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ELABORATO DI MEDICINA LEGALE

Il testo affronta la posizione giuridica del concepito a


partire dal diritto romano sino al diritto civile e penale

LA POSIZIONE contemporaneo, prendendo in considerazione sia il


diritto italiano sia il diritto internazionale.

Daniele Laganà
GIURIDICA DEL Corso di Laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria

CONCEPITO
Indice
Qual è la differenza tra capacità e soggettività giuridica?...................... 2
PERSONA, STATUS E CAPACITAS .......................................................................... 2
SOGGETTIVITÀ E CAPACITÀ GIURIDICA ............................................................. 2
PERSONA FISICA ...................................................................................................... 4
BIBLIOGRAFIA.......................................................................................................... 4
Il concepito nel diritto romano ............................................................... 5
CAPACITÀ GIURIDICA POTENZIALE DEL CONCEPITO ..................................... 5
CONCEPTUS E PERSONA ......................................................................................... 5
SOGGETTIVITÀ GIURIDICA DEL CONCEPITO E DISPOSIZIONI NORMATIVE
A SUO FAVORE ......................................................................................................... 6
BIBLIOGRAFIA.......................................................................................................... 6
Il concepito nel diritto italiano ............................................................... 7
IL CONCEPITO NEL CODICE CIVILE .................................................................... 7
LA SOGGETTIVITÀ GIURIDICA DEL CONCEPITO ............................................... 7
I DIRITTI DEL CONCEPITO ..................................................................................... 8
IL CONCEPITO NELLA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE .......................... 9
BIBLIOGRAFIA........................................................................................................ 11
Il concepito nel diritto internazionale .................................................. 12
CONVENZIONE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO .................................... 12
CONSIGLIO D’EUROPA E PARLAMENTO EUROPEO ....................................... 14
CONVENZIONE INTERNAZIONALE SUI DIRITTI DELL’INFANZIA ............... 15
BIBLIOGRAFIA........................................................................................................ 16
Quale futuro giuridico per il concepito? .............................................. 17
LA PROPOSTA NORMATIVA DI ESTENSIONE DELLA CAPACITÀ GIURIDICA
AL CONCEPITO ....................................................................................................... 17
BIBLIOGRAFIA........................................................................................................ 19
1
Qual è la differenza tra capacità
e soggettività giuridica?
PERSONA, STATUS E CAPACITAS
Nel diritto romano con il termine giuridico di persona era volto ad indicare
più l’essere umano in ogni sua possibile condizione che l’odierna accezione di
soggetto di diritto, mentre si distingueva l’homo dal caput in base alla
rispettiva condizione di libertà o di schiavitù; non esisteva nemmeno
un’espressione per indicare la capacità giuridica come oggi è intesa: lo status
indicava la condizione di un individuo in rapporto ad un certo sistema di
rapporti, mentre la capacitas esprimeva l’attitudine ad acquistare. La
pienezza della “capacità giuridica” era permessa dal possesso dei tre status: lo
status libertatis (che distingueva l’uomo libero dallo schiavo), lo status
civitatis (che distingueva il cittadino dallo straniero) e lo status familiae (che
distingueva il pater familias dagli altri membri della famiglia); tuttavia sussisteva
una sostanziale differenza tra questa capacità giuridica, che consisteva nella
essere titolari di diritti soggettivi e destinatari di doveri, e la capacità di agire,
cioè la capacità concreta o di fatto di manifestare una volontà giuridicamente
rilevante e, quindi, di compiere atti giuridici1.

