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Correva l’anno 303 quando il leggendario condottiero San Giorgio – o Sant Jordi in

lingua catalana – moriva dopo una vita di imprese e conquista. Dal Medioevo, ogni
23 aprile, la Catalogna ricorda l’uomo che salvò da un terribile drago la principessa
del piccolo villaggio di Montblanc. Dal sangue del drago morente spuntò un roseto.
Il cavaliere scese dal suo cavallo bianco, colse una rosa e la donò alla donò alla
figlia del re. Ancora oggi, a Barcellona e in tutta la regione, migliaia di rose
vengono regalate a bambine, donne e ragazze, ricordando il gesto del santo patrono.
La rosa, rigorosamente rossa, simboleggia l’esclusività dell’amore, la passione e la
fecondità. Nell’agiografia, San Giorgio è uno tra i massimi santi e martiri, vissuto
nel III secolo d.C. in Turchia e venendo venerato già nel IV secolo. La leggenda
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narra che nella terra di Silenia, in Libia, viveva un drago. Il drago si avvicinava alla
città uccidendone gli abitanti per poi rifugiarsi nelle paludi. Al fine di placarlo, gli
venivano offerte ben due pecore al giorno, fin quando non arrivarono al sacrificio
umano: un giovane veniva estratto a sorte, ovvero casualmente, come pasto. Venne il
momento in cui fu estratta la figlia del re, che cercò di impedirlo, donando i suoi
beni, e così facendo sollevando così una rivolta popolare dato che erano stati
sacrificati i figli del popolo. La principessa decide così di sacrificarsi, ma proprio in
quel momento il cavaliere Giorgio giunse al galoppo sul suo cavallo bianco,
giurando di aiutarla in nome di Cristo. Giorgio combatte col drago: mostrando la
croce dipinta sullo scudo immobilizza il drago e lo trafigge con la lancia. Disse
dunque alla principessa di avvolgere la sua cintura intorno al collo del drago:
mettendolo al guinzaglio, Giorgio e la principessa arrivarono alle porte della città.
Allora Giorgio chiese agli abitanti di riconoscere il Cristo, e duna volta fatto ciò,
Giorgio uccise il drago, di cui però furono tenute le pelli come ricordo dell’atto
Simbolicamente, San Giorgio incarna l’archetipo del cavaliere, tutti gli ordini e i
racconti cavallereschi avranno come ispirazione questo Santo. San Giorgio è colui
che ha conquistato la mente, simboleggiata dal cavallo, il quale è bianco ovvero
puro come la Luna piena, lo specchio cosmico capace di riflettere tutti gli impulsi
astrali in purezza. La mente quale poggia sui quattro elementi, le gambe del cavallo,
abbastanza da potersi spostare potentemente, ma non troppo come il drago che pur
avendo le ali è costretto quando a terra a starvi a contatto. Lo scudo crocifero è
simbolo del Sole, la lancia è un raggio di Sole che trafigge la tenebra della materia,
il Drago.
La lancia è anche il simbolo antico dell’Io, ovvero dello spirito individuale, il quale viene portato
da coloro che hanno riconosciuto il Cristo, e che successivamente diventerà la spada a doppio
taglio, ovvero l’Io intronato nell’anima razionale che “separa” e “unisce”, avendo una valenza
ancora più individuale rispetto alla lancia. A proposito dello scudo, la croce rossa su campo
bianco è la bandiera di Genova, la quale fu anche ceduta anche all’Inghilterra per la sicura
circolazione delle navi dagli attacchi dei pirati. La Repubblica di Genova ha come patrono San
Giorgio e come Regina Maria, la quale ricorda la principessa. La principessa è l’anima dell’uomo,
la quale rischia di morire nel respiro mortifero del drago, così come le forze vitali, simboleggiati
dalle pecore ed i giovani sacrificati: il materialismo uccide infatti la vita dell’anima.
San Giorgio è uno dei 14 Santi Ausiliatori, i quali vengono invocati per guaire dalle malattie.
Ognuno di questi Santi rappresenta un aspetto dei 14 pezzi in cui venne tagliato lo spirito solare
Osiride dal fratello Seth, dio della disperazione del deserto. Nella mito egizio, la dea lunare Iside,
moglie di Osiride, ricompone il corpo del marito e per mezzo della magia lo fa resuscitare per
dare alle luce Horus. San Giorgio rappresenta la pelle, ovvero il contenimento, agendo anche nel
senso del contenimento della ferocia del drago nel divorare le anime umane.

Riguardo a San Giorgio dal punto di vista antroposofico, possiamo ricollegarci ai sacrifici pre-
terrestri del Cristo, ovvero quei sacrifici che il Cristo ha compiuto nella discesa del Cristo
dall’Eternità fino ad entrare nell’evoluzione nel tempo e dello spazio col Mistero del Golgotha, che
rappresenta il quarto sacrificio, l’unico manifesto in quanto tale nel mondo fisico.

I quattro sacrifici sono dunque:


1) Il primo sacrificio avvenne nella seconda metà dell’Era Lemurica. Venne compiuto nella sfera
delle Stelle Fisse, lo Zodiaco, nel Devachan Superiore (Mondo della Ragione) e fu volto a risanare
i 12 sensi del corpo fisico, permettendo di armonizzarli in un’unità.
2) Il secondo sacrificio avvenne nella prima metà dell’Era Atlantidea. Venne compiuto nella sfera
del Sole inteso come pianeta, nel Devachan Inferiore (Mondo del Pensiero) e fu volto a risanare i
7 organi del corpo eterico, permettendo che ognuno svolgesse la sua attività in cooperazione.
3) Il terzo sacrificio avvenne nella seconda metà dell’Era Atlantidea. Venne compiuto nella sfera
della Luna nel Mondo Astrale, e fu volto a mantenere la relazione nel corpo astrale tra le tre forze
dell’anima: pensare, sentire e volere.
4) Il quarto sacrificio avvenne nella quarta epoca di cultura, la Greco Romana. Venne compiuto
nella sfera della Terra, nel Mondo Fisico e fu volto a restaurare la condizione paradisiaca tra Io e
corpo fisico nel Corpo di Resurrezione, sottraendolo a Lucifero e Ahriman.

Ad ognuna di queste discese del Cristo dai mondi superiori a quelli inferiori, il Cristo si è unito
all’anima dell’Adam Kadmon, ovvero il Gesù Nathanico di cui si racconta nel Vangelo di Luca.
Questo Secondo Adamo è quell’anima umana che rimane preservata nei mondi spirituali
nonostante la Cacciata dal Paradiso e che discenderà in incarnazione una e una sola volta nel
bambino Gesù del Vangelo di Luca, colui che nasce il 25 dicembre, riscaldato dal bue e
dall’asinello nella grotta. Egli è l’archetipo spirituale dell’umanità in forma di angelo, l’angelo
dell’umanità. Così come l’umanità comincia come angelo, è destinata a ridiventarlo nella
prossima incarnazione terrestre, il Futuro Giove.

Ora, l’iconografia di San Giorgio rappresenta l’immagine di un cavaliere che sconfigge il Drago:
San Giorgio è il Santo che “ama la Terra”, Georgeos, l’agricoltore, cioè colui che “coltiva la Terra”
in senso spirituale, e per amore di questa prende su di sé la missione di salvarla dal “caos degli
elementi” che in alchimia è rappresentato proprio dal Drago. Da dopo la Tentazione di Adamo ed
Eva per mano di Lucifero nell’Era Lemurica, i 4 eteri decadono negli elementi in forma atomica,
percepibili fisicamente, come noi li conosciamo: ovvero diventano “cenere”, per analogia col
fuoco che brucia il legno e lascia dietro di sé la cenere inerte. Quello che prima era in uno stato
completamente vivente, il caos creativo dell’etere, è dopo la Cacciata dal Paradiso in uno stato di
decadenza: quello che era in origine caos creativo, necessario alla Creazione stessa, rischia di
divenire solo caso, decadendo nel reame di Ahriman e degli altri spiriti dell’ostacolo, la
cosiddetta Ottava Sfera, una sfera di contro-evoluzione rispetto alla Terra.

