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Lezione 1 23 settembre
La poesia mette a frutto possibilità specifiche della lingua in cui è scritta, per questo è diversa dalla
prosa. La poesia italiana fa riflettere sulla lingua italiana.
Analizzeremo testi di poesia del ‘900—non è vero che in questo periodo la metrica è solo libera,
che non ci sono più le rime ecc.
Nozioni di carattere generale
Esempio—Tanto gentile e tanto onesta pare
Wikiquote—buona fonte perché si capisce da dove è stato ricavato il testo (da Le Rime—il testo
sta anche nella Vita Nuova). Bisogna essere sicuri che i testi siano copiati in modo attendibile.
E li occhi, intendere no la pò chi no la trova, sospira (con la minuscola)—tutti segni che questo
testo è molto vecchio, quindi è necessario guardare se c’è un testo più recente. In un’altra versione
tratta dalla Vita Nuova ci sono differenze. Gli occhi (≠li), chi non la prova (≠no la prova), Sospira
(maiuscola—all’epoca di dante non si distingueva). Quale testo conviene usare allora per citare?
La disciplina che si occupa di questi problemi è la filologia. La volontà degli autori è strana, non
sempre volevano che si leggessero le loro opere (ex. Kafka e Tasso), questo non è il caso di
Dante, ma il problema del filologo è quello di restituirci la versione più vicina a quella scritta
dall’autore. Il problema di Dante è che non abbiamo manoscritti e quindi non sappiamo come
abbia scritto, ma si sa che nel medioevo non si usavano tanto i segni di interpunzione, si usava
la scriptio continua, quindi il testo viene adattato (ex. si mette il puntino nel mezzo per rendere la
pronuncia di un parlante toscano dell’età di Dante). Problemi di grafia che non sempre risponde
alla pronuncia/si cerca di adattarla alla pronuncia (ex. si segnala graficamente il raddoppiamento
fonosintattico—come in questo caso).
Problema di ordine linguistico=lingua tra 12 e 13 sec era diversa da quella di oggi. La prima
cosa da fare di fronte a un testo come questo è vedere quali parole si conoscono e quali no.
Tranne qualche eccezione qui non ci sono parole lontane dall’uso contemporaneo, c’è però
qualche piccolo fenomeno che non risponde più alla lingua di oggi. Quand’ella altrui saluta—si
scriverebbe quando ella, inoltre altrui non vuol dire quello che vuol dire oggi, è un falso amico,
sembra, ma non è la parola che conosciamo. Ch’ogne, deven=diviene, no al posto di non,
l’ardiscon, ella si va (anche se c’è un uso simile, ma così non lo useremmo), laudare=lodare,
vestuta, mostrasi=riflessivo enclitico=forma che resiste solo in alcuni stereotipi come vendesi,
affittasi, parole che spesso si usano a sproposito (ex. affittasi 4 locali=sbagliato, corretto=affittansi,
manca l’accordo, perché è una forma talmente arcaica che non ci si rende più conto di cosa voglia
dire. La lingua è marcata dai segni del tempo, ai tempi di Dante si diceva davvero così. De la,
labbia, un spirito. Alcune forme linguistiche erano del tempo di dante, ma non sono più del nostro
tempo.
Problema di ordine stilistico=differenza che riguarda le scelte di Dante, alcune cose non le
sceglie perché già di suo erano diverse, altre sono una scelta consapevole (ex. quand’ella,
laudare, labbia). Dante sceglie consapevolmente di scrivere in un modo invece che in un altro e lo
fa per il rispetto della metrica (necessitas metri), altri fenomeni di necessitas metri=dice core per
farlo rimare con amore, vestuta per farlo rimare con venuta ecc. alcuni la chiamano licenza
poetica, ma la licenza poetica non esiste, non si inventano le parole, si usa una forma al posto di
un’altra perché a quel tempo si poteva, non è che si inventano o storpiano le parole. La lingua
delle origini era più variabile di quella di oggi.
Parafrasi=sempre necessaria. Tutti i testi per un lungo periodo della cultura europea dovevano
essere parafrasati, molti autori prima scrivevano in prosa e poi in versi. È vero che esistono dei
testi che non si possono parafrasare, ma lo si può capire solo provandoci. Qualsiasi testo scritto
fino alla metà dell’800 può e deve essere tradotto. La parafrasi è un’operazione di servizio che
serve a misurare ancora meglio quello che fa di una poesia la poesia e che non può passare della
prosa.
Analisi—Tanto gentile e tanto onesta pare—uno studioso dice che in questa poesia nessuna
parola ha il significato che ha oggi.
Parafrasi (per farla si parte dal predicato che è ciò che rende tale una proposizione (non partire
dal soggetto). Verbo pare=sembra, ma Dante non vuole dire questo, vuole dire si
dimostra/manifesta—apparire nel senso di essere visibile, si fa vedere.
Donna mia=la mia signora, Beatrice non è la “ragazza” di Dante—nel medioevo ci si fidanzava, la
parola ragazza non esisteva e non c’erano questo tipo di rapporti umani, non c’era la relazione
sentimentale ed erotica che noi intendiamo. Qui donna vale come signora in senso forte—in
latino domina=signora=colei che ha il dominio di me, colei che è padrona di me, parole antiche
sono più vicine al latino di quanto non lo siano oggi. Colei che ha il dominio di me si manifesta
tanto gentile e tanto onesta (complementi predicativi del soggetto).
Gentile—dal latino gentilis=appartiene a una gens=famiglia illustre—vuol dire nobile.
Lei si manifesta tanto nobile e onesta=etimo latino onestus=che si comporta in maniera decorosa,
non ha a che fare con la correttezza dei comportamenti di fronte alla legge—che si comporta in
maniera onorevole ed è degna di onore, lei si manifesta nobile e piena di decoro.
Quand’ella altrui saluta—altrui oggi è un aggettivo, qui è un pronome indefinito, quando saluta
qualcuno quindi.
Saluto—qui non è un semplice ciao (ciao viene dal veneziano sciao=schiavo—forma di rispetto
inizialmente e poi si è diffusa in tutta Italia solo nel ‘900), questo saluto—da salus=salvezza non è
solo un saluto materiale, ma qualcosa che parla del suo potere spirituale, significato semantico
che si è perso ed è un significato che gli dà soprattutto Dante, è una scelta di Dante il fatto che
Beatrice porti salvezza—parafrasi fa registrare l’intensità di significato che l’autore dà alle parole.
Lei si manifesta così nobile e decorosa che ogni lingua rimane muta tremando, gli occhi non
ardiscono=osano, non hanno il coraggio di guardarla, davanti a lei la gente abbassa lo sguardo.
Ella—non più usato oggi, oggi si tende a usare lei/lui—non si possono sempre usare come
soggetto questi pronomi, ma in realtà in italiano il soggetto si può sottintendere e omettere.
Beatrice se ne va sentendosi lodare, vestita benignamente d’umiltà—dispositio
verborum=disposizione delle parole, in un testo poetico di solito è diversa da quella della prosa,
ma spesso non lo è. Passare da ordo artificialis a ordo naturalis—quello che si fa con la
parafrasi.
Laudare e no lodare perché è la forma più vicina al latino, ma qui ha un significato quasi tecnico,
la lode nella Vita Nuova è qualcosa di specifico=la natura della poesia secondo Dante in questo
momento è cantare lo splendore della donna amata. Benignamente=benevolmente. Beatrice
non si insuperbisce, la benevolenza è segno di umiltà (virtù spirituale cristiana), per gli antichi
essere umili non era una virtù, per i cristiani invece l’unico grande è Dio.
Figura retorica—non si può veramente essere vestiti di umiltà—metafora=similitudine senza
come, corto circuito logico, il linguaggio poetico sfrutta un certo quoziente di irrazionalità e ne fa un
suo elemento di forza, al contrario, la similitudine è più analitica, spiega di più le cose. Per
Jakobson la metafora identifica il linguaggio poetico, figura per cui le cose non valgono alla
lettera, cosa che è un po’ sempre vera per la poesia ed è la metafora che permette questa
polisemia. Le metafore le usiamo anche quotidianamente, ma la differenza dell’uso poetico è che
qui sono una ricchezza, il linguaggio che il poeta usa è un’oscillazione tra razionalità e irrazionalità,
c’è sempre qualcosa che non torna con la logica di tutti i giorni.
E si manifesta come una cosa venuta dal cielo sulla terra a manifestare qualcosa di miracoloso.
Una cosa venuta—oggi se diciamo di qualcuno che è una cosa lo sviliamo, invece in Dante non ha
questo significato di abbassamento, ha un significato astratto e indefinibile, lui non può dire
persona, perché è qualcosa di più, oggi potrebbe essere più entità, creatura, qualcosa che non è
semplicemente un essere umano, ci vuole una parola più indeterminata. In poesia ci sono parole
comuni che vengono riscattate dal loro uso comune e assumono un significato ulteriore, talvolta un
di più di poesia viene dato usando le parole più semplici.
Beatrice si rivela piacente, oggi si intende una donna che piace, bella, ma è legato alla fisicità, qui
non si parla del piacere fisico ma di un piacere spirituale, la bellezza che lei manifesta non è solo
fisica, non è un qualcosa che va solo ai sensi, è più spirituale.
Si mostra piena di una piacevolezza spirituale per chi la mira=contempla, non è solo un guardare,
mirare significa guardare fissamente e qui indica un atteggiamento di rapimento.
Questi ammutoliscono e contemplandola sentono nel cuore una certa dolcezza. Lei dà una certa
dolcezza al cuore attraverso gli occhi (per=attraverso), idea che gli occhi siano una specie di
tramite per la percezione. Dante però usa per invece di attraverso=francesismo (par=attraverso).
Dolcezza che non può capirla chi non ne fa esperienza (chi non la prova), e par= anafora—
riprende le stesse parole nella stessa posizione.
Sembra che dalle (delle—francesismo, di al posto di da) sue labbra=labbia (spesso in Dante
indica tutto il viso—non qui) si muova uno spirito soave, pieno d’amore che va dicendo all’anima di
sospirare. Dal punto di vista sintattico e linguistico non ci sono problemi, ma il significato si capisce
attraverso le figure retoriche. Spirito si muove=personificazione, come se questo spirito fosse
una creatura che si muove e fa delle cose, spirito in senso proprio vuol dire soffio, collegato al
respirare, in primo luogo quindi è il fiato che lei emette respirando, fenomeno fisico e spirituale,
nel medioevo questi due ambiti non sono distinti, respirando fa uscire qualcosa che è pieno
d’amore e attraverso le orecchie entra dentro la sua anima e invita respirare, descrive effetti su
udito e mondo spirituale. Lei parla o respira questo entra dentro le orecchie di qualcuno e la sua
anima inizia a sospirare, non è proprio un sospiro d’amore, è un amore spirituale, perché
Beatrice non è una creatura mortale, si tratta di un amore che è la caritas, amore ispirato da Dio
che va verso gli altri esseri umani, ma completamente spirituale, lei solleva gli esseri umani e li
induce a sospirare di un amore divino, ma perché uno per amore di dio dovrebbe sospirare? Di
solito si sospira per un senso di mancanza, per un senso di beatitudine non appagato, si sente la
mancanza di qualcosa, qui del cielo, per i cristiani la vera patria è il cielo, la vera destinazione è la
vita ultraterrena e lei ce lo fa vedere. Attraverso la parafrasi si mette alla luce la pluralità dei
significati che il testo ha, è uno strumento per far vedere quante cose possibili ci sono in un testo
(pluralità del testo)—per far fruttare la ricchezza del testo. Perché Dante scrive in poesia e non in
prosa? Il linguaggio poetico è più complesso e diverso, si scrive in poesia perché la poesia è un
linguaggio speciale, perché non si vuole scrivere in prosa, è come un rito che richiede più lavoro
(come vestirsi per le feste)—si scrive in poesia perché si vogliono dire più cose, perché non si
vuole fare in modo comune. Il lavoro che richiede la poesia di Dante non è solo sul significato,
questo è un testo che all’epoca di Dante era recepito come leggero è semplice, quindi non è
nemmeno un linguaggio complesso, c’è un lavoro specifico sulle forme. Sonetto—regole molto
precise, sonetto in forma canonica=2 quartine e 2 terzine, ai tempi di Dante non era una forma
molto antica (“inventato” da Jacopo da Lentini), è una forma tipicamente italiana, la grande
letteratura non italiana a cui si guardava all’epoca era quella francese (d’oc—trovatori provenzali,
d’oil—nord della Francia), tra i trovatori il sonetto non esiste, loro hanno inventato la canzone) e
letteratura latina—tutti questi poeti sono litterati—conoscono il latino che è sempre il modello per
questi scrittori. Sonetto dal punto di vista delle strofe è anche composto da un preciso schema di
rime—ci sono tante possibilità, ma qui lui usa schema ABBA ABBA, due rime baciate, ma lega
anche le due strofe (schema comune), CDE EDC (schema non comune). Qualità delle rime—
rima=identità di due parole a partire dall’ultima vocale tonica, non tutte le rime però hanno la
stessa qualità. Rime facili=abbiamo tante parole con questa rima in italiano, rime difficili=ne
abbiamo poche. Quelle di questa poesia sono rime tendenzialmente facili.
Lezione 2 28 settembre
Consultare il VOCABOLARIO! Aspetto tipico del linguaggio poetico—rima—per Petrarca la rima
era inseparabile dalla poesia, era impensabile scrivere poesia senza versi riconoscibili e senza
rime—questa idea nel corso dei secoli cambia e spariscono prima le rime—nel ‘500—versi senza
rime=versi sciolti (non liberi=quando non si capisce che versi siano—metrica). Il verso sciolto si
ha già nel 500, mentre i versi liberi compaiono molto tardi—tendenzialmente a fine 800. All’epoca
di Dante e di Petrarca nessuno scriveva né in versi sciolti né liberi. Le rime hanno diverse qualità
(vv definizione lezione precedente). Anche in prosa si può dare una rima=si definisce
om(e)oteleuto.
I vari tipi di rima sono: rime facili—in italiano si trovano tante parole per farle e rime difficili—
poche parole per farle, rime desinenziali—parole che hanno la stessa desinenza (ex quelle che
finiscono in -are), rime difficili spesso sono rime che hanno dei nessi consonantici pronunciati (ex
arte)—chiamate anche rime aspre—spesso le rime difficili hanno anche questa caratteristica. Ci
sono poi molti tipi di rime, una abbastanza facile è la rima derivativa, una parola deriva dall’altra.
Più difficile è la rima inclusiva, una parola sta tutta quanta nell’altra (arte, parte), rima leonina, in
cui oltre alla vocale c’è anche una consonante prima di essa (guardare, laudare—in Dante)—rima
già più raffinata. Se uno usa rime facili, non gli dà grande peso, al contrario sì.
Altra classificazione—modo in cui le rime si alternano—per le quartine—baciata AABB, alternata
ABAB, incrociata ABBA.
Sonetto=non è un genere letterario, ma una forma/schema metrico—generi (epica, tragedia,
romanzo, commedia ecc)—il genere letterario qui è la lirica (opposta all’epica—poesia narrativa in
cui il poeta racconta fatti occorsi ad altri—Iliade e Odissea, Omero racconta vicende, non parla di
sè), nella poesia lirica il poeta parla in prima persona di se stesso, tradizionalmente la poesia lirica
ha un tema privilegiato che è l’amore. Anche in Petrarca. Nei generi letterari ci sono anche dei
temi che si trovano tendenzialmente sempre, nel mondo antico le tragedie parlavano di re, generali
a cui succedono cose terribili—si trovano forme e temi preferenziali, con la poesia 900esca
questa distinzione inizia a dissolversi.
Nel sonetto “Tanto gentile e tanto onesta pare”—i versi sono endecasillabi, definizione=un verso
di 11 sillabe=sbagliata perché non è detto e perché fa pensare che il principio secondo cui si
costruiscono i versi italiani sia solo sillabico, invece è sillabico e accentuativo. Tanto gentile e
tanto onesta pare=13 sillabe—le sillabe metriche non coincidono con le sillabe grammaticali, nel
computo delle sillabe metriche si usano figure come dieresi/sineresi=interno di una sola parola
(ex parola poeta si può leggere come bi/trisillabica—se si legge come un bisillabo si fa una sineresi
altrimenti una dieresi), dialefe/sinalefe=incontro di due parole—unione di due vocali consecutive
(come tra gentile e la congiunzione e), tendenzialmente quando parliamo uniamo la catena fonica,
con questa figura le sillabe diventano 11, però c’è ancora qualcosa che non torna. La legge che
spiega quando si usino queste figure, riguarda la natura profonda del verso italiano che è un verso
sillabico accentuativo—conta non solo in numero delle sillabe, ma dove cade l'accento (verso
principe italiano è l’endecasillabo, inglese blank verse=pentametro giambico—francese
alessandrino settenario doppio italiano), la definizione corretta di endecasillabo=verso la cui
ultima sillaba tonica è la decima. Qui gli accenti cadono sulla prima, la quarta, sesta, ottava e
decima sillaba. C’è una certa mobilità degli accenti, tendenzialmente sulla 6 e sull’8, ma
l’endecasillabo italiano permette una certa varietà ritmica, non è scontato perché ci sono versi
italiani che hanno ritmi fissi, l’endecasillabo ha una certa plasticità. Accenti dovrebbero essere
quasi sempre (tendenzialmente) le sedi in cui naturalmente cadrebbe l’accento sulla parola
(secondo il prof—ci sono diverse scuole di pensiero), non tutte le parole in poesia portano accento,
ex i monosillabi, ma non tutti, le congiunzioni, le preposizioni, ma ci sono anche parole che avendo
peso semantico hanno l’accento, secondo alcuni è impossibile che in poesia ci siano più di 3
sillabe consecutive senza accento—quando accade ce ne piazzano uno a posta, secondo il prof
non è indispensabile—accenti in poesia sono tendenzialmente quelli che hanno naturalmente,
tendenzialmente non portano accento in poesia le parole semanticamente vuote—preposizioni
articoli ecc, la regola secondo cui non si possono avere più di tre sillabe senza accento non è
detto funzioni. Oltre alla regola che dice che l’accento obbligatorio è sulla 10 nell'endecasillabo,
l’altra regola dice che non si può avere accento sulla 5 sillaba—accento proibito—verso che ha
l’ultimo accento sulla 5 sillaba è un senario, un settenario sulla 6, quinario sulla 4 ecc. Maggior
parte delle parole italiane sono piane—accento sulla penultima sillaba. L’endecasillabo sono 11
sillabe metriche quindi nella clausola piana, ma si può anche avere un altro tipo di endecasillabo
—forse era vero ma non però credibile—Ariosto. Ultimo accento cade sulla 3ultima, cade su “di”
che comunque è la 10 sillaba, sillabe sono 12 perché la parola è sdrucciola, non piana, nella
clausola sdrucciola, il verso endecasillabo può avere 12 sillabe. Ci può anche essere il caso in cui
l’ultima parola sia tronca e quindi anche se abbiamo 10 sillabe metriche, l’accento cade sulla 10
quindi è un endecasillabo. Distinzione tra endecasillabi piani, sdruccioli e tronchi. Nella tradizione
italiana questi versi comunque non sono molto diffusi, non si scrivevano endecasillabi sdruccioli
o tronchi per Petrarca e Dante, verso sdrucciolo lo troviamo in Ariosto che non scrive poesia lirica,
ma epica, di solito nella lirica italiana prima di una certa epoca ci sono tendenzialmente
endecasillabi piani. Esistono due grandi famiglie di endecasillabi quelli che hanno accento
forte sulla 4 sillaba dopo a quale c’è una cesura e quelli che hanno accento forte sulla 6
sillaba, quelli con accento forte sulla quarta sono endecasillabi a minore, gli altri endecasillabi a
maiore, perché l’endecasillabo è pensato come l’unione di due versi minori, quinario più settenario
o settenario più quinario. Nel primo caso accento del quinario cade sulla 4 sillaba, nell'altro caso il
settenario fa cadere accento sulla 6 sillaba—questa ovviamente è una misura ipotetica dove ci
possono essere sinalefi o dialefi con il verso successivo oppure ci può essere un troncamento—è
una misura ideale questa. Ma comunque non è mai possibile che l’accento cada sulla 5 sillaba.
Tendenzialmente i versi lunghi (dall’endecasillabo in poi) hanno bisogno di una pausa
interna=cesura, pensati come se fossero dei versi minori—emistichi=mezzo verso, come una
specie di verso doppio per scandirlo in maniera armonica. Distinzione di endecasillabo a maiore o
a minore, non è una regola rigida, qui nell’esecuzione dell’endecasillabo si può decidere come
intonarlo e come far cadere l’accento, l’importante è che l’accento non cada sulla 5 sillaba—
sarebbe considerato un endecasillabo sbagliato—nel 900 sarà più facile e possibile trovarli.
Recap—principio della metrica italiana è sillabico accentuativo, sillabe si contano come metriche e
non grammaticali e le regole che permette di capirlo è quello che guarda alla disposizione degli
accenti—ultimo sulla 10 e evitamento dell’accento sulla 5 sillaba. Questo vale solo per la metrica
italiana, ci sono sistemi metrici in cui un verso deve avere 5 accenti forti ecc.
Questa è una poesia lirica e in essa tendenzialmente l’io parla di sè e delle proprie esperienze, ma
il soggetto della poesia qui è la donna, non è veramente l’io al centro del testo, grammaticalmente
l’aggettivo mia è l’unico segno dell’io, questo fa capire come alle origini della poesia italiana,
non necessariamente l’io occupa il primo piano, lei occupa l’intera scena, questo è un tipo di
poesia lirica in cui ancora non emerge fino in fondo la centralità del soggetto, per questo bisogna
aspettare il successore di dante—Petrarca, con lui non cambia solo questo, ma anche il
linguaggio poetico inizia a mutare di segno.
Sonetto di Petrarca—RVF frammenti di cose in volgare—perché non è un testo continuato.
“Erano i capei d’oro all’aura sparsi”—celebrazione della donna, lei non è una creatura
puramente umana, ma una specie di miracolo divino—continuità con Dante, ma questa volta l’io
acquista una centralità—io si nomina in due punti nodali e occupa uno spazio che in Dante ancora
non aveva—parla di Laura, la donna è malata e la sua bellezza non sfolgora come prima, ma
certo non la ama di meno. Parafrasi—i capelli biondi e lucenti come l’oro erano sparsi all’aria
(vento), ma c’è anche un gioco di parole—senal (segno)—parola provenzale che vuol dire segno
—segnale che rimanda al nome di Laura, vento che li avvolgeva in mille dolci nodi e
vago=impreciso, ma in realtà in italiano antico vuol dire bello—bella luminosità di quei begli occhi
che ora ne sono così poveri (di quella luce—lei è malata), ardeva oltre misura=immensamente, e
mi sembrava che il suo viso si facesse di colori che inducono alla pietà—lei sta impallidendo,
pietosi vuol dire che inducono alla pietà, non so se quello che ho visto fosse vero o falso—il
pallore non indica solo la malattia, ma anche il fatto che la donna guardi a Petrarca con affetto—
lui non sa veramente se questo stia accadendo, che meraviglia se io che avevo l’esca amorosa in
petto, immediatamente inizia a bruciare—bisogna metterla così perché se no la frase non
tornerebbe, c’è una specie di anacoluto (non è rispettata la coesione tra le varie parti della frase, il
primo elemento appare, rispetto ai successivi, insieme campato in aria e messo in rilievo)—l’esca
amorosa, esca prima era una cosa che serviva per accendere il fuoco—piccolo elemento che
sarebbe divampato non appena avesse incontrato l’amore—non c’è da meravigliarsi che lui che
aveva già l’amore dentro quando la vede va in palla. Il suo camminare non era quello di un essere
mortale, ma quello di un’essenza angelica, chi la vedeva camminare aveva l’impressione di vedere
un angelo e quando parlava non sembrava di sentire un essere umano, ma un essere più che
umano e le sue parole risuonavano in modo diverso da come suonerebbero parole umane, quello
che io vidi quando vidi Laura era uno spirito mandato dal cielo, un sole risplendente e anche se ora
che è malata non fosse così risplendente, una ferita non guarisce perché l’arco si allenta, se uno è
stato ferito da un arco, non è che se l’arco ormai non è più teso io soffro di meno, ormai sono
stato colpito—figura dell’arco rimanda al mito di Amore che scaglia le sue frecce—l’io invade la
scena perché si parla degli effetti che la donna fa non su tutti, ma gli effetti specifici su Petrarca,
in più Dante parla di una situazione atemporale. Mentre quella di cui parla Petrarca ha una
temporalità doppia, lui si ricorda di quando l’ha vista la prima volta vedendola ora malata, il
tempo in Dante non c’è, qui sì ed è un tempo che ha un effetto, non solo cronologico, ma anche
psicologico, dell’anima e dei sentimenti, dimensione psicologica molto più accentuata di Dante—
legata alla persona di Petrarca—mentre in Dante l’effetto è su chiunque, qui il terreno è tutto
soggettivo questa centralità dell’io è quello che inizia a connotare la lirica nel senso che le
diamo noi oggi. Questa è una poesia più difficile di quella di Dante, anzitutto per le scelte
lessicali, quello di Dante è un linguaggio leggero, mentre qui fa scelte lessicali meno facili e anche
dal punto di vista sintattico è più difficile—parole disposte con ordine più artificioso—ricostruire
relazioni sintattiche non piane. Anche le rime sono più difficili—è una poesia più elaborata e
artificiosa. Petrarca sta codificando il linguaggio della poesia lirica europea occidentale come un
linguaggio che sempre più si allontana da quello comune e della prosa, l’esperienza di cui parla è
privilegiata, solo gli eletti possono compierla e non gli uomini comuni, il linguaggio di Petrarca è
estremamente selettivo—subito i capelli sono trasfigurati, diventano capelli d’oro, non c’è lei che
cammina, ma l’andar suo—c’è l’astratto più che il concreto, linguaggio della poesia non è quello di
tutti i giorni—possiamo codificare quello che inizia a fare Petrarca come poetic diction=dizione
poetica in quanto separata dal modo di parlare comune, linguaggio di “tanto gentile e tanto onesta
pare” era ancora simile al linguaggio del tempo, quello di Petrarca è sempre più raffinato, difficile e
separato da quello di tutti i gironi. In più, gli italiani non parlavano italiano, si parlava il proprio
dialetto e, se si era un letterato, il toscano letterario, lingua che ha una vita sua e molto lunga—
lingua che si fissa anche nei tratti lessicali e morfematici come una lingua immobile e sparata dal
modo di parlare di tutti, la lingua della poesia italiana fino a tutto l’800 ha poco a che vedere con la
lingua che si parla realmente. Qui si fissano i cardini della poetic diction italiana—linguaggio
della poesia come sarà per secoli—è soprattutto poi Bembo che lo codifica come tale—Petrarca
istituisce un modello che ha una vita di secoli—separata dal normale scorrere della lingua.