SOGGETTIVITÀ E CAPACITÀ GIURIDICA


La soggettività giuridica compare implicitamente nella Dichiarazione dei diritti
dell’uomo e del cittadino del 26 agosto 1789, la quale nel suo preambolo dichiara
l’esistenza di «diritti naturali, inalienabili e sacri dell’uomo» e all’articolo 1
afferma che «gli uomini nascono e rimangono liberi e uguali nei diritti»2.
Nel 1865 anche il primo Codice Civile del Regno d’Italia introduce la
soggettività giuridica, affermando che «ogni cittadino gode dei diritti civili»,
definendo come cittadino il «figlio di padre cittadino»3.
Nel 1942 l’articolo 1 del nuovo Codice Civile arriverà ad introdurre
nell’ordinamento giuridico italiano la nozione di capacità giuridica,
definendo che «si acquista dal momento della nascita», mentre «i diritti che la
2
legge riconosce a favore del concepito sono subordinati all’evento della
nascita»4; il testo normativo, inizialmente, doveva principiare con una diversa
formula, cioè «l’uomo è soggetto di diritti dalla nascita fino alla morte»,
tuttavia alla fine è prevalsa la nozione di capacità giuridica, una “qualità” che
si aggiunge alla soggettività per attribuire all’uomo l’idoneità a essere titolare
di diritti e che è propria dell’esperienza giuridica tedesca, mentre è
sconosciuta sia alla giurisprudenza napoleonica sia al pensiero giusnaturalista5.
La Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile
1942 spiega che «in questo titolo sono raggruppate le norme che definiscono
la persona fisica soggetto di diritto e fissano la disciplina dei principali diritti
della personalità», esplicitando la soggettività giuridica propria della persona
fisica, nella quale soggettività giuridica e personalità giuridica coincidono;
inoltre, egli sottolinea l’innovazione per cui «per quanto concerne i requisiti
necessari all’esistenza di una persona fisica quale soggetto di diritti, il nuovo
codice sopprime la menzione del requisito della vitalità soprattutto per la
considerazione che nella pratica riesce assai difficile la distinzione del nato
vitale dal nato non vitale, nei casi in cui la vita duri poche ore o pochi
giorni»6, ponendo in essere una sostanziale confusione tra soggettività e
capacità giuridica.
Nel 1948 è presente un diretto riferimento alla capacità giuridica all’articolo
22 della Costituzione italiana, il quale afferma che «nessuno può essere privato,
per motivi politici, della capacità giuridica, della cittadinanza, del nome», ma
già nell’articolo 2 riconosce la soggettività e la personalità giuridica della
persona fisica, dichiarando che «la Repubblica riconosce e garantisce i diritti
inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si
svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di
solidarietà politica, economica e sociale», e nell’articolo 3 aggiunge che «tutti i
cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza
distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di
condizioni personali e sociali»7.

3
PERSONA FISICA
Ad ogni modo, in merito allo status di persona fisica non vi è una definitiva
chiarezza, dal momento che è un concetto che trova definizioni nella dottrina
più che nella giurisprudenza: se da una parte Giuseppe Buffone, magistrato in
servizio presso la Direzione generale della Giustizia civile, sostiene che «si
distingue tra persona, in senso proprio, e soggetto, in senso tecnico […] La
capacità giuridica sembra, in alcuni casi, prescindere dall’“essere” persona.
Si potrebbe allora distinguere come se la capacità fosse una qualità che attiene
al soggetto ma può sussistere anche quando questo “persona” non è»8,
dall’altra Francesco Viola, ordinario di Filosofia del Diritto all’Università degli
Studi di Palermo, lapidariamente afferma che «la persona giuridica
moderna è il “soggetto di diritto”».

BIBLIOGRAFIA
1. Istituzioni di diritto romano, Cesare Sanfilippo, Rubettino Editore, Soveria
Mannelli 2002
2. Art. 1, Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, 1789
3. Art. 1 e 4, Codice Civile del Regno d’Italia, 1865
4. Art. 1, Codice Civile del Regno d’Italia, 1942
5. Commento all’Articolo 1 del Codice Civile, Francesca Giardina in Commentario
del Codice Civile, Antonio Barba e Stefano Pagliantini, Utet Giuridica,
Milano 2012
6. Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile, 1942
7. Art. 2, 3 e 22, Costituzione della Repubblica Italiana, 1948
8. La tutela della vita nascente: lo statuto giuridico del concepito al confine tra Soggetto
e Persona, Giuseppe Buffone, Altalex, 2007
9. Lo statuto giuridico della persona in prospettiva storica, Francesco Viola in Studi
in memoria di Italo Mancini, G. Pansini, Esi, Napoli 1999

4
Il concepito nel diritto romano
CAPACITÀ GIURIDICA POTENZIALE DEL CONCEPITO
La locuzione latina del Nasciturus pro iam nato habetur, quotiens de commodis eius
agitur, cioè «il nascituro venga considerato come se fosse già nato, tutte le
volte in cui si tratta del suo vantaggio», esprime la posizione del diritto
romano nei confronti del concepito, in quanto tutela i diritti di quest’ultimo
in considerazione della potenziale capacità giuridica che egli è in procinto
di acquisire contestualmente alla nascita; in seno al diritto romano, l’ambito
prevalente di applicazione di questa tutela ineriva ai diritti ereditari.
Le esigue conoscenze mediche dell’epoca avevano influenzato il diritto
romano, orientandolo nell’attribuire ad una terna di requisiti essenziali per
poter acquisire la capacità giuridica: il distacco completo dalla madre, il
possesso della vita e l’aspetto umano; i nati morti erano privati sia della
qualifica di procreati sia del titolo di nati, mentre i nati deformi (quindi privi
del cosiddetto “aspetto umano”) venivano classificati come monstra.

