terminale dell’ultima
asta della M, leggermente obliqua. Il gentilizio Larius non
è molto diffuso e ancora meno lo è il cognomen Cnismus,
che risulta attestato soprattutto a Roma.
Il lapicida ha fatto uso in più occasioni, ma non sempre,
della T longa, ricorrendovi anche per puro vezzo nel caso
della T di libertabusque alla quinta linea. Da notare sono
le dimensioni minori delle due aste dell’ultimo numerale,
dettate da esigenze di spazio.
Il monumento si data al I secolo d.C.

Andrea Arduini, Stefano Magnani

25. Monumento funerario della gens


Iunia e di Virgilia Aucta
Inv. 158. Dimensioni frg. sup.: alt. 48; larg. 69; spess. 27;
frg. inf.: alt. 43, larg. 33; spess. 9. Lettere: alt. 4-5.
Stele in pietra calcarea di cui si conservano due frammenti,
di provenienza aquileiese.
Bibliografia: CIL, V, 1446; IA, 1610.

Vergilia<e> C(ai) l(ibertae) Auctae


[Iu]nio L(uci) f(ilio) Primo
patri
[A]eliae T(iti) f(iliae)
5 [..]cundae matri
[Iuni]ae L(uci) f(iliae) Proculae
sorori viv[ae]
[I]unius L(uci) [f(ilius)]
Maxumus v(ivus) f(ecit)
10 [sibi et] suis omin[ibus]
------

Traduzione: A Virgilia Aucta, liberta di Caio.


Al padre Giunio Primo, figlio di Lucio; alla madre Elia
Secunda (o Iucunda), figlia di Tito; alla sorella, Giunia
Procula, figlia di Lucio, ancora in vita, Giunio Massimo,
figlio di Lucio, fece (realizzare) da vivo per sé e per tutti
i suoi...

I due frammenti, provenienti da Aquileia, facevano parte


della collezione conservata in casa Gorgo, dove furono
40

visti e trascritti da
Capodagli, che li
ritenne facenti parte
dello stesso monu-
mento (Capodagli
1666, f. 73r). La sua
trascrizione con-
sente di restituire le
ultime linee e i mar-
gini oggi perduti.
La stele doveva pre-
sentarsi in forma di
edicola, con fronto-
ne triangolare, deco-
rato con palmette
acroteriali e rosetta
centrale, e architra-
ve sorretti da due
colonnette. Nello
spazio compreso tra
il frontone e le colon-
nette era ricavata una nicchia decorata a valva di conchi-
glia, con cerniera posta in alto, che doveva contenere il
ritratto di un paio di individui. Il frammento inferiore reca
le tracce del margine inferiore della nicchia, col panneggio
delle vesti.
Il primo testo, inciso sull’architrave, riporta il nome di
Vergilia Aucta col nomen erroneamente al nominativo.
Infatti, il monumento è realizzato da Giunio Massimo, di
cui probabilmente Virgilia era la consorte, e dedicato a tutti
i membri della sua famiglia.
Il monumento sembra databile al I secolo d.C.

Giulia Sacchi

26. Cippo terminale dell’area funeraria


di Vettio
Inv. n. 157. Dimensioni: alt. 123; larg. 26; spess. 17.
Lettere: alt. 5-8.
Cippo in pietra calcarea proveniente da Aquileia.
Bibliografia: CIL, V, 1447; Pais 1888, 106; IA, 1447.

[.]Vettius
L(uci) f(ilius)
[--- e]t eorûm
[--- e]t lìbertì̂s
5 l(ocus)] m(onumenti) p(edes) [---]
41

Traduzione: ... Vettio, figlio di


Lucio, ... e dei loro ... e per i liber-
ti. L’area del monumento sepolcra-
le (misura) ... piedi.