All'inizio alterna una rima dura a una rima leggera, terzine con rime facili, ma perché non siano
troppo facili ci mette la stessa consonante, mette anche l’assonanza ex tra mortale e human—rime
facili con consonanza e assonanza—artifici che impediscono che le rime siano troppo facili.
Lezione 3 29 settembre
Metrica italiana—segue il principio sillabico accentuativo.
Linguaggio poetico, da Petrarca—sempre più separato da quello di tutti i giorni. Quello che
succede a inizio ‘800 è che la poetic diction inizia ad essere abbandonata, tutte quelle regole
rigide iniziano un po’ alla volta a cadere.
Questa caduta si manifesta in testi come “L’infinito” di Leopardi. Una poesia si può leggere
seguendo il senso o rispettando le pause del verso, si segue il suono e si mette in una relazione
problematica con il senso. Enjambement (inarcatura in italiano)=un sintagma viene spezzato tra
due versi. Il modo in cui sono scritti i versi richiede che queste pause siano fatte, anche se la
lettura in base al senso si fa comunemente. I versi sono endecasillabi, non ci sono rime, c’è tutta
una serie di allitterazioni, per cui anche se non c’è la rima i versi hanno una musicalità, sono
endecasillabi sciolti. Leopardi rifiutando la rima fa una cosa non scontata, Alfieri e Foscolo
avevano continuato a scrivere sonetti, questo è un testo che non vuole essere un sonetto, il primo
segno del rifiuto della poetic diction è il rifiuto della rima, ci si libera della rigidità del sonetto e
completamente anche della rima. L’idea degli endecasillabi sciolti viene dalla traduzione
dell’Eneide di Annibal Caro nel ‘500, l’Eneide di suo è scritta in esametri latini, in latino non
esistono le rime, quindi non usarle per Annibal Caro non vuol dire abbassare lo stile, ma fare una
cosa da classicista, come i latini non usano le rime così non lo fa nemmeno lui (scelta classicista).
L’Eneide in versi si sarebbe potuta tradurre in ottave (usate in italiano per il poema narrativo) che
hanno una struttura molto netta, di endecasillabi rimati. Ci poteva essere anche la terzina, ma
essa si era sviluppata in un altro senso, era stata usata, non solo da Dante, ma anche da Petrarca
in un poema (I trionfi), ma si tratta di poesia allegorica, non epico-narrativa. La scelta che fa
Bembo di usare il verso sciolto è una scelta marcata, di qui l’endecasillabo sciolto colonizza altri
generi, come Dei sepolcri di Foscolo—carme in endecasillabi sciolti. Anche gli idilli antichi
venivano tradotti in endecasillabi sciolti, Leopardi vuole scrivere “avventure storiche del mio
animo”=poesie in cui c’è una connessione tra io e paesaggio. Endecasillabo sciolto=verso
che nasce per tradurre epica, poi metodo di traduzione dei classici, si presta alla poesia
narrativa/argomentativa e poi arriva alla poesia lirica (non era nato per essa) segno di come
cambia il linguaggio letterario, le cose non vengono cambiate, ma spostate. Per un lettore
dell’epoca era inconsueto vedere poesia lirica in endecasillabi sciolti, l’aveva fatto anche Monti, ma
era una cosa abbastanza nuova.
“L’infinito”=testo del 1819, quando venne scritto era qualcosa di inconsueto sia per il genere
idillio, sia per il metro.
Parafrasi—questo colle solitario mi è stato sempre caro, e mi è stata sempre cara questa siepe
che per un ampio tratto esclude lo sguardo dell'estremo orizzonte—la sintassi abituale non
torna, manca l’accordo, non c’è il plurale, ma il singolare, così suona meglio ed è più libero, come
se gli venisse in mente una cosa e l’aggiungesse, in più, in latino è consentito accordare il verbo
con uno solo dei due soggetti, Leopardi usa questa regola in maniera molto libera, non ci se ne
accorge neanche. Latinismo—ultimo orizzonte=l’estremità, ci sono dei debiti nei confronti del
latino soprattutto della sintassi. Leopardi usa un lessico molto semplice—ermo=solitario, unico
aggettivo non molto comune, anche il guardo funzionava abbastanza all’epoca. Ma quando mi
siedo e quando contemplo io mi plasmo nel pensiero spazi interminati al di là di quella siepe e
silenzi sovrumani e una quiete profondissima, in questa condizione mentale per poco il cuore non
si spaventa e non appena sento stormire tra queste piante il vento, io mi metto a paragonare quel
silenzio infinito (che ha in testa) a questa voce (del vento che stormisce tra le piante) e mi viene in
mente l’eternità, il passato e la presente stagione e il suo suono—tutti i segni della vita paragonati
all’eternità e al passato, non è un suono letterale, ma metaforico—così tra questa immensità il mio
pensiero si smarrisce e naufragare in questo mare dell’immensità è per me dolce—metafora—il
mare dell’infinità, immagine per esprimere la vastità di tutte le cose create.
Assoluta centralità dell’io—il colle non conta in se stesso, come avrebbero fatto gli antichi, ma
conta che lui c’è affezionato, oggetti della natura messi in relazione all’esistenza del poeta, poi
mette in evidenza l’io, io, mio. M’è dolce, con frequenza compaiono pronomi e aggettivi di 1
persona singolare, c’è la centralità dell’io non solo grammaticale, ma del testo, la poesia non parla
di quello che lui vede perché lui non vede e lo dice la subito, nasce da un ostacolo alla visione la
poesia, lui non vede e se lo deve immaginare, lo spazio della poesia, non è lo spazio fisico reale,
ma è lo spazio interiore e mentale, spazio che non può essere propriamente tradotto in uno
spazio fisico, perché tutto questo non può essere misurato con i sensi, non si può fare esperienza
dell'infinito, noi siamo esseri finiti e possiamo solo immaginarlo, poesia nasce da sollecitazioni
sensoriali e queste rimangono (il vento odo—lui lo sente), in più si ricorda qualcosa che è esistito
realmente, ma per quanto la realtà materiale esista la poesia nasce quando lui fa un salto al di là.
Lui è un sensista—idee nascono da sensazioni fisiche—tutto ciò che pensiamo ha origine
materiale (illuminismo), crei un’immagine di qualcosa mettendo insieme dati dell’esperienza
sensoriale—secondo lui non esiste la fantasia sfrenata assoluta e libera, ma asce dalla materialità
—materialista—lo esplicita molte volte nello Zibaldone (appunti soprattutto degli anni 20
dell’800), la realtà così com’è non può però essere oggetto di poesia, perché non ha significato
ed è indifferente alla sorte degli uomini, nasce da una distanza che per lui è soprattutto
sentimentale, non è il colle in sé ad essere bello, esso diventa caro perché è passato del tempo—
fa parte della vita del poeta, è soprattutto il ricordo che rende le cose poetiche, è il tempo vissuto,
le cose in sé non bastano, ci deve essere investimento emotivo e sentimentale perché le cose
diventino poetiche. Seconda cosa, la poesia decolla quando dallo spazio fisico ci si sposta nello
spazio del suo pensiero—immaginazione=legata a immagine, vede mentalmente cose che con
gli occhi fisici non può vedere. Immaginazione poi si dilata e coglie qualcosa fuori dalla nostra
esperienza, l’eternità è qualcosa di estraneo per tutti, neanche il passato in cui non c’era, ma di
cui magari ha letto è un’esperienza diretta, la cosa centrale è lo spazio della poesia che nasce
dalla contemplazione fisica. Monte Tabor Recanati—pur nascendo da lì diventa poesia quando
il sentimento trasfigura le cose e l’immaginazione va al di là di quello che non si può vedere,
nasce da un ostacolo. Non è pura fantasia! Ma la poesia non può essere parte del mondo così
com’è. Ciò che Leopardi dice è che lo spazio della poesia lirica è diventato eminentemente
interiore, mondo interno del poeta—idilli sono definiti avventure storiche del mio animo perché
non vuole descrivere il paesaggio, ma dire come il suo animo ci si è avventurato, grande balzo che
lui fa fare alla poesia, come i romantici e oltre ad abbandonare la poetic diction, individuare come
spazio specifico di essa il mondo interiore in relazione col mondo esterno, pur col primato dell’io il
mondo esterno non viene cancellato, si vede dalle locuzioni di luogo e la presenza di
dimostrativi—determinazioni spaziali nominate costantemente—ove=spazio mentale—parla di
ciò che succede nel pensiero, spazio insieme fisico e mentale—due dimensioni. Pronomi
dimostrativi giocati con attenzione—questo ermo colle—lì di fronte a lui, la poesia nasce da
circostanze precise concrete e dettagliate, colle che sta qui, poesia nasce da occasioni
private della vita soggettiva di colui che scrive—poesia lirica moderna è profondamente
autobiografica—anche di Dante e Petrarca, ma solo in qualche modo, i poeti moderni parlano di
loro stessi in quanto loro stessi e non per un sovrasenso. Quello infinito silenzio—spazio mentale
è diverso da quello che ha di fronte a sé—mettere in relazione le condizioni reali e concrete con
qualcosa che vada al di là e possa riguardare tutte le persone a cui si parla—cercare di partire da
esperienze private, ma in relazione con qualcosa che vada oltre—oggetto dell’esperienza
anche dei lettori. Questo testo è molto privato perché ci dice quello che vede da casa, fa
riferimento ad esperienze estremamente soggettive—in Dante e Petrarca non era così, in “tanto
gentile e tanto onesta pare” non ci sono elementi connotati in senso privato e neanche nel sonetto
di Petrarca—no circostanze precise sulla vita di Petrarca. Qui si parla della stretta esperienza
personale per farla passare agli altri—questo testo ci dice che la poesia lirica moderna (modernità
inizia per gli storici con la scoperta dell’America, per i letterati con la rivoluzione francese 1789
che dà inizio invece alla storia contemporanea—il primo movimento letterario della modernità è il
romanticismo) è autobiografica=autobiografismo—l’io che parla è quello del poeta,
tendenzialmente è una poesia auto-espressiva=bisogna farsi le forme adeguate al proprio mondo
interiore, plasmarsi una forma adeguata, Leopardi qui conserva comunque regole forti—
endecasillabi, ma rispetto ai sonetti di Foscolo e Alfieri c’è differenza—collaudarsi le proprie
forme di volta in volta, qui si è sbarazzato della rima—non la si può usare per dar voce al proprio
mondo interiore. Autobiografismo, definizione di autobiografia=Philippe Lejeune—essa ha
criteri formali=coincidenza tra autore, narratore e personaggio, nelle confessioni Rousseau è
lo scrittore, narratore e protagonista—solo così si ha un’autobiografia (Ortis non è autobiografia in
senso proprio). Più generalmente l’autobiografia è un racconto continuato della vita dall’infanzia
al presente, in più si racconta la verità, principio sostanziale=sincerità oltre al racconto della
propria vita ordinata, ma questi criteri nella poesia lirica valgono fino a un certo punto—non è un
racconto continuato della propria esistenza, poi il rapporto tra narratore e protagonista—poesia
non è un racconto in prosa quindi gli elementi di vita privata sono dispersi, non si può dire
nettamente è l’autore che parla, poeta crea un’immagine di sé—personaggio che dice io, si dà
per scontato che sia l’autore, in realtà il personaggio che dice io parte da esperienze concrete
verso una dimensione più generica e universale—Montale diceva che nella poesia lirica ci sono
un soggetto empirico e uno trascendentale—parla una persona concreta, ma non basta a fare
la poesia, ci vuole un io generico nel quale tutti ci possiamo riconoscere—per Leopardi è
evidente che l’esperienza di naufragio nel mare dell'essere può essere compiuta da ciascun lettore
—poesia moderna è autobiografica nel senso che parte da un soggetto empirico per arrivare a
un soggetto trascendentale—ognuno alla fine può dire io grazie a quella poesia. Poesia moderna
ha sempre un aspetto concreto, ma cerca di fare un salto verso qualcosa di ulteriore—sincerità
della poesia lirica—la sincerità in più non è detto che sia veramente un valore nella poesia
moderna, l’estetica romantica dà valore alla sincerità del cuore—linguaggio del cuore e delle
passioni, in realtà anche se c’è l'estetica della sincerità (dalle confessioni Rousseau) in realtà è
una convenzione culturale—nel ‘900 non interessa essere sinceri, i poeti del ‘900 hanno con
l’autobiografismo un rapporto complicato. Un lettore romantico legge la poesia come espressione
del cuore anche se noi sappiamo che è una convenzione costruita—L’infinito di Leopardi può
valere come atto di fondazione della modernità nella poesia italiana—ci sono tutti gli elementi
appena detti. Però questo cammino verso l’affrancamento dalla poetic diction la poesia moderna
non è incontrastato—è difficile.
Un paio di anni dopo L’infinito—Ultimo canto di Saffo—aspetti più attardati—più legata al
passato e alla poetic diction—poesia molto più difficile, anche riferimenti culturali al mondo
classico, legata al passato—difficile era la via della semplicità che aveva intrapreso prima. Notte
serena e timido raggio della luna che sta tramontando e tu o annunciatore del giorno che spunti
sulla rupe fra i rami del bosco silenzioso (pianeta venere) o piacevoli e amate sembianze ai miei
occhi finché mi furono ignote le furie e il destino crudele—la dispositio verborum è innaturale—
dizione molto teatrale, quello di Saffo—stile più nobile di quello dell’infinito. Ormai già al mio cuore
disperato non sorride uno spettacolo tenero—sono così disperata che se guardo la bellezza del
paesaggio non mi provoca piacere, c’è un altro paesaggio che mi colpisce—lessico e sintassi
complicati, scelte che scompaginano la frase—la gioia insolita ridesta me nel momento in cui
nell’aria limpida e nei campi trepidanti si rivolge l’ondeggiare polveroso dei noti e quando il pesante
carro di Giove tuonando sopra il nostro capo divide il cielo tenebroso—tempesta dio Giove che con
le folgori in mano la scatena—noto=vento che alza la polvere—usa linguaggio classicista, non
tanto per Saffo—pretesto, è il linguaggio convenzionale della poesia neoclassica italiana
dell’epoca. A me piace nuotare tra le nuvole su per gli scoscendimenti e le valli profonde,
nembo=nuvola che porta la pioggia (verbum proprium—parola precisa), nuotare metaforico, lei col
pensiero immagina di farlo. Da ultimo manca il verbo che è sempre giova—e a noi piace l’ampia
fuga delle greggi spaventate oppure il suono e l’ira vincitrice dell’onda di un alto fiume sulle sponde
cedevoli—fiume che straripa, quello le piace, il suono delle onde di un fiume alto presso le sponde
dubbie—il fiume abbatte le sponde—dice cose esatte, linguaggio quasi meteorologico, però si
vede subito quanto distante sia lo stile poetico da quello dell’infinito—ma il tema non è invece così
distante, avrebbe potuto scrivere anche in uno stile più simile a quello dell'infinito—più o meno
negli stessi anni Leopardi scrive “Alla luna”—luna elemento costante in Leopardi—elementi del
paesaggio possono essere quelli degli idilli, in più si parla della relazione stretta del mondo
emotivo della poetessa Saffo e il mondo intorno a lei e questa relazione è sempre immaginaria
lei immagina di nuotare fra i nembi, molte cose mettono in relazione questa poesia complicata con
la semplicità dell’infinito, però c’è una scelta di stile completamente diversa, qui il verso è
endecasillabo e solo gli ultimi due versi sono in rima baciata, si cerca sempre di liberarsi
della rima, ma si mette la rima in una posizione molto sensibile. Cerca di emanciparsi dalla
poetic diction—canzone più libera rispetto a quella petrarchesca, ma il debito alla poetic diction è
molto più forte rispetto all’infinito—non è quindi lineare il cambiamento della poesia, nonostante
questo però si riconosce che è sempre Leopardi.
Lezione 4 30 settembre
Differenze con infinito—lessico, sintassi, riferimenti colti—testo vistosamente più difficile e più
arretrato—debitore della poetic diction. Lessico—verecondo=pudico (da verecundus=vergognoso)
latinismo—quando un poeta cerca parole alte e rare tendenzialmente attinge al latino, nunzio,
erinni=grecismo, fato, molle, insueto, gaudio, etra (dal greco—cielo), liquido (liquidus in
latino=limpido) parola che non ha il significato dell’italiano moderno, ma latino, aere, natar, vittrice
—lessico sentito come più alto e latineggiante, dal punto di vista romantico però è una poesia
pienamente leopardiana, l’atteggiamento di Saffo nei confronti del paesaggio è un po’ quello di
Leopardi nell’infinito—lei immagina di nuotare sopra i nembi—anche qui elementi di Leopardi che
si vuole emancipare dalla poetic diction, nell’infinito non ci sono latinismi così accusati, ermo e
fingo, ma poco—l’infinito è nuovo per la sua semplicità, nell’infinito lui mette in atto la poetica
del vago.
Citazione dallo Zibaldone 1821—2 anni dopo l’infinito—qui lui annotava cose per se stesso,
riflessioni filosofiche, filologiche ecc—Leopardi lega la poesia a 2 cose: a un tema, la descrizione
della notte—ci sono delle occasioni di vita più poetiche delle altre—l’oscurità rende la realtà
poetica—come il ricordo, c’è un aspetto non solo tematico, ma anche linguistico—parole più
poetiche di altre—le parole poetiche, però, sono di uso assolutamente comune—notte, notturno
—altro modo per emanciparsi dalla poetic diction—nel linguaggio di tutti giorni parole che
risuonano di significati poetici, lui ha una consapevolezza molto alta della novità della sua
poesia.
Autobiografismo—L’ultimo canto di Saffo non è autobiografica—parla Saffo, non Leopardi, dal
punto di vista formale non è autobiografica—dal punto di vista tematico. Saffo si sarebbe
suicidata buttandosi da una rupe perché Faone la giudicava brutta, Leopardi non era bello
fisicamente, lui era gobbo—lui proietta su Saffo parte del proprio vissuto.
Poesia del ‘900—centralità della parafrasi—a seconda di come il testo reagisce ad essa Franco
Fortini distingueva due tipi di poesie—difficili e oscure—elemento nuovo—poesia del 900
spesso è di lettura più ardua di quella pre-900esca—abbiamo molti strumenti di analisi, forse
anche per quello. La difficoltà è anche legata a una maggior privatezza dell’occasione poetica—
poeti parlano dei loro fatti privati (Dante ex. allusioni al mondo storico, ma fatti della vita pubblica),
la poesia di questo tipo può comunque essere sciolta dalla parafrasi, c’è anche una poesia che se
uno si mette a parafrasare è impossibile tradurre in un linguaggio prosastico—tipo di poesia che
nasce a fine 800 e si afferma solo con la modernità.
Esempio di poesia difficile=A Liuba che parte—Montale, Le occasioni 1939
Liuba=donna non italiana, nome mitteleuropeo, lei si chiamava Ljuba Blumenthal—donna vera,
non ci sono elementi che parlino d’amore, era una sua amica, non la sua amata. Primo verso
7nario, quinario, 7nario sdrucciolo, endecasillabo, settenario, endecasillabo, endec., endec. Tutti
versi regolari—ambito di tradizione, di non tradizionale c’è lo schema metrico perché non esiste
uno schema del genere—struttura a due quartine nascosta dal fatto che non c’è stacco e i versi
si susseguono in una maniera libera. Nel De Vulgari Eloquentia Dante dice che si possono
mescolare versi di misure diverse purché siano tutti parisillabi o imparisillabi, lui quindi
rispetta una regola della tradizione—tutti versi dispari, rispetta regole fondamentali, ma da un
altro punto di vista la innova, l’analisi metrica non dice cose sul significato, però si capisce come si
colloca il poeta nel campo della poesia di quegli anni—rispetta la tradizione, ma la innova.
Rime=gatto fa rima con riscatto, ma non è una rima che si sente subito. Una nel verso 1 e l’altra
nell’8—rima che dal punto di vista sonoro non ha peso, chiude ad anello la poesia, dal punto di
vista fonico è una rima forte perché ha due consonanti, non è ovvia, ha una certa ricercatezza e
sicuramente ha significato strutturale (lega primo e ultimo verso) ed è fonicamente piena.
Focolare fa rima interna con lare—rima preziosa, è nascosta, poi lui non usa gli infiniti ed è una
rima inclusiva—la parola lare sta dentro la parola focolare, fa difficile una rima facile—non è
desinenziale, è interna al verso e lare non è una parola comune. Splendido—non fa rima con
nulla in italiano, ma questo verso è sdrucciolo (verso senza rime è un verso irrelato), la cosa
inconsueta è che è sdrucciolo. Famiglia rima con consiglia del verso precedente—è una rima
difficile e dal punto di vista fonico è una rima aspra, rima al mezzo, non interna, perché cade
proprio al mezzo del verso dove c’è una cesura—la costruzione della rima è molto articolata.
Rechi rima con ciechi—rima al mezzo, difficile, sensibile dal punto di vista sonoro. Cappelliera rima
con leggera. flutto-riscatto=consonanza—stessa consonante, ma vocale tonica diversa. Per far
tornare con gatto mette flutto con le stesse consonanti—legame fonico col primo e unico verso—
tutti i versi sono rimati—per essere breve è una poesia enormemente lavorata e ricca di giochi
fonici—in 8 versi esercizio di raffinatezza stilistica tanto più grande perché non è immediatamente
visibile, l’unico verso irrelato è sdrucciolo perché ci fosse qualcosa di non anonimo che lo
segnalasse.
Significato—se si parte dal titolo non si sa chi è Liuba—si capisce che non è italiana e che parte.
Parafrasi=(per Montale il tu è un istituto della poesia), i gatti amano mettersi al caldo—gatto del
focolare—espressione precisa e concreta—lui allude sempre a cose realistiche—la parola
focolare ha una connotazione più affettiva rispetto a casa—non è neutra, non dice il gatto di casa,
parola ha un valore affettivo, di calore, ora ti consiglia (Liuba), non il grillo, ma il gatto di casa—
verbo va inteso metaforicamente—consiglia=farsi consolare, soccorrere, aiutare, cercare calore,
nel gatto e non nel grillo, il gatto esiste proprio—lei ce l’aveva e forse aveva anche il grillo allora—
parla di cose che lei aveva—poesia scritta a Firenze e lì, per la festa dell’ascensione si
vendevano grilli come porta fortuna, il grillo quindi è anche un portafortuna, lui dice non affidarti
al portafortuna del grillo, ma affidati al gatto di casa. Lare=dei romani protettori della
famiglia—lare grammaticalmente è legato al gatto—apposizione del soggetto, splendido perché è
bellissimo, diventa una specie di divinità protettiva della famiglia, lei sta cercando qualcosa che
la aiuti in questa partenza e la sua famiglia è dispersa—i membri stanno in posti diversi—va a
raggiungere familiari in Gran Bretagna infatti—è una famiglia spirituale, simbolica, non famiglia
in senso stretto—esiste un popolo disperso che è quello degli ebrei—dopo la distruzione del
tempio di Gerusalemme 70 dc da parte di Tito si disperdono—famiglia=gente. Si capisce quindi
che Liuba è ebrea e parte a causa delle leggi razziali—prevedevano che gli ebrei non italiani
dovessero tornare in patria, lei sta facendo questo—è costretta, momento drammatico e Montale
cerca di invitarla a trovare una qualche salvezza in senso anzitutto spirituale. Ravvolta=avvolta,
la casa è una metafora—Montale si chiede se questa casa sia una gabbia o una
cappelliera=specie di scatola spesso circolare, lui vede una cosa avvolta non capisce se sia una
gabbia o una cappelliera e dentro c’è il gatto—al tempo era proibito portare animali domestici sul
treno, lei quindi nasconde il gatto—per questo Montale non capisce cos’è—cosa realistica, vera.
Chiama casa il recipiente in cui ha messo il gatto perché per lei il gatto rappresenta la famiglia e
la casa—è simbolico. Inoltre, il gatto ha con la propria casa un rapporto importante, il gatto è tutto
ciò che le resta della propria famiglia—cercare dei simboli che la leghino ad essa.
Sovrasta=supera, vince, ciechi tempi=bui--l’Europa sta per precipitare nella 2gm+lei è ebrea.
Come il flutto arca leggera, manca il verbo che è sovrasta, come un’arca leggera supererebbe i
flutti. Arca=può essere l’arca di Noè—con cui ha portato in salvo una coppia di animali per
ciascuna specie, l’arca è la gabbia in cui ha messo il gatto, arca perché porta un animale da
salvare e leggera perché rispetto a quella di Noè è una cosa da nulla, se ne parla nella Bibbia—
legame con la cultura ebrea, ma l’arca è anche quella dell’alleanza, dove secondo la bibbia sono
conservate le tavole della legge. Patto che dio stringe col popolo di Israele, arca è un recipiente,
arca quindi in senso lato è il segno del patto tra dio e il popolo di Israele—connotazione
ebraica qui è molto forte perché parla di qualcosa di decisivo nel destino di Liuba, come un’arca
superò i flutti del diluvio universale/catastrofe, forse a te questo segno familiare ti permetterà di
superare i tempi bui verso i quali tu vai—accosta il destino di Liuba con qualcosa di universale.