CONCEPTUS E PERSONA
Benché manifestamente precluso della capacità giuridica, più di un testo
latino attribuisce al conceptus il “dispositivo” di persona, sia in una
constitutio emanata nel 528 d.C. sia nei Compilatori, e, secondo il professor
Antonio Palma, ordinario di Istituzioni di Diritto Romano all’Università degli
Studi di Napoli “Federico II”, è verosimilmente da intendersi «nella sua più
concreta accezione, ossia con riferimento ad essere umano, considerato sia
nello stadio successivo alla nascita che in quello prenatale»1, in quanto,
coerentemente anche con quanto espresso dal filosofo Roberto Esposito
«l’idea di persona sembra incorporare un potenziale di senso talmente
denso e variegato da risultare irrinunciabile nonostante tutte le sue, anche
cospicue, trasformazioni interne»2.

5
SOGGETTIVITÀ GIURIDICA DEL CONCEPITO E DISPOSIZIONI
NORMATIVE A SUO FAVORE

La soggettività giuridica del concepito in seno al sistema giuridico romano


è stata argomentata dal professor Pierangelo Catalano, dell’Università degli
Studi di Roma “La Sapienza”, in quanto «in “quasi tutto il diritto civile” si
tiene conto (intellegere) che il concepito “esiste”» e «il concepito è sempre
considerato come se fosse nato (in rebus humanis esse) quando si tratti del
suo vantaggio», pertanto «il nascituro è, evidentemente, un individuo distinto
dalla madre, e le sventure di questa non devono nuocergli»3.
A sostegno di questa tesi vi sono una moltitudine di disposizioni normative
in favore del concepito: «una lex regia vieta di seppellire la donna morta in
stato di gravidanza, prima che sia estratto il partus», «l’esecuzione della pena
capitale contro una donna incinta deve essere differita a momento successivo
al parto, e una donna incinta non può essere sottoposta a interrogatorio con
tortura né condannata», «l’accusa stessa di adulterio contro donna incinta
deve essere differita ne quod praeiudicium fieret nato» e «al concepito, non
propriamente alla madre, sono dovuti gli alimenti e per questo opera il curator
ventris».
Inoltre, l’omicidio volontario del concepito fu qualificato come crimen
dagli imperatori Settimo Severo e Antonino Caracalla e punito con la pena
dell’esilio.

BIBLIOGRAFIA
1. Il nascituro come problema «continuo»: diritto romano e diritto privato italiano alla
luce di recenti asserti giurisprudenziali, Antonio Palma, Revista europea de
historia de las ideas políticas y de las instituciones públicas, Malaga 2014
2. Il dispositivo della persona, Roberto Esposito in Homo, caput, persona. La
costruzione giuridica dell’identità nell’esperienza romana, A. Corbino, M.
Humbert, G. Negri, Pavia 2010
3. Il concepito “soggetto di diritto” secondo il sistema giuridico romano, Luigi
Catalano

6
Il concepito nel diritto italiano
IL CONCEPITO NEL CODICE CIVILE
L’articolo 1 del Codice Civile attualmente vigente, già citato in precedenza,
afferma che «i diritti che la legge riconosce a favore del concepito sono
subordinati all’evento della nascita» e nel medesimo testo normativo viene
chiarita la natura di tali diritti in ambito civile, cioè diritti di successione e di
donazione; nello specifico, l’articolo 462 dichiara che «sono capaci di
succedere tutti coloro che sono nati o concepiti al tempo dell’apertura
della successione», l’articolo 715 sancisce che «se tra i chiamati alla
successione vi è un concepito la divisione non può aver luogo prima della
nascita del medesimo. […] La disposizione del comma precedente si
applica anche se tra i chiamati alla successione vi sono nascituri non
concepiti. Se i nascituri non concepiti sono istituiti senza determinazione di
quote, l’autorità giudiziaria può attribuire agli altri coeredi tutti i beni ereditari
o parte di essi, secondo le circostanze, disponendo le opportune cautele
nell’interesse dei nascituri» e l’articolo 784 viene esplicitato che «la donazione
può essere fatta anche a favore di chi è soltanto concepito, ovvero a favore
dei figli di una determinata persona vivente al tempo della donazione, benché
non ancora concepiti»1.

