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Mortarino, Reali, Turazza


QUESTO VOLUME, SPROVVISTO DEL TALLONCINO A FRONTE (O OP-

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PORTUNAMENTE PUNZONATO O ALTRIMENTI CONTRASSEGNATO), È DA
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Marzia Mortarino, Mauro Reali, Gisella Turazza
79 CONSIDERARSI COPIA DI SAGGIO - CAMPIONE GRATUITO, FUORI COMMERCIO

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(VENDITA E ALTRI ATTI DI DISPOSIZIONE VIETATI: ART. 17, C. 2 L. 633/1941). ESEN-

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TE DA IVA (DPR 26.10.1972, N. 633, ART. 2, LETT. D). ESENTE DA DOCUMENTO DI

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TRASPORTO (DPR 26.10.1972, N. 633, ART. 74).

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In copertina: Lupa Capitolina, particolare, bronzo. Roma, Musei Capitolini. © The Art Archive / Museo Capitolino Rome / Gianni Dagli
Espansioni online per docenti e studenti
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LOCI SCRIPTORUM
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Loci scriptorum: una proposta agile e flessibile per lo studio del latino nel triennio: gli autori, le
Antologia modulare di autori latini
opere, i generi della letteratura latina sono raccolti in un volume di sintesi piana e scorrevole, ma

LIVIO
al contempo documentata ed esaustiva.
I volumetti monografici, tutti autonomi, gestibili e acquistabili separatamente, con la loro ricca
selezione antologica permettono poi approfondimento linguistico ed eccellente lavoro sul testo.
Completa la proposta un agile versionario, utile anche quale strumento di raccordo con il biennio.

L’OPERA COMPLETA
Profilo storico della letteratura latina

LOCI SCRIPTORUM LIVIO


Lucrezio Livio
Catullo Seneca
Cesare Il romanzo.
Sallustio Petronio e Apuleio
Cicerone Quintiliano
Virgilio e l’educazione a Roma
Orazio Tacito
V
 ersioni latine

LIVIO
Le opere Ab Urbe condita

I percorsi antologici L’«archeologia» di Livio; Roma tra sconfitte e vittorie: la seconda guerra
punica e le guerre in Oriente; La storia come exemplum
Le schede Livio e Polibio: questioni di metodo; La Lupa Capitolina, una statua
problematica; Un luogo, un mito: la Roma quadrata e Romolo; Le istituzioni
politiche di Roma; Annibale tra storia, letteratura, critica; Patrizi e plebei
nella Roma repubblicana
Il lessico Le parole del diritto e del potere; Le parole della religione; Le parole della
guerra; Le parole del mos maiorum
Figure, temi, motivi Il «grande viaggio»: Annibale come Eracle; Il mos maiorum

Oltre Livio Machiavelli «interprete» di Livio; Tito Livio guida Paolo Rumiz sulle tracce
di Annibale; L’opera di Livio ispiratrice di artisti: Jacques Luis David e
Bartolomeo Pinelli
I laboratori Verifiche dei percorsi; lavoro sul testo latino e traduzione italiana; brani di
versione dal latino e guida all’analisi

Livio è indicato per il quarto anno del liceo classico, scientifico e delle scienze umane.

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MORTARINO, REALI, TURAZZA
LOCI SCRIPTORUM
ONLINE
LIVIO

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Marzia Mortarino, Mauro Reali, Gisella Turazza

Loci scriptorum
Antologia modulare di autori latini

Livio
A cura di Mauro Reali e Gisella Turazza

LOESCHER EDITORE

Loescher Editore - Vietata la vendita e la diffusione

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© Loescher Editore - Torino - 2012
http://www.loescher.it

I diritti di elaborazione in qualsiasi forma o opera, di memorizzazione anche digitale su supporti


di qualsiasi tipo (inclusi magnetici e ottici), di riproduzione e di adattamento totale o parziale con
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traduzione sono riservati per tutti i paesi. L’acquisto della presente copia dell’opera non implica il
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L’editore, per quanto di propria spettanza, considera rare le opere fuori del proprio catalogo
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Ristampe

6 5 4 3 2 1 N
2017 2016 2015 2014 2013 2012

ISBN 9788820135799

Nonostante la passione e la competenza delle persone coinvolte nella realizzazione


di quest’opera, è possibile che in essa siano riscontrabili errori o imprecisioni.
Ce ne scusiamo fin d’ora con i lettori e ringraziamo coloro che, contribuendo
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certificato CERMET n. 1679-A
secondo la norma UNI EN ISO 9001-2008

Loci scriptorum è un progetto nato dal lavoro comune degli autori.


In particolare, il presente volume è stato curato da Mauro Reali e Gisella Turazza.

Coordinamento editoriale: Milena Lant


Redazione: Manuela Manera
Progetto grafico e impaginazione: Sara Keller, Stefania Fucile - Rubber Band
Ricerca iconografica: Emanuela Mazzucchetti
Copertina: Visualgrafika - Torino

Stampa: Sograte Litografia s.r.l.


Zona Industriale Regnano
06012 Città di Castello (PG)

Loescher Editore - Vietata la vendita e la diffusione

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Indice

Profilo dell’autore  Luoghi


Tito Livio Un luogo, un mito: la Roma quadrata e Romolo..... 36
La vita..................................................................... 6
1.6 Le prime istituzioni di Roma
L’opera storiografica Ab Urbe condita................. 6
(Ab Urbe condita 1,8)........................................... 37
Composizione, contenuto, conservazione................. 6
Lessico – Le parole del diritto e del potere................... 37
La struttura annalistica............................................. 7
Le fonti di Livio......................................................... 7 1.7 Apoteosi di Romolo (Ab Urbe condita 1,16)......... 40
Analisi del testo 42
  Letteratura
Livio e Polibio: questioni di metodo..................... 8 1.8 L’investitura di Numa (Ab Urbe condita 1,18)....... 43
1.9 Il tempio di Giano (Ab Urbe condita 1,19)............ 45
Fedeltà e infedeltà liviane......................................... 9 1.10  L’istituzione dei sacerdozi (Ab Urbe condita 1,20). 48
Le idee e i valori di Livio....................................... 9 Lessico – Le parole della religione................................ 48
Pessimismo e moralismo........................................... 9
1.11 Effetti del buongoverno di Numa
Il mos maiorum: il catalogo degli exempla (Ab Urbe condita 1,21)....................................... 51
più illustri............................................................... 10
Lessico – Le parole della religione................................ 51
Aspetti ideologici................................................... 11
L’arte di Livio....................................................... 12 1.12 ll regifugium e l’elezione dei primi consoli
La narrazione drammatica...................................... 13 (Ab Urbe condita 1,60)....................................... 53
Lingua e stile.......................................................... 13 Lessico – Le parole del diritto e del potere................... 53
Indicazioni bibliografiche........................................ 14
  Storia, civiltà, cultura
I CONTENUTI DELL’OPERA....................................... 15
Le istituzioni politiche di Roma.............................. 54

PERCORSI ANTOLOGICI Oltre Livio


Machiavelli «interprete» di Livio............................. 55
Percorso 1

L’«archeologia» di Livio........................................... 16 Laboratorio

1.1 Il metodo storiografico di Livio Verifica del percorso............................................. 57


(Ab Urbe condita, Praefatio)................................. 17 Lavorare sul testo
Analisi del testo 21 La fine della monarchia e i rischi della libertà
(Ab Urbe condita 2,1,1-6)....................................... 57
1.2 La «piccola Eneide» (Ab Urbe condita 1,1-2)........ 22
Versioni e guida all’analisi
1.3 La genealogia dei re albani (Ab Urbe condita 1,3).26
Il ratto delle Sabine (Ab Urbe condita 1,9,8-13).... 59
1.4 La lupa salva Romolo e Remo
Vittoria romana contro i Veienti
(Ab Urbe condita 1,4)........................................... 29
(Ab Urbe condita 1,15)........................................... 60
Analisi del testo 31

Percorso 2
 Arte
Roma tra sconfitte e vittorie: la seconda guerra
La Lupa Capitolina, una statua problematica.......... 32
punica e le guerre in Oriente.................................. 61
1.5 Romolo e Remo: la fondazione della città e 2.1 La prefazione al libro XXI
il fratricidio (Ab Urbe condita 1,6; 1,7,1-3)........... 33 (Ab Urbe condita 21,1)......................................... 62

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2.2 Ritratto di Annibale Lessico – Le parole del mos maiorum........................... 94
(Ab Urbe condita 21,4,1-10)................................ 64
3.3 La virtù di Clelia e il re etrusco Porsenna
Analisi del testo 66 (Ab Urbe condita 2,13)......................................... 96
Lessico – Le parole del mos maiorum........................... 98
  Storia, civiltà, cultura
Annibale tra storia, letteratura, critica..................... 66 3.4 L’apologo di Menenio Agrippa
(Ab Urbe condita 2,32,5-12)................................ 99
2.3 Annibale passa le Alpi
(Ab Urbe condita 21,35,4-12).............................. 68   Storia, civiltà, cultura
Lessico – Le parole della guerra................................... 69 Patrizi e plebei nella Roma repubblicana............. 100

3.5 La modestia di Cincinnato


Figure temi motivi
(Ab Urbe condita 3,26,7-12).............................. 102
Il «grande viaggio»: Annibale come Eracle............... 71
Analisi del testo 103
2.4 Sconfitta romana presso il lago Trasimeno
(Ab Urbe condita 22,6; 7,1-4).............................. 73 Figure temi motivi
Lessico – Le parole della guerra................................... 74 Il mos maiorum....................................................... 104
Analisi del testo 77
Oltre Livio
2.5 La battaglia di Canne: morte del console Emilio L’opera di Livio ispiratrice di artisti:
Paolo (Ab Urbe condita 22,49)............................. 78 Jacques Louis David e Bartolomeo Pinelli............. 107
2.6 Tito Quinzio Flaminino e la libertà dei Greci
(Ab Urbe condita 33,32)....................................... 81
Laboratorio
2.7 Il console Lucio Emilio Paolo e Perseo di Macedonia
(Ab Urbe condita 45,8)......................................... 84 Verifica del percorso........................................... 109
Lavorare sul testo
Oltre Livio
L’inizio del duello tra gli Orazi e i Curiazi
Tito Livio guida Paolo Rumiz sulle tracce
(Ab Urbe condita 1,25,1-7).................................... 109
di Annibale............................................................... 86
Versioni e guida all’analisi
Durante la guerra contro Ardea Collatino loda
Laboratorio
la propria moglie Lucrezia
Verifica del percorso............................................. 88 (Ab Urbe condita 1,57,1-9)................................... 111
Lavorare sul testo L’eroismo di Muzio Scevola
Reazioni alla sconfitta del Trasimeno (Ab Urbe condita 2,12,9-16)................................. 112
(Ab Urbe condita 22,7,10-14).................................. 88
Versioni e guida all’analisi Glossario dei termini di retorica e stilistica................. 115
Fabio Massimo raccomanda a L. Emilio Paolo
un atteggiamento prudente Percorso 4
(Ab Urbe condita 22,39,17-22)................................ 89
La morte di Annibale online Testo W1

(Ab Urbe condita 49,51,7-12).................................. 90 Il terrore cartaginese davanti alle Alpi
(Ab Urbe condita 21,32,6-9)
Percorso 3 online Testo W2

La storia come exemplum....................................... 92 La disfatta di Canne (Ab Urbe condita
22,51,1-4)
3.1 Le donne sabine: il coraggio della mediazione
(Ab Urbe condita 1,13,1-4).................................. 92 online Testo W3

3.2 Lucrezia: la pudicitia portata all’estremo Prima di Zama: Annibale e Scipione
(Ab Urbe condita 1,58)......................................... 93 (Ab Urbe condita 30,30,1-11; 31)

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S
« ed debebatur, ut opinor, fatis tantae origo
urbis maximique secundum deorum opes
imperii principium».

«Ma dal Fato, credo, era voluta la fondazione di una sì


grande città, e l’inizio dell’impero più grande che sia esistito
dopo la potenza degli dèi».
(Ab Urbe condita 1,4,1; trad. L. Perelli)

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Tito Livio

Tito Livio
La vita
Tito Livio nacque nel 59 a.C., secondo una notizia di Gerolamo, che però associa il suo
anno di nascita a quello di Messalla Corvino, che sappiamo essere nato nel 64 a.C.: la
sua nascita va dunque collocata in uno di questi due anni. Diverse fonti confermano che
egli era originario di Padova: spicca tra queste la notizia, riferitaci da Quintiliano, che il
critico Asinio Pollione gli rimproverasse la patavinitas (diremmo noi: «padovanità»),
con allusione a qualche forma di provincialismo linguistico, ma forse anche a quell’au-
stero moralismo tipico di chi era cresciuto lontano dal clima corrotto della capitale. Nulla
sappiamo della sua famiglia d’origine, probabilmente benestante, anche se estranea alla
tradizionale lotta politica per l’assunzione delle magistrature superiori. Neppure del-
la sua vita abbiamo molte notizie: visse, a quanto pare, tra Padova e Roma, dove ebbe
una qualche familiarità anche con Augusto che, secondo una testimonianza di Tacito, lo
chiamava scherzosamente «pompeiano», con allusione alle sue simpatie per la figura di
Gneo Pompeo e alle sue nostalgie filorepubblicane; secondo Svetonio, Livio invitò il gio-
vane futuro imperatore Claudio a comporre un’opera storica, il che sarebbe un’ulteriore
testimonianza delle sue frequentazioni dell’ambiente imperiale. Morì a Padova, verosi-
milmente nel 17 d.C. (ma c’è chi anticipa questa data al 12 d.C.).
Oltre alla monumentale opera storica, dovette scrivere in gioventù anche dialoghi filo-
sofici e storici, come ci ricorda Seneca, oggi perduti; parimenti perduta è una Epistula ad
filium menzionata da Quintiliano, una sorta di breve raccolta di precetti retorici indiriz-
zata al figlio.

L’opera storiografica Ab Urbe condita


Livio dedicò gran parte della sua vita alla stesura di una storia di Roma che, nei codici
medievali, porta il titolo oggi convenzionalmente usato di Ab Urbe condita («Dalla fonda-
zione di Roma»); lo stesso Livio si riferisce alla sua opera una volta (43,13,2) con il nome di
annales – alludendo al metodo adottato nella trattazione cronologica degli eventi – e altre
volte genericamente con quello di libri. Plinio il Vecchio, nella prefazione della Naturalis
historia, chiama l’opera di Livio semplicemente con il termine historiae.

Composizione, contenuto, conservazione


L’opera comprendeva 142 libri, pubblicati gradualmente in gruppi di dieci (decadi) o di
cinque (pentadi), spesso preceduti da prefazioni (cfr. l’inizio dei libri VI, XXI D TESTO 2.1,
XXXI). È probabile che lo stesso Livio abbia letto pubblicamente passi della sua opera se-
condo la moda delle recitationes.
Livio iniziò a comporre l’opera probabilmente fra il 31 a.C. e il 27 a.C. e vi si dedicò per
tutta la vita. La narrazione dei fatti partiva dalle origini leggendarie di Roma, a comin-
ciare dal mitico arrivo di Enea (secondo quanto esposto anche nell’Eneide di Virgilio) e
giungeva fino alla morte di Druso (fratello di Tiberio e figliastro di Augusto) avvenuta
in Germania nel 9 a.C.; secondo altri, invece, l’opera si concludeva con il racconto della
sconfitta subita dal generale Varo nella selva di Teutoburgo (9 d.C.). È però verosimile che
il progetto originario di Livio, interrotto dalla sua morte, arrivasse a comprendere 150 libri
in modo da spingersi fino alla morte di Augusto avvenuta nel 14 d.C.
Di questa immensa mole, oggi possediamo solamente la prima decade (dalle origini fino
al 293 a.C.), la terza, la quarta e metà della quinta (cioè i libri XXI-XLV, che coprono gli
avvenimenti dal 219-218 a.C. al 167 a.C.). Particolarmente grave è per noi la perdita di
una così cospicua parte dell’opera liviana, soprattutto perché la lacuna riguarda tutta la

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Profilo dell’autore

travagliata fase della fine della Repubblica e l’età a lui contemporanea fino al principato
augusteo. I libri che ci sono rimasti sono di ampiezza diseguale: si va dai 23 capitoli del
libro XLIII ai 72 del libro III, con una media di circa 50 capitoli per libro.
Possiamo ricostruire il contenuto dei libri perduti grazie a pochi frammenti superstiti –
fra cui i più noti sono quelli relativi alla morte di Cicerone tramandati da Seneca il Vec-
chio – e soprattutto alle cosiddette Periochae: si tratta di riassunti di tutti i libri dell’opera
(a eccezione dei libri CXXXVI e CXXXVII) composti fra il iii e il iv secolo d.C., probabilmen-
te sulla base di precedenti compendi o epitomi (cioè versioni abbreviate). Infatti la notevo-
le ampiezza dell’opera, che la rendeva difficile da consultare e da possedere interamente
in una biblioteca privata (nel suo epigramma 14,190 Marziale fa notare che i libri di Livio
non entravano nella sua libreria), determinò già nel i secolo d.C. la diffusione di epitomi:
Plinio il Giovane (Epistole 6,5,20), ad esempio, ricorda che, al momento dell’eruzione del
Vesuvio nel 79 d.C., lo zio Plinio il Vecchio stava facendo estratti dell’opera liviana. La dif-
fusione di queste epitomi – la più importante tra le quali è quella redatta da Anneo Floro
nel ii secolo d.C. – finì per soppiantare l’opera di Livio determinando così il naufragio di
ampie parti di essa.

La struttura annalistica
Per l’esposizione degli eventi Livio ritorna (dopo la scelta monografica operata da Sallu-
stio) alla tradizionale struttura annalistica propria della storiografia romana sin dalle
sue origini: la narrazione iniziava con il nome dei consoli e dei pretori, cui faceva seguito
l’esposizione degli avvenimenti anno per anno (prima gli eventi di politica estera, soprat-
tutto militari, e poi i fatti di politica interna) o per gruppi di anni. Pertanto, ad esempio, il
racconto delle imprese militari veniva sospeso per dare spazio ad altri fatti contemporanei
(questioni di politica interna, decisioni del senato) ed era poi ripreso quando si iniziava
a parlare degli eventi dell’anno successivo. Tuttavia, malgrado la rigidità dello schema
adottato, Livio riesce a organizzare la trattazione delle vicende in unità sufficientemen-
te autonome e compatte. Seguendo anche in questo buona parte degli storici precedenti,
egli dilata lo spazio riservato alla narrazione degli eventi più recenti (su 142 libri, 68
erano riservati ai primi seicento anni della storia di Roma e i restanti 74 trattavano degli
eventi dalla distruzione di Cartagine all’età contemporanea); d’altronde è lo stesso Livio
che nella Praefatio (D Testo 1.1) ci dice che la maggior parte dei suoi lettori manifestava più
interesse al racconto degli avvenimenti contemporanei che a quello delle lontane origini
di Roma.