E basta al tuo riscatto—la casa soggetto—il fatto che tu porti con te questo simbolo familiare è
sufficiente al tuo riscatto=salvezza, in realtà spesso gli ebrei per salvarsi dalla persecuzione
pagavano il regime per trovare uno scampo, quello che succede probabilmente anche a Liuba,
forse lei sgancia qualche soldo a qualcuno—quindi anche significato di soldi dati a qualcuno per
salvarsi. Tema religioso della salvezza—popolo ebraico attende il messia=salvatore, colui che
salverà il popolo di Israele, secondo gli ebrei deve ancora arrivare, per i cristiani è Gesù.
Testo con almeno 3 livelli di significato—1) Cronachistico/letterale, lui parla di una sua amica
—livello delle cose così come sono—fatti privati che conosce solo lui e che noi possiamo
ricostruire un po’. 2) livello storico, che non riguarda solo Liuba, ma la storia di quegli anni
(ciechi tempi)—collegamento tra la tragedia che sta per colpire il popolo ebraico, ma anche l’intera
popolazione europea quando scoppierà la guerra—salto da Liuba all’intera umanità—piano
pubblico. 3) livello metastorico—allude alla bibbia che è un testo sacro—parla a tutti in tutti i
temi, qualcosa che riguarda la condizione umana in generale. Poesia parla di una persona
umana minacciata nella propria vita che cerca di salvarsi—tutti gli individui cercano di dare un
senso e di salvarsi dal male e dalla sofferenza. Poesia non ha un tono solenne e tragico, ma quasi
galante, leggero e garbato, negli ultimi due versi c’è un salto improvviso con parole che
diventano pesanti—apre a qualcosa di decisivo. Lui dice praticamente di cercare la propria
salvezza nelle sue origini—il suo ebraismo, proprio ora che è perseguitata perché è ebrea deve
riscoprire le proprie origini e riaffermare a se stessa le proprie origini ebraiche—la stessa cosa che
rischia di condannare alla morte e alla distruzione Liuba è quella che lei deve cercare per trovare
la salvezza.
Noi tutti come esseri umani siamo destinati alla morte, ma solo se siamo consapevoli di questo
riusciamo a salvarci—solo se accettiamo in maniera moralmente degna il nostro destino di mortali
diamo senso alla nostra esistenza—metafora protratta=allegoria—testo allegorico, ci sono
significati sempre più generali ed estesi—le cose non valgono solo per se stesse, ma anche per
altro. Questi sono i temi delle occasioni—contestualizzare i testi nel libro dal quale sono tratti.
Meccanismo allegorico spiega anche la difficoltà del testo—testo difficile perché ha molti
significati non facili da decifrare—tutto però viene fuori prima di tutto dalla parafrasi, qualunque
cosa che si dice del testo deve avere una giustificazione nel testo.
Lezione 5 5 ottobre
Franco Fortini—poesia difficile e oscura—testo di Montale, A Liuba che parte=testo difficile.
Distinzione che riguarda specificamente la poesia del 900—quella oscura specialmente. Testo
difficile=ci sono dei sottintesi—chi è Liuba, qual è il disastro che sta per incombere? Il grillo e il
gatto? Ma tutte queste ambiguità possono essere sciolte. Ci orienta anche il contesto. Altre
difficoltà di ordine sintattico lessicale e formale—estremamente elaborata dal punto di vista formale
—densità di figure—versi quasi tutti rimati ecc. Altro elemento—stratificazione di questo testo (più
livelli di senso).
Esempio di poesia oscura—Mario Luzi—Avorio—non si coglie immediatamente un
collegamento tra il titolo e il testo.
Parafrasi: il cipresso equinoziale parla, problemi—gli alberi non parlano, cos’è il cipresso
equinoziale, il cipresso stormisce—il vento passa tra i tuoi rami, la scelta lessicale è di una parola
più generale che include un traslato—parlare è una classe più generale rispetto a stormisce che
si dice solo delle piante—preferisce una parola più semplice ad una più rara. Equinoziale—
equinozio=momento dell’anno in cui le ore di luce e di notte sono pari, succede due volte l’anno
—primavera e autunno, questo provoca confusione—quale dei due equinozi? Questo aggettivo
comunque viene attribuito ad un cipresso in maniera impropria, possiamo immaginare che si
riferisca al momento, ma non capiamo comunque di preciso quale. Esulta il capriolo,
esultare=gioire in maniera vivace, i caprioli però non esultano, ma probabilmente saltano e così
manifestano gioia, ma non possono essere montuosi—montuoso=ricoperto di montagne, non
montuoso, ma montano=abita sui monti, nell’oscurità=oscuro. Figura retorica=metonimia—effetto
per la causa, materia per l’oggetto ecc. Dal fatto che stia sui monti al fatto che sia montuoso. Le
cavalle lavano adagio le proprie criniere dai baci nelle fonti rosse—dai baci=i baci hanno lasciato
qualche segno che viene portato via dall’acqua, ma a meno che non abbiano ricevuto baci con
rossetto, anche questo è metaforico, cavalli in più non si lavano la criniera nelle fonti—non è una
scena realistica. Mondo diverso da quello di Montale—le cose che sembravano strane per lui
erano realistiche, qui invece non siamo in questo mondo. Le fonti sono rosse—forse per il
tramonto o per l’alba—ci si riflette il rosso del cielo—ma anche qui incertezza. I fiumi immensi
battono lungamente da foreste vaporose alle eccelse città, alle=forse verso—alle=tipico degli
ermetici, scelto perché è indeterminato. Battono=scorrono impetuosamente. Foreste
vaporose=chiome degli alberi potrebbero richiamare le nuvole=vaporose, ma potrebbero anche
essere avvolte nella nebbia, su un piano di plausibilità=avvolti nelle nuvole. Eccelse=altissime—
bislacco perché i cieli scorrono giù verso città altissime—suggerisce abolizione delle leggi della
fisica—tutto molto indeterminato, ma il testo dà questa ipotesi. Vele affettuose si muovono verso
Olimpia in un sogno, vele affettuose—vele=sineddoche per navi, affettuosa=mossa dall’affetto,
quelli che vanno ad olimpia sono mossi dall’amore forse—ma sono tutte ipotesi. Olimpia è una
città reale in Grecia, forse però non allude alla città, siamo in una dimensione di sogno, non parla
della realtà, ma di una dimensione mitica, non reale. Ambiente che non può avere un referente
preciso nella realtà. Anche quando viene usato un nome proprio neanche quello si riferisce a
un’entità precisa e concreta. Fanciulle ventilate=colpite dal vento, correre le vie—verbo usato in
modo transitivo, anche se è un verbo intransitivo, correre=percorrere, vie intense=trafficate, vie
d’oriente=Grecia sta a oriente rispetto all’Italia—ma esso è richiamato in senso connotativo (non
denotativo), sempre ambiente mitico dell’oriente—terra di sogni e di favole—oriente è la terra dei
sogni e dell'esotismo per eccellenza, e guarderanno ilari=gioiosi il mondo dai mercati salmastri. In
tutta questa parte del testo c’è un clima di vita traboccante, vita esorbita di pienezza—torna che
le fanciulle siano ilari, mercati salmastri=porti, è una città di mare, guardano al di là del mare.
Frattura nel testo, segnalata dal ma—altra frattura=compare per la prima volta l’io del poeta—da
qui=antitesi con quello che precede, tremebondo=tremante, amore che scuote, ma anche non
sicuro—infatti poi si scopre che è finito. Attingerò la mia vita=attingere usato per l’acqua, attingere
la propria vita=dare un senso alla propria esistenza, metafora dell’attingere ha una certa coerenza
con il testo perché ricorre un immaginario acquatico. In fondo abbiamo 3 proposizioni legate
tramite paratassi—tutte sullo stesso piano, in tutto il testo è così, frasi semplicemente accostate,
ma questo rende le cose più ambigue, non istituisco legami logici tra le cose—
indeterminatezza semantica. Rose violavano l’orizzonte—invadevano la linea dell’orizzonte, ne
impedivano la vista, occupavano la linea dell’orizzonte—altra spiegazione=rosa=forse non è una
vera rosa, ma qualcosa che la ricorda, le rose potrebbero essere nuvole arrossate dal
tramonto—violano l’orizzonte perché impediscono di vederlo, oppure immagine del fatto che le
nuvole insanguinate arrossavano il cielo e l’orizzonte (violare come stuprare, fare violenza)—qui è
difficile escludere le diverse possibilità—il testo è oscuro perché anche se si rimettono in ordine le
parole ci sono incertezze—dal punto di vista sintattico non è difficile e neanche per il lessico in sé
—il problema è di ordine semantico—attribuire un significato alle parole, i nessi tra esse.
Città stavano in cielo—se si parla di città reali, sono magari città sull’alto dei monti,
esitanti=significato metaforico—chi le vede esita nel vederle, forse non sono ben visibili. Se
invece non fossero vere città—può essere una metafora per le nuvole che stanno un po’ immobili
e poi si muovono, per questo esitanti, anche le vele forse erano le nuvole—si muovono con il vento
e sono bianche. Asperse (si asperge con un liquido di solito—tipo droplet)=cosparse, di giardini
tormentosi=tormentato forse, può voler dire giardini intricati di rami, folti di piante, se parla delle
nuvole magari esse hanno forme strane che possono ricordare un giardino tormentato,
particolarmente frangiate. La voce (della donna) è una roccia=dura, deserta=fredda, senza amore,
senza vita, incolmabile di fiori=non c’era nulla di bello che potesse riscattarla. La voce è rimasta
dentro di lui, ma in questa poesia interno ed esterno non sono entità separate, c’è una sola
dimensione, quella del mondo interno. Magritte—quadro surrealista, anche nella poesia c’è
qualcosa di surrealista, le normali leggi della fisica sono invertite.
Prima la poesia designa uno spazio fantastico mentale di vita felice, piena come immaginiamo
che sia la vita quando amiamo e poi la condizione di uomo privato dall’amore. Da un certo
punto di vista il testo di Montale era più complicato, ma qui si dicono delle cose che non hanno un
riferimento nella vita concreta e reale—piano di oscurità, clima di sogno, miti ecc, poesia vive in
un altro mondo rispetto al mondo reale—Zanzotto dice che è costruita sul rovescio della storia
—non c’è riferimento a quando è stata scritta, no stratificazione di Montale, unica dimensione in cui
tutto si mescola perché è divorato dall’interiorità. Il mondo reale è completamente cancellato,
niente vale per quello che è—idea di linguaggio poetico secondo Stephane Mallarmé—
integralmente metaforico, nessuna parola doveva valere alla lettera come nel linguaggio comune
—poeta deve dare un senso nuovo alle parole della tribù. Poesia simbolista—poesia di Montale
era allegorica—significato letterale saliva verso significati più generali—qui è un linguaggio
alogico, allude ad un orizzonte di significato non razionalizzabile. Montale e Luzi funzionano in
modo diverso—la poesia di Montale ha fiducia nella ragione, vita concreta e storica di tutti gli
esseri umani, in Luzi questo sparisce e la realtà e sublimata e svaporata in una specie di sogno e
di allucinazioni. Il modo della poesia simbolica è puramente verbale. Linguaggio può dire cose
che non possono esistere, la pittura ha difficoltà a fare questo. Linguaggio può dire cose che
sono illogiche, ma comunicano qualcosa proprio questo è lo scopo di Luzi. testo che evoca una
serie di immagini non realistiche, ma evidenti, in più c’è una certa maestria formale—
endecasillabi sciolti, sembra quasi surrealista, ma in uno schema metrico ancora piuttosto
classicheggiante, vuole essere canonicamente bella, la poesia di Montale è invece più impura, gli
elementi della realtà sono non belli in sé, più sporchi, qui c’è più classicismo.
Titolo=avorio=candore collegato alla bellezza femminile, ma non c’è nessun elemento preciso
che colleghi testo e titolo, ma ci sono titoli tematici=alludono al tema del testo e rematici=alludono
al genere (ex la commedia di dante, il canzoniere, il decameron). Questo potrebbe essere un titolo
rematico—uso artistico dell’avorio—nel medioevo usato per comporre scene estremamente
raffinate, piene di dettagli e particolari—popolato di tante piccole figure evocate, un po’ come
questa poesia. Non si sa però per certo se il titolo sia tematico (allude alla bellezza lontana della
donna) o rematico.
Non tutti i testi del 900 sono oscuri—altro esempio.
Lezione 6 6 ottobre
Poesia oscura—c’è qualcosa che la parafrasi non può dire e i nessi sono di ordine analogico.
Poesia difficile di Montale sempre connessa con la realtà storica, qui essa viene cancellata.
La capra—Umberto Saba
Parafrasi: Sazia d’erba—aveva mangiato a sufficienza erba. Poesia né difficile né oscura per ora.
Questo belato costante era simile al suo dolore e quindi fraterno, lui riconosce un dolore simile al
suo. E io risposi prima per scherzo, poi perché il dolore delle creature è tutto uguale. Io sentivo
(sentiva) gemere questa voce (del dolore) in una capra solitaria. In una capra dal viso
ebraico=Saba era ebreo per parte di madre, nel modo in cui si ritraevano in maniera ingiuriosa gli
ebrei, essi avevano tratti caprini=barbetta, naso adunco, labbra sottili, caricatura, lui ha in
mente questo giudizio che appartiene anche a lui in qualche modo—il motivo per cui gli ebrei sono
rappresentati con tratti caprini e perché il capro è associato a satana—diavolo ha per tradizione lo
zoccolo del capro. Querelarsi=lamentarsi il male di qualunque altra creatura.
Metrica=Alternanza di settenari endecasillabi e quinari—prescritta dalla tradizione anche se non
rispetta nessuno schema tradizionale. Rime—facile=legata, bagnata, fraterno eterno=rima non
facile, consonantica, varia solitaria=rima difficile. Rime ci sono, a volte non sono comuni a volte
facilissime. Primo verso irrelato, aa verso irrelato ecc.—rime ci sono ma sono disposte molto
liberamente. Endecasillabi sono tutti endecasillabi di sesta—il più canonico, certa volontà di
adesione alla tradizione. Lui collega le strofe riprendendo degli elementi, non è un’anafora
perché non sono disposte nella stessa posizione, però ci ha lavorato—questa poesia è costruita
sull’allegoria—poesia allegorica perché descrive una scenetta e poi ci mette un significato in più,
però lo spiega esplicitamente. Non è un’allegoria come A Liuba che parte, perché qui è esplicita
(spiegata), mentre di là era implicita. Anche questo fa il testo non oscuro né difficile.
Montale, Luzi e Saba—3 mine del 900—poesia allegorica, poesia simbolica e linea anti
900esca—intendendo come 900esche le altre due linee, la poesia che non è né difficile né oscura
comunque non è che sia un bicchier d’acqua—si parla di temi importanti, in più per essere semplici
ci vuole molta arte.
Poesia di Gozzano—L’amica di nonna Speranza (titolo tematico)—poesia narrativa. Citazione
messa all’inizio del testo=esergo=sta prima dell’opera. 1 sezione poeta descrive il salotto di
casa della nonna, guardando tutti gli oggetti intorno a sé rinasce all’epoca in cui la casa era abitata
dalla nonna, in particolare quando la nonna era venuta in visita a quella villa—seguirà il racconto di
quella giornata in cui la nonna e l’amica sono tornate a casa. 1 sezione=il poeta parla di sè—
rinascere lui in prima persona, nella 2 sezione racconta di questa visita 28 giugno 1850—
ovviamente lui non c’era. Un narratore che racconta se stesso come personaggio oltre che
narratore è auto diegetico. 3 possibilità—narratore anche protagonista=autodiegesi, narratore
che è un testimone della vicenda, uno dei personaggi=omodiegesi. Narratore
assente=eterodiegesi—distinzione fatta da Genette nel libro=figure 3. Nell prima sezione
Gozzano è un narratore autodiegetico e nella seconda parte eterodiegetico.
Parafrasi=Loreto impagliato=pappagallo impagliato ed il busto di Alfieri e Napoleone Bonaparte—
questi due perché Alfieri era un autore di tragedie, poeta ecc.—lui era di Asti—qui siamo in
Piemonte—specie di gloria poetica nazionale, ma anche locale. Gloria della cultura
800esca=Napoleone. Fiori in cornice=fiori seccati, quadro con fiori veri, ma seccati—buone cose
di pessimo gusto—buone perché c’è un valore affettivo, ma di pessimo gusto perché è anche
comico mettere il pappagallo i fiori Napoleone e Alfieri accanto. Tetro=sinistro, caminetto è sinistro
perché è inutilizzato da un sacco di tempo—scatole dei confetti vuote, frutta finta sotto una
campana di vetro, balocco=giocattolo, scrigni fatti di valve—cofanetti di conchiglie. Oggetti tipo
souvenir (salve, ricordo), le noci di cocco—guscio tagliato e messo lì che veniva usato come
recipiente, veniva messo lì in salotto tra tutte queste cose perché era esotico, nell’800 era un
frutto raro e prezioso. Piccolo mosaico che raffigura Venezia—mosaico perché San Marco è
internamente tappezzata di mosaici latini—in nessuna chiesa di Venezia ci sono affreschi perché è
umido. Acquerelli un po’ scialbi—piccoli esercizi di pittura forse della stessa nonna, scialbi=sbiaditi,
le stampe i cofani—cassetti, albi=album, anemoni—fiori più primitivi apparsi sulla terra—per
questo arcaici, le tele di Massimo D’Azeglio—uno dei primi ministri del regno d’Italia, ma anche
pittore e romanziere—si rimane sempre nel contesto di gloria locale. D’Azeglio è uno dei maggiori
esponenti del romanticismo italiano (Manzoni gli scrive una lettera anche perché era suo
genero)–Gozzano guarda l’arte romantica con un certo distacco ironico—anche queste per lui
sono cose fuori di moda. Le miniature—ritratti molto piccoli, dagherrotipo—antenato della
fotografia, su essi ci sono delle figure in classica posa romantica, classico lampadario 800esco
che immilla=radice=mille, prefisso in—m per assimilazione regressiva, parola coniata da Dante
nel paradiso della divina commedia, ci sono tanti verbi di questo tipo—prefisso e poi desinenza
della 1 coniugazione tendenzialmente riflessiva—verbi parasintetici—dantismo—coniato da
Dante+meccanismo usato da lui varie volte—cosa tipica dello stile di Gozzano—lui parla di cose
non esaltanti e usa un verso sublime come quello dantesco. Per Montale in Gozzano c’è il
cozzo=urto dell’aulico col prosastico, parola sublime con un’immagine prosaica come il
lampadario di casa. Sedie con il rivestimento=parate di damasco—tessuto con disegni con fondo
piatto e disegni che sporgono, chermisi=colore scarlatto molto acceso—tipico per le poltrone.
Periodo costruito con sintassi strana, il verbo non è legato con il resto, la sintassi nominale fino
ai punti di sospensione, elenco e dopo una proposizione—rinasco bla bla bla, dopo una specie di
sospensione e di pausa, come se fosse stordito da tutti questi oggetti che vede intorno a sé. È
come un’epifania—parola lanciata da Joyce che da giovane annotava su un taccuino delle
piccole scene quotidiane—da un evento quotidiano in maniera inattesa e quasi miracolosa di
schiudeva un significato come una rivelazione—epifania=senso di rivelazione che nella vita
quotidiana c’è qualcosa che dischiude un significato profondo—a lui guardandosi intorno
sembra di rinascere, spesso evocata da un ritorno al passato—Proust queste le chiamava
intermittenze del cuore—esso ha un tempo diverso da quello dei calendari--possiamo avere
momenti di pienezza chiamati intermittenze del cuore. Virginia Woolf invece parla di moments
of being. In tutti questi autori c’è l’idea che la vita sia discontinua, momenti che non vogliono dire
nulla e poi fuori dalla nostra volontà ci sono momenti in cui sembra che il senso delle cose ci si
riveli, epifania mette in contatto il mondo di dentro e mondo di fuori—senso di recupero del
passato o rivelazione che riguarda la propria vita legato a qualcosa che si è vissuto—questa scena
ha tutto dell’epifania, carattere di sensorialità, carattere quotidiano e carattere miracoloso—
epifania avviene fuori dalla volontà, non si cerca—dopo lui racconterà questa scena che
magicamente rivede, ma non ha assistito—Proust ha cercato inutilmente di ritrovare la propria
infanzia—non ce la fa, ma un giorno va a trovare la madre che gli offre una tazza di tè con una
madeleine. Lo assaggia e gli viene in mente quando andava a trovare la zia a Combrè e lei gli
offriva un dolcetto con una bevanda e allora improvvisamente recupera le sensazioni fisiche che
viveva a Combré, tutta la vita a Combré. Anche qui miracolosamente riemerge il mondo del
1850 e il poeta ci racconterà di questa storia alla quale non ha partecipato. Il meccanismo è lo
stesso, ma non c’è rapporto diretto tra questi testi, clima che suggeriva di reinventarsi i modi di
raccontare—reinvenzione che passa per il narratore come personaggio della vicenda e il passato
che viene recuperato e riemerge dall’interiorità del narratore.
Oggetti si susseguono a caso? Le prime quattro cose sono state tutte vive, ma non lo sono più
—questo tratto non è solo qui, ma anche altrove, il caminetto è tetro—se c’è stata una vita, ora non
c’è più, scatole senza confetti frutti di marmo diversi perché non sono mai stati realmente vivi—vita
simulata—oggetti che imitano frutta vera, ma non lo sono—falsi, qualche raro balocco—richiamo
l’infanzia, ma non ci si gioca più, scrigni fatti di valve, simili alle scatole, scrigni non viene detto se
sono pieni o vuoti, ma si pensa vuoti e anche le conchiglie saranno senza mollusco—si richiamano
esperienze che si sono consumate—Venezia ritratta a mosaici, qui il tratto non è la morte, ma la
falsificazione, come i frutti di marmo—riproduzione non magnifica e veritiera. Acquerelli un po’
scialbi—ricordano i fiori in cornice, il tempo li ha consumati, stampe—riproduzioni, cofani di nuovo
le scatole, albi dipinti—come gli acquerelli scialbi. Miniature—falsi, dagherrotipi=foto=qualcuno che
è stato in quel modo in passato e ora non è più così—si intuisce che questo qualcuno sia morto o
invecchiato—è un qualcosa di reale però, la foto ha qualcosa di mortuario, la foto è un linguaggio
della realtà perché dice qualcosa che c’è stato, però non c’è più—linguaggio di un passato che è
scomparso. Figure sognanti in perplessità—probabilmente non in posa naturale, fanno i poeti e i
pensatori—tratto di simulazione nel modo in cui si sono messi. Dagherrotipi—parlano di un
passato che non c’è più e sono anche soggetti che simulano--ritorna questo tratto. Altro elemento
che ritorna—immillare=riprodurre mille volte, gioco di riproduzione, cose riprodotte
specchiandosi nel lampadario. Cucù delle ore che canta—tempo che passa, cucù richiama il
pappagallo, ma questo cucù è falso è solo un automa, una statuetta di legno che imita un
uccelletto senza esserlo. In realtà in questa descrizione ritornano pochi elementi comuni—vita che
c’è stata e non c’è più—o cose che sembrano vita, ma non lo sono perchè è una riproduzione, in
realtà sembra casuale, ma non lo è per niente. Vita passata e vita finta è il vero tema di questa
poesia.
Lezione 7 7 ottobre
Come si agisce facendo un’analisi tematica di questo tipo?—indicazioni date in un testo famoso di
Roland Barthes—critico e saggista del 900. S/Z—titolo allude a un racconto di Balzac—
Sarrasine. Barthes individua 5 codici in questo testo. Un codice è un insieme di leggi implicite
che spiega il funzionamento di un linguaggio, Barthes si chiede come funziona un testo, lo
divide in lessie=unità di lettura e individua 5 codici che secondo lui operano nella decifrazione
che diamo del testo. 1) codice ermeneutico, ermeneutica=interpretazione, questo codice si fonda
su una domanda—il testo va avanti perché uno si fa una domanda—esempio del giallo—il testo
va avanti per rispondere alla domanda chi è stato?—questo codice fa progredire il testo perché
bisogna avere una risposta a una domanda, anche se alla domanda può anche non esserci
risposta. Meccanismo che può riguardare non solo un testo narrativo, ma anche altri tipi di testi. 2)
codice semico, semantica=studio del significato, sema=significato—codice semico non riguarda
solo il linguaggio verbale, ma tutto. Il sema si trova in qualunque oggetto significante (ex.
Semaforo, bandiera bianca ecc)—ma come si arriva al sema? Ex. espressione Loreto impagliato—
andare dal concreto all’astratto—generalizzazione. Loreto=animalità=pappagallo, volatile,
esotismo, animale addomesticato—tema della domesticità—questi elementi di significato servono
per interpretare il testo. Impagliato=tema della morte perché si può impagliare solo se è morto, lo
si impaglia per conservarlo—conservazione. Tutti questi oggetti sono conservati perché hanno un
valore affettivo—tema della memoria/ricordo, tema dell’affettività—rimanda alle buone cose di
pessimo gusto—buone perché c’è un legame—pessimo gusto ci sta con l’essere impagliato di
Loreto perché impagliare non è un gesto di eleganza—tema del cattivo gusto. In più, i pappagalli
essendo variopinti non sono animali tanto eleganti, in più non sono considerati intelligenti perché
ripetono—partire dalla denotazione per arrivare alla connotazione. Busto di Alfieri—busto=tema
della memoria, busto è una commemorazione, ma diversa da Loreto—quella è una cosa solo
affettiva, qui il busto si fa delle persone importanti—tema di
celebrazione/monumentalizzazione, c’è anche il tema della riduzione però—duplice perché c’è
solo il busto e non tutta la persona e perché il busto di solito è più piccolo rispetto alla persona
vera, è una riproduzione della persona vera—riproduzione anche nei ritratti, miniature, quadri con
acquerelli, frutti di marmo ecc. Alfieri=è un grande poeta tragico, ma anche una gloria locale—
poesia, celebrità/gloria, ma anche localismo—di Asti—qui siamo in Piemonte. In Napoleone—
tema della celebrità e della gloria, ma anche storia—lui è un grande personaggio della storia. Si
parte da elementi concreti e individuati per risalire a indicazioni di significato generiche.