LA SOGGETTIVITÀ GIURIDICA DEL CONCEPITO


L’articolo 1 della legge 40 del 19 febbraio 2004 «assicura i diritti di tutti i soggetti
coinvolti, compreso il concepito», parimenti il capo IV della stessa legge è
intitolato «Misure a tutela dell’embrione» e all’articolo 13 vieta «qualsiasi
sperimentazione su ciascun embrione umano», «la produzione di embrioni
umani a fini di ricerca o di sperimentazione», «ogni forma di selezione a
scopo eugenetico degli embrioni e dei gameti», «interventi di clonazione» e
la «la fecondazione di un gamete umano con un gamete di specie diversa»,
mentre all’articolo 14 proibisce «la crioconservazione e la soppressione di
embrioni»2, pertanto mediante tale legge viene esplicitata in forma alquanto
7
chiara la soggettività giuridica di cui gode il concepito, enumerando una
serie di delitti a suo danno penalmente perseguibili.
Tale interpretazione è suffragata dalla sentenza 10741 dell’11 maggio 2009 della
Terza Sezione della Cassazione Civile, la quale afferma che «il concepito, pur non
avendo una piena capacità giuridica, è comunque un soggetto di diritto,
perché titolare di molteplici interessi personali riconosciuti dall’ordinamento
sia nazionale che sovranazionale, quali il diritto alla vita, alla salute,
all’onore, all’identità personale, a nascere sano»3; inoltre quattro anni
prima la sentenza 14488 del 29 luglio 2004 della Terza Sezione della Cassazione Civile
arrivò ad affermare che «l’ordinamento positivo tutela il concepito e
l’evoluzione della gravidanza esclusivamente verso la nascita, e non anche
verso la «non nascita», essendo pertanto (al più) configurabile un «diritto a
nascere» e a «nascere sani», suscettibile di essere inteso esclusivamente nella
sua positiva accezione. […] Ne consegue che è pertanto da escludersi la
configurabilità e l’ammissibilità nell’ordinamento del c.d. aborto
«eugenetico», prescindente dal pericolo derivante dalle malformazioni fetali
alla salute della madre, atteso che l’interruzione della gravidanza al di fuori
delle ipotesi di cui agli artt. 4 e 6 legge n. 194 del 1978 (accertate nei termini
di cui agli artt. 5 ed 8), oltre a risultare in ogni caso in contrasto con i principi
di solidarietà di cui all’art. 2 Cost. e di indisponibilità del proprio corpo ex art.
5 cod. civ., costituisce reato anche a carico della stessa gestante (art. 19 legge
n. 194 del 1978), essendo per converso il diritto del concepito a nascere,
pur se con malformazioni o patologie, ad essere propriamente — anche
mediante sanzioni penali — tutelato dall’ordinamento»4.

I DIRITTI DEL CONCEPITO


Pertanto, si può ragionevolmente dire che il concepito, benché sia privo di
capacità giuridica, sia un soggetto giuridico e goda dei seguenti diritti:
• vita
• salute
• nascita
• indisponibilità del proprio corpo
8
• non sperimentazione
• non produzione a fini di ricerca o sperimentazione
• non selezione eugenetica
• non clonazione
• non crioconservazione
• non soppressione
• onore
• identità personale
• successione
• donazione

IL CONCEPITO NELLA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE


Inoltre, nella Sentenza 27 del 18 febbraio 1975 della Corte Costituzionale, viene
ribadito il rilievo costituzionale della tutela giuridica del concepito, in
quanto essa affermò: «Ritiene la Corte che la tutela del concepito - che già
viene in rilievo nel diritto civile (artt. 320, 339, 687 c.c.) - abbia fondamento
costituzionale. L’art. 31, secondo comma, della Costituzione impone
espressamente la "protezione della maternità" e, più in generale, l’art. 2 Cost.
riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, fra i quali non può non
collocarsi, sia pure con le particolari caratteristiche sue proprie, la situazione
giuridica del concepito»5.
Tuttavia la medesima sentenza aggiunge che «l’interesse costituzionalmente
protetto relativo al concepito può venire in collisione con altri beni che
godano pur essi di tutela costituzionale e che, di conseguenza, la legge
non può dare al primo una prevalenza totale ed assoluta, negando ai
secondi adeguata protezione», riferendosi alla tutela della salute della donna,
la quale, a parere della Corte, non è sufficientemente tutelata dall’articolo 54 del
Codice Penale, il quale determina la non punibilità dei reati in presenza dello
stato di necessità.
In più, sembrerebbe privare il concepito dello status di persona, dal
momento che afferma che «la scriminante dell’art. 54 c.p. si fonda sul
presupposto d’una equivalenza del bene offeso dal fatto dell’autore
9
rispetto all’altro bene che col fatto stesso si vuole salvare. Ora non esiste
equivalenza fra il diritto non solo alla vita ma anche alla salute proprio di chi
è già persona, come la madre, e la salvaguardia dell’embrione che persona
deve ancora diventare», ponendosi in apparente contraddizione con il
riconoscimento al concepito del godimento dei diritti inviolabili dell’uomo
previsti dall’Articolo 2 della Costituzione che qualche riga prima la medesima
sentenza aveva espresso e ponendo in essere una sostanziale parificazione tra
la capacità giuridica e lo status di persona, benché de facto non vi sia
alcun rimando normativo che confermi tale interpretazione: più che di uno
status giuridico di persona fisica, dal momento che nelle fonti normative
non vi è una chiara definizione di chi la persona sia, si potrebbe ipotizzare
che si tratti di una condizione meramente ontologica, rientrando così nella
sfera di competenza delle scienze antropologico-filosofiche e non delle
scienze giuridiche e se così fosse il punto di vista della Consulta in tal senso
potrebbe essere definito di valenza oltremodo relativa; a sostegno di tale
“conflitto di competenza”, si è pronunciato anche Mauro Ronco, professore
emerito di Diritto Penale dell’Università degli Studi di Padova, il quale in un
documento assai recente in cui, commentando questa sentenza, ha rilevato
che «con questo asserto la Corte si è impegnata in un discorso di tipo
filosofico che assolutamente non le competeva. Ciò che conta non è
l’opinione sui requisiti del concetto filosofico di “persona”, bensì l’evidenza
scientifica dell’appartenenza all’umanità del frutto del concepimento. La
scusante terapeutica non trova fondamento in una differente dignità
ontologica della madre e del feto, bensì nella rinuncia dello Stato a dirimere
tramite la legge conflitti di coscienza che nascono dalla complessità
dell’esistenza umana e dal rilievo giuridico-costituzionale di entrambi i beni
che si trovano involontariamente in conflitto»7.