Il monumento, dopo il ritrova-


mento ad Aquileia, fu trasporta-
to a Udine presso l’abitazione di
Camillo Gorgo (Capodagli 1666,
f. 73r), dove Pirona vide l’epi-
grafe ancora nel 1857. Con gli
altri monumenti appartenuti alla
stessa collezione anche questo
cippo fu rinvenuto nel Seminario
Arcivescovile nel 1926 e traspor-
tato presso i Civici Musei.
La pietra appare estremamente
danneggiata e ritagliata ai lati,
probabilmente per un suo riutiliz-
zo, così che il testo risulta incom-
pleto.
L’iscrizione presenta alcuni carat-
teri peculiari, come la varietà nelle
dimensioni delle lettere, così che
si passa dalla I di corpo ridotto
nella prima linea alle I longae
della quarta. Spicca, per le mag-
giori dimensioni, il nesso VM alla
terza linea.
L’epigrafe è databile alla prima
metà del I secolo d.C.

Erica Ferro

27. Stele funeraria di Modesto


Inv. n. 164. Dimensioni: alt. 77; larg. 45; spess. 14.
Lettere: alt. 6-7,5.
Stele in pietra calcarea proveniente da Aquileia.
Bibliografia: CIL, V, 1304; IA, 471.

Modesto
Principis
Tì(berii) Caesaris (servo)

Traduzione: A Modesto, schiavo del principe Tiberio


Cesare.
42

Il monumento, pro-
veniente da Aquileia,
fece parte della col-
lezione udinese del
conte Camillo Gorgo
(C apodagli 1666,
f. 72v) e ne seguì le
vicende. Da notare
la T longa alla prima
linea e la I leggermen-
te allungata del prae-
nomen dell’imperato-
re. Secondo Giovanni
Brusin si dovrebbe
intendere il termine
Princeps come nome
personale di un ulte-
riore servo imperiale
di cui Modesto sareb-
be l’aiutante: Modesto
(vicario vel alumno) /
Principis / Ti(berii) Caesaris (servi), ovvero: A Modesto,
aiutante di Principe, schiavo di Tiberio Cesare.
L’epigrafe è databile agli anni dell’impero di Tiberio (14-
37 d.C.).

Erica Ferro

28. Lastra del monumento funerario di


Publio Accio Aticto
Inv. n. 148. Dimensioni: alt.116; larg. 232; spess. 15.
Lettere: alt. 7-17.
Lastra in pietra calcarea in due frammenti ricomposti, rin-
venuta a Muris di Percoto.
Bibliografia: CIL, V, 963; IA, 573.

P(ublius) Accius P(ubli) lib(ertus)


Athictus, (sex)vir
v(ivus) f(ecit) sibi et Acciae P(ubli) lib(ertae)
Horeae uxori karissimae

Traduzione: Publio Accio Aticto, liberto di Publio, seviro,


fece (realizzare il monumento funerario) da vivo per sé e
per Accia Orea, liberta di Publio, moglie carissima.

Rinvenuta a Muris di Percoto, nel corso del XVIII seco-


lo la grande lapide sepolcrale fu trasportata a Udine e
43

conservata in via Mercato Vecchio, presso il mangano di


Glareano, e quindi collocata presso la porta interna di via
Poscolle. Fu in seguito recuperata ed esposta nella Loggia
del Lionello e successivamente nell’atrio di Palazzo
Bertolini.
Il monumento sembra databile alla prima metà del I secolo
d.C.

Consuelo Stocco

29. Stele funeraria di Aurelio Mucapor


Inv. s.n., ma Registro doni 1970-1971, n. 1872. Dimensioni:
alt. 138-120,5; larg. 63,5-62,5; spess. 13,5-16,5. Lettere:
alt.: 4-5,1.
Stele in pietra calcarea, con ritratto di una coppia di coniu-
gi, di provenienza sconosciuta.
Inedita.

Aurel(ius) Mucap̣or
ex regione qụịṇta
macedonicạ Aur(elia)
Nunna co(n)ịụ[gi c]um
5 quo vixit anni[s] X̣XV
sin<e> ulla qu{a}erẹḷla
posuit et siḅi

Traduzione:
Aurelio Mucapor, origina-
rio della regione quinta di
Macedonia. Aurelia Nunna
pose (il monumento) al
marito, col quale visse ven-
ticinque anni senza alcun
dissapore, e per sé.
44