Gli elementi che decadono dallo stato eterico a quello fisico, perdono la qualità di caos vivente. Il
caos degli elementi diviene dunque il “caso” di cui la scienza materialistica non può fare a meno.
A questo allude anche la leggenda quando dice che “i giovani della città veniva estratti a sorte e
dati in pasto al drago”, ovvero l’etere che prevale nella giovinezza veniva ucciso per mezzo del
caso, esattamente come accade oggi con le forze dell’infanzia che vengono sacrificate ad
un’istruzione completamente materialistica, votata al caso. Una volta che il caos è decaduto in
caso è possibile per quello che era etere ed ora è elemento atomico, ricadere sotto l’intelligenza
calcolatrice di “peso, numero e misura” di Ahriman, la quale ha per fondamento stesso il caso e
dunque la menzogna. Nel “calcolare il caso” Ahriman sistematicamente uccide l’elemento vitale
ancora presente nella sostanza, ovvero intrappola l’etere. Steiner esemplifica il pensiero
materialistico arimanico in modo chiarissimo:
Questa conoscenza [materialistica] di oggi è estremamente astuta, altamente
intellettuale; soprattutto, può calcolare con una precisione mortale. I calcoli sono
accurati – ma non sono veri. – Rudolf Steiner, Nessi Karmici, Volume 6, GA240
In una conferenza del 30 dicembre 1913 (GA149) Steiner indica il cavaliere senza macchia e
senza paura San Giorgio quale immagine terrena dell’anima paradisiaca del Gesù Nathanico:
così come l’anima paradisiaca di Gesù ha preso su di sé il Cristo nei suoi quattro sacrifici, così il
cavaliere Giorgio ha preso su di sé la missione di portare il Cristo. Il Secondo Adamo si offre di
unirsi al Cristo perché ama la Terra e l’umanità, compiendo una missione contenuta nel nome
stesso “Giorgio”. A questo si aggiunge anche l’immagine arcangelica del Cristo, ovvero Michael.
Abbiamo dunque tre esseri che compartecipano alla venuta dello spirito solare Cristo:
1. L’arcangelo Michael, il Volto del Cristo e fiammeggiante principe del pensiero;
2. L’anima paradisiaca di Adamo, la forma angelica dell’uomo;
3. E infine l’essere umano Giorgio che diviene santo essendosi fatto araldo del Cristo.
Essendo l’anima paradisiaca di Gesù essenzialmente il corpo eterico originario dell’umanità, la
Stella dell’Umanità (il Pentagramma), possiamo dire in altre parole che San Giorgio possedeva in
sé una copia del corpo eterico di Gesù di Nazareth.

San Giorgio uccidendo il drago è come se divenisse uno con esso, nell’iconografia questo viene
mostrato dal fatto che la lancia non uccide direttamente il drago, bensì unisce la figura del Santo,
del cavallo e del drago in una triade: diventano un essere unico. Attraverso l’incarnazione,
l’angelica Anima Nathanica entrò così nel drago per domarlo dall’interno, in modo da limitare il
suo potere sull’anima umana. Cristo ha riscattato Lucifero per l’umanità, ma è solo l’uomo che
può riscattare Ahriman attraverso Michael e Cristo. Questo indica come l’uomo debba “entrare
nella pelle del drago” ovvero debba incarnarsi in un mondo arimanico e conquistarlo dall’interno,
così come il Cristo si è man mano incarnato nella natura umana fino a sperimentare la morte
sulla croce. Questo è il significato di San Giorgio come colui che uccide il drago e ne tiene la
pelle, divenendo il Santo Ausiliatore che guarisce dalle malattie della pelle. Il Cristo ha avuto la
missione di portare l’armonia nell’uomo e nella Terra, restaurando la possibilità di giungere alla
condizione paradisiaca, ora l’uomo deve unirsi al Cristo per poterla raggiungere.
*Pisanello
L’ariete è uno dei simboli maggiori dell'energia, del dinamismo e della rigenerazione. Unisce
i simboli della fertilità e del sacrificio. L’ariete d'oro nei templi di Israele era simbolo della
presenza di Dio. Spesso è usato come simbolo di Gesù Cristo, sottolineandone il sacrificio e la
natura redentrice.Il cane è in generale simbolo di lealtà, amicizia. Il levriero insiste maggiormente
sulla simbologia dell'amicizia spinta sino al sacrificio personale, rifacendosi alla antica leggenda
del Santo Levriero che salvò il bambino del suo signore da un serpente velenoso ma che
all'inizio, a causa di un equivoco, essendo stato creduto colpevole di aver ucciso il bambino, per
il sangue che aveva sul muso, fu decapitato dal suo padrone. Poco dopo il cavaliere si rese
conto del tragico errore: il suo fidato levriero aveva dato la vita per proteggere il bambino da un
serpente grande e velenoso.
Il levriero diventa simbolo quindi di San Giorgio e del suo sacrificio.

Nella mitologia greca la figura del Cane ricorre continuamente come custode (per esempio
Cerbero, custode del regno dei morti). È protettore, fedele seguace delle divinità , come i cani da
caccia di Artemide, e guida spirituale.

Il pericoloso drago è simbolo del sultano ottomano Murad II, con i due cuccioli, uno più grande
(Maometto II) e uno più piccolo (Alaeddin Alì).

Interessanti i ritratti per il loro codici mimetici: tra questi spiccano i due volti grotteschi a sinistra,
forse due "turcimanni", icone degli Ottomani che stavano assediando l'Impero bizantino.
http://polisemantica.blogspot.com/2018/10/san-giorgio-la-principessa-e-il-drago.htmlÈ simbolo
delle forze cosmiche avverse e precisamente l'aspetto indifferenziato, caotico, preformale del
cosmo, che tende a trattenere e ad imprigionare il dispiegarsi delle forme differenziate. Il motivo
della lotta fra il drago ed una divinità, o eroe, che finisce con il vincere, ha valenza chiaramente
cosmogonica, nel senso che le forze caotiche primordiali vengono sconfitte in quanto tali, dopo
di che può aver luogo la costituzione del cosmo. Nel Medioevo, il drago diventa la
personificazione del male che l'eroe deve superare per raggiungere la perfezione. Per gli Egiziani
era il coccodrillo, mentre il Grande Drago è simbolo del diluvio. In quasi tutte le religioni vi è
traccia di un essere misterioso che ha natura fisica ed attributi spirituali. Si tratta del Drago
mitico, simbolo dell'Adepto, storico e reale, il Maestro e Professore di Scienze Occulte
dell'antichità. Il Caldea il Drago si scriveva con due monogrammi, gli stessi di Makara, un segno
misterioso. Il simbolo del Drago ha un significato settuplice; il più alto è il Logos, il figlio della
Trinità dei Naaseniani, il più basso è l'"uomo saggio". Il Drago Giallo, in Cina, è il Capo dei Draghi,
esseri umani e divini che si nutrono di acqua (sapienza) pura e si divertono nell'acqua chiara (la
Vita). Nel simbolismo occulto, l'Arcangelo è la Materia, il Drago è lo Spirito. I Draghi di Sapienza
sono gli originali umani, i primi discepoli dei Dhyani, i primi adepti della Terza Razza. Il Drago
Volante è il Capo degli Spiriti della Sapienza Attiva, che sono i figli di Hoangty, caduti nella Valle
del Dolore. Si tratta di un'altra versione della tradizione degli Spiriti Caduti. Il Drago Rosso è il
Signore del Fosforo, il Portatore di Luce, Lucifero, il nostro Tentatore e Redentore. Il Drago
Azzurro, secondo i Cinesi, è uno dei quattro Geni dei punti cardinali. Il Drago Logos è il Drago
Settenario, il Drago dalle sette teste. Il Drago Radice è il Logos Spirituale. I Draghi Occulti della
Sapienza sono, per i Cinesi, i Geni preposti ai quattro punti cardinali. I Draghi della Divina
Sapienza Esoterica sono i Draghi del Fuoco della Saggezza, i Dhyan Chohan, gli Agnishvatta, i
Pitri, i Kumara, i Marut, i Rudra. Il drago è una delle creazioni più celebri della mitologia antica e
del medio evo. L'importanza data a questo essere nella storia favolosa presenta uno dei
fenomeni più singolari della mente umana, in quanto la sua esistenza venne fermamente creduta
dagli antichi di ogni nazione. Lo si trova nelle allegorie sacre degli Ebrei, nelle leggende sia Cinesi
che Giapponesi, dove aveva addirittura una specie di culto e venivano raffigurati un pò
dappertutto, dai vestiti ai quadri. Qui i Draghi sono il principio della felicità, governano le stagioni
ed i fenomeni meteorologici. Tutti i beni della terra sono affidati alla loro custodia ed essi li
gestiscono dalle montagne, dove abitano. Il Drago è l'Arhat dalle quattro verità e dalle ventotto
facoltà. Draghi sono i primi Iniziati ed Adepti, detti anche Serpenti di Saggezza. Il drago è il
simbolo della Divinità manifestata e questo nome veniva dato anche agli eremiti iniziati sia
perchè vivevano nelle caverne che per la loro grande Saggezza e Spiritualità. La cristianità lo
identifica con Satana e lo fa uccidere da Michele e, per esserne più sicuri, anche da San Giorgio.
Beroso racconta che per il Babilonesi il Drago fu ucciso da Bel. Il Drago dalle sette teste
rappresenta i Cicli, ed i Greci lo avevano messo al servizio di Gerione. Le lotte contro il drago
sono allegorie di fatti cosmici, astrologici e storici. La Cabala dice che la comprensione del
Drago è possibile solo agli Iniziati. Non considera il drago quale simbolo del male ma, come
Serpente, un simbolo divino. In Cina e nei paesi Buddhisti, Drago è spesso sinonimo di Sole. I
Draconti erano templi dedicati al Drago. La favola di Rahu, letteralmente cosmica,
esotericamente è legata all'Iniziazione. In Bretagna Drouk significa Diavolo; in Linguadoca, i
fuochi meteorici, o fatui, si chiamano drac; in Irlanda, il Castello di Drogheda significa il Castello
del Diavolo. Astronomicamente il Drago è talvolta simbolo della Luna; il Drago dalle sette teste è
l'Orsa Minore : ogni stella una testa. Ma il termine è usato anche per individuare i nodi : testa del
drago significa nodo ascendente, mentre coda del drago è il nodo discendente. RAPHAEL
PROJECT
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"L'energia del drago"