10
BIBLIOGRAFIA
1. Art. 1, 462, 715 e 784, Codice Civile del Regno d’Italia, 1942
2. Legge 40, 19 febbraio 2004
3. Sentenza n° 10741, 11 maggio 2009, Terza Sezione, Cassazione Civile
4. Sentenza n° 14488, 29 luglio 2004, Terza Sezione, Cassazione Civile
5. Sentenza n° 27, 18 febbraio 1975, Corte Costituzionale
6. La tutela della vita nell’ordinamento giuridico italiano. Considerazioni sull’aborto,
Mauro Ronco, L-Jus, 2/2019

11
Il concepito nel diritto
internazionale
CONVENZIONE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO
La Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo afferma al primo comma dell’Articolo 2
che «il diritto alla vita di ogni persona è protetto dalla legge. Nessuno può
essere intenzionalmente privato della vita, salvo che in esecuzione di una
sentenza capitale pronunciata da un tribunale, nel caso in cui il reato sia
punito dalla legge con tale pena»1 (il testo originale in inglese è «Everyone’s
right to life shall be protected by law. No one shall be deprived of his life intentionally
save in the execution of a sentence of a court following his conviction of a crime for which
this penalty is provided by law», mentre in francese è «Le droit de toute
personne à la vie est protégé par la loi. La mort ne peut être infligée à quiconque
intentionnellement, sauf en exécution d’une sentence capitale prononcée par un tribunal au
cas où le délit est puni de cette peine par la loi.»), non chiarendo in maniera esplicita
la definizione di persona e, pertanto, non escludendo in alcun modo
l’interpretazione secondo la quale anche il concepito goda del primo ed
elementare diritto di cui gode ogni altro essere umano.
La Sentenza Paton versus Regno Unito del 13 maggio 1980 della Commissione Europea
dei Diritti dell’Uomo sottolineò che «il termine ‘ogni persona’ non è definito
nella Convenzione» e aggiunse che «nessuno indica chiaramente che ciò abbia
una possibile applicazione prenatale, sebbene tale applicazione in un caso
raro – per esempio, nell’Articolo 6 – non può essere interamente
esclusa»2, nonché, interpellandosi sull’applicabilità del termine ‘vita’ alla vita
prenatale, concluse che «anche il termine ‘vita’ non è definito nella
Convenzione» ed evidenziò che «mentre alcuni credono che [la vita] inizi già
con il concepimento, altri tendono a focalizzarsi sul momento
dell’annidamento, su quando il feto diventa ‘in grado di sopravvivere