Il monumento appare estremamente consunto e danneg-


giato, forse anche in seguito a un suo riutilizzo moderno.
Si tratta di una stele in pietra calcarea, di forma parallele-
pipeda, spezzata irregolarmente alla base. Il lato frontale
è suddiviso in tre registri costituiti, rispettivamente, da
un rilievo con coppia di defunti in alto, dallo specchio
epigrafico al centro e da un rilievo con una scena, forse di
banchetto, in basso.
Il monumento è inedito. Presso i Civici Musei non ne
esiste una scheda di inventario, ma solo la nota di acqui-
sizione conservata nel Registro Doni del Museo Civico
Galleria d’arte Antica e Moderna, anno 1970/1971, n.
d’ingresso 1872, in data 19.01.1971, dalla quale risulta che
la stele, donata al Museo da Giobatta Bonanni, era stata
acquistata dal padre dello stesso all’asta della collezione
Cernazai, nel 1900.
Nel primo registro sono rappresentati i due coniugi nell’at-
to di stringersi la mano destra. La donna, a sinistra, ha le
spalle coperte da un mantello e indossa una collana con
pendaglio. Anche l’uomo indossa un mantello fissato da
una fibula sulla spalla destra e reca nella mano sinistra il
rotulus.
Dal punto di vista iconografico, il monumento sembra
databile all’ultimo quarto del III secolo d.C., in base
soprattutto all’acconciatura femminile, con i capelli rac-
colti posteriormente a formare la treccia a stuoia riportata
in avanti sulla testa.
Con tale datazione
concorda anche il dato
epigrafico, che offre
la possibilità di col-
legare la regio quinta
Macedonica alla rior-
ganizzazione ammi-
nistrativa dell’impero
attuata da Diocleziano.
La superficie dello spec-
chio epigrafico appare
talmente consunta e dan-
neggiata che solo l’uso
di luci radenti consente
di ricostruire quasi inte-
gralmente il testo che
vi era originariamente
inciso.
Nel registro inferiore è
raffigurata una scena in
cui compaiono tre per-
sonaggi. A sinistra, una
figura probabilmente
45

femminile con lo sguardo rivolto verso l’alto porge verso


il centro un piccolo oggetto di forma circolare o sferica;
forse una patera o una ciotola. Al centro si trova una figura
di dimensioni minori, un fanciullo o un servo. A destra
è raffigurato un terzo personaggio che sorregge quello
che sembra un vassoio con alcuni elementi circolari che
potrebbero essere pani o frutti recati come offerta o per un
banchetto funebre.

Giulia Brunetta, Stefano Magnani,


Chiara Santarossa

30. Lista di ingenui


Inv. n. 507. Dimensioni: alt. 56; larg. 61; spess. 8. Lettere:
alt. 5.
Lastra in pietra calcarea proveniente da Zuglio.
Bibliografia: CIL, V, 1833; Pais 1888, 383b; SupplIt, 12,
pp. 99-100; Mainardis 2008, pp. 115-116, n. 23.

------
[---u]s Q(uinti) f(ilius) Cato
[---]us M(arci) f(ilius) Tertius
[---u]s C(ai) f(ilius) Priscus
[---]nius M(arci) f(ilius) Marcel[lus]
5 [---]us M(arci) f(ilius) Aquilo
[---]us C(ai) f(ilius) Rufus
[---]ucius Q(uinti) f(ilius) Castel[lus]
[---] Ti(beri) f(ilius) Niger
[---]us T(iti) f(ilius) Priscus
------

Traduzione: ... Catone, figlio di Quinto; ... Terzo, figlio


di Marco; ... Prisco, figlio di Caio; ... Aquilone, figlio
di Marco; ... Rufo,
figlio di Caio; ...ucio
Castello, figlio di
Quinto; ... Nigro
figlio di Tiberio; ...
Prisco, figlio di Tito;
...

La lastra ha una
vicenda analoga a
quella della n. 14,
con la quale condi-
vide caratteri simi-
li. Secondo Iacopo
46

da Valvasone, infatti, anch’essa proverrebbe da Iulium


Carnicum e avrebbe fatto parte della collezione dei nobili
Colloredo a Susàns attorno alla metà del XVI secolo,
prima di passare alla Biblioteca Arcivescovile e poi ai
Civici Musei. Anch’essa fu adattata come chiusino, col
taglio di una porzione marginale su tutti i lati e la con-
seguente scomparsa di alcune lettere soprattutto sui lati
sinistro e inferiore.
A differenza dell’altro documento, l’elenco comprende
solo ingenui, probabilmente membri di un collegio, i cui
nomi sono disposti ordinatamente su singole righe. La
scrittura è molto regolare, così come il testo.
L’iscrizione si può datare tra gli ultimi decenni del I secolo
a.C. e i primi del I secolo d.C.