Il drago (o dragone) è una creatura diffusa in moltissime mitologie e culture; la rappresentazione


più diffusa in Occidente, sviluppatasi soprattutto nell'iconografia medievale, è quella del rettile
coperto di scaglie, con lungo collo e lunga coda, ali di pipistrello e possenti fauci dalle quali la
bestia è in grado di sputare getti di fuoco.
I draghi sono tuttavia mostri molto più antichi, si ritrovano ad es. presso gli antichi Egizi,
i Sumeri e i Greci (ad es. Ercole nella sua "seconda fatica" affronta l'idra di Lerna, un drago con
molte teste).

Il simbolo del drago ha un fortissimo impatto sulla psiche; suscita paure ancestrali (forse ricordo
filogenetico dell'epoca dei dinosauri) ma anche fascino ed ammirazione, a livello esoterico
racchiude la simbologia dei piani di potenze, sia nel loro aspetto distruttivo che in quello di
potenzialità da trasformare e padroneggiare per metterle al servizio della coscienza.
In Europa la figura del drago è di solito connessa al ruolo del divoratore - spesso con sacrifici
umani - e del guardiano o custode di qualche tesoro, ruolo questo, che si accentua soprattutto
nell'epoca cavalleresca, dove l'eroe che uccide il drago solitamente salva qualche donzella o
qualche popolazione oppressa e si appropria del tesoro custodito.
Nel simbolismo cristiano i draghi sono spesso considerate creature del diavolo ( "drago rosso" o
"antico serpente"), diventando simbolo e incarnazione del male da abbattere, come fanno
appunto San Giorgio e San Michele Arcangelo; eppure anche nel Cristianesimo esiste
un'accezione positiva per i draghi   i Serafini sono detti "draghi alati" o "serpenti fiammeggianti".
Il drago compartecipa dei quattro elementi: può essere creatura terrestre o sotterranea
(ctonia), acquatica, aerea ed è certamente connessa al fuoco.
Terra: a questo elemento si ricollega l'abitare in grotte sotterranee, l'attitudine a custodire tesori
nascosti e regni nascosti (è dunque custode del segreto e del sacro e "divoratore" di chi vuol
profanare tale segreto senza esserne degno).
Acqua: nella mitologia babilonese, la figura del mostro Tiamat è la personificazione
della potenza caotica dell'oceano primordiale vinta e uccisa dal dio Marduk, che ne taglia in due
il corpo e crea il mondo. Il drago acqueo, sinuoso e umido, è terribile e al tempo stesso materno;
è il caos informe dal quale nasce la vita e che pure bisogna domare, ordinare, razionalizzare, cioè
"uccidere", affinché la vita si possa sviluppare (nell'alchimia è il "serpente mercuriale" che si
forma nell'acqua e divora se stesso), in tal modo l''eroe uccisore del drago diventa
l'iniziato vincitore del disordine. Il drago appare molto legato al simbolismo sessuale, notturno e
femmineo che è proprio dell'elemento acqua (ved. il serpente simbolo della tentazione e
la pothnia theròn mediterranea - "Signora degli Animali" - raffigurata come Signora dei Serpenti).
Aria: il drago è spesso provvisto di ali e vola, dominando dall'alto le terre. Nel mito tolteco ed
azteco di Quetzalcoatl si parla di un "Serpente Piumato" portatore di conoscenza e maestro di
sapienza, simbolo di morte e resurrezione, che aveva come attributo anche quello di "Dio del
vento" (quetzal = uccello). I benefici draghi cinesi rappresentano le nubi, il tuono, la pioggia e
sono signori del tempo e dell' anno.
Fuoco: il soffiare fuoco è un attributo frequente che ne conferma il carattere ambivalente:
fecondatore e distruttore.
Ecco quindi che emerge la complessità della figura del drago (polivalente e
polisignificante): mostro divoratore, ma anche rigeneratore; immagine del caos primordiale,
signore degli stati istintuali-inferici dell'animo e potenza ancestrale (nell'immaginario di alcune
tradizioni arcaiche il drago avvolge nelle sue spire l'intero cosmo); progenitore di vita
umana (nella mitologia greca Cadmo uccide il drago che sta a guardia della Fonte Castalia e ne
semina in terra i denti, dai quali nascono immediatamente uomini armati); protettore della
nazione nella tradizione imperiale cinese ed in quella celtica e germanica (il "draco normannicus"
era spesso raffigurato sugli scudi dei guerrieri nordici).
Come riportato nell'interessante articolo di Franco Cardini:
"Ciascuno di noi ha il suo drago da abbattere: per questo il Drachenkampf (lett.
"battaglia con il drago"), la vittoria su se stessi e sulle pulsioni più abbiette dell'io,
diviene un momento centrale del "processo d'individuazione" proposto da Carl Gustav
Jung. Tale battaglia, volta alla conquista del tesoro che sta nel fondo di noi stessi, è
però, appunto perché tale, una iniziazione. Nella Sigurdhsaga, per questo, il cuore e il
sangue del drago Fafnir, ingeriti dal vincitore Sigurdh, gli daranno il dono di intendere
il linguaggio degli uccelli: (N.d.R. da notare che nella Tradizione spesso gli uccelli
sono associati agli iniziati) cioè gli procureranno la sapienza che deriva dalla vittoria
su se stessi e sulla parte più oscura e ferina di sé.
Mostro ma anche maestro, il drago si sacrifica rivelando al suo uccisore - che perciò
è anche suo allievo, e quindi, ritualmente, suo figlio - il segreto profondo dell'
essere. L'iniziazione termina con la morte dell'iniziatore e con il suo rivivere -
attraverso l'ingestione del cuore e del sangue - nell'iniziato. E l'eroe sa bene che
affrontare il "suo" drago significa guerreggiare con se stesso, suicidarsi come uomo
vecchio per risorgere come Uomo Nuovo."
In quanto simbolo del paganesimo e del male, il drago è un personaggio frequente
nelle storie dei santi medievali. La lista dei santi sauroctoni - cioè uccisori di draghi -
è infatti molto lunga: Teodoro, Silvestro, Margherita e Marta (che però si limitò ad
ammansire il mostro) sono solo i più famosi. A questi si aggiunge l'arcangelo
Michele, alla guida della battaglia contro il drago apocalittico.
Tra gli uccisori di draghi, tuttavia, nessuno ha riscosso tanta venerazione popolare quanto san
Giorgio, scelto come patrono dall'Inghilterra e dal Portogallo.

Della sua vita non ci sono notizie storicamente fondate, se non che fu un soldato originario della
Cappadocia, martirizzato sotto Diocleziano. Le storie che lo riguardano sono quindi il risultato di
elaborazioni medievali, che si arricchivano progressivamente di dettagli.