Fiori in cornice=conservazione, morte (secchi), di solito si mettono i fiori in cornice per
decorazione=decorazione, bellezza che serve ad abbellire un ambiente—tutte le cose che stanno
qui sono messe per decorare—finalità pratica. Il caminetto tetro=centro simbolico della casa, il
focolare, la famiglia—sema=affettività, domesticità, il caminetto indica proprio la casa—luogo
dove ci si riunisce per stare insieme intorno al calore—allude anche al calore dei rapporti umani,
ma tetro=sema della morte—dovrebbe essere acceso invece è spento—estrarre il codice
semico=rendere più palese la coerenza del testo. Scatole senza confetti,
scatole=conservazione, confetti=sema della festività, ma sono senza confetti=fine, vuoto
(morte). Frutti di marmo protetti dalle campane di vetro—conservazione, riproduzione con
connotazione diversa anche falsità—sono oggetti ingannevoli che non sono quello che sembrano
—campana di vetro—in genere vi si metteva dentro una statua di santi—sema della religione,
ma privata, affettiva, qui non c’è un vero santo—tutte queste cose sono conservate come si
conservano delle reliquie—oggetto appartenuto a un santo o parte del corpo di un santo—venerati
pubblicamente—quelle di questo salotto sono tutte reliquie private—reliquia=le cose che restano,
ciò che resta di un’occasione privata, messe nel salotto come se si venerassero privatamente
queste cose, frutto=vita vegetale, marmo=minerale—temi contrapposti. Instaurare relazioni
estraendo i semi, ci sono semi che continuano a tornare. Raro balocco=tema della festività,
rarità—tutti oggetti che vogliono essere un po’ rari, sema della vita che non c’è più—non sono
oggetti di gioco in uso, valve=esotismo ecc ecc. Capire le relazioni tra i singoli semi—secondo
Barthes questa relazione deriva da un altro codice 3) codice simbolico—raggruppa i semi in
grandi opposizioni elementari, ex alto basso dentro fuori, vicino lontano, vita morte. Opposizioni
simboliche di questo testo=dialettica fuori dentro perché sono oggetti che stanno all’interno, ma
alludono ad un esterno—si suppone che qualcuno abbia viaggiato e portato a casa dei souvenir ex
immagine di Venezia, anche tema vicino lontano—domesticità-esoticità, vita morte, anche alto
basso (ex. lampadario e oggetti sotto, anche nel busto—oggetti che vorrebbero essere decorativi,
ma agli occhi di Gozzano sono di cattivo gusto—non così prestigiosi)—leggere il testo per
opposizioni tematiche—Barthes insiste sulla semplicità delle opposizioni. Codice simbolico non è
un codice solo narrativo, in qualunque comunicazione c’è il codice simbolico, anche ex. il modo di
vestirsi 4) codice proairetico/delle azioni—greco proairesis=scelta—si parla di azioni che
derivano da una scelta—la scelta è importante perché ci sono delle possibilità di scelta e questa
scelta permette al testo di diramarsi in due possibilità e poi imbocca una certa strada—codice
delle azioni deve essere identificato da un verbo—qui rinasco è l’unica azione—questo codice si
presenta molto debolmente—questo è il codice per eccellenza della narrazione. 5) codice
culturale/di riferimento/delle citazioni—rimanda ai saperi culturali, essendo una persona colta
riconosco questi riferimenti grazie all’epoca ecc. Questo codice convoca il nostro sapere.
Buone cose di pessimo gusto—oggetti kitsch tema importante nella cultura dell’800—oggetto che
nella mente di chi lo sceglie è elegante, ma per gli altri risulta di cattivo gusto. Oggetto
kitsch=riproduzione non come tante altre, ma seriale—non oggetto artigianale autentico e vero,
ma la riproduzione seriale o industriale—ce ne sono tanti di oggetti così, in più kitsch sono oggetti
miniaturizzati (ex. busto), con funzione decorativa, altro elemento del kitsch=incongruo (cose
che non hanno senso messe insieme), vuole avere una funzione decorativa, ma anche pratica,
serve a qualcosa e ha una funzione di ricordo—classico souvenir. La decorazione è di tipo
eccessivo nel kitsch—il cattivo gusto sta anche in questo—riproduzione, serialità, funzionalità
pratica, memoriale, affettiva, miniaturizzazione, eccesso di decorazione. Testo di Gozzano—
cercare altri testi in cui questo tema è presentato—approccio filologico—testi che Gozzano ha
letto e che hanno lasciato delle tracce in questo testo, cercare poi altri testi che non hanno
lasciato tracce evidenti—approccio tipologico. D’Annunzio—poeta che suggestiona Gozzano,
ma che Gozzano anche capovolge—testo segnalato da Sanguineti. Testo=fatti mitologici
rappresentati in maniera troppo umile, noce di cocco, venere di gesso, caminetto, campana di
cristallo, canestro di frutti di cera, casetta svizzera di legno al posto del cucù, conchiglie—anche
d’Annunzio fa dell’ironia, è kitsch quello di d’Annunzio che prende in giro questa cantante e così
c’è anche l’ironia in Gozzano, ma l’atteggiamento non è proprio lo stesso perché l’unico punto in
cui d’Annunzio fa trapelare un giudizio=francescanamente—ironico, il giudizio implicito però è
che queste cose sono di pessimo gusto, per d'Annunzio però non sono buone, sono prive di
significato affettivo. In d'Annunzio c’è solo la denuncia del kitsch—ma palesemente Gozzano
aveva in testa questo brano. L'atteggiamento nei confronti del kitsch cambia—in d’Annunzio si
ridicolizza implicitamente perché lui suppone che il suo pubblico sia solidale e non abbia bisogno
di sentire che queste cose siano brutte perché lo sa già—il tema del kitsch è importante perché si
riesce a collegare questo tema specifico a qualcosa di più vasto. Altro brano con lo stesso tema—
tratto da Madame Bovary—festa di nozze tra Emma e Charles alla fattoria di papà Rouault—
descrive la torta di nozze. Urla di ammirazione per la torta—gente grezza. Si tratta di una torta
parecchio kitsch, clima di ironia perché si cita il pasticcere come se fosse chissà chi e la
reazione esagerata della gente—questa torta è un’accozzaglia di cose molte disparate—tipico
del kitsch. Eterogeneo=elemento dominante del kitsch. Gusto=capacità di scegliere, qui il gusto
manca completamente—è ridicolo, ogni piano della torta imita delle cose diverse—primo
piano=tempio con i portici, fa riferimento a un tempio classico, arte classica, torrione di savoiardi
cinto di fortificazione—mondo medievale, prateria verde con laghi ecc.—specie di parco—
giardino all’inglese, arte 7-800esca—accozzati diversi tipi di arte e diverse epoche, elementi
eterocliti. Il pasticcere ha inserito queste cose perché sono tutti elementi culturali—fa uno sfoggio
di cultura, ma troppo, cose che hanno un prestigio culturale e artistico, kitsch è una cosa che
vorrebbe essere prestigiosa, ma non ce la fa. Eteroclito e incongruo. Ciò che emerge è che c’è
una denuncia culturale, gente che cerca di fare sfoggio di cultura non essendone in grado—usa
le cose in maniera impropria e le ridicolizza, il kitsch è la degradazione dell’arte nel momento in
cui la società borghese si impossessa degli oggetti d’arte per decorare le proprie case—far
vedere quante cose prestigiose ho—ma si dimostra di essere culturalmente sprovveduti e di non
avere minimamente il senso dell’arte. La torta è una cosa che si mangia—finalità pratica—tema
del kitsch—prostituzione dell’arte percepita come qualcosa di sacro, ma per il pubblico borghese
è strumentale per affermare il proprio prestigio—anni dell’arte per l’arte (1856)—idea che l’arte
sia un’esperienza suprema quasi religiosa—rovescio di questo. Solo quando una società
borghese vuole avere arte in casa anche prodotta in serie, allo stesso tempo nasce l’idea di arte
sacra, invece la maggior parte di questi oggetti che abbiamo visto sono merci—problema—
relazione tra arte e mercato. Qui il tema della merce è evidente—è una torta.
Lezione 8 12/10/2020
Studio dei rapporti diretti tra un testo e l’altro=intertestualità—da un testo si passa a un altro
mostrando che c’è un debito. Ipotesto=testo di partenza (d’annunzio), ipertesto (Gozzano)—ma
ora questa parola non si usa più.
Altro passo da Madame Bovary—descrive le illustrazioni dei libri che Emma legge quando è in
convento. Nei libri antichi le stampe erano coperte dalla carta velina. Descrive le illustrazioni che
Emma vede su questi libri—verone=un tipo di balcone—lo cita perché richiama Romeo e
Giulietta—tragedia famosa—segnale di una notorietà consumata, ragazzo vestito secondo lo
stereotipo medievale—moda romantica che riprende il medioevo—altro elemento del kitsch=si
riduce la cultura a stereotipo, luogo comune, banalità, non un balcone comune, ma il verone. Lady
non donna inglese qualunque, bionda con i riccioli e gli occhi chiari e grandi—immagine più ovvia
che si possa avere di una donna inglese attraente—aria da donna angelica confermata dal
cappello di paglia—andava di moda. Parco=elemento tipico delle grandi ville inglesi. Biglietto
d’amore e guardano dalla finestra la luna. C’è una tortora=un uccello simile a un piccione, sono
bianche e uccelli sacri a Venere nella tradizione, non c’è solo una gabbietta, ma è gotica—moda
medievale del romanticismo—neogotico, nella 1 metà dell’800 ci sono scrittori che ritrovano il
gusto neomedievale—Walter Scott—si fece addirittura costruire una casa in stile neogotico. Fin qui
l’immaginario di Madame Bovary ha connotato il cliché, l’ovvio, un medioevo di cartapesta finto
agli occhi di Flaubert—ora vedremo il kitsch di nuovo come accozzaglia di elementi eterogenei.
Prima l’ambiente era tendenzialmente nordico, ora esotico, ci sono i sultani, tra le braccia delle
baiadere=amanti, donne dell’harem nell’impero ottomano—tipo concubine, giaurri—ufficiali
dell'impero ottomano, col berretto greco, ora siamo ancora nel clima dell'impero ottomano.
Paesaggi con palme e abeti—questi due alberi non possono convivere nello stesso paesaggio,
una ha bisogno di caldo e l’altra di freddo—trapela l’incongruenza—poi tigre e leone—neanche
questi due animali convivono insieme, tartari che stanno in Russia, ruderi romani, cammelli—
scena incorniciata da una linda foresta vergine=pulita, ma è definita anche selvaggia. Cigno—
tipico elemento romantico, ma dietro una foresta vergine non ci sta—anche qui il kitsch è fatto di
elementi eterogenei, vuole produrre il sogno romantico, la fuga, ma anche una certa
nobilitazione culturale—promozione culturale e estetica della piccola borghesia—questo tema
è importante perché è il rovescio di un clima culturale che si afferma soprattutto in Francia—l’arte
è una religione che non deve essere toccata dall’utilità, sacerdote dell’arte pura non è interessato
a valori utilitari, no preoccupazioni morali, ma persegue la bellezza in se stessa anche come
pericolosa—religione dell’arte=contestazione sdegnosa di una società mercantile che pensa
solo al soldo e all’utilità come è la società borghese—Flaubert condanna il kitsch perché è
un'offesa a ciò in cui lui crede—kitsch=arte degradata e venduta a borghesi che ne hanno
bisogno per metterla in salotto—questa è un’offesa per artisti come Flaubert. L’atteggiamento di
Gozzano è diverso da quello di Flaubert—per Gozzano sono le BUONE cose di pessimo gusto—
lui guarda questi oggetti con distacco e ironia, ma è come se attraverso questi oggetti tornasse al
mondo della nonna—kitsch guardato con una certa ironica simpatia, non con disprezzo. Altro
modo di vedere il kitsch—camp (abbreviazione di campus)—modo di vedere in kitsch in maniera
divertita, non solo la condanna, ma anche il divertimento di usare l’oggetto di cattivo gusto.
Importante definire bene il proprio tema che non crei confusione con cose che gli stanno vicino.
Cercare un tema che sia esplicito nei testi che si scelgono—qui il kitsch è sempre volontario e
denunciato ironicamente in qualche modo. Distinguere dove c’è un rapporto diretto tra testi e dove
no, ma il tema deve essere sempre ben delimitato. Scegliere anche un tema che abbia un senso
(consiglio per la tesi).
Forma della poesia di Gozzano—versi più lunghi di un endecasillabo—di solito ci si chiede se
sono versi composti da due emistichi che a loro volta sono versi di senso compiuto—versi
doppi, ci sono intanto delle rime=Napoleone, buone; gusto busto, confetti protetto, balocco cocco,
musaici arcaici, tutte rime molto ricercate e a volte difficilissime—contrasto evidente tra delle
rime ricercatissime e immagini di poco conto. La cesura non rispetta l’unione naturale delle
parole, non corrisponde con la pausa sintattica (la cesura è dove c’è la rima). 1
emistichio=ottonario, 2 emistichio=novenario, 9nario, 8nario—si va contro la regola che si
possano mettere in una stessa poesia dei versi che però devono essere tutti parisillabi o tutti
imparisillabi—ma a lui non interessano gli emistichi, ma tutto il verso insieme. 8nario, 9nario,
9nario 8nario ecc—c’è una qualche regolarità però, sono sempre 9nari e 8nari però poi se li gioca
un po' come vuole—gli acquerelli un po’ scialbi potrebbe essere un 7nario perché il verso
precedente è un novenario sdrucciolo—con quella sillaba in più diventerebbe un 8nario.
C’è una qualche regolarità?—c’è un altro modo di costruire i versi, col numero degli accenti—6
nel primo verso, 6 nel secondo, anche nel 3 ecc—tutti versi con 6 accenti tendenzialmente—qual
è il significato? Richiamano gli esametri latini—inizio dell’Eneide, noi non abbiamo l’attenzione dei
latini e dei greci alla quantità—questa era una metrica quantitativa—le sillabe potevano essere
brevi o lunghe e per un latino c’era molta differenza, per esempio cambiava il tempo verbale—
sensibilità per la lunghezza delle sillabe che distingue parole diverse, in italiano è l’accento o
l’apertura della vocale che distingue parole diverse. Esametro è un verso costruito su sei piedi
(loro chiamavano così le unità del verso). Sillaba lunga + 2 brevi=dattilo, si potrebbe avere
anche due lunghe=spondeo, si chiamano di solito esametri dattilici però perché la penultima
sede ha sempre un dattilo, noi non sappiamo come leggerlo e quindi abbiamo sostituito la sillaba
lunga con l’accentata e leggiamo per esempio canò—quello che conta non è il numero delle
sillabe, ma il numero degli accenti, ci deve essere un accento forte e poi due sillabe. Fino alla
penultima sede si può avere un dattilo (una lunga e due brevi) o uno spondeo (due lunghe), nella
penultima sede però non si possono sostituire—nell’ultima sede per regola non si può avere un
dattilo (?) noi nella lettura abbiamo deciso di sostituire le sillabe lunghe con quelle accentate e
quelle brevi senza accento
È un sistema barbaro=in italiano quando si cerca di riprodurre versi latini si mescolano versi
brevi italiani in modo da costruire versi lunghi che abbiano 6 accenti come l’esametro latino—
metrica barbara lanciata da Carducci—invenzione recente—2 metà dell’800—Gozzano
conosceva questo metodo e quindi questi versi sono esametri barbari—la cosa che però
Gozzano fa e che Carducci non faceva è usare le rime e per di più rime difficilissime.
Due possibilità di scandire questi versi, ma la prima è più fattibile perché troviamo versi già trovati
nella poesia, quello che ci orienta nelle decifrazione è il sistema, se c’è una regolarità la si segue,
nonostante dia vita a un verso strano perché pone un accento forte dove non ci sarebbe motivo di
metterlo—ma in un poeta che fa cose di questo tipo c’è del virtuosismo metrico quindi è normale
che faccia cose un po’ strane—rima ipermetra quando una parola rima con un’altra che ha
qualche cos'altro dopo—ex. Verrà, torneranno. Versi barbari dove la cosa importante è che torni il
numero dei 6 accenti, ma a volte l’accento cade anche dove non dovrebbe cadere (ex. Gli,
d’A’zeglio)—eccezioni. Sembrava una poesia con uno stile così naturale, ma in realtà è
estremamente lavorata, non sono in realtà versi che vanno avanti in maniera prosaica. Viene
fuori il contrasto tra qualcosa di estremamente raffinato e uno stile che sembra prosaico—
metrica con il tema di cui parla—ciarpame del salotto di nonna. Stile classico come l’esametro
insieme a una materia contemporanea—classicismo moderno—adattato a qualcosa di del tutto
contemporaneo, non è così rigido e parla della vita del tutto prosastica—la critica tematica ha
molte legittimazioni teoriche, il contenuto non è terminologia della critica letteraria—tema sì.
Parte 2—fino a questo punto Gozzano parlava di sé—rinasco rinasco—ora lui scompare e dice
cosa è successo quel giorno 28 giugno 1850—giorno in cui Speranza e Carlotta che hanno fatto
esame di stato tornano dal collegio, il salone è la sala di rappresentanza—si coprivano i mobili
perché non si impolverassero, si tolgono perché ci sono ospiti, ma i fratellini entrano nel salone
allegramente, è arrivata in vacanza Speranza insieme ai compagni—frase che segnala lo stile
indiretto libero—è giunta è giunta in vacanza ecc—potrebbe essere pronunciata dai fratelli—
segni che sia una frase orale=punto esclamativo, come se l’autore si appropriasse delle parole
di un personaggio, ma non gliele fa pronunciare direttamente, ma le riscrive lui—qui la
focalizzazione, il punto di vista è quello dei fratelli, ha 17 anni la nonna—lo dice Gozzano,
sempre indiretto libero, però cambia il punto di vista—Gozzano non è sulla scena, ma in quanto
narratore è come se prendesse la parola. Abito 800esco—vita molto stretta e una gonna molto
ampia. Carlotta e Speranza hanno uno scialle e i capelli divisi in due bande che scendono giù
coprendo le orecchie. Hanno fatto l’esame più bello di tutta la classe, che fatica, ma hanno lasciato
per sempre il collegio—silenzio bambini—chi parla? Le amiche suonano al piano e probabilmente
sono i genitori a dire questo. Musica barocca.
Lezione 9 13/10
Frattura—nella prima sezione io lirico del poeta, nella 2=vicende a cui il narratore non era
presente. Le due ragazze tornano dall’esame, fanno festa, si mettono a suonare e cantare. Si
mettono a suonare melodie arzigogolate e barocche. I temi di queste arie sono innamorati che si
sono allontanati, pene d'amore e cantate da Giordaniello in versi dolci e bruttissimi. Core e
augello sono in corsivo perché è il linguaggio convenzionalmente poetico—poetic diction—
arcaismi che sono rimasti in poesia, vuole sottolineare che non sono parole sue, ma parole
arcaiche di uno stile antico. Perché ospita nella sua poesia parole non sue e che giudica dolci e
bruttissime? Stesso atteggiamento che aveva nei confronti degli oggetti di casa—corsivo segnala
anche che è un linguaggio estraneo al suo. Dal punto di vista linguistico e lessicale si tratta di
plurilinguismo—accogliere in una scrittura parole che vengono da lingue diverse—qui la lingua
letteraria arcaica che sopravvive anche fino all’800. Però, siccome qui non è solo materia
linguistica, ma si porta addosso un punto di vista che non è quello di chi scrive, si può parlare di
pluridiscorsività (Bachtin)—parole non sono solo materiali lessicali di provenienza diversa, ma si
portano dietro una storia che non rappresenta l’autore—di solito non si manifesta in poesia—di
solito chi parla si appropria della tradizione come fosse la sua lingua, invece qui non succede
questo—Gozzano usa parole che non sono sue e nelle quali non crede—a lui fanno sorridere
queste parole—pluridiscorsività si realizza di solito nel romanzo, nella narrativa—fino a che punto
questa poesia è lirica? Ha un intento narrativo forte—forse l’idea di lirica da cui si parte non è
più molto adeguata. Cita i dolci bruttissimi versi—sono diversi dal resto dei versi che usa
Gozzano perché sono tutti quinari tronchi—tutti tronchi cosa che prima non accadeva, non sono
brevi, ma brevissimi—quinario è il più breve che possa avere una certa dignità—queste due
caratteristiche sono specifiche dei testi per musica—la metrica per musica è fatta per essere
cantata, c’è bisogno che a un certo punto le parole abbiano accenti forti—parole tronche per
chiudere la frase musicale, parola tronca per concludere una parte della melodia, non funziona con
una piana—tronche per concludere l’arco melodico—questo non c’è nella metrica non per
musica (vedi esempio di opera di Mozart), versi tronchi in musica continuano anche dove uno non
se l’aspetterebbe—ex Vasco Rossi—Come nelle favole—pronuncia tronche anche le parole che
non lo sarebbero, ci sono molte rime, tutte facili, versi costruiti in maniera parallelistica, dal punto
di vista stilistico questi versi non sono eccezionali, non devono poi valere in se stessi, ma hanno
significato solo se cantati—scritti per la musica. I versi citati nella poesia di Gozzano, non hanno
caratteri di originalità—sono versi banali, per Gozzano sono dolci bruttissimi versi—se fosse
poesia sarebbe povera, piena di cliché e di stereotipi. Alle origini la poesia per musica è una
poesia abbastanza facile e ha il suo senso solo per la musica—la metrica per musica ha leggi
proprie che la rendono adatta al canto, in particolare parole tronche (unico genere in cui le parole
tronche non sono così importanti è il rap—è una specie di declamato), nella metrica italiana questo
—poi è un linguaggio estremamente convenzionale, poesia per musica va intesa in questa sua
specificità—non si possono paragonare versi di poesia per essere letti a versi scritti per musica.
Carlotta canta, speranza suona, la vita si schiude al canto della breve romanza dolce e fiorita di
mille promesse—disposizione delle parole molto artefatta, verso doppio Carlotta-vita, è tripartito,
tra sintassi e metro c’è uno sfasamento, la sintassi è divisa in 3 mentre la metrica in due. Mentre
loro cantano sembra che immaginino la loro vita che si apre, dolce ecc. O musica dolce e leggero
sussurro—aria con momenti leggeri e già nella parte più nascosta dell’animo, sorride il promesso
sposo (l’uomo che immaginano di sposare)—principe azzurro, o margherite a cui facevano
m’ama non m’ama—sortilegio, cosa fatta per capire la sorte futura, lo fanno mentre leggono i
versi di Prati—poeta contemporaneo—romantico sentimentale e lacrimevole—a Gozzano
faceva ridere. Queste due ragazze hanno un rapporto strano con l’arte. L’aria la cantano per
intrattenimento. Però loro ci credono e si bevono queste scemenze sentimentali—altra fonte
letteraria delle loro fantasie sono le favole—principe azzurro è in cenerentola. Il loro uso dell’arte
non è solo di intrattenimento, ma alimentano le loro fantasie—loro ci credono al principe azzurro—
distanza forte tra Gozzano che racconta e Carlotta e Speranza. Gozzano però guarda queste
ragazze con simpatia—stesso atteggiamento duplice nei confronti delle buone cose di pessimo
gusto—distacco ironico, ma anche malinconia e non dico invidia per queste ragazze, per i loro
sentimenti c’è una qualche simpatia che lui prova. Sentimenti dettati dall’arte, la letteratura gli ha
messo in testa questi sogni—hanno imparato dalle letture a pensare in questo modo—piano in cui
non si può più distinguere cosa è nei nostri sentimenti e cosa impariamo dalla cultura e
plasma i nostri sentimenti—siamo in piena età romantica 1850—i sentimenti romantici sono
culturalmente costruiti ci dice Gozzano—Emma Bovary è una così—si riempie la testa di
fantasie che la portano ad essere una fedifraga—i sentimenti non sono il luogo in cui il cuore
esprime se stesso, non autentici, ma prendono una forma poco autentica dettata da versacci e
favole—i nostri sentimenti sono culturalmente condizionati—si dà a i nostri sentimenti delle forme
culturali apprese da fuori, all’epoca erano i versi e i romanzi. Gozzano vede una cosa vera,
l’autenticità—grande mito del romanticismo, non esiste, perché i sentimenti prendono una
forma culturale—questo avrà conseguenze sulla poesia lirica? Gozzano dice che l'auto
espressione non è autentica perché è sempre condizionata dalla cultura—Gozzano fa una
critica.
René Girard—Menzogna romantica e verità romanzesca—desiderio triangolare=non si
desidera immediatamente un oggetto, una cosa o una persona, ma perché sappiamo che
culturalmente o per qualche motivo è desiderabile—abbiamo bisogno di qualcuno che ci dica
che quella cosa è desiderabile—il desiderio non è quindi autentico, c’è una mediazione, un filtro
culturale, qualcuno ci ha insegnato a desiderare le cose. Stessa cosa che succede alle due
ragazze.