Stefano Magnani

31. Urna cineraria di Caritone


Inv. n. 168. Dimensioni: alt. 52; diam. 41. Lettere: alt.
3,5-4,5.
Urna cilindrica e coperchio in pietra calcarea, proveniente
da Aquileia.
Bibliografia: CIL, V, 1156; IA, 994.

D(is) M(anibus)
Chariton̂is

Traduzione: Agli Dei Mani di Caritone.

L’urna cineraria proviene dalla necropoli della Colombara,


presso Aquileia, ove fu rinvenuta nel 1859. Al suo inter-
no, frammista alle
ceneri, conteneva
un’ambra lavorata
con raffigurazione
di una cagna con due
cuccioli e un amori-
no alato. Dopo avere
fatto parte della col-
lezione del conte
Francesco di Toppo
conservata nella
residenza udinese
di via Savorgnan,
nel 1883 l’urna e
la gemma furono
donate ai Civici
47

Musei assieme a una parte consistente della collezione (cfr.


Aquileia romana 1995, pp. 74-75; Buora 2007).
L’iscrizione è incisa in un cartiglio che riproduce una tabu-
la ansata, con rosette stilizzate al centro delle anse, secon-
do un modello bene attestato ad Aquileia. Da rilevare, il
ricorso al nesso NI per l’evidente mancanza di spazio.
Sembra possibile una datazione tra la fine del I e il II
secolo d.C.

Stefano Magnani

32. Lastra con iscrizione funeraria di


Pisinio
Inv. n. 140. Dimensioni: alt. 41,5; larg. 50; spess. 5.
Lettere: alt. 4.
Lastra marmorea spezzata in due parti e mancante dello
spigolo inferiore destro, proveniente da Aquileia.
Bibliografia: CIL, V, 1698; ILCV, 2164; IA, 3162

I(n) hoc sanctorum lo


co requiescit Pisinio
qui vixit annum I et
mensis (!) X et dies II depo
5 situs est Kal(endis) Septem
bris (!)

Traduzione: In questo luogo dei santi riposa Pisinione, che


visse un anno, dieci mesi e 2 giorni e che fu deposto il 1
settembre.
48

Rinvenuta a San Felice, presso Aquileia, nel 1787


(Cortenovis 1797, f. 78v, n. 300), la lastra fu donata dai
fratelli Frangipane al Museo di Udine nel 1883.
Al di sotto del testo compare graffita l’immagine stilizzata
di un fanciullo con le braccia alzate in atteggiamento di
preghiera. La tunica che indossa è decorata da una banda
che raffigura probabilmente il pallium, a indicare l’offi-
ciante del culto, e da due elementi circolari, secondo una
tipologia che trova altri riscontri ad Aquileia (IA, 3250).
Il testo presenta alcune irregolarità assai comuni, come
l’indicazione dei mesi di vita in ablativo in luogo dell’ac-
cusativo (alla linea 4) e il nome del mese non concordato
con l’ablativo ma al genitivo (alle linee 5 e 6). Da notare,
l’asta orizzontale della A spezzata in due tratti obliqui.
Alla quarta riga, la seconda asta del numerale (II) è di
dimensioni ridotte.
Il nome Pisinio, raramente attestato, col significato di
piccino, piccoletto, sembra quasi rimandare alla tenera eta
del defunto.
Il monumento è ascrivibile alla piena età cristiana, tra la
fine del IV e il V secolo d.C.

Stefano Magnani

33. Lastra con invocazione agli Dei Mani


Inv. s.n., ma Registro doni 1948, n.1010. Dimensioni: alt.
24; larg. 34. Lettere: alt. 3,7.
Lastra in marmo parzialmente danneggiata, priva dello
spigolo inferiore destro, proveniente da Aquileia.
Bibliografia: CIL, V, 8518; IA, 3519.