L'iconografia tradizionale di Giorgio è legata al suo miracolo più celebre, quello appunto
dell'uccisione del drago. L'episodio, come viene riportato nella Legenda Aurea di Jacopo da
Varagine, è noto: per tenere lontano un mostro che infesta la città libica di Selem, gli abitanti
estraggono a sorte giovani vittime da dargli in pasto; quando il sacrificio tocca alla figlia del re,
compare san Giorgio a cavallo, che neutralizza il drago (la scena immortalata dagli artisti); quindi
invita la principessa a legare la cintola al mostro, ora mansueto, per condurlo in città; di fronte al
miracolo, il re e l'intera popolazione si convertono; e il drago viene finalmente ucciso.
Dal XII secolo in poi la scena della lotta contro la creatura demoniaca è frequentissima in tutta
Europa, ed è testimoniata in pittura...

In Occidente l'iconografia del santo si basa quasi prevalentemente su questo


episodio (gli altri miracoli e il suo martirio sono rappresentati raramente) e l'attributo
caratterizzante di san Giorgio diventa il drago.
Non sempre però il nostro martire equestre è stato rappresentato così. In origine, anzi, non c'era
traccia di draghi nelle storie del santo, e tanto meno nell'iconografia.

La più antica rappresentazione di san Giorgio risale alla prima metà del X secolo e si trova in
Armenia, nella chiesa della Santa Croce eretta sull'isola Akdamar. Qui un bassorilievo mostra tre
santi a cavallo, e tra questi c'è anche Giorgio, raffigurato mentre trafigge con la sua lancia non un
drago, bensì una figura antopomorfa. Gli altri due cavalieri sono san Sergio che uccide un
animale feroce (al centro), e san Teodoro alle prese - lui sì  - con un drago (a sinistra).

All'epoca infatti il santo sauroctono per eccellenza era Teodoro di Amasea, santo


soldato noto a partire dal VII secolo per aver sconfitto un essere mostruoso. Ecco
spiegato perché, nelle rappresentazioni altomedievali, la figura del drago è
associata in esclusiva a lui. Nei secoli seguenti san Teodoro continuerà a essere
affiancato dal drago (come la statua sulla colonna in piazzetta San Marco a Venezia)
ma l'iconografia sarà minoritaria.
Fino all'XI secolo nelle storie su san Giorgio non c'era invece alcun riferimento all'uccisione di un
drago: il santo era venerato semplicemente come soldato-martire che aveva convertito i popoli
infedeli. Per questo fino ad allora l'immagine tradizionale che lo rappresentava era di un cavaliere
intento a trafiggere un uomo, simbolo del persecutore pagano e dell'eresia.

La credenza che anche Giorgio avesse fronteggiato un mostro prese corpo in Oriente proprio in
questo momento, forse sulla spinta delle stesse rappresentazioni figurative.

Negli affreschi e nei rilievi orientali infatti il santo era sempre affiancato da Teodoro, in lotta con
il (suo) drago: una prossimità che a un certo punto indusse gli artisti a far convergere verso il
mostro entrambi i santi, fino a che Giorgio non "assorbì" del tutto il tema figurativo del drago. La
prima testimonianza è in Cappadocia, nella chiesa di Santa Barbara a Soganli (XI secolo

Contemporaneamente, intorno all'immagine di san Giorgio che uccide il drago iniziò a


definirsi una storia vera e propria, che si faceva tanto più ricca di particolari quanto
più il culto del santo si diffondeva.
I primi testi che narrano l'episodio risalgono alla fine dell'XI secolo e contengono già tutti gli
elementi che conosciamo: il mostro lacustre, la principessa salvata, l'addomesticamento del
drago condotto in città, la conversione del popolo.

La storia di san Giorgio e del drago si stava diffondendo, ma avrebbe mantenuto ancora a
lungo una dimensione locale, circoscritta alle regioni orientali, se non fosse stato per le Crociate.
I cristiani si identificarono facilmente nel santo vittorioso che aveva liberato una terra in mano
agli infedeli: come santo protettore dei crociati, nessuno era più adatto di san Giorgio.

Ma anche un altro fattore potrebbe aver contribuito al successo del santo tra i soldati pellegrini:
la visione, a Bisanzio, di una grande tavola dipinta raffigurante un sovrano che trafigge un drago,
schiacciandolo sotto i suoi piedi. L'immagine era posta davanti al vestibolo del Palazzo imperiale
e rappresentava l'imperatore Costantino trionfante sulla "tirannia degli empi", simboleggiata da
un drago-serpente. L'iconografia aveva goduto di grande fortuna ed è plausibile che i crociati ne
avessero visto un esemplare, poi sovrapposto all'impresa del santo sauroctono.

In tempi rapidissimi il culto di san Giorgio si diffuse in tutta Europa, e con esso la
rappresentazione del cavaliere che uccide il drago (in Inghilterra la prima immagine è dell'inizio
del XII secolo). Mentre in Oriente il mostro aveva un aspetto simile al serpente, la versione
esportata dai crociati aumentava di dimensioni e acquistaIl dipinto di Paolo Uccello è ripartibile
innanzitutto tracciando una linea verticale a metà esatta del quadro: nella metà di sinistra si
vengono a trovare la Principessa, che occupa il settore più vicino alla cornice, e il Drago e nella
metà di destra San Giorgio. A ben guardare l'atteggiamento della Principessa è ambiguo, non si
capisce se ha paura, se mostra i legacci alla ricerca di comprensione e libertà o invochi pietà per
il Drago. L'intero lato sinistro è occupato, come sfondo alle spalle del Drago e della Dama, da una
caverna che ragionevolmente è sia la sua origine che la sua tana. Questo perché il Drago è
animale tellurico per eccellenza, nasce dalle viscere della terra, condividendo questa origine con
tutto quello che dalle profondità oscure provengono come l' acqua, l'oro e le gemme, e da qui
genera i terremoti con i suoi movimenti inconsulti. I terremoti che il Drago suscita sono reali ma
anche metaforici: rapimento di principesse, siccità o alluvioni, pestilenza e carestia, gli
scuotimenti sono anche sociali rivoluzioni, sommosse in una parola il portatore del Caos. Il
Drago con la sua forma orizzontale appartiene al regime della dissoluzione dei legami dei riti
dionisiaci.
va zampe e ali, trasformandosi nel drago che tutti noi conosciamo