Nel salotto arrivano altri ospiti—zii di nonna Speranza, zio=un uomo molto rispettabile virtuoso e
legato al passato—viene dal Lombardo Veneto—legato ad esso e all’imperatore (austriaco), la
zia, ligia al passato, ma un po’ innamorata del re di Sardegna (Vittorio Emanuele 2)—quello che
guiderà l’unità nazionale—sta entrando la grande storia del risorgimento—da una parte il regno
di Savoia e dall’altra gli Asburgo a cui Vittorio Emanuele fa la guerra—la storia entra in modo un
po’ buffo. Dialogo con battute senza essere introdotte, zio parla lentamente e con la stessa
come i gesuiti, ho conosciuto un Capenna alla corte di Vienna (capitale impero asburgico)—questi
versi sono brutti, continua a scrivere esametri barbari con rime difficili, ma zeppi di banalità e
impoetici—banale conversazione di salotto, versi di estrema arte, ma con materiale di
un’assoluta povertà. Padrona chiede se vogliono bere vino moscato—certo volentieri e con un
sorriso sereno si siedono con belle conversazioni—ironizza su queste conversazioni tutto è vuoto
e fasullo e lo fa sorridere pensando al mondo di quegli anni. La brambilla—soprano dell’epoca—
troppo grassa per cantare nell’Ernani—opera di Giuseppe Verdi—la Scala non ha più soprani—
mette in scena conversazione banale e ironizza sulla banalità—luoghi comuni privi di significato.
Rigoletto di Verdi—grande arte dell’epoca introdotta in maniera buffa. Gli argomenti sono la
grande storia, la grande arte del tempo e ora ne abbiamo un altro—la moda parlando di gioielli e
vestiti, novità della moda viene da Parigi. L’argomento poi è la politica. Profezia sul Rigoletto è
giusta, sul mantenimento della pace no—sarebbero scoppiate altre guerre di indipendenza—
uomo di giudizio che non farà scoppiare la guerra—non sarà così (riferito a Vittorio Emanuele 2)—
le ragazze si allontanano perché il discorso si fa scabroso. Struttura teatrale, povertà dei
materiali—toccati grandi temi ma degradati a chiacchiericcio di salotto—i versi costruiti con la
solita perizia di Gozzano, rime difficili, esametri barbari—materiali poveri per costruire versi
lavorati. Forte contrasto, anche perché le cose di cui parla potrebbero essere veramente grandi
invece le riduce a chiacchiericcio—figura della parodia—ha un meccanismo duplice—banalizzare
cose importanti, parlare di una cosa bassa in termini alti—la parodia in realtà non ha a che
fare con la poesia lirica. Forse non siamo più in questo ambito, ma stiamo andando da un’altra
parte.
Racconto costruito per scene—4 scena si svolge in giardino, scende la sera, perdono la palla del
volano e contemplano il paesaggio notturno. Raccontare in versi è diverso dalla prosa—mancano
connettivi, scene isolate. Ritmo 800esco dato dalle scene che nel grande romanzo 800esco
sono collegate dai sommari (specie di connessioni). Qui non c’è un sommario—Gozzano
destruttura le forme del racconto 800esco classico, prima non diceva chi pronunciava le
battute—1 grado di destrutturazione, poi rompe l’equilibrio del sommario, abolisce il sommario e
passa direttamente alle scene. In questi anni rivoluzionano il romanzo anche i grandi modernisti
europei—si tace il tempo che passa. Grandi narratori inglesi tra 1890-1940 (Joyce, Woolf, Foster,
ecc.)—1 effetto=reinventare e rivedere il racconto naturalista, con tagli violenti, flusso di
coscienza l'abbiamo quasi visto qui—indiretto libero—quindi ci sono somiglianze tra loro e
Gozzano—Germania=Kafka, Mann e Mϋsil, Italia=Svevo, Pirandello, Gadda, Tozzi—Francia=
Proust, Gide. Gozzano fa già in versi ciò che faranno i grandi scrittori modernisti—come se
presagisse le innovazioni letterarie.
La poesia del 900 mette in crisi l’idea di poesia che c’era fino a Leopardi. Poeta lirico va ascoltato
perché ha vissuto la condizione umana con più profondità—nel 900 l’eccezionalità dell’io non è la
cosa più importante—Saba per esempio si mostra un uomo come tanti, la persona del poeta è un
po’ come tutti anche se vive in maniera più intensa. Come se i poeti scendessero dal
piedistallo, non hanno più il privilegio assoluto e sono come gli altri uomini.
Lezione 10 14/10
Riassunto—Metrica per musica—caratteristiche. In italiano c’è stata una censura vs rime tronche
nella tradizione poetica—vengono riprese nella metrica per musica—si iniziano poi a usare anche
in poesia lirica—ex gli Inni sacri di Manzoni—infatti alla fin fine non è proprio poesia lirica, però
nel 7-800 queste rime tronche arrivano anche nella poesia lirica, sdoganate proprio dalla poesia
per musica. Analisi di queste due sezioni del racconto—elementi del romanzo modernista—
montaggio per scene tagliando i sommari, montaggio delle battute di dialogo in modo
straniante—non si dice da chi vengono pronunciate a volte, uso dell’indiretto libero—nel
modernismo esso può spingersi e diventare monologo interiore o flusso di coscienza, però
questa pratica è molto meno diffusa di quanto si dica (ex. in Joyce e Woolf, ma non in tutte le
opere)—molto infrequente negli altri grandi narratori europei modernisti (no in Proust e Kafka né
nei grandi italiani)—La coscienza di Zeno non è un monologo interiore.
Altro elemento importante—battute del dialogo degli zii accolti dai genitori parlano di grandi cose,
ma come una conversazione da salotto—conversazione anche ridicola—sperano che la pace
tra Austria e Sardegna sia costante, mentre si sta preparando il cataclisma del risorgimento—versi
di Gozzano sono poveri—parole brutte e luoghi comuni—contrasto tra arte di Gozzano (perizia
dei versi, arte metrica) e la povertà a cui si riferisce. Ci sarà un altro grado di inautenticità della
conversazione—Ragazze mandate fuori perché si parla di cose scabrose, vanno nel parco a
giocare a volano. Una palla si impiglia nell’ippocastano e loro si mettono a guardare il paesaggio.
Terrazza con una ringhiera di marmo—sognano l’amore immaginato, non reale, nei loro sogni
trilustri—stile altisonante per dire una cosa banale—hanno 17 anni—stile parodico. Fatto che
abbiano bei denti—sottolineato perché a quell’epoca non era da tutti. Dialogo montato senza
l’attribuzione delle battute. Frequenta il salotto della contessa Maffei—lei era una nobildonna che
aveva un salotto frequentato da intellettuali ed artisti a Milano—anche Mazzini e Verdi, era un
salotto anche politico perché accoglieva patrioti—uomini che lavoravano per l’unità d’Italia.
Speranza chiede a Carlotta se il ragazzo di cui si è innamorata è un poeta, perché? Per il
romanticismo che intride i pensieri—non solo poeta, ma patriota—il romanticismo in Italia è stato
soprattutto patriottico—nella sua scelta amorosa hanno pesato i gusti artistici e letterari—testa
piena di fantasie romantiche e si è innamorata della persona più simile ai sogni romantici che lei
ha. Ha scelto la cosa più scontata per una ragazza di 17 anni che ha fatto quelle letture. Già in
questo dialogo si vede che i desideri sono permeati di cultura e pieni di stereotipi—il poeta che
frequenta questo salotto è proprio uno stereotipo, altro elemento che rende questo amore sospetto
—caratteristica sociale—ha un certo prestigio sociale—sospetto perché è come se uno si
innamorasse di qualcuno per la sua ricchezza—in questo caso dal punto di vista sociale. Prototipo
del personaggio che si innamora per il prestigio sociale e per le fantasie=Madame Bovary—
bovarismo cercare una vita superiore rispetto alla propria, in luoghi riconosciuti—avere una
promozione sociale—Emma Bovary è molto suggestionata dai nobili, sceglie Rodolphe come
amante anche perché ha un certo prestigio sociale. Questi tratti connotano l’amore di Emma come
fasullo e inautentico. Si sente messa nella schiera delle fedifraghe—a lei non importa chi è il suo
amante, ma poter dire di averlo—Flaubert fa una critica implicita e spietata—per Gozzano non è
così spietato, lui prova una certa simpatia, ma c’è la critica e la demistificazione. Lei è una
ragazzina che fa simpatia, ma ha la testa popolata di fantasie assurde. Il giorno sembra che non
voglia morire (languire)—perché? Le giornate sono lunghe il 30 giugno—il tramonto si accende
ancora più di rosso, come se fosse un’aurora macchiata di sangue—stigmatizzata=macchiata
come una ferita di sangue—monti diventano bruni come se fossero un coro—coro delle chiese
paragonate ai monti perché le alpi sono messe a semicerchio—stessa posizione del coro.
Descrizione troppo romantica del tramonto per Gozzano—non va presa sul serio, ma con ironia
—espressioni troppo forti per descrivere il tramonto—lui giocosamente ribadisce un luogo
comune infantile—stile sublime della poesia romantica trovato ridicolo da Gozzano—chiama la
luna romantica, non in senso generico. Si diverte a usare immagini stucchevoli e fa capire anche
da dove le ha prese—romanticismo. Occupa il cielo con i sogni del passato—chi è che guardando
il cielo lo riempie dei propri sogni? Le ragazze. si esplicita il fatto che nei sogni di queste ragazze
ritorna un immaginario vecchio—convenzionale immagine romantica cavata fuori da un mensile
regionale—Emma Bovary vedeva nei libri coperti da una carta velina i nobili ecc.—quelli che
sembrano i grandi sogni degli individui in realtà vengono dalla cattiva letteratura—questa
descrizione così accesa e tutte queste metafore sono estremamente convenzionali e vengono
fuori da una rivista di bassa qualità—Gozzano continua a parlare alla luna—come fa il grande
poeta, ma non lo fa con lo spirito di Leopardi—sta assumendo la posa del poeta lirico in cui non
crede. Chiede alla luna se ha visto delle case che non esistono (di Byron)—queste ragazze non
vedono la luna com’è ma vi proiettano un immaginario letterario—la testa di queste ragazze è
invasata di letteratura—lui inzeppa questo paesaggio di espliciti riferimenti letterari a posta. Cita
I dolori del giovane Werther—prototipo del romanticismo—non sei la stessa luna che amava
Werther? Smaschera la posa del poeta romantico—voi poeti romantici eravate anche voi pieni di
letteratura e vi facevate il verso l’uno con l’altro. C’è una rima difficilissima—deserte, werther—
lievemente ipermetra anche—complicata perché con parola italiana e straniera—lui era un
maestro in questo—rima famosa—camicie e Nietzsche—effetto parodico e desublimante, ma
estrema abilità tecnica—virtuosismo metrico—qui la grafia di Werther non collima perfettamente
con la grafia di deserte—si parla di rime all’orecchio—suono simile, ma grafia diversa—artificio
tipico di Gozzano—Carlotta dice che i suoi sogni sono di là da venire, ma per Gozzano sono
vecchi come il cucco. Il lago riflette le stelle—la notte è sempre più buia, che pensi? Speranza,
Carlotta risponde: non penso—ti piacerebbe morire? Punto più comico—fasulla convenzionalità
del loro atteggiamento—Gozzano non crede che Carlotta vorrebbe morire—momento più ironico in
cui si svela la fasullaggine di queste due ragazze. Il cielo stellato rivela nell’acqua del lago un
numero maggiore e più numeroso di stelle—non è possibile come fenomeno ottico—queste
sono così imbambolate dai sogni romantici che vedono cose che non ci sono. Inchinati sulla
balaustra verso il lago—sognammo tra due cieli—quello vero e quello del lago—sono in una
posizione onirica e perdono il contatto con la realtà—mi libro nell’alto—volo nell’alto dei cieli—
situazione allucinatoria. Il 28enne è amato perché conosce Mazzini. E l’ami? Risponde che versi
divini—si tradisce, lei rovescia su di lui le sue fantasie e i suoi pregiudizi sociali, questo amore
è proiettivo non è lui che lei ama, ma il fatto che sia un poeta. Werther si suicida per una che si
chiama Carlotta (Lotte)—poeta 28enne ha regalato a Carlotta il romanzo che narra come uno si
suicidi perché ama sventuratamente una Carlotta, però qui tutti recitano una posa romantica, tutti
ci credono, ma Gozzano si diverte a smascherare la comicità e fasullaggine, nessuno qui vuole
veramente morire—sezione che demistifica i personaggi in modo più pungente—fa vedere quanto
il loro mondo interiore sia colonizzato dalle convenzioni—ma un poeta lirico non può trattare così i
sentimenti—Gozzano è un poeta antilirico—di solito esso parla di sè—lui non lo fa, in più
contesta l’immaginario lirico—finto e fasullo—critica molto fortemente l’immaginario romantico.
Svela che l’idea romantica di lirica è convenzionale e falsa, però non è tutto qui—ultima sezione
—cambia il passo della poesia—si torna al presente—in salotto e parla di sè—da eterodiegesi a
autodiegesi—1 e ultima sezione sono la cornice in cui Gozzano parla di sè—Carlotta è un nome
troppo pienotto, ma anche dolce e resuscita il passato (scialli e crinoline—cose che al suo tempo
non andavano più di moda)—il semplice nome di Carlotta fa resuscitare il passato. Amica di
nonna, io le conosco le aiole del parco dove tu hai letto le Ultime lettere di Jacopo Ortis—altro ex
di letteratura romantica—nasce tutto da questa foto che lui vede dove Carlotta ha scritto una
dedica per l’amica—c’è la data 28 giugno 1850—giorno segnato sulla foto, la guarda con
tristezza lui perché questo passato è inattingibile—Carlotta si mette in posa non solo davanti al
fotografo, ma nella vita—quando parlava del poeta 28enne. Reciti la parte della romantica
credendoci. Quel giorno che malinconia, avevi un abito rosa per farti fare ritrarre in una foto. Vedo
la foto, ma non rivedo te nel fiore degli anni, dove sei tu ora che sei la sola che forse io potrei
amare davvero? Gozzano sembra tornare a essere poeta lirico, parla della propria interiorità.
Carlotta o è morta o è molto vecchia, comunque lui non la conosce più, non l’ha mai vista perché
chiede dove sei—pare che sia irraggiungibile—donna che pur essendo esistita per lui è
immaginaria perché comunque non sarebbe più così—questo amore che potrebbe essere il suo
unico vero amore è un amore impossibile—l’amore vero per Gozzano è impossibile—ci mette
anche il forse—l’unico amore che potrebbe forse avere è quello per una che ormai non c’è più—
chi è che amava qualcuno che non esisteva come lo vedeva lei—Carlotta, il suo amore è
immaginario—rapporto segreto di complicità tra Gozzano e Carlotta 17enne—amori immaginari.
Carlotta crede veramente nei suoi sogni, mentre Gozzano no—lui non la prende solo in giro, ma
malinconicamente la invidia perché riesce a credere ai sogni letterari—lui non riesce più a
credere ai sentimenti autentici—si distacca da se stesso—è modernista perché la poesia non è
mai staccata dalla critica alla poesia—mondo di immaginazioni romantiche è per lui
completamente perduto—prende le distanze e guarda con affetto quel mondo, ma lui come poeta
non ci crede—il vero oggetto della sua poesia è la malinconia. Parallelismo tra Gozzano e
Carlotta fa capire che lui parla di lei perché c’è identificazione e distanza—non solo poeta
antilirico, conserva della lirica l’idea che sia poesia autobiografica—qui abbastanza particolare
come se avesse delegato a Carlotta la vita che lui non può vivere—si mette in scena l’io o vicari
dell’io—operazione modernista grazie alla distanza—anche Leopardi fa questo, ma la differenza è
che Leopardi a questi personaggi fittizi attribuisce questo mondo interiore senza distanza,
Gozzano pende distanza ironica—nella poesia romantica non c’è questo smascheramento ironico
e questo vedersi da fuori—corrosione dell’amore anche e destrutturazione di esso, non si può
credere all’amore, il suo unico amore potrebbe forse essere quello per una che forse non esiste
più. Rapporto di messa in crisi e per questo Gozzano è un poeta lirico.
Altro testo di Gozzano=Invernale. Poesia narrativa. Io del poeta è anche personaggio—più lirica
in senso tradizionale. Gozzano è un grande narratore in versi. Scena si svolge in un parco con
laghetto ghiacciato. Palentini a Torino probabilmente—poeta e donna che ama pattinano sul lago
però si incrina e minaccia di spaccarsi—gli altri fuggono, ma la donna invita il poeta a fare
qualcosa.
Versi endecasillabi. Schema rimico ABBA AB—non è uno schema consueto—metro simile per la
poesia narrativa—sestina si usa per la sestina lirica—ritornano le stesse parole rima in uno
schema complicato—retrogradatio. Sestina narrativa sarebbe ab ab cc, ma lui usa la sestina che
esiste come metro narrativo, ma la reinventa, schema non tradizionale, modo di fare modernista.
Rime difficili, sonore, consonanza e assonanza. Gozzano quando deve usare le rime le fa
difficilissime. Stessa dialettica qui che nell’Amica di nonna Speranza—si parla di un giorno festivo
—cosa normale ma raccontata con stile che dimostra maestria. Il primo verso è un verso solo, ma
con uno SCALINO, un verso solo, ma diviso in due. Scalino usato spesso nella poesia del ‘900, va
contato come uno. Primo verso sembra un decasillabo, ma c’è un errore di stampa, manca una i,
con una i in più è un endecasillabo perfetto, di sesta. Onomatopea—si elimina l’arbitrio del
linguaggio—si cerca di riprodurre un suono naturale—onomatopea=grado zero del linguaggio,
poeta fissato con onomatopee=Pascoli, le usa perché ha l’idea di una magia dei suoni—
linguaggio naturale—vicino alla poesia simbolista. L’incrinatura arabescò il ghiaccio era stridula e
viva—arabesco=disegno particolarmente arzigogolato—segno che fa il ghiaccio quando si incrina
—la gente scappa e va a raggiungere la riva—anche qui dialoghi senza introdurli. La paura fa
scappare tutti e la brigata si disperde e raggiunge la riva, la donna con cui è il poeta però gli dice di
restare—la donna lo tiene per un braccio e intreccia le dita alle sue dita—vivi legami perché sono
le mani di una donna—resta qui sfidando il pericolo e la morte. Vanno molto veloci e tracciano una
specie di cerchio sul ghiaccio, loro sono ubriachi d’immensità, perché sono soli, ma continuano a
pattinare vorticosamente, in più sfidano la morte perché se il ghiaccio si fende loro fanno una
brutta fine. A questo punto l’atteggiamento di lui e di lei cambia più radicalmente, io diventato
leggero come un fantasma mi abbandonai con lei nell’accordo folle (irrazionale), tracciano larghe
ruote. tetro=sinistro, cupo, qualcosa che porta male.
Lezione 12 20/10
Riassunto: Linguaggio depurato nel caso di Gozzano non c’è—esibisce l’estraneità degli elementi
linguistici. Romanzizzazione della lirica—Michail Bachtin—romanzo fa fruttare la pluralità
sociale dei linguaggi, non solo connotazione linguistica, ma anche psicologica. Bachtin
contrappone il linguaggio del romanzo a quello della lirica che era privato di connotazioni gergali,
sociali ecc—Gozzano lo fa in modo ironico ma manifesta l’accesso alla poesia del linguaggio
prosastico e occasioni di vita banali—scelta di classicismo moderno—usa le forme della
tradizione, versi elaborati per parlare di cose quotidiane e contemporanee. Dante—il linguaggio è
tutto depurato—in Gozzano no, ci sono le parole di persone diverse. Si usano anche categorie di
ordine generale—plurilinguismo ecc, ma anche di ordine storico—non considerare un testo come
l’esemplificazione di una categoria generalizzata—modernismo di Montale è diverso da quello di
Gozzano—categorie servono per analizzare i testi, ma non per confinarli in quella categoria e via—
far risaltare l’individualità di ogni testo. Invernale pone un rapporto inedito tra io lirico e donna
—io lirico è svilito e la donna attiva e motore dell’azione, sportiva, latentemente questa
inversione viene capovolta perché l’io lirico si attribuisce delle virtù che la donna non ha.
Altro testo che ha una relazione con Invernale—Testo di Montale tratto da Ossi di seppia—1
raccolta di Montale—rapporto conflittuale con Gozzano—debito non è propriamente intertestuale,
ma dal punto di vista strutturale c’è qualcosa di profondo che li lega.
Titolo: Falsetto—quando una voce maschile tendenzialmente canta in acuto imitando la voce
femminile—cantare in sovracuto. Questo titolo è rematico—falsetto è un modo espressivo, se
una contraffà la propria voce non sta parlando sinceramente, non va preso sul serio—ironia.
Elemento che ci indirizza verso Gozzano che è un poeta ironico—questa ragazza Esterina Rossi
—i 20 anni ti minacciano—stanno per arrivare, ironia già qui. Apposizione del soggetto—
grigiorosea nube—aggettivo gozzaniano—(tra bande verdigialle)—i 20 anni sono una nube
griogiorosea perché sei nel fiore della giovinezza, grigia perché i problemi comunque ci sono,
ma non ne hai paura—ti vedremo sommersa nel profumo che il vento lacera spezza o addensa
nella sua violenza—fumea—maraglia—metafora—il vento lacera la fumea—si vede il sole, se la
addensa invece diventa nuvoloso—situazione in cui c’è la gioia o il dolore, poi uscirai dal flutto di
cenere—immagine collegata al fumo, alla nuvola—come se lei emergesse dalla cenere e lei lo farà
adusta più che mai= usto=collegato a ustione, combustibile—dal latino—bruciata, consumata dal
fuoco—leggenda dell’araba fenice—uccello che risorgeva dalle proprie ceneri—parla in realtà del
flusso del tempo—sarai rigenerata come l’araba fenice—abbiamo usato il codice culturale/ di
riferimento—se uno non coglie la citazione, non capisce—con il viso assorto proteso verso
un’avventura ulteriore—futuro—viso intento che somiglia a quello di Diana cacciatrice—dea della
caccia—arciera perché è rappresentata con arco di frecce—lei aveva la caratteristica—non usa
Venere perché Venere non era vergine—Diana sì, Diana inoltre è una sportiva, Esterina è una
nuotatrice—cita una dea sportiva, non Venere—temi che richiamano Invernale—salgono i venti
autunni—crescono venti autunni—se compi 20 anni—può voler dire anche che salgono i venti
autunnali—sono passate le tue primavere e anche i venti dell’autunno e sei avvolta dalle
primavere trascorse e miracolosamente per te si sente un presagio—premonizione che annuncia
il futuro—risuona per te nelle sfere elise—secondo la cosmologia antica la terra è avvolta dalle
sfere dei cieli e quella più alta e sublime è l’eliso—dove sono i beati—non ti renda questo rintocco
del cielo sopra di noi un suono simile a quello di una brocca incrinata e colpita—un suono sordo,
negativo—spero che sia per te un suono squillante come quello delle campanelle piuttosto. Non si
desume che sia la donna di cui è innamorato, la rappresenta, temi principali—scorrere del tempo
a cui Esterina non dà molta importanza, anzi sembra rigenerarsi da esso, soprattutto il poeta le
augura un destino felice. L’immagine della brocca—quadro di Greuze—donna che porta con sé
una brocca rotta e in grembo dei fiori—è incinta—ha perso la verginità—la brocca rotta è un
simbolo della perdita della verginità—codice culturale. L’altro elemento che ci fa capire che si
parla di questo è il fatto che si dice perderai la verginità, ma speriamo che questo non sia per te un
trauma. Usa un linguaggio molto elevato per parlare di cose scabrose—connotazione ironica—
titolo si capisce—non è lo stile consueto di Montale, la fa più letteraria per prenderla leggermente
in giro. Il domani dubbioso non ti spaventa, tu bella ti distendi sugli scogli lucenti di sale—
paesaggio marino e bruci le tue membra al sole—Esterina prende la tintarella, clima di
classicismo moderno—lessico colto e letterario, ma occasione di vita assolutamente
contemporanea—solo qui essere abbronzati e sportivi è un tratto di bellezza, prima non era così
—essere pallidi=belli e non era richiesto essere sportivi. Mutamento del costume—cambia
l’immagine della donna che diventa attiva e sportiva, va al mare e prende il sole—Ossi di seppia
sono nel paesaggio ligure. Donna che si tuffa—immagine nuova che crea un contraccolpo
nell'immagine maschile. Mentre stai al sole mi ricordi una lucertola su un masso senza
vegetazione—particolare realistico. Tu sei insidiata dal fatto che il tempo scorre invece quella—
la lucertola è insidiata dal laccio del ragazzino. Però c’è una forza che ti dà vigore—nell’acqua tu
rinnovi te stessa—l’idea di fare qualcosa per allenare il fisico è contemporanea—lei nell’acqua
scopre se stessa ha un rapporto particolare con la natura—il mare è un’immagine stereotipata
dell’infinito nella sua vastità—lei ha un rapporto immediato con l’infinità della natura.