D(is) M(anibus)

Traduzione: Agli Dei Mani.


49

La lastra, oggi frammentata e priva dell’angolo inferiore


destro, fu rinvenuta nel 1872 alla Colombara, pres-
so Aquileia. Appartenne poi alla collezione del conte
Francesco di Toppo allestita a Villa Florio di Buttrio.
Assieme ad altri numerosi frammenti, faceva parte del
“capriccio” creato per abbellire il giardino (cfr. Buttrio
2007, tav. I, p. 226; ma si veda anche la tav. II, p. 227, che
riproduce lo stesso “capriccio” dopo l’asportazione della
lastra). Nel 1948, dopo che la Villa fu ceduta allo Stato
italiano, la lastra fu donata ai Civici Musei di Udine, senza
che venisse registrato il nome del donatore.
A fianco del frontoncino triangolare recante l’invocazione
agli Dei Mani sono raffigurate due mani levate in atteggia-
mento di preghiera.
Il monumento sembrerebbe databile al III secolo d.C.

Stefano Magnani

34. Urna cineraria di Postumia


Inv. n. 173. Dimensioni: alt. 7,5; larg. 25; spess. 6,5.
Lettere: alt. 3,2.
Frammento di coperchio di cinerario in pietra calcarea.
Bibliografia: IA, 1397.

Postumia P(ubli) f(ilia) To[---]

Traduzione: Postumia To..., figlia di Publio.

Il frammento era conservato in casa del dott. Antonio


Joppi, a Trivignano Udinese, e fu donato ai Civici Musei
dallo stesso proprietario, in data 1 agosto 1899. Non è stato
possibile reperirlo nei depositi dei Civici Musei.
Il frammento sembrerebbe databile al III secolo d.C.

Stefano Magnani
50

35. Frammento con iscrizione


Inv. s.n. Dimensioni: alt. 23; larg. 25. Lettere: alt. 8.
Blocco frammentario in pietra calcarea.
Inedito.

------
[---]IN[---]
[---]SA[---]
------

Il frammento, estre-
mamente danneggia-
to, si trova murato
nella facciata meri-
dionale del Castello,
alla sinistra dell’in-
gresso, probabilmen-
te in seguito a uno
dei tanti episodi di
ricostruzione dell’edificio avvenuti nei secoli scorsi. Da
alcuni riscontri effettuati sulla documentazione fotografica
conservata nell’archivio dei Civici Musei, risulta che il
frammento è stato portato alla luce durante i lavori di
asportazione dell’intonaco e del suo rifacimento nel corso
dell’estate del 1954, quando, affinché risultasse visibile, è
stata lasciata libera una finestrella che prima non esisteva
(una riproduzione fotografica della parete all’epoca dei
lavori è stata pubblicata da Buora 2009c, p. 159, fig. 18).
Le lettere sono di bella fattura, con solco profondo, e dove-
vano appartenere a un monumento di cui non è possibile
precisare la natura, di probabile provenienza aquileiese.
Nella seconda linea, dopo la A sembra esservi un punto.
Si può ipotizzare una datazione tra I e II secolo d.C.

Stefano Magnani

36. Frammento con iscrizione


Inv. s.n. Dimensioni: alt. 30 ca.; larg. 60 ca. Lettere: alt.
6-7 ca.
Blocco frammentario in pietra calcarea, forse proveniente
da Aquileia.
Inedito.

------
[---]orum
------
51

Il frammento si trova attualmente murato sotto l’altare


della chiesa di Santa Maria al Castello e non è possibile
stabilire quando vi sia stato posto. Data la collocazione,
non è normalmente accessibile. Originariamente pertineva
probabilmente a un monumento funerario di grandi dimen-
sioni o a un recinto funerario, di probabile provenienza
aquileiese. In apparenza, il frammento conserva quella che
sembra la parte finale dell’iscrizione, nella quale, dopo il
nome del defunto o dei defunti proprietari del sepolcro,
erano indicati gli eventuali eredi e i discendenti ammessi
a usufruirne, secondo una delle formule più diffuse, come
[posterisque e]orum. Non possono, tuttavia, essere esclu-
se altre soluzioni, tra cui l’indicazione degli anni di vita
([ann]orum) o l’appartenenza del monumento a un colle-
gio indicato al genitivo plurale.
Nel 1783, nel corso di alcuni lavori effettuati per realizzare
un deposito nel pavimento della chiesa, fu rinvenuto un
ulteriore frammento, oggi perduto, sicuramente pertinente
a un monumento funerario (CIL, V, 1453).
Le lettere, nonostante l’usura, appaiono di buona fattura,
con apicature triangolari; la M ha le aste verticali paral-
lele.
Il monumento potrebbe datare al I secolo d.C.