La parte destra del quadro è occupata da San Giorgio a cavallo nell'atto di infliggere al suo
nemico il colpo mortale. Dietro di lui la campagna fertile e una nuvola carica di tempesta,
all'estrema destra in alto della raffigurazione, con una curiosa forma a spirale. Il terreno dello
scontro, l'area antistante l'ingresso della grotta, è arido e devastato mentre il cielo è scuro con la
presenza della luna che rimanda però più a un crepuscolo, al momento della sospensione tra
luce e ombra, che a una scena notturna vera e propria.
Le due metà del quadro si fronteggiano come si fronteggiano i due contendenti e ogni dettaglio
svolge la funzione narrativa nella storia. Al centro del quadro in basso si trova collocata la testa
del Drago colpita dalla lancia di San Giorgio, impossibile non risalire lungo la lancia stessa con
una diagonale che attraversa il quadro da sinistra verso destra fino al braccio del cavaliere. Ma lo
sguardo, preso l'abbrivo dinamico della diagonale, non si ferma arrivando alla nuvola tempestosa
a forma di spirale immediatamente dietro San Giorgio. La spirale è il segno dell'infinito e in
questo caso è metafora di Dio nero di collera, una vera Ira di Dio. La relazione creata dallo
sguardo ci esplicita che San Giorgio è in missione per Dio e che è di Dio la forza immensa
necessaria per colpire a morte il Drago. Improvvisamente la lettura del quadro si dinamizza con
una brusca accelerazione nel tempo dell'azione ma anche nel tempo della comprensione. Il
quadro di Paolo Uccello illustra chiaramente che gli elementi della pittura altro non sono che i
risultati reali del movimento e della forma, della tensione e della direzione.
Proviamo a rileggere la storia nel quadro alla luce di quanto detto: tutta la rappresentazione è
organizzata per coppie di opposti: Bene contro Male; Luce/Ombra, Vita/Morte, Destra/Sinistra;
Alto/Basso; Verticale/Orizzontale; Vicino/Lontano; Dicibile/Indicibile; Natura/Cultura;
Realtà/Fantasia; Solare/Lunare; Cosmo/Caos... e difficilmente l'Uccello non è ricorso a queste
coppie per meglio far intendere il ruolo dei personaggi e il loro portato nella raffigurazione.
Queste coppie di opposizioni formano quelle strutture invarianti, profonde, universali e a-
temporali, che sottostanno alla lettura della realtà e alla formazione dei miti per Claude Lévi-
Strauss. In breve il suo punto di partenza è che la natura della mente lavora attraverso la forma.
Ogni esperienza è ricevuta in una forma strutturata, e queste forme o strutture, che sono una
condizione della conoscenza, sono generalmente inconsce (come per esempio le categorie
inconsce del linguaggio). Inoltre esse variano poco sia nei moderni che negli antichi. Consistono
sempre nella creazione di una coppia di opposti, che si equilibrano l'un l'altro e disposti in modi
diversi rappresentabili algebricamente. Quello che ci interessa qua è che si tratta di strutture
inconsce con cui leggiamo il mondo riportando tutte le informazioni che riceviamo a categorie
che ci forniscono le nostre scale di valori siano esse personali o siano condivise dai gruppi
sociali di appartenenza: la nostra personale coppia di opposizione tra Bene e Male ci fa decidere
quale valore dare ad un fatto e quindi quale atteggiamento prendere, se più rigido o più elastico,
intransigente o compromissorio. La nostra mente, in base ad educazione ed esperienze, si forma
le cornici mentali, i brainframes, mediante le quali si inquadra letteralmente ciò che i nostri occhi
fanno arrivare al nostro cervello. La lettura del mondo in coppie antagonistiche forma l'ossatura
della realtà e fa si che qualsiasi forma di comunicazione che si strutturi tenendo conto di questo
venga recepita immediatamente. San Giorgio assume quindi i caratteri dell'eroe solare, apollineo,
verticale, che, venendo da un Altrove non definito e diretto ad un Altrove altrettanto non definito,
capita nel posto giusto al momento giusto per salvare il mondo dal terremoto sociale scatenato
dal Drago, dionisiaco, orizzontale e notturno, con il sequestro della Principessa e così facendo
ristabilisce le regole. Si possono interrogare quante persone si vogliano e arrivare a scoprire che
nessuna conosce la storia di San Giorgio; ciononostante tutti riconoscono i protagonisti del
quadro e i valori di cui sono portatori. San Giorgio e il Drago sono mitizzati divenendo archetipi di
una forma di comunicazione strutturata dalla dialettica duale delle contrapposizioni. Citiamo
ancora, solo per stimolare la memoria del lettore a ripercorrere le trame dei film che ha visto, la
divisione in Alto versus Basso di Metropolis di Fritz Lang dove ai luminosi giardini pensili della
classe dirigente sempre vestita di bianco corrispondono i tetri sotterranei degli operai senza
volto e senza nome uniformati da una divisa scura. Ne I guerrieri della notte alla Nuova York
diurna e amministrata si contrappone una Nuova York notturna dominata dalle bande di
quartiere tra cui protagonisti si muovono in una allucinante Odissea metropolitana. Anche dal
punto linguistico ai quartieri alti si contrappongono i bassifondi: dal romanzo I misteri di Parigi di
E. Sue in poi fino al film Giungla d'Asfalto l'avventura, il crimine e il mistero popolano la notte e i
luoghi sotterranei.
Questo modello di lettura della realtà poggia su elaborazioni inconsce condivise e a sua volta le
condiziona: è proprio dalla tensione dialettica e dinamica delle coppie di opposizioni che
derivano le regole di scrittura e interpretazione della realtà. Da qui la facilità con cui recepiamo la
Storia in termini polarizzati di lotta tra Guelfi e Ghibellini, tra Guelfi Bianchi e Guelfi Neri, tra
Montecchi e Capuleti, tra Bartaliani e Coppiani, tra Sacchiani e Trapattoniani, tra Livornesi e
Pisani, tra Callas e Tebaldi, Moser e Saronni, Anquetil e Gaul, Beatles e Rolling Stones... da qui
comincia il viaggio per portare in superficie queste strutture che sottendono alla lettura del
mondo che la nostra mente fa, per analizzarle e riorganizzarle per una comunicazione efficace o
una rappresentazione convincente.
Per comprenderci meglio facciamo un salto in avanti di qualche centinaio d'anni e arriviamo
all'eroe dei romanzi di Ian Fleming, James Bond ovvero 007, e alla fortunata serie di film che ne
sono derivati. Esaminiamo "Doctor No", in italiano "007, licenza di uccidere"; "Goldfinger" e
"L'uomo dalla pistola d'oro". Cambiano le ambientazioni di partenza e di arrivo (Bahamas, Europa
e Giappone) ma alcune caratteristiche rimangono costanti nei tre film: il cattivo, rappresentante
del male. Vive in una grotta (o in laboratorio-bunker sotterraneo) protetto da guardie del corpo
ferocissime e in divisa da cattivo (divise congegnate in maniera tale da rendere anonimi i loro
portatori: il Male tende a levare l'individualità, e il libero arbitrio, più che ad assoggettarla),
possiede una incalcolabile ricchezza che lo mette in condizione di sviluppare tecnologie
straordinarie e il suo obbiettivo è quello di scatenare il Caos. Attenzione: non arrivare al potere,
non diventare l'Imperatore del Mondo ma semplicemente provocare il Caos per il Caos. Il
rappresentante del Male vuole dissolvere i legami sociali e le gerarchie che li custodiscono.
Come il Drago di San Giorgio che rapisce la Principessa, simbolo dell'equilibrio, generando
l'aridità e la sterilità dei campi e la pestilenza così Goldfinger vuole rendere radioattiva la riserva
aurea americana custodita a Fort Knox rendendola socialmente sterile e facendo tracollare
l'economia mondiale. È curioso che tutti noi accettiamo questa parte del racconto senza farci
domande del tipo: ma che cavolo ci guadagnano Goldfinger, il Dottor No e l'Uomo dalla Pistola
D'Oro a generare il caos? È la propria natura che li fa agire in questo modo, è il ruolo assegnato
loro dalla struttura narrativa che ce li fa riconoscere immediatamente come personaggi tellurici,
rappresentanti del regime notturno della vita, contro cui va a combattere l'eroe solare James
Bond, custode del Cosmo.
Ancora un esempio: il primo King Kong, quello del 1933, con Fay Wray.
Un producer cinematografico ha affittato un battello con tutto l'equipaggio per recarsi con la
troupe in una isola esotica a girare sequenze mozzafiato con fondali e comparse autentici. Al
momento della partenza la prima attrice non si presenta ma il producer non si perde d'animo: si
mette in cerca di un volto nuovo tra la folla e trova Fay Wray in fila alla mensa dei poveri in attesa
di un pasto caldo. Reclutata al volo la prima attrice, la nave può partire. Si arriva nell'isola nel
mezzo di una cerimonia misteriosa durante la quale gli aborigeni mostrano grande deferenza e
timore nei confronti di una gigantesca palizzata che separa il villaggio dalla giungla più nera. Il
producer ordina di riprendere la cerimonia ma gli indigeni si accorgono della loro presenza e,
fatti prigionieri tutti i componenti della troupe, drogano Fay Wray e la offrono in sacrificio. Dalla
giungla nera, questo Aldilà della palizzata, emerge gigantesco s spaventoso un gorilla immane
che prende con sé la Wray e si lancia nell'oscurità. Il secondo di bordo liberatosi organizza un
inseguimento. Il mondo di là è una terra rimasta all'età della pietra e Kong deve battersi con
creature antidiluviane per mantenere il possesso della sua preda. Arrivato presso la sua tana
comincia a spogliare la Bella e viene sedotto dall'odore della sua biancheria intima. Ma davanti
all'intensità del desiderio impossibile della Bestia anche Fay Wray non resta insensibile. Una
curiosa e un tantino morbosa relazione si instaura tra i due. Ma arriva la spedizione di soccorso
che in qualche maniera riesce a salvare la ragazza e a rendere innocuo, apparentemente, Kong. Il
cinico producer, contro il parere di tutti, decide di portare il gorilla a Nuova York per esporlo in
pubblico a pagamento. Ribattezzato King Kong lo scimmione viene esibito in un teatro ma i flash
dei fotografi e le grida di panico del pubblico lo innervosiscono fino a fargli spezzare le catene e
fuggire. Il gorilla impazzito semina panico, morte e distruzione in città abbattendo palazzi,
masticando civili ignari: un vero e proprio terremoto. Alla fine la tecnologia, rappresentata dai
carri armati ma principalmente dagli aerei, ha ragione della Bestia riportando l'ordine, le regole, in
città. La coppia principale di opposizioni è evidentemente quella tra Natura e Cultura, un tema
che Hollywood sfrutterà con successo negli anni a seguire. In particolare il tema scatenante
della rapacità di imprenditori senza scrupoli (ma anche esperimenti scientifici sfuggiti di mano)
in anni di ecologia ha incontrato un certo successo. Il compito di ristabilire le regole spetta agli
aerei che rappresentano la forza immane della nuova divinità del secolo: la tecnologia. Nel film si
esplicita in maniera chiara il ruolo di fascinazione reciproca che la Wray e Kong, letteralmente la
Bella e la Bestia, hanno e che spiega in parte la postura ambigua della figura femminile nel
quadro di Paolo Uccello (riprenderemo questo rapporto più avanti a proposito degli archetipi);
principalmente però ribadisce il carattere ctonio, orizzontale, notturno, acquatico e proveniente
dal profondo della Bestia, fino a farne una figura archetipale.
Questo archetipo funziona non solo nelle rappresentazioni pittoriche o cinematografiche ma
anche nelle raffigurazioni della realtà effettuate dai giornali. La Repubblica del 14 settembre
1998 presenta la piantina con annessa descrizione del segretissimo covo di Osama Bin Laden:
"Il miliardario saudita vive in una residenza ultramoderna custodita in una grotta fra i monti
dell'Afganistan"; "Una gigantesca antenna parabolica è nascosta tra gli alberi"; "L'arsenale dove
sono custodite pistole, kalashnikov, mortai e munizioni"; "Miliziani taleban afgani e ex mujahdin
arabi sorvegliano con armi pesanti e artiglieria antiaerea l'ingresso della grotta dove si cela in
quartier generale di Osama Bin Laden"; "Lo studio ha una scrivania con due computer e un fax
collegati al resto del mondo tramite dei telefoni satellitari"; "La camera da letto di Bin Laden con
tre letti e una ricca libreria di testi islamici".La fonte che ha fornito la piantina così dettagliata
non è specificata, è sufficiente comunque immaginare i talebani tutti con turbante e barba per
renderli anonimi e feroci quanto basta per rientrare nei parametri comunicativi di cui sopra.
Quanto detto non vuole levare nulla alla ferocia di Osama Bin Laden e a quella dei Talebani, vuole
soltanto dimostrare che nella comunicazione per immagini esistono strutture profonde che, se
adeguatamente sollecitate, aiutano a veicolare il messaggio e la sua comprensione. Si vuole
inoltre dimostrare che nel triangolo autore (progettista) - opera - spettatore si presuppone
un cinetico, dinamico sguardo spettatoriale che può e deve essere pianificato nel progetto
dell'opera al di là del fatto che lo spettatore sia mobile o seduto.
Possiamo affrontare l'atteggiamento ambiguo della Principessa e provare ad andare oltre
nell'analisi che Vogler [2] dedica ai personaggi femminili nel suo manuale di sceneggiatura
cinematografica. La Principessa custodisce la soglia della Caverna, dell'antro in cui l'avventura
non sarà solo un susseguirsi di colpi di scena ma anche un percorso interiore.
Medea, Circe, Arianna sono sulla soglia dell'Aldilà, del Mondo Straordinario, custodi del sapere
che consente andare e, ancora più importante, consente di tornare. I rispettivi Eroi, Giasone,
Ulisse, Teseo, non sarebbero in grado di compiere la loro missione se non ci fosse
l'intercessione e il sapere delle tre giovani donne. Tutte hanno un duplice nome a cui si abbina
una duplice funzione: quella diurna, solare e quella notturna, lunare. Quest'ultima in particolare
dona il potere sull'acqua e sui riti della pentola ribollente, in ultima sopravvivenza i filtri. Da una
parte quindi il legame con l'Eroe solare e dall'altra il vincolo di parentela, attraverso la Madre
Terra, con il Drago. In qualsiasi momento Medea, Circe e Arianna possono mostrare il loro volto
luminoso così come il volto oscuro e terrificante delle creature della Grotta. L'archetipo del
Mutaforme di Vogler, in particolare quando parla della femme fatale, muove da qui.
Anche le loro co-funzionarie, le Sibille, in particolare quella che indica a Enea la via degli Inferi,
siedono sulla bocca del mondo straordinario, alla soglia dell'antro in cui aveva dimora il serpente
- drago Pitone. Tutte le nostre figure femminili custodiscono un potere che deriva dalla Natura: il
potere della trasmutazione. Sono capaci di operare la metamorfosi tra organico e inorganico, tra
organico e organico. Diana, la divinità lunare per eccellenza, muta Atteone, che l'ha rimirata nuda
nella fonte sacra, in cervo; Circe muta i compagni di Ulisse in porci, Medea e Arianna
custodiscono il metà umano e metà bestiale. Tutte conducono l'Eroe oltre l'umano, verso la
coscienza dell'Altro da sé, delle paure e dei dolori che questo genera. Il viaggio nella Grotta, nel
Labirinto, nell'Ade, in ogni Altrove possibile, è anche un percorso spirituale.
Come ricorda Vogel, nella caverna più profonda si muore e si rinasce più umani di prima. La
transizione della soglia diviene la metafora di altre molteplici trasformazioni.
Così nel Robin Hood di Kevin Costner i Guardiani della Soglia sono due. Uno è palesemente Little
John che sorveglia il limite del Mondo Straordinario, la Foresta, e che obbliga Robin a battersi
non con le armi da cavaliere, di cui il giovane era sicuramente più che esperto, ma con il bastone
delle classi subalterne a cui la spada era vietata. Lascia la spada luccicante, forgiata nel fuoco
con tecnica sapiente, per prendere il bastone di legno proveniente dalla foresta. Così facendo
lascia il simbolo di una divisione sociale che distingue in caste per unirsi e confondersi con i
senza nome: gli Allegri Compagni della Foresta. Per varcare la soglia Robin deve spogliarsi della
vecchia identità e di tutto quello che fino ad allora aveva fondato la sua identità e le sue
sicurezze. Colui che cade nel fiume che segna il confine della Foresta, e naturalmente
sparendoci fino a farci credere di essere morto, è il nobile Robin di Locksley, la persona che
riemerge è Robin Hood l'uomo destinato, rinunciando ai simboli dell'orgoglio della sua casta, a
divenire il più nobile di tutti perché capace di farsi carico dei problemi di tutto il popolo. Il
medaglione, posta in gioco della contesa con Little John, diviene l'oggetto simbolo della crescita
di Robin: non più un dono avuto senza fatica ma la certificazione di una vittoria pagata con
sofferenza e umiltà. L'archetipo di questo comportamento va cercato nel ciclo di romanzi cortesi
dove Lancillotto, lanciato al salvataggio della regina Ginevra, per raggiungerla accetta di salire,
privato delle sue armi, sulla carretta dei condannati condotta da un nano deforme e esponendosi
al ludibrio.
L'altro Guardiano è Lady Marian che accoglie Robin con diffidenza mista a ostilità: il Robin che lei
ricorda era un ragazzo aggressivo, arrogante e superbo. Questo Robin non aveva avuto un attimo
d'esitazione a partire per andare a versare sangue in terre lontane disinteressandosi
completamente delle sofferenze generate partendo. Sarà Lady Marian ad accompagnare e
condurre Robin nel transito della soglia tra l'incosciente giovinezza e la maturità da adulto
consapevole delle proprie scelte e delle conseguenze dei propri gesti.
In questa versione del racconto, Marian si contrappone come simbolo luminoso alla strega che
nell'antro scuro elabora malefici per lo Sceriffo. Quando le due attitudini coesistono, come in
Medea, Arianna e Circe, avremo come detto l'archetipo della femme fatale.