12
autonomamente’ o sulla nascita»; in merito a quest’ultima constatazione, non
si può non menzionare la recente pubblicazione del ricercatore dell’Università
di Chicago Steven Andrew Jackobs, il quale ha domandato a 5512 biologi
quale fosse l’inizio della vita umana e 5502 di loro, cioè il 95%, hanno
risposto che la vita umana inizia dal concepimento3. Pertanto, in tale
sentenza la Commissione analizzò che l’Articolo 2 potesse essere interpretato
in tre differenti modalità, cioè come «non applicabile al feto in generale»,
come «riconoscente un ‘diritto alla vita’ al feto con certe implicite restrizioni»
o come «riconoscente un ‘diritto alla vita’ assoluto al feto» ed escluse la terza
ipotesi, in quanto «la vita del feto è intimamente connessa con la vita della
donna gravida e non può essere da essa separata» e tale interpretazione
«significherebbe che la ‘vita prenatale’ del feto sia considerata come avente un
valore più elevato della vita della donna gravida»; relativamente alle altre due
ipotesi, la Commissione non si schiera con altrettanta chiarezza e lascia
tendenzialmente aperta la questione, pur non avallando mai direttamente la
prima ipotesi e, pertanto, propendendo implicitamente per la seconda.
Secondo il giurista Vittorio Corasaniti dell’Università degli Studi di Milano-
Bicocca, «il solo punto che è stato risolto dalla Commissione è che, se si
considerasse che l’art. 2 protegge il diritto alla vita del nascituro, i diritti e gli
interessi in gioco devono essere valutati congiuntamente in maniera
ragionevole»3.
La Sentenza Parrillo versus Italia del 27 agosto 2015 della Corte Europea dei Diritti
dell’Uomo confermò la legittimità ai sensi della Convenzione Europea dei
Diritti dell’Uomo della legge 40/2004 in merito al divieto di
sperimentazione sugli embrioni umani e, significativamente, affermò che
«la Corte riconosce che la “tutela del potenziale di vita dell’embrione”
può essere collegata al fine della protezione della morale e dei diritti e delle
libertà altrui»4; a chiosa di quest’ultimo rilievo, Vincenzo Tingano, docente di
Diritto penale amministrativo presso l’Università degli studi di Catania,
commenta che «l’apparato argomentativo portato avanti dalla Corte di
Strasburgo andrebbe a riecheggiare gli insegnamenti di Jürgen Habermas,

13
secondo cui la strumentalizzazione degli embrioni sarebbe censurabile in
quanto lesiva della dignità dell’intero genere umano, piuttosto che del
diritto alla dignità di un soggetto di diritto soltanto “potenziale”»5.

CONSIGLIO D’EUROPA E PARLAMENTO EUROPEO


L’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa al punto VIa della
Raccomandazione 874 del 4 ottobre 1979 affermò che «i diritti di ogni bambino
alla vita fin dal momento del concepimento, all’alloggio, a
un’alimentazione adeguata, a un ambiente adatto, dovrebbero essere
riconosciuti e gli Stati dovrebbero fare tutto il possibile per permettere il
rispetto integrale di questi diritti».

Sette anni più tardi, la Raccomandazione 1046 del 24 settembre 1986 al punto 5
chiarì che «fin dall’inizio della fecondazione dell’ovulo la vita umana si
sviluppa in modo continuo, sicché non si possono fare distinzioni tra le
varie fasi (embrionali) del suo sviluppo», al punto 8 evidenziò che «di fronte al
progresso scientifico che permette di intervenire fin dalla fecondazione della
vita umana, è urgente stabilire il grado della sua tutela giuridica» e al punto 10
stabilì che «l’embrione e il feto umano devono in ogni circostanza
beneficiare del rispetto dovuto alla dignità umana».

Tre anni dopo, la Raccomandazione 1100 del 2 febbraio 1989 ribadì al punto 6
l’opportunità di «definire la protezione giuridica dell’embrione umano fin
dalla fecondazione dell’ovulo».

Nello stesso anno, il Parlamento Europeo varò la Risoluzione 113 del 16 marzo
1989, la quale affermò che «lo zigote deve essere protetto» e «pertanto non
lo si può utilizzare indiscriminatamente per esperimenti» e proibì «qualsiasi
impiego commerciale o industriale di embrioni e feti».

Il 4 aprile 1997 venne sottoscritta ad Oviedo la Convenzione per la protezione dei


Diritti dell’Uomo e della dignità dell’essere umano nei confronti dell’applicazioni della
14
biologia e della medicina, la quale affermò all’articolo 2 che «l’interesse e il bene
dell’essere umano debbono prevalere sul solo interesse della società o della
scienza» e all’articolo 6 che «un intervento non può essere effettuato su una
persona che non ha capacità di dare consenso, se non per un diretto
beneficio della stessa»; nello specifico l’articolo 18 stabilì al primo comma che
«quando la ricerca sugli embrioni in vitro è ammessa dalla legge, questa
assicura una protezione adeguata all’embrione» e al secondo comma che
«la costituzione di embrioni umani a fini di ricerca è vietata»10.