Stefano Magnani
52

Abbreviazioni

AE = «Année épigraphique», 1888-.


CIL = Corpus Inscriptionum Latinarum, Berlin, 1863-.
CLE = Carmina latina epigraphica, I-II, edidit F.
Buecheler, Lipsiae, 1895-1897.
IA = Brusin 1991-1993.
ILCV = Inscriptiones Latinae Christianae Veteres, edidit
E. Diehl, I-III, Berolini, 1925-1931.
ILLPRON = Inscriptionum lapidariarum Latinarum pro-
vinciae Norici usque ad annum MCMLXXXIV reper-
tarum, indices (ILLPRON indices), composuerunt
M. Hainzmann et P. Schubert, I-III, Berolini, 1986-
1987.
IRConcor = Lettich 1994.
SupplIt = Supplementa Italica, n.s., Roma, 1981-.

BIBLIOGRAFIA

Le abbreviazioni delle riviste sono fornite sulla base dei cri-


teri adottati per la Archäologische Bibliographie del Deutsche
Archäologisches Institut.

Acierno 1996 = R. Acierno, La collezione Cernazai nel


Museo Archeologico di Cividale, «Forum Iulii», XX,
pp. 13-25.
Alföldy 1974 = G. Alföldy, Noricum, London - Boston,
1974.
Aquileia romana 1995 = Aquileia romana nella collezione
di Francesco di Toppo, a cura di M. Buora, Milano,
1995.
Asquini 1789 = G. Asquini, (in appendice a) Gravisi
1789, pp. 74-94.
Bankó, Sticotti 1895 = J. Bankó, P. Sticotti, Antiken-
Sammlung im erzbischöfl. Seminare zu Udine,
«Archäologish-epigraphische Mittheilungen aus
Oesterreich», XVIII, 1895pp. 52-105 (Sonder-abdruck,
Wien, pp. 3-56).
Basso 1986 = P. Basso, I miliari della Venetia romana,
«AVen», IX, Padova.
Basso 1990 = P. Basso, La devota Venetia: i miliari
a servizio dell’imperatore, in La Venetia nell’area
padano-danubiana: le vie di comunicazione, Atti del
Convegno Internazionale, Venezia 6-10 aprile 1988,
Padova, pp. 129-136.
53