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9 APRILE 2021 47 APRILE
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Inizia oggi viaggio Iche
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La principessa è interpretata simbolicamente come il principio psichico femminile, psiché, l'anima ( ed in questo aiutano il colorito
biancastro della carne ), essa tiene al guinzaglio, cioè le domina le forze incontrollabili dell'inconscio ( Matilde Battistini, 2002,
p.161, mostro ). Il drago è la prigione di psiché, dell'anima;" come forza cosmica  unisce la natura celeste del fuoco al principio
acquatico e terrestre del rettile, svolgendo un'importante funzione generativa e vitale" ( Battistini, idem ). Così Borges definisce il drago:
Informazion
" Un grosso Archivio
e alto serpente con artigli blog
e ali è forse la descrizione più fedele del drago. Può essere nero, ma conviene che sia anche
lucente;i anche
personali
se si vuole esigere che esali boccate di fuoco e fumo...in Occidente il drago fu sempre immaginato malvagio. Una
delle imprese classiche degli eroi ( Ercole, Sigurd,
 Archivio San Michele, San Giorgio ) era di vincerlo ed ucciderlo...nell'Apocalisse di Giovanni
blog gennaio
Giangiacomo
si parla due volte del drago,"il vecchio serpente che è Diavolo e Satana", analogamente S. Agostino scrive che il Diavolo è leone e
Scocchera (3) aprile (2) giugno
drago; leone per l'impeto, drago per l'insidia". Jung osserva che nel drago ci sono il serpente e l'uccello, l'elemento della terra e
(1) luglio (1) settembre
Visualizza il mio drago, in Manuale di zoologia fantastica, Einaudi, Torino,1962, pp.64-66. Dunque, serpente e uccello, terra
quello dell'aria"J.L.Borges, Il
e aria. Ilprofilo completo invece
drago della Legenda è (1) ottobre (1) novembre
legato all'elemento dell'acqua, vive nelle acque di un lago, come si dice del mostro di Loch Ness in
(3) dicembre
Scozia. Nell'opera di Paolo Uccello non abbiamo(18) 
specchi d'acqua, il drago sta sulla terra poggiando le zampe artigliate, guarda con grandi
mostruosi occhi San Giorgio, spalanca una bocca spaventosa rossa con denti, quattro lunghi ed aguzzi, bianchissimi. L'inverosimile lancia
di Giorgio colpisce il drago alla testa, lo trafigge, facendogli uscire dalla bocca un fiotto di sangue che si versa in terra. Secondo Gilbert
Durand il " drago sembra riassumere simbolicamente tutti gli aspetti del regime notturno...: mostro antidiluviano,belva del tuono,furore
dell'acqua,seminatore di morte, è certo come ha notato Donteville una"creazione della paura"( G. Durand,1972,90 ). Sempre Durand
sottolinea come "nulla è più comune del legame tra l'archetipo del sauro e i simboli vampirici e divoranti ( idem )" Possiamo indicare i
due canini lunghi e affilati e il sangue che cade al suolo nel dipinto di Londra. Interessante è anche sottolineare come Durand indichi per
il drago la feroce voracità, lo strepito delle acque e del tuono, l'aspetto squamoso e tenebroso dell'acqua spessa. La caverna che si apre
alle spalle del mostro indica la profondità, l'oscurità dell'inconscio.E', naturalmente la tana del drago, un luogo oscuro, dove si annida il
male. La funzione del Santo-Cavaliere è quella di frenare le forze incontrollate e di ricondurle all'interno dell'essere, di depotenziare la
malvagità per far trionfare la Chiesa. San Giorgio monta un cavallo immacolato ( il bianco è un indice simbolico della purezza ), è il
cavaliere del bene, la gioventù contro la vecchiaia nel senso della sua negatività come prevaricazione. La scena ha caratteri che
accentuano il tono tardogotico favolistico: il cielo azzurrino associato alle masse aggrovigliate e ruotanti, la caverna aperta che sembra
fatta di cartone, la dama con la sua esile figura, il cavaliere armato sul cavallo bianco, il mostro spaventoso. Alcuni stilemi sottolineano ed
accompagnano il carattere gotico: la criniera arrotondata, ogivale, del cavallo che ripete l'andamento curvilineo delle nubi tempestose e
del bosco-foresta, ad esempio, oppure gli speroni sporgenti di roccia della grotta. Sul prato ( o sulle aiuole ), che sono indice della
perfezione cristiana che il demonio osa calpestare, si legge una grande U, che indica l'iniziale del soprannome del pittore, una originale
firma autografa. Il diavolo ha, come ha eccezionalmente spiegato Baltrusaitis, 1982, pp. 159-161, ali di pipistrello, con una membrana
tesa sull'ossatura forte, solo così esso è definitivamente e figurativamente lontano dal Paradiso da cui pure era disceso. Le ali del mostro
di Paolo Uccello sono appunto ali di pipistrello, arricchite da questi circoli variopinti che ricordano quelli delle ali di pavone. Ricordiamo
che spesso gli angeli hanno ali simili a quelle di pavone, ora il drago-mostro, non più angelo, sembra qui conservare i primi segni
paradisiaci, quasi sottolineati con senso ironico e straniante. Diversamente da Paolo, Raffaello dipinge un S. Giorgio e il Drago che
presenta caratteri meno favolistici e più realistici: non un paesaggio di cartapesta, bensì un'immagine inconfondibilmente umbra nei colli
e nei pascoli. Qui il santo-guerriero ha un aspetto più intenso e più distaccato allo stesso tempo, più aristocratico nell'espressione,
piuttosto che quella da figurina, da figurante carnevalesco ( a Firenze, va detto, durante la Festa di S. Giovanni, si potevano
vedere tableau vivant con la rappresentazione di San Giorgio e il drago e non è improbabile che Paolo vedendoli abbia tratto la dovuta
ispirazione ), il drago è nero ( ricordiamo che il nero, che simboleggia le forze infernali e l'abisso, è il colore con il quale più
comunemente si raffigura il diavolo ), e al suolo, sotto la dominante e vincente figura del Santo dominatore. Lancia che lo ha trafitto è una
lancia da torneo, lunga, acuminata e a bande bianco-rosse. La lancia è spezzata, un moncone fuoriesce dal petto del drago, altri pezzi sono