Le fonti di Livio
Alla base di un’opera storica tanto vasta come quella liviana ci sono indubbiamente molte
fonti. A questo proposito, Livio non consultò fonti primarie (annali dei pontefici, atti uffi-
ciali, testi di leggi e trattati), ma utilizzò opere di storici precedenti (cioè fonti secondarie)
spesso senza nominarle esplicitamente (frequenti sono infatti forme generiche come tradi-
tum est, fertur).
Non manca a Livio la consapevolezza del problema delle fonti e della verifica della loro
esattezza; tuttavia, probabilmente anche per velocizzare la stesura dell’opera, egli scelse
di far riferimento per ogni sezione a una fonte privilegiata, non di rado scelta in base alla
possibilità che questa gli offriva di dare spazio alla drammatizzazione degli eventi o alla
glorificazione della grandezza di Roma. Non mancano però casi in cui lo storico, davanti
a versioni diverse sullo stesso evento, menziona le ipotesi discordanti, senza tuttavia
fare un’attenta analisi critica per ricercare la verità: può esserne un esempio, tra i tanti,
la duplice tradizione sulle ragioni per cui i littori siano stati istituiti in numero di dodici
(1,8 D Testo 1.6).

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Tito Livio

Per la parte arcaica, trattata nella prima decade, la narrazione si appoggia soprattutto sulle
opere di annalisti come Valerio Anziate, Licinio Macro, Fabio Quadrigario ed Elio Tube-
rone (tutti vissuti nel i secolo a.C.), ma anche dei più antichi Fabio Pittore e Cincio Ali-
mento; per la terza decade si servì di Celio Antipatro, Valerio Anziate e dello storico greco
Polibio, fonte per eccellenza anche per la quarta e quinta decade. Per quanto riguarda
le parti dell’opera perdute, si può supporre che Livio abbia utilizzato come fonti le opere
di Silla, Sisenna, Cesare, Sallustio e di Posidonio di Apamea, che aveva continuato l’opera
di Polibio. Inoltre non si può escludere che Livio per l’età arcaica si sia servito anche dei
poemi epici di Nevio ed Ennio, come pure della praetextae di Accio, che facevano ormai
parte del patrimonio collettivo del popolo romano.

Letteratura

Livio e Polibio: questioni gna a essa: egli pensa infatti che la storia deb-
di metodo ba impartire un insegnamento di politica e di
arte militare e che non debba né muovere a
Fra le molte fonti cui Livio attinse vi fu anche lo compassione, suscitando commozione attraver-
storico greco Polibio (200 ca. - 118 a.C. ca.), so il racconto di eventi tragici o di meraviglie inve-
autore di un’opera (Le storie) in 40 libri sulle vicen- rosimili (Storie 2,56), né dare un insegnamento
de di Roma dalla prima alla terza guerra punica di tipo etico. È evidente in queste affermazioni
(dal 264 a.C., ma soprattutto dal 220 fino al 147- la polemica contro Filarco e gli altri esponenti di
146 a.C.): essa costituì per l’opera liviana la fonte quella storiografia «drammatica» di età ellenistica
privilegiata delle vicende relative alla secon- (Timeo, Duride di Samo...) cui invece Livio spesso
da guerra punica e alle guerre in Oriente. si avvicina quando, nella sua narrazione, punta a
Questa dipendenza non deve però farci dimenti- suscitare stupore o commozione, privilegiando le
care la grande diversità tra i due storici sul piano ragioni dell’arte a quelle dell’obiettiva ricostruzio-
metodologico e in relazione al fine che essi at- ne storiografica. Inoltre per Polibio la storia non è
tribuivano al loro lavoro. Livio, nella Praefatio, solo storia di azioni in sé ma anche indagine (e
proclama con forza il suo intento di ricostruzio- qui il modello è ancora Tucidide) dei fattori che
ne della storia di Roma dall’epoca più antica, il le hanno determinate: pertanto egli distingue fra
che comporta l’accettazione di vicende narrate arché (inizio di un evento), aitía (causa pro-
anche da miti e leggende. Giustificano ciò i fini fonda) e prófasis (pretesto) con un rigore che
dichiarati della sua opera: esaltare il glorioso pas- è del tutto estraneo all’opera di Livio. Questa me-
sato di Roma, distogliendo così il popolo romano todologia di indagine e ricostruzione del passato
dalle bassezze morali del presente ed educandolo è, secondo Polibio, il miglior antidoto contro i ri-
all’emulazione dei «grandi» della storia naziona- schi della faziosità, che egli rifiuta dicendo: «Ora
le, veri e propri exempla concreti delle virtutes io posso ammettere che gli storiografi parteggino
contenute nel mos maiorum (D Testo 1.1). Polibio per la loro patria, ma non che per questa ragio-
invece, nel proemio delle Storie, definisce la sua ne dicano il contrario della verità» (Storie 16,14;
opera come pragmatiké (Storie 1,4) cioè rivolta trad. C. Schick). D’altra parte, però, non si può
solo alla narrazione di fatti di ordine politico- negare che il confronto tra alcuni episodi narrati
militare dell’età contemporanea; egli non ha parallelamente dallo storico greco e da quello la-
nessun interesse per le vicende del passato più tino facciano emergere con evidenza la maggio-
antico, né per il mito, né per le genealogie o le re efficacia narrativa di quest’ultimo. Il racconto
fondazioni di città. Per questa scelta «contempo- liviano della traversata delle Alpi da parte di
raneista», Polibio si richiama a Tucidide. Inoltre Annibale (D Testo 2.3, Testo W1, ONLINE), ad
la storiografia pragmatica comporta per Polibio esempio, dipende da Polibio, pur con ulteriori
l’impegno e la necessità di accertare con sicu- integrazioni, ma conferisce all’impresa annibali-
rezza la realtà oggettiva attraverso lo studio ca una grandiosità quasi epica, del tutto assente
accurato delle fonti scritte, l’osservazione nell’asciutto racconto polibiano; grande effetto,
autoptica (cioè fatta con i propri occhi) dei luo- ad esempio, ha sul lettore il discorso che Annibale
ghi e l’esperienza diretta della politica (Storie fa per rincuorare i suoi, stremati dal viaggio: una
12,25). Questa concezione della storia è ovvia- vera e propria micro-orazione, degna di un con-
mente legata anche alla finalità che Polibio asse- dottiero della sua statura.

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Profilo dell’autore

Fedeltà e infedeltà liviane


Livio inoltre non è sempre fedele anche nei confronti degli autori che sceglie di seguire:
ciò è evidente confrontando i passi liviani con l’opera di Polibio, l’unica fonte pervenu-
taci, almeno parzialmente, fra quelle utilizzate dallo storico (D Livio e Polibio: questioni
di metodo, p. 8). Livio non altera in maniera sostanziale il racconto, ma, come sostiene il
critico Luciano Perelli, «omette, specie nei preliminari e nelle conclusioni dei singoli eventi,
particolari di scarso rilievo drammatico, mentre sviluppa con l’uso di procedimenti letterari
e retorici il centro della scena drammatica, soffermandosi sulla psicologia dei personaggi».
Altre volte invece ci sono omissioni o modifiche di natura ideologica in un’ottica ce-
lebrativa della grandezza di Roma, ottenute censurando episodi che avrebbero potuto
mettere i Romani in cattiva luce. Ad esempio, Livio idealizza la figura di Tito Quinzio
Flaminino (D Testo 2.6), il «liberatore» della Grecia, tacendo alcune sue manovre poco
leali; oppure in qualche altro caso (Ab Urbe condita 33,10,5) trascura fatti che lo riguardano,
come l’offerta di resa dei Macedoni durante la battaglia di Cinocefale allo stesso Flamini-
no, che invece li massacrò, secondo la testimonianza di Polibio (Storie 18,26).
Sempre dal confronto con il testo di Polibio si possono notare anche alcuni errori nella
traduzione «derivanti dalla frettolosità o dalla scarsa competenza tecnica dello storico
latino in campo militare» (L. Perelli). In effetti a Livio è stata spesso rimproverata anche la
mancanza di cura documentaria, e non solo in ambito militare. Lo storico, infatti, non mo-
stra particolari interessi etnografici nei confronti dei popoli con cui i Romani erano venuti
in contatto né troppa precisione geografica (ad esempio, il racconto della traversata delle
Alpi è ricco di contraddizioni e di particolari fantasiosi D Testo 2.3); e anche i problemi
costituzionali, sociali ed economici non sono sempre trattati con rigore.
Al contrario, Livio riporta fedelmente leggende e prodigi, con uno scrupolo reverenziale
che egli chiama animus antiquus (43,13) e che gli impedisce di assumere un atteggiamento
scettico o critico. Pertanto, soprattutto nella parte in cui tratta della storia arcaica di Roma,
egli utilizza come fonte anche i racconti mitici e leggendari: ma è proprio il fine laudatorio
e celebrativo nei confronti di Roma a giustificarne l’uso, del quale avvisa preventivamente
il suo lettore (cfr. Praefatio 6-8 D Testo 1.1).

Le idee e i valori di Livio


Pessimismo e moralismo
Il modo migliore per comprendere le finalità dell’opera liviana, il senso che a essa l’au-
tore attribuiva, è partire da alcune considerazioni contenute nell’introduzione generale
dell’opera nella sua Praefatio (D Testo 1.1).
Due elementi della prefazione dell’opera liviana paiono appositamente «costruiti» per cre-
are un forte effetto di contrasto. Si sostiene da un lato che Roma stia vivendo un periodo
di grave decadenza morale, che stia attraversando una crisi che ha tutte le caratteristiche
dell’irreversibilità. D’altro canto, però, si ricorda la grandiosa storia passata del popolo
romano, alla quale hanno ugualmente concorso – ancor più delle probabili origini divine
di Roma – le virtutes e i mores dei suoi cittadini. Impossibile, per chi legge, non avvicinare
queste parole ad altre simili di Sallustio, e ad altre che – un secolo più tardi – scriverà lo
storico Tacito. Vi è dunque una vena pessimistico-moralistica nella storiografia romana,
una tendenza consolidata a contrapporre le miserie del presente alla gloria passata.
Evidenziare il motivo principale di questa decadenza significa denunciare come ai Roma-
ni sia venuto meno il senso di appartenenza a uno Stato, e come essi si siano lasciati tra-
volgere da un’individualistica cupidigia, dal momento che «le ricchezze hanno trascinato
con sé l’avidità, e i soverchi piaceri hanno condotto alla bramosia di rovinarsi e di rovinare
ogni cosa tra il lusso e le libidini» (Praefatio 12; trad. L. Perelli D Testo 1.1): analisi, ancora

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Tito Livio

 Livio seduto al suo scrittoio, codice miniato dell’Ab Urbe condita, xv secolo
(Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana).

una volta, pienamente convergente con quella che


troviamo nelle opere di Sallustio. Siamo dunque da-
vanti a un vero e proprio tópos che è sì storiografico
(e dunque letterario), ma che affonda le sue radici
nella mentalità romana che, nelle sue componenti
più conservatrici, ha sempre guardato alla ricchez-
za (soprattutto se di origine commerciale) come al
peggiore nemico della stabilità sociale e morale di
Roma: si pensi, tra l’altro, alla violenta polemica di
Catone il Censore contro il lusso. Senza dubbio que-
sta componente conservatrice della società romana
era costituita da una parte dell’aristocrazia fondiaria
di rango senatorio, ma anche da famiglie benestanti d’estrazione provinciale culturalmen-
te un po’ chiuse, come era forse quella del padovano Livio.
Nelle opere di Sallustio il pessimismo si configurava soprattutto come denuncia dei mali
presenti, e il genere letterario della monografia sembrava il più adatto per metterli sot-
to un’impietosa «lente d’ingrandimento». La storia Ab Urbe condita di Livio consentiva
invece di superare la semplice fase della denuncia, poiché «questo soprattutto è utile e
salutare nello studio della storia, l’avere davanti agli occhi esempi di ogni genere testimo-
niati da un’illustre tradizione; di qui potrai prendere ciò che devi imitare per il bene tuo e
del tuo Stato, di qui ciò che devi evitare, perché turpe nei moventi e negli effetti» (Praefatio
10; trad. L. Perelli D Testo 1.1).
Alla protesta sallustiana, Livio dunque affianca la proposta di grandi exempla morali, nei
quali i più importanti valori del mos maiorum trovano la loro icastica incarnazione in al-
cuni personaggi: imitandone le virtù ed evitandone i vizi anche i Romani dell’età di Livio,
pur sull’orlo del precipizio, avrebbero potuto ancora salvarsi. Si può dunque affermare
che la storia ha per Livio un preciso valore didattico (D Testi 3.1-5).

Il mos maiorum: il catalogo degli exempla più illustri


Lo storico Santo Mazzarino parlò, a proposito di Livio, di una «storiografia etica», e in ef-
fetti, al di là delle profonde implicazioni politiche, gli exempla sui quali si basa la narrazio-
ne storica liviana hanno soprattutto un fondamento d’ordine morale. Il mos maiorum era
costituito da un mosaico di comportamenti virtuosi, tra i quali la devozione religiosa (pie-
tas), il rispetto per la parola data (fides), la capacità di sopportare le avversità (constantia), la
modestia (frugalitas), la pudicitia, virtù squisitamente femminile, la forza d’animo (fortitudo
animi), oltre a precise competenze di natura politica e militare, necessarie per la difesa
della patria.
Costante è il tentativo liviano di associare, come si diceva, questi valori a precisi per-
sonaggi. Numa Pompilio, vero fondatore della religione romana, diviene così un grande
esempio di pietas (D Testo 1.8); Camillo, dictator nella guerra contro Veio, è un esempio
di fides, così come lo è il tribuno militare Muzio Scevola (D Versione e guida all’analisi,
p. 112) in quella guerra contro l’etrusco Porsenna che vede anche le imprese coraggiose
di Clelia (D Testo 3.3); Lucrezia, suicida per l’oltraggio subìto dal figlio del re Tarquinio
il Superbo, è esempio di pudicitia tanto più fulgido quanto contrapposto alla superbia dei
Tarquini (D Testo 3.2); Menenio Agrippa, che vuole persuadere i plebei ad accordarsi con

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Profilo dell’autore

i patrizi, impersona la concordia (D Testo 3.4); Cincinnato, che depone la dictatura per tor-
nare al lavoro dei campi, è invece esempio di frugalitas (D Testo 3.5); ma l’elenco potrebbe
continuare a lungo. In alcuni casi il modello proposto è collettivo, come quando si esalta lo
spirito di sacrificio delle donne sabine dopo il loro rapimento (D Testo 3.1) o la dedizione
allo Stato di un’intera gens, quella dei Fabi, che si immolò nelle guerre contro i Veienti.
Nel naufragio dell’opera di Livio particolare importanza ha per noi la possibilità di leggere
molti degli eventi di quella che fu forse la pagina più gloriosa della storia militare di Roma:
la seconda guerra punica. Anche qui il racconto assume una forte dimensione esemplare,
poiché l’autore non manca di interpretare la lunga guerra come un confronto tra le virtutes
dei Romani e i vitia dei Cartaginesi. A incarnare le prime fu anzitutto il generale romano
più famoso, Scipione Africano, che viene descritto come ricco di pietas e pronto al rispet-
to della fides anche nei confronti dei nemici. Tutto l’opposto il comandante cartaginese
Annibale, privo di qualunque rispetto per gli dèi e per gli uomini (D Testo 2.2), exemplum
supremo della Punica perfidia. Non manca però anche un certo ammirato rispetto di Livio
per la tenacia con la quale Annibale perpetuò la sua guerra contro Roma, e il racconto del
suo suicidio assume venature eroiche (D Versione e guida all’analisi, pp. 90-91): d’altronde,
l’accentuazione del valore del nemico, era un altro modo di esaltare per contrasto la gloria
di Scipione che l’aveva sconfitto a Zama (D Testo W3, ONLINE).

Aspetti ideologici
Non si deve però pensare a una concezione eroica della storia, intesa come una sorta di
grandi performance individuali, del tutto slegate tra loro. Le gesta dei vari «eroi» varreb-
bero poco se viste al di fuori di una struttura superiore, lo Stato romano, che consente di
finalizzare e conservare nel tempo il frutto di questi atti di eroismo. Il nucleo di quello Sta-
to già esisteva nella piccola comunità al seguito di Enea profugo da Troia e poi nella mo-
desta città di pastori fondata da Romolo, ma esso trovò la sua vera identità in quella Re-
pubblica che i cittadini vollero instaurare nel 510 a.C. dopo essersi liberati dell’insolente e
tirannico potere regio dei Tarquini (D Testo 1.12). Sono infatti le istituzioni repubblicane
l’«arma in più» della potenza di Roma; si tratta di istituzioni che hanno reso i singoli
parte di un tutto, e che hanno impedito – con la rotazione annuale delle magistrature – il
ripetersi della tirannide: neppure Alessandro Magno, in un ipotetico confronto, avrebbe
sconfitto Roma, perché il suo era il valore di un singolo, mentre la forza di Roma era di
natura collettiva.
Dal punto di vista ideologico, l’ottica liviana sembra essere vicina a quella dell’aristocra-
zia senatoria di stampo conservatrice, poiché la libertas («libertà») repubblicana è tale solo
se accompagnata da una diffusa concordia sociale. Livio non manca, infatti, di denunciare
alcuni estremismi delle lotte plebee, e spesso ci dà ritratti negativi dei tribuni della plebe,
a cominciare dai Gracchi, dei quali condanna i rivoluzionari progetti di riforma agraria.
Anche la componente religiosa non può essere
estranea alla grandezza romana, e Livio lo sot-
tolinea più volte nella sua opera. Non solo
ricordando – nella Praefatio (D Testo  1.1) –
la legittimità di credere a miti o leggende
che mescolano, nella fase più antica di
Roma, l’umano con il divino e ricondu-
cono a Marte la genealogia di Romolo.
Ma anche mostrando in diversi episodi
come sia stato importante non ignorare i

 Due monete d’argento che ritraggono la Lupa Capitolina, i secolo a.C.