Basso 2000 = P. Basso, I miliari lungo le strade aquileie-


si, in Cammina cammina… dalla via dell’ambra alla
via della fede, a cura di S. Blason Scarel, Ronchi dei
Legionari (GO).
Bergamini, Buora 1990 = G. Bergamini, M. Buora, Il
castello di Udine, Udine.
Bertolini 1886 = D. Bertolini, Vendoio, in «NSc», 1886,
pp. 110-112.
Brusin 1991-1993 = G.B. Brusin, Inscriptiones Aquileiae,
I-III, Udine, 1991-1993.
Buora 1987 = M. Buora, Ritrovata CIL V, 137*, «AqN»,
LVIII, cc. 319-322.
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Norico presso Pieve di Rosa, in Presenze romane nel
territorio del medio Friuli, 12, Camino al Tagliamento,
Tavagnacco, pp. 22-29.
Buora 2007 = M. Buora, La collezione udinese di
Francesco di Toppo, in Buttrio 2007, pp. 37-45.
Buora 2009a = M. Buora, Dal Forte di S.Biagio alla
caserma Castello, in L’invenzione del Castello 2009,
pp. 13-44.
Buora 2009b = M. Buora, I restauri del primo Novecento,
l’apertura del Museo e il trasferimento del Municipio,
in L’invenzione del Castello 2009, pp. 51-76.
Buora 2009c = M. Buora, Primi interventi nel secondo
dopoguerra, in L’invenzione del Castello 2009, pp.
149-162.
Buttrio 2007 = Buttrio. La collezione di Francesco di Toppo
a Villa Florio, a cura di M. Verzàr-Bass, Trieste -
Roma (Corpus Signorum Imperii Romani, Italia, Regio
X Friuli Venezia Giulia, vol. III, Buttrio).
Capodagli 1665 = G.G. Capodagli, Udine illustrata da
molti suoi cittadini così nelle lettere come nelle arti
famosi, Udine.
Capodagli 1666 = G.G. Capodagli, De’ frammenti
d’Aquileia di Gio: Giuseppe Capodagli D’ambo le
leggi Dottor, e segretario dell’Ill.mo, e P.g.mo Capitolo
della chiesa Patriarcale, e Metropol.na della medesi-
ma città, libri III, BCUD ms. Fondo Joppi 312.
Cojaniz 1996 = A. Cojaniz, Severilla. La lapide Romana
di Pontebba, Udine.
Collezioni 1900 = Collezioni del conte Cernazai di Udine,
Impresa di vendite in Milano di Angelo Genolini,
Milano.
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LXXVII, 2006, coll 141-158.
Cortenovis 1797 = A.M. Cortenovis, Correzioni
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Apografo dell’abate Jacopo Pirona, BCUD ms. Fondo
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Cortenovis 1798 = A.M. Cortenovis, Al Chiarissimo


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«Memorie per servire alla storia letteraria e civile»,
1798, pp. 3-11.
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l’organisation douanière, surtout à l’époque du Haut-
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Gravisi 1789 = G. Gravisi, Dell’Illirico Forogiuliese.
Esame critico diretto all’illustre Accademia della
magnifica città di Udine, In Udine.
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Mommsen 1877 = T. Mommsen, Inscriptiones Galliae
Cisalpinae Latinae, consilio et auctoritate Academiae
Litterarum Regiae Borussicae, edidit Theodorus
Mommsen, Pars posterior, Inscriptiones regionum
Italiae Undecimae et Nonae comprehendens (Corpus
Inscriptionum Latinarum, V, 2), Berolini.
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re G. Occioni-Bonaffons, Udine, Società alpina friula-
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Tra Cremona, Concordia e l’Asia Minore sul finire
dell’età repubblicana, in Xenia. Scritti in onore di
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56

«B riciole F riulane»

1. ... Dai sigilli della Collezione Cigoi..., a cura di


Maurizio Buora e Massimo Lavarone, Trieste 1998.
2. Oro alla Patria. Dal magazzino metalli di Udine, a
cura di Maurizio Buora e Massimo Lavarone, Trieste
1999.
3. Gnathia e dintorni. Terrecotte dei Civici Musei di Udine,
a cura di Maurizio Buora e Marina Rubinich, Trieste
2003.
4. AVgVstÆ. Donne e Potere nell’antica Roma, a cura di
Maurizio Buora e Massimo Lavarone, Trieste 2004.
5. Cartamoneta dalla Collezione di Colloredo Mels.
Cartamoneta ossidionale dai Civici Musei di Udine, a
cura di Maurizio Buora e Massimo Lavarone, Trieste
2004.
6. Le collezioni dei vetri antichi del Museo di Udine, a
cura di Maurizio Buora e Massimo Lavarone, Trieste
2005.
7. Testimonianze bizantine della Calabria Meridionale.
Itinerari di fede, a cura di Giacomo Oliva, Trieste
2005.
8. L’altro denaro... Monete e cartemonete di necessità e
i Buoni di Cassa del Comune di Udine (1917-1918), a
cura di Massimo Lavarone, Trieste 2007.
9. Il tesoretto di Codroipo, a cura di Costanza Brancolini
e Massimo Lavarone, Trieste 2008.
10. La raccolta epigrafica dei Civici Musei di Udine, a cura
di Stefano Magnani, Trieste 2010.

Editreg sas di Prenc Fabio- Trieste


via Ugo Foscolo 26 - 34129 Trieste

Finito di stampare nel mese di settembre 2010

Progetto grafico e stampa


Fabio Prenc - Trieste

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