Rapporto con la natura che rigenerava l’individuo anche in d'Annunzio—Alcyone—panismo
dannunziano—fusione infinitiva con la natura in cui si diventa più che se stessi—lei non ha paura
perché si sente eterna e infinita. Noi=non c’è solo lui che parla, tra questo noi e la donna c’è un
rapporto distaccato, non di fusione—lui ammira questa donna, ma sta da un’altra parte—noi
pensiamo a te come se tu fossi un’alga, un ciottolo—pietra modellata dal mare—come una
creatura equorea=viene dal latino significa marino—come una creatura del mare che la salsedine
non intacca perché torni alla spiaggia più pura—la salsedine non ti consuma, ma ti purifica. Hai
ragione tu non turbare con dei pensieri fastidiosi il presente che ti sorride, la tua allegria di ora
sembra già obbligare il futuro ad essere gaio lui, allora uno scrollo di spalle distrugge i fortini del
tuo domani oscuro—basta che tu faccia un gesto di menefreghismo e farai scomparire tutti i
drammi che il futuro ti può riservare, ti alzi e vai avanti su questo piccolo ponte, sopra il trampolino
(gorgo che stride. Ponticello esiguo=figura retorica=perifrasi per trampolino—molto classicista
perché non si usano parole volgari della vita quotidiana. Lei è pronta a tuffarsi, il cielo è così
luminoso da sembrare bianco—spiccata da un vento—ti abbatti nelle onde del mare un amico
divino che ti afferra (in senso metaforico), lei si è buttata in mare, si capisce meglio il noi—lei si
tuffa nel mare mentre coloro che osservano rimangono a terra—questi che rimangono a terra
hanno una connotazione negativa—ricorda invernale—i maschi che rimangono a terra e invece
le donne ardite che sfidano la morte ed hanno un contatto con la natura. Uomo=posizione un
po’ vile, puramente contemplativa. Però dietro questa opposizione per cui il polo femminile è
attivo e quello maschile è passivo, può esserci invece un’inversione dei ruoli come in Gozzano?
Esterina non vuole fare i conti con lo scorrere del tempo—pur nei suoi tratti positivi di vitalità, forse
anche lei è un po’ troppo inconsapevole—non basta scrollare le spalle perché il futuro sorrida, ora
è giovane, ma il tempo passerà—topos misogino per cui le donne sono tutto istinto e non
pensano tanto. Ossi di seppia—restare a terra vuol dire fare i conti con il fatto che siamo esseri
mortali—fare grandi voli è un’evasione—noi siamo creature terrene—essere pronti al proprio
destino e rivendicare in questo la propria dignità—sezione Mediterraneo—sogno di fondersi con
il mare infinito non riesce a compiersi e alla fine diventa una conquista—si riconosce che c’è più
dignità nell’essere persone che sanno il proprio destino. Quindi in questa poesia a un livello
superficiale la donna rappresenta la vitalità e l’uomo è svilito, mentre a un livello più
profondo l’uomo è consapevole della mortalità—privilegio di conoscenza mentre la donna è
inconsapevole e ubriacata dalla propria giovinezza. Lo stesso bersaglio polemico di Montale e
Gozzano è d'Annunzio per il quale c’è la possibilità di fondersi con il cosmo. Lei ha il privilegio
di fondersi con la natura e questo le viene riconosciuto, ma questo privilegio non è più valido per
chi sta a terra—si celebra e si ammira questa vitalità però allo stesso tempo si sa che se perdura
questa è illusione e si rivendica in questo modo la dignità etica—si fa i conti con la propria
condizione reale. Tutto il testo ha una struttura ironica—la razza di chi rimane a terra—
sembra uno svilimento e invece è una rivendicazione. Il debito con Gozzano non è letterale.
Ridiscussi i generi, la figura del poeta e tentativo di riabilitare la figura maschile messa in crisi da
quella femminile.
Stile—lessico usato è pieno di parole letterarie (paventi, intento, assembra, elisi=grecismo,
sonagliere, qual=apocope letteraria). Qui si sta usando uno stile letterario, classico, riferimenti al
mondo classico, latino e greco, ma non fa sul serio perché parla anche di cose scabrose.
Accosta poi il linguaggio letterario con oggetti della vita quotidiana e del paesaggio ligure.
Scelta delle perifrasi è classicista, ma l’occasione di vita è contemporanea—classicismo
moderno ironico. Lezione anche di Gozzano perché anche in lui succede la stessa cosa.
Metrica—1 verso=endecasillabo sdrucciolo, 2 settenario con dieresi per scandirlo, 3 novenario o
endecasillabo (con dielefi), 4 settenario, 5 settenario, 6 settenario, 7 ottonario—lo si può far
diventare novenario, ma bisogna fare sinalefe e dialefe. Questo caso metrico è diverso da quelli
visti, ci sono casi non sicuri—sistema metrico strano, non c’è una regola—andare avanti e vedere
se c’è una regolarità. 8 endecasillabo, 9 settenario, 10 endecasillabo, 11 ottonario/novenario, 12
quinario—caso di polimetria—versi di diversa misura e in più non sembra che Montale sia attento
alla regolarità, unisce alla tradizione misure che stonano un po’—modernismo—si prendono le
forme della tradizione e si incrinano un po’. Nel presente moderno non torna tutto, c’è sempre
qualcosa di stonato—la metrica non dice nulla sul senso di un testo, ma ci fa capire come è
orientato—il presente è un'epoca di fratture e di cose che non tornano, il presente è un po’
azzoppato rispetto al passato.
Lezione 13 21/10
Intertestualità non tramite riprese precise, ma omologia strutturale tra Gozzano e Montale.
Entrambi costruiscono testi ironici (omaggio a Gozzano perché Montale non è solito fare questo).
Caratteristica principale del testo è la polimetria—versi di misure varie endecasillabi e settenari
che consentono ogni tanto delle deroghe. C’è una certa regolarità che viene spezzata da versi
che non si sa bene come si debbano scandire. Verso 13 settenario, 14 endecasillabo di sesta (ab
maiore), 15 settenario, 16 endecasillabo con dieresi, 17 settenario, 18 settenario, 19 settenario, 20
ottonario sdrucciolo, 21 quinario. Prima strofa costruita su endecasillabi e settenari
essenzialmente—canzone petrarchesca e leopardiane si mescolano questi tipi di versi, ma lui
usa anche dei quinari che ci potrebbero stare, poi però ci sono versi di scansione dubbia. Come
se si fosse dato una regola, ma con delle eccezioni. C’è poi un endecasillabo di quinta—accento
sulla quinta non ci potrebbe stare—si chiamano endecasillabi sbagliati—è però coerente con
quello che sta facendo, si capisce che è una scelta voluta e coerente con il resto perché riprende
la tradizione, ma a modo suo. Verso 3 della strofa 2—decasillabo—rispecchia le regole del
decasillabo più tradizionale—accento di sesta (3 6 e 9)—si ha l’impressione che sia un
endecasillabo a maiore perché inizia nello stesso modo—usa delle astuzie per rompere
uniformità metrica, ma anche per continuare a conservarla. Altro verso—che la salsedine non
intacca—decasillabo non regolare accenti sulla 4 7 e 9, l’inizio potrebbe sembrare un
endecasillabo a minore, si può pensare che sia un endecasillabo ipometro—gli manca una sillaba.
Verso iniziale della strofa successiva, Hai ben ragione tu! Non turbare—decasillabo accenti sulla 2
4 6 e 9—anche questo endecasillabo ipometro—potrebbe aggiustarlo con una sillaba in più ma
non lo fa—vuole proprio fare qualcosa di storto. T’alzi e t’avanzi sul ponticello—endecasillabo
ipometro/ endecasillabo sbagliato perché di quinta—con dialefe. Esiti a sommo del tremulo asse
—endecasillabo. Il tuo profilo s’incide/ contro uno sfondo di perla—ottonari. Bisogna vedere com’è
fatta tutta la poesia per rendersi conto se certe scansioni vanno bene o no. Lui è un poeta
modernista—ha bene in mente la tradizione, ma ci mette dentro qualcosa che rompe.
Rime—minacciano=sdrucciola non rima con niente—nube chiude=rima imperfetta—stessa
vocale tonica e post tonica (non assonanza), paventi—rima imperfetta con vento e violento,
vedremo—assonanza ex con violento, uscirai rima con mai, lontana diana, assembra con rima con
nulla—verso irrelato (senza rima). Autunni non rima con nulla, primavere sfere sonagliere,
rintocca brocca—anche nello schema rimico a volte sono perfette altre volte imperfette o
sostituite da altre soluzioni come il verso sdrucciolo. Altra strofa Paura rima con creatura,
distendi con nulla, sale con nulla, membra tempra—rima imperfetta (sopra c’era anche assembra
—non si sente ma la rima c’è), lucertola nulla, brullo fanciullo, giovinezza no, ecc—mette rime
lontane a patto che siano tre—c’è sempre una regola, le rime sono disposte in modo libero,
ma non a caso—perché abbiano un senso e rimangano nell’orecchio. Turbare futuro—
consonanza, futuro rima con oscuro, presente rima imperfetta con vento, spalle consonanza con
ponticello, fortilizi no, stride incide, perla afferra—rima imperfetta. Terra con afferra–legame
interstrofico–tra una strofe e l’altra–lega la fine di una con la fine dell'altra–c'è un senso. Misura
dei versi è abbastanza libera e diversa–antico sistema metrico–spesso nella canzone c’era un
congedo–ripensa la canzone classica a modo suo–innova ma l’ascia l’idea di un numero
ristretto di versi alla fine–congedo. Braccia-razza=consonanza–come se ripetesse lo schema AB–
rima imperfetta e un certo studio.
Primo testo in cui la metrica è sperimentale ma con senso della tradizione–nella storia di
Montale gli Ossi sono un momento sperimentale–la fase delle avanguardie conclusa da poco,
dopo è molto più regolare–nelle Occasioni–A Liuba che parte era più regolare–no versi ipometri
o di dubbia scansione–gioco delle rime=più classico–qui c’è più libertà.
Altro testo–si accosta a questo per motivi metrici, ma anche parallelo con Gozzano–Corazzini–era
un crepuscolare come Gozzano–ma sono molto diversi–analizzare categorie di uso generale.
Poesia=Desolazione del povero poeta sentimentale–divisa in strofe di misura molto diversa–
caso ancora diverso rispetto a Gozzano (metricamente regolare) e di Montale (usava strofe
diverse, ma non così tanto).
Parafrasi molto facile–è talmente piano che sembra un discorso in prosa–problema che se scrivo
dei versi che potrebbero sembrare prosa come si indica che sono versi? 1 verso è novenario, 2
settenario–cesura nel primo verso tra piccolo e fanciullo, 2 tra lagrime e da–la cesura è un fatto
metrico e non sintattico. 1 emistichio del 2 verso=settenario sdrucciolo e senario, 3 verso ottonario
sdrucciolo e senario–ma questi che versi sono? Non possono essere ricondotti a nessuna misura
riconoscibile–verso dopo, cesura dopo povere, torna bene perché il primo emistichio è sdrucciolo
come il caso sopra (novenario sdrucciolo+senario), anche se continua a confondere le idee, il
secondo rimane sempre un senario–ombra di regolarità–però questi versi in loro stessi non
hanno un nome–si sta inventando una sua cosa–primo emistichio sdrucciolo e il secondo
sempre senario, ma questi versi non esistono nella tradizione. Verso dopo–1 emistichio
novenario sdrucciolo+senario. Semplici così ecc.–decasillabo (non
tradizionale)+decasillabo/novenario–non sembrano più esserci relazioni con i versi precedenti.
Oggi io penso a morire-settenario+8nario–ma non ha senso qui cercare la misura dei versi–
tendenzialmente qui si predilige il primo emistichio sdrucciolo. Si può dire che questi sono versi
liberi–non ha senso cercare di ricondurli a delle misure tradizionali–non c’è una misura
riconoscibile e ricorrente, le strofe anche si dividono come gli pare. Nella prima strofe c’è una
rima identica=parola che rima con se stessa, ma la rima identica è una rima facilissima. Non si
trovano neanche assonanze e consonanze, se non molto deboli. Poesia con versi liberi! Guardare
se c’è un sistema e qui il sistema è la libertà.
Linguaggio–dal punto di vista lessicale sembra tutto piano, c’è qualche piccolo elemento che
non corrisponde all’italiano di oggi ex. lagrime (lagrima è la forma meno colta perché in latino si
diceva lacrima–sono colte le forme più vicine all’etimologia)—lagrima è la versione del parlato. È
una forma ambigua.
Figure retoriche–anafora, ripetizione–io non sono–è la più semplice delle figure retoriche.
Personificazione del silenzio. Deflazione della retorica che compare nelle forme più semplici o
tende a scomparire. Poetica molto chiara di abbassare drasticamente il livello della poesia che
crolla verso il basso. In realtà, però, c’è una sua figuralità che non è quella della poesia della
grande tradizione, però si percepisce una poeticità–connessioni semantiche tra le parole ecc.
Con questa povertà di mezzi come fa? Questione in sospeso. È poesia, ma non più nel senso
della poetic diction. Parallelismo contrappositivo tra tristezza e gioia–epanafora=ripetizione. Oggi
io penso a morire–improvviso elemento drammatico. Chi è il tu a cui si rivolge? Imprecisato ed
essendo una poesia viene in mente la donna amata. Jauss parlava di orizzonte d’attesa–nei
generi letterari ci sono delle regole–si sa che cosa aspettarsi. I generi inducono delle attese e
quindi il testo gioca a confermare o smentire le vostre attese. Un genere letterario ha dentro di
sé delle regole–orizzonte d’attesa può essere confermato o in parte smentito dal testo–noi ci
aspettiamo che questo testo lirico faccia come tutti i testi lirici–il tu è la donna, però vediamo,
potrebbe anche essere il lettore. Io voglio morire–ripresa immediata. Il tono s’innalza un po’—dal
punto di vista tematico va sottolineato. Lui vuole morire solo perché è stanco, non c’è solo una
deflazione del linguaggio della lirica, anche il grande topos della morte viene banalizzato–
vuole morire per stanchezza. Innalzamento–angioli al posto di angeli, sule vetrate non sulle,
catedrali e non cattedrali (latino catedra)—lui desidera morire vedendo queste cose perché–vuole
raggiungere gli angeli, li vede e nutre desiderio di raggiungere quella condizione, ma gli angeli lo
fanno anche tremare d’angoscia che sembra contraddire questo. Il linguaggio della poesia non
è propriamente razionale–infatti, introduce elementi non razionali–linguaggio che non è puramente
ragionativo. Rassegnato come uno specchio=similitudine–figura classica–gli specchi sono
rassegnati perché riflettono e basta, non fanno nulla, sono passivi–richiama l’idea della
riflessione anche dal punto di vista di pensiero, lui è uno che di fronte alla vita non fa più nulla, la
rispecchia e ci riflettere, ma non è attivo. Non sono un poeta, sono un fanciullo triste che ha voglia
di morire–epanortosi=correzione. Ripete le stesse cose come una persona stanca e
malinconica.
Lezione 15 27/10
Palazzeschi, E lasciatemi divertire–Canzonetta—È un testo teatrale, dove l’elemento della
recitazione è molto forte; viene definita canzonetta perché prende in giro la canzone. Abbiamo
onomatopee che però non imitano suoni naturali come il verso degli animali; successivamente
troviamo suoni come le vocali oppure parole inventate senza senso che sembrano giapponesi.
Le onomatopee regrediscono ma il significato rimane: qui invece il significato non esiste; il poeta
sta dicendo cose senza significato, facendo la cosa più grave che possa fare rispetto allo scopo
dei poeti. Egli sta dicendo cose insensate: sta compiendo l’azione più violenta e rivoluzionaria
contro la poesia ed il linguaggio. I versi sono pieni di rime es. pazzamente/smisuratamente,
bisbetiche/poetiche: rima difficile, insolentire/divertire, grullerie/poesie: rima antisemantica=si
accostano due parole di significato opposto, poveretto/diletto, cantare/volgare/fare, dire/dire:
rima identica, poco/foco: rima antica con un suo lustro, sbizzarrisca/finisca: rima difficile,
caro/somaro, così/oggidì: rima tronca. Troviamo rime facili, difficili, difficilissime, tronche,
sdrucciole. Nell’ultima strofa c’è un’assonanza infine/divertire ed alcune consonanze, ma non ci
sono rime. L’intenzione stilistica del poeta è giocosa, si diverte a giocare con il linguaggio, con i
suoni e poi con i significati come se fosse una filastrocca; sembra imitare i versi dei bambini o di
un pagliaccio. Pazzamente e smisuratamente sono due avverbi. Abbiamo un ottonario–
quaternario–senario–ottonario–quaternario–decasillabo irregolare–senario; novenario–settenario
sdrucciolo–senario–senario sdrucciolo–settenario. Decasillabo di terza e di settima–ottonario–
quaternario–endecasillabo–ottonario–novenario–endecasillabo di quinta, quindi errato. Alterna i
versi con estrema libertà. I versi non suonano come poesia, non hanno qualità, non hanno un
ritmo, sono come parole quotidiane dette oralmente. Non è una metrica libera ma piuttosto
liberata dalla struttura costante e dal rispetto delle regole del verso: non c’è un’anarchia come in
Corazzini, ma conserva qualche debito ridicolo del passato es. endecasillabi sbagliati. Si
isolano le parole a cui si vuole dare rilievo. Ci sono domande compiute: si riprende una stessa
struttura. Sono le parole ripetute il mattone del testo es. licenza. La metrica è costruita sul
ritorno delle parole, non sul ritmo né sulla musica del verso. Una strofa è composta da settenari
tronchi, ma quello che interessa al poeta è il gioco di parole, non la metrica; non ha nessun
significato contare le sillabe dei versi. Si tratta di un esercizio che prende in giro la metrica e la
poesia. Il poeta si diverte pazzamente e smisuratamente. Non state a prenderlo in giro, lasciatelo
divertire, poveretto: queste piccole scemenze sono il suo divertimento. Che cosa sono queste cose
indecenti, queste strofe pasticciate? Licenze, licenze poetiche, la mia passione. Sapete cosa sono
queste parole? Sono qualcosa di avanzato, non sono stupidaggini, ma sono la spazzatura delle
altre poesie. Non è vero che non vogliono dire niente, vogliono dire qualcosa: è come quando uno
si mette a cantare senza sapere le parole. Ma giovanotto, diteci una cosa, la vostra non è solo
l’atteggiamento di voler tenere alimentato un fuoco così grande con parole da poco? Corbellerie
sono una cit. molto famosa di Ariosto—riferimento ad uno screditamento della poesia. Il poeta
parla ad onomatopee, a suoni; c’è un commentatore che osserva il poeta e lo difende dagli
ascoltatori: in questo modo si delinea un’azione teatrale. L’osservatore lo giustifica come un
pazzo, come un bambino. Il titolo è pronunciato dal poeta, mentre il v. lasciatelo divertire è
pronunciato dall’osservatore. C’è uno scambio di battute: qualcuno infastidisce il poeta
giudicandolo negativamente, e lui risponde. Ci sono diverse voci nella poesia, distinte ma non
precisamente. Il processo è quello di straniamento: il materiale linguistico viene straniato, tolto
dal suo contesto, e quindi non immediatamente comprensibile. Palazzeschi continua un processo
già iniziato, la romanzizzazione della lirica: plurivocità, assente nella poesia lirica, e funzione
anti-lirica molto violenta in cui si contesta il senso vero della poesia. L'assenza di virgolette,
presenti invece in Gozzano, è decisiva. Il poeta si sta giustificando: non sono scemenze, non
sono cose stupide, ma sono spazzatura, cose che i veri poeti non usano. Qualcuno insulta il
poeta; c’è un continuo scambio di battute. Il poeta sembra che si stia giustificando, ma in realtà
ammette che le sue parole non vogliono dire niente: il significante c’è, ma il significato no; è
spiazzante dal punto di vista logico. Egli sta sabotando il linguaggio, sta pronunciando parole
senza senso: c’è una riflessione sulla natura del linguaggio; al poeta non interessa il significato,
soltanto i suoni. Il suo atteggiamento è provocatorio, si rifiuta di fare quello che si richiede ai
poeti, ma anche alle persone che comunicano: l’intenzione è quella di innervosire; inoltre c’è
dell’ironia, della gioia, del divertimento dietro. Colui che parla è un anziano es. giovinotto, sì
gran foco. Il gran fuoco che dovrebbe animare il poeta è l’ispirazione artistica, la poesia
tradizionale. Si utilizza la poetic diction per parlare: il parlante è un vecchio professore che usa il
linguaggio della tradizione e che non insolentisce il poeta. Quest’ultimo non lo prende sul serio,
non gli risponde nemmeno. Palazzeschi fa parlare il professore con parole adeguate, antiche,
colte: il linguaggio è connotato socialmente e psicologicamente; questo non accade mai in
poesia, solo a teatro. Il linguaggio utilizzato definisce la psicologia del personaggio come fa
Gozzano quando fa parlare gli zii di nonna Speranza. Il poeta parla in giapponese, poi in arabo.
Un altro personaggio parla fornendo un punto di vista diverso. Un altro personaggio sembra
avere paura del giudizio del professore. L’ultima strofa è pronunciata dal poeta: qui sta
facendo sul serio, ed elimina le rime perché non le prende sul serio; il tono cambia. Le parole
sono comuni, puerili e volgari. La voce del poeta sta sbugiardando i suoi ascoltatori: pensa
che siano dei borghesi ottusi, che non gli importi della poesia, che la considerino come un
passatempo; il poeta è peggio di un clown, è un rivoluzionario che fa crollare le pretese dei
suoi ascoltatori. Il valore è profondamente provocatorio: quello che viene affermato è la
rivendicazione della sua libertà antisociale, a cui non importa degli altri. Alla fine, il poeta ride, ci
sono delle risate; egli comunica ma non vuole comunicare, finge che ci sia un significato ma
prende in giro di nuovo perché in realtà non c’è. Si va contro il linguaggio umano, la società e
l’istituzione della poesia. Si rifiuta di avere un posto nella società, di comunicare con gli uomini.
Corazzini e Gozzano avevano una certa comunicazione con il lettore, in Palazzeschi invece
questa manca: è un poeta violento, di avanguardia, futurista perché disprezza tutti; uno dei
principi di Marinetti è la voluttà di essere fischiati, ossia la provocazione, la distruzione violenta
da parte del poeta es. l’incendiario. C’è una grande gioia nel distruggere: Palazzeschi è
gioiosamente un nichilista scettico. Egli abbatte qualsiasi convenzione dei poeti, della poesia e
del linguaggio come elemento fondamentale nei rapporti umani. I tempi sono cambiati a causa
della società di massa: in una società mercantile la poesia viene degradata ad un puro
divertimento oppure screditata; se al poeta viene detto che la poesia non ha più senso, egli
dimostra che è il linguaggio umano usato dai suoi lettori e ascoltatori a non avere alcun senso.
Da Baudelaire in poi, i poeti europei non si sentono al proprio posto nella società: hanno perso la
gloria ed il loro ruolo sociale; la poesia ha perso il suo riconoscimento sociale che Palazzeschi
usa contro i lettori: in questo egli è un poeta avanguardista. La poesia è pura contestazione o
insieme di versi che non servono a niente. O si ritorna alla poesia tradizionale, oppure si smette
di scrivere: l’avanguardia tende ad una contestazione dell’arte della poesia, finendo per
renderla impossibile. Molti debiti a Palazzeschi e all’avanguardia li deve Ungaretti, che riparte
proprio da questo poeta per creare una nuova poesia.
Ungaretti—Mattina M’illumino d’immenso. I versi sono un ternario sdrucciolo ed un ternario. Le
parole usate risuonano poeticamente (vedi la rinuncia alla poetic diction di Leopardi); la singola
parola è completamente accampata nel vuoto, non ci sono segni d’interpunzione. La parola da
sola irraggia potenza e significato. C’è un’assonanza ed un’allitterazione della m: i suoni i, m,
n, o ritornano; c’è una musica, un ritmo. Si arriva alla musicalità perché la parola in sé irraggia
potenza espressiva. È una poesia lirica: parla un io autobiografico determinato, a Santa Maria la
Longa la mattina del 26 gennaio 1917; c’è una localizzazione geografica. Questa è una vera
poesia: Ungaretti è un poeta lirico. La poesia è monologica, ossia c’è una voce che parla di
un’esperienza personale. Ungaretti spesso non utilizza la punteggiatura. Non ci sono rime, i versi
sono liberi; basta una sola parola per fare un verso. Il poeta ha attraversato l’avanguardia, ha
preso il rifiuto della punteggiatura, della rima, della struttura dei versi e della strofa, ma
rifonda la poesia lirica: per lui ha ancora ragione di esistere, rivendica il compito della poesia di
dire cose vere. La poesia è stata scritta sul fronte di guerra; l’esperienza di morte, l’esperienza
autobiografica forte fonda la verità delle sue parole. Ungaretti restituisce alla poesia il suo
significato decisivo, ultimo, vero: è una poesia simbolica, dell’illuminazione, dell’immenso;
immediatamente il poeta capisce tutto attraverso un’epifania, un’esperienza mistica e religiosa
in quanto si viene illuminati da Dio. Egli non aderisce al cattolicesimo, ma cerca il sacro, l’eterno e
l’immenso nel momento in cui la sua vita rischia di essere negata; questa religione è vitalistica.
C’è volontà di reinventare dalle origini il linguaggio della poesia e farne un linguaggio sacro che
sta al di là del reale: rifondare la lirica quando essa vive in pessime acque è l’ambizione di
Ungaretti.
Lezione 17 2/11
Romanzizzazione della lirica—Bachtin lo fa in Estetica e Romanzo. Nella poesia del 900 la
poesia lirica perde la sua purezza linguistica e si commistiona con la parola plurivoca del
romanzo.
Continua–I Fiumi–Ungaretti.
Ungaretti non è un caso di romanzizzazione della parola lirica, ma riassolutizzazione–si
confronta con le avanguardie–cerca di restituire, al contrario di esse, al linguaggio la purezza lirica.