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Tito Livio

segnali mandati dagli dèi agli uomini: e dichiara, in ciò, di voler rileggere i fatti con l’ot-
tica e la mentalità degli antichi (l’animus antiquus di cui si parla in Ab Urbe condita 43,13),
più attenti all’intervento divino nella storia di quanto non siano i tempi suoi. È presente
dunque in Livio la coscienza di una dimensione provvidenziale della storia, nella quale
il Fato è il supremo garante della grandezza di Roma.
Alla luce delle considerazioni fatte, si può dunque affermare che per Livio il volere divino,
insieme alla superiorità morale e al valore militare del popolo romano, nonché alla bontà
delle istituzioni repubblicane, si configura come uno dei fattori di legittimazione dell’im-
perialismo romano. E, attraverso il racconto liviano, anche le generazioni future capiran-
no così perché Roma, divenuta padrona del mondo, abbia imposto i propri valori agli altri
popoli, compresi quelli di cultura greca che pur vantavano un passato tanto prestigioso
(D Testi 2.6-7). D’altronde anche Virgilio aveva da poco scritto che il compito dei Romani
era regere imperio populos («governare i popoli con ferme leggi», Eneide 6,851), lasciando
agli altri il primato nelle arti e nelle scienze.
L’interpretazione liviana della storia appare dunque tesa a celebrare la grandezza del
passato repubblicano, a esaltare l’eroismo di coloro che praticarono il mos maiorum, a
valorizzare la concordia sociale, a dare il giusto peso alla religione nell’ambito delle di-
namiche storiche. Fu certo questo suo nostalgico conservatorismo filorepubblicano a farlo
chiamare dallo stesso Augusto «pompeiano» e a farne – anche per i secoli successivi – il
cantore indiscusso della res publica Romanorum.
Negli stessi anni in cui Livio scriveva la sua opera, Augusto stava trasformando la Re-
pubblica in un regime autocratico. Eppure il princeps faceva leva sul rispetto formale della
tradizione repubblicana (ad esempio rifiutò la dittatura: cfr. Res gestae divi Augusti 5,1), sul
ripristino del mos maiorum davanti alla palese corruzione dei costumi (promosse tra l’altro
leggi contro il lusso e gli adultèri), sulla ricostruzione della concordia sociale e sulla valo-
rizzazione della religione, divenendo egli stesso pontifex maximus. Vi fu dunque una stra-
ordinaria convergenza tra le parole d’ordine del regime augusteo e le chiavi di lettura
della storia promosse dal «pompeiano» Livio. In realtà «il pompeianismo di un Livio non
doveva essere troppo lontano da quel tanto di pompeianismo che l’erede di Cesare intro-
duceva nella sua idea di potere politico, dei rapporti col senato e con le forme istituzionali
tradizionali, nelle basi stesse del suo principato, e che costituiva un correttivo, di stampo
moderato, alle più radicali concezioni di Cesare» (D. Musti). Tito Livio non fu dunque
una voce «di regime»; fu il regime che comprese, dopo gli anni delle guerre civili, ciò che
i Romani avrebbero voluto sentirsi dire da un capo, e cioè che il ritorno al «buon tempo
antico» (da sempre auspicato dalla storiografia romana) era una cosa possibile.
Come ha scritto lo studioso Robert M. Ogilvie, Livio personalmente «non si [è] mai adat-
tato alla nuova situazione», carico com’era del cupo pessimismo maturato negli anni
Quaranta e Trenta, e «tuttavia non poteva non avvertire la ventata di ottimismo nell’aria
degli anni Venti». In bilico dunque tra pessimismo e ottimismo, egli si avvicinò ad Au-
gusto forse senza condividerne integralmente il progetto politico, ma con l’illusione
che il legame con il passato repubblicano potesse non recidersi del tutto; e se così fu,
insieme con molti altri, covò una speranza destinata a fallire. D’altronde egli «non era un
pensatore, ma solo uno straordinario narratore» (R. M. Ogilvie), era un «letterato, non un
uomo politico».

L’arte di Livio
La celebre definizione ciceroniana di storia come opus oratorium maxime si adatta assai
bene all’opera di Livio, il cui impegno artistico è estremamente visibile, tanto che si è par-
lato di lui anche come exornator rerum («decoratore di avvenimenti»).

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Profilo dell’autore

La narrazione drammatica
Focalizzando la narrazione sui personaggi, con una certa attenzione anche al loro caratte-
re, alla loro psicologia e ai loro ipotetici discorsi, Livio trasforma la storia in una grande
scena teatrale, sulla quale essi si muovono da protagonisti. Ciò indica un influsso della
storiografia drammatica, tragica, di età ellenistica, ma anche una buona conoscenza del
teatro latino, della tragedia in particolare.
Il vivace colore della narrazione liviana presenta anche momenti che la avvicinano alla
poesia epica, cui lo storico è debitore quando fa intervenire gli dèi nelle vicende umane o
quando descrive eroici duelli o scene militari di massa (D testo W2, ONLINE).

Lingua e stile
L’ampiezza dell’opera, la molteplicità e la varietà degli avvenimenti storici portano come
conseguenza naturale una grande varietà stilistica. Quintiliano parlava (Institutio oratoria
10,1,32) di una lactea ubertas, espressione che accomuna l’idea di «copiosità, abbondan-
za» a quella della «fluidità tipica del latte»: tale caratteristica lo allontana decisamente dal-
la prosa nervosa e irregolare del suo grande predecessore Sallustio. Alla brevitas e all’in-
concinnitas sallustiana (pure in qualche caso imitata, come nel celebre ritratto di Annibale
in 21,4,1-10 D Testo 2.2), infatti, egli preferisce un periodare ampio che si avvicina talora,
pur senza raggiungerne i vertici, a quello di Cicerone; altre volte, però, questi suoi sforzi
sintattici producono esiti un po’ faticosi, involuti, specialmente quando tende a sostituire
le subordinate con participi. Non mancano, d’altra parte, momenti nei quali la sua forma
si fa più asciutta e sintetica, in corrispondenza dell’argomento trattato.
In alcuni frangenti sentiti come particolarmente solenni quali, ad esempio, la Praefatio
(D testo 1.1) o il racconto dell’apoteosi di Romolo (D testo 1.7), si assiste a un innalza-
mento stilistico; Livio, quasi volesse dare un colorito poetico di ascendenza virgiliana
alla sua narrazione, fa pertanto uso di figure di suono (ad esempio l’allitterazione: veterem
tum vulgatam esse rem videam, dum novi, Praefatio 2 D Testo 1.1; oppure: cum ad exercitum
recensendum contionem in campo ad Caprae, 1,16,1 D Testo 1.7), né disdegna l’uso di strutture
metriche: il Facturusne operae pretium con cui esordisce (D Testo 1.1) è infatti l’attacco di un
esametro (_ _ / _ /_ / _).
Per quanto concerne la lingua, è piuttosto evidente l’uso di forme arcaiche che, soprattut-
to nella prima decade, tendono probabilmente a evocare avvenimenti lontani nel tempo;
un esempio: la desinenza -ere, arcaica e poetica, per la terza persona plurale del perfetto
indicativo compare nel 70% delle ricorrenze della prima decade, mentre nel resto dell’ope-
ra prevale la forma più recente -erunt. Anche nel lessico, come già si è detto per lo stile, si
rileva una certa coloritura poetica di matrice epica: da Ennio infatti Livio desume parole
come proles, pubes, proceres. Nel complesso, però, la lingua di Livio è quella urbana, pure in
presenza di qualche espressione della lingua collo-
quiale, informale, che contribuisce alla varietà della
scrittura. Ravvisare in ciò gli echi di quella patavini-
tas di cui parlava Asinio Pollione (alludendo forse
più al moralismo provinciale filorepubblicano che
non alle scelte linguistiche di Livio) è impresa per
noi impossibile, per l’oggettiva difficoltà di cogliere
l’eventuale patina di provincialismo che lo allonta-
nerebbe dalla lingua della capitale.

 Roma, Foro romano e Palatino.

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Tito Livio

Indicazioni bibliografiche
Edizioni 1967; A. RONCONI, Livio, poeta della storia, in ID.
Importante è l’edizione critica completa curata da W. (a cura di), Da Lucrezio a Tacito, Firenze, D’Anna,
WEISSENBORN - H. J. MÜLLER - W. HERÄUS - O. 1968; E. PIANEZZOLA, Traduzione e ideologia. Livio
ROSS-BACH, Lipsia, Teubner, dal 1881, in quattro interprete di Polibio, Bologna, Patron, 1969; S. MAZ-
parti, le ultime due ristampate nel 1959; presso la ZARINO, Il pensiero storico classico, III, Roma-Bari,
stessa casa editrice sono poi apparse edizioni più re- Laterza, 1974, pp. 3-131; P. FEDELI, Ideologia e stile: i
centi dei libri XXI-XXV (a cura di T. A. DOREY, 1971- poetismi e gli arcaismi liviani, in «Quaderni di storia»,
76), XXVI-XXX (a cura di P. G. WALSH, 1986-892), III, 1976, pp. 255-83; T. D. LUCE, Livy. The composition
XXXI-XLV (a cura di J. BRISCOE, Stoccarda, 1986-91). of his Histories, Princeton, Princeton University Press,
L’edizione degli Oxford Classical Texts non è com- 1977; A. LA PENNA, Aspetti del pensiero storico latino,
pleta poiché mancano i libri XXXVI-XLV: è a cura di Torino, Einaudi, 1978; L. PERELLI, Livio, in F. DEL-
R. S. CONWAY - C. F. WALTERS - S. K. JOHNSON LA CORTE (a cura di), Dizionario degli scrittori greci
- A. H. MCDONALD, Oxford, Clarendon Press, 1914- e latini, II, Milano, Marzorati, 1990, pp. 1225-50; D.
65, in 5 tomi; del primo è stata fatta una riedizione a MUSTI, Il pensiero storico romano, in AA.VV., Lo spa-
opera di R. M. OGILVIE, Oxford, Clarendon Press, zio letterario di Roma antica, I, Roma, Salerno Editrice,
1974. È incompleta anche l’edizione Les Belles Lettres 1990, pp. 177-240; A. MANZO, Considerazioni sulla
(edita a partire dal 1940). È invece completa l’edizio- Praefatio liviana, in «Aevum antiquum», IV, 1991,
ne della Loeb, Londra - Cambridge Mass., 1919-59, pp. 279-92; R. M. OGILVIE, Livio, in AA.VV., La let-
in 14 volumi, con traduzione inglese, a opera di B. O. teratura latina della Cambridge University, II, Milano,
FOSTER - F. G. MOORE - E. T. SAGE - A. C. SCHLE- Mondadori, 1992, pp. 67-80; G. ZECCHINI, Il pensiero
SINGER. politico romano, Firenze, La Nuova Italia Scientifica,
1997; L. FIOCCHI, Tito Livio e gli storici minori di età
Traduzioni augustea, in I. LANA - E. V. MALTESE (a cura di), Sto-
Traduzioni italiane con testo a fronte sono quelle ria della civiltà letteraria greca e latina, II, Torino, UTET,
curate da L. PERELLI - P. RAMONDETTI - L. FIO- 1998, pp. 741-55; A. Tedeschi, Lo storico in parola:
RE - P. PECCHIURA - A. RONCONI - B. SCARDI- Livio, Scipione l’Africano e le tecniche dell’argomentazio-
GLIA - G. PASCUCCI, Torino, UTET, 1974-81; da C. ne: commento a Livio XXVIII, 43-44, Bari, Edipuglia,
VITALI (13 volumi), Bologna, Zanichelli, 1970-88; da 1998; J. E. Bernard, Le portrait chez Tite-Live: essai
M. Scàndola - B. CEVA - L. CARDINALI, Milano, sur une écriture de l’histoire romaine, Bruxelles, Lato-
Rizzoli, 1963-89 (incompleta); da G. D. MAZZOCA- mus, 2000; J. D. Chaplin, Livy’s Exemplary History,
TO, Roma, Newton Compton, 1997. Oxford, Oxford University Press, 2000; E. Gabba,
Storia e letteratura antica, Bologna, Il Mulino, 2001; B.
Studi Mineo, Tite-Live et l’histoire de Rome, Parigi, Klinck-
P. G. WALSH, Livy. His historical aims and methods, sieck Etudes et Commentaires, 2006; M. MANCA -
Cambridge, Cambridge University Press, 1961; M. F. ROHR VIO, Introduzione alla storiografia romana,
MAZZA, Storia e ideologia in Livio, Roma, Bonanno, Roma, Carocci, 2010.

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I contenuti dell’opera

I CONTENUTI DELL’OPERA
L’Ab Urbe condita
L’opera di Livio, costituita da 142 Celtiberi. Anche all’inizio della terza decade, Livio riflette
libri, è andata in larga parte perdu- sulla sua opera e fa un bilancio degli anni di cui ha già
ta; tuttavia è possibile, grazie alle trattato e dei libri che ha scritto: ciò che resta da scrivere,
cosiddette Periochae, ricostruire pur essendo relativo a un numero di anni inferiore rispet-
almeno le linee essenziali delle vi- to a quelli già trattati, occuperà molto più spazio. Il lavoro
cende narrate nelle singole decadi da svolgere pertanto sarà ancor più impegnativo.
o pentadi. Libri XLI-XLV  (conservati) Conquista della Sardegna e del-
Libri I-V  (conservati) Arrivo di Enea la Corsica e controllo della Spagna e della Gallia Cisalpi-
nel Lazio e fondazione di Roma a na. Vittoria di Lucio Emilio Paolo a Pidna (168 a.C.) sul re
opera dei suoi discendenti; vicende Perseo e sottomissione della Macedonia.
relative all’età monarchica e all’isti-
Libri XLVI-L  (perduti) Conquista della Grecia e situazione
tuzione della Repubblica; lotte fra
in Oriente.
patrizi e plebei; espansione di Roma nell’Italia centrale
fino al sacco di Roma a opera dei Galli nel 390 a.C. Libri LI-LX  (perduti) Vicende di politica interna dalla di-
Libri VI-X  (conservati) Guerre sannitiche dal 389  a.C. al struzione di Cartagine nella terza guerra punica (146
293 a.C. Questa sezione è preceduta da una breve pre- a.C.) alle riforme di Gaio Gracco (121 a.C.).
fazione in cui Livio illustra alcuni aspetti del periodo più Libri LXI-LXX  (perduti) Avvenimenti di politica interna da
antico della storia di Roma e parla delle difficoltà che esso Gaio Gracco alla guerra sociale (90 a.C.).
pone allo storico. Libri LXXI-LXXX  (perduti) Dallo scoppio delle guerre civili a
Libri XI-XX  (perduti) Conquista dell’Italia meridionale Roma fino alla morte di Mario (86 a.C.).
e guerre contro Taranto; prima guerra punica (264-241 Libri LXXXI-XC  (perduti) Guerre civili fino alla morte di Sil-
a.C.). la (78 a.C.).
Libri XXI-XXX  (conservati) Seconda guerra punica dal 219 Libri XCI-C  (perduti) Dall’ascesa di Pompeo fino alla guer-
a.C. alla sconfitta dei Cartaginesi a Zama (202 a.C.); nella ra contro Mitridate (66 a.C.).
prefazione a questa parte Livio sottolinea il carattere stra-
ordinario del conflitto, giudicato da lui il più grande mai Libri CI-CX  (perduti) Dalla vittoria di Pompeo nella guerra
combattuto. contro Mitridate fino all’inizio della guerra civile fra Cesa-
re e Pompeo (49 a.C.).
Libri XXXI-XL  (conservati) Guerre in Oriente; sconfitta di
Filippo V, re di Macedonia, e «liberazione» della Grecia Libri CXI-CXX  (perduti) Dalla morte di Pompeo (48 a.C.)
proclamata da Tito Quinzio Flaminino. Guerre contro An- alla morte di Cicerone (43 a.C.).
tioco III di Siria e contro la Lega etolica. In parallelo si Libri CXXI-CXLII  (perduti) Gli ultimi libri trattavano degli
tratta anche dei conflitti in Occidente contro i Liguri e i eventi contemporanei all’autore.

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Percorsi Antologici

percorso L’«archeologia» di Livio

D opo la Praefatio, vera premessa metodologica (D Testo 1.1), inizia il I libro


dell’opera storica di Livio, relativo all’epoca più antica di Roma. Vi sono
narrate le vicende mitiche della sua fondazione (753 a.C.) e gli eventi della
cosiddetta età monarchica, fino alla cacciata dei re Tarquini che portò all’isti-
tuzione della Repubblica (510 a.C.). Per definire questa narrazione usiamo
di solito il temine «archeologia», dalla parola greca archaiologhía che significa
«discorso sull’antico» e, dunque, «storia antica». Livio accoglie da un lato il
legame della nascita di Roma con le vicende di Enea profugo da Troia che,
in quegli stessi anni, ispiravano l’Eneide di Virgilio: dal figlio di Enea Iulo-
Ascanio, infatti, sarebbe discesa la stirpe dei re di Alba Longa, con la quale
il futuro fondatore di Roma, Romolo, era imparentato (D Testi 1.2-3). D’altro
canto, Livio insiste proprio sulla figura di Romolo (D Testi 1.4-7) e, pur non
negando l’assassinio del fratello Remo (D Testo 1.5), dà del fondatore dell’Ur-
be una coloritura fortemente positiva, fino a suggerirne, invece della morte,
l’ascesa al cielo e quindi la divinizzazione (D Testo 1.7). Enea e Romolo diven-
tano dunque le figure-chiave della tradizione romana, dei veri e propri «miti
nazionali», cari anche alla propaganda politica dell’imperatore Augusto: non
si dimentichi il legame genealogico della gens Iulia proprio con Iulo-Ascanio,
figlio di Enea, e l’esaltazione di Romolo come esempio di forza fisica e morale
fatta da Augusto.
Segue la lista dei sette re, da Romolo a Tarquinio il Superbo, che la tradizione
ha giudicato per lo più leggendari e comunque troppo pochi per coprire un
arco di tempo di oltre duecento anni: non mancano però straordinarie confer-
me di alcuni particolari del racconto liviano da parte della moderna archeo-
logia (D Un luogo, un mito: la Roma quadrata di Romolo, p. 36). Tra questi
re, particolare rilievo ha la figura di Numa Pompilio, il successore di Romolo,
che fu il vero e proprio fondatore della religione romana (D Testi 1.8-11): non
si deve dimenticare, a questo proposito, l’importanza che proprio il regime
augusteo dava in quegli anni al recupero delle pratiche religiose più antiche.
Dopo di lui vi furono Tullo Ostilio, Anco Marzio, Tarquinio Prisco, Servio Tul-
lio e Tarquinio il Superbo, con la cacciata del quale si instaurò la Repubblica
(D Testo 1.12). Livio stesso, nella Praefatio (D Testo 1.1), si era espres-
so per la legittimità, per chi voglia narrare le gesta di Roma, di
ricorrere a vicende leggendarie anche se poco riscontrabili
obiettivamente. Il modo giusto di leggere oggi queste pa-
gine, dunque, non è la razionalizzazione a ogni costo
(nonostante le conferme archeologiche cui si è accen-
nato), ma la consapevolezza che esse vennero scritte
da un lato con finalità di nobilitazione e glorifica-
zione del passato, dall’altro con intenti didattici ed
esemplari.

