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B I GENERI DELLA NARRAZIONE


PERCORSO

Uso del che polivalente controllo


grammaticale

IL CHE POLIVALENTE è un fenomeno linguistico complesso, presente sia nell’italiano


parlato e popolare sia nell’italiano letterario. Si tratta dell’uso del che come connettivo
generico, cioè come elemento grammaticale che collega – mette in connessione – due
enunciati, ma non ha una sola e definita funzione. Il che è infatti chiamato polivalente,
perché può assumere su di sé valori e funzioni diverse: da pronome relativo a congiun-
zione consecutiva, causale, finale, concessiva, locativa, esplicativa ecc.

uso relativo-locativo:
Mi passi il libro che c’è scritto «Grammatica»? = sul quale, dove

uso relativo-temporale:
L’anno che è stato in vacanza sul Tirreno… = nel quale

uso relativo:
Gli amici, che ti puoi fidare, sono pochi. = di cui

uso consecutivo:
CHE POLIVALENTE
Mi sento stanca che dormirei tutto il giorno! = al punto che

uso causale:
Non mi svegliare che non ho dormito ieri... = perché, poiché

uso finale:
Studio molto che voglio essere promosso. = perché, in modo che

uso concessivo:
Bevo ancora un po’, che proprio non dovrei. = anche se

La lingua parlata • Il che viene usato con straordinaria frequenza e disinvoltura dai
parlanti, perché, grazie al suo carattere polivalente, si presta a una comunicazione ra-
pida e immediata, come richiede la lingua parlata. L’italiano parlato privilegia infatti,
per la sua natura orale, le forme brevi, capaci di comunicare in maniera più economi-
ca, ma ugualmente efficace. Il parlante lascia al destinatario il compito di ricostruire le
relazioni grammaticali, di riempire i vuoti e capire le sfumature: la comunicazione ri-
chiede collaborazione reciproca e volontà di capirsi.
La scrittura di Verga, che cerca di imitare e riprodurre la lingua parlata dei suoi per-
sonaggi, presenta in Cavalleria rusticana diverse forme di che polivalente.

• Un uso rafforzativo-esplicativo:
Dapprima Turiddu come lo seppe, santo diavolone! voleva trargli fuori le budella dalla pancia, vo-
leva trargli, a quel di Licodia! però non ne fece nulla, e si sfogò coll’andare a cantare tutte le can-
zoni di sdegno che sapeva sotto la finestra della bella.
– Che non ha nulla da fare Turiddu della gnà Nunzia – dicevano i vicini (righe 10-14)
– Oh, compare Turiddu, me l’avevano detto che siete tornato al primo del mese.
– A me mi hanno detto delle altre cose ancora! – rispose lui. – Che è vero che vi maritate con
compare Alfio, il carrettiere? (righe 20-23)
(in entrambi i casi il che è rafforzativo, perché introduce una frase dichiarativa non
necessaria e senza reggente, come se fosse: «sembra che, forse che, sarà che, vedete

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UNITÀ B3 ATMOSFERE REALISTICHE E D’ AMBIENTE

L ABORATORIO
che, dite che...», coinvolgendo così il destinatario nell’affermazione: i vicini chiac-
chierano tra loro, chiedendosi conferma a vicenda e Turiddu vuol coinvolgere Lola e
sapere da lei la verità).
• Un uso consecutivo:
Come il babbo mise Turiddu fuori dell’uscio, la figliuola gli aprì la finestra e stava a chiacchierare
con lui ogni sera, che tutto il vicinato non parlava d’altro. (righe 82-84)
(il che sostituisce «al punto che, tanto che...»).
• Un uso causale:
– Che non ha nulla da fare Turiddu della gnà Nunzia – dicevano i vicini– che passa le notti a can-
tare come una passera solitaria? (righe 14-15)
– Mangiatemi pure cogli occhi, che briciole non ne faremo; ma intanto tiratemi su quel fascio. (ri-
ghe 68-69)
(il che sostituisce «dal momento che, dato che...»).
• Un uso relativo estremamente indebolito, con sfumature consecutive:
– Eh! vostra madre era di Licodia, lo sappiamo! Avete il sangue rissoso! Uh! che vi mangerei cogli
occhi. (righe 66-67)
– Mamma, – le disse Turiddu – vi rammentate quando sono andato soldato, che credevate non
avessi a tornar più? Datemi un bel bacio come allora, perché domattina andrò lontano. (righe
142-144)
(il che sembra riferirsi al soggetto della frase precedente «voi che...», ma contiene an-
che una sfumatura consecutiva «al punto che...»).

L’uso del che polivalente nell’italiano contemporaneo dimostra che la lingua italiana,
nella sua evoluzione, si sta semplificando, cioè sta rendendo più semplici alcuni aspet-
ti della sua struttura, come il sistema dei pronomi e delle congiunzioni. Occorre però
ricordare che ogni semplificazione – anche in ambito linguistico – va sostenuta se ri-
sponde a un’esigenza di immediatezza e semplicità, se ha uno scopo e un valore comu-
nicativo (come l’uso del che polivalente nella lingua parlata).
Va invece evitata quando la genericità significa mancanza di precisione e di chiarez-
za, quando diffonde un uso povero della lingua, ostacolando la comunicazione (per
esempio l’uso del che polivalente in una relazione scientifica).
per lo studio

1. Da che cosa deriva il nome di che polivalente?


2. Rifletti sui seguenti esempi di che polivalente, tratti dal testo di Verga, e individuane il valore.
• Ella, per non farsi rossa, gli tirò un ceppo che aveva sottomano, e non lo colse per miracolo.

– Spicciamoci, che le chiacchiere non ne affastellano sarmenti. (righe 71-73)


• – Chiacchiere!

– Per la Madonna che ti mangerei col pane! (righe 88-89)


3. Riscrivi gli enunciati dell’esercizio precedente, sostituendo il che con un’espressione di collega-
mento più precisa e meno generica.

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