Scava ogni parola dal silenzio e attribuisce la capacità di illuminare sulla realtà esistenziale del
vissuto. I fiumi–ha una struttura più complessa che mette insieme cose diverse–come viene
costruita una poesia di questo tipo?—metrica libera senza rime o facili e grammaticali, lo interessa
un altro tipo di sonorità o fare della singola parola un verso. Mi aggrappo a quest’albero distrutto
dalla guerra abbandonato in una dolina dalla tristezza di un circo prima o dopo che lo spettacolo
inizi–lui è in un momento di sospensione dove la vita è minacciata e non la vive davvero, e
osservo il tranquillo passaggio delle nuvole che velano la luna. Circo ricorda il poeta come
saltimbanco–immaginario tardo 800esco–poeta=personaggio spaesato ed eccentrico di fronte
alla norma borghese–qui attesa di una festosità che ora non si può avere–immagine consueta del
paesaggio lunare testimonia che anche per Ungaretti come per Leopardi la poesia può essere
fatta di cose evocative in sé e non di cose inconsuete e auliche–qui però guardare in alto la
luna vuol dire cercare di andare oltre la brutalità della storia–cercare qualcosa di oltre nella natura
—attraversa tutto questo testo. Urna=richiama l’ambito funebre–urna cineraria, in genere ha un
connotato religioso–vi si protegge qualcosa di religioso, reliquia–anche qui connotazione
religiosa–oggetto o parte del corpo appartenuto ai santi. Urna d’acqua=metafora. Lui stesso come
una reliquia ha riposato nell’acqua–al proprio corpo lui attribuisce un valore di sacralità, ma
anche residuo, reliquia è quello che rimane–corpo consumato dalla guerra conserva tuttavia
qualcosa di sacro–la vita, il corpo che esprime la vita è qualcosa di sacro che va protetto davanti
alla barbarie degli uomini. La sua religiosità è non confessionale–individua nella semplice vita
naturale qualcosa di sacro che va protetto. L’acqua lo leviga come un suo sasso–rapporto con la
natura non di fusione panica come d’Annunzio, il sasso acquisisce una propria forma dall’acqua–
vicinanza, ma sono due cose distinte che non si fondono–momento di contatto e armonia tra le
forme naturali, ma non un momento di indistinzione. Primo passo in cui non c’è fusione. Idea del
corpo ridotto a residuo–4 ossa–quello che rimaneva di me–espressione di registro informale, del
parlato, ma viene riscattata perché acquista il suo significato pieno, è il corpo ridotto allo stremo–
area metaforica del circo–acrobata=colui che fa qualcosa di eccezionale, qui cammina
sull’acqua come Gesù–aurea religiosa–quello che gli interessa è ridurre immagini religiose
alla concretezza dell’esperienza, non si paragona a Cristo, ma rimane l’aurea religiosa. Mi sono
chinato, raggomitolato–come un animale, vicino ai miei panni sudici di guerra–uniforme–rende
tutti uguali–spogliandosi di essa lui è ridiventato un individuo e si spoglia dell’appartenenza alla
massa e della sporcizia della guerra e i panni di guerra sono segno dell’umanità abbrutita, si
spoglia della corruzione umana cercando un contatto con la natura–come un beduino si china a
ricevere sole–posizione della preghiera islamica–altra immagine religiosa–ha vissuto in Egitto e
gli viene in mente un elemento della vita del Nordafrica–primo implicito ricordo dell’infanzia–poi
ricevere il sole è un atto che riporta alla vita, ma anche religioso, non cattolico, ma anche un
elemento della religione islamica. Questo è l’Isonzo e qui mi sono riconosciuto una docile fibra
dell’universo–per lui non rappresenta uno scenario di guerra, ma ricorda il momento in cui si è
immerso in quell'acqua e gli dà una connotazione positiva, docile=che non oppone resistenza–
una fibra è qualcosa che docilmente fa parte dell’universo precisamente perché si piega alle leggi
della natura–armonia con la natura=stare nelle sue leggi che sono opposte a quelle dell’uomo–
Isonzo=polo positivo. Fibre si piegano secondo le leggi dell’organismo vivente. Rinuncia alla
propria caratteristica di uomo in divisa, stare alle leggi della natura gli permette l’armonia. Questo
è l’Isonzo–usa il presente, mentre prima usava il passato perché ricordava quello che era
successo nella mattinata–torna poi al momento in cui parla, la notte, momento in cui sta parlando.
Ma l’espressione che usa, questo presente ha un valore diverso–tempo definito da Weinrich un
tempo commentativo–presente che riguarda una verità di ordine assoluto–ambiguità tra il
momento in cui parla e il tempo commentativo, ma poi si capisce perché dice il mio supplizio ecc.
ecc.–gioca con i tempi in modo ambiguo–verbo può essere inteso in diversi modi. Dialettica tra
tempo presente e passato ricordato–coordinate sembrano essere prima chiare, ma poi ci si inizia
un po’ a confondere–il mio supplizio è quando non mi sento in armonia–con la natura o con se
stessi–armonia anzitutto con sé–quando è una docile fibra dà a se stesso un posto nell’universo.
Ma quelle mani segrete mi regalano la rara felicità–intridere=si dice dei liquidi–liquido permea un
corpo poroso–verbo che ci fa capire che le mani di cui parla sono quelle dell’acqua dell’Isonzo–
come una carezza, ma essendo l’acqua liquida è intriso, ma ora è come se fosse attraversato da
essa, non più levigato–perde i confini del proprio io–rara felicità–senso dell’armonia col
mondo–altra cosa strana che succede–si usa il presente di nuovo, ma non sta succedendo ora–
ora è notte, non è intriso d’acqua–strano slittamento temporale–la cosa che ha vissuto nella
mattinata diventa di nuovo presente, come se la felicità della mattinata perdurasse tutt’ora–
unica felicità che può avere al fronte mentre combatte. Presente in cui le esperienze del passato
vivono e sono presenti alla sua coscienza–ma non è il tempo esteriore, storico, materiale, è il
tempo della coscienza, tempo interiore in cui presente e passato possono coincidere–nel
ricordo–ricordo vissuto. Memoria involontaria ci dà il senso del tempo vissuto–Proust. Qui
condizione analoga=tempo interiore diverso da quello cronologico–c’è qualcosa che ha a che
fare con l’epifania. Passato e presente si incollano e diventano una cosa che viene vissuta in quel
momento, si capisce dall’uso dei tempi verbali. Ho ripassato–ho ripensato a tutto il mio passato–
anche qui il tempo è un po’ sospeso. Questi sono i miei fiumi–fa un’operazione di porre
un’identità–Serchio, Nilo e Senna sono i miei fiumi–sono l’Isonzo, sono lì presenti nell’Isonzo–
non gli fa venire in mente i fiumi, ma è i fiumi, sono presenti–cose distinte
coincidono=procedimento non logico, va contro il principio di non contraddizione che regge la
logica diurna, non siamo in un regime di linguaggio logico, adotta un principio di tipo analogico–
perché sono tutti fiumi anche se diversi però ci scorre dell’acqua e poi l’altro elemento che li
accomuna è il fatto che sono legati alla sua esperienza di vita–l'analogia è un principio puramente
soggettivo. Soggettivismo, si costruisce la poesia secondo associazioni soggettive. Il principio è
analogico perché per la logica le cose che dice sono insensate. Questo è il Serchio–al quale
hanno attinto=preso l’acqua–forse dei miei antenati di campagna mio padre e mia madre–dal
punto di vista della memoria però questi fiumi non stanno tutti sullo stesso piano–al Serchio per ex.
non c’è stato–è una memoria familiare, la memoria non è più soggettiva e individuale–secondo
molti è il fondamento dell’identità, l’identità deriva dalla nostra memoria, ci ricordiamo di essere
noi stessi, ma qui la memoria diventa non soggettiva, è coerente col resto del testo? Allargarsi
del soggetto, ha senso perché si sente in armonia con le entità naturali–non è più così chiuso su
se stesso–si sente in comunione con la natura e può farlo anche con gli antenati, si sbiadisce
la sua soggettività–la sua coscienza non è più solo se stesso, ma anche il ricordo–senso
dell’identità e della comunanza con gli altri che va al di là della soggettività. Estese pianure–
intorno al Nilo c’è un’enorme piana alluvionale–geografia dell’Egitto viene designata–ardere
d’inconsapevolezza=riferimento all’infanzia–non siamo consapevoli di noi stessi e non ci
facciamo problemi–visto come un aprirsi alla vita in modo pulsionale–non si sa quale sarà il
destino, però si ha molta vita in se stessi. Mi sono rimescolato–sono cambiato, mi sono messo in
discussione, mi sono rifatto, ho riconsiderato me stesso e mi sono conosciuto–ha capito chi era, ha
capito di essere un poeta–le prime poesie le scrive in francese–identità di Ungaretti è fortemente
legata all'essere un poeta–legato all’aver trovato la propria autentica dimensione esistenziale.
Rimescolato–l’identità non è una cosa pura, ha conosciuto se stesso vivendo delle esperienze e
mescolandosi in un atto di impurità. È come se tutti i tempi del passato e della mia famiglia fossero
tornati e io stamattina ho avuto consapevolezza di chi fossi in questo momento minacciato dalla
guerra. Poi ritorna alla notte da cui tutto è partito. Tornato al presente della notte, ma questo
processo al presente è fuori dal tempo cronologico–presente commentativo si sottrae al tempo
preciso, dimensione psichica interiore. Questa è la mia nostalgia–questa=questi ricordi che mi
hanno attraversato–ognuno=ogni fiume–nostalgia che mi appare in ognuno dei fiumi di cui vi ho
parlato–ora che la sua vita sembra una corolla di tenebre, corolla=petali del fiore–ciò che
protegge pistillo e stami che servono alla riproduzione. La sua vita gli pare una corolla di tenebre–
la corolla è circolare come la dolina–in più è bella–e serve a proteggere–idea di protezione–altra
connotazione dei fiori=fragilità, la sua vita sembra qualcosa di bello che lo protegge, ma anche
estremamente fragile, di tenebre–poesia che tende non al difficile (razionale), ma all’oscuro
(irrazionale)—allude a qualcosa, ma non vuole essere fino in fondo spiegata, vengono fuori
determinazioni anche in contraddizione. Corolla di tenebre=oscurità=mortalità, fragilità della
condizione umana–tendenza a fondersi con la natura, però che è anche una tendenza a voler
vincere la mortalità–allude a una condizione in cui scopre le ragioni della vita quando essa è
minacciata dalla morte. Tenebre hanno anche la connotazione di mistero–della vitalità, di
riconoscersi nelle cose esistenti–non si trova comunque un senso univoco–in Montale si andava
in una certa direzione pur dicendo tante cose insieme–qui, però, i sensi sono veramente troppi–
espressione volutamente misteriosa–mistero della scoperta di se stessi e della propria vita–non
solo la sua, vita degli antenati, ridotta allo stremo–scoperta di sé e apertura del sé a tutto quello
che lui ha intorno.
Altro testo–In memoria–da L’Allegria–in ricordo di un amico suicida–successo a Parigi prima della
guerra. Data delle poesie di guerra, ma non sta ricordando una cosa di guerra–amico Mohammed
Sceab–discendente di emiri e nomadi, emiri=principe di un paese della cultura araba, non è
letterale–dimensione favolosa–figura alonata di leggenda–mondo favoloso. Nomadi–condizione
tipica di molte tribù dell’africa settentrionale–suicida perché non aveva più patria–con p
maiuscola–concetto di patria collegato–oggi è una parola di ordine politico o etnico–momento
storico in cui si parte a parlare di patria=800, siamo durante la 1 guerra mondiale–patria–
connotazione politica molto grave e forte, maiuscola–si va al di là di queste connotazioni,
anche se lui è andato in guerra per sua volontà e scelta, è amico di Mussolini, crede in una
ideologia nazionalista–promuove concetto etnico politico. In questa patria sono in gioco molte
altre cose se uno si suicida per essa–è qualcosa che riguarda l’identità non solo singola–collega
l’identità del singolo a quella degli altri della patria–non solo valore politico, ma esistenziale,
Mohammed non aveva più questo radicamento nella patria con la p maiuscola, non perché aveva
lasciato uno stato. Si dà un nome francese, ma non era francese–spaesamento–cerca una nuova
identità del paese in cui va, ma non ce la fa–non è francese con la f maiuscola–essere
francese=aderire a un mondo. Era incapace di vivere nella tenda dei suoi–viene da una tribù
nomade—patria non è un concetto politico statuale–nomadi vivono una vita al di là dei confini
degli stati–idea di patria è un concetto spirituale identitario e collettivo, ma lui non sa più vivere
nella tenda dei suoi. Cantilena del corano–sure=capitoli del corano, vengono cantati in modo
salmodiante, pronunciato cantato. Cantilena del corano–allude al canto che i fedeli intonano.
Gustando un caffè–un tempo la patria per Mohammed era insieme ai suoi–legame di sangue con
le persone con le quali era, anche legame religioso, legati dalla stessa fede e cultura, tema del
caffè–dimensione del quotidiano. Identità non è solo fatta di grandi valori, ma anche di banalità,
gesti comuni. Cita il caffè anche perché è molto radicato nella cultura araba. Aspetto etnico,
comunanza, sangue, spiritualità, quotidianità–tutte queste cose fanno la patria, non stare in un
posto, ma stare in una tradizione con gli altri–venendo in Francia lui perde i costumi, la cultura
di quella comunità e diventa solo. Non sapeva sciogliere il canto del suo abbandono–canto=le
sure del corano, abbandono=in cui lui abbandonava se stesso. Canto del corano in cui ci si
abbandona perché ci si abbandona a dio–Mohammed ha perso non solo la fede, ma non era più
in grado di avere assoluta confidenza nei valori della sua comunità, di condividere i valori della
propria comunità di origine. Idea del canto può richiamare anche la poesia–si suggerisce un
parallelo tra Mohammed e Ungaretti che è un poeta, anche Ungaretti non era francese e non
aveva patria–da un certo punto di vista in Mohammed Ungaretti ha visto qualcosa di sé, lascia
luogo di origine, va in Francia, ha a che fare col canto.
Lezione 18 3/11
In memoria–continua–Mohammed Sceab=identità minata dallo spaesamento–non riesce ad
essere francese o conservare un legame con la propria patria=valori di ordine religioso culturale,
legami affettivi e sociali. Parallelismo e contrapposizione col poeta–incapacità di cantare e
trovare rifugio nella parola. Appassito vicolo in discesa–prima di questo sembra non ci sia nulla
che distingua i versi dalla prosa–numeri e indirizzi nella poesia–viene dall’avanguardia. Poesia
di Palazzeschi–La passeggiata–poesia fatta dalle insegne dei negozi, o le cose che lui legge,
reclame, avvisi dei giornali ecc. Accogliere in poesia materiali banali—ma l’intento di Ungaretti è
diverso da quello di Palazzeschi. In Palazzeschi la sequela di indirizzi voleva avere un effetto non
poetico, non voleva essere un esempio di stile alto e sublime–lui voleva prendere in giro e
dissacrare la poesia. Ungaretti non vuole svilire la poesia, ma usa questi materiali banali in
senso poetico, perché il soggetto si presenta e l’indirizzo è caricato di pathos (mentre in
Palazzeschi non c’è pathos) perché lo accompagna dalla casa al cimitero–loro abitavano in un
albergo e accompagna le spoglie al cimitero insieme alla padrona di casa–lui parla di un evento
tragico–non ha nessun altro Mohammed a parte lui e la padrona–espressione poetica=appassito
vicolo in discesa–rue des Carmes esiste veramente a Parigi ed è veramente in discesa–
appassito–come un fiore appassendo si china, questo vicolo è in discesa e questo scendere ha
qualcosa di mortuario. Immagine del circo che si ritrovava nei fiumi–vita che se ne va, c’è stata la
vita, la fiera, rimangono banchi gente che raccoglie le cos e immondizia per strada–vita
abbandonata e degrado–corrispettivo di Mohammed che si suiciderà–sistema di metafore che
ritornando spesso fanno lo stile del poeta–non aveva più nessuno e forse ci sono solo io a
ricordare la sua esistenza. Mohammed non sapeva più sciogliere il canto del suo abbandono
mentre Ungaretti trova la forza di scrivere versi e di scrivere poesia, mentre Mohammed non ha
la forza di cantare–scrivere versi per salvare il ricordo di Mohammed–cantare ha una funzione
profonda, se lui non ne parlasse, Mohammed sparirebbe dalla faccia della terra. –tema della
tradizione–I sepolcri di Foscolo–solo la poesia salva dalla morte–idea laica. Poesia si incarica
di tutelare la memoria. Poesia scritta per un morto=epitaffio–genere funerario. Scritta in ricordo di
qualcuno, ma qui “in memoria” vuol dire contro la cancellazione totale degli individui. Ungaretti
ha una grandissima fede nella poesia–dire le cose che salvano la vita dalla totale distruzione.
Mohammed è morto perché non aveva più una patria–Ungaretti si salva trovando una patria=la
poesia stessa–lui si è fatto soldato per trovare un senso di appartenenza nazionale, ma il luogo in
cui veramente dà senso alla sua esistenza è la poesia–dà un significato decisivo. Mettere in
relazione tra loro le poesie di Ungaretti–anche questa poesia, molto radicata nell’esistenza,
presuppone sempre un discorso sulla poesia–metapoeticità–e non sapeva sciogliere il canto del
suo abbandono–senso che ha la parola nella vita degli uomini. Sembra una poesia che si avvicina
alla prosa come non mai, ma allo stesso tempo Ungaretti ha una profonda fede nella parola
poetica, lo capiamo da un altro testo. Cercare ricorrenze metaforiche o tematiche.
Girovago–titolo che allude al tema dell'esilio–vagare senza meta, estraneità, essere senza patria
e ricerca di una patria ideale. Sintatticamente disarticolata. Non posso trovare casa in nessun
luogo della terra. Versi più brevi incontrati. Poesia prosciugata, una minima parola fa l’intero
verso. A ogni nuovo clima che incontro mi trovo indebolito, senza forze (languente), mi pare che mi
manchi qualcosa, che–no pronome relativo, non funziona sintatticamente, anche se sembra
leggendolo che lo colleghi a clima, non è una congiunzione dichiarativa, neanche valore causale–
non gli si attribuisce un significato specifico, è un che vuoto–assolve a una funzione di connettivo
un po’ vaga–è tipico del parlato, abbassamento del linguaggio poetico, ma anche il fatto che
spariscano i nessi logici–lui non vuole nessi logici troppo netti–il che è un collante sintattico di
cui non si chiarisce il significato logico, perché Ungaretti non lo vuole. E me ne stacco sempre
straniero ecc.–anche qui c’è un gerundio e participio passato, si può immaginare che vada
collegato alla frase precedente, ma non si può appianare ad un linguaggio prosastico. Participio e
gerundio sono modi indefiniti, non hanno persona. È chiaro che lui si riferisce a se stesso, ma usa
forme verbali astratte. Potessi godere anche un solo minuto di vita iniziale=nell’inizio della vita
c’è l’idea di purezza–vita di un bambino, vita non corrotta. Cerco un paese innocente–senza
colpe. Poi sigla–l’innocenza è contrapposta alla colpa della guerra, la storia, condizione umana
che lui sta vivendo–quello di cui parla è un paese di sogno e di nuovo l’unico luogo in cui si può
accasare e trovare l’innocenza è la poesia–unica patria possibile–non ti puoi accasare in terra,
ma forse c’è un luogo in cui ci si può accasare. Eco della tradizione religiosa cristiana per cui la
vera patria è il mondo ultraterreno–in questa tradizione è esistito un mondo innocente–il paradiso
terrestre in cui Adamo ed Eva vennero creati innocenti–c'è questo immaginario, ma per lui è la
poesia l’unica patria, innanzitutto nell'immaginario religioso l’innocenza è perduta–lui declina
questo immaginario in un senso suo–l’eden è recuperabile nella dimensione della poesia e non
della realtà. Non sacralità dei corpi e della vita primigenia–sacralità che si dischiude nella poesia,
per Mallarmé la poesia è una specie di atto magico e sacro che dà significato alla vita–qui c’è un
po’ lo stesso concetto. Qui nella sigla finale c’è una piccola differenza rispetto alle altre poesie.
Nella data non c’è il giorno=campo in termine militare è quello di detenzione dove vengono
tenuti i nemici, non è il fronte di battaglia–non allude a un momento specifico, ma a una
condizione più lunga di stazionamento in questo campo.
Ultimo testo–non più da L’Allegria, ma dal Sentimento del tempo–L’isola.
Rispetto alle altre poesie ci sono più rime–più poetic diction, è ritornato indietro. Le due strofe
sono di misura quasi uguale, versi=1 della 1 strofe endecasillabo di sesta, 1 della 2 strofa
endecasillabo di sesta–ci sono tantissimi endecasillabi. E lo richiamò un rumore di penne–
endecasillabo sbagliato, ma sempre endecasillabo. Sono comparsi versi della tradizione che
nell’allegria schivava. Verso 2 novenario, 5 novenario sdrucciolo, 6 novenario sdrucciolo, 3 della 2
strofe=novenario, 7 novenario, 8 endecasillabo–pieno di versi tradizionali, dalle vergini
come=settenario, settenario, settenario ecc., quinario tronco, quinario sdrucciolo ecc.–clima di
restaurazione della metrica. Metà anni 20-30 ritorno all’ordine anche se con una certa
libertà–tutti versi dispari, ci mette qualcosa di sbagliato, ma c’è una restaurazione della metrica,
in più c’è qualche rima–tendenzialmente recupera delle figure della poeticità classica.
Dal punto di vista linguistico usa delle parole che non avrebbe mai usato nell’Allegria. Ove–poetic
diction per dove che gli serve per far tornare l’endecasillabo, non l’avrebbe mai fatto prima.
Anziane selve=antiche–significato prezioso. Apostrofo–ch’erasi. Clima mitologico–ritorno alle
convenzioni della poesia–ritorno all’ordine. Soggetto=il pastore, dove uno non se lo aspetta. Il
pastore scese alla riva dove c’era un’eterna sera di selve/boschi antiche ed assorte. Eterna
sera=c’è una continua penombra. Le selve sono assorte=silenziose, fisse, immobili. E si inoltrò nel
bosco–se è sulla riva tipo una pineta. E lo richiamò un battito d'ali, acqua del mare torrida–non
può esserlo, può essere calda, ma non torrida, clima mediterraneo dove l'acqua è calda, ma lo
enfatizza. Stridulo batticuore dell’acqua torrida=rumore delle onde accostato al batticuore perché
è un suono alternato precisamente com’è alternato il battito delle onde del mare–discontinuità,
stridulo perché è un rumore argentino, questo rumore di penne si è sciolto dal rumore delle
onde=si è liberato, uccello che si alza dall’acqua e si sente lo sbattere delle ali che prima non
c’era, ma ora si distingue dal rumore delle onde. E ritornando a salire vide che l’apparizione era
una ninfa. Larva–dal latino vuol dire fantasma–e vide un’apparizione che appare e scompare–
languiva=si indeboliva e poi ritornava a vederla, sciolto, languiva, languente–ossessioni
lessicali conservate da Ungaretti, ma in un sistema linguistico diverso rispetto a quello
dell’Allegria. Dormiva ritta e abbracciata ad un olmo–immagine già incontrata ne I fiumi–lui si
teneva ad un albero mutilato–immagine cambiata, non è più un albero mutilato, ma un olmo e non
è più un soldato, ma una ninfa. L'Isola non è reale, ma mitica, ambiente mitico. Ci sono elementi
reali trasfigurati in un clima mitico. Nell’Allegria c’erano luoghi molto precisi o citati esplicitamente,
qui ci sono luoghi di sogno. In tutta la prima strofe il soggetto è sottinteso–seconda strofe,
giunse, soggetto=pastore, non è cambiato, pastore arriva ad un prato risalendo,
errare=vagare/sbagliare–allude a un atto mentale perché lui erra dentro di sé da
simulacro=statua, riproduzione, cosa falsa, a fiamma vera–opposti, lui sta dubitando e si sta
chiedendo se la ninfa che ha visto esiste davvero. Chiama l’altra cosa fiamma–se la ninfa fosse
vera avrebbe a che fare col fuoco perché come una fiamma si accende e si spegne questa
apparizione può essere considerata una fiamma, ma anche perché tradizionalmente i pastori
sono attratti eroticamente dalle ninfe, domandandomi se fosse stata un’illusione oppure una vera
creatura vivente che ispira a lui un desiderio, giunse a un prato dove la sera si addensava ai piedi
degli ulivi come l’ombra agli occhi delle vergini. Lui in realtà vede l’ombra ai piedi degli ulivi–è una
descrizione onirica–reale immaginario sono confuse, per questo inverte la similitudine, vede
vergini là dove ci sono alberi. I rami facevano stillare una pioggia lenta di frecce–i rami lasciavano
scorrere un filtrare lento di raggi luminosi che fanno una pioggia pigra perché come la pioggia cade
dal cielo in terra questi raggi filtrano dall’alto verso il basso pioggia pigra perché è una pioggia
immobile, i raggi di luce in realtà non si muovono, non scorrono. Le pecore si erano appisolate
sotto il liscio tepore=all’ombra, altre brucano la coltre luminosa–sotto i raggi del sole, liscio
tepore=sinestesia–accosta due sfere percettive, campi sensoriali diversi–se una cosa è liscia è
costante, immobile, uguale, perché mitigato dagli alberi. Brucavano la coltre luminosa–brucavano
l’erba illuminata dai raggi del sole. Le mani del pastore erano un vetro reso liscio da una debole
febbre=la febbre viene dalla visione della ninfa che infatti aveva definito fiamma, debole febbre
che ha in sé rappresenta il desiderio nei confronti della ninfa. Lui ha le mani come vetro perché
sta diventando fragile e trasparente–c’è qualcosa che lo sta trasformando–non ha più un corpo
fisico–larva spettro–colpito da questa visione e non capiva se fosse vera o no, ma ora lui stesso
sta diventando uno spettro. Fenomeno che nella cultura antica si chiama metamorfosi (Ovidio)—
lui subisce il destino della ninfa, lui stesso preso dal desiderio si scorpora, siamo un clima
classicheggiante ed ha senso perché sembra che stia raccontando una metamorfosi.
Lezione 19 4/11
Poesia della seconda fase di Ungaretti–L’isola–ritorno alla metrica tradizionale, lessico=netto
mutamento, recupera forme arcaiche e letterarie che prima evitava e compaiono rime anche rare.