 Fuga da Troia di Enea che regge il Palladium e con il padre Anchise sulla spalla;
moneta romana, 69 a.C. (Berlino, Staatliche Museen).

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1. L’«archeologia» di Livio

1.1 Il metodo storiografico di Livio (Ab Urbe condita, Praefatio)


Livio antepone alla sua monumentale opera storica un’introduzione tradizionalmente co-
nosciuta come Praefatio, che contiene alcune importanti affermazioni di natura pro-
grammatica. Si tratta di un testo complesso, come spesso lo sono i proemi delle opere
degli storici greci e latini, dove l’autore mette a fuoco l’argomento, il metodo storiografi-
co, la finalità del lavoro. Per quanto concerne quest’ultimo aspetto, emerge con chiarezza
il fine laudativo nei confronti di Roma, che, unito agli intenti didattico-moralistici,
legittima l’uso come fonte anche di racconti leggendari.

1. Facturusne operae pretium sim, si a primordio urbis res populi Romani


perscripserim nec satis scio nec, si sciam, dicere ausim, 2. quippe qui cum
veterem tum volgatam esse rem videam, dum novi semper scriptores aut in rebus
certius aliquid allaturos se aut scribendi arte rudem vetustatem superaturos
credunt. 3. Utcumque erit, iuvabit tamen rerum gestarum memoriae principis
terrarum populi pro virili parte et ipsum consuluisse; et si in tanta scriptorum
turba mea fama in obscuro sit, nobilitate ac magnitudine eorum me qui nomini
officient meo consoler. 4. Res est praeterea et immensi operis, ut quae supra

1. Facturusne … ausim: «Io non so bene né, se anche lo sapes- allaturos (esse) e superaturos (esse) individuano i due momenti
si, oserei dirlo, se io stia per compiere un’opera di valore se fondamentali dell’attività dello storico secondo la tradizione
scrivessi compiutamente la storia del popolo romano dall’ori- romana, seguita anche da Livio: l’accertamento dei fatti stori-
gine della città»; Facturusne operae pretium sim: già Quintiliano ci (rebus) e la loro esposizione retoricamente curata (scribendi
nell’Institutio oratoria (9,4,74) sottolineava l’andamento dattili- arte); arte: si può intendere come ablativo strumentale «con
co dell’esordio dell’opera; Livio si richiama così alla tradizione l’arte» o di limitazione «nell’arte»; rudem vetustatem: nota l’uso
epica e conferisce solennità alla sua opera storica. La struttura dell’astratto per il concreto rudes veteros scriptores; Livio forse
sintattica è particolarmente articolata: infatti il periodo piutto- si riferisce alla tradizione erudita e antiquaria.
sto lungo e complesso si estende per ben due paragrafi, caso
3. Utcumque erit: «Comunque andrà»; proposizione temporale,
unico in tutta la Praefatio. Si evidenziano le due principali tra
da mettere in relazione, per il suo significato, con l’espressione
loro coordinate (nec satis scio nec … dicere ausim), la seconda
facturusne operae praetium sim. Nota il chiasmo con iuvabit tamen.
delle quali, con la forma arcaica del congiuntivo perfetto po-
– iuvabit … consuluisse: costruisci tamen iuvabit et (me) ipsum
tenziale (ausim per ausus sim), è un’apodosi di periodo ipoteti-
consuluisse memoriae rerum gestarum populi principis terrarum pro
co della possibilità la cui protasi è si sciam; da entrambe dipen-
virili parte, «tuttavia mi darà soddisfazione aver contribuito
de l’interrogativa indiretta (facturusne … sim), introdotta dal
anch’io al ricordo delle imprese del più grande popolo della Ter-
-ne enclitico, con la perifrastica attiva per esprimere l’idea di
ra, per quanto umanamente possibile»; iuvabit: indica la ragione
imminenza, che a sua volta costituisce l’apodosi di un perio-
per cui vale la pena per l’autore scrivere l’opera e regge l’infini-
do ipotetico della possibilità di cui si perscripserim è la protasi;
operae pretium: lett. «il valore della fatica»; l’espressione indica tiva et (me) ipsum consuluisse; memoriae: è dativo retto da consulo
un’opera il cui risultato valga la fatica ed esprime la coscienza e regge il genitivo rerum gestarum, che regge e sua volta l’ultimo
dell’autore delle difficoltà che dovrà affrontare; a primordio ur- genitivo populi con l’attributo principis nel senso de «il primo, il
bis: si tratta di un periodo storico pittosto ampio, considerando più grande»; pro virili parte: lett. «per la parte che mi tocca come
la data fissata da Varrone per la fondazione di Roma nel 753 uomo», formula restrittiva; si tratta di un’espressione giuridica.
a.C.; l’espressione contiene un riferimento al programma e al – et si … consoler: «e qualora in una tanto grande folla di storici
titolo dell’opera; perscripserim: il congiuntivo perfetto è da con- la mia fama resti in ombra, mi consolerei con la nobiltà e la gran-
siderarsi anteriore rispetto alla perifrastica (lett. «se avrò scrit- dezza di coloro che oscureranno il mio nome»; si … in obscuro
to»); la preposizione intensiva per- dà l’idea della lunga durata sit: è protasi di periodo ipotetico della possibilità, la cui protasi
del periodo storico affrontato da Livio. è me … consoler con forte iperbato; in obscuro: è aggettivo neutro
sostantivato; nobilitate ac magnitudine: sono ablativi strumentali
2. quippe qui … videam: «poiché vedo che la materia è sia
retti da consoler; Livio esprime il rispetto e l’ammirazione per gli
antica sia molto trattata»; nota l’allitterazione veterem … vol-
storici che l’hanno preceduto non solo per i loro meriti letterari,
gatam … videam e la forma arcaizzante volgatam per vulgatam;
ma anche per la nobiltà della loro origine; qui … officient: la rela-
quippe qui: proposizione relativa causale retta dal precedente
nec dicere ausim; cum … tum: sono correlativi. – dum: «mentre», tiva ripropone l’espressione giuridica luminibus officere, «togliere
introduce una temporale. – novi semper scriptores: «storici la luce», che regge il dativo meo nomini in iperbato.
di volta in volta recenti»; rerum scriptor è il termine con cui in 4. Res … immensi operis: «Inoltre è un argomento di immensa
latino si indica lo storico. – aut … superaturos: «o di portare portata»; praeterea: è la seconda ragione, oltre al gran numero
qualche elemento più sicuro nella narrazione dei fatti o di su- degli scrittori, per cui Livio è titubante di fronte all’impresa che
perare nell’arte dello scrivere la rozza antichità»; le due infi- si accinge a compiere; immensi operis: è genitivo di qualità. – ut
nitive disgiuntive sono introdotte da credunt; gli infiniti futuri quae: «poiché»; introduce una subordinata relativa causale col

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Percorsi Antologici

septingentesimum annum repetatur et quae ab exiguis profecta initiis eo


creverit ut iam magnitudine laboret sua; et legentium plerisque haud dubito
quin primae origines proximaque originibus minus praebitura voluptatis sint
festinantibus ad haec nova, quibus iam pridem praevalentis populi vires se
ipsae conficiunt; 5. ego contra hoc quoque laboris praemium petam, ut me a
conspectu malorum quae nostra tot per annos vidit aetas, tantisper certe dum
prisca illa tota mente repeto, avertam, omnis expers curae quae scribentis
animum, etsi non flectere a vero, sollicitum tamen efficere posset. 6. Quae ante
conditam condendamve urbem poeticis magis decora fabulis quam incorruptis
rerum gestarum monumentis traduntur, ea nec adfirmare nec refellere in animo
est. 7. Datur haec venia antiquitati, ut miscendo humana divinis primordia
urbium augustiora faciat; et si cui populo licere oportet consecrare origines suas

congiuntivo presente repetatur (da repeto), «risale», e il cui sog- infatti, ha valore prolettico rispetto alla successiva completiva
getto è res. – supra septingentesimum annum: «a più di sette- epesegetica introdotta da ut. – ut … avertam: «di distogliermi
cento anni fa», secondo la tradizione che fissa la fondazione di dalla vista delle disgrazie che la nostra generazione ha visto per
Roma al 753 a.C. – et quae: coordinata alla precedente relativa tanti anni, almeno finché mi rivolgo con tutto l’animo a quegli
causale, ha il verbo al congiuntivo perfetto creverit (da cresco), antichi avvenimenti»; ut: introduce la completiva, anticipata
«è cresciuta». – ab exiguis … initiis: «partita da modesti inizi»; dall’hoc prolettico, col congiuntivo presente avertam; il pronome
exiguis … initiis: in iperbato è ablativo di moto da luogo; profecta: me è enfaticamente in apertura di periodo e indica il desiderio di
è participio perfetto di proficiscor congiunto a res. – ut iam … pace di Livio condiviso dalla sua generazione, funestata dalle
sua: «che ormai si trova in difficoltà per la sua grandezza»; cor- guerre civili (malorum); tot per annos: anastrofe della preposizio-
relativo del precedente eo, «a tal punto», introduce una conse- ne; dum: la congiunzione temporale è costruita con l’indicativo
cutiva con il congiuntivo presente laboret, da laboro, che regge presente; prisca illa: è logicamente contrapposto a haec nova del
l’ablativo di causa magnitudine … sua in iperbato; Livio ritiene paragrafo precedente. – omnis expers curae: «lontano da ogni
che l’estensione raggiunta dall’impero romano possa costituire preoccupazione»; osserva l’iperbato di omnis curae. – quae …
una minaccia per la sua stessa stabilità e abbia contribuito a de- posset: «che possa, se non distrarre dalla verità, tuttavia rende-
terminare la crisi che ha portato alla fine delle Repubblica. – et re meno sereno l’animo di chi scrive»; la relativa al congiuntivo
legentium … sint: costruisci et haud dubito quin primae origines regge le due infinitive etsi non flectere a vero, «se non distoglier dal
et proxima originibus praebitura sint minus voluptatis plerisque vero», e sollicitum tamen efficere, «tuttavia rendere turbata»; scri-
legentium, «e non dubito che le prime origini e gli avvenimenti bentis: participio sostantivato. Livio sta dicendo che l’obiettività
a esse più vicini susciteranno meno piacere alla maggior parte è più difficile da conseguire quando ci si occupa di fatti recenti.
dei lettori»; legentium: genitivo partitivo retto da plerisque; haud 6. Quae: «I racconti che»; il relativo prolettico di ea va con
dubito quin: introduce una completiva al congiuntivo (praebitura l’indicativo traduntur, «sono tramandati», uno dei verbi tec-
sint) secondo la consecutio temporum; praebitura sint: è concor- nici della produzione storica. – ante conditam condendamve
dato con proxima, aggettivo neutro plurale sostantivato; minus: urbem: «prima della fondazione della città o nel momento
seguito dal genitivo partitivo voluptatis, costituisce l’oggetto di stesso della fondazione»; si tratta delle vicende con le quali Li-
praebitura sint. – festinantibus: «poiché hanno fretta di giunge- vio inizia la sua narrazione (D Testi 1.2-5); il participio perfetto
re»; participio congiunto con valore causale, concordato con il conditam (da condo) fa riferimento ai fatti più remoti, mentre
dativo plerisque che regge il genitivo partitivo legentium o, se- il gerundivo condendam (si noti il poliptoto), anch’esso retto
condo altra interpretazione, ablativo assoluto con un soggetto da ante, rimanda al momento della fondazione. – magis deco-
ricavabile dal precedente plerisque (legentium). – ad haec nova: ra: «più conformi a», regge il dativo poeticis fabulis, «racconti
«a questi avvenimenti recenti»; Livio pensa che gli avvenimenti poetici», presumibilmente la poesia epica. – incorruptis …
più recenti suscitino maggiormente l’interesse dei lettori. – qui- monumentis: «sicure fonti storiche», è il secondo termine di
bus … conficiunt: «a causa dei quali le forze del popolo già da paragone anch’esso in dativo. – ea nec adfirmare … est: «non
tempo dominante vanno esaurendosi»; quibus: Livio probabil- ho intenzione né di confermarli né di respingerli»; ea: richiama
mente intende riferirsi alle guerre civili che hanno contribuito il prolettico quae; gli infiniti sono retti dall’espressione in animo
alla decandenza di Roma; praevalentis: participio presente da est, «ho intenzione»; Livio sospende il giudizio rispetto alle
praevaleo, è attributivo di populi (con il quale forma un nesso leggende sulle origini remote dei Romani che erano in quegli
allitterante), che funge da genitivo di specificazione del sogget- stessi anni celebrate nell’Eneide di Virgilio.
to vires; ancora un’osservazione (cfr. il precedente laboret) sulla 7. Datur … faciat: «È concessa questa licenza all’età antica, di
decadenza presente segnata dalla corruzione morale rispetto al rendere più nobili le origini delle città mescolando l’umano col
passato glorioso, secondo un topos ricorrente nella storiografia divino»; haec venia: prolettico della completiva epesegetica ut
romana e particolarmente in Sallustio. … faciat con oggetto primordia (= origines) e predicativo dell’og-
5. ego contra … petam: «Io invece cercherò anche questa ricom- getto augustiora; miscendo: è un gerundio con valore strumen-
pensa per la mia fatica»; la prima ricompensa (par. 3 consoler tale; humana divinis: la mescolanza di questi due elementi è
…) era quella di essere inserito nel numero dei grandi storici, propria della mitologia cui si fa poi riferimento. – et si … suas:
la seconda, evidenziata dalla forte contrapposizione (ego contra) «e se a qualche popolo è opportuno concedere di divinizzare
e dal quoque con valore rafforzativo, è indicata subito dopo; hoc, le proprie origini»; cui: sta per alicui; protasi di periodo ipote-

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1. L’«archeologia» di Livio

et ad deos referre auctores, ea belli gloria est populo


Romano ut, cum suum conditorisque sui parentem
Martem potissimum ferat, tam et hoc gentes humanae
patiantur aequo animo quam imperium patiuntur. 8.
Sed haec et his similia, utcumque animadversa aut
existimata erunt, haud in magno equidem ponam
discrimine: 9. ad illa mihi pro se quisque acriter
intendat animum, quae vita, qui mores fuerint, per quos
viros quibusque artibus domi militiaeque et partum
et auctum imperium sit; labente deinde paulatim
disciplina velut desidentes primo mores sequatur
animo, deinde ut magis magisque lapsi sint, tum ire
coeperint praecipites, donec ad haec tempora quibus nec
vitia nostra nec remedia pati possumus perventum est.

 Gruppo di Marte e Venere, ii sec. d.C. (Roma, Museo Nazionale Romano,


Terme di Diocleziano).

tico della realtà la cui apodosi è ea gloria est; Livio ritiene che una tendenza propria della storiografia romana. Infatti, par-
un popolo potente come quello romano si possa permettere di tendo da una visione pessimistica, condivisa dagli storiografi
nobilitare le proprie origini per giustificare la grandezza rag- antichi, che vede nella storia una decadenza morale del po-
giunta. – et ad deos … auctores: «e di ricorrere agli dèi come polo, Livio intende indagarne le cause per poter suggerire un
fondatori»; è sottinteso il complemento oggetto origines suas modello ideale cui conformarsi per recuperare l’antica gran-
desumibile dalla precedente infinitiva; auctores: è predicativo dezza. – per quos viros quibusque artibus: «con quali uomini
di deos. – ea … Romano: «il popolo romano ha una tale gloria e con quali virtù»; il complemento di mezzo è costruito con
militare», costruzione del dativo di possesso. – ut: correlativo per + accusativo per la persona e con l’ablativo per la cosa.
di ea, introduce una consecutiva col congiuntivo presente pa- – labente … disciplina: «col venir meno a poco a poco del ri-
tiantur in poliptoto con il successivo patiuntur. – cum … ferat: gore morale»; ablativo assoluto con valore causale che regge le
«quando vanta soprattutto Marte come padre suo e del suo proposizioni successive, nelle quali si scandisce la decadenza
fondatore»; cum + congiuntivo ha valore temporale e ha come morale della società romana; osserva l’uso di disciplina, termi-
soggetto sottinteso populus Romanus, ricavabile dalla proposi- ne proprio dell’ambito militare, in ambito morale; l’accosta-
zione precedente; potissimum: superlativo di potis con valore mento testimonia la prospettiva moralistica della storiografia
avverbiale; Livio fornisce un esempio delle poeticae fabulae ci- romana, e dunque anche liviana, che fa dipendere i successi
tate precedentemente (par. 6). – et hoc: «anche questo», cioè politico-militari di Roma dall’integrità del mos maiorum, e la
il fatto che si dichiarino discendenti da Marte come spiegato decadenza di Roma dalla degenerazione dei mores degli ante-
nell’inciso; et = etiam. – gentes humanae: «tutti gli altri popo- nati. – velut … praecipites: «consideri come i costumi, dappri-
li», contrapposti al populus Romanus. – aequo animo: «di buon ma rilassati, poi siano andati sempre più corrompendosi e in-
grado». – quam … patiuntur: «tanto quanto (ne) sopportano il fine abbiano cominciato a cadere a precipizio»; sequatur animo:
dominio»; quam: è correlativo di et hoc e introduce la proposi- col congiuntivo esortativo sul modello del precedente intendat
zione comparativa. animum, di cui si ripropone, sottinteso, il soggetto quisque, reg-
ge in climax ascendente, evidenziata dagli avverbi temporali
8. Sed haec et his similia: «Ma questi e altri simili racconti»;
(primo … deinde … tum), il complemento oggetto con participio
si noti il poliptoto haec … his; haec e simila: sono oggetto di
attributivo (desidentes … mores), poi con variatio le due inter-
ponam. – utcumque … erunt: «comunque saranno considerati
rogative indirette ut … lapsi sint e (ut) ire coeperint praecipites.
e valutati». – in magno … discrimine: «non le terrò in gran
I verbi desideo, labor ed eo praecipites costituiscono una climax;
considerazione»; in magno … discrimine: iperbato.
ut: poetismo per quomodo; lapsi sint: congiuntivo perfetto da
9. ad illa … intendat animum: «per quanto mi riguarda, cia- labor, che forma poliptoto con il precedente labente. – donec
scuno secondo le proprie possibilità, rivolga attentamente … perventum est: «finché si è giunti a questi tempi presenti
l’animo a queste cose»; ad illa: è prolettico rispetto alle suc- in cui non possiamo sopportare né i nostri vizi né i rimedi (ad
cessive interrogative indirette nelle quali Livio espone i temi essi)»; donec: introduce una proposizione temporale; osserva
che intende proporre ai lettori; mihi: «per quanto mi riguar- l’allitterazione finale in p (pati possum perventum) che chiude
da», dativo etico; l’avverbio acriter è rafforzativo di intendat, solennemente l’ampia prospettiva storica e della degenera-
congiuntivo presente da intendo, con valore esortativo. – quae zione morale che si articola tra haec tempora e, in contrapposi-
vita: «quale stile di vita ci sia stato», è sottinteso fuerit. – qui zione, illa di inizio paragrafo, a evidenziare la distanza fra gli
mores: osserva il poliptoto dell’aggettivo interrogativo (quae antichi e i contemporanei; remedia: si fa riferimento alle leggi
… qui … per quos); nota come l’analisi della storia del popolo moralizzatrici volute da Augusto, che tuttavia ebbero scarso
romano non tenda a una rigorosa e oggettiva ricostruzione de- successo e poca popolarità; perventum est: indicativo perfetto
gli avvenimenti, ma abbia una patina di moralismo, secondo passivo con valore impersonale di pervenio.

