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Riflessioni personali del romanzo "Le città invisibili" di Italo Calvino

Che dire? Questa opera, certo, non è di facile e immedita comprensione.


Mi ha molto colpito per i temi trattati e i messaggi, che con intrinseca astuzia, cela
dentro di sè.

Nel romanzo si narrà delle vicissitudini tra Marco Polo e l'imperatore Khan, in un
modo che appare del tutto illusorio.
In questa opera la realtà perde la sua concretezza diventando fluida e puramente
mentale; si realizza tutto nella propria fantasia...

I temi affrontati sono i più disparati: dai ricordi alla memoria; dal tempo al desiderio;
fino ad arrivare al tema della morte.

Il lettore, in quanto "interprete", deve codificare le chiavi di lettura di ogni singola


storia e deve riuscire a trarne la propria riflessione personale.
Quindi lo si può definire a tutti gli effetti un libro "poliedrico".
In particolare, sono stato attratto da una città, ovvero, la città di Zirma:

[...] Dalla città di Zirma i viaggiatori tornano con ricordi ben distinti: un negro
cieco che
grida nella folla, un pazzo che si sporge dal cornicione d’un grattacielo, una ragazza
che passeggia con un puma legato al guinzaglio.
In realtà molti dei ciechi che battono il bastone sui selciati di Zirma sono negri, in
ogni
grattacielo c’è qualcuno che impazzisce, tutti i pazzi passano le ore sui cornicioni,
non c’è puma che non sia allevato per un capriccio di
ragazza. La città è ridondante: si ripete perché qualcosa arrivi a fissarsi nella mente.
Torno anch’io da Zirma: il mio ricordo comprende dirigibili che volano in tutti i
sensi
all’altezza delle finestre, vie di botteghe dove si disegnano tatuaggi sulla pelle ai
marinai, treni sotterranei stipati di donne obese in preda
all’afa. I compagni che erano con me nel viaggio invece giurano d’aver visto un solo
dirigibile librarsi tra le guglie della città, un solo tatuatore disporre sul suo
panchetto aghi e inchiostri e disegni traforati, una sola
donna–cannone farsi vento sulla piattaforma d’un vagone. La memoria è ridondante:
ripete i segni perché la città cominci a esistere.[...]

Innanzitutto, voglio sottolineare l'atipicità che si respira in questa città, l'autore nella
sua descrizione rappresenta un clima tanto "insano" quanto sinistro: gente che urla;
pazzi che si affacciano dalla finestra; animali selvatici al guinzaglio in pieno centro.
Insomma non si può certo dire che assomigli alle ridenti cittadine dei paradisi
tropicali...
Nel luogo è percepibile una ridondanza mnemonica, come se questa località, in
qualche modo, distorcesse la percezione della realtà e alterasse la sanità della
memoria.
Questo fenomeno, secondo la mia personale chiave di lettura, fa' presagire una sorta
di connessione metaforica allusiva al tema della droga.

Infatti, Calvino, stilando la descrizione di Zirma, a mio avviso ha saputo abilmente


districarsi in questo tema scottante (che negli anni 60-70 era abbastanza diffuso tra i
giovani, basti pensare
al "movimento psichedelico") metaforizzando alcuni concetti, attraverso espedienti
che dimostrano carattere allucinogeno ed onirico: come i dirigibili che volano
all'altezza delle finestre e le molteplici visioni degli stessi personaggi (mentre i suoi
amici non li visionano).
Insomma una vera è propria alterazione della coscienza: come un infinito "Déjà vu"
che si ripete e continua cosi finchè non si "esce" (anche in senso allegorico) dalla
stessa città.

Seguendo questa logica, mi è sembrato abbastanza evidente l'analogia che si instaura


tra la tematica della droga e la descrizione figurata degli eventi nella località
descritta.

Ma l'autore va oltre, e con la sua rappresentazione sembra abbia voluto implicitare


anche elementi dissuasivi, quali: l'emarginazione (è l'unico che percepisce i
fenomeni) e l'insicurezza (non può sapere se i fenomeni percepiti siano reali o meno)
con l'intento di stigmatizzarne l'utilizzo.

Il fenomeno della tossico dipendenza (ma in generale di tutte le dipendenze


patologiche), purtroppo, è un dato che tutt'ora ai giorni nostri non si è mai andato ad
arginare completamente.
Infatti, sembra che il fenomeno sia in larga ascesa soprattutto in paesi come Stati
Uniti, Spagna e Regno Unito. (per non parlare dei Paesi Bassi)

Per concludere, asserisco che il problema si potrebbe eliminare o quanto meno ridurre
drasticamente attraverso un istruzione che miri a formare la gioventù già in fascia
pre-adolescenziale, instillando "consapevolezza" nella mente dei giovani, non
puntando ai risvolti negativi (tipo moralismi: “se ti droghi andrai all'inferno! Se ti
droghi sei un fallimento per la società!” Ecc ecc), che tanto non fanno altro che
evocare "il complesso del frutto proibito" e tendenzialmente, un inclinazione alla
trasgressione.

Piùttosto, bisognerebbe fare leva sul fatto di quanto non ne valga la pena ponendosi le
seguenti domande: "cosa ne guadagno? - quali sono i benefici tangibili?". Che è
tutta'altra cosa che cercare di infondere nel soggetto sensi di colpa attraverso l'asulio
di obblighi sociali coercitivi o moralismi vari...
Cosi facendo, non si colpevolizza il soggetto e gli si da' libertà di scoprire quanto in
realtà tali sostanze siano futili alla propria esistenza.

Ma ciò è applicabile solo attraverso un educazione che ne evidenzi gli inesistenti lati
positivi, piùttosto che ne enfatizzi quelli negativi, e che la stessa sia supportata da un
percorso psicologico sullo sviluppo mentale del soggetto.

Roma 18/11/2021 Roberto Capitani

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