CONVENZIONE INTERNAZIONALE SUI DIRITTI DELL’INFANZIA


Nel 1924 la Quinta Assemblea Generale della Società delle Nazioni adottò
a Ginevra la Dichiarazione dei Diritti del Fanciullo, la quale nei suoi cinque
principi non specificava se lo status di “fanciullo” fosse applicabile anche al
concepito11.
Nel 1959 l’Organizzazione delle Nazioni Unite approvò a New York la
Dichiarazione Universale dei Diritti del Fanciullo, in questo caso esplicitando nel
Preambolo che «il fanciullo, a causa della sua immaturità fisica e intellettuale,
ha bisogno di una particolare protezione e di cure speciali, compresa una
adeguata protezione giuridica, sia prima che dopo la nascita», pertanto
conferendo una piena parificazione tra il concepito e il nato sul piano
giuridico, confermata dal principio terzo, il quale stabilisce che «» eccezion
fatta per il nome e la nazionalità, il cui diritto viene correlato nel principio
terzo all’avvenuta nascita12.
Il 20 novembre 1989 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite approvò
senza alcun voto contrato la Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia, la
quale all’articolo 1 chiariva che «si intende per fanciullo ogni essere umano
avente un’età inferiore a diciott’anni», rendendo manifesto de facto che la
protezione garantita da tale trattato valesse anche per i concepiti e non solo
per i nati, dal momento che nel Preambolo viene ripetuta pedissequamente la
stessa espressione precedentemente citata già nel documento del 195913.
Tuttavia sempre Vittorio Corasaniti commenta che «la domanda che sorge
15
spontanea è se quel soggetto che non è ancora nato debba considerato un
bambino» e sostiene che «l’art.1 della CRC non aiuta in nessun modo
l’interprete» e che la scelta di non inserire la parificazione tra fanciullo nato e
fanciullo non nato all’interno dell’articolo 1, ma solamente nel Preambolo
solleverebbe gli Stati dal dover considerare vincolante tale concezione
sul piano normativo e, pertanto, permetterebbe loro di privare il concepito
dei diritti garantiti a tutti gli altri fanciulli4.

BIBLIOGRAFIA
1. Art. 2 e 6, Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo
2. Sentenza Paton versus Regno Unito, 13 maggio 1980, Commissione
Europea dei Diritti dell’Uomo (testo disponibile solo in inglese)
3. Biologists’ consensus on ‘When Life Begins’, Steven Andrew Jacobs, SSRN, 25
luglio 2018
4. I diritti del nascituro e tutela giuridica internazionale, Vittorio Corasaniti,
Università di Milano-Bicocca, Milano 2007
5. Sentenza Parrillo versus Italia, 27 agosto 2015, Corte Europea dei Diritti
dell’Uomo
6. Divieto di sperimentazione sugli embrioni umani e Convenzione Europea dei Diritti
dell’Uomo, Vincenzo Tingano, Diritto Penale Contemporaneo, 2015
7. Punto VIa, Raccomandazione n° 874, 4 ottobre 1979, Consiglio d’Europa
8. Punti 5, 8 e 10, Raccomandazione n° 1046, 24 settembre 1986 Consiglio
d’Europa
9. Punto 6, Raccomandazione n° 1100, 2 febbraio 1989, Consiglio d’Europa
10. Art. 2, 6 e 18, Convenzione per la protezione dei Diritti dell’Uomo e della dignità
dell’essere umano nei confronti dell’applicazioni della biologia e della medicina,
Oviedo 1997
11. Dichiarazione dei Diritti del Fanciullo, Ginevra 1924
12. Dichiarazione Universale dei Diritti del Fanciullo, New York 1959
13. Art. 1, Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia, 1989

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Quale futuro giuridico per il
concepito?
LA PROPOSTA NORMATIVA DI ESTENSIONE DELLA CAPACITÀ
GIURIDICA AL CONCEPITO