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Percorsi Antologici

10. Hoc illud est praecipue in cognitione rerum salubre ac frugiferum, omnis te
exempli documenta in inlustri posita monumento intueri: inde tibi tuaeque rei
publicae quod imitere capias, inde foedum inceptu foedum exitu quod vites.
11. Ceterum aut me amor negotii suscepti fallit, aut nulla umquam res publica
nec maior nec sanctior nec bonis exemplis ditior fuit, nec in quam civitatem
tam serae avaritia luxuriaque immigraverint, nec ubi tantus ac tam diu
paupertati ac parsimoniae honos fuerit: 12. adeo quanto rerum minus, tanto
minus cupiditatis erat. Nuper divitiae avaritiam et abundantes voluptates
desiderium per luxum atque libidinem pereundi perdendique omnia invexere.

nota il parallelismo della costruzione e l’antitesi del significato;


foedum: i due aggettivi sono predicativi di quod; inceptu e exitu:
supini passivi di incipio ed exeo; è dunque riproposta la tradi-
zionale concezione della storia magistra vitae.
11. Ceterum: «Del resto», formula di passaggio. – aut … aut:
introducono due coordinate disgiuntive, l’una alternativa
all’altra. – me … fallit: «mi inganna l’amore per l’opera che ho
intrapreso»; negotii suscepti: genitivo oggettivo, participio per-
fetto da suscipio; me … fallit: «mi inganna», costruzione perso-
nale con l’accusativo della persona. – aut nulla … fuit: «oppure
né ci fu mai uno Stato più grande, né più santo, né più ricco
di buoni esempi»; l’anafora della congiunzione nec evidenzia
in una sorta di climax le ragioni della grandezza di Roma: la
grandezza d’animo, il corretto rapporto con la divinità e infine
l’esemplarità dei comportamenti; bonis exemplis: ablativo di ab-
bondanza retto dall’aggettivo divis al grado comparativo. Nota
l’omoteleuto maior … sanctior … ditior. – nec … fuerit: «né vi fu
mai città in cui tanto tardi siano entrate l’avidità e l’amore per
il lusso, né dove in così grande misura e così a lungo ci sia stato
 Rilievo con apoteosi di Augusto, prima metà del i secolo d.C. rispetto per la povertà e la parsimonia»; nec … nec: ancora due
(Ravenna, Museo Nazionale). congiunzioni negative correlate per esprimere il rapporto con i
beni materiali secondo le coppie antitetiche avaritia luxuriaque.
I termini avaritia e luxuria sono un nesso ricorrente anche nella
10. Hoc … frugiferum: «Questo è soprattutto salutare e utile storiografia sallustiana a indicare i mali che avevano causato la
nella conoscenza della storia»; Hoc … est: lett. «questo è quello profonda corruzione dei costumi di cui la congiura di Catilina
che (è)», espressione prolettica rispetto all’infinitiva soggettiva fu espressione; in quam civitatem: attrazione del sostantivo civi-
seguente. – omnis … intueri: costruisci te intueri documenta om- tas dalla principale alla relativa; corrisponde a civitas in quam;
nis exempli posita in inlustri monumento, «il fatto di aver sotto gli nota la variatio con il successivo ubi; serae: predicativo del sog-
occhi insegnamenti di ogni tipo conservati in un’illustre tradi- getto, concorda al plurale con avaritia luxuriaque, è da rendere
zione»; te: l’uso della seconda persona, normalmente generica, avverbialmente con «tardi»; immigraverint: «siano giunte», il
rimanda qui più esplicitamente al lettore che trae insegnamen- congiuntivo perfetto è dovuto alla presenza della relativa im-
to dalla lettura dell’opera storica; omnis … exempli documenta: propria con valore consecutivo; ubi: «dove», «in cui»; l’avverbio
sono insegnamenti forniti, secondo la modalità pragmatica è una variatio di in quam e introduce una seconda relativa im-
romana, con esempi tramandati; omnis … exempli: è genitivo propria con valore consecutivo col congiuntivo perfetto fuerit;
di qualità; in inlustri … monumento: la tradizione storiografi- paupertati … fuerit: costruzione del dativo di possesso; nota l’en-
ca; osserva l’elegante doppio iperbato incrociato documenta … fasi attribuita dall’allitterazione paupertati ac parsimoniae.
posita e in inlustri … monumento che evidenzia il senso stesso 12. adeo … erat: «a tal punto quanto meno erano le ricchezze
della storiografia liviana, perpetuare il mos maiorum attraverso tanto meno ce n’era desiderio»; rerum e cupiditatis: sono ge-
exempla. – inde tibi … capias: «da lì potrai trarre ciò che sia da nitivi partitivi retti da minus, con disposizione chiastica; la
imitare per te e per il tuo Stato»; inde: «da lì», cioè dalle memo- comparazione introduce l’ultimo paragrafo sull’esaltazione
rie; tibi tuaeque rei pubblicae: osserva l’inscindibile binomio del dell’antica frugalitas romana, che lo stesso Augusto aveva cer-
dativo di vantaggio allitterante a evidenziare, secondo la men- cato, con poco successo, di ripristinare con leggi contro il lusso
talità romana, che non c’è utile individuale disgiunto da quello dei privati. – Nuper: «Da poco», l’avverbio di tempo introduce
pubblico; quod imitere: relativa impropria col congiuntivo con il confronto con la decadenza presente; tuttavia sembra lascia-
valore consecutivo; imiteˉre per imiteˉris; capias: è un congiuntivo re speranza il fatto che essa sia piuttosto recente e dunque non
potenziale nel presente. – inde foedum … vites: «da lì ciò che ancora irrimediabile. – divitiae … invexere: costruisci divitiae
sia da evitare, in quanto vergognoso da iniziare e vergognoso invexerunt avaritiam et abundantes voluptates (invexerunt) deside-
da portare a compimento»; è riproposta la struttura sintattica rium pereundi perdendique omnia per luxum atque libidinem, «le
precedente retta per zeugma da capias con relativa impropria; ricchezze hanno introdotto l’avidità e l’abbondanza dei piace-

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1. L’«archeologia» di Livio

Sed querellae, ne tum quidem gratae futurae, cum forsitan necessariae erunt, ab
initio certe tantae ordiendae rei absint: 13. cum bonis potius ominibus votisque
et precationibus deorum dearumque, si, ut poetis, nobis quoque mos esset,
libentius inciperemus, ut orsis tantum operis successus prosperos darent.

ri (ha introdotto) il desiderio di rovinarsi e dissipare ogni cosa 13. cum … inciperemus: «piuttosto cominceremmo più vo-
attraverso il lusso e la sfrenatezza»; divitiae e voluptates, rese lentieri con buoni presagi e voti e con suppliche agli dèi e alle
disponibili a Roma grazie alle conquiste, sono considerate la dee, se anche noi (storici) come i poeti avessimo quest’uso»,
causa materiale della corruzione morale, secondo un topos già periodo ipotetico dell’irrealtà; ut poetis: era normale che i com-
ampiamente impiegato in Sallustio; per luxum atque libidinem: ponimenti poetici di un certo impegno iniziassero con la tradi-
Nota l’allitterazione che enfatizza i due termini; pereudi perden- zionale invocazione alle Muse; nobis … mos esset: costruzione
dique: genitivi del gerundio in dipendenza da desiderium, sono del dativo di possesso. – ut orsis … darent: «che concedano
legati da allitterazione e paronomasia. – Sed querellae … ab- felice successo a chi ha cominciato un’impresa tanto importan-
sint: «Ma i lamenti, che non saranno graditi nemmeno allora, te»; orsis: participio perfetto di orior, attributivo di nobis (plu-
quando forse saranno necessari, stiano lontani dall’inizio di rale di modestia) sottinteso; operis: genitivo partitivo retto da
un’impresa tanto grande»; ne … quidem: «neppure»; futurae: tantum; l’intero periodo costituisce una preterizione, perché
participio futuro del verbo sum, attributivo del soggetto; cum: Livio, mentre sostiene di non potersi comportare come i poeti,
correlativo del precedente tum, introduce una temporale; for- lo fa. La Praefatio, che si era aperta solennemente, si chiude
sitan: generalmente con congiuntivo, ma qui più liberamente con l’invocazione e la supplica agli dèi e alle dee (stilemi tipici
con l’indicativo futuro; ab initio … oriendae rei: la costruzio- del poema epico); la storia di Livio si pone dunque sul piano
ne col gerundivo retto da initio sta, pleonasticamente, per ab dei grandi poemi epici che tramandano e fondano l’identità
orienda re; absint: congiuntivo esortativo. di un popolo.

Analisi del testo


I temi e le idee
Il testo, assai complesso, propone alcuni importanti elementi tematici.
L’autore esprime (parr. 1-3) la coscienza della difficoltà della sua impresa, dovuta
alla mole della materia da trattare (oltre 700 anni di storia: Varrone aveva infatti
stabilito la fondazione di Roma nel 753 a.C.) e all’importanza delle gesta del popolo
romano. Manifesta inoltre il timore della propria inadeguatezza nel confronto con
la precedente tradizione storiografica.
Livio constata poi (parr. 4-5), e ribadirà più volte, la decadenza del popolo romano,
la cui attuale corruzione dei costumi è tanto più evidente se confrontata con il suo
fulgido passato. La contrapposizione tra un passato glorioso e le bassezze e i mali
del presente (con malorum quae ... aetas Livio allude alle guerre civili che hanno an-
gustiato Roma durante buona parte del i secolo a.C.) è un topos caro alla tradizione
storiografica romana, e soprattutto a Sallustio.
Si ha quindi (parr. 6-8) una chiara e onesta dichiarazione dell’intenzione di ricor-
rere, come fonti per la ricostruzione delle epoche più antiche, anche a racconti leg-
gendari e mitologici (presenti soprattutto nella cosiddetta «archeologia» D Testi
1.1-12) dove umano e divino si mescolano: è la gloria stessa del popolo romano,
guadagnata soprattutto con le imprese militari, a legittimare il fatto che si possano
ricondurre le sue origini a una genealogia divina. Ciò non toglie che l’attenzione
precipua dello storico debba rivolgersi a una ricostruzione seria delle condizioni
di vita, dei costumi, dei mezzi di accrescimento dell’impero e dei motivi della
sua attuale crisi e decadenza.
L’autore (par. 9) riprende e amplia il discorso sulla decadenza dei costumi. Al di là
del tono genericamente pessimistico, caro alla storiografia romana, qui Livio allude
forse agli scarsi esiti della legislazione moralistica augustea (leggi contro il lusso,
contro gli adultèri, a favore della religione tradizionale...).

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Percorsi Antologici

Livio (parr. 10-13) pone grande attenzione a definire chiaramente personaggi o si-
tuazioni come exempla («esempi») positivi o negativi, nel solco della tradizione
del mos maiorum; chi legge deve dunque essere guidato a interpretare il passato,
perché possa ricavarne insegnamenti morali utili per sé e per lo Stato; è chiara,
alla luce di ciò, la funzione didattica della storiografia.

La lingua e lo stile
Lo stile della Praefatio è decisamente elevato e l’ini-
zio Facturusne ... sim ricalca addirittura lo schema
metrico dell’esametro, il verso della poesia epica:
d’altronde, conformemente alle dottrine retoriche
antiche, la narrazione liviana intende essere un
opus oratorium maxime, cioè un’opera «prima di
tutto letteraria».
Sul versante lessicale, questo testo contiene alcu-
ne tra le parole-chiave della tradizione moralistica
della storiografia romana; particolarmente forti ai
paragrafi 11-12 gli echi sallustiani, tramite l’uso di
parole come avaritia, luxuria, cupiditas, voluptas,
luxus, libido, atte a indicare la decadenza etica del
popolo romano.

 Due giovani amici giocano a dadi; affresco pompeiano,


i secolo d.C. (Napoli, Museo Archeologico Nazionale).

1.2 La «piccola Eneide» (Ab Urbe condita 1,1-2)


La narrazione storica liviana si apre chiarendo il legame delle vicende dell’Italia antica con
quelle della guerra di Troia. Due eroi troiani, infatti, giungono in Italia profughi dalla loro
patria: Antenore, fondatore di Padova (città natale di Livio, che così viene omaggiata),
ed Enea. Quest’ultimo arriva nel Lazio, vince il re degli Aborigeni Latino (o si accorda con
lui), ne sposa la figlia Lavinia dalla quale nascerà il figlio Ascanio, e fonda una città detta
Lavinio in onore della moglie. Le lotte successive sono contro Turno, promesso sposo di
Lavinia, e contro il suo alleato, l’etrusco Mezenzio; alla sua morte, Enea viene divinizzato.
Vi sono, senza dubbio, differenze con il racconto dell’Eneide di Virgilio, dove Iulo-
Ascanio è figlio del matrimonio troiano di Enea e Creusa (è però vero che anche Livio si
pone il problema di chi fosse realmente la madre del giovane), e dove le lotte tra Enea e i
popoli italici sono descritte in modo più cruento, mentre Livio insiste sul processo di fusio-
ne tra genti diverse. In entrambe le opere, però, è forte il tentativo di legare il mito delle
origini di Roma alla stirpe troiana, alla quale la gens Iulia di Ottaviano Augusto
affermava di appartenere.

1,1. Iam primum omnium satis constat Troia capta in ceteros saevitum esse
Troianos, duobus, Aeneae Antenorique, et vetusti iure hospitii et quia pacis
reddendaeque Helenae semper auctores fuerant, omne ius belli Achivos

1,1. Iam primum omnium: «Anzitutto»; Livio dà inizio, dopo impersonale constat regge le due infinitive saevitum esse e absti-
la parte introduttiva, alla narrazione vera e propria; omnium: nuisse. – Troia capta: ablativo assoluto con valore temporale.
genitivo partitivo con sottinteso rerum. Livio usa spesso, an- – in ceteros … abstinuisse: «si infierì contro gli altri Troiani,
che nei casi obliqui, gli aggettivi sostantivati senza res. – satis ma che nei riguardi di due, Enea e Antenore, sia per un antico
constat: «è generalmente noto che»; la principale con il verbo legame di ospitalità, sia perché essi erano sempre stati fautori