in terra.    Al centro del dipinto, sulla groppa del mostro marino vediamo Perseo ( l'eroe ) a sinistra, legata ad un
tronco ( non ad una rupe, qui ) è Andromeda ( la fanciulla perseguitata ). Gli elementi essenziali del racconto,
anche qui rappresentato in una scena di tono favoloso, sono dunque non diversi, anzi gli stessi, della Storia di S.
La parte destra del quadro è occupata da San Giorgio a cavallo nell’atto di infliggere al suo
nemico il colpo mortale. Dietro di lui la campagna fertile e una nuvola carica di tempesta,
all’estrema destra in alto della raffigurazione, con una curiosa forma a spirale. Il terreno dello
scontro, l’area antistante l’ingresso della grotta, è arido e devastato mentre il cielo è scuro con la
presenza della luna che rimanda però più a un crepuscolo, al momento della sospensione tra
luce e ombra, che a una scena notturna vera e propria.

Le due metà del quadro si fronteggiano come si fronteggiano i due contendenti e ogni dettaglio
svolge la funzione narrativa nella storia. Al centro del quadro in basso si trova collocata la testa
del Drago colpita dalla lancia di San Giorgio, impossibile non risalire lungo la lancia stessa con
una diagonale che attraversa il quadro da sinistra verso destra fino al braccio del cavaliere. Ma lo
sguardo, preso l’abbrivo dinamico della diagonale, non si ferma arrivando alla nuvola
tempestosa a forma di spiarle immediatamente dietro San Giorgio. La spirale è il segno
dell’infinito e in questo caso è metafora di Dio nero di collera, una vera Ira di Dio. La relazione
creata dallo sguardo ci esplicita che San Giorgio è in missione per Dio e che è di Dio la forza
immensa necessaria per colpire a morte il Drago. Improvvisamente la lettura del quadro si
dinamizza con una brusca accelerazione nel tempo dell’azione ma anche nel tempo della
comprensione di quello che si sta guardando. Il quadro di Paolo Uccello illustra chiaramente che
gli elementi della pittura altro non sono che i risultati reali del movimento rappresentato e
suggerito e della forma, della tensione e della direzione nello spazio.