In più–tema mitico. 1 stanza–apparizione della ninfa al pastore, 2 strofa pastore si trasforma in uno
spettro lui stesso. Resta da capire di che si parla–tema qual è? Non è una poesia incentrata sul
paesaggio, né l'amore, più che amore–desiderio. L’effetto del desiderio è quello di far perdere
l’identità del pastore, è consumato dalla febbre e le sue mani sono come vetro, trasparenti e
fragili. Come la ninfa non si capisce se sia vera o illusione, anche lui perde la concretezza fisica
diventando una specie di spettro. Desiderio per qualcosa che ci priva di noi, ci rende uguali a
questo sogno antico che ci è apparso. Anche questa è una poesia metapoetica–questo amore
per qualcosa di antico che fa entrare in una dimensione di sogno, può essere la stessa poesia.
Confronto con un altro testo=Il pomeriggio d’un fauno=creatura mitologia, metà essere umano e
metà capro–ispirano i demoni cristiani–Mallarmé=simbolista che ha una grande influenza anche
su Ungaretti. Egloga–forma della poesia greco-latina, dimenticata, ma recuperata da Mallarmé.
Egloga pronunciata dal fauno in un pomeriggio caldo e assolato. No parafrasi–troppo difficile.
Dice che al fauno sono apparse delle ninfe e lui le vorrebbe rendere eterne, può farlo attraverso
l’arte. La poesia di Mallarmé è metapoetica–attitudine del poeta nei confronti della realtà. Le ninfe
che ho visto erano reali e hanno suscitato un desiderio, ma erano un sogno? Il dubbio si diffonde
in me ed è quello che resta di una notte molto passata, si diffonde in tante idee sottili che provo
che solo io offrivo a me stesso in trionfo l’apparizione di qualcosa di bello=rose che però è svanito.
Queste fronde hanno lasciato la realtà concreta in cui lui si trova. Punti di contatto con l’Isola–
perpetuare=rendere eterno, accostata a perenne di Ungaretti—non si riprende solo il significato,
ma anche il suono. Per posizione anche–questa parola lascia tracce nel testo di Ungaretti. Ninfe
che hanno carni chiare e sembrano librarsi nell’aria con sogni irrazionali–per Ungaretti è una
larva–no corpo fisico, fantasma che appare e scompare e da come si comporta e come è descritta
lo è anche in Mallarmé. Forse amai un sogno?—stessa domanda che si fa Ungaretti. Fronde
sottili e bosco vero ricordano i rami e le fronde attraverso cui trapela la pioggia di raggi del sole. Il
bosco vero–la fiamma vera–stesso dubbio. Rete di relazioni tra questi due testi, lessicale=alcune
parole di Mallarmé si sono sparse nel testo di Ungaretti. Come se avesse in testa questa lirica e
l’avesse riscritta nell’Isola. Poesia metapoetica–allora ci permette di capire anche il testo di
Ungaretti–stesso intento. Il legame intertestuale serve a capire la poesia, leggendo Mallarmé si
ha la conferma che il testo sia metapoetico. Dimostrare l’intertestualità–non ipotesi campate in
aria.
Altro poeta–Dino Campana–poesia in Canti orfici–poesia simbolica–idea che il poeta debba
produrre una creazione orfica della terra–Campana mette nel clima simbolista un turbamento
perturbante. Testo=L’invetriata. Metro=1 novenario, 2 cesura dopo invetriata–senario e ottonario–
incontrati versi lunghi divisi in due versi diversi–in Gozzano l’Amica di nonna Speranza–lui
mescolava ottonari e novenari e voleva creare degli esametri barbari=con 6 accenti, ma qui non ci
sono 6 accenti, verso successivo, cesura dopo cuore–settenario e senario–non può essere
esametro barbaro–somiglia al settenario doppio=alessandrino–verso della tradizione francese–
sarebbe ipometro perché al secondo manca una sillaba. Verso successivo–si può pensare che la
cesura spezzi la parentesi, potrebbe essere dopo fiume e sarebbero decasillabo+decasillabo–ma
non ha gli accenti nelle posizioni giuste–endecasillabo ipometro, ma non è nemmeno questo. In
realtà non è chiaro dove questo verso abbia la cesura. Sono versi liberi, non ha senso cercare
uno schema né le misure, non è questo che cerca Campana. L’ultimo verso è un decasillabo, ma
nemmeno vero, sono proprio versi liberi! Anche quando può farli di una misura tradizionale, non lo
fa. Non si può riconoscere un ritmo prefissato. Ma allora è costruita a caso? Ci sono delle
ricorrenze che permettono di scandire il testo?—"c’è” si trova sempre alla fine del verso=epifora,
ma sono rime identiche, altre rime–ardente, languente, languente–rima facile, desinenziale.
Qualche rima c’è, ma sono molto facili. Ma non ritorna solo la rima, ritorna proprio tutta
l’espressione–intero sintagma, specie di ritornello, non è l’unica volta che succede, nel cuore un
suggello ardente–collegato con finale, nella stanza ecc. Tutto fatto per riprese, ripetizioni molto
forti. “C’è” continua a essere ripreso, anche chi è. Il testo è stato costruito con parole come
mattoni–sintagmi o parti intere di verso che ritornano e il testo è una specie di puzzle con questi
pezzi che ritornano. Principio di costruzione di metrica verbale–non è il ritmo che costituisce il
testo, ma la ripetizione di alcuni sintagmi. Scandito in 3 momenti, verso da 1 a 3, da 4 a 7 e da
8 a 11–che finiscono in modo analogo–questa partizione aiuta anche a capire il senso.
Invetriata=vetrata che separa un edificio dall’esterno. Parafrasi=mesce=versare–si dice dei liquidi,
la sera fumosa d’estate riversa dall’alta vetrata chiarori=luci chiare nell’ombra e mi lascia nel cuore
un suggello=sigillo–avere un sigillo nel cuore=il sigillo è una specie di marchio, ha una specie di
marchio dentro il cuore, sera fumosa d’estate=afa, nuvolaglia umida che opprime, la sera afosa
d’estate riversa nell’ombra di cosa? Il poeta sta al chiuso, in una stanza in ombra con in alto una
grande vetrata e dalla vetrata cade della luce che viene da fuori, della sera, ma sarà la luce della
sera? La luce potrebbe venire dai lampioni. Questa luce gli imprime nel cuore un marchio
bruciante, è come se lo colpisse in maniera intensa. Non dice chiaramente il sentimento però.
Perché sente questo? Non c’è niente che lo spieghi. Siamo in ambito di poesia oscura,
razionalmente difficile. Guarda fuori, vede che sul terrazzo sul fiume è accesa una lampada, chi ha
acceso questa lampada alla madonnina del ponte?—riferimento a Marradi dove c'era un ponte
con un’edicola della madonna–chi l’ha accesa, domanda posta con tono ansioso e angosciato–
domande che rivelano qualcosa di lui, c’è un tono di ansia e poi determinazione più forte–nella
stanza c’è un odore di marciume, nella stanza c’è una ferita rossa languente–ci si aspetta che la
ferita sia nel suo cuore, la ferita è metaforica come il suggello e non è nella stanza, ma nel cuore,
progressione, dal suggello nel cuore si passa a una piaga rossa nella stanza–incremento di
significato ed espansione. Dai primi 3 versi c’è un’espansione perché si precisa la sensazione
emotiva e si passa dal suo mondo interiore allo spazio che lo circonda e poi il tratto disgustoso
della putredine. A questo punto guarda fuori e vede il cielo stellato, le stelle sembrano bottoni di
madreperla. Stelle=bottoni–le stelle non possono sembrare bottoni, è un’immaginazione del
tutto soggettiva–non è una descrizione realistica, ma persino un po’ allucinata, la sera si veste di
velluto=di velluto perché la sera è fumosa, il velluto anche se è nero ha quel vago colore un po’
argentato–velluto indica la bellezza della sera ed essendoci un clima di nebbiosità piò richiamare
la consistenza del velluto, la seta per esempio è lucida e non ha queste caratteristiche. Testo
piuttosto complicato. E tremola la sera fatua=superficiale, inconcludente–immagina la sera come
una donna–personificazione, è anche un po’ misogino, donna elegante e superficiale,
leggera, svagata, tremola perché le stelle tremolano, le stelle hanno una luce intermittente. Nel
cuore della sera c’è sempre una piaga rossa languente–mette il ma perché sembra che sia
qualcosa di piacevole, ma invece qualcosa cambia, riprende l’immagine della piaga che non è più
né nel suo cuore né nella stanza, ma nel cuore della sera. Ulteriore espansione, un allargarsi, si
cresce via via–figura del climax (=in greco scala) testo che ha una logica per quanto oscuro,
progressiva determinazione di quello che lui sente. Di cosa sta parlando? Senso doloroso che
non riguarda solo il soggetto, ma anche il resto che lo circonda, non è depressione, è qualcosa di
più forte, è una sensazione di angoscia. Come se lui registrasse il crescere dell’angoscia che
prima nasce in modo non chiaro, poi sembra che colonizzi lo spazio intorno e tutto il resto. L’altra
cosa è che non c’è nemmeno una motivazione per la nascita di questi sentimenti, la luce perché
dovrebbe lasciargli il suggello ardente–perché le cose che descrive dovrebbero essere così
angosciose? È irrazionale. Il punto più alto di questa angoscia la trova nella bellezza della sera–
emerge l’opposizione–gruppi di versi costruiti secondo la logica di un fatto fisico accostato alla
piacevolezza eppure questa luce non rischiara, ma si oppone a un sentimento di angoscia
montante. Testo che ha una logica, ma rimane profondamente perturbante, niente basta a
placare l’angoscia. Esperienza autobiografica–parla di una madonnina che c’è a Marradi–in più
lui soffre di disturbi psicotici–disagio così violento che nulla al di fuori di lui riesce a placare.
Testo simbolico ed espressionista perché non segue una logica razionale e la rappresentazione
della realtà è violentemente deformata, anche nel senso della sgradevolezza. Odore di marcio–
corrispettivo del suo disagio, testo espressionista e simbolico. Diverso da Ungaretti che è tanto
essenziale e scarnificato quanto Campana ha uno stile più immaginoso.
Altro testo di Campana–Notturno teppista–succede qualcosa di losco. Poesia estremamente
violenta–testo inconsueto–simile a Rimbaud–poesie oscene con immaginario aggressivo–poeta
maledetto, questa poesia va in questa direzione.
Analisi metrica–più regolare–esametro barbaro (6 accenti forti), senario novenario ecc–c’è
anche nel finale una figura ritmica molto sensibile=parole di ritmo uguale, tutte sdrucciole,
ansimano addirittura bisdrucciola. Parole con ritmo ritornante. D’Annunzio amava inanellare
versi sdruccioli, ma il tema di bellezza non c’è. Vede Firenze dal Piazzale Michelangelo. Era un
gorgo di luci e di rumori sordi–da lì uno ne sente i rumori, si allude ad una cosa precisa–ali di
fuoco che sembra avere il tram sono le scintille che i tram producevano perché erano legati con
un filo all'elettricità oppure per il metallo delle rotaie–visione allucinata, ma prende spunto dalla
realtà. Parla di un fiume mostruoso=Arno torpido=un po’ addormentato–scorre lentamente e di un
serpente a squame–perché ha una forma curva come un serpente, le squame per le piccole onde
del fiume con le luci che si riflettono, tutti elementi realistici, ma tutto è trasfigurato con un
immaginario mostruoso, ali di fuoco come un drago, serpente. È la prima volta che si incontra un
oggetto tecnologico della contemporaneità, del progresso, raffigurato come una bestia
mostruosa.
Lezione 25 24/11
Le Occasioni–struttura quadripartita. Sempre nei Mottetti–sempre riguardo al momento
dell’addio–struttura narrativa dei Mottetti è molto esile–5 testi, c’è una debole intenzione
narrativa–modello del canzoniere di Petrarca–sonetti datari–sonetti in cui Petrarca ricorda le
ricorrenze dell’incontro con Laura in un giorno di venerdì di pasqua–debole richiamo a questo
da parte di Montale–esperienza petrarchesca di diretto contatto con la figura femminile, ma il
suo vero modello è più che altro Dante per una scelta di plurilinguismo e anche per la figura
allegorica della donna. Poesia in 2 tempi–2 strofe (2 voci)—rivolta al tu femminile. Metrica–
endecasillabi e settenari, rime–tosse rima imperfetta con forse, appaiono sdrucciolo, come il
penultimo verso (sdrucciolo a volte sostituisce la rima in Montale), murati rima con abbassati–
rima facile, ma al mezzo (nascosta), fioca rima con carioca–rima difficile, carioca=parola
straniera. Siamo alla stazione la donna sale sul treno e si separano–puntini–sospensione e
domanda rivolta alla donna. Nel primo periodo manca il verbo quindi. Addii, fischi del treno o del
capostazione, buio=forse la sera/tunnel in cui i treni entrano immediatamente partendo, stazione
di Genova ce l’ha queste gallerie. Cenni–di saluto delle persone che partono, colpi di tosse per
il fumo e la polvere, sportelli=finestrini che si tirano giù per salutare–verbo sottinteso=ci
sono/verbo di percezione, quindi queste cose possono essere soggetto o complemento oggetto,
colui che percepisce queste cose è il poeta–effetto di un elenco frastornante–cose che vanno
addosso, effetto più intenso se si vede come un verbo di percezione–qualcuno sommerso da
questi dati sensoriali che non riesce ad organizzare–ma scompare il verbo, quindi viene messo
lontano dalla scena il soggetto, non dice io, ma si mette in disparte–ipotesi probabile perché
Montale si rappresenta con riserbo nelle Occasioni. È l’ora–della partenza–significato di questa
frase solenne e minaccioso–la partenza della donna rappresenta una crisi esistenziale
violenta. Sintassi franta–1 verso e mezzo periodo ellittico del verbo proposizioni staccate in due
versi differenti–frantumazione che dà senso di smarrimento e frattura esistenziale. Forse gli
automi hanno ragione–automa=macchina che si muove automaticamente–robot, simula di
essere una creatura vivente non essendola–sono le persone che ci sono intorno, poeta e la
donna sono staccati da tutti gli altri–dall’altra parte gli uomini che sembrano esseri viventi, ma
non sono realmente vivi, gli manca la consapevolezza (non si tratta di felicità) differenza di ordine
spirituale–poeta e la donna sanno cosa sta accadendo, hanno ragione=la massa si comporta
tutta nello stesso modo, ma continua a fare la loro vita, la massa ottusa segue gli ordini del duce
e loro due che si distaccano sono sconfitti perché costretti a separarsi–aspetto storico e
politico, ma soprattutto esistenziale–tutti si adeguano alle leggi della vita mentre il poeta e la
donna no, Montale non tara la sua poesia esclusivamente sulle contingenze storiche–loro si fanno
delle domande che non danno felicità, ma almeno guardano alla realtà come essa è. La dignità
della vita per Montale sta nell’essere consapevoli. Massa anonima–come appaiono dai corridoi
murati–corridoi del treno–lui è a terra mentre Clizia sul treno lui vede sfilare le carrozze e le
persone infilate nei corridoi di fronte ai finestrini, murati=sepolti–come se fossero nei loculi–
carattere mortuario perché sono automi e in più murati–sembrano vivi ma in realtà non lo sono,
non hanno una vera vita spirituale. Vita vera–Montale l’ha avuta da Clizia attraverso l'amore–
amore non solo carnale o sentimentale, ma l’insieme di valori che condividono. Puntini di
sospensione–come se ci fosse una lacuna e poi una domanda–Litania=lunga preghiera
ripetuta—metafora, rapido=tipo di treno, orrida e fedele cadenza di carioca=ballo brasiliano
identificato dal ritmo delle maracas. Presti=attribuisci anche tu questo ritmo di carioca orribile e
fedele al suono lungo, lamentoso e ripetuto del tuo treno rapido? Suono del rapido=litania perché
anch’esso è ripetuto, lo compara proprio a una preghiera perché Clizia diventa una figura quasi
sacra, sacro è l’amore che li lega, connotazione religiosa che si collega alla natura del loro
legame se non a quella di lei, suono del treno=orribile perché il treno porta via la donna–le chiede
se il momento della separazione si terribile per lei come per lui. Fedele=in questo contesto–
costante, ripetuto ossessivamente, ma questo aggettivo richiama anche la richiesta di fedeltà–
anche nella separazione continueremo ad amarci. Ma perché fa riferimento a una danza allegra?
Carioca–di solito le danze in Montale hanno connotati negativi–rappresentano il disordine dei
corpi–ma qui c’è l’ambivalenza–separazione non è totale e per sempre–c’è la possibilità che la
loro unione spirituale rimanga costante. Domanda fatta non a voce alta, è una domanda
mentale–siamo su un piano spirituale. È una domanda retorica–chiaramente la risposta è sì, ma
anche una domanda che cerca un’identità spirituale, anche tu vivi questo momento come lo vivo
io. Ciò che è stato taciuto è il momento della separazione tra loro due Montale è restio a
parlare di un mondo sentimentale, degli affetti semplici che per lui diventano un po’
imbarazzanti, in più atteggiamento modernista nei confronti della poesia lirica–poesia d'amore si è
trasformata–pone un legame allegorizzato–spirituale tra lui e lei che li separa da tutti gli altri e
ha un significato anche politico perché loro nell’Italia fascista si trovano di merda–sovrappone al
piano autobiografico immediato quello più alto della storia e ancora più alto di spiritualità che
pone lui e la donna al di sopra degli altri–poeta aristocratico o elitario. La poesia e i valori sono
per pochi eletti–amore di uno che in una condizione esistenziale di disagio (Arsenio)—si sente
visitato e trova qualcosa che dà senso alla propria vita, ma questo mondo di libertà spirituale e
dignità è per pochi–gli altri uomini sono automi–sembra che siano loro, però, a vincere sulle cose
in cui Montale e Clizia credono.
Altro testo–separazione, ma possibilità di comunicare con lei lontana–La speranza di pure
rivederti–poesia che si potrebbe dividere in 3 momenti, invece la divide in 2 per lasciare l'idea
dei mottetti a due voci. Metro=endecasillabi, quinari, settenari–clima di regolarità metrica senza
stranezze–versi tradizionali–poesia che allude vagamente alla ballata–ritornello di 2 versi e una
stanza–ma per ballata dovrebbero rimare primi due versi e finale (?)—rima difficile (barbagli), più
varie uscite sdrucciole anche se poche rime. Altre raffinatezze–rivederti distorto=consonanza,
morte distorto–rima imperfetta, senso segni. Versi di Montale=molto densi fonicamente, non
necessariamente rime. Parafrasi--la speranza di rivederti ancora mi stava lasciando e mi chiesi se
questo schermo d’immagini=dal mondo del cinema che era in bianco e nero negli anni 30 e
sonoro–in uno schermo la realtà è piatta e in bianco e nero=questo schermo di immagini è tutto
quello che lui ha intorno a sé e sembra piatto e in bianco e nero perché non c’è più la donna che
lui ama–metafora che viene dal cinema e designa una realtà anche finta, schermo–in senso
proprio=Dante–la donna dello schermo–Dante finge di guardare un’altra donna per non far
capire che guarda Beatrice–schermo=ostacolo che si frappone fra qualcosa e qualcos’altro–qui
Montale sta in Italia e lei in America–realtà=ostacolo che impedisce il rapporto con lei, negli Ossi
la realtà=carcere, nelle Occasioni—carcere perché lo separa da lei–che mi preclude ogni senso
di te–senso=percezione, come i 5 sensi, non significato–lei è lontana e non la può vedere, né
sentire o toccare–ha i segni della morte=la realtà ha i segni di una morte metaforica–spirituale,
si chiede se la separazione non comporti la fine del loro amore, oppure dal passato c’è in
esso=nello schermo di immagini, ma distorto e fatto labile, un tuo barbaglio=specie di piccolo
lampo=effetto di luce improvviso–bagliore, si chiede se in questo che lui vede intorno a sé c’è un
segnale luminoso di lei che viene dal passato ed è distorto e fugace, è tutto finito tra noi o tu mi hai
mandato un segnale luminoso che mi dice che però tu ci sei? Due punti–spiega dove potrebbe
essere questo segnale di lei. A Modena tra i portici–particolare realistico, sciacalli al
guinzaglio–è un canide con una brutta fama, gli sciacalli mangiano le carcasse già cacciate–
animali mortuari–sciacalli approfittano di bestie massacrate dagli altri–gli sciacalli non si trovano
in Italia, ma in Africa–un servo gallonato–ha i galloni sulla divisa, li hanno i militari di solito
(nappe di decorazione delle alte uniformi)—servo in un livrea che ricorda i militari che trascina per i
portici due sciacalli–immagine bislacca, ma vera–Montale spiega di averlo visto davvero, scena
vera. Divisa rimanda ai militari–a Modena c’è una prestigiosa accademia militare–ma gli sciacalli
cosa ci fanno? Guerra d'Etiopia del 1936 che produce l’autarchia–la Società delle Nazioni
sancisce l’isolamento internazionale per l'Italia perché aveva aggredito un paese per una guerra
coloniale. C’era un razzismo fascista e la guerra d’Etiopia lo dimostra. Servo gallonato era di un
ufficiale italiano che aveva riportato gli sciacalli come trofeo di guerra–Montale vede questa
scena e si interroga se sia un barbaglio di clizia o sia un segno di morte. Mettere dopo qualcosa
che logicamente è prima–hysteron proteron (dopo prima)—preposte ratio, dire dopo quello che
cronologicamente viene prima–decifrazione della poesia ancora più complicata. Come fa a
pensare a lei vedendo gli sciacalli? Interpreta questa scena come fosca–sono animali mortuari–
forse è un segno che tra noi è tutto finito–lui immagina che la donna in una maniera magica gli
lanci messaggi–comunicazione che va al di là della razionalità–non creatura semplicemente
umana–potere di comunicazione non umano, questa che lui ha è un’epifania–prodotta però da
qualcuno, come se la donna la producesse. Di solito non era una persona a produrla, qui si
collega al potere salvifico e magico di questa donna, poi si chiede se questo non sia un
barbaglio che viene dal passato–distorto e diventato debole, però un segnale positivo–luce,
collega qui positivamente gli sciacalli a lei–perché? Lui spiegò che Clizia amava gli animali buffi e
le circostanze inconsuete–legame del tutto arbitrario e soggettivo–fa capire che
l’allegorizzazione di queste scene è arbitraria, sta nell’invenzione di Montale e nelle sue
esperienze private–le allegorie di Dante non erano arbitrarie, ma culturalmente codificate, c’è
sempre dietro un sistema di riferimenti culturali che permettono di codificare il messaggio, qui no.
Differenza tra allegoria dei moderni–arbitraria–legame tra segno e significato ulteriore lo pone il
poeta e quella antica–culturalmente codificata. Inoltre, nella religione egizia, il dio dei morti
aveva la testa di sciacallo e portava all’aldilà–quindi anche figura della resurrezione, non solo
della morte. Passato–tipico dell’epifania–tipo specifico di episodio=ricordo del passato, legare
epifania e memoria involontaria–Proust, madeleine–risorge il passato. Epifania=illuminazione
improvvisa e totale, ma questa non è una rivelazione totale improvvisa e assoluta–lui dubita e
interpreta in due modi opposti–epifania dubbiosa, aperta a interpretazioni divergenti. Epifania
comunica qualcosa di chiaro, invece qui ci si interroga e si dubita senza risposta, interpretazione
razionalistica che non scioglie il dubbio–in Cigola la carrucola del pozzo non si compiva fino in
fondo, qui si compie, ma rimane lì a metà. Dimensione precaria–lei è lontana e questo fa sì che
non sia ben chiaro cosa pensare della realtà.
Ultimo mottetto che leggiamo–Ti libero la fronte dai ghiaccioli, Clizia descritta in modo nuovo.
Struttura metrica regolare con endecasillabi sdruccioli. Rime=ghiaccioli, sole=rima imperfetta,
alte soprassalti, lacerate alte–assonanza e stessa dentale. Qui finale rima con mezzodì–struttura
calibrata–immagine onirica, lui è nella sua casa e immagina che lei sia giunta a visitarlo sfidando
le tempeste e lui la accoglie curandola delle ferite procurate nel volo–lei è diventata un angelo–
finora Clizia aveva poteri non umani, ma era una persona, qui è diventata un angelo–processo
graduale, lei diventa un angelo, acquisisce poteri ulteriori e solo alla fine Montale la rappresenta
come un angelo–prima è una donna e diventa un angelo, la trasforma in una angelo la distanza
tanto più è lontana più lui la trasfigura. Parafrasi–alte nebulose=sistema di stelle, non nuvole, ma
ammassi stellari, siamo in una dimensione sovrasensibile, lei non è nemmeno in cielo, ma al di
sopra dei cieli, siamo al di là dell’immaginabile e del fisico. Particolare realistico–ghiaccioli sulla
fronte–perché in alto fa freddo, Clizia aveva la frangia–tratto richiamato spesso da Montale–lei
trasvolando si è trovata incrostata sulla frangia questi ghiaccioli–compongono degli spunzoni
appuntiti–corona, come una corona di spine, lui glieli toglie perché le farà male–legame tra la
donna angelo e cristo–già Dante rappresentava Beatrice nella vita nuova come un alter
Christus–come Cristo è Dio incarnato, così la donna angelo è l’incarnazione di un valore
assoluto e spirituale–è possibile portare valori eterni nella storia degli uomini? La religione
cristiana dice di sì–Cristo è Dio che si fa uomo. Questa corona fa venire in mente anche quella
della statua della libertà–questa associazione può essere legittima perché in Verso Capua–la
sciarpa è la bandiera stellata degli USA–non solo legame topografico, ma Montale e Clizia sono
antifascisti e vedono negli USA un luogo di libertà contrapposto al mondo in cui siamo–collega
Clizia a valori di libertà contro la tirannide del fascismo.