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1. L’«archeologia» di Livio

abstinuisse; 2. casibus deinde variis Antenorem cum multitudine Enetum,


qui seditione ex Paphlagonia pulsi et sedes et ducem rege Pylaemene ad
Troiam amisso quaerebant, venisse in intimum maris Hadriatici sinum, 3.
Euganeisque qui inter mare Alpesque incolebant pulsis Enetos Troianosque
eas tenuisse terras. Et in quem primo egressi sunt locum Troia vocatur
pagoque inde Troiano nomen est: gens universa Veneti appellati. 4. Aeneam
ab simili clade domo profugum sed ad maiora rerum initia ducentibus
fatis, primo in Macedoniam venisse, inde in Siciliam quaerentem sedes
delatum, ab Sicilia classe ad Laurentem agrum tenuisse. Troia et huic loco
nomen est. 5. Ibi egressi Troiani, ut quibus ab immenso prope errore nihil
praeter arma et naves superesset, cum praedam ex agris agerent, Latinus

della pace e della restituzione di Elena, gli Achei si astennero le terre»; Euganeisque … pulsis: ablativo assoluto; gli Euganei
da ogni diritto di guerra»; in ceteros … Troianos: lett. «contro i erano una popolazione di origine retica che abitava fra il mare
rimanenti Troiani»; l’uso di ceteri anticipa quanto Livio afferma Adriatico, le Alpi e il fiume Adige; spinti da altre popolazioni,
dopo: infatti sono gli «altri» rispetto ai due ai quali venne riser- si insediarono nell’area fra il lago di Como e l’Adige; qui …
vato un trattamento diverso; saevitum esse: infinitiva soggetti- incolebant: proposizione relativa propria; Enetos … terras: pro-
va, retta da constat, verbo impersonale; duobus: è dativo di van- posizione infinitiva soggettiva sempre retta da satis constat. –
taggio; la frase si apre con un forte asindeto avversativo; Aeneae Et in quem … locum: «E il luogo in cui per in un primo tem-
Antenorique: Livio presenta subito all’inizio della sua opera An- po sbarcarono»; in quem … locum = locus in quem, prolessi del
tenore, leggendario fondatore di Padova (sua città natale), ed relativo. – Troia vocatur … nomen est: «è chiamato Troia e in
Enea; iure: ablativo di causa; il vincolo di ospitalità di cui Livio seguito a ciò il territorio è detto Troiano»; pagoque … nomen est:
parla è riconducibile al fatto raccontato da Omero nell’Iliade dativo di possesso; Troiano è predicativo di nomen concordato
(3,203): Menelao e Odisseo furono ospiti nella casa di Antenore con pago. – gens … appellati: «l’intera popolazione fu chiama-
quando, prima dello scoppio della guerra, andarono a Troia a ta Veneti»; appellati, con sottinteso sunt, concorda con il predi-
chiedere che venisse restituita Elena. Nelle fonti omeriche però cativo Veneti e non con il soggetto gens. Livio anche in questo
non si fa cenno a Enea; et quia … fuerant: proposizione causale paragrafo insiste sul parallelismo fra la fondazione di Padova
che costituisce una variatio evidenziata anche dal polisindeto et e quella di Roma, evidenziando la comune origine troiana e
… et; reddendaeque Helenae: gerundivo al caso genitivo, retto da il fatto che, analogamente a quanto capiterà ai compagni di
auctores. Dai poemi omerici non risulta che Enea consigliasse Enea e ai popoli del Lazio, i Troiani con gli Eneti si fondono
di restituire Elena al marito, ma solo che fosse contrario alla nel popolo dei Veneti.
guerra (Iliade 20,298); omne ius belli Achivos abstinuisse: infini- 4. Aeneam … venisse: «(È generalmente noto che) Enea pro-
tiva soggettiva dipendente da satis constat; il verbo abstineo è fugo dalla patria in seguito all’analoga sventura ma destinato
qui costruito con l’accusativo anziché con l’ablativo semplice dai fati a dare inizio a eventi più grandi, dapprima sia giun-
o preceduto da a/ab; omne ius belli: si fa riferimento al fatto che to in Macedonia»; Aeneam … venisse: infinitiva soggettiva che
in guerra i vincitori potevano fare dei vinti ciò che volevano. dipende sempre da satis constat; profugum: aggettivo, riferito
2. casibus … sinum: «e che attraverso varie vicissitudini Ante- ad Aeneam, coordinato all’ablativo assoluto ducentibus fatis; ad
nore giunse nell’insenatura più profonda del mare Adriatico, maiora rerum initia: maiora è concordato per ipallage con l’accu-
insieme con un gruppo di Eneti, i quali, cacciati dalla Paflago- sativo initia anziché con il genitivo rerum; in Macedoniam: Enea
nia in seguito a una sommossa, erano alla ricerca di una sede avrebbe fondato la città di Aineia. Si noti che il racconto livano
e di un capo, perduto il loro re Pilemene nei pressi di Troia»; relativo alle peregrinazioni di Enea non concorda con quello
casibus … variis: ablativo strumentale; Antenorem: soggetto virgiliano: la differenza più vistosa è che Livio non fa alcun
dell’infinitiva soggettiva il cui verbo è venisse, sempre retta cenno alla sosta a Cartagine. – inde in Siciliam … delatum:
da satis constat; Enetum: forma arcaica di genitivo plurale Ene- «e che, mentre cercava una sede, fu portato in Sicilia»; delatum
torum; gli Eneti erano una popolazione di origine illirica che (esse): è ancora verbo dell’infinitiva soggettiva retta da satis
abitava in Paflagonia, regione sulla costa meridionale del Mar constat, così come il successivo tenuisse. In Sicilia, le città di
Nero. Da questa regione dell’Asia Minore, secondo la tradizio- Erice e Segesta (dove fu sepolto Anchise) facevano risalire la
ne accolta da Livio, provenivano gli Eneti, popolo creduto (a loro origine a Enea. – ab Sicilia … tenuisse: «e che dalla Sicilia
causa della somiglianza dei loro nomi) progenitore dei Veneti: giunse con la flotta verso il terrritorio di Laurento»; si trat-
Antenore li avrebbe portati in Italia insieme ad alcuni Troiani. ta della località sulle coste del Lazio dove Enea sbarcò; classe:
La notizia non ha solidi fondamenti storici; qui … quaerebant: ablativo strumentale. – Troia … nomen est: «Anche a questo
proposizione relativa propria; pulsi: participio perfetto da luogo è dato il nome Troia»; huic loco: dativo di possesso.
pello; Pylaemene … amisso: ablativo assoluto; il re degli Eneti 5. egressi: «sbarcati», participio perfetto da egredior. – ut …
Pilemene fu ucciso da Menelao (Iliade 5,576 ss.); ad Troiam: la superesset: «dato che a loro non restava nulla in conseguen-
preposizione indica che si tratta dei «dintorni» della città; in za delle quasi interminabili peregrinazioni, tranne armi e
intimum maris Hadriatici sinum: Antenore e gli Eneti giunsero navi»; ut quibus … superesset: lett. «come coloro ai quali…»; è
fino al golfo di Venezia. una proposizione relativa al congiuntivo con valore causale.
3. Euganeisque … terras: «e che, cacciati gli Euganei che abita- – cum … agerent: cum + congiuntivo. – Latinus rex Abori-
vano fra il mare e le Alpi, gli Eneti e i Troiani occuparono quel- ginesque: Latino, figlio di Fauno e della ninfa Marica, era re

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Percorsi Antologici

rex Aboriginesque qui tum ea tenebant loca ad arcendam vim advenarum


armati ex urbe atque agris concurrunt. 6. Duplex inde fama est. Alii proelio
victum Latinum pacem cum Aenea, deinde adfinitatem iunxisse tradunt: 7.
alii, cum instructae acies constitissent, priusquam signa canerent processisse
Latinum inter primores ducemque advenarum evocasse ad conloquium;
percontatum deinde qui mortales essent, unde aut quo casu profecti domo
quidve quaerentes in agrum Laurentinum exissent, 8. postquam audierit
multitudinem Troianos esse, ducem Aeneam filium Anchisae et Veneris,
cremata patria domo profugos, sedem condendaeque urbi locum quaerere, et
nobilitatem admiratum gentis virique et animum vel bello vel paci paratum,

 Enea fugge da Troia in fiamme con il figlio Ascanio e il padre


Anchise sulle spalle; illustrazione da un’edizione francese dell’Eneide.

7. alii: è sottinteso tradunt che regge le infinitive processisse


Latinum inter primores ducemque advenarum evocasse. – cum …
constitissent: «quando già gli eserciti si erano schierati in or-
dine di battaglia», costruzione con cum + congiuntivo. – pri-
usquam signa canerent: «prima che suonassero il segnale
d’attacco», proposizione temporale. – inter primores: «tra
i maggiorenti». – ducemque advenarum: «e il comandante
degli stranieri», cioè Enea. – evocasse = evocavisse. – percon-
tatum deinde: «quindi dopo aver domandato»; percontatum:
da perconctor, è participio congiunto legato a Latinum, da cui
dipendono le interrogative indirette qui mortales essent, unde
aut quo casu profecti e quidve quaerentes … exissent. – unde …
exissent: «da dove o per quale circostanza fossero partititi dal-
la loro patria e cercando che cosa, fossero sbarcati nel territorio
di Laurento»; profecti: sottinteso essent.
8. postquam … Veneris: «dopoché venne a sapere che la mol-
titudine era costituita da Troiani, che il loro capo era Enea, fi-
glio di Anchise e Venere»; postquam audierit: prosegue l’ampia
costruzione in oratio obliqua in cui la proposizione temporale
degli antichi abitanti del Lazio, gli «Aborigeni», il cui nome ha verbo al congiuntivo perfetto (audierit = audiverit) al po-
deriva dall’espressione latina ab origine (cioè «dall’origine»), in sto del normale piuccheperfetto audivisset, perché mantiene il
quanto erano considerati il popolo originario di questa terra. tempo che l’indicativo avrebbe nel discorso diretto. Dalla pro-
Si fusero poi con i Troiani dando origine ai Latini. – qui … posizione temporale dipendono le due oggettive multitudinem
tenebant: proposizione relativa propria. – ad arcendam vim: Troianos esse, ducem (esse) Aeneam filium Anchisae et Veneris. È
«per respingere la violenza»; accusativo del gerundivo con la risposta alla prima domanda di Latino qui mortales essent,
valore finale. con l’aggiunta anche dell’identità del comandante. – cremata
6. Duplex inde fama est: «Sul seguito esiste una doppia tradi- patria domo profugos: «e che dopo l’incedio della città, fug-
zione»; si tratta di due versioni diverse, una seguita da Virgi- giti dalla patria»; cremata patria: l’ablativo assoluto con valore
lio, secondo la quale i Troiani combatterono contro gli Abori- temporale-causale risponde alla domanda quo casu; l’aggetti-
geni prima e poi con i Rutuli, e quella proposta da Livio che, vo profugos si lega a Troianos; nota anche la disposizione chia-
influenzato dalla politica di conciliazione sociale promossa da stica rispetto alla domanda del re Latino profecti domo. – sedem
Augusto, parla di un accordo pacifico fra Enea e Latino. – Alii condendaeque … quaerere: «e che cercavano una sede e un
… tradunt: «Alcuni affermano che Latino, vinto in battaglia, luogo per fondare una città»; condendaeque urbi: dativo del
fece pace con Enea e poi strinse con lui legami di parentela»; gerundivo con valore finale; sedem … quaerere: proposizione
è la versione che segue Virgilio nell’Eneide; victum: participio oggettiva retta da audierit. Si tratta della risposta alla domanda
perfetto da vinco, concordato con Latinum, soggetto dell’infi- quidve quaerentes. – admiratum: participio perfetto (da admiror)
nitiva oggettiva che ha come verbo iunxisse; iunxisse: infinito riferito a Latino, in parallelismo al precedente percontatum; ha
perfetto da iungo, regge per zeugma sia pacem sia adfinitatem; come complementi oggetti nobilitatem e animum. – animum
adfinitatem: ci si riferisce al matrimonio fra Enea e Lavinia, fi- vel bello vel paci paratum: «il loro animo pronto o alla guerra
glia di Latino. o alla pace»; paratum: regge i due dativi di fine bello e paci. –

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1. L’«archeologia» di Livio

dextra data fidem futurae amicitiae sanxisse. 9. Inde foedus ictum inter
duces, inter exercitus salutationem factam. Aeneam apud Latinum fuisse
in hospitio; ibi Latinum apud penates deos domesticum publico adiunxisse
foedus filia Aeneae in matrimonium data. 10. Ea res utique Troianis spem
adfirmat tandem stabili certaque sede finiendi erroris. Oppidum condunt;
Aeneas ab nomine uxoris Lavinium appellat. 11. Brevi stirpis quoque virilis
ex novo matrimonio fuit, cui Ascanium parentes dixere nomen.

dextra data … sanxisse: «tesa la mano destra, fece la promessa proposizione infinitiva oggettiva dipendente da tradunt (par.
di una futura amicizia»; dextra data: ablativo assoluto, con nes- 6); apud Penates deos: i Penati sono le divinità protettrici del
so allitterante che sottolinea la solennità del momento; sanxis- focolare domestico; filia … data: ablativo assoluto; in matrimo-
se: infinito perfetto da sancio che dipende da tradunt (par. 6). nium: è complemento di fine.
9. Inde … factam: «(Alcuni tramandano) che poi fu stret- 10. Ea res … erroris: «Questo fatto conferma del tutto ai Troia-
to un patto d’alleanza fra i comandanti e tra gli eserciti fu ni la speranza di porre fine alle loro peregrinazioni in una sede
scambiato il saluto»; le infinitive foedus ictum e salutationem finalmente stabile e sicura»; finiendi erroris: genitivo (oggetti-
factam hanno esse sottinteso e dipendono ancora da tradunt vo) del gerundivo. – Lavinium: predicativo dell’oggetto. La
(par. 6); l’espressione foedus icere è brachilogica per foedus figlia di Latino, infatti, si chiamava Lavinia. L’antica Lavinio
facere porcum iciendo che indicava il sacrificio agli dèi di un è stata identificata con l’attuale città laziale di Pratica di Mare,
porco per rendere sacro un patto; salutationem: indica il saluto sede di un antichissimo culto eroico di Enea, attestato anche
che si scambiavano due eserciti nemici divenuti alleati. Nota da riscontri archeologici.
il chiasmo foedus ictum inter duces, inter exercitus salutationem 11. Brevi … nomen: «In breve dal nuovo matrimonio nacque
factam. – Aeneam … in hospitio: «(Alcuni tramandano) che anche un figlio maschio cui i genitori diedero il nome di Asca-
Enea fu ospite in casa di Latino»; infinitiva oggettiva sempre nio»; stirpis: nominativo di forma arcaica per stirps; cui … dixere:
dipendente da tradunt (par. 6). – ibi … data: «e che lì Latino proposizione relativa propria; dixere sta per dixerunt; Ascanium:
davanti agli dèi Penati aggiunse un accordo privato a quello Livio si discosta dalla versione virgiliana, secondo la quale
pubblico, data la figlia in sposa a Enea»; Latinum … adiunxisse: Ascanio era nato a Troia dal matrimonio fra Enea e Creusa.

2,1. Bello deinde Aborigines Troianique simul petiti. Turnus rex Rutulorum,
cui pacta Lavinia ante adventum Aeneae fuerat, praelatum sibi advenam aegre
patiens simul Aeneae Latinoque bellum intulerat. 2. Neutra acies laeta ex eo
certamine abiit: victi Rutuli: victores Aborigines Troianique ducem Latinum
amisere. 3. Inde Turnus Rutulique diffisi rebus ad florentes opes Etruscorum
Mezentiumque regem eorum confugiunt, qui Caere opulento tum oppido
imperitans, iam inde ab initio minime laetus novae origine urbis et tum

2,1. Bello … petiti: «In seguito gli Aborigeni e i Troiani furono tinteso sunt. – victores: aggettivo con valore predicativo cui si
attaccati insieme con una guerra»; bello: ablativo strumenta- può dare una sfumatura concessiva: «benché vincitori». – ami-
le; Aborigines: cfr. 1,5; petiti: sottinteso sunt. – Turnus: re dei sere: forma arcaica per amiserunt.
Rutuli, discendente dal re di Argo, Acrisio; nella guerra con- 3. diffisi rebus: «non avendo più fiducia nelle (proprie) for-
tro Enea si rinnova l’ostilità fra Greci e Troiani. – Rutulorum: ze»; diffisi: è participio perfetto del verbo semideponente dif-
popolazione fortemente influenzata dagli Etruschi, dei quali fido, con valore di participio presente; regge il dativo rebus,
era alleata; i Rutuli abitavano sulle coste laziali e il loro centro cui va sottinteso suis. – ad florentes … confugiunt: «ricorro-
principale era Ardea. – cui pacta … fuerat: «al quale Lavinia no alla fiorente potenza degli Etruschi e al loro re Mezenzio»;
era stata promessa prima dell’arrivo di Enea»; pacta … fuerat Mezenzio era re (o, meglio, lucumone) della potente città di
= pacta erat. Livio costruisce frequentemente i tempi composti Caere (l’odierna Cerveteri). – qui … iunxit: «che, dominando
del passivo con il perfetto e il piuccheperfetto dell’ausiliare su Cere, città allora fiorente, già subito non essendo per nulla
esse, anziché con il presente e l’imperfetto, come di norma nel soddisfatto della nascita della nuova città, e pensando che al-
latino classico. – praelatum … patiens: «mal sopportando che lora la potenza troiana stesse crescendo molto di più di quanto
uno straniero fosse stato preferito a lui»; praelatum: è sottinteso fosse sufficientemente sicuro per i popoli confinanti, senza di-
esse; patiens: participio presente da patior, riferito a Turnus. spiacere unì le proprie armi a quelle dei Rutuli»; qui … iunxit:
2. Neutra … abiit: «Nessuna delle due schiere uscì soddisfatta proposizione relativa propria; Caere: nome neutro indeclina-
da quello scontro»; laeta: predicativo del soggetto. – victi: sot- bile, è da intendere come dativo retto dal participio presente

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Percorsi Antologici

nimio plus quam satis tutum esset accolis rem Troianam crescere ratus, haud
gravatim socia arma Rutulis iunxit. 4. Aeneas adversus tanti belli terrorem
ut animos Aboriginum sibi conciliaret nec sub eodem iure solum sed etiam
nomine omnes essent, Latinos utramque gentem appellavit; 5. nec deinde
Aborigines Troianis studio ac fide erga regem Aeneam cessere. Fretusque his
animis coalescentium in dies magis duorum populorum Aeneas, quamquam
tanta opibus Etruria erat ut iam non terras solum sed mare etiam per totam
Italiae longitudinem ab Alpibus ad fretum Siculum fama nominis sui implesset,
tamen cum moenibus bellum propulsare posset in aciem copias eduxit. 6.
Secundum inde proelium Latinis, Aeneae etiam ultimum operum mortalium
fuit. Situs est, quemcumque eum dici ius fasque est super Numicum flumen:
Iovem indigetem appellant.

imperitans; opulento tum oppido: Cerveteri era la più florida fra da coalescere, riferito a populorum. – quamquam tanta … Etru-
le dodici città che costituivano la confederazione etrusca; no- ria erat: proposizione concessiva; opibus: ablativo di limitazio-
vae … urbis: cioè Lavinio; nimio: ha la desinenza dell’ablativo ne. – ut iam … implesset: «che ormai la fama del suo nome
di misura in quanto accompagna plus; accolis: dativo di van- aveva riempito non solo le terre ma anche il mare per tutta la
taggio; ratus: il participio perfetto (da reor), con valore di par- lunghezza dell’Italia dalle Alpi allo stretto di Sicilia»; ut … im-
ticipio presente, regge l’infinitiva rem Troianam crescere; haud plesset: proposizione consecutiva; implesset = implevisset. – cum
gravatim: litote. … posset: cum + congiuntivo con valore concessivo; moenibus:
ablativo strumentale. – in aciem: «in campo aperto».
4. adversus … terrorem: «di fronte al terrore di una guerra
così grande». – ut … conciliaret: proposizione finale. – nec … 6. Secundum … Latinis: «La battaglia fu poi favorevole ai
omnes essent: «e affinché tutti non solo fossero soggetti alle Latini»; Latinis: dativo di vantaggio. – Aeneae … fuit: «per
stesse leggi ma anche dotati dello stesso nome»; nec: sta per et Enea fu anche l’ultima delle imprese mortali»; Aeneae: dati-
ut non … solum; nomine: sottinteso eodem. – Latinos … appella- vo di vantaggio; nota il chiasmo Secundum … Latinis, Aeneae
… ultimum. – Situs est: «È sepolto». – quemcumque … est:
vit: Latinos è predicativo. La fusione fra i due popoli, Troiani e
«comunque sia lecito chiamarlo»; ius fasque: formula rituale
Aborigeni, è oramai compiuta.
in cui ius indica ciò che è lecito secondo la legge umana e fas
5. nec … cessere: «in seguito gli Aborigeni non furono da secondo quella divina. – super Numicum flumen: il Numico
meno dei Troiani per devozione e lealtà nei confronti di Enea»; corrisponde all’odierno Rio Torto, proveniente dai colli Alba-
studio ac fide: ablativi di limitazione; cessere: arcaismo per ces- ni. – Iovem indigetem: Pater Indiges era l’espressione con la
serunt. – Fretusque … Aeneas: «Enea, confidando in queste quale si indicava la divinità protettrice di un luogo. Qui Livio
disposizioni d’animo dei due popoli che ogni giorno sempre sembra alludere alla contaminazione del culto eroico di Enea
di più si amalgamavano»; fretus: aggettivo che regge l’ablativo con quello di Giove, secondo una prassi religiosa piuttosto
his animis; coalescentium: participio presente genitivo plurale normale nel politeismo antico.