Proviamo a rileggere la storia nel quadro alla luce di quanto detto: tutta la rappresentazione è
organizzata per coppie di opposti: Bene contro Male; Luce/Ombra, Vita/Morte, Destra/Sinistra;
Alto/Basso; Verticale/Orizzontale; Vicino/Lontano; Dicibile/Indicibile; Natura/Cultura;
Realtà/Fantasia; Solare/Lunare; Cosmo/Caos … e difficilmente Paolo ’Uccello non è ricorso a
queste coppie con meglio far intendere il ruolo dei personaggi e il loro portato nella
raffigurazione. Queste coppie di opposizioni, che sono alla base del pensiero duale, formano
quelle strutture invarianti, profonde, universali e a-temporali, che sottostanno alla lettura della
realtà e alla formazione dei miti per Claude Lévi-Strauss. In breve il suo punto di partenza è che
la natura della mente lavora attraverso la forma. Ogni esperienza è ricevuta in una forma
strutturata, e queste forme o strutture, che sono una condizione della conoscenza, sono
generalmente inconsce (come per esempio le categorie inconsce del linguaggio). Inoltre esse
variano poco sia nei moderni che negli antichi. Consistono sempre nella creazione di una coppia
di opposti, che si equilibrano l’un l’altro e sono disposti in modi diversi rappresentabili
algebricamente.

Su queste strutture inconsce dunque noi ci appoggiamo per leggere il mondo. Quello che ci
interessa qua è leggere un poco più a fondo il quadro non dal punto di vista di uno storico
dell’arte ma dal punto di vista di chi abitualmente racconta storie, le racconta con le immagini,
per arrivare a trovare ciò che nel tempo e nel variare delle tecnologie usate in realtà non è mai
cambiato.
Intanto prendiamo atto che la Principessa non si trova nello stesso lato del quadro in cui si trova
San Giorgio Se non contiamo il cavallo, che pure ha un suo valore simbolico, gli attori principali
del quadro, e quindi della storia, sono quattro: Dio, San Giorgio, il Drago e la Principessa. In
questa crociera, o giro lungo come lo avrebbe chiamato Frazer, ci occuperemo proprio della
Principessa e lo faremo comparando storie e immagini di epoche diverse e lontane tra loro.

La prima cosa che balza agli occhi della Principessa è la sua postura ambigua: non si capisce se
è prigioniera del Drago o se lo sta portando a fare i bisogni visto che il laccio è decisamente
lasco.

La parte destra del quadro è occupata da San Giorgio a cavallo nell’atto di infliggere al suo
nemico il colpo mortale. Dietro di lui la campagna fertile e una nuvola carica di tempesta,
all’estrema destra in alto della raffigurazione, con una curiosa forma a spirale. Il terreno dello
scontro, l’area antistante l’ingresso della grotta, è arido e devastato mentre il cielo è scuro con la
presenza della luna che rimanda però più a un crepuscolo, al momento della sospensione tra
luce e ombra, che a una scena notturna vera e propria.

Le due metà del quadro si fronteggiano come si fronteggiano i due contendenti e ogni dettaglio
svolge la funzione narrativa nella storia. Al centro del quadro in basso si trova collocata la testa
del Drago colpita dalla lancia di San Giorgio, impossibile non risalire lungo la lancia stessa con
una diagonale che attraversa il quadro da sinistra verso destra fino al braccio del cavaliere. Ma lo
sguardo, preso l’abbrivo dinamico della diagonale, non si ferma arrivando alla nuvola
tempestosa a forma di spiarle immediatamente dietro San Giorgio. La spirale è il segno
dell’infinito e in questo caso è metafora di Dio nero di collera, una vera Ira di Dio. La relazione
creata dallo sguardo ci esplicita che San Giorgio è in missione per Dio e che è di Dio la forza
immensa necessaria per colpire a morte il Drago. Improvvisamente la lettura del quadro si
dinamizza con una brusca accelerazione nel tempo dell’azione ma anche nel tempo della
comprensione di quello che si sta guardando. Il quadro di Paolo Uccello illustra chiaramente che
gli elementi della pittura altro non sono che i risultati reali del movimento rappresentato e
suggerito e della forma, della tensione e della direzione nello spazio.

Proviamo a rileggere la storia nel quadro alla luce di quanto detto: tutta la rappresentazione è
organizzata per coppie di opposti: Bene contro Male; Luce/Ombra, Vita/Morte, Destra/Sinistra;
Alto/Basso; Verticale/Orizzontale; Vicino/Lontano; Dicibile/Indicibile; Natura/Cultura;
Realtà/Fantasia; Solare/Lunare; Cosmo/Caos … e difficilmente Paolo ’Uccello non è ricorso a
queste coppie con meglio far intendere il ruolo dei personaggi e il loro portato nella
raffigurazione. Queste coppie di opposizioni, che sono alla base del pensiero duale, formano
quelle strutture invarianti, profonde, universali e a-temporali, che sottostanno alla lettura della
realtà e alla formazione dei miti per Claude Lévi-Strauss. In breve il suo punto di partenza è che
la natura della mente lavora attraverso la forma. Ogni esperienza è ricevuta in una forma
strutturata, e queste forme o strutture, che sono una condizione della conoscenza, sono
generalmente inconsce (come per esempio le categorie inconsce del linguaggio). Inoltre esse
variano poco sia nei moderni che negli antichi. Consistono sempre nella creazione di una coppia
di opposti, che si equilibrano l’un l’altro e sono disposti in modi diversi rappresentabili
algebricamente.

Su queste strutture inconsce dunque noi ci appoggiamo per leggere il mondo. Quello che ci
interessa qua è leggere un poco più a fondo il quadro non dal punto di vista di uno storico
dell’arte ma dal punto di vista di chi abitualmente racconta storie, le racconta con le immagini,
per arrivare a trovare ciò che nel tempo e nel variare delle tecnologie usate in realtà non è mai
cambiato.

Intanto prendiamo atto che la Principessa non si trova nello stesso lato del quadro in cui si trova
San Giorgio Se non contiamo il cavallo, che pure ha un suo valore simbolico, gli attori principali
del quadro, e quindi della storia, sono quattro: Dio, San Giorgio, il Drago e la Principessa. In
questa crociera, o giro lungo come lo avrebbe chiamato Frazer, ci occuperemo proprio della
Principessa e lo faremo comparando storie e immagini di epoche diverse e lontane tra loro.

La prima cosa che balza agli occhi della Principessa è la sua postura ambigua: non si capisce se
è prigioniera del Drago o se lo sta portando a fare i bisogni visto che il laccio è decisamente
lasco.

a attenzione all’immagine qua sopra perché vedremo più avanti quanto sia importante questo
bagno e questa postura e come sia andata avanti e indietro nel tempo.

Dagli studi sul folklore di Propp ai cartoni di Walt Disney sappiamo anche che le principesse
sono bionde come l’oro, metallo incorruttibile che viene dalle profondità della Terra e a lei torna
come arredo funerario. Le acque sorgive che scaturiscono dalla Terra e l’oro ci dicono che la
Principessa e il Drago se non sono parenti stretti hanno però degli interessi comuni
partecipando a competenze contigue nella narrazione mitica. La domanda ora è: destinata dai
miti e dalle leggende a nozze sacre, con chi le farà la Principessa, con San Giorgio o con il
Drago? Anticipiamo, tanto per complicare la cosa, che il mito, che è poi la nostra guida in questa
crociera, pone gli stessi identici personaggi femminili anche nell’area del Sole ma tutto questo lo
affronteremo più avanti.

Un passo apparentemente di lato


Tutte le storie del mondo, e il quadro in esame non sfugge a questa regola, pongono delle
domande ai loro protagonisti e ogni singola storia si declina nelle risposte date dalle narrazioni a
queste domande. I protagonisti a loro volta sono divisi in categorie di appartenenza che sono Re,
Guerrieri, Maghi e Amanti. Ai personaggi che vogliono farsi Re viene posta in sceneggiatura la
domanda: che tipo di Regno vuoi e come pensi di crearlo? Dio e il Drago lo mostrano
chiaramente: il Drago vuole un mondo alternativo alla civilizzazione dove instaurare il Caos
primordiale (quello su cui danzava la Grande Madre o quello di prima della prima parola della
Bibbia) tramite la devastazione (come l’Oscuro Signore di Moldor con i suoi Orchetti; come la
Spectre con il Dottor No o Goldfinger; come il Lato Oscuro della Forza con la Morte Nera e Darth
Vader), e Dio con l’equilibrio del Cosmo (come Gandalf con Aragorn e Frodo; come M con James
Bond, come Obi Wan Kenobi con Luke Skywalker e sua sorella Laila).Come le ragazze di Mystic
Pizza che deluse dagli uomini riescono a creare un piccole regno di solidarietà e affetto al
femminile gestendo insieme una pizzeria, un luogo dove il prendersi cura dei clienti diviene
metafora del prendersi cura dell’Uomo (inteso come razza e non come genere)

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https://www.timiaedizioni.it/iconautica/da-san-giorgio-alla-principessa/*

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