Il 20 novembre 2018 è stato presentato al Senato della Repubblica il disegno di


legge 950, il quale propone di sostituire l’articolo 1 del Codice Civile con il
seguente testo: «Ogni essere umano ha la capacità giuridica fin dal
momento del concepimento. I diritti patrimoniali che la legge riconosce a
favore del concepito sono subordinati all’evento della nascita.»1.
I senatori proponenti, nell’introduzione al disegno normativo, hanno posto a
sostegno di tale evoluzione legislativa sia il diritto internazionale,
evidenziando come «la Convenzione del 1989 ripete, al nono punto del
preambolo, che “il fanciullo, a causa della sua immaturità, ha bisogno di una
protezione speciale, anche giuridica, sia prima che dopo la nascita”. È di
rilievo che la Convenzione chiami “bambino” anche il nascituro. Nella
medesima logica l’articolo 1 per definire il tempo della minore età fissa come
limite massimo i 18 anni o l’età minore stabilita dalle varie leggi nazionali, ma
si astiene dall’indicare il momento iniziale dell’infanzia e richiama il concetto
di “essere umano” (è minore “ogni essere umano fino al raggiungimento della
maggiore età ”). Due sentenze costituzionali, in Italia il 10 febbraio 1997 (n. 35) e
in Polonia il 27 maggio 1997, hanno fatto riferimento al preambolo e
all’articolo 1 della Convenzione del 1989 per affermare che il riconoscimento
del diritto alla vita di ogni essere umano dalla fecondazione trova una
conferma anche nel diritto positivo internazionale. Si può dunque attribuire il
nome di “bambino” anche all’embrione e al feto umano (“bambino non
ancora nato”), così come comunemente si fa per il neonato e il ragazzo che
frequenta la scuola materna, le scuole elementari e persino le scuole
secondarie. Dunque la Convenzione sui diritti del fanciullo si applica
anche al concepito», sia il parere del 22 giugno 1996 del Comitato nazionale
di Bioetica, nel quale è emerso che «il Comitato è pervenuto
unanimemente a riconoscere il dovere morale di trattare l’embrione umano,
sin dalla fecondazione, secondo i criteri di rispetto e tutela che si devono
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adottare nei confronti degli individui umani a cui si attribuisce comunemente
la caratteristica di persone»2.
I firmatari sottolineano che la medesima evoluzione normativa era stata
sospinta dalla presentazione di un disegno di legge di iniziativa popolare nel 1995
dal Movimento per la Vita, il quale è stato però, purtroppo, totalmente
ignorato dalle assemblee parlamentari, nonché gli stessi firmatari insieme ad
altri colleghi avevano avanzato lo stesso disegno di legge nella XVI
legislatura, senza alcuna positiva evoluzione.
Inoltre, essi analizzano come «la capacità giuridica può essere estesa ad
entità diverse dall’individuo umano (enti pubblici o privati), ma, in base al
principio di eguaglianza, non può mai essere negata all’uomo. Essa “ha la
funzione di tradurre in una qualificazione rilevante per il diritto la condizione
naturale dell’individuo” (confronta: Enciclopedia giuridica Treccani, voce « Persona
fisica »); perciò “rappresenta la condizione prima del principio di eguaglianza
non solo formale, ma, soprattutto, sostanziale” (Dogliotti). Questa è una
acquisizione conquistata nel corso di un lungo cammino storico, che si
potrebbe concludere proprio con l’approvazione del presente disegno di
legge.»
Un’ulteriore interessante sottolineatura presente nell’introduzione al disegno
di legge rileva che «il soggetto può avere anche diritti di carattere
pubblico, come il diritto alla vita e alla salute, non disciplinati dal codice
civile, ma dal diritto pubblico, in particolare dalla Costituzione. Perciò la
capacità giuridica, che è di per sé un concetto unitario, si estende sia nel
diritto privato che in quello pubblico. Si può dunque sostenere che la capacità
giuridica di cui parla l’articolo 1 del codice civile è soltanto quella privata», pur
aggiungendo che «è comunque evidente che un chiarimento legislativo è
opportuno».
Infine, i promotori delineano anche il rapporto che questa svolta avrebbe nei
confronti della legge 194 del 22 maggio 19783, affermando che «nell’articolo 1
della legge 22 maggio 1978, n. 194, sulla interruzione volontaria della
gravidanza, è detto che lo Stato “tutela la vita umana fin dal suo inizio”. Vi è
dunque una attenzione verso il concepito, ma non vi è l’attribuzione del
diritto alla vita e tanto meno il riconoscimento della sua soggettività, giacché
il concetto di “tutela” può essere riferito anche alle cose. Nell’articolo 1 della
legge n. 194 del 1978, insomma, non vi è una negazione dei diritti del
concepito, ma nemmeno vi è un loro riconoscimento».
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«Come si può escludere la “capacità” del concepito, se gli si riconoscono dei
diritti?» è la legittima obiezione che pongono i senatori e che riassume la
contraddizione in cui versa l’attuale legislazione italiana, tuttavia ad oggi
tale proposta non è ancora stata calendarizzata per la lettura in seno alle
Camere.

BIBLIOGRAFIA
1. Disegno di legge n° 950, 20 novembre 2018
2. Identità e statuto dell’embrione umano, 22 giugno 1996, Comitato Nazionale
per la Bioetica
3. Legge 194, 22 maggio 1978

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