1.3 La genealogia dei re albani (Ab Urbe condita 1,3)


Ascanio, figlio di Enea, fonda la città di Alba Longa, per-
ché Lavinio – città fondata nel Lazio dal padre – era ormai
sovrappopolata. Questa fondazione divenne così molto im-
portante e Livio elenca la plurisecolare serie di re albani suc-
cedutisi dopo la morte di Ascanio. In una determinata fase
il re Proca lasciò il regno al figlio primogenito Numitore, de-
tronizzato però dal fratello Amulio, che uccise anche tutta la
famiglia di questi: sopravvivrà solo la figlia Rea Silvia, consa-
crata vergine vestale e che in seguito genererà Romolo,
fondatore di Roma.

 Ercole Procaccini il giovane, Iulo Ascanio abbandona Lavinio per fondare


Alba Longa, affresco, xvii secolo (Cesano Maderno, Palazzo Arese Borromeo).

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1. L’«archeologia» di Livio

1. Nondum maturus imperio Ascanius Aeneae filius erat; tamen id imperium


ei ad puberem aetatem incolume mansit; tantisper tutela muliebri – tanta
indoles in Lavinia erat – res Latina et regnum avitum paternumque puero
stetit. 2. Haud ambigam – quis enim rem tam veterem pro certo adfirmet? –
hicine fuerit Ascanius an maior quam hic, Creusa matre Ilio incolumi natus
comesque inde paternae fugae, quem Iulum eundem Iulia gens auctorem
nominis sui nuncupat. 3. Is Ascanius, ubicumque et quacumque matre genitus
– certe natum Aenea constat –, abundante Lavinii multitudine florentem iam,
ut tum res erant, atque opulentam, urbem matri seu novercae reliquit, novam
ipse aliam sub Albano monte condidit, quae ab situ porrectae in dorso urbis
Longa Alba appellata. 4. Inter Lavinium et Albam Longam coloniam deductam
triginta ferme interfuere anni. Tantum tamen opes creverant maxime fusis
Etruscis, ut ne morte quidem Aeneae nec deinde inter muliebrem tutelam
rudimentumque primum puerilis regni movere arma aut Mezentius Etruscique
aut ulli alii accolae ausi sint. 5. Pax ita convenerat, ut Etruscis Latinisque

1. Nondum … erat: «Ascanio, figlio di Enea, non era ancora che era figlio di Enea; Aenea: complemento di origine. – abun-
abbastanza grande per governare»; imperio: il dativo di fine, dante Lavinii multitudine: «a causa della sovrappopolazione
retto dall’aggettivo maturus, è di uso poetico. – tamen … a Lavinio»; abundante … multitudine: ablativo assoluto con va-
mansit: «tuttavia quel regno rimase intatto per lui fino all’età lore causale; Lavinii: locativo. – florentem … reliquit: «lasciò
adulta»; incolume: l’aggettivo ha valore predicativo rispetto alla madre o alla matrigna la città già, per quei tempi, fiorente
al sostantivo imperium (che forma poliptoto con il preceden- e opulenta»; ut tum res erant: lett. «per come le cose erano allo-
te dativo imperio). – tantisper: «nel frattempo». – tutela … ra»; ut ha valore limitativo. – sub Albano monte: «alle pendi-
stetit: «lo Stato latino e il regno avito e paterno si conserva- ci del monte Albano». – quae … appellata: «che fu chiamata
rono per lui, malgrado fosse un ragazzo, sotto la reggenza Alba Longa dalla posizione della città allungata sulla schiena
di una donna (tanto grande era il carattere energico di Lavi- del monte»; quae … appellata: proposizione relativa il cui predi-
nia)»; tutela muliebri: ablativo strumentale; si fa riferimento cato è appellata con sottinteso est; porrectae: participio perfetto
a Lavinia che ebbe il difficile compito di conservare il regno di porrigo, riferito a urbis.
per il giovane Ascanio; et regnum avitum paternumque: i due 4. Inter … interfuere anni: «Fra la fondazione di Lavinio e la
aggettivi avitum e paternum indicano che nel regno di Asca- colonizzazione di Alba Longa trascorsero circa trenta anni»;
nio confluirono sia i sudditi del nonno Latino (gli Aborigeni Lavinium: è sottinteso il participio perfetto conditum in paralle-
D Testo 1.2) sia quelli del padre Enea (i Troiani); puero: dativo lo con l’espressione successiva Albam Longam coloniam deduc-
di vantaggio, che nella traduzione può essere reso con sfu- tam; si noti come in entrambi i casi la lingua latina preferisca
matura concessiva. il concreto all’astratto; triginta … anni: questo numero di anni
2. Haud ambigam: «Non mi metterò a discutere»; ambigam: ricorre spesso nella fase più antica della storia di Roma e ha
regge l’interrogativa indiretta disgiuntiva hicine fuerit Asca- valore simbolico: trenta erano i porcellini della scrofa bian-
nius an maior. – pro certo adfirmet: «potrebbe affermare con ca che secondo Virgilio (Eneide 3,390; 8,41) avevano indicato
certezza»; congiuntivo potenziale. – hicine … nuncupat: «se a Enea il luogo ove fondare la città, trenta le città della lega
sia stato proprio questo Ascanio o uno più grande di lui nato latina e trenta gli anni di regno attribuiti ai re di Alba Longa;
dalla madre Creusa, quando Ilio era ancora intatta, e poi com- interfuere: arcaismo per interfuerunt. – opes: «la potenza». – fu-
pagno nella fuga del padre, quello stesso che la famiglia Giulia sis Etruscis: «sconfitti gli Etruschi», ablativo assoluto. – ut …
chiama Iulo come origine del proprio nome»; hicine … quam ausi sint: «che neppure dopo la morte di Enea e durante la
hic: con l’interrogativa indiretta disgiuntiva Livio presenta reggenza di una donna e le prime prove di regno di un fanciul-
due tradizioni su Ascanio, la prima che lo vuole figlio di Enea lo né Mezenzio e gli Etruschi né alcun altro popolo confinante
e Lavinia (D Testo 1.2), la seconda, seguita anche da Virgilio osarono muovere guerra»; ut … ausi sint: proposizione con-
nell’Eneide, che lo identifica con Iulo, figlio di Enea e Creusa e secutiva, anticipata nella reggente da tantum; morte: ablativo
progenitore della gens Iulia; quam hic: secondo termine di pa- di tempo determinato; inter … rudimentumque primum: com-
ragone; Creusa matre: complemento di origine; Creusa era la plemento di tempo continuato; movere arma: retto da ausi sint,
prima moglie di Enea; Ilio incolumi: ablativo assoluto nominale perfetto congiuntivo del semideponente audeo; aut Mezentius
con valore temporale; Iulum: predicativo dell’oggetto. … aut ulli alii accolae: soggetti coordinati dalle congiunzioni
3. Is Ascanius … matre genitus: «Questo Ascanio, dovunque disgiuntive aut … aut.
e da qualunque madre fosse nato»; ubicumque: «dovunque», 5. Pax … esset: «Il trattato di pace aveva così stabilito che gli
cioè a Troia o a Lavinio; quacumque matre: complemento di ori- Etruschi e i Latini avessero come confine il fiume Albula, che
gine; Livio attraverso l’uso dei due relativi indefiniti sottoli- ora chiamano Tevere»; ut: introduce una proposizione com-
nea l’incertezza sull’origine di Ascanio. – certe … constat: «di pletiva il cui verbo è esset; Etruscis Latinisque … esset: dativo di
certo si sa che è nato da Enea»; l’unica certezza su Ascanio è possesso; Albula: si tratta dell’antico nome del Tevere, che de-

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Percorsi Antologici

fluvius Albula, quem nunc Tiberim vocant, finis esset. 6. Silvius deinde regnat
Ascani filius, casu quodam in silvis natus. Is Aeneam Silvium creat; is deinde
Latinum Silvium. 7. Ab eo coloniae aliquot deductae, Prisci Latini appellati.
8. Mansit Silviis postea omnibus cognomen, qui Albae regnarunt. Latino
Alba ortus, Alba Atys, Atye Capys, Capye Capetus, Capeto Tiberinus, qui in
traiectu Albulae amnis submersus celebre ad posteros nomen flumini dedit. 9.
Agrippa inde Tiberini filius, post Agrippam Romulus Silvius a patre accepto
imperio regnat. Aventino fulmine ipse ictus regnum per manus tradidit. Is
sepultus in eo colle qui nunc pars Romanae est urbis, cognomen colli fecit. 10.
Proca deinde regnat. Is Numitorem atque Amulium procreat; Numitori, qui
stirpis maximus erat, regnum vetustum Silviae gentis legat. Plus tamen vis
potuit quam voluntas patris aut verecundia aetatis. 11. Pulso fratre Amulius
regnat. Addit sceleri scelus; stirpem fratris
virilem interimit, fratris filiae Reae Silviae per
speciem honoris, cum Vestalem eam legisset,
perpetua virginitate spem partus adimit.

riferito a Tiberinus, introduce una proposizione relativa pro-


pria il cui verbo è dedit; si tratta di un’eziologia per spiegare
il nome del fiume; submersus: participio perfetto da submergo.
9. Agrippa … regnat: «Poi regna Agrippa, figlio di Tiberino,
dopo Agrippa Romolo Silvio, ricevuto il regno dal padre»; ac-
cepto imperio: ablativo assoluto. – Aventino … tradidit: «Col-
pito egli stesso da un fulmine, lasciò il regno direttamente ad
Aventino»; fulmine: ablativo di causa efficiente; ictus: parti-
cipio perfetto, riferito al soggetto ipse. – Is … fecit: «Costui,
sepolto su quel colle che ora è parte della città di Roma, diede
il nome al colle»; anche in questo caso, come in quello della
morte di Tiberino, si tratta di un’eziologia per spiegare il nome
del colle; qui … est: proposizione relativa propria.
 Marte e Rea Silvia, mosaico della villa romana di Can Pau Birol, 10. procreat: «genera». – qui stirpis maximus erat: «che era
iii secolo d.C. (Girona, Museo della Storia della Città). il più anziano», proposizione relativa propria; l’espressione
stirpis maximus sottintende l’ablativo di limitazione natu e let-
teralmente significa «il più grande della prole (per nascita)»;
riverebbe dall’aggettivo albus, -a, -um («bianco») e che avrebbe
nota l’occorrenza inconsueta del superlativo maximus (che si
indicato il colore delle acque del fiume; quem … vocant: propo-
usa solo fra più di due) al posto del comparativo maior. – re-
sizione relativa propria; quem: al posto di quam per attrazione
gnum … legat: «lascia l’antico regno della gente Silvia». – Plus
del genere; Tiberim: predicativo dell’oggetto.
… aetatis: «Tuttavia la violenza valse di più della volontà del
6. Silvius: è il primo dei leggendari tredici re di Alba Longa, padre o del rispetto per l’età»; patris: genitivo soggettivo; aeta-
ciascuno dei quali avrebbe regnato per circa trenta anni: in tis: genitivo oggettivo.
questo modo si colmavano i quattro secoli che intercorrevano
11. Pulso fratre: ablativo assoluto; Amulio interrompe la serie
fra la caduta di Troia, avvenuta secondo Eratostene nel 1184
dei sovrani che si succedono pacificamente. Infatti egli non ri-
a.C., e la fondazione di Roma (753 a.C.). – casu … natus: «per
spetta né la volontà del padre né la maggiore età del fratello
caso nato nei boschi»; il nome Silvius viene fatto derivare eti-
Numitore e lo caccia. – Addit sceleri scelus: «Aggiunge delitto
mologicamente da silva. – creat: «genera».
a delitto»; si noti il poliptoto sceleri scelus, che evidenzia la mal-
7. Ab eo … appellati: «Da lui furono fondate alcune colonie, vagità di Amulio. – stirpem … adimit: «uccide i figli maschi
(gli abitanti) furono chiamati antichi latini»; aliquot: «alcune», del fratello, alla figlia del fratello, Rea Silvia, con il pretesto di
indeclinabile; deductae: sottinteso sunt; Prisci Latini: predicati- onorarla, avendola scelta come Vestale, toglie con la perpetua
vo del soggetto sottinteso; appellati: sottinteso sunt. verginità la speranza di generare dei figli»; Amulio pensava
8. Mansit … regnarunt: «Rimase poi il nome di Silvio a tutti così di mettersi al sicuro dalle possibili vendette dei nipoti;
coloro che regnarono ad Alba»; Silviis: è concordato per attra- interimit: come il successivo adimit, è presente storico; cum …
zione con il dativo di interesse omnibus; qui … regnarunt: pro- legisset: cum + congiuntivo; Vestalem: predicativo dell’oggetto
posizione relativa propria in cui regnarunt è forma sincopata eam. Le Vestali erano sacerdotesse della dea Vesta, incaricate
per regnaverunt; Albae: locativo. – Latino … Alba … Atye … di controllare il fuoco sacro che non doveva mai spegnersi.
Capye … Capeto: complementi di origine. – ortus: sottinte- Dovevano osservare un voto di castità che le vincolava per
so est. – qui … dedit: «che, annegato nel passaggio del fiume trenta anni, e non a vita come invece afferma Livio; perpetua
Albula, diede al fiume il nome ben noto presso i posteri»; qui: virginitate: ablativo strumentale.

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1. L’«archeologia» di Livio

1.4 La lupa salva Romolo e Remo (Ab Urbe condita 1,4)


Il capitolo narra della nascita dei gemelli Romolo e Remo, in seguito alla violenza che
il dio Marte fece sulla vergine vestale Rea Silvia, e del tragico obbligo per quest’ultima di
liberarsi dei figli che – in quanto sacerdotessa – non avrebbe dovuto avere. La cesta con i
due bimbi, gettata nel fiume Tevere, si arenò nelle acque basse e stagnanti e una lupa li al-
lattò impedendo loro di morire di fame; ci pensarono poi i due pastori Faustolo e Larenzia,
che trovarono casualmente Romolo e Remo, a crescerli ed educarli. I due accenni «razio-
nalistici» (e cioè il fatto che il padre di Romolo avrebbe potuto anche non essere Marte
e che la lupa fosse in realtà una prostituta) fanno intendere come Livio non mancasse del
tutto di spirito critico. L’insistenza sulla versione tradizionale mitica è legittimata dai
più volte dichiarati intenti glorificatori nei confronti di Roma; ma deriva pure dalla sincera
credenza che, in qualunque modo si manifestino (anche nel meno plausibile), alcuni epi-
sodi siano comunque il segno della particolare attenzione provvidenzialistica che gli
dèi hanno nei confronti di Roma e della sua storia. E proprio la lupa, animale sacro
già presso le popolazione italiche, venne così sentita come strumento della provvidenza
divina, lasciando testimonianza anche nelle arti figurative (D La Lupa Capitolina, una
statua problematica, p. 32).

1. Sed debebatur, ut opinor, fatis tantae origo urbis maximique secundum


deorum opes imperii principium. 2. Vi compressa Vestalis cum geminum
partum edidisset, seu ita rata, seu quia deus auctor culpae honestior erat,
Martem incertae stirpis patrem nuncupat. 3. Sed nec dii nec homines aut
ipsam aut stirpem a crudelitate regia vindicant; sacerdos vincta in custodiam
datur, pueros in profluentem aquam mitti iubet. 4. Forte quadam divinitus

1. Sed ... principium: «Ma, come credo, era predestinata dai correlative (seu ... seu) attraverso una variatio di costruzione: un
Fati la nascita di una così grande città e l’inizio dell’impero participio congiunto con valore causale (rata) e una subordina-
più potente subito dopo la potenza degli dèi». Sed: nota all’ini- ta causale (quia ... erat). – Martem ... nuncupat: «indica Marte
zio del capitolo l’uso della congiunzione avversativa che ha come padre di quella prole illegittima». Livio sembra avere
la funzione di contrapporre la volontà del destino alle azioni qualche dubbio relativamente alla paternità di Marte; tutta-
progettate dal re Amulio ai danni del fratello Numitore; debe- via non rifiuta del tutto la prima tesi. Martem: Marte, dio della
batur ... fatis: «era predestinata … dai Fati», i soggetti sono origo guerra e della vegetazione primaverile, era oggetto di venera-
et principium; ut opinor: proposizione incidentale che esprime zione da parte dei popoli italici e dei Romani; venne pertanto
il pensiero di Livio, concorde con la propaganda augustea: la indicato come padre dei due gemelli e progenitore dei Romani;
nascita di Roma e l’inizio dell’impero più potente dopo quello patrem: complemento predicativo dell’oggetto; nuncupat: il ver-
degli dèi erano eventi provvidenziali e voluti dal Fato; tantae ... bo nuncupare (da nomen capere) è proprio del lessico religioso
urbis maximique ... imperii: iperbati; secundum: preposizione che e giuridico: ciò contribuisce a dare all’episodio una patina di
regge l’accusativo; opes: da ops, è solitamente usato al plurale. arcaicità e sacralità.
2. Vi compressa: «Violentata con la forza»; compressa: partici- 3. Sed ... vindicant: «Ma né gli dèi né gli uomini preservano o
pio perfetto congiunto con il soggetto Vestalis, regge l’ablativo lei o la sua prole dalla crudeltà del re»; nec ... nec ... aut ... aut:
vi. Il verbo comprimere si trova raramente usato nella prosa con si tratta di due coppie di congiunzioni correlative, le prime ne-
questo significato. – Vestalis: cioè Rea Silvia. Le Vestali erano gative, le seconde disgiuntive; dii: si allude a Marte, presunto
sacerdotesse della dea Vesta, divinità protettrice del focolare
padre dei due gemelli il quale, come sottolinea Livio, non si
domestico e della purezza. Erano sei in epoca storica, scelte dal
prende nessuna cura né di Rea Silvia né dei gemelli; ipsam: Rea
pontefice massimo; prestavano il loro servizio sacerdotale per
Silvia; a crudelitate regia: il re «crudele» era Amulio che aveva
trent’anni. Durante tutto questo periodo dovevano conserva-
scacciato dal trono il fratello Numitore, re legittimo. Amulio
re la verginità. Il loro compito principale era quello di tenere
desiderava eliminare tutti coloro che avrebbero potuto riven-
acceso il fuoco sacro alla dea nel tempio di forma rotonda che
dicare il trono; vindicant: verbo che appartiene alla sfera del di-
si trovava vicino alla Regia, l’edificio che era creduto la reggia
ritto. – sacerdos: il sostantivo sacerdos può essere sia femminile
di Numa. – cum ... edidisset: costruzione del cum + congiun-
sia maschile: in questo caso, come si deduce dal participio con-
tivo; il verbo edere significa «dare alla luce»; geminum partum:
giunto (con valore temporale) vincta, è femminile ed è riferito
oggetto di cum ... edidisset; si tratta naturalmente di Romolo e
Remo. Nota l’uso dell’astratto («parto gemellare») per il con- a Rea Silvia. – in profluentem aquam: «nell’acqua corrente»
creto («due gemelli»). – seu ita rata: «sia che ne fosse veramente del fiume. – iubet: il soggetto è Amulio, che va sottinteso an-
convinta»; rata: participio perfetto dal deponente reri, «ritene- che come complemento d’agente di datur. Amulio dà l’ordine
re, credere»; è participio congiunto con valore causale – seu ... di abbandonare i due gemelli alla corrente del Tevere.
erat: Livio propone due ipotesi, introdotte dalle congiunzioni 4. Forte quadam divinitus: «Per un certo caso voluto dagli

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Percorsi Antologici

super ripas Tiberis effusus lenibus stagnis nec adiri usquam ad iusti cursum
poterat amnis et posse quamvis languida mergi aqua infantes spem ferentibus
dabat. 5. Ita, velut defuncti regis imperio, in proxima alluvie, ubi nunc ficus
Ruminalis est – Romularem vocatam ferunt – pueros exponunt. 6. Vastae
tum in his locis solitudines erant. Tenet fama, cum fluitantem alveum, quo
expositi erant pueri, tenuis in sicco aqua destituisset, lupam sitientem ex
montibus, qui circa sunt ad puerilem vagitum cursum flexisse; eam submissas
infantibus adeo mitem praebuisse mammas, ut lingua lambentem pueros
magister regii pecoris invenerit – Faustulo fuisse nomen ferunt – 7. ab eo ad
stabula Larentiae uxori educandos datos. Sunt qui Larentiam volgato corpore
lupam inter pastores vocatam putent; inde locum fabulae ac miraculo datum.

dèi»; forte (ablativo con valore causale dal sostantivo fors) e valore temporale il cui soggetto è tenuis aqua; quo expositi erant
l’avverbio divinitus hanno significato contrastante: Livio li ac- pueri: proposizione relativa; l’ablativo quo è strumentale; expo-
costa per indicare che la salvezza dei gemelli, che poteva sem- no è il verbo tecnico con cui si indicava l’atto di abbandonare
brare casuale e imprevedibile per gli umani, era in realtà voluta i bambini indesiderati. – lupam sitientem: «una lupa asseta-
dal Fato. – super ripas Tiberis effusus: «il Tevere che si era ta», soggetto dell’oggettiva. – ex montibus: complemento di
riversato fuori dagli argini»; effusus: participio congiunto da ef- moto da luogo. – qui circa sunt: proposizione relativa propria.
fundo, con valore prevalentemente causale. – lenibus stagnis: – ad puerilem vagitum: complemento di moto a luogo dipen-
«in placidi stagni», ablativo di modo. – nec adiri ... amnis: «non dente da flexisse cursum. – submissas: participio congiunto a
poteva essere raggiunto fino al flusso della corrente regolare»; mammas, oggetto di praebuisse; ha valore temporale. – mitem:
nec adiri … poterat: è la proposizione principale cui si lega la co- predicativo del soggetto della proposizione oggettiva eam (la
ordinata spem ferentibus dabat; il soggetto è per entrambe Tiberis; lupa). – ut ... ferunt: «che il pastore del gregge regale la trovò
ad iusti cursum ... amnis: iperbato; l’aggettivo iustus, in questo che lambiva i fanciulli con la lingua – dicono che avesse nome
caso, vale «regolare». – et posse ... dabat: «ma dava speranza, a Faustolo»; ut ... invenerit: proposizione consecutiva anticipata
coloro che portavano i bambini, che essi potessero essere som- da adeo. Il verbo regge come oggetto lupam sottinteso, a cui è
mersi, per quanto l’acqua scorresse lentamente»; et: la congiun- legato il participio lambentem con valore temporale. Si noti an-
zione in questo caso ha valore avversativo; posse … infantes: che l’allitterazione lingua lambentem; lingua: ablativo di mezzo;
proposizione oggettiva dipendente da spem ... dabat; quamvis magister regii pecoris ... Faustulo ... nomen: secondo la leggenda
languida mergi aqua: il verbo mergere è costruito solitamente con si tratta di Faustolo, capo dei guardiani del bestiame del re
in + accusativo o ablativo. Livio invece, secondo un uso che è Amulio; il nome del pastore, etimologicamente legato al verbo
più comune nella poesia, lo costruisce con l’ablativo semplice. faveo, «portare aiuto», non è certo casuale; Faustolo fuisse no-
men: si tratta di una proposizione oggettiva con la costruzione
5. velut ... imperio: «come se avessero portato a termine l’ordi- del dativo di possesso in dipendenza da ferunt, verbum nar-
ne del re»; velut: con il participio perfetto defuncti (dal verbo de- randi che forma nesso allitterante con Faustolo fuisse. Il nome
ponente defungor, «portare a termine») dà luogo a una propo- proprio è in dativo concordato con un ei sottinteso.
sizione comparativa ipotetica implicita che sottolinea l’aspetto
soggettivo dell’azione; imperio: ablativo strumentale retto da de- 7. ab eo ... datos: «da lui (i fanciulli) furono portati alle stalle
functi. – in proxima alluvie: «nello stagno più vicino»; l’agget- e affidati da educare alla moglie Larentia»; ab eo ... datos: è la
terza oggettiva (con ellissi del verbo esse) sempre dipendente da
tivo proxima è superlativo dell’avverbio prope. – ubi ... ferunt:
Tenet fama; il soggetto sottinteso è pueros. Secondo un’altra tra-
«dove ora (cioè al tempo di Livio) vi è il fico Ruminale (dicono
dizione, non seguita da Livio, i due gemelli furono ritrovati da
che si chiamasse anticamente Romulare)»; con il nome ficus
altri pastori, ma Faustolo li prese con sé perché la moglie aveva
Ruminalis viene indicato un antichissimo fico che si trovava ai
appena perso un bambino. Larentiae: Acca Larenzia divenne poi
piedi del Palatino, nella zona nord est del Foro, di fronte alla
una divinità protettrice dei Lari, a cui erano dedicate le feste dei
Curia, ed era probabilmente ancora visibile ai tempi di Livio.
Larentalia che si celebravano il 23 dicembre di ogni anno; educan-
Il suo nome deriva dalla dea Rumina, protettrice dei lattanti,
dos: gerundivo predicativo con valore finale. – Sunt qui ... pu-
cui era dedicato un tempio lungo il Tevere. Probabilmente que-
tent: «Vi sono alcuni che ritengono che Larenzia, poiché aveva
sto fico fu chiamato Romularis in quanto identificato con quello
prostituito il suo corpo, fra i pastori fosse chiamata lupa». Sunt
sotto il quale furono trovati Romolo e Remo dal pastore Fau-
qui ... putent: proposizione relativa col congiuntivo caratteriz-
stolo: la trasformazione da un nome all’altro sarebbe avvenuta
zante putent che regge l’infinitiva Larentiam lupam vocatam (esse).
in base a una semplice assonanza fra i nomi; vocatam: sottinteso
Livio cerca di spiegare razionalmente la leggenda tradiziona-
esse; ricorda che i nomi di piante in latino sono femminili. le: la lupa potrebbe infatti essere identificata con la moglie di
6. Vastae ... erant: «Qui allora si stendeva per largo tratto Faustolo, Acca Larenzia, che si prostituiva. Infatti in latino lupa
all’intorno una campagna disabitata»; l’avverbio tum colloca è anche un eufemismo per «prostituta»; volgato corpore: ablati-
la vicenda in un tempo lontano, quasi fuori dalla storia. – Te- vo assoluto con valore causale. – inde locum ... datum: «che
net fama: «Persiste ancora la tradizione che»; è la proposizione da qui si sia dato spunto a questa prodigiosa leggenda»; anche
principale che regge le oggettive lupam ... flexisse e praebuisse. questa infinitiva dipende da putent. Livio sembra non credere
– cum ... destituisset: «quando l’acqua poco profonda lasciò alla spiegazione mitica e la razionalizza: chi trovò i gemelli fu il
sulla riva il canestro galleggiante con cui erano stati abban- pastore Faustolo; sua moglie Acca Larenzia, che si prostituiva e
donati i fanciulli»; cum ... destituisset: cum + congiuntivo con pertanto era chiamata lupa, li allevò; fabulae ac miraculo: endiadi.

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1. L’«archeologia» di Livio

8. Ita geniti itaque educati, cum primum adolevit aetas, nec in stabulis nec ad
pecora segnes, venando peragrare saltus. 9. Hinc robore corporibus animisque
sumpto iam non feras tantum subsistere sed in latrones praeda onustos
impetus facere pastoribusque rapta dividere et cum his crescente in dies grege
iuvenum seria ac iocos celebrare.

8. geniti: participio di gignere che, come il seguente educati, nell’animo»; ablativo assoluto con valore causale-temporale;
si riferisce a Romolo e Remo. – itaque: sta per et ita. – cum ... corporibus animisque: sono ablativi di limitazione o, secondo
aetas: proposizione temporale con l’indicativo; la forma aetas altra interpretazione, dativi di vantaggio. – subsistere: «af-
ha colorito poetico. – in stabulis ... ad pecora: variatio. – nec in frontavano», infinito storico (come anche i successivi facere,
stabulis ... saltus: «pur non pigri nelle cure delle stalle e degli dividere e celebrare). – pastoribusque … celebrare: «e divide-
armenti, cacciando percorrevano i boschi»; nec … segnes: è una vano i beni sottratti con i pastori e, mentre di giorno in giorno
litote riferita al soggetto (i due gemelli) con sfumatura conces- cresceva il gruppo di giovani, con costoro si dedicavano alle
siva; venando: ablativo del gerundio con valore strumentale; attività serie e a quelle di svago»; pastoribus: dativo di vantag-
peragrare: infinito storico che regge l’accusativo di moto saltus. gio; rapta: «i beni sottratti», participio da rapere, neutro plurale
9. Hinc robore ... sumpto: «Così acquisita forza nel corpo e sostantivato; crescente ... grege: ablativo assoluto.

Analisi del testo


I temi e le idee
L’atteggiamento di Livio nei confronti dell’episodio che sta narrando è duplice.
Da un lato egli è consapevole del suo ruolo di storico di Roma, di interprete di un’au-
tocoscienza collettiva (opportunamente assorbita dall’ideologia augustea) che asso-
ciava alle origini della città una dimensione fatale. In tale luce vanno interpretati:
la frase iniziale, dai toni sentenziosi: Sed debebatur, ut opinor, fatis tantae origo urbis
maximique secundum deorum opes imperii principium (par. 1);
l’accenno al provvidenziale straripamento del Tevere (Forte quadam divinitus super
ripas Tiberis effusus lenibus stagnis ... , par. 4);
la menzione del ficus Ruminalis/Romularis (par. 5), il quale – poiché ancora esisten-
te – consente al lettore contemporaneo di constatare «di persona», autopticamente,
la veridicità del racconto;
l’immagine della lupa che – in un’atmosfera favolosa da «età dell’oro» – allatta i
gemelli (eam submissas infantibus adeo mitem praebuisse mammas, par. 6).
D’altro lato, nonostante la posizione genericamente fiduciosa di Livio nei confronti del
mito, non manca qualche elemento di razionalistico «dubbio». Infatti:
c’è una punta di incertezza sulla reale paternità di Marte nei confronti di Romolo
e Remo (seu ita rata, seu quia deus auctor culpae honestior erat, Martem incertae stirpis
patrem nuncupat, par. 2);
c’è il dubbio che la lupa possa essere stata – in realtà – Larenzia, così chiamata
perché si prostituiva (Sunt qui Larentiam volgato corpore lupam inter pastores vocatam
putent; inde locum fabulae ac miraculo datum, par. 7).
Non vi è però sostanziale contraddizione tra questi due diversi punti di vista, che tro-
vano il loro elemento unificante nella breve espressione ut opinor («come credo», par.
1) all’interno della frase iniziale. Se infatti, come già affermato nella Praefatio (D TESTO
1.1) e come qui ribadito, Livio crede nella fatalità dell’origine di Roma, connaturata
al suo provvidenziale ruolo storico, politico e di «civilizzazione» del mondo, non pos-
sono certo essere questi «dettagli» a fargli cambiare idea. L’apparente scrupolo docu-
mentario, il riferire anche voci diverse fra loro, non fanno che accentuare la forza del
suo messaggio; dunque, se «crede» lo storico, che pure ha vagliato le fonti e confronta-
to tra loro le diverse opinioni, tanto più dovrà «credere» anche il lettore.

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Percorsi Antologici

La lingua e lo stile
Evidente è la cura nella scelta lessicale per descrivere il momento più sacro dell’arche-
ologia romana; esso raggiunge il suo apice nell’accostamento quasi ossimorico (par. 4)
degli avverbi forte («per caso») e divinitus («per volontà divina»), il che dà a chi legge
l’idea dell’eccezionalità, dell’irripetibilità di tale evento.
Livio si compiace di costruire il suo racconto mediante una sintassi abbastanza sem-
plice, caratterizzata da periodi brevi, dove prevalgono strutture simmetriche, come:
seu ita rata, seu quia deus auctor ... (par. 2); nec dii nec homines aut ipsam aut stirpem (par. 3);
Ita geniti itaque educati (par. 8); d’altronde egli sa che deve esprimersi in modo chiaro,
come chi sta raccontando una favola dalle finalità in qualche modo «didattiche» nei
confronti del lettore.
Non manca però – come si conviene a un brano storiografico che si avvicina a una nar-
razione epico-mitologica – qualche figura di suono, come le allitterazioni opes imperii
principium (par. 1), Vi ... Vestalis (par. 2), poterat amnis et posse (par. 4, dove troviamo
pure un poliptoto), lingua lambentem (par. 6).

Arte

La Lupa Capitolina, una statua pensato a un prodotto dell’arte etrusco-italica, chi di


problematica quella magno-greca, chi di quella romana, anche se
l’opinione più diffusa è (o forse era, come si vedrà poi)
La lupa che, secondo il racconto di Tito Livio (D Testo quella che considera la Lupa Capitolina un oggetto di
1.4), allattò Romolo e Remo si è in qualche modo af- produzione etrusca del v secolo a.C.
fermata come «coprotagonista» della fondazione di Tali considerazioni riguardano unicamente la lupa,
Roma. Gli studiosi pensano che ciò sia avvenuto poi- perché da tempo si sa che i due gemelli sono stati
ché il lupo era animale totemico, e dunque carico di «aggiunti» in epoca rinascimentale. Vi sono però,
valenze magico-simboliche, presso alcune popolazioni oggi, delle ipotesi che – se confermate – darebbero
italiche (soprattutto i Sabini), nonché fortemente con- al monumento una datazione assai più tarda, addirit-
nesso al culto di Marte, padre dei due gemelli. Sap- tura medievale. In realtà già in epoche passate qual-
piamo inoltre che i Romani veneravano la lupa in un cuno aveva dubitato dell’«antichità» della statua; ora
santuario detto Lupercale, che alcuni archeologi (ma però gli esiti di esami scientifici (radiocarbonio, ter-
la questione è controversa) identificano con un am- moluminescenza), ma anche valutazioni sulla moda-
biente riccamente decorato scoperto nel 2007 sotto le lità di fusione del bronzo (la statua sarebbe stata fusa
rovine del Palazzo di Augusto sul Palatino. «a cera persa» col metodo diretto effettuato in un
La più celebre raffigurazione di questo animale è senza solo getto, e non sarebbe l’esito di assemblaggio di
dubbio la cosiddetta «Lupa Capitolina» (cfr. immagi- vari pezzi come era tipico del mondo classico) hanno
ne p. 42), una statua bronzea conservata ai Musei Ca- portato autorevoli studiosi a collocarla intorno al xiii
pitolini di Roma, la quale è anche uno dei simboli della secolo d.C. Va comunque chiarito che non c’è una-
città: infatti si trova sul Campidoglio dal 1471, quando nime consenso su queste tesi, e molti archeologi re-
Papa Sisto IV la donò al popolo romano trasferendo- stano ancora fedeli alle ipotesi «tradizionali», confu-
la dal Laterano. Di ragguardevoli dimensioni (misura tando anche i risultati degli esami di laboratorio: c’è
infatti 75 cm di altezza e 114 cm di lunghezza), im- da credere che tale incertezza accompagnerà ancora
pressiona per la sua magrezza, i suoi denti acuminati, a lungo la nostra «lupa». Certo è che, se si trattasse
le poppe turgide di latte verso le quali si protendono i di un’opera medievale, vorrebbe dire che i modelli
due gemelli: questi particolari suggeriscono la grande iconografici antichi, ma anche la memoria della fon-
perizia tecnica dell’artista, che si manifesta anche nella dazione dell’Urbe (complice il testo di Livio e i suoi
minuta decorazione del pelo, soprattutto sulla zona «riassunti») avevano ancora un notevole influsso sul-
del collo. Ma è proprio sull’origine del suo artefice e la cultura artistica di un’epoca nella quale l’impero
sull’epoca in cui operò che si è aperto, ormai da molto occidentale legato alla «città eterna» era caduto da
tempo, un serrato dibattito tra gli studiosi: c’è chi ha molti secoli.

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